XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (XI e XIII)

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 3 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gallinella Filippo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL FENOMENO DEL COSIDDETTO «CAPORALATO» IN AGRICOLTURA

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Gallinella Filippo , Presidente ... 3 
Di Gioia Leonardo , coordinatore della Commissione Politiche agricole e Assessore all'agricoltura della regione Puglia ... 3 
Gallinella Filippo , Presidente ... 7 
Di Berardino Claudio , coordinatore vicario della Commissione Istruzione, Lavoro, Innovazione e Ricerca e Assessore al lavoro della regione Lazio ... 7 
Gallinella Filippo , Presidente ... 8 
Cenni Susanna (PD)  ... 8 
Viscomi Antonio (PD)  ... 9 
Murelli Elena (LEGA)  ... 10 
Gribaudo Chiara (PD)  ... 10 
Gallinella Filippo , Presidente ... 11 
Di Gioia Leonardo , coordinatore della Commissione Politiche agricole e Assessore all'agricoltura della regione Puglia ... 11 
Di Berardino Claudio , coordinatore vicario della Commissione Istruzione, Lavoro, Innovazione e Ricerca e Assessore al lavoro della regione Lazio ... 12 
Gallinella Filippo , Presidente ... 13 

ALLEGATO: Documentazione depositata dai rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XIII COMMISSIONE
FILIPPO GALLINELLA

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul fenomeno del cosiddetto «caporalato» in agricoltura, l'audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
  Ringrazio i nostri ospiti per aver accolto l'invito della Commissione. Sono presenti il dottor Leonardo Di Gioia, coordinatore della Commissione Politiche agricole e Assessore all'agricoltura della regione Puglia, e il dottor Francesco Del Castello, commissario dell'Agenzia della regione Calabria per le erogazioni in agricoltura, accompagnati dai tecnici delle rispettive regioni.
  Prima di cedere la parola, avverto che il tempo complessivo a disposizione della Commissione per questa audizione è di 45 minuti, quindi chiedo ai nostri ospiti di stare nei tempi, per permettere ai colleghi di fare le opportune domande.
  Ringrazio il presidente della Commissione lavoro e cedo subito la parola all'assessore Di Gioia.

  LEONARDO DI GIOIA, coordinatore della Commissione Politiche agricole e Assessore all'agricoltura della regione Puglia. Grazie, presidente, buongiorno a tutti. È molto utile poter relazionare oggi alle Commissioni congiunte su un argomento molto sensibile, che solitamente, in particolare in questo periodo, ci vede molto attivi ed impegnati.
  Per quanto riguarda la definizione delle cariche da me ricoperte, preciso che fino a venerdì conservo ancora quella di Assessore, quindi sono nella veste ufficiale. Ovviamente lo sono anche in relazione a quella del coordinatore, che è prevalente ai fini dell'utilità del ragionamento che faremo.
  Il prodotto del nostro lavoro è contemplato all'interno di una relazione delle nostre Commissioni congiunte agricola e del lavoro, che consegnerò come strumento di approfondimento, perché consta di diverse pagine dalle quali attingerò parte consistente della mio intervento.
  Questa relazione è il frutto del punto di equilibrio tra le posizioni espresse da tutte le regioni, quindi non è il portato di un'esperienza individuale, e, in quanto lavoro di sintesi, cercherò di rendere fedelmente la posizione che abbiamo condiviso all'interno delle Commissioni congiunte.
  Nel documento facciamo innanzitutto riferimento alla genesi della legge n. 199 del 2016, alla quale le regioni hanno contribuito ovviamente nella veste e nelle composizioni dell'epoca, quindi anche con assetti di governo oggi in parte mutati. Le regioni, che sono state parte attiva nell'attivare quella esperienza legislativa, avevano riconosciuto la necessità di una normativa quadro nazionale, che consentisse di muovere le giuste leve per una definitiva eradicazione di questo fenomeno. Quindi, anche a seguito di questi impulsi e di quelli Pag. 4provenienti dalle associazioni la legge è stata approvata.
  La legge ha apportato rilevanti modifiche al Codice penale, tese a colpire fattispecie indipendentemente dalle modalità che caratterizzano lo sfruttamento dei lavori, a prescindere dalla forma dell'attività di intermediazione. Di rilevante importanza risulta inoltre la predisposizione di misure a tutela del lavoro agricolo, con particolare rilievo alla valorizzazione della Rete del lavoro agricolo di qualità.
  Questo è uno degli argomenti che più spesso ricorre nelle nostre valutazioni sulla legge, perché la Rete del lavoro agricolo è nata come strumento molto apprezzato, ma ne abbiamo verificato in più circostanze un utilizzo molto flebile e poco incisivo. Dal rapporto dell'Ispettorato nazionale del lavoro del febbraio 2018 emergono, infatti, alcuni dati confortanti sugli effetti positivi prodotti della legge nel suo complesso dal punto di vista della repressione del fenomeno; tuttavia, ad oggi, tutte le regioni segnalano difficoltà ed esigenze di rafforzamento degli strumenti di prevenzione in esso contenuti.
  Attualmente nei siti abusivi e nei «ghetti» del Sud – io sono testimone di quelli della mia terra, in particolare del foggiano e del sud della Puglia – sono presenti oltre 18.000 migranti, molti dei quali fuoriusciti dal sistema di accoglienza, che sono praticamente nelle mani del caporalato o comunque a forte rischio di essere reclutati con sistemi non leciti.
  Dall'analisi dei dati dei flussi stagionali emerge chiaramente un quadro della situazione che, alla luce delle nuove norme e dei protocolli stipulati, consente di sostenere iniziative più efficaci anche nel settore dei trasporti, che risulta uno dei punti di attenzione più strategici nell'affrontare tale piaga.
  Le regioni sono impegnate sui territori per contribuire al contrasto di tale fenomeno e, in particolare, alcune di esse – la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia, la Toscana e la Sicilia – hanno stipulato Protocolli di intesa regionali, che hanno preso le mosse dal Protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura del 27 maggio 2016, sottoscritto dai Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell'interno e delle politiche agricole alimentari e forestali, dall'Ispettorato nazionale del lavoro e dalle organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori.
  Le stesse attività di prevenzione e contrasto, portate avanti dall'Ispettorato del lavoro e dalle forze dell'ordine, hanno evidenziato una forte crescita di interventi in particolare nelle province del centro Sud.
  Nell'ambito dei citati protocolli d'intesa, attingendo all'esperienza di cinque regioni del Sud – Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia – abbiamo constatato un rafforzamento del partenariato istituzionale, programmando interventi finalizzati al superamento delle emergenze dello sfruttamento. Nello specifico, il riferimento è agli interventi previsti nell'ambito del PON Inclusione e misure emergenziali FAMI.
  Con le risorse PON Inclusione, complessivamente pari a 12 milioni 800 mila euro, è prevista la costruzione (questo è l'esito di tali accordi e della possibilità di utilizzare anche risorse nazionali) di specifici percorsi personalizzati per l'autonomia socio-economica dei destinatari presi in carico. L'intervento si concentra su misure di politiche attive, sfruttando un sistema unitario in grado di accrescere l'occupabilità.
  Le risorse delle misure emergenziali FAMI, complessivamente pari a 30 milioni di euro, finanziano l'erogazione diretta di servizi sociali, sanitari e abitativi a tutta la popolazione target per rimuovere le condizioni emergenziali di sfruttamento.
  Sono previsti inoltre anche nella disponibilità delle singole regioni fondi integrativi ed altri tipi di misure, con la possibilità di implementare le possibilità di intervento.
  La Conferenza delle regioni partecipa attivamente con propri rappresentanti al Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto del caporalato, così come disposto dall'articolo 25-quater del decreto-legge 119 del 2018, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2018. Vi è quindi anche un luogo permanente nel rapporto tra il Ministero e le Pag. 5regioni, tanto che il Tavolo così detto anticaporalato ha sede presso il Ministero del lavoro con un'attività intensa di collaborazione, e quindi di rappresentanza, anche della Conferenza.
  Il Tavolo si appresta ora a definire il documento di sintesi, che sosterrà il piano triennale, che sarà il frutto di questo lavoro, e che individuerà risorse e strumenti particolari. Degno di nota è il bando da 23 milioni di euro indetto dal Ministero del lavoro su input del Tavolo, che andrà a finanziare specifici progetti.
  La prima parte del nostro documento valuta, dunque, positivamente la legge per come è stata elaborata e poi approvata, ascrive alla responsabilità delle regioni quantomeno l'effetto motivazionale che ha dato l'impulso per l'approvazione della legge e attribuisce grande pregio e grande valore a questa collaborazione istituzionale.
  Questa collaborazione istituzionale consente alle singole regioni di non essere abbandonate nella gestione di un fenomeno che non ha soltanto implicazioni di carattere agricolo – che non rappresentano certamente la nota prevalente – e, nel rapporto con le istituzioni sovraordinate, di individuare risorse e strategie condivise. Essendo il caporalato un fenomeno che riguarda l'agricoltura e settori trasversali, ma soprattutto territori molto differenti tra loro, nel documento si richiama quanto di positivo è stato fatto sotto questo profilo.
  Nel documento abbiamo evidenziato anche alcune criticità o sollevato talune questioni che potranno essere utili ai fini dell'indagine conoscitiva.
  Risulta quanto mai opportuno e necessario massimizzare gli sforzi affinché un numero maggiore di imprese, da un lato, e di Centri per l'impiego e Agenzie per il lavoro, dall'altro, aderiscano alla Rete del lavoro agricolo di qualità. Ad oggi le regioni, nonostante lo scarso utilizzo di tale strumento, annettono a questo meccanismo un valore; tant'è che la prima politica che viene suggerita è quella volta al rafforzamento della Rete, con l'individuazione di misure di semplificazione o di maggiore agevolazione.
  Anche se non si tratta di un vero e proprio «bollino etico», l'adesione alla Rete rappresenta comunque una sorta di certificazione di qualità del lavoro impiegato. Ciò è accaduto in Emilia-Romagna, le cui aziende rappresentano quasi il 30 per cento delle imprese complessivamente iscritte, nella quale con gli strumenti regionali si è cercato di incentivare e di creare quelle leve e quei meccanismi di migliore utilizzazione di questa opportunità, ad esempio con delle premialità sul Programma di sviluppo rurale per le aziende che dimostrino di aver aderito e che quindi automaticamente hanno dei requisiti oggettivi che sono, seppur non etici, comunque valutabili in termini di qualità.
  Tuttavia, l'intento del legislatore di responsabilizzare le aziende non ha potuto finora avere un impatto significativo – questa è l'esperienza di ciascuno di noi – facendo registrare la presenza di poche migliaia di domande di iscrizione a fronte di quelle potenzialmente ricevibili. Come si evince dalla relazione del gruppo di lavoro che opera presso il Tavolo nazionale (alcuni atti sono già stati trasfusi nelle documentazioni di verbalizzazione dei Tavoli e sono allegati al nostro documento) i dati, purtroppo, non sono particolarmente positivi. Infatti, alla data del 15 marzo 2019 sono solo 3.602 le imprese che risultano iscritte alla Rete, e di queste quasi un terzo, cioè 1.005, come detto, operano in Emilia-Romagna. Quindi c'è anche un fenomeno territoriale molto concentrato.
  Lo scarso appeal della Rete è probabilmente riconducibile a tre elementi che noi abbiamo segnalato: requisiti eccessivamente rigidi che precludono la possibilità di iscrizione; timore da parte delle imprese di vedere «certificata» la mancanza dei requisiti e quindi di avere un effetto negativo, una sorta di certificazione al contrario; la preoccupazione che l'iscrizione alla Rete possa rappresentare un ulteriore inasprimento dell'azione di vigilanza, quasi una forma di auto-segnalazione della propria situazione o comunque un'ulteriore forma di controllo.
  A questi tre fattori sono riconducibili le cause dello scarso utilizzo o della non Pag. 6adeguata adesione alla Rete, come emerge dall'esperienza dei territori e dalle interlocuzioni con le aziende. Si segnala che le articolazioni locali della Rete sono state attivate in pochissime province, senza risultati significativi. Peraltro, anche in questo caso, l'articolazione in sezioni territoriali della Rete con sede presso le Commissioni provinciali dell'INPS contribuisce a rendere poco chiara la natura e le funzioni dell'organismo.
  Occorre inoltre completare la composizione della Cabina di regia nazionale con i rappresentanti della cooperazione e dei lavoratori della cooperazione.
  Nell'ottica della necessaria valorizzazione dell'adesione alla Rete, sono state elaborate diverse proposte. Ogni proposta proviene da una regione diversa o da un gruppo di regioni che hanno un vissuto particolarmente attivo su questa materia, quindi ve le illustro celermente.
  La prima proposta è quella di favorire il servizio di trasporto gratuito per lavoratrici e lavoratori stagionali agricoli. La problematica dei trasporti rappresenta infatti una chiave di volta per combattere il caporalato, sono numerose le esperienze regionali introdotte negli ultimi due anni per risolvere tale criticità, ad esempio attraverso la rimodulazione del servizio pubblico.
  In base alla mia esperienza posso dire che questo è un argomento complicatissimo perché non è facile che sia un servizio pubblico generalista ad assolvere questa funzione. Spesso non è facile capire dove sia la domanda di lavoro, e quindi non è semplice individuare il mezzo adeguato e soprattutto assicurare una tempistica congrua alle esigenze dei datori di lavoro, con un preavviso di poche ore. In alcuni casi anche norme contenute in leggi regionali, come quella della Puglia, che stanziavano risorse autonome sono di fatto rimaste inapplicate e le risorse da esse stanziate sono rimaste sui nostri bilanci, a memoria di un impegno politico, ma non sono state certamente risorse impiegate per fare qualcosa di utile.
  Un'altra proposta concerne l'istituzione di presìdi medici-sanitari mobili per assicurare interventi di prevenzione e di primo soccorso. Tali interventi finora molto spesso sono stati svolti da organizzazioni di volontariato o da organizzazioni che hanno avuto la possibilità di essere aiutate, ma che si sono mosse più per un autonomo impulso caritatevole, quindi per ispirazione ai valori che le hanno animate. In relazione a tali interventi occorrerebbe forse costruire un'organizzazione maggiormente strutturata, anche con un raccordo nazionale e con delle prescrizioni minime da valutare.
  Si propone inoltre di destinare beni immobili disponibili o confiscati alla criminalità organizzata per la collocazione abitativa temporanea e l'assistenza sociosanitaria, sperimentando anche l'istituzione di sportelli informativi per l'incontro tra domanda e offerta di servizi abitativi. Tuttavia, è stato rilevato che, a fronte delle numerose attività in corso, esiste però una zona di resistenza a livello locale che non facilita la realizzazione di centri di accoglienza. Su questo, vivendo sul mio territorio questa problematica, testimonio che anche molti sindaci che avevano dato la disponibilità all'accoglienza, pur numericamente limitata rispetto alle persone da accudire, si sono trovati nell'impossibilità o di attuare in Consiglio gli strumenti di variante urbanistica per trasformare degli immobili in luoghi realmente utilizzabili anche con risorse della regione, o nella impossibilità totale di avere strumenti urbanistici adeguati per fronteggiare la presenza di insediamenti in una zona agricola, che potessero assolvere anche a tutte quelle funzioni che un luogo che accoglie le persone dovrebbe avere. Vi sono quindi oggettivi impedimenti alla possibilità di realizzare delle strutture diffuse, perché spesso c'è un ostacolo nelle singole realtà degli enti locali.
  Un'altra proposta riguarda il potenziamento delle attività di informazione, da realizzare anche in forma decentrata ed eventualmente in partenariato con le organizzazioni sindacali e datoriali, dal personale dei Centri per l'impiego, attivando anche eventuali servizi di orientamento al lavoro in prossimità dei luoghi di stazionamento dei migranti. Tale strumento è Pag. 7volto quindi a soddisfare l'esigenza di dialogare anche nella lingua dei migranti o di avere la possibilità di disporre di strumenti informativi scritti che siano leggibili e comprensibili per i potenziali utenti.
  È stato poi proposto di istituire presso i Centri per l'impiego specifici strumenti di gestione e regolarizzazione delle attività di incontro tra domanda e offerta e di prevedere, anche nella prossima programmazione dei fondi comunitari e nel rispetto delle norme europee in materia di agricoltura, forme di condizionalità relative al rispetto dei diritti contrattuali dei lavoratori. Su questo aspetto c'è una forma che definirei di masochismo delle regioni, perché, come avremo modo di evidenziare nella successiva nostra audizione sulla riforma della PAC, è necessaria una semplificazione soprattutto delle condizionalità, però, in linea di principio, ciò avrebbe un senso.
  Mi soffermo ora su alcune esperienze regionali in corso. Negli ultimi anni sono stati realizzati centri di accoglienza per migranti stagionali, servizi sanitari, il trasporto con navetta a chiamata finanziati anche dagli enti bilaterali delle parti sociali, come a Saluzzo in Piemonte, a palazzo San Gervasio in Basilicata e a Nardò, San Severo e Turi in Puglia e sono stati dotati di specifici servizi i Centri per l'impiego.
  Questa è un'esperienza effettivamente molto positiva e c'è stata anche la capacità di condividere con i territori questo tipo di lavoro. Si tratta di esempi che dimostrano che è possibile fare delle cose.
  Per la regione Lazio abbiamo una particolare applicazione, che consente l'incontro e l'incrocio tra domanda e offerta, che i due assessori della regione Lazio qui presenti, se vorranno, potranno illustrare.
  Segnalo anche, presso i Centri per l'impiego della Toscana, la creazione di specifici elenchi di prenotazione per il settore agricolo nei quali possono confluire volontariamente tutti i lavoratori disponibili alle assunzioni o riassunzioni presso le aziende agricole. È un'altra forma che va incontro a un'esigenza particolare, perché spesso le aziende agricole non sanno dove chiedere il personale. Nella mia terra, in base ad un'esperienza poco formale ma molto concreta, è complesso per le aziende o per l'imprenditore andare nei centro o nei «ghetti» a reclutare il personale; quindi ci si avvale di intermediari, che da semplici soggetti che indicano le persone di buona volontà si trasformano essi stessi in caporali, diventando in tal modo sfruttatori.
  Ci sono però delle difficoltà oggettive. Come incrociare in tempi rapidissimi domanda e offerta? Come e dove sapere che c'è disponibilità di personale? Come organizzare il trasporto in funzione della disponibilità e dei luoghi di lavoro, che sono ovviamente distribuiti non al capolinea dell'autobus, ma in strade impervie, in luoghi sconosciuti, difficili da raggiungere?
  La Toscana si è ingegnata realizzando un altro meccanismo di prenotazione per il settore, dove si può realizzare questo incrocio tra domanda e offerta.
  Lascio agli atti delle Commissioni riunite il documento che ho in gran parte illustrato per una sua lettura completa, al quale abbiamo allegato gli esiti del Tavolo del caporalato a cui stiamo partecipando. Vi segnalo inoltre che la regione Veneto è partner di alcuni progetti, che ci sono altre attività che sono frutto di attività locali e che discendono dal tentativo di applicare al meglio la legge nazionale e di fornire degli strumenti di contrasto anche a livello regionale.
  Faccio presente, infine, che depositiamo agli atti un allegato che è l'effetto del lavoro presso il Tavolo nazionale e rappresenta le richieste di modifica normativa che le regioni hanno fatto in quel contesto. Oggi non credo che si discuta di modifiche normative, però lo abbiamo allegato come contributo ulteriore.

  PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico delle seduta odierna la pubblicazione dei documenti ai quali ha fatto riferimento l'assessore Di Gioia.
  Do la parola all'assessore Di Berardino.

  CLAUDIO DI BERARDINO, coordinatore vicario della Commissione Istruzione, Pag. 8Lavoro, Innovazione e Ricerca e Assessore al lavoro della regione Lazio. Grazie, presidente. Sono Claudio Di Berardino, assessore alle politiche del lavoro della regione Lazio.
  Il documento che è stato illustrato è il documento delle regioni e quindi anche il nostro documento. Vi invieremo tutti i documenti e i protocolli che abbiamo sottoscritto in tutte le realtà: in alcuni casi sono protocolli trilaterali con le istituzioni, i sindacati e le imprese, in altri sono soltanto protocolli tra istituzioni e organizzazioni sindacali.
  L'applicazione a cui faceva riferimento l'assessore Di gioia, che abbiamo inaugurato la settimana scorsa, denominata «FairLabor», consente di tenere aperti virtualmente e praticamente i Centri per l'impiego ventiquattro ore su ventiquattro, perché, come è stato ben illustrato, i punti di aggregazione e di maggiore attenzione per quanto riguarda il tema del caporalato sono essenzialmente due: i trasporti e la mediazione culturale. Quindi è su questo che noi stiamo intervenendo.
  Abbiamo predisposto un servizio di trasporto gratuito attraverso una tessera che sarà rilasciata a tutti i lavoratori che si registreranno a questa app e quindi al Centro per l'impiego con un regolare contratto di lavoro, anche stagionale, visto il settore e il comparto. Chi si registrerà a questa app e al Centro per l'impiego avrà la tessera gratuita per potere andare a lavorare nei campi ed essere riportato dai campi nei luoghi di aggregazione o di raccolta.
  Alcune tratte sono partite dal 1° luglio, altre partiranno l'8 luglio in modo sperimentale nella provincia di Latina. Essendo in tale territorio presenti molti indiani ed essendo molto frequente l'uso del telefonino, l’app è la modalità più indicata per mettersi in diretta relazione con il Centro per l'impiego in un modo costante e continuo.
  Per il resto, le misure e i provvedimenti sono quelli illustrati attraverso il lavoro fatto assieme alle altre regioni.

  PRESIDENTE. Grazie. Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SUSANNA CENNI. Grazie, presidente. Intanto grazie agli auditi, perché avendo chiesto come gruppo del Partito Democratico di poter svolgere questa indagine conoscitiva, siamo molto interessati a conoscere l'esperienza dei protocolli, ho ascoltato con interesse e spero che nel documento ci sia anche qualche informazione più di dettaglio. Ho seguito dalle agenzie l'esperienza della regione Lazio che mi sembra di grande interesse, però siamo interessati anche alle proposte legislative essendo noi il legislatore per eccellenza, se c'è un ragionamento delle regioni che va in questa direzione.
  Vorrei soffermarmi su due temi. Il primo attiene alla questione dei trasporti, perché la legge sul caporalato ne fa cenno esplicito. Un anno fa sono accaduti pesantissimi incidenti che hanno visto la morte di tanti ragazzi proprio in Puglia, quindi vorremmo capire se si sta muovendo qualcosa anche su iniziativa delle regioni o magari in relazione ai protocolli che voi avete stipulato. Conosciamo qualche esperienza che ha visto i comuni attivarsi anche su questo tema dei trasporti, quindi, pur comprendendo che è complesso intervenire in questa casistica, siccome sappiamo che ad oggi restano i caporali e restano i ghetti, dobbiamo cercare di fare tutto il possibile per fornire tutti gli strumenti legislativi utili a intervenire.
  L'altro tema è quello della Rete di lavoro agricolo di qualità. Abbiamo audito in questi mesi tutti i soggetti competenti, compreso l'INPS ovviamente, e sappiamo che vi è un ritardo. Mi auguro che l'annunciato tavolo nazionale e anche le intenzioni del Governo nel procedere ad assunzioni di ispettori si trasformi presto in realtà, perché crediamo che sia uno strumento necessario. Su questo, come saprete, il 27 giugno scorso l'Assemblea della Camera ha approvato la proposta di legge C. 1549, attualmente all'esame del Senato, che prova a fare un passo avanti con l'istituzione della cosiddetta «filiera etica», quindi spingendo le imprese agricole ad iscriversi alla Rete del lavoro agricolo di qualità e legandolo ovviamente anche a priorità per quanto riguarda gli incentivi. Pag. 9
  Lo dico perché lei, assessore Di Gioia, ha fatto riferimento al numero delle imprese agricole iscritte, dicendo che un terzo sono emiliane, ma sono emiliane anche perché l'Emilia-Romagna ha fatto la scelta di introdurre l'iscrizione alla Rete del lavoro agricolo di qualità come priorità per l'accesso ai bandi per il Piano di sviluppo rurale, che è la strada che noi abbiamo intrapreso anche nell'approvazione della legge sul divieto delle aste.
  Con riferimento alla Rete del lavoro agricolo di qualità, nelle tante audizioni che abbiamo svolto ci sono state descritte ovviamente anche esperienze fattive sul campo, soprattutto da parte di alcune associazioni impegnate nel contrasto al fenomeno e anche di organizzazioni sindacali, in modo particolare sindacalisti di strada e così via. Tuttavia, ci è stato riportato anche il fenomeno delle cosiddette «OP di carta», del ruolo svolto da organizzazioni dei produttori che in realtà non sono organizzazioni dei produttori, ma sono altro.
  Anche su questo noi ci siamo sforzati di intervenire nella proposta di legge C. 1549 che ho prima citato chiedendo anche alle organizzazioni di produttori una trasparenza maggiore, rendendo pubblici tutti i soggetti, tutti i soci.
  Vorrei capire se nella vostra esperienza territoriale avete un quadro chiaro, soprattutto in alcune aree, di questa situazione e se avete anche strumenti, nell'ambito delle competenze delle regioni, da poter attivare in questo campo.

  ANTONIO VISCOMI. Cercherò di essere sintetico, anche se gli stimoli portati dall'assessore Di Gioia sono veramente tanti, dalle esperienze delle regioni e delle iniziative sui territori. Mi focalizzo su tre questioni, che in realtà vorrebbero essere tre richieste di approfondimento.
  La prima questione riguarda il Tavolo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato, istituito dall'articolo 25-quater del decreto-legge n. 119 del 2018. Mi pare di capire che voi state esprimendo un apprezzamento positivo per il funzionamento del Tavolo, ed effettivamente è così perché il mercato del lavoro non può che essere aggredito in modo sinergico con la presenza di tutti i soggetti.
  Mi chiedo, e vi chiedo, se l'esperienza del Tavolo nazionale non debba essere replicata anche sui territori a livello macro (regionale), ma anche a livello micro o meso (province, territori, siti e così via), in qualche misura replicando l'esperienza di una quindicina di anni fa delle commissioni e dei comitati provinciali e locali per l'emersione del lavoro nero.
  Personalmente credo che sia un'esperienza da tentare. Questo rientra anche nella competenza specifica delle regioni, nel governo del mercato del lavoro e nelle loro competenze costituzionali. Credo sia opportuno tentare un coinvolgimento di tutti i soggetti, gli stakeholder come si usa dire, sui tavoli territoriali e in alcuni casi anche tavoli di sito.
  Penso, per esempio, al caso dei campi di Rosarno, dove un'esperienza del genere è stata intrapresa, però con un orientamento diverso. Quando parlo dei tavoli territoriali sul caporalato penso a dei tavoli governati dal Ministero del lavoro, non dalle prefetture. Sono due logiche differenti: la logica di controllo del territorio, che è quella propria delle prefetture e dei commissari straordinari, e la logica che dovrebbe essere propria del governo del mercato del lavoro, segnalata dalla presenza del Ministero del lavoro.
  Vi è un secondo approfondimento che chiederei ai rappresentanti della Conferenza delle regioni. Avete parlato dei protocolli in sede regionale. Confesso che questi protocolli sono estremamente interessanti, ma mi lasciano perplesso sia per la scarsità nella loro elaborazione sia, soprattutto, riguardo alla loro effettività. Sono sicuramente importanti, perché contribuiscono a creare un clima, anche culturale, di aggressione e di contrasto al lavoro sommerso.
  Mi chiedo, e vi chiedo, se non sia il caso di passare dai protocolli ai contratti. La questione del lavoro sommerso è una questione di rapporti di lavoro non dichiarati, dichiarati in modo irregolare e così via. Noi possiamo utilizzare tutte le misure organizzative del mercato del lavoro alle quali Pag. 10avete accennato; possiamo utilizzare tutte le misure di accoglienza, sul presupposto che il caporale sia necessariamente un immigrato, cosa che non è sempre così e non è dovunque così, ma credo che, mutuando esperienze positive, peraltro della sua regione, assessore, negli anni passati, forse sarebbe il caso di iniziare a ragionare sui rapporti di lavoro nel settore agricolo.
  Non per ritornare sempre al passato, ma l'esperienza dei contratti di riallineamento in qualche misura è servita per portare maturità organizzativa in un mercato molto immaturo per alcuni versi.
  Su questo versante forse anche le regioni potrebbero utilizzare le loro risorse del PSR o di altro genere per promuovere una maturazione organizzativa del sistema delle imprese agricole. Le nostre imprese agricole, soprattutto al Sud, sono piccole e frantumate. Nella mia regione la superficie agricola utile media è di 4,2 ettari, quindi sono economie di sussistenza.
  La terza e ultima questione riguarda la Rete del lavoro agricolo di qualità e il fatto che le imprese non vi partecipano. Questo è un problema che stiamo scontando da un po’ di tempo. C'è paura a partecipare alla Rete per i controlli, come diceva l'assessore Di Gioia, ma c'è anche una domanda di fondo che si pongono gli imprenditori agricoli: «A cosa serve iscrivermi alla Rete del lavoro agricolo di qualità? Qual è il beneficio che ottengo?».
  Da questo punto di vista un'azione più incisiva dei fondi regionali, con le premialità per le aziende che partecipano alla Rete del lavoro agricolo di qualità, sicuramente potrebbe essere un'esperienza positiva.

  ELENA MURELLI. Ringrazio gli auditi. Ho ascoltato con molta attenzione le vostre osservazioni e leggerò con attenzione anche il documento che ci lascerete.
  Mi unisco alle parole del collega Viscomi, perché anch'io ritengo che, a fronte dell'elenco di fondi che sono stati stanziati, parliamo di percorsi, di progetti, di formazione, di piano sanitario e anche di strategie condivise tra le regioni, ma alla fine bisogna parlare di obiettivi, di azioni concrete.
  Infatti, il problema è, da una parte, il contratto di lavoro, come diceva il collega Viscomi, ma dall'altra, come diceva anche lei, assessore Di Gioia una delle criticità è il dialogo con queste persone, che sono appunto immigrati. Non si parla nella stessa lingua, non si hanno forme di integrazione all'interno del sistema e, quindi, ritengo che questi tipi di progetti e di fondi debbano essere destinati soprattutto a questo.
  Si è parlato della Rete e in particolare delle imprese che vi hanno aderito, che sono per la maggior parte in Emilia Romagna. Io sono piacentina, quindi conosco effettivamente le modalità con cui le aziende piacentine agiscono e ottengono i fondi del PSR. Ritengo che sia opportuno, all'interno della condivisione fra le regioni, prendere le best practice, le migliori strategie adottate da alcune regioni, come per esempio l'Emilia-Romagna, e applicarle direttamente. Non occorre farlo, come diceva Viscomi, in un contesto di programmazione, di protocolli, ma andando alla parte operativa, passando direttamente, come diciamo noi, dalle parole ai fatti, agendo concretamente per obiettivi e per risultati da conseguire in tempi brevi, in modo da ottenere dei risultati che siano effettivamente concreti, iniziando dal piccolo.
  L'ultimo aspetto che vorrei sottolineare concerne i vantaggi connessi all'adesione da parte delle imprese alla Rete del lavoro agricolo di qualità. Ritengo, infatti, che sia importante da parte delle regioni investire soprattutto sull'informazione alle imprese agricole per far capire loro perché è importante aderirvi, quali sono le premialità, i benefici che hanno nel momento in cui aderiscono alla Rete.

  CHIARA GRIBAUDO. Buongiorno. Ringrazio anch'io per il contributo offerto dagli auditi.
  Vorrei chiedere un chiarimento rispetto al tema degli elenchi perché sappiamo che ci sono alcune banche dati per quelli contrattualizzati, però vorrei capire a che punto è lo scambio tra le banche dati e tra le regioni. È stato citato l'esempio di Saluzzo. Io sono piemontese e vengo proprio da quella terra e c'è un tema che mi viene sollecitato molto dall'amministrazione locale, Pag. 11 che attiene alla necessità di gestire diversamente i flussi migratori legati effettivamente al lavoro.
  L'altra domanda che vorrei porre riguarda il fatto che nella regione Piemonte c'era stato un primo tentativo di far emergere la necessità – visto che da noi esiste un sistema ortofrutticolo molto forte – di accogliere i lavoratori all'interno delle case, che tra l'altro spesso sono case che possono consentire di accogliere la manodopera, anche per evitare che i comuni si facciano carico, laddove manchi una copertura nazionale, dell'effettiva disponibilità di accoglienza della manodopera. Su questo vorrei avere qualche chiarimento in più.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  LEONARDO DI GIOIA, coordinatore della Commissione Politiche agricole e Assessore all'agricoltura della regione Puglia. Sulle questioni più prettamente lavoristiche forse il collega Di Berardino potrà essere molto più esaustivo. Cerco di riprendere gli argomenti che sono stati oggetto di una richiesta di approfondimento.
  Sulla questione dei protocolli, noi a livello regionale o a livello locale abbiamo grande conforto dall'idea che vi sia una sinergia con la prefettura e con gli organi sovraordinati ai nostri e che ci sia la presenza consapevole degli enti locali. Quantomeno come strumenti attraverso i quali poter approfondire strategie e valutare la possibilità di impiego di risorse sono sicuramente proficui e utili. È chiaro che in parte assolvono anche alla funzione che su scala nazionale è quella del Tavolo di cui all'articolo 25-quater del decreto-legge n. 119 del 2018, pur non avendo la stessa valenza, perché non sono incardinati nella norma, ma sono richiamati evidentemente come pratiche di livello importante.
  Da questo punto di vista per noi sono stati un'opportunità – penso alla mia regione, la Puglia – per costruire le condizioni per scelte abbastanza impegnative. Abbiamo avuto la copertura sociale e politica, per esempio, per la questione delle foresterie diffuse che stiamo cercando di realizzare nei vari territori. Non è semplice istituzionalizzare la presenza degli immigrati, seppure in una forma di civile strutturazione, perché il «ghetto» di per sé viene visto sempre come un qualcosa di transitorio e, quindi, se ne sopporta la presenza nella speranza che possa essere superato.
  In molti casi formalizzare, invece, la presenza di una foresteria con l'individuazione precisa di un luogo fisico in un comune particolare comporta un momento di grande fibrillazione. All'interno dei protocolli, questo tipo di negoziazione, questo tipo di rapporto e la copertura – lo ripeto – della prefettura, che svolge un ruolo essenziale e centrale, è per noi un elemento importante.
  Il giudizio sul Tavolo nazionale, ovviamente almeno per quanto riguarda la parte agricola – perché ci sono varie articolazioni in base alle tematiche – è sicuramente positivo. Devo dire che negli ultimi anni noi parlavamo di caporalato nel mese di agosto e di solito facevamo l'ultima riunione prima del 15 agosto al Ministero, purtroppo in presenza di qualche evento assolutamente poco augurabile. Anche l'anno scorso, in realtà, si è verificata la stessa vicenda. Poter parlare, invece, di caporalato fuori dai termini classici, in cui si vive il periodo di grande esposizione su determinate culture, è utile e ci consente di programmare e di avere il confronto necessario anche per acquisire le buone pratiche che altri hanno messo in campo.
  Rimane la mia idea: per vincere questa sfida o per poter andare verso un miglioramento è necessario un cambio culturale anche da parte degli utenti, che spesso non percepiscono neanche la gravità di quello che accade, in funzione di una tradizione che si tramanda e che addirittura viene da una pratica che prima riguardava gli italiani e che oggi, invece, riguarda anche i migranti.
  Non utilizzare il caporalato deve risultare conveniente. Da un lato, occorre quindi la consapevolezza culturale e la restrizione che deriva dall'applicazione delle norme e, dall'altro, per contrastare tale fenomeno Pag. 12deve risultare non conveniente farvi ricorso.
  È positiva, quindi, la pratica di chi inserisce nel PSR una forma di incentivazione, di miglioramento, con le condizionalità e le premialità, sapendo che comunque il Piano di sviluppo rurale, per come è scritto, per la rigidità che ha e per come viene negoziato con le autorità di Bruxelles non è lo strumento più semplice da modellare a esigenze di volta in volta sopravvenute, quindi bisognerà farlo nella fase della prossima programmazione, se questo diventa un obiettivo strategico, intervenendo con intelligenza.
  Sulla questione della Rete del lavoro agricolo di qualità ribadisco il concetto: molte aziende hanno timore di mettersi sotto una lente di ingrandimento, che significa sottoporsi ai controlli, ritrovarsi eventualmente con l'esigenza di mantenere degli standard che in alcuni momenti le aziende non sono in grado di mantenere. È una risposta congrua, però purtroppo ci sono ancora delle difficoltà oggettive ad attuarla pienamente.
  Sulla questione delle O.P., che credo rimandi un po’ alla formazione dei prezzi dei prodotti agricoli e, quindi, alla questione per la quale non c'è un'adeguata remunerazione del lavoro in agricoltura soprattutto per le imprese, è evidente che ci sono sicuramente delle distorsioni, che vengono rilevate abbastanza agevolmente all'esito dei controlli anche nelle regioni.
  Nel lavoro che svolgiamo con il Ministero, nell'ambito del quale abbiamo individuati dei criteri, questo tema è stato ampiamente posto. Probabilmente le norme oggi non ci consentono di «smascherare» tutte le O.P. fatte solo in funzione del beneficio del piano, ma sarà necessario un approfondimento per risolvere in maniera efficace alcune questioni.
  Ci sono troppi commercianti che organizzano l'attività degli agricoltori e purtroppo questo sfasamento di potere contrattuale costringe molto spesso le aziende a soggiacere a queste forme di condizionamento, che poi influiscono sulla capacità di reddito, sulla capacità di vendere a prezzi adeguati e poi, a cascata, senza voler con questo giustificare il fenomeno dello sfruttamento e del caporalato, costringono le aziende a un utilizzo improprio del personale.
  Ovviamente – lo ribadisco – non c'è giustificazione e non c'è fine che giustifica il mezzo. Dobbiamo mantenere forte il principio sul quale noi stiamo basando l'intero ragionamento di oggi.
  Rispetto al tema delle case diffuse presso le aziende, purtroppo ci sono fondi a disposizione, ma le aziende non li utilizzano. Non dico che ci sia una forma di rigetto rispetto a questa attività, ma non c'è stata la volontà di utilizzarli e, almeno nella mia esperienza, queste risorse sono rimaste inutilizzate. Si tratta di un'attività che purtroppo non ha una diffusione adeguata, anche perché gli standard di ospitalità giustamente sono abbastanza impegnativi ed è verosimile che poi siano assoggettabili a controlli. Anche questo è un deterrente, per quanto in realtà questa potrebbe essere la soluzione migliore perché azzererebbe il problema dei trasporti e dello sfruttamento in tutti i sensi, quindi rimetterebbe in un rapporto diretto e non mediato le aziende stesse e i lavoratori.
  Condivido le osservazioni svolte sul tema della contrattualizzazione. Su questo, come sul problema delle banche dati probabilmente può rispondere meglio di me il collega Di Berardino che si occupa di queste materie.

  CLAUDIO DI BERARDINO, coordinatore vicario della Commissione Istruzione, Lavoro, Innovazione e Ricerca e Assessore al lavoro della regione Lazio. Grazie di nuovo, presidente. Sarò molto breve.
  Chiaramente la funzione dei protocolli è una funzione che è un po’ a complemento della legge, perché ovviamente il protocollo di per sé non risolve il problema. Il protocollo, però, serve, perché è fatto dalle diverse parti per convenire su un obiettivo, soprattutto se gli obiettivi vengono verificati. Infatti, è chiaro che non possiamo fare dei protocolli che restano nei cassetti, occorre siglare dei protocolli che poi periodicamente possono essere verificati e, quindi, lo strumento della banca dati non serve solo alla registrazione dei contratti di lavoro, Pag. 13 ma anche come condizione per verificare il raggiungimento o meno del risultato. Questo è lo scopo per il quale le regioni sottoscrivono i protocolli.
  Il richiamo che è stato fatto all'utilizzo dei fondi europei collegato all'incentivo al rispetto dei diritti e delle norme contrattuali, che noi abbiamo indicato nel documento, è una prassi che va messa in opera. Da questo punto di vista, l'approvazione della proposta di legge C. 1549 è importante perché va in questa direzione e aiuta in qualche modo le regioni.
  Inoltre, crediamo che il tema dei Centri per l'impiego, in una fase in cui si discute di un loro effettivo potenziamento, sia un po’ una sfida anche per le stesse regioni. I Centri per l'impiego devono diventare lo strumento attraverso il quale facciamo venire meno la necessità per i lavoratori di rivolgersi ai caporali, permettendo loro di tornare dentro al sistema dei Centri, parlando nella lingua dei migranti per poter far comprendere e dare le informazioni a tutti i lavoratori del settore. È una strada davvero importante, che è stata già intrapresa dalla regione Lazio e da altre regioni per le campagne informative, che svolgono un ruolo fondamentale, fatte in multilingua, e in tal modo capaci di arrivare alle persone.
  Inoltre, c'è tutto un lavoro che stiamo mettendo in campo con i Centri per l'impiego per andare a parlare con i lavori migranti, non limitandoci ad aspettare che la persona si presenti al centro, ma andando, per esempio, nei campi o a incontrare i lavoratori nei luoghi nei quali la domenica pregano o si aggregano. Questa diventa l'occasione per far conoscere le diverse iniziative.
  C'è una doppia convenienza: i lavoratori che si registrano, e che quindi tornano in una condizione di trasparenza, beneficiano di alcuni servizi gratuiti, come il trasporto, ma anche le imprese che si registrano, al di là del collegamento con i premi legati ai fondi europei, con il PSR e altro, possono usufruire di alcuni incentivi a fondo perduto che le regioni mettono a disposizione per l'assunzione a tempo indeterminato e, in alcuni casi, a tempo determinato, come nel settore dell'agricoltura e in altri.
  La doppia convenienza può servire a richiamare quel lavoro non punitivo, ma in qualche modo preventivo, di emersione del lavoro nero che le regioni, attraverso i protocolli, intendono fare. Crediamo che con questa modalità certamente non si possa estirpare il problema, ma affrontarlo correttamente.
  Ritengo che il Tavolo nazionale, anche se forse occorre rivedere alcuni suoi aspetti, rappresenti uno strumento importante. Non credo però che abbiamo bisogno di replicare quel Tavolo a livello regionale. Abbiamo bisogno che nei livelli provinciali possano effettivamente esserci le articolazioni della Rete del lavoro agricolo di qualità in tutte le province, perché quello è – se mi posso permettere – il tavolo vero nel territorio.
  I vostri interventi l'hanno già richiamato: noi nel nostro piccolo l'abbiamo fatto e lo stiamo facendo perché ci sono troppe macchie di leopardo in Italia e all'interno delle stesse regioni. Dunque, con un'azione congiunta vostra e nostra, riusciremo a fare in modo di attuare quella parte della legge che non è punitiva, ma preventiva, che probabilmente è quella che serve in questa fase.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.

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