XVIII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Mercoledì 14 luglio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mura Romina , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI LAVORATORI CHE SVOLGONO ATTIVITÀ DI CREAZIONE DI CONTENUTI DIGITALI

Audizione di rappresentanti dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
Mura Romina , Presidente ... 3 
Oneto Gian Paolo , direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche economiche ... 3 
Mura Romina , Presidente ... 7 
Oneto Gian Paolo , direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche economiche ... 7 
Mura Romina , Presidente ... 7 
Barzotti Valentina (M5S)  ... 7 
Mura Romina , Presidente ... 8 
Oneto Gian Paolo , direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche economiche ... 8 
Mura Romina , Presidente ... 9 
Barzotti Valentina (M5S)  ... 9 
Oneto Gian Paolo , direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche economiche ... 9 
Barzotti Valentina (M5S)  ... 9 
Oneto Gian Paolo , direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche economiche ... 9 
Mura Romina , Presidente ... 9 

ALLEGATO: Documentazione trasmessa dall'ISTAT ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-MAIE-PSI: Misto-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROMINA MURA

  La seduta comincia alle 14.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web tv.

Audizione di rappresentanti dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui lavoratori che svolgono attività di creazione di contenuti digitali.
  Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto in videoconferenza dell'audito e dei deputati secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020.
  Interviene da remoto in rappresentanza dell'ISTAT il dottor Gian Paolo Oneto, direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche economiche. Nel ringraziare il nostro ospite per la sua partecipazione, gli cedo la parola, ricordando che la sua relazione dovrebbe avere una durata orientativa di dieci minuti. Prego.

  GIAN PAOLO ONETO, direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche economiche dell'ISTAT (intervento da remoto). Buonasera. Proverò a restare nei tempi. Dovreste aver ricevuto la nostra relazione completa, con tutti i dettagli che abbiamo provato a inserire, di cui adesso faccio un rapido sunto.
  Nel testo preparato per questa audizione sono stati introdotti, in primo luogo, alcuni elementi utili a definire il tema della misurazione statistica delle piattaforme digitali e del lavoro da esse mediato. Alcune indicazioni erano già state fornite dall'ISTAT in un'audizione tenuta presso questa Commissione nell'ottobre del 2019 e naturalmente nel testo completo della relazione trovate il riferimento esatto.
  Come ricordato in quella sede, sulla natura eterogenea del lavoro generato o mediato dalla piattaforma è in corso a livello internazionale un dibattito, di natura teorica, economica e giuridica, che non consente ancora di identificare compiutamente tutte le forme concrete di attività che occorre misurare mediante indagini e processi statistici. In questo largo insieme di fenomeni ci sono anche quelli oggetto dell'indagine conoscitiva oggetto dell'audizione.
  In questo campo, la misurazione statistica è al suo stadio iniziale e le definizioni degli strumenti sono ancora in una fase di consolidamento.
  L'ISTAT ha intrapreso negli ultimi anni diverse iniziative volte ad avviare in modo sistematico il processo di misurazione delle piattaforme e del lavoro da esso intermediato. Quando mi riferisco alle piattaforme, mi riferisco sempre a piattaforme digitali e, quindi, ometterò di specificare «digitali», ma credo che sia sottinteso.
  In questa sede voglio richiamare due iniziative. Da una parte, l'Istituto sta lavorando Pag. 4 alla definizione di un quadro definitorio, coerente con lo sviluppo di un sistema integrato di statistica a livello europeo. L'idea è di passare da un approccio che pone al centro della rilevazione le attività di collaborazione fra soggetti privati, ad esempio, nel caso di scambio di servizi o di condivisione di beni, principalmente sulla base del suo impatto sociale – come si faceva all'inizio – a uno basato sulla misurazione anche in termini di effetti sull'occupazione dell'economia delle piattaforme.
  L'ISTAT ha condotto un esercizio sperimentale di valutazione della consistenza del lavoro mediato dalle piattaforme digitali in senso lato tramite l'inserimento di specifici quesiti nel modulo ad hoc della rilevazione sulle forze di lavoro – sapete che è la rilevazione con cui l'ISTAT misura l'occupazione, la disoccupazione, l'attività e tutti i fenomeni relativi al mercato del lavoro – e quel modulo ad hoc è stato somministrato nel 2019. Si tratta della prima, non esaustiva né dettagliata ricognizione che ha permesso di valutare i principali problemi di misurazione di un fenomeno ancora poco noto, statisticamente raro ed eterogeneo.
  Il lavoro dell'ISTAT in questo campo beneficerà anche delle riflessioni e delle attività previste all'interno di un progetto che Eurostat sta conducendo riguardo alla misurazione del digital platforms employment con il contributo degli istituti nazionali di statistica dei Paesi membri e delle diverse istituzioni internazionali, perché naturalmente l'interesse intorno a questi temi sta crescendo.
  Nel 2021 è in corso una sorta di ripetizione di questa indagine pilota, essendo stati inseriti alcuni quesiti nell'attuale rilevazione sulle forze di lavoro. Si tratta di una cosa molto recente su cui non abbiamo ancora risultati, che, tuttavia, avremo presto.
  Inoltre, nell'ambito della revisione della classificazione delle attività economiche ATECO attualmente in corso – le attività economiche in cui si classificano le imprese –, l'ISTAT sta partecipando al dibattito internazionale sulla rappresentazione statistica delle attività di intermediazione svolte dalle piattaforme digitali.
  Sulla misurazione statistica dell'economia e delle piattaforme, vi posso segnalare, come segnalato anche nella relazione, che l'ISTAT sta preparando un e-book, un vero e proprio rapporto sulla misurazione dell'economia delle piattaforme.
  Dal punto di vista economico, le piattaforme sono essenzialmente dei modelli in cui si articola il mercato, creando valore mediante esternalità positive, ovvero effetti positivi che si moltiplicano per tutti i soggetti coinvolti. Dal punto di vista tecnologico, le piattaforme sono architetture che garantiscono elevati livelli di efficienza nelle relazioni tra i soggetti. La digitalizzazione consente alle piattaforme di operare in mercati sempre più ampi e diversificati secondo un processo che, naturalmente, è in continua evoluzione.
  Le forme di organizzazione delle piattaforme digitali possono attivare prestazioni lavorative che, solo in casi molto circoscritti, sono in grado di generare un reddito. Ancora più limitate sono le prestazioni in cui il reddito generato può configurare un'attività lavorativa primaria da parte del percettore. È molto importante distinguere le attività lavorative retribuite dalle attività lavorative o dalle attività non retribuite e quelle che possono essere considerate primarie, che sono la prima fonte di reddito, rispetto a quelle che, invece, magari vengono fatte in scampoli di tempo rispetto a un altro impiego.
  Un aspetto significativo è che le piattaforme digitali in questione sono organizzate per intermediare quasi ogni prestazione di servizio. Ciò dipende dal tipo di servizio richiesto e dalla tipologia del prestatore.
  Una prima tassonomia delle tipologie di servizi erogati delle piattaforme, delle relative prestazioni via web e del grado di creatività ad esse associate è schematizzata nella tavola 2 dell'allegato alla relazione che ho depositato. Invece, nella tavola 1 c'è una prima tassonomia delle piattaforme. Quindi, nell'allegato alla relazione trovate due schemi che servono un po' per orientare l'esame di queste tipologie. Pag. 5
  Andiamo a vedere i risultati della sperimentazione dell'ISTAT per la rilevazione sulle forze di lavoro. Negli ultimi anni è emerso un intenso dibattito sulla consistenza del lavoro mediato dalle piattaforme digitali. In questo caso intendiamo le piattaforme in senso ampio, dalle più note, come Airbnb, a quelle del settore dei trasporti, come Uber o Deliveroo.
  Le statistiche disponibili sinora sono eterogenee e difficilmente comparabili, a causa delle criticità relative agli aspetti di definizione e di delimitazione del campo d'indagine.
  Un aspetto rilevante riguarda il periodo di riferimento dell'informazione. Infatti, nelle rilevazioni sulle forze di lavoro, ovvero quelle che misurano l'occupazione – sono rilevazioni regolate a livello europeo, perché tutti i Paesi europei seguono le stesse regole per classificare gli occupati e i disoccupati – la posizione dell'occupato è ricondotta all'aver svolto almeno un'ora di lavoro nella settimana di riferimento. Questa finestra temporale, che è molto stretta, tende a ridurre la probabilità di includere le attività lavorative caratterizzate da sporadicità e discontinuità, portando alla difficoltà di stimare i lavori rari, svolti per poche ore e per periodi ridotti, nonostante i campioni con cui si fanno queste indagini siano molto robusti, specialmente in Italia. Infatti, noi abbiamo uno dei campioni più ampi a livello non solo europeo, ma internazionale.
  Al momento, anche i dati amministrativi presentano limiti, dovuti, ad esempio, alla difficoltà di individuare le singole piattaforme digitali e derivare liste di partenza esaustive, vale a dire avere liste di imprese che effettivamente gestiscono queste piattaforme. In alcuni casi, all'estero l'azione delle norme fiscali consente l'utilizzo di basi di dati specifiche per le piattaforme. Nella relazione potete trovare alcuni esempi.
  Come già accennavo, nel 2019 all'interno di un modulo ad hoc è stata fatta una prima sperimentazione. Nello specifico, sono state inserite domande sperimentali rivolte ai dipendenti a termine, ai collaboratori, ai liberi professionisti, ai lavoratori in proprio senza dipendenti e ai soci di cooperativa non dipendenti. Questo è importante, perché nelle successive sperimentazioni che stanno partendo queste domande vengono inserite anche per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, perché, in realtà, anche i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato possono avere attività laterali o collaterali su queste piattaforme.
  L'obiettivo principale della sperimentazione è stato verificare l'efficacia dei quesiti – abbiamo soprattutto testato se si riesce a farsi dare le informazioni giuste – e quantificare il fenomeno nell'ambito dei domini consueti della rilevazione. L'indagine ha messo in luce le difficoltà di comprensione del contesto non solo da parte degli intervistati, ma anche degli intervistatori e la necessità di un lungo e complesso lavoro di controllo e correzione dei dati.
  Sulla base delle informazioni raccolte, la cui lettura va presa con molta cautela, dovendo tenere conto delle difficoltà richiamate, si può osservare che nel 2019 ha dichiarato di lavorare come attività principale per una piattaforma digitale in senso lato lo 0,13 per cento degli occupati, vale a dire oltre 29 mila individui, ovvero lo 0,2 per cento dei lavoratori a tempo determinato, lo 0,7 per cento dei collaboratori e la stessa percentuale dei lavoratori autonomi.
  Invece, data l'esiguità del campione, non è possibile operare stime sull'attività secondaria, ovvero sull'attività di chi ha un proprio lavoro primario a cui aggiunge quest'altra attività.
  Vi fornisco qualche elemento sui lavori della task force che, a livello europeo, sta cercando di definire queste indagini. Il tema del lavoro mediato dalle piattaforme è considerato una priorità anche in ambito europeo. Eurostat ha creato nel 2018 una task force con l'obiettivo di analizzare il fenomeno dei gig worker e definire un set di informazioni sui relativi lavoratori, da raccogliere tramite un modulo aggiuntivo inserito nel questionario della rilevazione sulle forze di lavoro nel 2022, che, quindi, sarà inserito il prossimo anno. Si tratta di uno studio pilota, ma sarebbe una prima indagine standardizzata a livello europeo e, quindi, dovrebbe consentire di disporre di Pag. 6primi dati solidi su questa categoria di lavoratori.
  La definizione di piattaforma utilizzata risulta abbastanza ampia, includendo tutti i tipi di attività considerate, comprese le attività legate all'utilizzo di piattaforme digitali o le applicazioni per la creazione di contenuti, come video o testi, e piattaforme come, ad esempio, YouTube o Instagram.
  Per rilevare l'occupazione, l'attenzione si focalizza sul fornitore della prestazione, ovvero colui che fornisce il lavoro. Pertanto, sono considerati lavoratori tramite piattaforma digitale le persone che hanno lavorato a pagamento o a scopo di lucro in compiti o attività organizzate attraverso una piattaforma digitale o un'applicazione telefonica per almeno un'ora in almeno una settimana durante il periodo di riferimento. Al fine di identificare i lavoratori della piattaforma digitale, il periodo di riferimento copre i dodici mesi che terminano con la settimana di riferimento. Quello che si cercherà di fare è di prendere un periodo di riferimento lungo, chiedere alla persona su un arco di dodici mesi quando e come ha operato con prestazioni di questo genere pagate.
  La versione avanzata del questionario è stata sottoposta, lo scorso maggio, al Comitato statistico europeo competente e la versione definitiva è ora in corso di finalizzazione, perché si comincerà a utilizzarla sul campo il prossimo anno.
  L'ultimo tema riguarda gli aspetti di classificazione delle attività economiche, perché, se da una parte, facendo domande alle persone e ai possibili lavoratori, si cerca di individuare le attività che hanno compiuto, dall'altra, è molto importante individuare quali sono le imprese che effettivamente operano in questa maniera.
  Attualmente questo tema è discusso a livello internazionale e globale, perché riguarda la classificazione ISIC (International standard industrial classification of all economic activities), che è una classificazione tenuta, mantenuta e governata dalle Nazioni Unite perché la applichino tutti i Paesi del mondo. Questa classificazione ha una controparte europea che è la NACE (nomenclatura delle attività economiche) e una controparte italiana che è l'ATECO, più nota e che tutti oramai conoscono. Infatti, l'ATECO deriva dalla NACE europea, che, a sua volta, deriva dall'ISIC internazionale.
  L'ISTAT sta attualmente lavorando in collaborazione con Eurostat, con tutti i Paesi europei e anche con altre istituzioni all'esplicita collocazione delle attività non previste nelle attuali classificazioni, perché quelle classificazioni sono oramai relativamente superate e, visto che il processo di revisione dura anni e anni, non sono ancora riuscite a considerare realtà che sono emerse più o meno nell'ultimo decennio, se non anche meno.
  Il dibattito sulle attività svolte tramite piattaforme è parte di una discussione più ampia, incentrata sulla mancanza di voci specificamente dedicate all'attività di intermediazione nei servizi. Finora tale gap è stato colmato con le linee guida definite a livello internazionale, secondo cui l'attività di intermediazione, quando non è espressamente prevista, deve essere classificata con i codici riferiti all'attività economica nel cui contesto viene svolta. Ad esempio, se c'è un'attività di intermediazione nel commercio di beni, questa andrà classificata nel commercio di beni.
  Tuttavia, adesso molte unità economiche identificabili come piattaforme digitali tendono a classificarsi all'interno di specifiche categorie, dove sono collegate alle attività dei servizi connessi alle tecnologie dell'informatica, alla gestione diretta di database e di portali web, perché spesso non è facile distinguere queste attività informatiche ICT (Information and communications technology) dal loro contenuto.
  L'attuale obiettivo è di individuare una collocazione esplicita dell'attività svolta dalle unità economiche che gestiscono le piattaforme, facilitando l'incontro tra la domanda e l'offerta senza acquisire mai la proprietà dei prodotti e servizi offerti. Infatti, la caratteristica rilevante di queste piattaforme è che fanno solo da intermediari: i contenuti non sono mai loro perché intermediano fra chi li produce e chi ne usufruisce. Pag. 7
  Fra le opzioni in discussione al momento vi sono la creazione di una nuova divisione, che sarebbe una categoria a due cifre molto ampia, come, ad esempio, quella riferita alle industrie tessili, dedicata esclusivamente all'attività di intermediazione dei servizi – si individuerebbe una categoria a cui si darebbe grande evidenza – oppure la predisposizione di nuovi gruppi o classi a livello di tre o quattro cifre della classificazione, all'interno delle divisioni già esistenti. Una terza ipotesi è, invece, quella di non cambiare le classificazioni, ma di arricchire le note esplicative, in maniera che, quando si deve applicare la classificazione, si riesce a farlo meglio.

  PRESIDENTE. Dottor Oneto, le chiedo cortesemente di avviarsi verso le conclusioni.

  GIAN PAOLO ONETO, direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche economiche dell'ISTAT (intervento da remoto). In questo contesto le piattaforme di streaming sono oggetto di specifiche analisi e sono state individuate, in particolare, due differenti attività economiche: la prima è lo streaming, inteso come mezzo di distribuzione dei contenuti autoprodotti, e la seconda si riferisce allo streaming come servizio fornito da soggetti terzi.
  Al momento, in sede europea non si è ritenuto necessario procedere alla creazione di una nuova categoria per queste attività, mentre si pensa che debbano essere trattate all'interno delle attività incluse nella sezione dei servizi di informazione e comunicazione.
  Anche la collocazione delle attività di creazione di contenuti digitali è stata discussa più volte in ambito europeo e i Paesi membri concordando sulla necessità che le nuove attività svolte dagli imprenditori digitali siano chiaramente descritte nelle note esplicative. Molto probabilmente la proposta che Eurostat porterà alla discussione internazionale sarà di integrare l'attività svolta dai cosiddetti «vlogger» nell'attuale classe delle attività di produzione cinematografica di video e di programmi televisivi e invece quella dei blogger nella classe delle altre attività editoriali.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Oneto. Do la parola alla collega Barzotti. Prego.

  VALENTINA BARZOTTI. Grazie, presidente. Ringrazio molto il rappresentante dell'ISTAT per essere qui con noi e aver contribuito all'indagine conoscitiva sui creatori di contenuti digitali. Immagino che il lavoro di sintesi non sia stato semplice, come risulta anche dalla vostra memoria, in cui si fa proprio l'espresso riferimento all'eterogeneità del fenomeno e al fatto che ci sia un dibattito tuttora aperto sia a livello italiano che a livello internazionale.
  Vorrei fare qualche domanda, riferita soprattutto alla necessità segnalata alla Commissione dagli operatori del settore di un codice ATECO specifico, sulla base di una classificazione di questi operatori, distinta da quella di coloro che svolgono attività nell'ambito dell'intermediazione delle piattaforme digitali.
  A tal proposito, vorrei proporre uno spunto di riflessione già emerso nel corso delle audizioni svolte nell'ambito dell'indagine, ovvero il paragone tra i rider, gli operatori che lavorano su piattaforme come Deliveroo, Foodora e via dicendo, la cui attività è effettivamente intermediata dalla piattaforma – perché abbiamo la domanda e l'offerta che si incrociano all'interno della piattaforma – ma la prestazione lavorativa viene resa nello spazio fisico fuori dalla piattaforma e i creatori di contenuti digitali, che svolgono l'intera prestazione lavorativa all'interno dell'ecosistema digitale. In effetti, la prestazione è un po' diversa, come è diverso anche il ruolo che la piattaforma digitale svolge rispetto alle attività di questi operatori.
  Vi chiederei un approfondimento sull'eventualità di introdurre un codice ATECO neutro – nelle audizioni di ieri si è parlato di questa opzione – in modo che sia più semplice anche per i creator effettuare un inquadramento fiscale coerente con la loro prestazione.
  Inoltre, vorrei sapere se avete dati sugli account certificati e su quelli non certificati Pag. 8– specialmente quelli certificati – dei creatori di contenuti digitali. Le piattaforme in cui si svolge l'attività di creazione di contenuti digitali, in realtà, sono note e, al momento, sul mercato non sono tantissime – sono quattro o cinque al massimo –, però i profili certificati sono molti di più. Quindi, vorrei sapere se ci sono meccanismi utili a capire quanti sono i profili certificati e se ci sono collegamenti rispetto a questi singoli aspetti. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola per la replica al dottor Oneto. Prego.

  GIAN PAOLO ONETO, direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche economiche dell'ISTAT (intervento da remoto). Provo a rispondere, per quanto sia in grado io personalmente, ma anche sulla base della capacità che ha oggi la statistica di misurare questi fenomeni.
  Vado subito al secondo tema, perché, sinceramente, la risposta è semplicemente negativa. La nostra attenzione è rivolta a individuare gli operatori di queste piattaforme, ammesso che siano poche unità di piattaforme, che però hanno delle imprese sottostanti, che è importante individuare. Spesso l'individuazione di questo genere di imprese in Italia, come in gran parte dei Paesi, avviene attraverso segnali di tipo amministrativo e fiscale e, quindi, molto dipende dall'esistenza di regolazioni specifiche per questo genere di imprese che ci permettano di individuarle meglio.
  Individuare gli account di chi partecipa a questo genere di attività, contribuendo con contenuti – la mia è una risposta basata su impressioni – mi sembra un compito fuori dall'ambito delle competenze dell'ISTAT, con connessi pericoli relativi alla privacy anche molto rilevanti. Inoltre, avrebbe un senso individuare gli account solo se, in qualche maniera, fossero account di business, ovvero se dessero luogo a transazioni e a reddito, ma immagino che non sempre sia così. Se c'è una persona che ha un account a cui corrispondono delle transazioni di business, può avere un senso e, probabilmente, la sua attività potrà ricadere in una qualche forma di lavoro autonomo, di collaborazione e in una qualche forma di classificazione di attività economica. Ma se quell'account non dà luogo a reddito, men che mai può essere rilevato. Direi proprio che, per ora, questo tema è esterno al perimetro della nostra attenzione, mentre è molto importante classificare bene i provider, le piattaforme.
  Torno alla prima questione, vale a dire la classificazione ATECO. Mi permetto di dire che la classificazione ATECO sta diventando sempre più oggetto di una sorta di mix fra considerazioni di tipo amministrativo – il riferimento alle classificazioni ATECO è spesso contenuto in norme di legge e in provvedimenti amministrativi – e questioni statistiche. In quanto statistici, dobbiamo assolutamente tenere separate le due questioni.
  Dobbiamo fare le classificazioni per cercare di capire sul serio come funzionino le cose e dobbiamo assolutamente riferirci alle classificazioni internazionali, perché fondamentalmente le classificazioni nazionali non servono a nulla dal punto di vista statistico, se non sono strettamente armonizzate con quelle degli altri Paesi. Infatti, il passaggio successivo è sempre quello di comparare i dati con quelli di altri Paesi e, se le classificazioni non sono ben armonizzate, si rischia di fare informazione cattiva e non informazione buona.
  Come dicevo, questa è una importante operazione che si sta facendo a livello internazionale e a livello globale, condotta delle Nazioni Unite, e al cui interno vi sono naturalmente alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, il Canada e alcune delle economie più avanzate come quelle asiatiche, che sono particolarmente avanti in questo genere di attività ed è importante avere classificazioni comparabili anche con le loro.
  Vi è una grande attenzione a livello europeo e si sta lavorando ad alcune ipotesi – le ho citate prima e le trovate più dettagliatamente nella relazione – sulla classificazione dei vlogger e dei blogger. Questa operazione deve essere fatta a livello europeo perché, dal punto di vista statistico, attribuire un codice ATECO più o meno provvisorio a livello italiano non avrebbe Pag. 9senso, dal punto di vista amministrativo non lo so, ma non è una considerazione che possa guidare il nostro lavoro.

  PRESIDENTE. Onorevole Barzotti, voleva aggiungere qualcosa?

  VALENTINA BARZOTTI. Sì, volevo solo fare una precisazione. Chiaramente la mia domanda riferita agli account faceva riferimento esclusivamente ai profili certificati, ovvero a quei creatori di contenuti che hanno un profilo pubblico.

  GIAN PAOLO ONETO, direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche economiche dell'ISTAT (intervento da remoto). Un account pubblico che implica delle transazioni monetarie? Perché se non implica delle transazioni monetarie, capisce bene che è molto discutibile tracciare un profilo, per quanto pubblico: abbiamo dei blogger o influencer che hanno milioni di contatti.

  VALENTINA BARZOTTI. Sì, faccio riferimento ai profili certificati, che realizzano transazioni monetarie tramite la piattaforma.

  GIAN PAOLO ONETO, direttore della direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche economiche dell'ISTAT (intervento da remoto). Se hanno delle monetizzazioni, molto probabilmente possono essere tracciati attraverso segnali amministrativi. Posso dire che, sicuramente, oggi non abbiamo un tracciamento di tutto ciò e credo che ci vorrà del tempo per riuscire a ordinare questo genere di informazioni, ma siamo perfettamente consci che si tratta di mondi che si muovono molto velocemente con i quali, quindi, bisogna cercare di non perdere il contatto.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Oneto per il contributo fornito all'indagine conoscitiva e per la documentazione depositata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato). Dichiaro quindi conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.

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ALLEGATO

Documentazione trasmessa dall'ISTAT

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