XVIII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Mercoledì 7 luglio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mura Romina , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE NUOVE DISUGUAGLIANZE PRODOTTE DALLA PANDEMIA NEL MONDO DEL LAVORO

Audizione del professor Maurizio Franzini, ordinario di politica economica presso l'Università «La Sapienza» di Roma
Mura Romina , Presidente ... 3 
Franzini Maurizio , professore ordinario di politica economica presso l'Università «La Sapienza» di Roma (intervento da remoto) ... 3 
Mura Romina , Presidente ... 6 
Franzini Maurizio , professore ordinario di politica economica presso l'Università «La Sapienza» di Roma (intervento da remoto) ... 6 
Mura Romina , Presidente ... 7

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-MAIE-PSI: Misto-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROMINA MURA

  La seduta comincia alle 13.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web tv.

Audizione del professor Maurizio Franzini, ordinario di politica economica presso l'Università «La Sapienza» di Roma

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione del professor Maurizio Franzini, ordinario di politica economica presso l'Università «La Sapienza» di Roma, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove disuguaglianze prodotte dalla pandemia nel mondo del lavoro.
  Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto in videoconferenza dei deputati secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020.
  Nel ringraziare il professor Franzini per la sua partecipazione, gli cedo la parola, ricordando che la sua relazione dovrebbe avere una durata orientativa di dieci minuti. Prego.

  MAURIZIO FRANZINI, professore ordinario di politica economica presso l'Università «La Sapienza» di Roma (intervento da remoto). Grazie presidente. Proprio per cercare di rispettare i dieci minuti a mia disposizione e vista la complessità delle questioni, toccherò solo cinque o sei punti connessi al tema dell'indagine conoscitiva.
  Il primo punto da cui vorrei partire è quello di ricordare che questa pandemia, diversamente da altre crisi economiche che l'hanno preceduta, ha caratteristiche particolari che, dal punto di vista economico, si possono sintetizzare dicendo che ha colpito simultaneamente sia il lato dell'offerta, della produzione, sia il lato della domanda. In particolare, colpendo il lato dell'offerta, la pandemia, a causa del lockdown e di ragioni di sicurezza sanitaria, ha impedito di produrre a quanti erano in grado di stare sul mercato e a quanti avrebbero avuto una domanda di mercato. Abbiamo soggetti penalizzati e contributori alle disuguaglianze che sono tali non per demerito economico o per demerito competitivo, ma a causa di questo evento esterno assolutamente incontrollabile. Questo va tenuto presente anche per capire il significato che assumono gli interventi di controllo e di contrasto di questo fenomeno.
  Il secondo punto è relativo agli effetti che la pandemia – quando parlo di pandemia parlo sia dell'effetto sanitario sia delle misure di carattere economico che sono state adottate per farvi fronte – ha avuto sulla disuguaglianza dei redditi, distinguendo gli effetti sulla disuguaglianza che si sono manifestati attraverso modifiche nei redditi di mercato – ovvero prima di verificare quanto si è ricevuto grazie ai trasferimenti pubblici o quanto si è pagato in termini di imposte – dagli effetti degli interventi di welfare.
  Premetto che le cose che dico sono basate su simulazioni e non su dati certi, che ancora non abbiamo in misura significativa, visto che richiedono tempo per Pag. 4essere disponibili. Per questo motivo ci basiamo, più che altro, su modelli di simulazione degli effetti della pandemia, che però tendenzialmente convergono.
  Ci sono enormi disuguaglianze nei redditi di mercato. Alcuni hanno addirittura vinto nella competizione pandemica, come i settori che non sono stati sottoposti al lockdown e che avevano una domanda di mercato pagante in crescita. A livello globale, è evidente che mi riferisco al fenomeno dell'e-commerce e a tutte le piattaforme digitali, ma anche alle aziende farmaceutiche e ai venditori di attrezzi per fare ginnastica in casa. Questi settori non sono stati danneggiati e, quindi, i percettori di reddito operanti in tali settori non sono stati danneggiati.
  Questo contribuisce alle disuguaglianze, ma contribuisce anche il fatto che nella percezione dei redditi sono scesi di più, in media, coloro che già stavano in basso nella scala dei redditi. Tuttavia, non va dimenticato che, proprio per le ragioni di cui parlavo prima, relative agli effetti della pandemia sull'offerta, sono stati danneggiati anche alcuni di coloro che erano in alto nella scala dei redditi, come i lavoratori autonomi non appartenenti al segmento debole di tale categoria di lavoratori, i quali possono aver perso parecchio in termini di reddito. Questo magari si vede poco negli indicatori di disuguaglianza, ma si vede molto di più negli indicatori che dovrebbero essere presi in considerazione e che ricadono nella categoria degli indicatori di mobilità sociale. Avremo una caduta della posizione sociale di questi individui, che potrebbe, in teoria, anche non peggiorare la disuguaglianza, ma che cambia notevolmente la composizione di coloro che stanno ai vari gradini della scala dei redditi. L'impatto sociale di questo fenomeno non va per niente sottovalutato.
  Passando al terzo punto, quali effetti hanno avuto le misure di welfare? Secondo le stime più attendibili, il welfare, con i suoi interventi straordinari, ha enormemente ridotto l'impatto che la pandemia ha avuto sulle disuguaglianze attraverso i meccanismi di mercato. Non vi sto a citare i dati, però si stima che, grazie alle misure di welfare, i lavoratori che hanno perso più del 10 per cento del reddito nel 2020 erano circa un terzo, mentre questi stessi lavoratori, senza tali misure di welfare, avrebbero perso, in media, il 50 per cento del proprio reddito.
  Questo non vuol dire che non vi siano stati buchi – è una riflessione che, purtroppo, non posso fare per mancanza di tempo – che hanno lasciato senza protezione una certa parte dei lavoratori deboli, ma di sicuro la disuguaglianza è stata fortemente contenuta grazie a queste misure. Il problema si porrà quando queste misure non potranno essere – già adesso abbiamo dei segnali – replicate e perpetuate, ma si tratterà di vedere che cosa implicherà. Questo è un punto di cui parlerò a breve.
  Una cosa che si può aggiungere è che i lavoratori rimasti senza protezione adeguata sono spesso lavoratori particolarmente fragili e deboli con rapporti di lavoro precario, molto diffusi nell'attuale mercato del lavoro. A questo si collega il tema dei giovani e delle donne che, per quello che mi riguarda, non va generalizzato, ma va sicuramente tenuto presente perché una quota molto rilevante dei soggetti più danneggiati è costituita da giovani e da donne.
  Ho un'altra riflessione da fare. Abbiamo detto che le disuguaglianze sono state contenute grazie agli interventi di welfare e, leggendo i dati dell'ISTAT, abbiamo visto che la povertà assoluta è in forte aumento negli ultimi tempi. La pandemia ci invita anche a riflettere sul significato di questi indicatori. Dobbiamo tenere presente che la povertà assoluta in Italia si misura sulla base dei consumi e non sulla base del reddito. Di conseguenza, vi è una soglia di spesa per consumi e chi è al di sotto è considerato povero assoluto.
  Durante la pandemia si può consumare di meno per vari motivi e non soltanto perché si ha meno reddito e, quindi, perché si è effettivamente più poveri. Si può consumare di meno anche per il cambiamento di abitudini o per l'impossibilità di accedere a determinati tipi di consumo, non perché si è più poveri nel senso con cui noi intendiamo questo termine. Questo vuole dire che l'aumento dell'indicatore di povertà Pag. 5 assoluta in parte può avere una spiegazione che è collegata non a un corrispondente peggioramento dei redditi percepiti dagli individui, ma al cambiamento delle abitudini di consumo. Quindi, c'è un insegnamento da trarre anche con riferimento alle modalità con le quali rilevare questi fenomeni e al significato da attribuire a questi indicatori.
  Vengo adesso al problema – il punto successivo – dei futuri lasciti della pandemia sulle disuguaglianze. Noi sappiamo, da alcuni studi sulle pandemie di questo secolo, che, in generale, le pandemie o le epidemie gravi causano un perdurante aggravarsi delle disuguaglianze nel corso degli anni successivi.
  Senza poter entrare troppo nel merito, farò due riflessioni: una riguarda i meccanismi delle disuguaglianze di mercato che questa pandemia può mettere in moto e l'altra riguarda questioni di welfare.
  Sulle disuguaglianze di mercato, dobbiamo tenere presente che con la crisi pandemica molte piccole imprese spariscono ed escono dal mercato e molte altre vengono assorbite dalle imprese più grandi. A livello globale, questo fenomeno è molto evidente nel settore delle piattaforme digitali ed è all'attenzione delle Autorità Antitrust mondiali, però esso può verificarsi anche su scala ridotta, ma significativa, anche in un Paese come il nostro, poiché può aumentare la concentrazione del potere di mercato di alcune imprese.
  Questo è molto rilevante per le disuguaglianze in due sensi, perché, in generale, quando le imprese hanno più potere di mercato e sono più grandi, tendono a generarsi più disuguaglianze dei redditi all'interno esse. La distanza tra il reddito guadagnato dal top manager e l'impiegato o l'operaio medio aumenta con le dimensioni delle imprese, salvo rare eccezioni. Quindi, aumenta quella noi economisti chiamiamo la disuguaglianza «within», all'interno delle imprese. Ma aumenta anche la disuguaglianza «between», ovvero tra imprese, perché le residue imprese più piccole pagheranno redditi da lavoro significativamente più bassi. Per questo lavoratori con mansioni praticamente identiche – adesso esagero, ma l'immagine dà il senso di quello che voglio dire – collocati in imprese diverse percepiscono redditi significativamente diversi. Già prima della crisi questo fenomeno della crescita della disuguaglianza «between», tra imprese, era abbastanza marcato e le conseguenze possono essere significative.
  Il secondo lascito che la pandemia può avere sui meccanismi di mercato riguarda lo smart working. Se si mantiene lo smart working, ci possono essere conseguenze assai rilevanti sulle disuguaglianze. Il fatto che il lavoro non si svolga più come prima in uffici, collocati spesso al centro delle città, riduce la domanda di tutta una serie di servizi collegati alla collocazione degli uffici al centro della città. Pensate ai ristoratori, ai bar e ai trasporti – durante la pandemia il calo dei trasporti pubblici locali è stato enorme – e alla logistica. Perché questo è rilevante per le disuguaglianze? Perché in queste attività sono spessissimo impegnati i lavoratori deboli e, di conseguenza, la riduzione di tali attività peggiorerebbe la posizione di coloro che già stanno peggio, determinando anche la perdita del lavoro.
  C'è un secondo aspetto che riguarda i motivi per i quali lo smart working può incidere sulle disuguaglianze. Con lo smart working a livello globale i lavoratori entrano, di fatto, in competizione con i lavoratori dislocati in qualsiasi parte del mondo, al di là degli ostacoli linguistici. È come se ci fosse un'enorme ondata migratoria senza immigrati, come se i lavoratori del Paese venissero sottoposti alla concorrenza dei lavoratori di altri Paesi, senza che questi si debbano spostare fisicamente. Questo ha una conseguenza ulteriore e peggiore di quella che potrebbe avere l'immigrazione, che deriva dal fatto che questi lavoratori, rimanendo nei loro Paesi, dove il costo della vita è molto più basso, possono ricevere salari molto più bassi, che, tuttavia, consentono loro un tenore di vita dignitoso. Si entrerebbe, quindi, in competizione con qualcuno che è in grado di raggiungere un tenore di vita analogo con un salario molto più basso, con effetti rilevanti sul salario dei lavoratori nazionali. Pag. 6
  La terza considerazione riguarda i rischi dell'aggravarsi dell'immobilità sociale, che sono stati già messi in luce con riferimento alla perdita di education, di formazione, soprattutto da parte di coloro che appartengono a background familiari più svantaggiati, che potrebbero subire effetti di arretramento nella loro capacità di progresso economico e sociale a causa della pandemia. Queste sono cose da guardare con molta attenzione.
  L'ultimo punto riguarda cosa fare. Ci sono interventi sui mercati da fare adesso. Come dicevo prima, le politiche per la concorrenza possono diventare politiche di contenimento della disuguaglianza. Ci sono da fare interventi sul funzionamento dei mercati del lavoro per risolvere i problemi relativi allo smart working e ci sono da fare interventi ex post sulle misure di welfare mirate ai lavoratori che rischiano di trovarsi indeboliti persistentemente e permanentemente sul mercato.
  A questo riguardo vorrei concludere con un'osservazione di carattere generale e anche un po' generico. Se guardiamo alla Prima guerra mondiale, questa ha avuto un impatto enorme rendendoci consapevoli della necessità di avere un welfare di tipo assicurativo, ovvero un welfare che funzionasse da assicuratore contro una serie di rischi improvvisi, come quelli della guerra, che mettono moltissime persone al tappeto in termini economici, oltre che, naturalmente, anche in termini di sopravvivenza.
  L'impressione è che la pandemia ci inviti a riflettere nuovamente sulla necessità di avere un welfare che faccia fronte a questi rischi, un welfare che, con un linguaggio inappropriato, chiamerei più «precauzionale», più attento alla prevenzione dei rischi. La precauzione è un atteggiamento che si adotta quando non si è certi che un fenomeno si verificherà, ma si ha un forte timore che, se si verificherà, gli effetti saranno catastrofici. Questo è quello che capita in casi di questo genere. Il welfare precauzionale è un welfare che opera sulla base di segnali deboli di rischio e di timore di fortissimi rischi. Pensate quante vite umane avremmo potuto salvare e quanti redditi avremmo potuto avere in più, se ci si fosse mossi in una logica precauzionale.
  Vi faccio notare che il principio precauzionale è enunciato nell'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in cui si fa riferimento soprattutto ai problemi ambientali, ma io ho l'impressione che si possa generalizzare e prendere a riferimento quel criterio per fronteggiare meglio i rischi catastrofici come questo e ridurre gli enormi costi sociali e umani che questi rischi generano.
  In sintesi, questa pandemia ha molti insegnamenti da darci per contrastare la disuguaglianza e la povertà e per favorire la coesione sociale. La speranza è che siamo in grado di coglierli e di metterli a frutto. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringraziamo lei, professor Franzini, anche perché le considerazioni che ha fatto sono molto interessanti e scendono nel dettaglio di alcuni temi oggetto della nostra indagine. Per esempio, lei ha detto che la povertà assoluta si misura sulla base dell'andamento dei consumi, però non è detto che un abbassamento dei consumi configuri una situazione di povertà.
  Poi ha fatto un'altra riflessione interessante sulla necessità di non considerare i giovani e le donne come categorie, ma di capire chi tra loro ha sofferto per la pandemia e chi no.
  Inoltre, ha parlato anche delle disuguaglianze all'interno delle imprese e tra le imprese.
  Le chiederei se, rispetto a tutte queste considerazioni interessanti, lei dispone anche di dati che ci sarebbe molto utile acquisire proprio per costruire in maniera quasi scientifica – mi passi il termine – un quadro chiaro delle nuove disuguaglianze. Per questo, le chiederei la cortesia di farci avere le memorie del suo intervento, arricchite da dati numerici, se ne dispone, che sarebbero utilissimi per il nostro lavoro. Grazie.

  MAURIZIO FRANZINI, professore ordinario di politica economica presso l'Università «La Sapienza» di Roma (intervento da remoto). Alcune delle cose che ho detto Pag. 7sono già state pubblicate e, eventualmente, vi posso indicare dove. Se ho tempo, oltre a darvi questa indicazione, cercherò di trasmettere alla Commissione una nota, articolata sul canovaccio che ho seguito nel mio intervento, arricchita da dati ulteriori.
  Tanto per dare un'indicazione, noi abbiamo una rivista online che si chiama Menabò di etica ed economia, dove potete trovare alcune delle cose che ho detto.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Maurizio Franzini per il contributo fornito all'indagine conoscitiva. Dichiaro, quindi, conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.15.