XVIII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Giovedì 27 maggio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mura Romina , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE NUOVE DISUGUAGLIANZE PRODOTTE DALLA PANDEMIA NEL MONDO DEL LAVORO

Audizione di Tito Boeri, professore ordinario di economia del lavoro presso l'Università commerciale Luigi Bocconi di Milano.
Mura Romina , Presidente ... 3 
Boeri Tito , professore ordinario di economia del lavoro presso l'Università commerciale Luigi Bocconi di Milano ... 3 
Mura Romina , Presidente ... 8 
Barzotti Valentina (M5S)  ... 8 
Mura Romina , Presidente ... 8 
Cantone Carla (PD)  ... 8 
Mura Romina , Presidente ... 9 
Gribaudo Chiara (PD)  ... 9 
Mura Romina , Presidente ... 10 
Invidia Niccolò (M5S)  ... 10 
Mura Romina , Presidente ... 11 
Boeri Tito , professore ordinario di economia del lavoro presso l'Università commerciale Luigi Bocconi di Milano ... 12 
Mura Romina , Presidente ... 13 

ALLEGATO: Documentazione trasmessa da Tito Boeri, professore ordinario di economia del lavoro presso l'Università commerciale Luigi Bocconi di Milano ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-MAIE-PSI: Misto-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROMINA MURA

  La seduta comincia alle 13.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web tv.

Audizione di Tito Boeri, professore ordinario di economia del lavoro presso l'Università commerciale Luigi Bocconi di Milano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove disuguaglianze prodotte dalla pandemia, l'audizione di Tito Boeri, professore ordinario di economia del lavoro presso l'Università commerciale Luigi Bocconi di Milano, che ringraziamo per la sua presenza.
  Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto in videoconferenza dei deputati secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020.
  Nel ringraziare il professore per la sua partecipazione gli cedo la parola, ricordando che per l'audizione è prevista una durata di trenta minuti e che dopo la sua relazione i colleghi, se vogliono, possono intervenire per fare domande alle quali seguirà la replica del professore. Prego.

  TITO BOERI, professore ordinario di economia del lavoro presso l'Università commerciale Luigi Bocconi di Milano. Grazie, presidente. Grazie a tutti voi per l'invito a contribuire ai lavori di questa Commissione. Molto opportunamente avete voluto intitolare questa indagine conoscitiva «indagine conoscitiva sulle nuove disuguaglianze prodotte dalla pandemia». In effetti, quella che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo è una crisi molto diversa da una recessione ordinaria. Ci sono almeno cinque caratteristiche della crisi che la rendono diversa dalle altre.
  La prima caratteristica la chiamerei «la doppia vulnerabilità». Nella crisi si sono sovrapposte la dimensione sanitaria e quella economica. Le persone, le famiglie, le comunità più fragili nelle regioni maggiormente colpite dalla pandemia hanno pagato lo scotto due volte. Da una parte, con tassi di mortalità più alti e, dall'altra, con perdite di reddito più elevate della media.
  La seconda caratteristica è che questa crisi non ci ha dato tempo per prepararci. Normalmente, l'impatto occupazionale di una crisi si manifesta gradualmente. Ci vuole tempo prima che la crisi si faccia sentire sulle famiglie. In questo caso, invece, da un giorno all'altro interi rami di attività hanno cessato di operare, lasciando senza lavoro e spesso senza reddito milioni di persone.
  La terza caratteristica è che la crisi si è accanita proprio contro chi non aveva ammortizzatori sociali. A restare senza lavoro sono stati, molto più che in passato, i lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori e i lavoratori delle piccole imprese, tutte persone poco protette dal nostro sistema di ammortizzatori sociali. Di qui, la necessità di introdurre degli strumenti ad hoc del tutto inediti.
  La quarta caratteristica è che è stata una crisi contro le donne. Ha colpito più le Pag. 4donne degli uomini, e non solo perché ha coinvolto settori come il turismo, con predominante presenza femminile e addetti con contratti a tempo determinato – e ricordiamo che le donne sono la maggioranza delle persone con contratti temporanei, per esempio, nel commercio al dettaglio –, ma anche perché, a causa della chiusura delle scuole, ha scaricato sulle donne l'onere della cura dei figli. Abbiamo avuto studenti senza scuola e donne senza lavoro.
  La quinta caratteristica è che ha ulteriormente ridotto la mobilità sociale. Per lungo tempo è stato bloccato il principale ascensore sociale – lo ricordavo appena adesso –, la scuola, facendo accumulare a chi era già in condizione di difficoltà ritardi formativi che sarà molto difficile colmare. Inoltre, è di molto aumentato il lavoro in remoto, senza che si potesse per tempo attrezzare chi non aveva condizioni abitative adeguate a trasformare in luogo di lavoro la propria abitazione o una postazione vicino a casa. Anche questo aumenta la disuguaglianza delle opportunità.
  Per il momento, abbiamo soltanto alcune indicazioni qualitative di ciascuna di queste caratteristiche peculiari della crisi. Ho preparato alcune figure e tabelle, che metto a vostra disposizione e che vi mostrerò molto rapidamente, che danno alcune indicazioni di questi fenomeni. La prima figura vi fa vedere sull'asse verticale i tassi di mortalità per ogni mille abitanti presumibilmente attribuibili al COVID-19 in diversi comuni. Invece, sull'asse orizzontale avete la distribuzione dei comuni per livello medio di istruzione. Quello che dice questa figura è molto eloquente: nel 10 per cento dei comuni con il livello medio d'istruzione più basso ci sono stati tra i tre e quattro morti per ogni mille abitanti; invece, nel 20 per cento dei comuni con i livelli d'istruzione più elevati il numero di morti è stato tra uno e due ogni mille abitanti. C'è una relazione molto forte tra mortalità e livello d'istruzione, che peraltro è documentata. Negli Stati Uniti, per esempio, circa l'80 per cento delle morti si è concentrata sul 50 per cento della popolazione con livello di istruzione più basso.
  Il secondo aspetto importante della crisi è legato al fatto che non ci ha dato tempo. La tabella successiva vi mostra quello che è successo nel marzo 2020, all'inizio della crisi. Il 50 per cento degli italiani è rimasto a casa, senza poter lavorare. C'è stata una riduzione di lavoro molto più forte che in altri Paesi. Tra l'altro, questa riduzione è stata particolarmente forte per i lavoratori autonomi e, quindi, questa mancanza di lavoro ha significato per loro anche mancanza di reddito. La cassa integrazione, la NASpI e gli altri ammortizzatori sociali, come sappiamo, coprono solo in minima parte i lavoratori autonomi e per questo è stato necessario introdurre misure ad hoc del tutto inedite.
  Abbiamo bisogno di sapere di più sull'efficacia di queste politiche. Il volume di risorse impegnato per i lavoratori autonomi è stato ingente, è stato pressoché uguale a quanto abbiamo speso per i lavoratori dipendenti del settore privato, nonostante il fatto che gli autonomi siano meno della metà di questi. Dobbiamo sapere di più su quante risorse sono arrivate a destinazione e quanto hanno contribuito davvero a contenere la povertà tra questi lavoratori così duramente colpiti dalla crisi.
  Dicevo che è stata una crisi contro le donne, e il grafico ve lo dimostra. Vi fa vedere quanto è stata maggiore la concentrazione delle perdite occupazionali sulle donne che sugli uomini in diversi Paesi. L'Italia, nel panorama dei Paesi OCSE, è uno dei Paesi in cui questo è avvenuto di più. Tutto è avvenuto nella fascia di età al di sotto dei 35 anni. Se, infatti, guardiamo al di sotto di tale fascia, le donne hanno subìto il doppio delle perdite occupazionali degli uomini in proporzione al numero di persone occupate. Addirittura, se scendiamo alla fascia sotto i 24 anni, tre volte tanto. Particolarmente colpite sono state anche le donne straniere, spesso impegnate nell'assistenza alle persone non autosufficienti. È possibile che molte donne italiane abbiano smesso di lavorare per occuparsi in prima persona delle persone non autosufficienti e dei figli rimasti a casa per la chiusura delle scuole. Purtroppo, anche la ripresa delle assunzioni nel 2021 sembra Pag. 5escludere le donne. Il numero di contratti attivati è aumentato per gli uomini, ma non per le donne.
  Un'ulteriore caratteristica della crisi è che ha ulteriormente ridotto la mobilità sociale. L'Italia è il Paese in cui la chiusura delle scuole è stata più accentuata di tutti gli altri Paesi – lo vedete dal grafico – e in cui, quindi, i ritardi formativi rischiano di essere particolarmente acuti. In attesa di dati sugli abbandoni scolastici e sulle prove INVALSI, che ci aiuteranno a identificare i gap formativi, dobbiamo riferirci inevitabilmente all'esperienza straniera. Ci sono alcuni studi, per esempio, che documentano che in Olanda i gap formativi sono stati molto più significativi tra chi già partiva in condizioni di grandi difficoltà, e ciò si spiega col fatto che chi non ha genitori molti istruiti ha avuto poco aiuto durante i periodi in cui non poteva andare a scuola. C'è anche un problema di autodisciplina. Anche le condizioni abitative più difficili certamente non hanno aiutato.
  Anche il lavoro a distanza può essere un problema sul piano dell'uguaglianza delle opportunità e della riduzione della mobilità sociale, perché abbiamo differenze enormi tra i lavoratori in quanto a condizioni abitative e soprattutto alle condizioni in cui sono chiamati a svolgere il loro lavoro. Per esempio, possiamo prendere il caso degli sviluppatori di software, gli specialisti in basi dati e reti informatiche, un settore in cui c'è stato moltissimo lavoro in remoto. All'interno di questo gruppo, all'apparenza omogeneo, ci sono differenze enormi di condizioni abitative. Secondo gli ultimi dati disponibili, il 10 per cento più povero di questi lavoratori dispone nella propria abitazione di meno di una stanza a testa, mentre il 10 per cento più ricco ha tre o più stanze a testa. Questa è una differenza enorme, perché cambia completamente le condizioni di lavoro di lavoratori che hanno presumibilmente lo stesso livello di preparazione, la stessa abilità e anche lo stesso impegno lavorativo, ma che si trovano chiaramente in grandissima difficoltà.
  Possiamo cogliere questo fenomeno, anche in questo caso, dall'esperienza di altri Paesi, perché per l'Italia non abbiamo rilevazioni che riguardano sia il lavoro in remoto sia le condizioni abitative. Nel Regno Unito è stata fatta un'indagine di questo tipo. È dimostrato che i nuovi lavoratori in remoto sono tutti lavoratori che hanno condizioni abitative difficili. Dobbiamo guardare con preoccupazione a questo aspetto, che mette a rischio anche di discriminazioni in futuro legate alle condizioni abitative rispetto al mercato del lavoro.
  In conclusione, diciamo che abbiamo molti indizi, e non solo congetture, di nuove fratture sociali create dalla pandemia. È fondamentale capire a fondo la natura di queste disuguaglianze, sapere quante persone sono coinvolte, qual è l'entità del gap accumulato durante la pandemia, qual è il ruolo giocato dalle misure adottate in questi mesi per contenere i cali di reddito. Da qui, l'importanza della indagine conoscitiva.
  Se vogliamo andare al di là di questi rilievi qualitativi, abbiamo bisogno di accedere a dati molto più ricchi di quelli che sono finora disponibili, e soprattutto dobbiamo incrociare dati che sono oggi in possesso di diverse istituzioni e di diverse amministrazioni pubbliche. Ho voluto preparare una tabella su più pagine che aiuta a capire, analizzato istituzione per istituzione e quesito per quesito il programma dell'indagine conoscitiva, quali sono le istituzioni che possono dare un contributo. Bisogna fare molti più scambi di informazioni tra le amministrazioni pubbliche. Non necessariamente dobbiamo mettere insieme gli archivi delle diverse amministrazioni. Basterebbe anche solo estrarre campioni casuali da ciascun archivio e incrociare questi dati a livello individuale con quelli di un altro archivio o di un'indagine campionaria.
  È un'operazione che l'ISTAT è perfettamente in grado di svolgere nel rispetto delle normative sulla privacy. In effetti, la svolge già, ad esempio, nell'ambito del sistema unificato di monitoraggio del mercato del lavoro. Bisognerebbe soltanto allargare lo spettro di questi incroci fra banche dati diverse, come vi illustrano le tabelle, coinvolgendo i diversi soggetti istituzionali che Pag. 6vengono richiamati. Questi incroci di banche dati diverse possono offrirci un quadro abbastanza approfondito dell'entità e delle caratteristiche delle nuove disuguaglianze.
  Non bastano i dati su un singolo aspetto. Dobbiamo avere un approccio multidimensionale per capire cosa è successo. Ad esempio, non possiamo guardare ai soli consumi per misurare la povertà, perché ci sono molte persone che hanno diminuito i consumi semplicemente perché avevano meno opportunità di spendere, oppure avevano paura di uscire di casa. Basti pensare al fatto che i risparmi in Italia sono raddoppiati durante la pandemia. Al tempo stesso, si tratta di incroci fra dati già raccolti dalle amministrazioni pubbliche o dall'Istituto di statistica, senza la necessità di avviare ulteriori indagini ad hoc. L'importante è che vengano resi disponibili in tempi utili per prendere le decisioni. Troppe volte, infatti, le amministrazioni pubbliche in Italia custodiscono segretamente i dati di cui dispongono. Li rendono pubblici quando ormai le decisioni più importanti sono state prese. Questi dati sono un bene pubblico, servono per guidare la politica economica. Dovrebbe essere il Parlamento in prima persona a chiedere alle amministrazioni un calendario prestabilito di pubblicazione dei dati, il più possibile vicino alla data in cui queste informazioni vengono raccolte. Non deve essere possibile per un Ministro ritardare la pubblicazione dei dati raccolti da un'amministrazione su cui esercita la vigilanza solo perché i dati sono intempestivi rispetto alla sua agenda politica.
  I dati in Italia vengono usati ancora troppo poco per guidare la politica economica. Spesso si prendono decisioni a intuito, sulla base di ragionamenti privi di riscontri empirici. Un esempio di queste decisioni basate sull'intuito è la chiusura delle scuole durante la pandemia, una decisione spesso presa senza avere alcun dato a disposizione sulla diffusione dei contagi associati alla riapertura delle scuole.
  Tutto questo va solo a discapito della bontà delle decisioni prese. Come si diceva, oggi sappiamo molto poco sull'efficacia dei ristori e dei sostegni introdotti durante la pandemia. Quanto delle perdite di reddito sono riusciti a rimpiazzare? In che misura hanno contribuito a contenere l'aumento della povertà? A quante persone sono andati questi trasferimenti senza che ne avessero davvero bisogno? Per rispondere a interrogativi fondamentali di questo tipo bisogna riuscire a ricostruire cosa sarebbe avvenuto in assenza di questi interventi. È un esercizio non semplice, ma possibile con tecniche di analisi dei dati e competenze che spesso non sono disponibili nell'ambito delle amministrazioni pubbliche.
  È perciò necessario coinvolgere anche soggetti esterni alle amministrazioni nelle analisi dei dati, se vogliamo riuscire a valutare per tempo e migliorare le politiche. L'INPS ha messo in campo un'iniziativa denominata «VisitINPS», che ha permesso ai migliori ricercatori del mondo di fare analisi approfondite sulle politiche del welfare in Italia. Ci sono bandi su temi di interesse dell'istituto, cui partecipano ricercatori di tutto il mondo, interessati unicamente a pubblicare sulle migliori riviste internazionali. Ciò consente di mettere l'enorme mole di dati dell'INPS, chiaramente resi anonimi, in mano a chi ha le maggiori capacità per analizzarli. Questo avviene a costo zero per l'istituto, dal momento che i ricercatori che ne fanno uso vengono pagati dai rispettivi enti di ricerca e università.
  Il progetto VisitINPS ha già prodotto valutazioni di riforme delle pensioni, degli ammortizzatori sociali, del bonus per gli asili nido e di tante altre misure. Potrebbe essere replicato presso altre amministrazioni. Perché non avere, ad esempio, un «VisitMEF» che renda disponibili i dati del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Agenzia delle entrate? Sarebbe ugualmente importante che il Ministero dell'istruzione, che raccoglie dati su frequenze e abbandoni scolastici, che in questo momento sarebbe davvero importante analizzare, compisse un passo simile. Tenendo i dati chiusi nei cassetti digitali dei Ministeri si fa un danno al Paese.
  È utile anche permettere l'accesso alle banche dati create incrociando queste diverse fonti statistiche, come ho detto in precedenza. L'ISTAT potrebbe produrre file Pag. 7standard – perfettamente compatibili, anzi, sono previsti dai regolamenti europei sulla privacy, resi anonimi – da mettere a disposizione dei ricercatori accreditati che volessero studiare a fondo le politiche sulla base di un progetto vagliato dall'istituto.
  Solo con il concorso di dati migliori e di tanti bravi ricercatori che analizzino le diverse dimensioni delle disuguaglianze riusciremo a definire strategie adeguate. Non illudetevi che si possano trovare risposte ai vostri quesiti con le audizioni nell'ambito di questa indagine conoscitiva o anche affidando a un gruppo di eminenti ricercatori la stesura di uno specifico rapporto. Ci vogliono molte più energie intellettuali e persone che lavorino anche in modo indipendente. Come nella ricerca di vaccini, la ricerca sugli effetti distributivi della pandemia richiede l'impegno di tanti gruppi di ricerca. Nell'era dei big data si possono mettere a fuoco tanti aspetti importanti, ma ci vuole enorme potenza di fuoco per farlo.
  Nel Regno Unito la Deaton Review, che vuole raccogliere dati e proposte sulle nuove dimensioni delle disuguaglianze, coinvolge decine di ricercatori di primissimo livello provenienti da tutto il mondo. Negli Stati Uniti il progetto Opportunity Insights, lanciato dall'economista Raj Chetty presso l'Università di Harvard e sviluppato nell'ambito di una collaborazione con il Census Bureau, che è praticamente l'Ufficio di statistica americano, coinvolge circa 40 ricercatori ed è riuscito a recuperare, connettere e organizzare un'enorme mole di dati, sia di natura amministrativa sia proveniente dal settore privato. Una caratteristica di questi dati è l'essere granulari. L'unità osservata è il più vicino possibile al singolo individuo o al singolo evento. Questo ha messo in luce alcune cose molto importanti. Per esempio, ci ha dimostrato che la mobilità sociale è una questione legata proprio a dove si risiede. A volte, basta spostarsi di isolato per avere opportunità molto maggiori.
  L'ultimo punto che vorrei toccare – la ringrazio presidente per l'attenzione e la disponibilità di tempo che mi sono state concesse – riguarda la tutela della privacy. Sappiamo che nel nostro Paese il giusto obiettivo di tutelare la privacy diviene, alle volte, il paravento per non informare adeguatamente il Parlamento e i cittadini sul funzionamento delle amministrazioni pubbliche e sugli effetti delle politiche. Eppure, disponiamo di tutti gli strumenti necessari per rendere i dati anonimi. Sono procedure previste dai regolamenti europei ed applicate in diversi Paesi dell'Unione europea. Abbiamo bisogno di dati individuali e anonimi per valutare le politiche pubbliche. Non bastano i dati aggregati a livello di Paese, settore o regione. Nessun ricercatore è interessato a ricollegare i dati a individui specifici, atto che costituirebbe una violazione della privacy, ma la valutazione ha bisogno di dati individuali e dati molto dettagliati che incrocino, come si è visto, informazioni raccolte da amministrazioni diverse.
  Le banche dati della pubblica amministrazione sono, in via di principio, interoperabili. Tuttavia, ogni volta che bisogna farle dialogare, qualora non ci sia una legge che esplicitamente preveda lo scambio di dati, bisogna attivare procedure lunghissime e convenzioni, con il rischio che queste non vengano poi approvate dal Garante o, addirittura in una fase precedente, dal Data Protection Officer delle singole amministrazioni. Lo scambio in tempo reale di dati nella pubblica amministrazione è utile per la stessa attuazione delle politiche.
  Prendiamo il caso del Reddito di cittadinanza. Se l'INPS non può accedere a dati sulla proprietà di autovetture e sulle giacenze liquide sui conti correnti, non solo non potrà svolgere i dovuti controlli, ma non potrà neanche intervenire preventivamente per raggiungere coloro che avrebbero diritto al Reddito di cittadinanza e che magari non sanno di poterne essere beneficiari. Durante la mia esperienza all'INPS, avevamo cercato di rovesciare il rapporto col cittadino. Anziché chiedere a chi può beneficiare di una prestazione di presentare una domanda, raccogliendo spesso una documentazione di non immediata reperibilità, volevamo essere proprio noi a proporre, come amministrazione pubblica, al cittadino che aveva il diritto di Pag. 8beneficiare di un trasferimento, la possibilità di riceverlo informandolo di questa opportunità. Questo non è stato possibile proprio per queste barriere normative.
  Tornando alla valutazione delle politiche, non basta neanche stabilire con una legge che si deve fare la valutazione di una determinata misura. Bisogna mettere le amministrazioni terze, non la politica, in condizione di farlo. Così non è stato per il Reddito di cittadinanza, in quanto la legge istitutiva ha impedito all'INPS di svolgere valutazioni, dando mandato al solo Ministero del lavoro di farlo. La valutazione delle politiche deve essere riconosciuta come compito istituzionale delle amministrazioni pubbliche, se non addirittura come diritto costituzionale dei cittadini. Vogliamo tutelare la privacy come bene pubblico, non la gestione privatistica delle informazioni da parte delle singole amministrazioni, in un contesto di frammentazione delle banche dati pubbliche.
  L'indagine conoscitiva che avete promosso può diventare l'occasione per affrontare, una volta per tutte, il problema dei flussi informativi all'interno della pubblica amministrazione. Ne avremo bisogno anche per attuare il Piano nazionale di ripresa e di resilienza, perché la Commissione europea ci chiederà di valutare puntualmente le misure previste dal Piano, e vi posso assicurare che in Europa valutare le politiche vuol dire farlo sul serio. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Do la parola alla collega Barzotti, prego.

  VALENTINA BARZOTTI. Grazie, presidente. Ringrazio moltissimo il professor Boeri per questo intervento. Ha toccato davvero molti punti interessanti, che ci inducono a una seria riflessione sull'importanza della raccolta dei dati e della correlazione di questi rispetto a scelte politiche che devono necessariamente essere orientate, sulla base di un'approfondita indagine dei fatti che non può prescindere dalla ricerca. Sicuramente ci faremo promotori di iniziative specifiche per la pubblicazione dei dati e per la loro anonimicità. Su questo possiamo sicuramente provare a fare un ragionamento.
  Non è questa la sede per approfondire temi come la chiusura delle scuole e via dicendo, nonostante ci siamo spesi tantissimo a questo riguardo. Penso, invece, che sia importante fare una seria riflessione sul lavoro agile e sulle politiche abitative. La pandemia ha portato i lavoratori a doversi scontrare con una realtà personale e familiare che ha generato una serie di problematiche, dal problema delle donne a quello dei carichi di famiglia; ma soprattutto io penso, visto che mi sono occupata tanto di lavoro agile, ad aspetti molto pratici. Sicuramente, mi piacerebbe che lei chiarisse ancora un po' questi aspetti delle politiche abitative, anche alla luce degli studi sulle nuove concezioni di ufficio che si stanno facendo nel Regno Unito anche grazie al supporto del Governo.
  Le rinnovo i miei ringraziamenti e le chiedo se possiamo iniziare un dialogo su questi aspetti, anche in vista di futuri provvedimenti. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola all'onorevole Carla Cantone. Prego.

  CARLA CANTONE. Anch'io ringrazio il professor Boeri, perché è sempre un piacere ascoltarlo per la capacità di analisi che ha sempre avuto. Questo gli va riconosciuto. È un'analisi perfetta, che io condivido in tutti i suoi aspetti, un'analisi, in cui mi ritrovo, del nuovo contesto delle disuguaglianze e quindi della povertà, venuta fuori da una crisi inedita e terribile, come il professore ci spiegava, in particolare della condizione delle donne, della condizione dei giovani e del lavoro in generale, dello sviluppo che si è fermato. Si è fermata la produzione ed è ovvio che si è fermato tutto immediatamente, da un giorno all'altro, come lei diceva. Non è come la crisi del 1998, è tutta un'altra cosa.
  Alcuni settori ci hanno guadagnato, altri, invece, hanno dovuto gettare la spugna e arrivare al fallimento. Noi abbiamo davvero la necessità di agire per salvare il lavoro e i nuovi lavori che arriveranno, perché quando tutto sarà finito – speriamo in fretta – non avremo più i lavori tradizionali. Non avremo più almeno il 40 per Pag. 9cento dei lavori tradizionali. Ci saranno nuovi lavori, nuovi settori, nuove modalità organizzative di lavoro, in un mercato del lavoro diverso. Proprio per questa ragione convengo sul fatto che bisogna avere anche una nuova idea di ammortizzatori sociali e nuove idee di aiuti alle imprese, che è quello di cui il Governo, o almeno il Ministero del lavoro, sta discutendo. Bisogna ragionare rapidamente su un nuovo modello di ammortizzatori sociali. Io penso che il professore abbia colto nel segno.
  Credo che questa audizione ci sarà di aiuto anche per il complesso lavoro della Commissione; ma questa audizione, così approfondita, servirà anche per aiutare a verificare come andranno in porto i progetti attuativi del PNRR. Anche questo è importante. Convengo sul fatto che, proprio per quello che è avvenuto in questo anno e mezzo, abbiamo bisogno di utilizzare in modo democratico – dico «democratico» per capirci – tutte le banche dati e di una regolamentazione che aiuti il dialogo fra la pubblica amministrazione, gli enti e le regioni.
  Mi scuso se porto via ancora trenta secondi. Sto facendo un'esperienza come componente della Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria, dove è in corso una discussione approfondita sulla digitalizzazione delle banche dati, dalla quale risulta una generalizzata duplicazione dei dati. Ognuno fa di tutto, ma nessuno mette quello che fa a disposizione degli altri. Ci sono doppioni, a volte, con risultati informativi di banche dati anche diverse, anche grossolane. Si dice che il sistema informativo, il sistema di utilizzo democratico delle banche dati è necessario per il nuovo contesto produttivo che verrà. Bisogna prevedere, secondo me, regole che aiutino tutti.
  Lei parlava dell'INPS. Quante volte abbiamo discusso sulla necessità di avere più alfabetizzazione, per essere in grado di conoscere i benefici a cui si ha diritto? Lei ha ragione, ma chi non ha avuto difficoltà a ottenere il Reddito di cittadinanza sono stati anche molti furbetti – che cominciano ad essere scoperti ora – proprio perché è complicato per molti seguire le procedure necessarie ad accedervi. Chi ne aveva bisogno ha fatto una enorme fatica e magari non l'ha ricevuto, mentre, invece, nell'illegalità si nascondono le persone che hanno la formazione e la conoscenza necessarie, che ne usufruiscono.
  Quando io parlo di banche dati, di sistemi informativi e di digitalizzazione basati su regole democratiche e di trasparenza, penso proprio a questo: evitare che succeda quello che è successo. Quanto alle cose che lei ha detto – poi studieremo bene anche la relazione che lei ha depositato – credo che noi, in quanto componenti della Commissione Lavoro, potremmo agire e farci promotori di consigli, di proposte – chiamiamole come vogliamo – perché è necessario mettere a frutto questa audizione. È importante per il lavoro che verrà.
  Per quanto riguarda anche i lavori poveri, abbiamo parlato delle donne, delle badanti, quelle che non sono neanche italiane. Pensate: avere una banca dati che raccoglie le informazioni su tutto quello che avviene nelle famiglie e riuscire ad individuare anche i lavoratori non denunciati sarebbe fondamentale.
  Mi scuso, ma quando parlo di queste cose mi appassiono. Non possiamo più sfuggire a questo, non abbiamo più la catena di montaggio, non è più così. Anche i settori industriali che non hanno subito la crisi come altri settori economici, come, per esempio, il turismo, avranno bisogno di una riforma incisiva, che riguardi anche la conoscenza e la formazione. Ci vorrebbero corsi a livello universitario, ci vorrebbe un'altra trasmissione del tipo «Non è mai troppo tardi», per far capire anche alle persone meno preparate quanto è importante la conoscenza, perché la conoscenza è democrazia. Grazie, professore. La ringrazio davvero tanto.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola alla collega Gribaudo. Prego.

  CHIARA GRIBAUDO. Grazie, presidente. Professor Boeri, al di là del fatto che sottoscrivo l'intervento della collega Cantone e della collega Barzotti, che mi hanno preceduto, è sempre interessante ascoltarla. È Pag. 10banale dirlo, ma oggi devo dirlo ancora di più, perché nella sua relazione ha sottolineato alcuni elementi che faticano anche a essere trattati in un dibattito pubblico, nelle aule parlamentari e, forse, negli interventi in materia di lavoro che dobbiamo adottare attraverso l'attività legislativa ordinaria e, direi anche, d'urgenza.
  Tra i tanti temi trattati, non mi soffermo ulteriormente sui problemi che riguardano le donne. Se poi si è donne e giovani, abbiamo visto quanto questa crisi sia stata profonda. Ci sono però due elementi. Uno è quello che riguarda i più giovani e la correlazione tra la formazione, la formazione della famiglia di provenienza, la scuola, l'altro riguarda la correlazione tra l'istruzione e le morti sul lavoro per COVID-19. Questo è un elemento che ci invita a riflettere ancora di più su come l'ascensore sociale nel nostro Paese non sia un fattore da lasciarci alle spalle, in quanto oggi rappresenta il cuore della discussione che dobbiamo affrontare.
  Temo anche che dimentichiamo che dietro la parola «disuguaglianze» – quando ne parliamo troppo genericamente – c'è un Paese che, a seconda della famiglia di provenienza, ti stravolge o comunque non lascia uscire dalla condizione di partenza, perché non c'è opportunità di emancipazione. Credo che i nostri futuri interventi si dovranno misurare con tale prospettiva, ed è il motivo per cui la ringrazio, perché senza la raccolta e l'elaborazione dei dati noi non faremmo seriamente questo lavoro.
  Condivido totalmente la questione che lei poneva rispetto ad un eventuale «VisitMEF». Lo dico ai colleghi, lo diceva poco fa la mia collega Cantone. Credo che dovremmo riflettere. Alla conclusione di questa indagine conoscitiva e dopo questa audizione così importante e autorevole, credo che non possiamo permetterci di svolgere un lavoro ordinario. I dati riportati oggi, le domande che lei si è posto, i primi risultati che ci ha mostrato, ci confermano che serve un lavoro prezioso. Però dobbiamo dircelo: lei, in qualche passaggio della sua relazione, l'ha fatto, quando ha ricordato il diritto costituzionale all'accesso ai dati e non solo, alla privacy, mi verrebbe da dire. Ma è fondamentale non parlare solo di riforma della pubblica amministrazione. Accompagnare il settore pubblico in questo percorso sarà fondamentale, lo diceva anche lei, perché altrimenti non ce la facciamo.
  Per come è oggi la pubblica amministrazione e anche qualora facessimo la migliore riforma della pubblica amministrazione adesso – lo dico con una battuta, ma battuta, ahimè, non è – saremo pronti, se va bene, nel 2021-2022, per la prossima pandemia. Non possiamo permettercelo. Questa è la vera emergenza, e credo che dovremo assumere non un'iniziativa ordinaria, ma straordinaria.
  Grazie per il suo contributo, che spero possa essere ancora una volta solo l'inizio di un percorso che dovremmo fare tutti insieme.
  Ho un'altra domanda da fare. Lei giustamente si è soffermato sugli interventi che sono stati attuati e su cosa sarebbe successo nel caso non fossero stati previsti i sostegni. Mi ha colpito il passaggio sull'equivalenza, di fatto, tra gli interventi per i lavoratori dipendenti, le partite IVA e i lavoratori autonomi. Su questo volevo chiederle un approfondimento, se non adesso anche in un momento successivo. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Invidia. Prego.

  NICCOLÒ INVIDIA. Grazie, presidente. Grazie al professor Boeri. Sinceramente ci voleva in questa Commissione l'indicazione di una prospettiva un po' diversa. Passiamo le giornate con il naso infilato nelle difficoltà politiche quotidiane, spesso anche con una verbosità che, alla fine, credo non piaccia a nessuno e sono felice finalmente di aver avuto l'illustrazione di una visione delle difficoltà più generale, basata sui dati e su un'ottima bibliografia. Ho apprezzato soprattutto la capacità di puntare al cuore del discorso, con proposte pratiche e assolutamente percorribili e, tra l'altro, non particolarmente onerose.
  Anche la proposta del cosiddetto «VisitMEF», che è assolutamente di buon senso, Pag. 11finisce quasi per essere percepita come provocatoria. Per quanto siano abbastanza note le difficoltà dei rapporti con il Ministero dell'economia e delle finanze – sono assolutamente disposto a parlarne – , avere finalmente un «VisitMEF» sarebbe miracoloso.
  Ho apprezzato il passaggio della relazione sull'analisi ex ante ed ex post specialmente attraverso partenariati. Quindi concordo sul fatto che non dobbiamo necessariamente scoprire l'acqua calda e «internalizzare» una nuova funzione. Ci sono tante società che sono perfettamente in grado di fare analisi che non siano basate sull'intuizione, cosa che invece succede praticamente sempre in Parlamento e all'interno dei Ministeri ed è frustrante da vedere.
  Ho apprezzato anche i passaggi della relazione sull'interoperabilità e sul principio «once only». Il tentativo di ribaltare i ruoli, come si è cercato di fare all'INPS – come giustamente diceva –, spostando il ruolo di soggetto attivo dal cittadino allo Stato, secondo me, potrebbe avere senso, ma non credo che accadrà nel breve periodo, anche se avevamo presentato emendamenti in materia nel corso dell'esame di un decreto-legge per il riordino delle competenze ministeriali. Evidentemente avrebbe avuto senso avere un Ministero dell'innovazione con portafoglio, cosa che evidentemente magari accadrà nella prossima legislatura o con il prossimo Governo, se ci sarà un prossimo Governo nella legislatura, ma quella sarebbe stata un'azione concreta. Adesso abbiamo un Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale con un team che si occupa di trasformazione digitale che da qualche anno – abbastanza recentemente – è diventato un Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri. Per me sono angeli, perché stanno facendo un lavoro straordinario con una competenza estrema. Infatti, sono i migliori cervelli disponibili provenienti da tutte le parti del mondo, che portano avanti un lavoro come il servizio pagoPA.
  Tutto questo è assolutamente sacrosanto, ma credo che soltanto con un Ministero con portafoglio si potrà avere la forza di ottenere quei risultati su cui tutti siamo d'accordo, sia nella maggioranza sia nell'opposizione. Siamo assolutamente tutti d'accordo e lo desideriamo tutti. Mi unisco alla collega Barzotti nel chiedere al professore la sua disponibilità per i prossimi mesi, oltre che per elaborare eventuali proposte emendative, anche per lavorare, per esempio, sulla risoluzione relativa alle politiche attive attualmente in discussione in Commissione.

  PRESIDENTE. Aggiungerei due considerazioni anch'io. Questa è stata un'audizione che potrei definire «rock» rispetto al lavoro che abbiamo fatto, proprio perché il professor Boeri ha posto all'attenzione alcuni temi e ha dimostrato la necessità di un protagonismo parlamentare nel rivendicare le prerogative che ci sono riconosciute nell'acquisizione dei dati e nella loro messa in rete e a sistema.
  Sono convinta, dopo aver sentito anche le cose che lei ha detto, che in questo Paese c'è e c'è sempre stato un problema di povertà femminile. La povertà femminile non è rilevata perché, per la mia esperienza istituzionale passata, ho sempre avuto modo di vedere che le donne sono più povere anche nei contesti familiari, dove la povertà non è il parametro che consente di accedere alle misure di welfare. Quindi, è importante provare a individuare e a misurare questa povertà, per poi declinare politiche che siano all'altezza.
  A mio avviso, un'altra cosa molto rilevante e importante è che la povertà è legata al luogo in cui si vive. Un giovane professionista residente a Cagliari – penso alla mia regione – è meno povero di un professionista residente in un paesino dell'entroterra della Sardegna. Quando noi, giustamente, esultiamo perché al Mezzogiorno è stato attribuito il 40 per cento delle risorse del PNRR, dovremmo anche aggiungere che, poiché quelle risorse non vanno spese allo stesso modo in tutto il Mezzogiorno, bisogna costruire strumenti affinché si intervenga in maniera mirata sulle varie realtà territoriali.
  Poi vi è il tema fondamentale della spesa storica e dell'infrastrutturazione sociale. Se Pag. 12noi utilizzeremo solo il criterio della spesa storica, rischiamo di non riuscire a intervenire sulla povertà e sulle difficoltà, per esempio, delle lavoratrici, perché non c'è un'infrastrutturazione adeguata.
  Ritengo che questa audizione ci aiuti anche a finalizzare il lavoro che continueremo a fare. Per questo la ringrazio e sicuramente avremo modo di sentirla in seguito su questioni specifiche.
  Le do la parola per la replica. Prego.

  TITO BOERI, professore ordinario di economia del lavoro presso l'Università commerciale Luigi Bocconi di Milano. Grazie, presidente. Grazie davvero per i vostri rilievi e per le vostre domande.
  L'onorevole Barzotti mi chiedeva un approfondimento sul rapporto tra lavoro in remoto e condizioni abitative. Credo che la prima cosa che dovremmo fare in Italia sia l'adozione di un modo per rilevare questa situazione in modo più preciso. Finora non abbiamo una fonte che ci dia simultaneamente informazioni sulle persone che lavorano in remoto e sulle condizioni abitative, ma abbiamo indagini su tali aspetti non collegate fra di loro. Questa è la prima cosa che dobbiamo fare.
  Certamente vi è una serie di misure che andrebbero prese. Innanzitutto, si tratta di assicurare la connettività e le connessioni, perché per i lavoratori in queste condizioni bisogna introdurre facilitazioni per la trasformazione delle proprie abitazioni anche in posti di lavoro. Ai lavoratori che hanno condizioni familiari difficili – che hanno, ad esempio, persone non autosufficienti di cui si devono prendere cura durante la giornata o che richiedono attenzione, se loro sono presenti a casa – occorre offrire opportunità di lavoro, sempre in remoto, ma non nella propria abitazione, bensì vicino a casa o in ambiti di co-working. Questi sono tutti aspetti che andrebbero affrontati partendo da una rilevazione dell'entità del fenomeno. Non si tratta di affrontare il tema del lavoro in remoto soltanto parlando del diritto alla disconnessione, ma bisogna anche parlare di questi aspetti.
  Molto opportunamente l'onorevole Cantone accennava al fatto che i lavori cambiano e che usciremo dalla pandemia con una fisionomia e un'articolazione del lavoro diverse da quelle con cui siamo entrati nella crisi. Per questo abbiamo effettivamente bisogno di avere ammortizzatori sociali adeguati. Credo che si debba cercare soprattutto di aiutare le persone in questa ricollocazione, integrando eventualmente i loro salari, quando il passaggio da un lavoro all'altro comporta una perdita di reddito. Questa è una filosofia che non abbiamo avuto. Infatti, abbiamo sempre avuto ammortizzatori sociali legati alla conservazione del posto di lavoro esistente, ma non sempre questo posto potrà essere conservato ed è invece più opportuno aiutare le persone a spostarsi verso nuovi settori.
  Si possono offrire opportunità anche ai lavoratori poco qualificati, perché, per esempio, in tutta la filiera della salute ci saranno tante opportunità di impiego anche per lavoratori non così altamente qualificati.
  Condivido pienamente le osservazioni sul dialogo tra le diverse amministrazioni e la necessità di reprimere abusi e via dicendo.
  L'onorevole Gribaudo poneva al centro il problema della mobilità sociale – che è davvero un problema fondamentale – ovvero dell'opportunità di una persona, che ha la sfortuna di nascere in una famiglia ai livelli più bassi della distribuzione dei redditi, di migliorare la propria condizione durante la propria vita. Su questo abbiamo informazioni ancora molto limitate e dobbiamo migliorare la qualità delle informazioni che vengono raccolte. Tuttavia, sappiamo con certezza che la scuola è l'ascensore principale per antonomasia.
  La chiusura delle scuole è una cosa a cui noi dobbiamo guardare con estrema preoccupazione. Stanno svolgendosi le prove INVALSI – spero che presto avremo i risultati – che ci daranno la misura dei ritardi formativi accumulati dagli studenti, su cui dovremo intervenire, in modo molto rapido e incisivo, con corsi di recupero, con piani di questo tipo e, soprattutto, con la riapertura tempestiva delle scuole.
  L'onorevole Invidia parlava della necessità di potenziare a queste misure anche con un Ministero dedicato. Non so quale Pag. 13sia l'articolazione istituzionale migliore e se, nell'ambito del Dipartimento della funzione pubblica o altrove, si possa promuovere questo tipo di scambi di informazioni, ma condivido pienamente l'idea che questo debba essere una priorità. Per quanto riguarda la mia disponibilità personale ad aiutare in questo disegno, la assicuro pienamente.
  La Presidente Mura, infine, sottolineava gli aspetti della concentrazione della crisi sulle donne – il dato forse più rilevante delle nuove disuguaglianze che si sono prodotte durante la crisi –, e l'aspetto delle differenziazioni territoriali. Condivido pienamente il suo pensiero ed è per questo che c'è bisogno, nel processo di raccolta di informazioni, del più alto livello possibile di granularità e di dettaglio.
  Ricordavo che negli Stati Uniti queste ricerche hanno dimostrato che basta anche solo cambiare la posizione in cui una persona vive e spostarsi di poco per poter cambiare completamente le proprie opportunità. Immagino che in molti paesi e piccoli centri della Sardegna sia molto difficile poter aspirare a un miglioramento della propria condizione. Tuttavia, spostandosi, anche di poco, si può migliorare grandemente. Aiutare a spostarsi e ad avere opportunità di contatto anche con chi lavora in centri diversi può cambiare completamente le prospettive di una persona. Conoscere queste realtà è fondamentale per definire le politiche più appropriate. Grazie ancora.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora una volta il professor Boeri per il contributo fornito all'indagine conoscitiva. Autorizzo la pubblicazione della documentazione depositata, in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato). Dichiaro, quindi, conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.50.

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