XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 29 di Mercoledì 6 novembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Benamati Gianluca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030.

Audizione di rappresentanti del
Consorzio italiano biogas (CIB).

Benamati Gianluca , Presidente ... 3 
Gattoni Piero , presidente del Consorzio italiano biogas (CIB) ... 3 
Benamati Gianluca , Presidente ... 5 
Squeri Luca (FI)  ... 5 
Benamati Gianluca , Presidente ... 6 
Gattoni Piero , presidente del Consorzio italiano biogas (CIB) ... 6 
Benamati Gianluca , Presidente ... 6 

Audizione di rappresentanti di Amici della terra Italia:
Benamati Gianluca , Presidente ... 6 
Tommasi Monica , presidente di Amici della terra Italia ... 6 
Carabetta Luca , Presidente ... 9 
Vallascas Andrea (M5S)  ... 9 
Carabetta Luca , Presidente ... 9 
Franci Tommaso , responsabile scientifico di Amici della terra Italia ... 10 
Carabetta Luca , Presidente ... 10 
Tommasi Monica , presidente di Amici della terra Italia ... 10 
Carabetta Luca , Presidente ... 10 

Audizione di rappresentanti di Italia Nostra:
Carabetta Luca , Presidente ... 10 
Damiani Giovanni , consigliere nazionale di Italia Nostra ... 10 
Carabetta Luca , Presidente ... 12 
Barocci Roberto , socio di Italia Nostra ... 12 
Carabetta Luca , Presidente ... 13 
Squeri Luca (FI)  ... 13 
Carabetta Luca , Presidente ... 13 
Damiani Giovanni , consigliere nazionale di Italia Nostra ... 13 
Carabetta Luca , Presidente ... 14 

Audizione di rappresentanti di Assocarta:
Carabetta Luca , Presidente ... 14 
De Iuliis Carlo , consigliere di Assocarta ... 14 
Benamati Gianluca , Presidente ... 15 
Zucconi Riccardo (FDI)  ... 15 
Benamati Gianluca , Presidente ... 16 
De Iuliis Carlo , consigliere di Assocarta ... 16 
Benamati Gianluca , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIANLUCA BENAMATI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti del
Consorzio italiano biogas (CIB).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti del Consorzio italiano biogas.
  Saluto il dottor Pietro Gattoni, presidente del Consorzio italiano biogas e la dottoressa Caterina Nigo, responsabile degli affari istituzionali.
  Nel dare la parola al presidente Gattoni, ricordo che l'audizione è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva e chiederei di contenere la relazione entro dieci minuti per consentire ai colleghi di formulare eventualmente domande.

  PIERO GATTONI, presidente del Consorzio italiano biogas (CIB). Vorrei ringraziare per l'opportunità che ci date di intervenire sul Piano nazionale energia e clima, testo che riteniamo fondamentale come imprenditori e come cittadini, proprio perché oggi nessuno è escluso dal fare un ragionamento serio su come poter contrastare i cambiamenti climatici.
  Riteniamo anche che il Piano nazionale energia e clima sia un testo importante proprio perché di indirizzo, e molto spesso le norme di indirizzo, che non hanno delle ricadute attuative immediate, sono quelle che le nostre industrie, il sistema imprenditoriale guarda con attenzione, perché sono quelle che ci permettono di indirizzare i nostri sforzi.
  È anche un testo attuale. In questi giorni si sta tenendo la Fiera di Ecomondo a Rimini, una piattaforma in cui le aziende che io ho l'onore di rappresentare (oltre settecento aziende agricole che hanno investito nella digestione anaerobica, più circa duecento industrie che lavorano all'interno del settore) rappresentano una delle eccellenze del nostro made in Italy e una soluzione concreta data in questi anni al tema del green new deal. Abbiamo quindi dimostrato in questi anni che per una parte di agricoltura si può dire che il green new deal sia iniziato da un po’ di tempo, per cui ci dispiace notare che il Piano nazionale clima energia è un po’ timido sul ruolo che può avere l'agricoltura nel contrasto ai cambiamenti climatici. Questo ruolo è peraltro testimoniato dai rapporti scientifici più importanti che sono stati pubblicati: l'IPCC (Intergovernmental panel on climate change) ha evidenziato come il suolo sia una delle fondamentali risorse per permettere alle nostre pratiche agricole di riportare parte del carbonio in atmosfera nei suoli agricoli e noi per primi, dopo l'accordo di Parigi, come Consorzio italiano dei produttori di biogas, abbiamo aderito al «4 pour mille», iniziativa che ha testimoniato come sarebbe stato possibile, semplicemente con Pag. 4un aumento del 4 per mille della sostanza organica dei terreni, contenere il cambiamento climatico. Oggi noi siamo riusciti, attraverso l'inserimento di un digestore anaerobico che permette di digerire effluenti zootecnici, sottoprodotti agroindustriali e colture energetiche (in particolare noi teniamo alle colture di secondo raccolto, quelle che si ottengono con la rotazione), a ottenere il biogas (fonte energetica rinnovabile) e il digestato (fertilizzante organico indispensabile per poter riportare la sostanza organica dei terreni). Nella documentazione scritta trasmessa alla Commissione si può vedere una panoramica della situazione italiana che, per alcuni versi, si avvicina alla desertificazione.
  Oggi abbiamo una situazione in cui siamo riusciti con il mondo agricolo ad avere oltre il 77 per cento degli impianti e produrre l'82 per cento dell'energia elettrica da biogas, a testimonianza che il grande potenziale sta proprio nell'agricoltura. Ma quale agricoltura? Il biogas agricolo oggi viene prodotto usando il 60 per cento delle biomasse (effluenti zootecnici) e le colture energetiche si riferiscono solo a duecentomila ettari destinati a questo fine. Stiamo parlando del 3,3 per cento della superficie agricola coltivata. Questo perché il nostro è un mondo in cui l'agroindustria di qualità, la produzione agricola di qualità ha un'importanza che ha fatto sì che la digestione anaerobica venisse vista come attività complementare e non sostitutiva.
  Se dovessimo prendere l'attuale sistema della produzione, verifichiamo come già oggi, nonostante non ci fossero obblighi cogenti a livello normativo, il sistema nella produzione di biogas è adeguato ai criteri di sostenibilità della RED II. Quindi è già proiettata verso un criterio di sostenibilità. Oggi produciamo 2,5 miliardi di biometano (una parte del biogas), che viene destinato alla produzione di energia elettrica rinnovabile. Ma qual è il potenziale? Il potenziale è già citato nella SEN, noi riteniamo possa essere otto miliardi di metri cubi. Ma come potremo arrivare a produrre questi otto miliardi? Incrementando la gestione dei sottoprodotti agroindustriali, magari utilizzando norme di buonsenso che ne favoriscono l'utilizzo agronomico; incentivando l'utilizzo di maggiori effluenti zootecnici, quindi sempre più effluenti zootecnici possono essere utilizzati anche dalle infrastrutture esistenti; e incentivando le rotazioni. Quindi un'intensificazione sostenibile dei suoli agrari attraverso le doppie colture, che non sono altro che quello che in agricoltura si è sempre fatto: evitare di tenere il terreno nudo (si seminava in autunno, si raccoglieva in primavera, in primavera si riseminava e si raccoglieva). È stato l'avvento di una produzione industriale molto intensiva che ha fatto sì che gli agricoltori tendessero a produrre una volta sola: siccome il valore delle commodities era in ribasso, si perdeva una parte sola di produzione. Oggi abbiamo un nuovo mercato, ma questa pratica delle doppie colture torna a svolgere il suo ruolo fondamentale: intensifica la pompa fotosintetica e, attraverso la fotosintesi, riusciamo a riportare carbonio al suolo. Noi abbiamo stimato un potenziale, per ettaro di secondo raccolto, di sottrazione di circa otto tonnellate di anidride carbonica. Quindi, se amplifichiamo i novecentomila ettari necessari a produrre questi otto miliardi, abbiamo un potenziale molto importante di possibile riduzione di CO2. Altrettanto è importante il ruolo della riduzione della CO2 emessa per i fertilizzanti chimici (abbiamo fatto una stima di 675 mila tonnellate solo con la produzione del 2017).
  Per questo il biogas non è una bioenergia come le altre, perché non permette solo di produrre energia rinnovabile, ma permette di agevolare una transizione verso un modello circolare di produzione agricola più sostenibile e più competitiva. Tutto questo va fatto, però, con l'innovazione.
  Il Piano non è solo Piano clima, è anche Piano energia e veniamo a un altro degli aspetti importanti della nostra produzione: la produzione di energia pregiata. Il biometano è un'energia pregiata perché flessibile che, utilizzando un'infrastruttura esistente come la rete del gas, può essere stoccata e utilizzata quando serve. Abbiamo fatto, insieme alle principali aziende del trasporto del gas europee, uno studio (in cui abbiamo partecipato come CIB in Pag. 5un consorzio chiamato Gas for climate) e abbiamo fatto una stima che al 2050, in uno scenario di sviluppo in cui non ci sia solo energia elettrica rinnovabile, ma ci sia energia elettrica rinnovabile e duecento miliardi di metri cubi di gas metano (stima prudenziale a livello europeo), si ha un risparmio per i consumatori europei di oltre 200 miliardi di euro per andare verso un sistema economico neutrale dal punto di vista carbonico.
  Tornando al PNIEC ci siamo domandati come anche gli altri Paesi trattano il tema delle bioenergie, per verificare anche le indicazioni degli altri Paesi d'Europa, e tutti i principali Paesi d'Europa prevedono un incremento della quantità di bioenergie al 2030. Veniamo alla nota dolente: il Piano nazionale clima e energia invece, nell'attuale formulazione, prevede una contrazione di oltre il 10 per cento. Quindi, tornando all'assunto iniziale che questo è un testo fondamentale soprattutto per l'indirizzo che si sta dando all'industria, ci poniamo la domanda se questo sia un indirizzo coerente che vogliamo dare all'industria italiana. Ci sovviene un'altra domanda: siccome noi siamo assolutamente favorevoli a tutto il resto, alla crescita potenziale delle altre fonti rinnovabili (c'è una crescita molto forte sia di eolico che di solare, e pensiamo che sia assolutamente auspicabile), la domanda è come faremo a integrare tutte queste fonti non programmabili all'interno del nostro sistema energetico. La risposta a nostro avviso è che dobbiamo cercare di sfruttare il patrimonio di energia elettrica programmabile che proviene dal biogas, che può arrivare a sopportare questi livelli di modulazione. Secondo il nostro calcolo, aumentando solo del 10 per cento l'attuale potenziale installato e producendo in maniera programmabile, potremmo andare a soddisfare al 2030 il 25 per cento del fabbisogno di modulazione, con un processo che ci piace chiamare greening della sicurezza del sistema.
  Questo è un sistema che premia l'industria italiana, che ha nell'agroindustria e nell'industria del gas naturale due delle sue eccellenze più importanti. Tenete presente che la capacità generativa di posti di lavoro del nostro settore è di circa settemila unità di lavoro per ogni miliardo di euro investito, quindi siamo uno dei settori che genera maggiore capacità di indotto.
  In conclusione, cosa chiediamo e perché crediamo che questa sia una scelta di indirizzo politico e non solo tecnico? Noi crediamo che nel Piano nazionale clima e energia ci debba essere un obiettivo, debba essere individuato come obiettivo che almeno il 10 per cento di consumo di gas naturale deve essere rinnovabile (biometano) al 2030. È un obiettivo raggiungibile ed è un obiettivo che noi possiamo raggiungere continuando a migliorare l'attuale sistema che abbiamo implementato. È necessario per questo obiettivo favorire le conversioni degli impianti che oggi sono a biogas elettrici (le infrastrutture esistenti) verso la produzione di biometano, in particolare destinato ai trasporti, come il biocarburante avanzato; non dobbiamo però dimenticarci che il biogas può essere utilizzato anche per l'energia elettrica programmabile; infine riteniamo che ci possa essere un positivo supporto verso l'utilizzo di gas rinnovabile anche per usi industriali.
  Tutto questo deve essere accompagnato da azioni che promuovano tecnologie e pratiche agronomiche per ricarbonizzare i terreni agrari italiani. Gli strumenti saranno comunque diversi e molteplici, ma noi riteniamo che, investendo verso la parte più innovativa, giovane e forte della nostra agricoltura, si possa dare un vero contributo al contenimento dei cambiamenti climatici.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.

  LUCA SQUERI. Io devo sottolineare quanto sia d'accordo con queste parole che vanno a individuare il lato debole del PNIEC, quello di marginalizzare il ruolo che le bioenergie in generale hanno nella produzione di energia già adesso, ma quello che ancor più dovranno avere in futuro con il percorso di decarbonizzazione.
  Lo ripeto per l'ennesima volta: noi dal 2000 a oggi siamo passati da una produzione Pag. 6 di energia rinnovabile che andava dall'1 per cento all'attuale 20 per cento circa. In queste proporzioni la bioenergia ha sempre avuto il 70 per cento mentre negli altri Paesi europei ha un valore del 70 per cento (fatto 100 le rinnovabili) in tutti i settori, termico, elettrico, mobilità. I PNIEC europei confermano questa percentuale, il PNIEC italiano lo retrocede al 30 per cento. È una cosa inspiegabile, per cui sentir dire da esperti del settore quanto la bioenergia sta già dando e possa dare ancor di più, va sottolineato.
  Gli obiettivi indicati da inserire nel PNIEC sono anche questi condivisibili.
  Concludo con una domanda. Visto che il gas al 2050 teoricamente dovrebbe essere messo fuori dal paniere energetico, perché anche quello è proveniente dal fossile, quanto ci vorrebbe secondo voi affinché la bioenergia, il biometano, il biogas possano sostituire il gas da fossile? Domanda assolutamente teorica, ma il PNIEC è assolutamente teorico e io mi adeguo.

  PRESIDENTE. Completo la domanda del collega Squeri in una maniera forse più brutale. Voi chiedete di inserire l'obiettivo del 10 per cento al 2030, otto miliardi di metri cubi. È la capacità massima producibile o può essere estensibile in funzione di ulteriore spinta nel settore?
  Do la parola al dottor Gattoni per la replica.

  PIERO GATTONI, presidente del Consorzio italiano biogas (CIB). Gli scenari che abbiamo valutato sono stati elaborati pensando all'utilizzo di biomasse coerenti con i principi di sostenibilità. Non dimentichiamo che il biometano che produciamo è una parte del potenziale gas rinnovabile e producibile; abbiamo la possibilità di produrre idrogeno e soprattutto è noto che il biogas è composto per il 50 per cento da biometano e per il 50 per cento da CO2. C'è tutta una teoria, un percorso di sviluppo tecnologico che prevede anche la metanizzazione attraverso l'utilizzo di energia elettrica, quando i consumi non ci sono, quindi quando l'energia elettrica rinnovabile ha poco valore, per produrre idrogeno rinnovabile e, abbinandolo alla CO2 che noi separiamo dal nostro impianto per immettere il biometano nella rete, potremmo avere una metanazione successiva e quindi arrivare nel tempo anche a raddoppiare questi quantitativi di metano producibile.
  Noi riteniamo che si debba urgentemente creare una solida base di produzione di infrastrutture sostenibili e di sfruttamento del primo potenziale che oggi c'è a livello di produzione di biometano, dopo di che ci sarà tutta l'innovazione tecnologica e potremmo, attraverso anche una positiva collaborazione che si sta instaurando con l'industria del trasporto del gas e con l'industria dell’oil and gas, perché anche questa si dovrà porre il tema di come percorrere questo lungo percorso della decarbonizzazione, avere le risorse in ricerca per poter aumentare questa quota e rendere le infrastrutture del gas sempre più strategiche per il futuro.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente del Consorzio italiano biogas anche per la sua chiarezza..
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Amici della terra Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Amici della terra Italia.
  Nel dare la parola alla dottoressa Monica Tommasi, presidente di Amici della terra Italia, ricordo che l'audizione di oggi è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori utili per approfondire le tematiche oggetto dell'indagine conoscitiva e chiederei agli auditi di contenere la loro relazione in dieci minuti, in modo da consentire ai deputati la possibilità di formulare delle domande.

  MONICA TOMMASI, presidente di Amici della terra Italia. Ringrazio il Presidente e tutta la Commissione per questo invito. Pag. 7Sentirete da noi posizioni diverse da quelle che avete ascoltato da altri gruppi ambientalisti, che avete sentito fino ad ora. Noi siamo l'Associazione dell'efficienza energetica. «Prima l'efficienza» è il nostro slogan, utilizzato già dal 2016, e siamo molto contenti che l'Unione europea lo abbia adottato, con lo slogan «Efficiency First». Questo è il contenuto che ci sta più a cuore e che chiediamo diventi quello prevalente del PNIEC.
  Gli obiettivi di efficienza del Piano sono condivisibili, ma il vero punto debole è che questo Piano non contiene misure sufficienti per arrivare a questi obiettivi. L’ecobonus ad esempio è una buonissima misura, ma va a rilento perché viene rinnovato ogni anno e questa non è una prospettiva con cui si può pensare di raggiungere gli obiettivi al 2030.
  Il principio «Prima l'efficienza» va applicato al Piano. Ciò richiede un'accurata analisi costi/benefìci ex ante degli strumenti messi in campo per raggiungere gli obiettivi al 2030, in particolare per quello che riguarda tutte le incentivazioni. Mettiamo subito in chiaro che non si risolve tutto con le rinnovabili elettriche intermittenti (che finora hanno ottenuto la più grande fetta di incentivazione) o con forme indiscriminate di carbon tax. Queste sono politiche inefficaci e costose, che spostano il problema e rischiano solo di accelerare il processo di impoverimento del Paese.
  Io focalizzerò il mio intervento sull'efficienza energetica. L'obiettivo 2030 globale di miglioramento dell'efficienza energetica del PNIEC, in termini di riduzione dell'intensità energetica del 20 per cento rispetto al livello 2020, è un obiettivo condivisibile, ma nello schema di PNIEC sono assenti gli indispensabili obiettivi settoriali di miglioramento dell'efficienza energetica da collegare a obiettivi di competitività, sviluppo e crescita del Paese. L'altro obiettivo di riduzione al 2030 del 39,7 per cento dei consumi finali di energia è molto ambizioso, ma le politiche previste per l'efficienza energetica non appaiono adeguate al principio «Prima l'efficienza». Inoltre l'indicatore utilizzato dall'Unione europea è fuorviante, perché la riduzione dei consumi può avvenire non per miglioramenti dell'efficienza energetica ma anche per la crisi economica e per le conseguenze dei processi di deindustrializzazione e delocalizzazione dovute al carbon leakage, come avvenuto con la crisi del 2008. Il PNIEC quantifica anche il valore minimo dell'obiettivo obbligatorio di incremento annuo del risparmio energetico in 0,93 megatep (questo valore cumulato in dieci anni porterà un risparmio totale di 9,4 megatep), ma anche in questo caso l'obiettivo non è sostenuto adeguatamente da strumenti per consentire il conseguimento, come i certificati bianchi e le detrazioni fiscali. Il meccanismo dei certificati bianchi ormai è bloccato da diversi anni e necessita una profonda revisione. Come Amici della terra ce ne siamo occupati già da molto tempo e questo tema prenderà una parte consistente della nostra undicesima Conferenza nazionale per l'efficienza energetica che si terrà a dicembre. Anche lo strumento delle detrazioni fiscali, rinnovato annualmente, non può essere uno strumento adeguato per dare certezza al conseguimento degli obiettivi ambiziosi per il 2030.
  Per quanto riguarda le fonti energetiche rinnovabili il PNIEC prevede un obiettivo globale del 30 per cento, con una crescita a 33,4 megatep, con un incremento, quindi, di più del 52 per cento. Per consentire il raggiungimento di questo obiettivo si prevede una riduzione dei consumi del 7,5 per cento in tredici anni. Quindi l'obiettivo di penetrazione delle FER è fortemente condizionato dall'effettiva riduzione dei consumi, legata al conseguimento degli obiettivi di efficienza energetica. Per questo è fondamentale raggiungere gli obiettivi di efficienza energetica. Inoltre il Piano deve tenere conto dell'effettivo rilievo dei diversi tipi di consumo energetico (termico, trasporti ed elettrico).
  Il PNIEC fissa obiettivi settoriali: per il termico dovremmo avere un più 31 per cento, per l'elettrico un aumento del 66 per cento al 2030, per i trasporti un incremento del 250 per cento rispetto alle quantità di FER oggi consumate in questo settore. Per gli Amici della terra l'obiettivo per le rinnovabili elettriche è eccessivo, mentre potrebbe Pag. 8 essere più ambizioso per le termiche. Le nuove politiche rischiano di ripetere gli errori già compiuti di sovraincentivazione delle rinnovabili elettriche, senza tenere conto dei problemi di impatto ambientale dell'eolico e del fotovoltaico.
  Non ho molto tempo per sviluppare questo argomento, ma è sufficiente visualizzare cosa significano duecentocinquanta ettari di pannelli fotovoltaici di fronte a Tuscania o gli scempi paesistici attuati in Basilicata, in Molise, in Sicilia, in Calabria e in Puglia, nelle parti, quindi, più pregiate e vergini rispetto all'urbanizzazione e industrializzazione del dopoguerra.
  Ho seguito l'intervento di Legambiente e l'attacco al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo: noi lo riteniamo molto grave. Se dobbiamo raddoppiare l'eolico e triplicare il fotovoltaico al 2030, dobbiamo dire addio all'ambiente e al pregio estetico e turistico di gran parte d'Italia. Sono argomenti che vanno discussi e condivisi. Inoltre la produzione intermittente di queste fonti oggi non consente la dismissione degli impianti tradizionali e il costo per i consumatori è moltiplicato, perché comprende, oltre agli incentivi per la produzione, anche i costi di capacity market e gli investimenti nelle reti, indispensabili per la sicurezza del sistema. Sono investimenti di cui peraltro si parla molto poco, se non in ambiti molto ristretti. Per raggiungere gli obiettivi energetico-climatici e, allo stesso tempo, tutelare le aree rurali del nostro Paese dovrebbero essere sperimentate virtuosamente politiche normative mirate a tutelare il suolo e a favorire la riqualificazione e il recupero dell'edificato esistente.
  Passo ad illustrare una slide della documentazione consegnata alla Commissione molto importante, perché da questa risulta evidente perché bisogna concentrare gli obiettivi e gli sforzi di efficienza delle rinnovabili sui consumi termici per i trasporti, in quanto sono i quattro quinti del totale dei consumi e sui quali siamo indietro rispetto al settore elettrico. I settori prioritari di intervento devono essere, quindi, i consumi del residenziale, i servizi e i trasporti che costituiscono più del 50 per cento delle emissioni di gas serra e che negli ultimi anni sono diminuiti molto meno di quelli dell'industria in generale e delle industrie energetiche.
  Per quanto riguarda gli obiettivi di decarbonizzazione, per gli Amici della terra questo obiettivo deve essere conseguito correggendo le politiche per l'industria dell'Unione europea basate sull'ETS, introducendo strumenti che contrastino la delocalizzazione e il carbon leakage con strumenti come l'imposta sulle emissioni aggiunte (ImEA), e con politiche adeguate sui trasporti, sul residenziale e sul terziario, senza l'introduzione di forme di carbon tax indiscriminate, che sarebbero inefficaci e con il rischio che non vengano accettate socialmente. Gli Amici della terra hanno qualche giorno fa inviato una lettera aperta al Commissario europeo per l'economia Gentiloni e al Governo, con la quale sosteniamo che l'introduzione dell'ImEA sia il modo migliore per dare attuazione a uno degli elementi caratterizzanti del documento programmatico della nuova Commissione: l'introduzione nell'Unione europea di una carbon border tax come misura necessaria per conseguire ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione al 2030. La proposta è profondamente diversa dall'introduzione di un dazio alle frontiere; il concetto base dell'ImEA – se poi volete, potete farci delle domande – è quello di applicare un'imposta sull'intensità carbonica dei prodotti tramite modulazione delle aliquote IVA, da applicare in modo non discriminatorio sia ai prodotti UE che a quelli importati sulla base del contenuto di anidride carbonica emesso per la loro produzione. Quindi il fine è proprio quello di riconoscere i meriti ambientali delle produzioni manifatturiere UE, senza discriminare quelle extra UE, che rispettano gli stessi standard ambientali.
  Secondo gli Amici della terra le azioni chiave per il PNIEC sono: gli interventi di riqualificazione energetica che coinvolgano gli involucri degli edifici; la maggiore diffusione tra gli impianti di climatizzazione delle pompe di calore; lo sviluppo del teleriscaldamento; la riqualificazione del parco esistente di impianti a biomassa e la diffusione Pag. 9 di elettrodomestici efficienti. In particolare quest'anno stiamo conducendo una campagna, in collaborazione con l'associazione Assoclima, sul ruolo delle pompe di calore che dovranno fornire al 2030 l'85 per cento del contributo alla crescita delle FER termiche. Abbiamo prodotto uno studio approfondito a cui abbiamo allegato delle slide.
  Nell'industria sono necessarie azioni trasversali (diagnosi energetiche e sistemi di gestione dell'energia) che costituiscono il presupposto per ulteriori miglioramenti dell'efficienza energetica e competitività, sulla base delle specificità dei diversi processi produttivi e da tecnologie come ad esempio: la cogenerazione; l'ottimizzazione degli usi dell'energia elettrica e il recupero energetico dei rifiuti.
  Nel settore dei trasporti le azioni chiave sono lo sviluppo della mobilità elettrica, sia individuale che collettiva, focalizzandosi soprattutto nei grandi centri urbani; la crescita della filiera del GNL per il trasporto stradale pesante e per quello marittimo; la maggiore diffusione del gas naturale e del GPL nel trasporto leggero (azioni sinergiche anche in chiave di sviluppo dell'economia circolare con quelle di utilizzo del biometano nei mezzi a GNC e GNL); diffusione di biocombustibili liquidi provenienti dal recupero di scarti organici.
  Per noi è necessaria una maggiore integrazione e sinergia del Piano energia e clima con l'aggiornamento del quadro strategico nazionale per i combustibili alternativi e con il nuovo programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico. I pregiudizi ideologici sul ruolo del gas naturale nella transizione energetica hanno ritardato il potenziale di sviluppo degli usi del GNL nel trasporto stradale pesante e, in particolare, nel trasporto marittimo. Vorrei ricordare che con l'arrivo dei nuovi limiti globali del contenuto di zolfo dei combustibili marittimi anche nei nostri mari, in assenza di una significativa conversione ai combustibili alternativi della nostra flotta, le uniche soluzioni disponibili saranno costosi prodotti petroliferi a basso contenuto di zolfo e gli scrubber (sistemi di abbattimento delle emissioni delle navi) che producono fanghi altamente inquinanti, che rischiano di essere sversati nelle nostre acque marine. Quindi è urgente un piano di riconversione ambientale della nostra flotta. Inoltre l'Italia deve partecipare attivamente al processo di revisione della direttiva DAFI in corso, per tenere conto della sua posizione al centro del Mediterraneo.
  Concludo ritornando alla questione della revisione profonda dei certificati bianchi con l'integrazione delle fonti rinnovabili termiche e con criteri che consentano di valorizzare e accelerare la diffusione dei miglioramenti di efficienza energetica, che già si diffondono per competitività. In questa chiave è necessario superare l'impostazione che i minori oneri in tariffa per le rinnovabili elettriche debbono essere considerati come risorse solo per le stesse rinnovabili elettriche; risorse disponibili per meccanismi di incentivazione dovranno essere concentrate prioritariamente su misure di promozione integrata dell'efficienza energetica e dell'uso delle fonti rinnovabili nei consumi termici e per i trasporti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUCA CARABETTA

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.

  ANDREA VALLASCAS. Io condivido la parte dell'intervento sull'efficienza energetica, soprattutto sul tema edile (vi ho anche coinvolti sulla proposta di legge che ho presentato). A proposito di questo vorrei chiedere se ritenete che i certificati bianchi si possano utilizzare nel settore edile per avvantaggiare la riqualificazione energetica e se ritenete questa riforma congruente, oppure se sia meglio lasciare i certificati bianchi per altri settori, senza coinvolgere il settore edile.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Tommaso Franci, responsabile scientifico di Amici della terra Italia per la replica.

Pag. 10

  TOMMASO FRANCI, responsabile scientifico di Amici della terra Italia. Noi riteniamo che il meccanismo dei certificati bianchi debba essere utilizzato a trecentosessanta gradi in tutti i settori e che è stato un errore pensare di dedicare questo strumento solo per l'industria e smettere di svilupparne l'utilizzo. Il meccanismo, in ottica 2030, va completamente ridisegnato. Noi abbiamo aperto anche un dibattito su una nostra newsletter di recente su meccanismi di mercato, ma molto diversi rispetto a quelli che abbiamo conosciuto. Però c'è un motivo particolare per riportare l'uso di uno strumento di mercato come i certificati bianchi nel settore dell'edilizia, perché il meccanismo dovrà essere ridisegnato in base alla riscrittura dell'articolo 7 della direttiva sull'efficienza energetica, ma potrà (e secondo noi dovrebbe) essere riscritto anche in base all'articolo 23 della nuova direttiva sulle fonti rinnovabili. Siccome la nuova direttiva dà una maggiore importanza, anche perché siamo più indietro, alle rinnovabili termiche ed essendo un tipo di consumo dell'energia tipico degli edifici, prevede proprio che si possano introdurre degli obblighi che dovrebbero essere ovviamente integrati con un meccanismo di mercato come quello dei certificati bianchi anche per la penetrazione delle rinnovabili termiche. Quindi la nostra proposta è di studiare un meccanismo che tenga conto di questi aspetti proprio per cogliere le opportunità che uno strumento di mercato come i certificati bianchi può dare anche nel settore residenziale e del terziario.

  PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Tommasi che ha chiesto di intervenire per una precisazione.

  MONICA TOMMASI, presidente di Amici della terra Italia. Aggiungo che questo meccanismo può essere ampliato anche in settori come l'economia circolare, soprattutto sull'uso delle risorse.

  PRESIDENTE. Ringrazio, da parte della Commissione, i rappresentanti di Amici della terra Italia.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Italia Nostra.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Italia Nostra.
  Nel dare la parola al consigliere nazionale Giovanni Damiani, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  GIOVANNI DAMIANI, consigliere nazionale di Italia Nostra. Italia Nostra condivide i tre macro obiettivi che il Piano, oggetto dell'indagine conoscitiva della Commissione, si è posto (sicurezza, competitività e sostenibilità ambientale in particolare) e ne condivide i traguardi (innovazione, sicurezza, fruibilità). A tal proposito sono necessari degli approfondimenti a cui la nostra Associazione tiene moltissimo.
  La prima cosa è che, se noi eliminiamo il carbone (abbiamo apprezzato che ne è prevista l'eliminazione entro il 2025), dobbiamo anche eliminare fonti equivalenti sia per remissività di CO2 e sia per carico inquinante.
  Chiedo sin da ora alla Presidenza la possibilità di far intervenire il mio collega, il dottor Barocci, che vi parlerà del problema della geotermia. Io mi soffermerò sul tema delle biomasse solide, con particolare riguardo al legno. In base ai dati dell'Agenzia europea per l'ambiente, dell'ISPRA, dell'ENEA e del gestore GSE, l'ENEA nel 2017 scriveva che abbiamo disponibili per biomasse legnose (legno da bruciare a fini energetici) 26,4 milioni di tonnellate biomasse vergini; il gestore GSE nel 2017 (lo stesso anno) certifica che invece bruciamo 52 milioni, esattamente il doppio della disponibilità individuata dall'ente per l'energia. Questo valore significa anche molta emissività, perché le emissioni di CO2 che si ottengono bruciando il legno sono in letteratura riportate essere circa centocinquanta volte superiori rispetto a quelle del Pag. 11carbone. La cosa che noi vogliamo sottolineare con forza, a voi che siete i decisori politici, che bruciare legna non è neutro, come molti scrivono. non c'è una pubblicazione scientifica che dica che è neutro rispetto all'ambiente. In pratica molti sostengono, in spregio alle evidenze scientifiche, che tanta è la CO2 che il legno ha potuto assorbire e tanto la può restituire una volta bruciato. Il bilancio non è neutro per i motivi che ora espongo. Prima di tutto il bilancio complessivo di un disboscamento è molto più complicato, bisogna aprire delle strade, portare macchine operatrici, fare l'accatastamento, fare il taglio, salire sui camion, trasportarli fino alla centrale energetica, talvolta con le navi, scendere e riportarli con i camion, ridurre in segatura e poi pellettizzare oppure cippare (se andiamo a guardare tutta l'energia necessaria per queste cose, il bilancio è tutt'altro che neutro). Il bilancio non è poi neutro perché non vale solo ciò che è stato fissato come carbonio nel legno, ma anche quello che è fissato soprattutto nelle lettiere e nell’humus che in una foresta vetusta è anche otto volte superiore a ciò che troviamo nel legno. Quindi, se noi eliminiamo le foreste, eliminiamo qualcosa di più che sta nel suolo. Infine non si considera il carbonio che prende come CO2 la via del ciclo dell'acqua, che diventa acido carbonico e poi bicarbonato, dando i più straordinari ecosistemi acquatici ricchi di questa sostanza, e poi il fattore tempo. Mentre, quando bruciamo nelle emissioni, si ha un'improvvisa emissione di CO2, piantando alberi dobbiamo aspettare che passino decenni o secoli prima che si arrivi alla maturità per avere lo stesso tipo di assorbimento. Ma noi non abbiamo decenni o secoli da aspettare, sappiamo tutti che c'è un'emergenza climatica, per cui tutta la letteratura ci dice che i boschi vetusti, i boschi con esemplari in buone condizioni, i boschi evoluti, sono quelli che assorbono il 42 per cento di anidride carbonica in più rispetto al novellame. Del resto, se noi considerassimo che tutto ciò che si rinnova con la fotosintesi fosse da prendere come rinnovabile, anche il petrolio deriva dalla fotosintesi, anche il carbone deriva dalla fotosintesi, quindi il fattore tempo è determinante e noi questo tempo lo dobbiamo considerare.
  A noi preme comunque raccontare (fino adesso abbiamo parlato di legno) che le foreste non sono solo riserva di legno, ma regolano il clima; le foreste purificano l'acqua, sono serbatoi di biodiversità, bloccano i versanti franosi e l'erosione superficiale e sono un elemento fondamentale del paesaggio. Infine, se noi tutto questo legno lo andassimo a bruciare, toglieremmo materia prima per gli usi pregiati del legno.
  Purtroppo il Testo unico in materia di foreste e di filiere forestali, di cui al decreto legislativo 30 aprile 2018, n. 34, oggi non distingue tra boschi di conservazione e quelli di produzione, quindi le incentivazioni che noi abbiamo sulle biomasse legnose sono diventate sempre più pericolose. Mentre parlo, noi riceviamo segnalazioni da tutta Italia di tagli di alberi, perché questa incentivazione ha portato l'assalto ai boschi, l'assalto alle foreste e, siccome non basta, l'assalto dentro le città, ai filari. Stanno tagliando dovunque con qualsiasi scusa: l'antincendio, l'ampliamento della strada; vogliono tagliare dei boschi descritti da Tito Livio, come quello di Caprarola.
  Stiamo parlando di una incentivazione che è diventata albericida. Siccome la scienza ci dice che le cose più immediate che abbiamo per combattere i mutamenti climatici sono: conservare lo stock di alberi che abbiamo, soprattutto se boschi evoluti; incrementare il patrimonio arboreo. Queste incentivazioni, che paghiamo con le accise sulla bolletta elettrica, purtroppo stanno comportando in tutta Italia un assalto ai boschi. Assalto che non ci sarebbe, se noi togliessimo queste accise. Ogni volta che noi accendiamo il computer oppure parliamo, dobbiamo avere lo scrupolo che forse stiamo finanziando da qualche parte il taglio di alberi e di boschi.
  Chiudo dicendo che contro l'eolico la nostra Associazione si è sempre battuta ferocemente, perché ci siamo resi conto degli scempi paesaggistici e talvolta anche ecologici che ha provocato. Quindi siamo per un no determinato, possiamo discutere a determinate condizioni l'eolico offshorePag. 12che ho visto essere previsto in discussione nel Piano. Siamo per il no anche sul mini-idro sui corsi d'acqua naturali, che per una manciata di kilowatt purtroppo producono danni sconvolgenti ai torrenti di montagna superstiti. Siamo contro il fotovoltaico a terra, ma lo vogliamo sulle tettoie, sulle pensiline, sulle barriere antirumore autostradali e stradali, sulle discariche dismesse, sulle aree industriali dismesse. Anche se il Piano prevede terreni agricoli non di pregio o abbandonati, sono sempre terreni che svolgono un ruolo in quanto suolo vivente. Quindi chiediamo che vengano tolte le accise alle biomasse.
  Veniamo ai sì. Chiediamo un potente incremento del solare termico a tutti i livelli, questo è il Paese del sole, dove però il fotovoltaico elettrico supera di gran lunga l'installazione degli scaldaacqua termici, che potrebbero essere una fonte enorme di energia diffusa e di risparmio energetico autogestito. Sì a una consistente destinazione dei fondi per la ricerca. Per quale motivo la ricerca? Perché questo è il Paese che su questi argomenti ha strabiliato il mondo. Il nostro Paese è stato il primo a investire sull'idroelettrico, è stato il primo sull'elettrochimica, anche sul nucleare (che noi riteniamo finito); è possibile quindi che in un piano del genere si preveda ancora la combustione del legno?
  Io ritengo che dobbiamo dare tantissimi fondi per la ricerca, perché ci sono cose molto promettenti che riguardano il mare, il moto ondoso, le foglie artificiali che captano CO2. Chiediamo anche investimenti sull'idrogeno: almeno mettere dei distributori lungo l'Aurelia, lungo il corridoio adriatico, perché oggi nessuno in Italia può comprare una macchina che vada a idrogeno ed elettrico, tramite celle a combustibile, perché non saprebbe come rifornirsi. Almeno ogni tre o quattrocento chilometri incentivare una postazione del genere significa aprire una strada che già hanno aperto la Svezia e gli altri Paesi del Nord. Se poi sull'idrogeno volessimo fare delle isole, perché l'idrogeno ci consente anche altissime temperature e quindi potremmo alimentare realtà come l'Ilva o le vetrerie, almeno come prototipo apriamo una finestra sul futuro, piuttosto che riarrangiare l'esistente ignorando ciò che potrebbe dare o che sta già facendo, con pochi mezzi, il mondo della ricerca.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Roberto Barocci, socio di Italia Nostra.

  ROBERTO BAROCCI, socio di Italia Nostra. Parto con un no alla geotermia flash toscana soprattutto, perché – i dati che vi consegno sono prodotti dai nostri rappresentanti nelle sedi internazionali e faccio riferimento in particolare all'ultimo studio del 2019 del professor Basosi – in Toscana si emettono 2,685 milioni di tonnellate di CO2 dalle centrali flash. La previsione della Regione Toscana di ridurre il 10 per cento di queste emissioni, solo il 10 per cento, significa lavorare ancora con centrali con 2,6 milioni di tonnellate all'anno di CO2 emesse. Questi dati li lascio alla Commissione perché sono pubblicati nelle riviste internazionali, scritte dai nostri rappresentanti in Unione europea, all'OCSE, eccetera. È clamoroso che loro scrivano che queste centrali producono più inquinanti acidificanti delle centrali a carbone. Noi diciamo no agli incentivi a questo tipo di tecnologia, perché l'errore fondamentale è quello di considerare la geotermia uguale ovunque, come se la natura geologica e la natura dei fluidi geotermici fosse uguale in tutta Italia. Non è così. La scienza ci dice che variano questi fluidi geotermici da comune a comune, perché la natura geologica del nostro territorio è estremamente variabile.
  Do alcuni dati, perché voi vi siete occupati anche dell'ammoniaca relativamente ai problemi dell'agricoltura, ma sappiate che dall'Amiata esce il 12 per cento di ammoniaca sul valore italiano e il 42 per cento di tutte le emissioni di mercurio in Italia.
  In conclusione ci tengo a citare il lavoro del 2015 della X Commissione della scorsa legislatura che, insieme alla Commissione ambiente, ha approvato all'unanimità un testo unificato di più risoluzioni sulla produzione di energia da impianti geotermici. La risoluzione approvata dice delle cose Pag. 13molto importanti: dice sì al calore del geotermico e agli impianti non inquinanti; dice no alla geotermia flash. Io dico, Presidente, che una Commissione non può ripartire da zero senza valorizzare il lavoro delle precedenti legislature, perché sono lavori di inchiesta, sono lavori ai quali hanno partecipato scienziati italiani che hanno parlato di queste nuove tecnologie; valorizzate il lavoro già fatto da due Commissioni, presidente Epifani e presidente Realacci, nel 2015 che, con una risoluzione approvata all'unanimità, hanno fatto fare un passo in avanti al Parlamento italiano.

  PRESIDENTE. Chiaramente sarà cura della Presidenza della Commissione trasmettere a tutti i colleghi il materiale che gli auditi consegneranno alla segreteria.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCA SQUERI. Ho ascoltato con molta attenzione l'intervento e devo dire che, tra tutti, è stato quello che meno mi ha convinto. Mi dispiace dirlo, ma è così.
  Si presenta il problema come se la priorità fosse quella di salvaguardare i boschi. In Italia c'è una crescita di boschi di mille metri quadri al minuto: il problema dell'Italia è che i boschi non si tagliano, non che si vogliono eliminare, non si manutengono, non si coltivano. Se si considera – come mi sembra voi abbiate fatto – il bosco come un patrimonio da tutelare, facciamo il danno del bosco. Abbiamo visto cos'è successo in Trentino con la tempesta Vaia, che ha eliminato milioni di alberi che la Repubblica veneziana mise a dimora (senza più curarsene) cinque secoli fa. Dire che bruciare la legna inquina e non si fanno i conti con le nuove tecnologie è vero: per vent'anni abbiamo avuto una tecnologia legata alle stufe che ha reso problematico il consumo di biomassa in quanto le emissioni di particolato inquinano, ma con le nuove tecnologie legate alle caldaie e non più alle stufe questo problema si è risolto.
  Fatemi dire che rispetto al concetto della neutralità energetica, che dovrebbe essere uno dei punti portanti che neanche il PNIEC utilizza, ma neanche voi avete utilizzato, perché non è con i sì e con i no che si va avanti: è con valutazioni oggettive dei pro e dei contro delle energie rinnovabili che abbiamo a disposizione. Da parte vostra ho sentito un no secco a un tipo di energia rinnovabile, che non fa bene al raggiungimento degli obiettivi a cui dobbiamo tendere.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Damiani per la replica.

  GIOVANNI DAMIANI, consigliere nazionale di Italia Nostra. Italia Nostra non è mai stata per l'intoccabilità dei boschi. Stiamo dicendo che purtroppo in questo Paese, anche con l'ultimo Testo unico forestale, non c'è distinzione (cosa che faceva la legge Serpieri negli anni Venti) tra boschi di conservazione e boschi di utilizzo. Con questo tipo di legge si assaltano dei boschi che invece dovrebbero essere di conservazione, perché c'è l'orso marsicano, per le funzioni idrogeologiche o geologico-idriche che hanno, per mille altri motivi e perché i boschi vetusti sono quelli che più attraggono anidride carbonica. Quindi noi siamo per l'utilizzo del legno.
  Ho sentito in una trasmissione radiofonica che la Svizzera si accinge a varare una nuova legge forestale, distinguendo i boschi addirittura in dodici categorie: noi neanche in una. Quindi io convengo con quello che dice l'onorevole Squeri, aggiungo però che i boschi si sono evoluti in trecento milioni di anni, noi li utilizziamo al massimo da due o tremila (massimo quattromila, da quando è arrivata l'agricoltura in Italia), e non hanno bisogno dell'uomo: è l'uomo che ha bisogno dei boschi, per mille motivi (la purificazione dell'aria, dell'acqua e molte altre funzioni).
  Noi vogliamo lanciare un warning: che oggi le incentivazioni, in presenza di questo tipo di normativa, stanno comportando dei disastri paesaggistici, dei disastri ecologici e, a nostro avviso, degli abusi, anche se non ritenuti tali dalla legislazione. Quindi sono d'accordo con l'onorevole Squeri: i boschi vanno utilizzati, però siamo contro la gestione attiva di tutto, perché i boschi lasciati Pag. 14 all'evoluzione naturale hanno elevatissima biodiversità, elevatissime funzioni e rendono dei servizi ecosistemici fondamentali per noi, quindi lavorano segretamente anche per noi.
  La manutenzione di tutti i boschi: i boschi non sono degli orti da mantenere quotidianamente. Non è una cosa che, almeno nelle scienze forestali evolute, noi riteniamo di dover sostenere.

  PRESIDENTE. Da parte della Commissione saluto e ringrazio i rappresentanti di Italia Nostra.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Assocarta.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Assocarta.
  Nel dare la parola al dottor Carlo De Iuliis, consigliere di Assocarta, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  CARLO DE IULIIS, consigliere di Assocarta. Rappresento come consigliere l'associazione Assocarta. Proverò a essere rapidissimo per anticiparvi quello che poi vi produrremo più dettagliatamente in un report che abbiamo portato e che lasceremo a disposizione della Commissione.
  Proverò a trasferirvi quello che l'industria cartaria ha fatto per la decarbonizzazione della propria produzione. Vi faccio un esempio. Noi abbiamo un settore estremamente virtuoso, perché oggi si parla di decarbonizzazione, ma più di dieci anni fa il presidente della nostra associazione europea (CEPI) veniva da noi qui a Roma e ci presentava gli obiettivi di decarbonizzazione: oggi possiamo dire che gli obiettivi di decarbonizzazione del settore cartario sono stati raggiunti con un grosso anticipo. Certo si può fare ancora tanto.
  Oggi il settore cartario vive un momento particolare, ha avuto un 2018 abbastanza positivo e un 2019 che purtroppo vede nei primi nove mesi una flessione del 2,7 per cento e un calo del fatturato del 5 per cento. Assocarta rappresenta centocinquantatré stabilimenti e ventimila addetti. Il consumo di gas è pari a 2,5 miliardi di metri cubi, per un consumo di energia elettrica pari a 7 miliardi di kilowatt.
  Gli obiettivi della decarbonizzazione sono fondamentali e sono sempre più sfidanti per noi, ma è molto importante per il nostro settore mantenere le imprese competitive sul territorio nazionale e competere a livello globale. Quindi c'è bisogno di attuare a livello nazionale tutti quelle misure di protezione compatibili con le discipline sugli aiuti di Stato e sulle discipline europee del settore. Parliamo di carbon leakage, delle norme sugli energivori e delle compensazioni ETS. Se parliamo di carbon leakage, diventa fondamentale che le nostre aziende siano competitive, perché, se le produzioni devono essere spostate da un territorio all'altro e poi devono tornare sui nostri territori dei prodotti che vengono realizzati lontano, non riusciamo a decarbonizzare, perché ci saranno gli impatti che vengono dal trasporto.
  Provo a fare un excursus ancora più rapido. Oggi la carta si ottiene da materia prima rinnovabile, la carta è riciclata al 60 per cento, se parliamo di carta; se parliamo di imballaggio addirittura l'80 per cento, ed è un settore, quello cartario. che a livello di efficienza energetica ha fatto tantissimo. Oggi parliamo di impianti che danno energia ai nostri stabilimenti, che sono gli impianti di cogenerazione ad alto rendimento, impianti che raggiungono il 75/80 per cento di efficienza energetica.
  C'è un punto molto importante. L'Italia utilizza il 100 per cento della risorsa gas per produrre l'energia, che è il motore della propria industria, attraverso la cogenerazione. Ripeto, cogenerazione è produrre energia e calore lì dove energia e calore vengono sfruttate, e l'industria cartaria è il punto ideale dove andare a non disperdere quell'energia che viene sviluppata, perché, quando faccio una combustione Pag. 15 di gas naturale, sviluppo sia energia che calore, e il calore viene utilizzato per asciugare la carta ed è di fondamentale importanza andare a recuperare quel differenziale che il Paese Italia ha nei confronti degli altri Paesi europei. Noi abbiamo uno spread sul costo del gas che è arrivato a 5,00 euro a megawatt. Ciò ci rende non competitivi. Quindi diventa fondamentale per l'Italia andare a recuperare questo gap. Gap che è possibile recuperare andando ad attuare urgentemente quanto previsto dall'articolo 21 della legge n. 167 del 2017, introducendo delle agevolazioni agli energivori gas. Bisogna migliorare assolutamente i transiti all'interno dell'Europa e migliorare l'infrastruttura, cercando di portare la nostra struttura a diventare più liquida, quindi maggiore concorrenza, migliori prezzi sul nostro territorio del gas, attraverso le opere infrastrutturali (la TAP e le altre opere in fase di discussione).
  Molto spesso parliamo di decarbonizzazione e si decarbonizza utilizzando più energia elettrica; nel caso del settore cartario la sola elettrificazione non è la risposta, perché immaginate se noi chiudessimo oggi tutti gli impianti di cogenerazione delle cartiere, quindi andando a penalizzare il gas o non incentivando l'uso dello stesso, andremmo a creare un minus di energia elettrica sul nostro territorio, determinando una richiesta di energia che è sei volte quella che adesso produciamo, perché ci sono le inefficienze di rete. Quindi, per raggiungere un miglioramento, bisogna andare verso una cogenerazione carbon neutral – siamo tutti d'accordo – ma mantenendo il ruolo del gas centrale come combustibile per una cogenerazione ad alto rendimento. Bisogna continuare a spingere, come si è fatto, sull'efficienza energetica. È normale che, per chiudere idealmente il ciclo delle nostre produzioni, sarebbe ideale poter andare a valorizzare gli scarti delle nostre lavorazioni. Qui si parla tanto di economia circolare: il settore cartario ha fatto tanto per l'economia circolare, ma l'idea è che dal sistema chiuso dell'industria cartaria non escano scarti, perché quegli scarti, che oggi sono un problema nazionale, sono un valore per le aziende europee che competono con noi sugli stessi mercati. Quindi trovare un modo per valorizzare il rifiuto – che più correttamente definirei una materia prima seconda, un end of waste – cercando di far capire che, nel caso per esempio del riciclo, abbiamo delle best practice europee che ci dicono che i nostri scarti hanno bisogno di trovare degli impianti dedicati che li valorizzino. Meglio se vicino a impianti di produzione di calore. È importantissimo quindi attuare la legge n. 167.
  Abbiamo preparato anche delle osservazioni per quanto riguarda le emissioni di CO2. Diventa fondamentale che le compensazioni ETS vengano recepite, perché bisogna attuarle secondo i dettami europei, perché attuarle «all'italiana» non porterebbe benefici. Adesso c'è un delta che sta diventando troppo importante: abbiamo dei titoli di efficienza energetica sul valore dei quali è stato imposto un CAP, mentre gli ETS salgono, quindi non stiamo generando del valore per chi invece cerca di generare valore tutti i giorni. L'attuazione dei PTA potrebbe essere una risposta per acquisire una parte di energie rinnovabili, quindi portiamo alla vostra attenzione anche questi piani.
  Per quanto riguarda i mercati energetici occorre potenziare l'interconnessione elettrica tra l'Italia e il resto dell'Europa.
  Spero di aver, sia pure in pochi minuti, spiegato i nostri punti di vista.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIANLUCA BENAMATI

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO ZUCCONI. Una cosa soltanto, perché mi pare un'audizione piuttosto esaustiva. Mi pare di dover sottolineare che in quanto ci è stato relazionato c'è un concetto importantissimo, anche nel caso della produzione cartaria. Io peraltro vengo da un distretto, quello di Lucca, dove sono presenti molte cartiere. Lo scarto che deve diventare un prodotto è un concetto esemplare, Pag. 16 anche per quei prodotti che purtroppo producono scarti con presenza di plastiche, perché questo accade.
  L'altra questione, che mi piacerà chiarire anche nel prosieguo, è che va chiarita definitivamente la politica sui pirogassificatori, perché molti degli scarti o dei prodotti di risulta potrebbero essere combusti, però anche sui territori ci scontriamo forse con un pregiudizio sulla pirogassificazione e su quella che deve essere una politica di contrasto. Questo andrà chiarito una buona volta, perché la scienza ci deve dare delle informazioni precise e concrete.
  Io ringrazio i rappresentanti di Assocarta per questa audizione e per questi concetti.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor De Iuliis per la replica

  CARLO DE IULIIS, consigliere di Assocarta. Aggiungo che c'è il discorso fondamentale riferito alla competitività e ai Paesi stranieri. Se parliamo di emissioni di ETS, i nostri competitor europei che possono utilizzare risorse forestali (biomassa), che bruciano all'interno dei propri stabilimenti, emettono meno CO2 rispetto a noi che bruciamo il miglior combustibile per produrre energia (il gas), per una normativa ancora non chiara saremo penalizzati (noi come settore industriale cartario, noi come energivori), perché chi ha risorse forestali è avvantaggiato. Quindi le norme ETS vanno viste rispetto al riferimento e lì dove noi agiamo. L'Italia ha investito tanto nel metano, quindi bisogna porre grande attenzione a queste differenze che ci sono all'interno dei Paesi comunitari.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Assocarta.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.