XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 24 di Mercoledì 25 settembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Carabetta Luca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030

Audizione di rappresentanti di Energoclub.
Carabetta Luca , Presidente ... 3 
Padovan Gianfranco , socio, Presidente e rappresentante legale di Energoclub ... 3 
Carabetta Luca , Presidente ... 6 
Benamati Gianluca (PD)  ... 6 
Squeri Luca (FI)  ... 6 
Carabetta Luca , Presidente ... 7 
Padovan Gianfranco , socio, Presidente e rappresentante legale di Energoclub ... 7 
Carabetta Luca , Presidente ... 7 

Audizione di rappresentanti di Innogy:
Carabetta Luca , Presidente ... 7 
Grossi Paolo , Amministratore delegato di Innogy ... 7 
Carabetta Luca , Presidente ... 11 
Benamati Gianluca (PD)  ... 11 
Galli Dario (LEGA)  ... 12 
Carabetta Luca , Presidente ... 12 

Audizione di rappresentanti di Agici finanza d'impresa:
Carabetta Luca , Presidente ... 12 
Carta Marco , Amministratore delegato di Agici Finanza d'impresa ... 12 
Carabetta Luca , Presidente ... 15 
Galli Dario (LEGA)  ... 15 
Carabetta Luca , Presidente ... 16 
Tiscar Raffaele , Presidente del progetto Monitor PEC di Agici ... 16 
Carabetta Luca , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUCA CARABETTA

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Energoclub.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Energoclub.
  Nel dare la parola al presidente di Energoclub, Gianfranco Padovan, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  GIANFRANCO PADOVAN, socio, Presidente e rappresentante legale di Energoclub. Ringrazio la Commissione per averci invitato a esporre le nostre osservazioni e commenti sulla SEN (strategia energetica nazionale) e sul PNEC (piano nazionale integrato per l'energia e il clima).
  Una breve presentazione di Energoclub. Energoclub è un'associazione che raggruppa i consumatori appassionati di temi energetici. La nostra missione è quella di aiutare il sistema energetico nazionale a transitare dalle fossili alle rinnovabili entro quindici anni. Questa è la missione che è stata definita nel 2005 e che ritengo sia tuttora valida.
  Siamo portatori di alcuni valori, che cerchiamo di trasmettere attraverso il nostro manifesto, Energoclub, che proponiamo ai nostri interlocutori, sia enti locali sia associazioni di categoria e qualche volta anche aziende. Promuoviamo l'uso di materiali, soluzioni e tecnologie più efficienti e più sostenibili. Ci sosteniamo attraverso le quote sociali con i nostri check-up offerti ai soci di Energoclub per gli edifici, per gli impianti fotovoltaici, anche con progetti di didattica offerti alle scuole e progetti di comunicazione che proponiamo ai Comuni, soprattutto per realizzare quello che esporrò poi con maggiore dettaglio, conosciuto come PAES, cioè Piano di azione per l'energia sostenibile, tra poco includente anche il clima.
  La nostra attività è organizzata per gruppi di lavoro. Non mi soffermo più di tanto, se non per precisare gli ambiti di attività. C'è un gruppo di lavoro «Comuni e PAES» per realizzare questi piani per l'energia sostenibile. C'è il gruppo che si occupa di bioedilizia e di co-housing, iniziativa che tende a creare comunità energetiche virtuose. C'è il gruppo di lavoro che riguarda la comunicazione. Abbiamo il nostro portale e offriamo una serie di supporti agli enti locali affinché si diffondano alcune buone pratiche e, soprattutto, le tecnologie più efficienti. C'è un gruppo di lavoro «Didattica», che si occupa proprio di progettazione degli interventi didattici dalle scuole primarie fino alle secondarie. C'è un ultimo gruppo di lavoro che si occupa di elettromobilità. Qui il discorso è a tutto tondo, perché si intendono tutti gli interventi che servono a diffondere la mobilità Pag. 4 legata all'utilizzo dell'elettricità. Questo è un tema importantissimo per noi, tanto che nel tempo abbiamo anche adeguato la nostra visione del futuro. Noi riteniamo che l'elettromobilità sia da considerare come un'estensione dell'abitazione, degli edifici, ed è la soluzione che ci permetterà in futuro di raggiungere l'autonomia energetica. I motivi quali sono? Il parco veicolare, una volta che si è costituito, sarà un accumulo diffuso nell'intero territorio nazionale e servirà di supporto alla produzione di energia rinnovabile che, come sappiamo, ha problemi di continuità, ha picchi di produzione difficilmente gestibili. In questo caso, il parco veicolare collegato alla rete ci servirà proprio per smorzare questi picchi.
  Da dove partiamo? Io ho predisposto, nella documentazione scritta trasmessa alla Commissione, una slide, partendo dalla situazione attuale, riportata sulla sinistra della medesima slide. Al 2018 il peso delle fonti rinnovabili complessive, sia elettriche sia termiche, rappresenta grosso modo il 20 per cento, su una scala che va da zero a cento. Il resto è coperto dalle fonti fossili, quindi gas naturale, carbone, petrolio, scarti di raffineria, rifiuti derivati dal petrolio e nucleare. Questo è il rapporto di partenza. Quello che vogliamo evidenziare è che in un anno, che non è ben individuato (noi proponiamo il 2035 ma poi è la comunità a spingere affinché quest'anno sia al 2050 e secondo il nostro punto di vista, potrebbe essere accelerato, potrebbe essere anticipato) le fonti rinnovabili sarebbero il cento per cento. Questa percentuale si è trasferita al 20XX (al 2035, nel nostro caso). Questo rappresenta già il 50 per cento di quello che sarà in futuro. Nel frattempo, il fabbisogno di energia diminuirà, tanto che questa quantità già rappresenta quasi il 50 per cento del futuribile. Quali sono le fonti rinnovabili da utilizzare? Quelle elencate nella documentazione, con apporti che sono variamente consistenti.
  Quello che ci preme evidenziare è che, anche a livello di SEN e di PNEC, o PNIEC (noi abbiamo preferito chiamarlo con la «I» perché è una gestione integrata quella che si propone) più energia rinnovabile corrisponde a meno inquinamento e più fertilità nei terreni. Ci sono alcuni aspetti che un piano della portata del SEN non può trascurare. C'è un problema di inquinamento? Non dobbiamo nasconderlo, ed è strettamente collegato con il fenomeno del cambiamento climatico.
  Per produrre energia noi inquiniamo. Purtroppo, le nostre filiere primarie, quindi legate alla produzione degli alimenti, sono fortemente condizionate dall'utilizzo delle fonti fossili. Inoltre, c'è la possibilità – che avrò modo di spiegare più dettagliatamente – di utilizzare parti delle emissioni della CO2 in atmosfera per riportare parte di questo carbonio nei terreni, per conferire ai medesimi terreni fertilità.
  Prima di entrare nel merito della SEN, volevo presentare alla Commissione un grafico della documentazione scritta che mette in luce le emissioni per ogni vettore energetico e per ogni combustibile. Ci sono vettori più o meno impattanti, più o meno climalteranti. Dobbiamo esserne consapevoli. Quando si parla di gas naturale bisogna sapere che il gas naturale ha un impatto sul cambiamento climatico consistente. La stessa legna, se mal gestita, ha un impatto pesantissimo non solo sul clima, ma anche sull'inquinamento ambientale. Queste cose devono essere conosciute, perché le azioni che vanno definite all'interno dei piani debbono tener conto anche di queste informazioni.
  È chiaro che la soluzione ideale sarebbe quella di avere elettricità prodotta solo da fonti rinnovabili, ma attualmente questa emissione è di 0,3 chilogrammi per kWh (chilowattora) di consumo finale. L'elettricità prodotta da FER (fonti energetiche rinnovabili) chiaramente è zero. Quali sono i consumi finali di energia? Magari non capita spesso di vedere una rappresentazione del tipo di quella riportata nel grafico della documentazione scritta, dove per ogni settore è stato quantificato il consumo di energia finale. Come è possibile vedere, ci sono settori decisamente molto impattanti sul fabbisogno di energia del sistema italiano. Questa stessa immagine può essere vista anche in un altro modo: la singola barra dell'istogramma è disaggregata nei Pag. 5vari combustibili o vettori energetici. Si vede che alcuni settori utilizzano, ad esempio, più fonti fossili di altri. I punti critici su cui intervenire sono quelli evidenziati dalla cornice in rosso. È lì che va concentrata l'azione. È lì che bisogna definire le priorità di intervento. Se, poi, si desidera, si vuole, si decide che questi settori debbano in qualche maniera essere decarbonizzati, allora bisogna essere consapevoli che alcuni settori sono più o meno implicati in questa azione. Come si può vedere, ancora una volta sono i settori che riguardano i trasporti e il residenziale, sia privato che terziario.
  Le priorità vengono definite con criteri facilmente comunicabili e utilizzabili. Quello che vogliamo proporre è di utilizzare l'analisi di Pareto per definire queste priorità. La SEN non può toccare tutti gli aspetti, non può coprire a 360 gradi i vari settori. Bisogna concentrarsi in alcuni settori, quelli maggiormente impattanti. Quelli riportati sulla sinistra del relativo grafico della documentazione scritta già rappresentano più dell'80 per cento del consumo finale di energia. Per coloro che, magari, non sono addentro a questo metodo, desidero precisare che c'è un corollario del principio di Pareto che afferma che i settori trascurati, messi da parte in una prima fase potranno avere un fall out, ossia una ricaduta positiva già dalle azioni scelte come prioritarie. La priorità massima è agire sull'80 per cento. Quello che consigliamo, se pensate di revisionare questi due documenti, è di definire le priorità con criteri che siano leggibili, che siano comunicabili, che siano condivisi. Questo è un metodo per condividere informazioni.
  Abbiamo riportato nella documentazione scritta un elenco di priorità. Queste priorità vanno sicuramente analizzate anche alla luce della valutazione ambientale strategica (VAS), in modo da capire quali sono gli effetti sui cicli naturali, in particolare per definire le fasi di uscita di un vettore energetico.
  Entriamo negli aspetti specifici del Piano nazionale per l'energia e il clima. La decarbonizzazione va sicuramente attuata. Noi crediamo che, con uno sforzo, il phase-out del carbone, la fuoriuscita dal carbone, potrebbe essere anticipata dal 2025 al 2022, se non addirittura prima. Questo, però, potrebbe essere integrato con la definizione del phase-out anche per le altre fonti fossili. È opportuno farlo adesso, in modo tale da preparare sia le aziende sia i portatori di interesse che vivono, per adesso, dell'impiego delle fonti fossili. Bisogna parlarne prima, senza avere paura di allarmare troppo il mercato. Dobbiamo farlo adesso. Dobbiamo dire che per il gas naturale il phase-out è per l'anno «x», per la legna l'anno «y», e così via. Dobbiamo essere concreti e comunicare queste informazioni, in modo tale che siano ferme, che siano leggibili, che siano visibili a chi opera nel mercato e a chi opera nella politica di tutti i giorni.
  Efficienza energetica sicuramente sì. Vanno sicuramente definiti interventi incentivanti calibrati, possibilmente, utilizzando l'indicatore nel rapporto tra costo di investimento e la gestione per la riduzione delle emissioni di CO2. Si esprime in euro per chilogrammi di CO2 equivalenti evitati. Gli incentivi vanno definiti non con criteri acritici, ma critici, devono permettere effettivamente di avere un impatto sulle emissioni della CO2, altrimenti ci troveremo a incentivare settori e interventi che hanno poco impatto sulla emissione climalterante complessiva. Faccio un esempio. Gli infissi sono quelli più richiesti. L'impatto, però, degli infissi sul totale non è così importante come l'incentivo erogato.
  La sicurezza energetica chiaramente sì, però con una transazione più rapida. Il 2050 è troppo in là nel tempo. Noi abbiamo bisogno di attuare queste azioni entro il 2030-2035. Sì, quindi, a tappe forzate per la diffusione delle FER e l'efficienza energetica, per ridurre l'attuale dipendenza dal petrolio, che è del 74 per cento, a meno del 30 per cento entro il 2030. Questo è possibile? Sì, è possibile, perché ci sono già le tecnologie disponibili sul mercato che possono essere proposte e incentivate. Sì agli investimenti conseguenti all'apporto della Banca europea, soprattutto attraverso i progetti della Comunità europea. Pag. 6
  Mercato interno. Sì a un'integrazione software delle reti. Sì a una revisione della rete Terna attuale in celle, dove per «cella» si intende un'area abbastanza ampia che punta a essere autonoma e che ha la possibilità di interagire con altre celle per scambiare il surplus di energia o per richiederlo. No a un'integrazione hardware, quindi no all'utilizzo di infrastrutture che possono impattare sull'ambiente in maniera deturpante e anche con danni alla salute. No alla centralizzazione degli accumuli, ma a un accumulo diffuso presso le utenze finali. Sì al decentramento in celle interconnesse via software. Sì al mercato tra privati e comunità energetiche. Sì allo sviluppo delle smart grid resilienti e flessibili. Vi ricordo che in Italia RSE (Ricerca sul sistema energetico) ha in corso un progetto di smart grid che si sta dimostrando molto interessante. Tra l'altro, lo stanno divulgando, affermando che si tratta di una soluzione che sarà visibile tra poco. Sì a misure per contrastare la vulnerabilità energetica degli utenti finali.
  Competitività del sistema energetico ovviamente sì, soprattutto per incentivare lo sviluppo di soluzioni innovative e competitive. Assolutamente sì a considerare il 2030 una tappa vicina all'indipendenza energetica dalle fonti fossili, ma con un obiettivo più rilevante, più sfidante.
  A questo punto, però, dobbiamo porci la seguente domanda di fondo: chi dovrebbe attuare queste azioni? Come mai la SEN e il PNIEC non hanno citato i principali attori che devono mettere in atto queste azioni? Quali sono gli attori? Gli attori sono gli enti locali. Guarda caso, c'è un progetto, il più grande progetto al mondo sull'efficienza energetica per contrastare il cambiamento climatico, che coinvolge più di 9.000 Comuni in tutta Europa, coinvolgendo comunità per 326 milioni di residenti. Come mai la SEN non ne ha tenuto conto? Come mai non ha tenuto conto del fatto che gli obiettivi del PAES che include il clima sono maggiori, più alti rispetto a quelli del PNIEC e della stessa SEN? Secondo me, qui c'è l'esigenza di recuperare un po’ questa informazione.
  Come si può vedere nel grafico della documentazione scritta, i comuni – che noi conosciamo – hanno obiettivi molto più ampi. Questo è importante. I comuni, per loro natura, fanno investimenti che riguardano il patrimonio pubblico. Però il patrimonio pubblico pesa sul consumo, quindi anche sulle emissioni di CO2 solo per alcuni punti percentuali (2-3 per cento). Il PNIEC e la SEN, invece, prevedono un investimento di 175 miliardi di euro, che rappresenta il 6 per cento. Bene. Bisogna sapere che in un comune 7 milioni di euro sono gli investimenti pubblici. L'investimento privato è di 210 milioni di euro, per ottenere un obiettivo del comune, della comunità. A livello italiano, se dovessimo fare un'analogia lineare, per così dire, la quantità di denaro che il mondo privato dovrebbe mettere in gioco è di 2.820 miliardi di euro. Qui la politica può fare moltissimo. Bisogna tener conto che il raggiungimento della riduzione delle emissioni climalteranti passa soprattutto per gli interventi del mondo privato.
  Chiudo e resto a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIANLUCA BENAMATI. Una domanda secca, senza tante considerazioni. Si dice, in queste trasparenze, che il phase-out del carbone può essere al 2022 o anche prima. Quali sono i presupposti per l'uscita dal carbone al 2022, visto che penso sarà difficile uscire se non si adottano le previsioni prescritte nel PNIEC anche nel 2025? Quali sono le ipotesi di lavoro che sono state fatte per una visione così ottimistica?

  LUCA SQUERI. Avete mostrato, in maniera molto evidente, che i due settori di intervento più interessanti dove incidere sono il trasporto e il riscaldamento residenziale. Come vedete voi l'impostazione che ha dato la SEN prima e il PNIEC dopo rispetto a una elettrificazione spinta di questi due settori, quando vediamo che altri Paesi – come la Francia, che nel Pag. 7residenziale sta de-elettrificando, visto che doveva venire meno il supporto dell'energia nucleare – stanno puntando su una massiccia ristrutturazione dell'attività termica residenziale con le biomasse?

  PRESIDENTE. Possiamo procedere con le risposte direttamente in Commissione per un paio di minuti.
  Do la parola all'ingegner Padovan per la replica.

  GIANFRANCO PADOVAN, socio, Presidente e rappresentante legale di Energoclub. La prima domanda è come si fa a uscire dall'utilizzo del carbone. Decidendo di cambiare. Decidendo che un impianto debba smettere entro una certa data e prevedendo misure compensative.
  Dovete sapere che un impianto fotovoltaico può essere realizzato nell'arco di un anno, non di quattro o cinque, come un impianto termoelettrico. Quattro o cinque come minimo. In alcuni casi ben di più. Vuol dire che abbiamo già a disposizione delle tecnologie che possono subentrare al carbone, chiaramente aiutate dall'accumulo, un accumulo che può essere, in questo caso, diffuso. Se il carbone è concentrato in aree dove esistono condizioni climatiche con fonti rinnovabili favorevoli, si utilizzano queste. Quindi, l'eolico in Sardegna e in Puglia può essere sicuramente utilizzato in maniera più consistente. La cosa che bisogna fare è transitare dalle fonti fossili alle fonti rinnovabili, chiaramente non girando un interruttore, ma guidando il processo dal punto di vista economico e sociale.
  Per quanto riguarda, invece, i due settori prioritari d'investimento, sappiamo che sono di difficile soluzione, però è anche vero che le persone, se aiutate e informate, possono fare moltissimo. Le ultime cose decise dalla SEN e anche dall'ultima legge sviluppo già vanno in questa direzione. Forse bisognerebbe fare qualcos'altro. Bisognerebbe creare condizioni sufficienti affinché la finanza aiuti realmente gli utenti finali. Quando si va in banca, molto spesso, per un prestito finalizzato al risparmio energetico, chi valuta l'investimento si basa solo su dati economici o sulla credibilità o solvibilità dell'utente. Il merito creditizio. Bisognerebbe superare questo aspetto. Bisognerebbe entrare nel merito energetico, capire che quell'intervento, quel finanziamento va a ridurre i consumi di energia, con un risparmio, quindi con un tempo di ritorno che spesso è parecchio interessante. L'isolamento di un solaio oggi si ripaga in meno di tre anni. Un impianto fotovoltaico si ripaga in meno di sei anni. Sono questi gli interventi. Sono queste le informazioni che le strutture finanziarie devono incominciare a gestire.

  PRESIDENTE. Saluto e ringrazio i rappresentanti di Energoclub.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Innogy.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Innogy.
  Nel dare la parola all'amministratore delegato di Innogy, Paolo Grossi, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  PAOLO GROSSI, Amministratore delegato di Innogy. Onorevole presidente, onorevoli deputati, desidero innanzitutto esprimere il nostro apprezzamento per questo ampio ciclo di audizioni e per l'invito a Innogy ad esprimere la propria posizione sul Piano integrato energia e clima, che rappresenta un fondamentale strumento di pianificazione del nostro settore.
  Dopo una breve presentazione societaria, mi focalizzerò sui temi a noi più vicini, che sono la generazione da fonti rinnovabili e il disegno dei mercati per la loro efficace integrazione nel sistema elettrico, con degli accenni alle nuove tecnologie che, a nostro avviso, sono essenziali, come lo storage, e qui parliamo di accumuli elettrochimici Pag. 8 in particolare, e l'eolico offshore con le nuove tecnologie floating.
  RWE è uno dei principali e storici operatori europei, che nasce in Germania per poi crescere fondamentalmente in Europa e negli Stati Uniti. Qualche anno fa ha raccolto in Innogy le attività e gli investimenti della transizione energetica.
  Innogy conta oggi quasi 5.000 megawatt di potenza erogabile installata, serve più di 23 milioni di clienti e opera come rete di distribuzione di elettricità e gas in tutto il centro Europa. In quanto generazione rinnovabile siamo focalizzati su tecnologie mature, eolico e fotovoltaico in particolare oltre all'idroelettrico storico, in mercati maturi, ragionevolmente stabili, come Europa Nord America e recentemente Australia.
  Il materiale scritto che abbiamo messo a disposizione della Commissione poi entra nel merito della distribuzione geografica in dettaglio della nostra presenza.
  In Italia operiamo 90 megawatt eolici e abbiamo progetti per più di 200 megawatt sempre eolici con importanti piani di crescita nel breve termine anche alla luce del fatto che RWE intende concentrarsi sulla generazione e sulla sicurezza di sistema compensando la graduale uscita dal carbone e dal nucleare in Germania con nuovi investimenti nelle fonti rinnovabili. Nell'ambito della riorganizzazione dell'assetto industriale energetico in Germania in questi mesi è in atto l'acquisizione delle attività rinnovabili di E.ON che posizionerà RWE ai primissimi posti in Europa per capacità installata da fonti rinnovabili.
  Venendo al Piano nazionale integrato energia e clima apprezziamo innanzitutto l'innalzamento degli obiettivi al 2030 rispetto alla SEN (strategia energetica nazionale), che però, per quanto riguarda la penetrazione delle fonti rinnovabili, nel settore elettrico porta il 55,4 per cento, confermando sostanzialmente la SEN quando potrebbero essere più ambiziose considerando l'aumento forte dell'obiettivo di efficienza energetica e quindi l'impatto sulla diminuzione della domanda tendenziale.
  Auspichiamo, quindi, che si creino le condizioni perché questo obiettivo sulle fonti rinnovabili possa essere aumentato già con la revisione prevista nel 2023. Ciò presuppone un deciso cambio di passo rispetto all'andamento degli ultimi anni, in cui la penetrazione della generazione rinnovabile ha avuto un netto rallentamento. In questo senso attendiamo di valutare le misure concrete che possono essere messe in campo dal cosiddetto «green new deal» e recepite dal Piano nazionale integrato energia e clima, per rendere la transizione anche equa e solidale, cioè sostenibile. È importante infatti, a nostro avviso, per avere investimenti efficaci e non opportunistici, che gli operatori e i cittadini possano operare in un quadro normativo stabile, trasparente e concertato tra Stato e Regioni essendo questa materia una materia concorrente. Il tema è: come cambiare passo?
  Il tema della generazione rinnovabile prevede una focalizzazione su tecnologie come l'eolico e il fotovoltaico e prevede una crescita significativa soprattutto dopo il 2025. Vediamo tre direttrici quindi: progetti autorizzati o in corso di autorizzazione che giungano a costruzione, nuove iniziative di sviluppo, ma per avere sviluppi nel 2025 bisogna iniziare già oggi, e attività di repowering e revamping di impianti esistenti. Tra le raccomandazioni della Commissione europea al PNIEC (Piano nazionale integrato energia e clima), per quanto ancora generiche, vogliamo evidenziare da parte nostra le richieste di precisare gli obiettivi di sicurezza e flessibilità del sistema e dettagliare le modalità di abilitare una forte penetrazione RES. Tutto questo significa ridurre la complessità e l'incertezza normativa, entrare nel vivo del nostro assetto regolatorio.
  Dal nostro punto di vista, per quanto riguarda i fattori abilitanti la generazione rinnovabile, evidenziamo innanzitutto un'accelerazione e una certezza delle tempistiche dei procedimenti autorizzativi. Come sapete, ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, il procedimento dovrebbe avere una durata massima pari a 90 giorni al netto dei tempi previsti per la valutazione di impatto ambientale; tempi che oggi non sono assolutamente rispettati in quanto si parla di anni per arrivare al termine del processo autorizzativo. Questo Pag. 9significa anche una semplificazione delle procedure ambientali per gli interventi di generale ammodernamento degli impianti, con possibile esclusione della VIA in caso di riduzione del numero di aerogeneratori. Qui sarebbe anche utile vedere esperienze internazionali in cui la riorganizzazione di impianti eolici esistenti viene vista come ottimizzazione di tipo urbanistico più che richiedere un nuovo permitting di elementi già antropizzati con la medesima tecnologia.
  Vediamo anche molto importante, per consentire una efficace attività di repowering in tempi utili per il PNIEC, il superamento dei vincoli derivanti dalla legislazione vigente come, ad esempio, lo spalma incentivi volontario che è stato introdotto per la tecnologia eolica e una regolamentazione per quanto riguarda il fotovoltaico sulle aree agricole improduttive e inutilizzate, che possono essere destinate alla produzione da fonti rinnovabili.
  Riteniamo anche importante che venga data attuazione al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, quando parla della determinazione dei criteri per le varianti sostanziali. Oggi ci troviamo molto spesso, per adattare la tecnologia di autorizzazioni in corso d'opera, a dover discutere con le Regioni se si tratta di interventi sostanziali o non sostanziali, il che vuol dire in caso di interventi sostanziali ripartire sostanzialmente da zero con il processo autorizzativo, mentre invece una qualificazione come variante non sostanziale consente un percorso che tenga conto di tutti gli atti precedentemente svolti. Questo diventa un importante fattore abilitante per i molti progetti già disponibili alla valutazione delle Regioni.
  Riteniamo anche molto importante che la cabina di regia che è stata introdotta o prevista dalla Strategia energetica nazionale possa essere attivata per armonizzare le politiche nei vari territori evitando l'introduzione di specifici vincoli di natura ambientale che molte volte non trovano, a nostro avviso, ragione nella conformazione del territorio, ma riguardano più una opposizione aprioristica a nuovi insediamenti produttivi.
  Per continuare con gli interventi che riteniamo meritino la vostra attenzione, vorrei citare: il chiarimento del quadro regolatorio per quanto riguarda i sistemi di storage e in particolare l'accumulo elettrochimico che ha delle sue peculiarità che oggi non sono riflesse nella regolamentazione; favorire o almeno contemplare anche gli investimenti nell'eolico offshore che oggi ha una parte veramente minimale nelle traiettorie del PNIEC quando in altre nazioni vediamo che lo sviluppo principale, data anche la limitatezza dei terreni di terraferma, dà veramente lo spunto per una notevole crescita della capacità rinnovabile; confermare la previsione attuale in cui le Regioni possono individuare le aree non idonee alle fonti rinnovabili verificando, nel contempo, l'interpretazione restrittiva e non estensiva. Vediamo come un rischio il fatto che le Regioni individuino le aree idonee, perché questo porterebbe un'immediata ricaduta sul valore di questi terreni, di queste aree identificate, con comportamenti probabilmente anche temiamo speculativi su queste medesime aree. Riteniamo che gli operatori siano attrezzati per individuare, nel modo migliore, le aree più vocate evitando i vincoli, quando questi vincoli alla localizzazione siano ragionevoli.
  Un tema apparentemente minore, ma riteniamo molto importante, che attiene sempre al rapporto con le Regioni, riguarda l'aggiornamento dei Piani energetici regionali, che ormai risultano datati. Sono stati emanati dopo il 2010, quando furono rese disponibili le linee guida a livello nazionale per le varie Regioni. Richiedono sicuramente una manutenzione alla luce delle nuove tecnologie, dell'evoluzione tecnologica. Insieme a questo chiediamo una trasparenza da parte delle Regioni delle relazioni annuali sui procedimenti autorizzativi in corso, anche questo già previsto delle linee guida del 2010, ma che non ha avuto attuazione.
  Noi abbiamo cercato di portare all'attenzione anche del Ministero questa previsione delle linee guida 2010 che non è attuata. Crediamo che questo possa dare effettivamente a tutti gli operatori e anche Pag. 10al decisore politico una visibilità aggiornata di come si sta muovendo l'evoluzione del settore.
  La nuova generazione deve essere integrata nel sistema elettrico, e quindi anche i mercati, perché non parliamo solo di un mercato, ma ci sono vari mercati per l'elettricità, richiedono un aggiornamento. Da questo punto di vista le nostre proposte, i nostri punti di attenzione sono tutti focalizzati sostanzialmente a ridurre i costi di sistema, quindi torniamo al tema della sostenibilità della transizione.
  Un punto importante è la piena apertura del mercato dei vari servizi di dispacciamento e di bilanciamento del sistema alle rinnovabili e a tutti i sistemi tecnologicamente più adatti a fornire i vari servizi, superando i progetti pilota che sono propedeutici alla riforma del mercato e muovendo direttamente a un disegno più coerente e più a lungo termine che possa consentire alle nuove tecnologie di offrire, a costi contenuti, i servizi di cui Terna soprattutto, il nostro gestore del sistema di rete, ha bisogno.
  Altri elementi di miglioramento, già in qualche modo in discussione, sono le modifiche delle tempistiche del cosiddetto «mercato intraday», quindi la possibilità per gli operatori di aggiustare le previsioni di produzione nel tempo continuo più vicino possibile alla chiusura dei mercati e anche lo sviluppo di meccanismi di gestione della domanda con normative che facilitino l'accesso anche del cliente finale, per sensibilizzare l'attenzione del cliente finale medesimo alla fornitura di questi servizi, che sono una parte importante dei costi del sistema.
  A questo riguardo vogliamo fare un focus sull'attività dello storage. In Italia abbiamo costi di dispacciamento, stimati da primari e analisti, tra un miliardo e mezzo e 2 miliardi di euro all'anno per mantenere il sistema bilanciato, come si può vedere dal relativo grafico della documentazione scritta, che non sono in diminuzione, ma anzi sono piuttosto in crescita tendenziale. Altri Paesi europei che hanno una configurazione di rete, è vero, meno complicata probabilmente della nostra, hanno però anche costi di un ordine di grandezza più basso. Per cui, riteniamo che ci sia molto spazio per efficientare questo tipo di soluzioni.
  Gli accumuli possono dare sostanzialmente ormai, visto il grande calo dei costi per le batterie, le sinergie che si possono avere a livello industriale sul tema. Possono avere sicuramente un ruolo di primo piano per consentire di fornire i servizi che oggi venivano garantiti a Terna da sistemi più costosi. Ultimo è il caso del capacity market. Per fare questo, per consentire alle batterie di poter dare il loro contributo al sistema, è importante riconoscere intanto il valore, individuare i servizi che possono essere offerti e riconoscerne il valore, aprire anche a questi sistemi in modo pieno e non secondario il mercato dei servizi di dispacciamento e non ultimo chiarire l'aspetto regolatorio autorizzativo per qualificare anche le batterie come elementi di integrazione delle fonti rinnovabili e della transizione energetica e auspicabilmente far rientrare anche l'autorizzazione delle batterie, delle fonti di storage, nell'ambito degli impianti oggetto di autorizzazione unica secondo il citato decreto legislativo n. 387 del 2003, come le altre fonti rinnovabili.
  Come operatori leader dell'eolico offshore vogliamo anche portare alla vostra attenzione le potenzialità di questa tecnologia, in particolare degli sviluppi dell’offshore floating, cioè galleggiante, che ben si presta all'utilizzo lontano dalle coste e in acque profonde, superando quei vincoli di incompatibilità turistica che oggi hanno interessato la gran parte degli impianti nei progetti offshore che sono stati portati all'attenzione per l'autorizzazione. È una tecnologia che viene sperimentata su ampia scala all'estero. Ci sono progetti anche nel Mediterraneo, in particolare in Francia, già pianificati e in stato avanzato. Crediamo che con queste nuove tecnologie, almeno dopo il 2025, ci sia spazio per aumentare sostanzialmente la quota di produzione da fonti rinnovabili, senza intaccare il territorio onshore.
  In conclusione, vediamo tre direttrici di intervento, in estrema sintesi, che dovrebbero trovare uno spazio importante e anche Pag. 11 maggiore nel Piano nazionale integrato energia e clima. Il primo punto riguarda la consapevolezza del processo di transizione energetica e degli obiettivi assunti al 2030. È un piano di comunicazione per rendere consapevoli i territori e i cittadini alla fine degli obiettivi della necessità di raggiungere questi obiettivi e di un concorso di tutta la società, lasciatemi dire, per raggiungere questi obiettivi, che porterebbe poi alla rimozione delle barriere normative, regolatorie e burocratiche che molte volte vediamo strumentali e non necessariamente giustificate da tutele di reali interessi paesaggistici o ambientali.
  Molto importante per avere una sana politica industriale e un sano investimento, ripeto, non opportunistico, come magari è stato fatto anche in passato, è l'adozione di politiche stabili concertate e condivise con i territori e trasparenti, armonizzando la normazione tra le diverse regioni. Questo è molto importante per poter essere più efficienti. Infine, riteniamo molto importante che questo Piano, che ha durata pluriennale, non si chiuda alle tecnologie note ad oggi, ma rimanga aperto a definire strumenti normativi per l'integrazione di nuove tecnologie che già oggi conosciamo, ma necessitano ancora di alcuni anni per poter poi dispiegare completamente la loro efficacia. Abbiamo portato gli esempi dello storage, degli accumuli elettrochimici e dell'eolico offshore quali nuovi attori del sistema elettrico.
  Avrei concluso la mia esposizione. Siamo a vostra disposizione per ogni tipo di domanda o questione posta.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIANLUCA BENAMATI. Due brevi considerazioni. Il grafico che fa vedere la progressione della penetrazione delle rinnovabili dopo il 2020 e fino al 2030 è un grafico che tiene conto – è stato elaborato sui dati del PNIEC – di una serie di ottimizzazioni tecnologiche per minimizzare anche i costi di intervento.
  Al netto di quelle che sono le vostre obiezioni successive presentate nelle conclusioni, su cui poi vi chiederò qualcosa, visto che c'è stata un po’ di polemica su questo, ritenete tale progressione credibile? Questa è la prima domanda.
  Il secondo tema riguarda nello specifico la vostra osservazione, che chiede naturalmente un maggior coordinamento con le realtà locali, chiede una semplificazione normativa nei processi soprattutto di ristrutturazione e potenziamento degli impianti esistenti, immagino, ma anche di nuove procedure di installazione, che è uno dei temi effettivamente sul tavolo per rispettare queste regole. Loro sanno che le Regioni hanno, a livello costituzionale, delle competenze in materia e quindi il tavolo era una delle ipotesi per cercare di raccordare, superando queste cose. Però, non è così semplice da attuare. Da questo punto di vista, il tema dello sfruttamento delle aree che voi indicate ha un problema abbastanza delicato, perché nella stesura della SEN e poi nel PNIEC si riteneva che le aree prioritariamente da usare, direi in maniera quasi totalizzante, fossero le aree urbanizzate, quindi le grandi superfici coperte, le aree di bonifica, le aree industriali di recupero e il consumo del suolo vergine agricolo, quantomeno seminabile, fosse pari a zero. Ultimamente c'è una discussione su questo. Qual è la vostra opinione relativamente all'ottenimento di questi risultati?
  Ultima questione. Voi avete dato come indicazione due tecnologie importanti per il raggiungimento degli obiettivi: lo stoccaggio elettrochimico e l’offshore. Lo stoccaggio elettrochimico è un'ottima questione, ci sono anche dei fondi, però mi sembra che i tempi di sviluppo potrebbero essere non assolutamente contestuali a uno sviluppo immediato di alcune tecnologie. Volevo quindi conoscere la vostra opinione su questo. L’offshore del Mediterraneo non è la stessa cosa dell’offshore del mare del Nord. Da questo punto di vista, quali sono i dati per cui voi ritenete così attrattiva, così promettente questa applicazione tecnologica nelle aree al largo del Mediterraneo, per esempio delle nostre isole o quant'altro, visto che i dati di vento e di sistema sono abbastanza differenti dallo sfruttamento attuale?

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  DARIO GALLI. Intervengo molto velocemente perché alcune cose non le ripeto, perché le ha appena dette l'onorevole Benamati, però sia nel vostro intervento che anche nella precedente audizione, ma in generale quando si parla di queste cose ci pare di capire che da un punto di vista tecnologico tutte le rinnovabili, avendo avuto un inizio soprattutto come energia aggiuntive a uno zoccolo duro di produzione di energia tradizionale preponderante, si sono sviluppate negli anni soprattutto nella produzione, ma non nella questione dello stoccaggio che, per quanto riguarda le rinnovabili, è centrale, perché le rinnovabili ci sono quando ci sono e non necessariamente quando servono.
  Mi pare di capire, quindi, che in realtà lo sviluppo delle tecnologie dello stoccaggio, che non sia la batteria da 6 chilowattora da mettere in casa così alle 11 del mattino, quando sei a lavoro si carica e alle 8 di sera la scarichi. Se la Dalmine con gli altiforni deve andare di notte alle 2 deve andare. Se ha bisogno di 50 mila chilowatt in quel momento, o ce li ha o non ce li ha. Per cui, ci pare di capire che la tecnologia dello stoccaggio dell'energia prodotta in maniera dipendente dal tempo e non dalla volontà sia decisamente più indietro oggi, ma soprattutto anche in prospettiva dei prossimi anni ci sembra non avere lo stesso trend di sviluppo che, invece, ha la produzione di energia. Stando a quello che paradossalmente ormai potremmo chiamare produzione tradizionale di rinnovabili, perché ormai nel fotovoltaico e nell'eolico ci sono tutti i miglioramenti tecnici del caso, da inventare c'è poco, quindi riempire l'Italia di specchi o di pale, o tutto il mondo, non è più un problema tecnico, si tratta solo di un ritorno economico eventuale.
  Il problema è che a fronte di una produzione a quel punto enorme prodotta magari a mezzogiorno a Bari c'è la necessità di utilizzarla mercoledì notte a Bergamo. Il discorso dello stoccaggio è proprio da punto di vista tecnico. Come la vedete come prospettiva di sviluppo per poter avere stoccaggi a prezzi ragionevoli di livello equivalente da un punto di vista quantitativo alla capacità di produzione? Un conto è fare le piccole cose, su cui siamo d'accordo, un conto sono i racconti che abbiamo tutti l'auto elettrica così ci attacchiamo tutti di sera e facciamo le batterie distribuite. Sono tutte belle cose, ma che non fanno la quantità che serve. Ci sono cose molto fantasiose. In Svizzera fanno le gallerie dismesse piene d'aria compressa. C'è chi individua nel grafene la soluzione del futuro. Ci sono ancora i sali di Rubbia da qualche parte qui vicino a Roma fermi, che costa più mantenerli liquidi che non fare tutto il resto. Ci sono tante belle cose.
  Voi che idea vedete, proprio da un punto di vista tecnologico, di sviluppo a livello mondiale?

  PRESIDENTE. Non ci sono altri interventi. Come tempistica non credo che si faccia in tempo a svolgere la replica dei rappresentanti di Innogy in questa sede. La Presidenza si farà portatrice delle risposte in forma scritta nei confronti dei commissari.
  Da parte della Commissione saluto l'amministratore delegato Paolo Grossi, rappresentante di Innogy, e dichiaro conclusa questa audizione.

Audizione di rappresentanti di Agici Finanza d'Impresa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Agici Finanza d'Impresa.
  Nel dare la parola all'amministratore delegato, Marco Carta, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche in oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  MARCO CARTA, Amministratore delegato di Agici Finanza d'impresa. Buongiorno a tutti. È presente anche il dottor Raffaele Tiscar, che è il nostro senior advisor nell'ambito del progetto «Monitor Piano energia e clima», che è un progetto, che stiamo Pag. 13concludendo, di monitoraggio nella fase di preparazione e di implementazione del Piano.
  Siamo una società di ricerca economica, fondata dal professor Andrea Gilardoni della Bocconi. Siamo attivi nel campo dell'energia e dell'ambiente, quindi elettricità, gas, rinnovabili, efficienza energetica, idrico e anche rifiuti. Questa mia presentazione, visto il tempo ridotto a disposizione, si concentrerà su alcune tematiche chiave per il raggiungimento degli obiettivi delle rinnovabili elettriche; obiettivi che dal passaggio dalla SEN al PNIEC restano sostanzialmente immutati, però altrettanto ambiziosi.
  Occorre, come tutti sapete, installare una gran quantità di solare fotovoltaico, oltre 30 gigawatt rispetto all'attuale, e anche di eolico, più di 10 gigawatt addizionali.
  Una prima serie di criticità riguarda il parco installato attuale. Per quanto riguarda il fotovoltaico, il tema principale è quello forse su cui è più difficile agire e riguarda i piccoli impianti di generazione distribuita.
  L'Osservatorio ha monitorato un calo di produzione medio annuo del 2 per cento di questo tipo di impianti. Questo tipo di impianti, non ricevendo sostanzialmente manutenzione, perché far uscire un tecnico costa di più dei soldi che uno recupera con la maggiore produzione di energia elettrica, crea una serie di problemi. Il saldo negativo possibile al 2030 può ammontare fino a 5 gigawatt di potenza persa. Si tratta di un punto, secondo noi, prioritario su cui agire per mantenere la produzione attuale.
  C'è poi il tema della fine degli incentivi, come potete vedere nel grafico a destra della slide della documentazione scritta trasmessa alla Commissione, che interessa tecnologie come l'eolico: al 2030, ci saranno 7 gigawatt non più incentivati. Quanto al tema delle biomasse, il problema potrebbe essere risolto con una conversione a biometano.
  Altre due tecnologie tradizionali stanno vivendo una fase di stallo per motivi diversi. L'idroelettrico deve recepire la modifica del regime concessorio, e quindi ci sono alcuni impianti che per obsolescenza potrebbero rischiare un fermo. Stimiamo che si possa arrivare fino a 2 gigawatt. Per quanto riguarda il geotermico, abbiamo proprio un problema di declino della risorsa geotermica (3-5 per cento l'anno), che potrebbe essere evitata attraverso azioni ahimè abbastanza costose – il geotermico, però, non è una tecnologia così diffusa come il fotovoltaico – che potrebbero bloccare questo declino della risorsa geotermica.
  Passando al secondo punto – il primo è mantenere la produzione attuale, il secondo è aumentarla – possiamo vedere come il parco rinnovabili italiano piuttosto esteso e diversificato nelle fonti abbia un potenziale di revamping e di repowering piuttosto importante in tutte le tecnologie, dal fotovoltaico all'eolico, all'idroelettrico e al geotermico.
  Riteniamo revamping e repowering una leva prioritaria, in quanto consente di aumentare la capacità e la produzione a parità, e in alcuni casi anche in riduzione, del suolo occupato. Inoltre, visto che abbiamo dei target al 2030 molto ambiziosi e il tempo è poco, il revamping e repowering consentono di saltare una serie di fasi di investimento, come la ricerca del sito, lo sviluppo, l'accordo con i proprietari terrieri, l'autorizzazione complessiva, la parte di precostituzione. Per l'eolico consentirebbe di guadagnare almeno un anno o un anno e mezzo per raggiungere gli obiettivi. Per il fotovoltaico, stiamo parlando più o meno dello stesso ordine di grandezza, quindi ha un effetto anche temporale piuttosto importante.
  Un altro tema centrale, invece, non per impianti esistenti, ma per nuovi impianti, riguarda il rapporto tra quello che prevede il PNIEC nell'evoluzione della domanda e nella produzione. Il PNIEC prevede un'elettrificazione spinta dei consumi, elettrificazione spinta che ovviamente andrà, da un lato, sulla mobilità, ma soprattutto nel riscaldamento. Nella documentazione scritta ho citato il caso della Francia, che è il caso principale, più spinto in Europa di elettrificazione dei consumi. Questo significa aumentare enormemente la domanda in autunno e in inverno. Possiamo vedere che Pag. 14tra gennaio e giugno in Francia ballano circa 30 gigawatt di capacità. In Italia, non sarà così, però ovviamente c'è il tema invernale. Nell'inverno, ovviamente, si avrà un picco di domanda il mattino, quando si accenderanno i sistemi di riscaldamento elettrico, e la sera, durante la cottura e per riscaldare la casa. Questo, purtroppo, non fa match con quello che il Piano prevede di installare in termini di nuova capacità. Da un lato, si prevede una dismissione del carbone; dall'altro, un grande investimento nel fotovoltaico, che, come si può vedere dalla curva di produzione di un impianto tipo, nei mesi invernali produce molto poco e, per quanto riguarda i picchi diurni, ovviamente la sera non funziona e al mattino, quando c'è ancora poco sole, funziona molto poco. Una leva prioritaria su cui agire se si vuole tenere questo mix è un investimento importante in accumuli stagionali per l'inverno, pompaggi, power-to-gas, e in accumuli giornalieri per cercare di coprire i picchi mattutini e serali.
  Parlando, poi, del carbone, da un lato riteniamo che l'uscita dal carbone sia qualcosa con delle criticità piuttosto importanti in termini occupazionali e anche di impatto sul sistema elettrico; dall'altro, apre a opportunità importanti di innovazione e di modernizzazione del sistema elettrico. Come centro di ricerca, abbiamo individuato almeno tre soluzioni, tutte ugualmente fattibili dal punto di vista tecnico, che possono essere: una sostituzione completa dal carbone al gas, un mix tra centrali a gas di picco, rinnovabili, storage e risorse di flessibilità; oppure una soluzione totalmente verde, come ad esempio si sta iniziando a fare negli Stati Uniti, dove hanno chiuso la centrale nucleare di Diablo Canyon, quindi puntando tutto su rinnovabili, storage e flessibilità. Sono tutte ugualmente fattibili. Quello che come centro di ricerca consigliamo e giudichiamo opportuno fare è un'analisi costi/benefìci per capire a livello di sistema Paese quale sia la soluzione preferibile da un punto di vista tecnico, di impatto sociale, economico e ambientale.
  Sempre per quanto riguarda i nuovi impianti, è chiave lo snellimento del processo autorizzativo. Come detto in precedenza, il tempo è poco, abbiamo poco più di dieci anni. Si potrebbe implementare una serie di azioni, come individuare siti esclusi, e alcune regioni, come la Sicilia, lo hanno già fatto, ma anche individuare siti preferenziali, cioè avere delle aree in cui si sa già che è possibile costruire impianti a fonti rinnovabili. Questo potrebbe avere, mi rendo conto, delle possibili ricadute negative in termini di speculazione sul valore del terreno. È vero, ma facendo un'analisi costi/benefìci, forse è meglio snellire il processo e avere un impianto leggermente più caro per l'acquisto dei terreni che arrivare in ritardo negli obiettivi.
  Il procedimento autorizzativo dovrebbe essere più snello, soprattutto nella parte di revamping e nel repowering. Chiave in questo processo è il ruolo delle Regioni, e delle Province. In Regione Lombardia, l'autorizzazione per impianti rinnovabili è tutta demandata alle Province, la Regione ha delegato. Questi soggetti sono molto importanti, e lo sono anche a livello di coordinamento tra i piani energetici e gli altri piani, soprattutto quelli paesaggistici, che spesso cozzano con i piani energetici mettendo dei paletti piuttosto restrittivi.
  Concludo con un tema secondo noi importante, quello della pianificazione territoriale.
  La pianificazione territoriale diventa fondamentale, secondo noi, per uno sviluppo delle rinnovabili al minor costo per il sistema Paese. Ora, è chiaro che si potrebbe dire subito: si ha il minor costo perché si installano impianti rinnovabili dove c'è più sole e dove c'è più vento. Questo, purtroppo, oggi non è più vero. È vero per l'operatore, ma siccome le aree a maggiore insolazione e a maggiore ventosità si trovano sostanzialmente tutte nell'Italia meridionale e insulare, installare tutti gli impianti rinnovabili unicamente in quelle Regioni comporterebbe un’«esplosione» degli investimenti di rete per rendere dispacciabile l'energia prodotta da questi impianti. Si avrebbe, sostanzialmente, un saldo negativo per il Paese rispetto a una situazione in cui gli impianti vengono installati nel meridione, al centro e al nord, dove c'è un costo di generazione un po’ più alto per gli Pag. 15operatori, ma si avrebbe un equilibrio di costi a livello di sistema di cui beneficerebbero poi tutti i cittadini. Come sappiamo, infatti, i costi delle reti vanno a finire nelle bollette di tutti i cittadini.
  Questi sono i punti che giudichiamo più critici. Sappiamo che ce ne sono moltissimi altri, ma visto il tempo a disposizione, ci è sembrato opportuno focalizzarci su poche cose che riteniamo particolarmente rilevanti.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DARIO GALLI. Avete delineato un quadro abbastanza condiviso da tutte le persone che a vario titolo si occupano del problema.
  Sicuramente, c'è un problema normativo, un problema di costo per tutti gli aspetti che ha indicato, ma questo fa parte del ragionamento relativo all'efficienza del sistema. Nel momento in cui si arriva alla criticità, scatta l'efficacia, che costi tanto o che costi poco, o al 2030 spostano il limite o, se è obbligatorio farlo, costerà il 20 per cento, il 30 per cento, il 40 per cento in più, e si metteranno soldi lì invece che da un'altra parte, ma si fa.
  Anche da un punto di vista tecnico, credo che il problema non esista più sotto il profilo della produzione. Come tutte le macchine di qualunque tipo, ovviamente possono essere migliorate e vengono migliorate nel tempo dal punto di vista dell'efficienza, del rendimento e di tutto il resto, però non siamo in presenza di scoperte stratosferiche. Stiamo ottimizzando quello che ormai da vari decenni esiste e funziona. C'è, quindi, poco da inventare.
  Resta sempre il problema non marginale, il problema delle rinnovabili, che è quello del magazzino, della scorta. Il problema non è decuplicare la produzione di fotovoltaico in Italia. Basta mettere un po’ di incentivi per trovare un sistema, moltiplicare per dieci i tetti coperti da specchi: tecnicamente, è zero da un punto di vista del problema.
  Il fatto è che dopo ci troviamo alle tre del pomeriggio con quattro volte la produzione di energia che serve e alle due di notte con il 98 per cento in meno, ma soprattutto alle quattro del pomeriggio, visto che l'energia elettrica non è qualcosa che puoi mettere in una vasca come l'acqua o come il petrolio. E non parliamo, ripeto le cose che ho detto prima, ma questo è un po’ il cuore del problema, di piccole cose come la batteria casalinga da 6 kilowattora, che di giorno carichi e la sera usi per far da mangiare o riscaldare di notte. Se devi far funzionare un Paese industriale, hai bisogno di quantità di energia industriali, e i numeri sono giganteschi. Non puoi neanche mettere in piedi un sistema calcolato sul fatto che otto ore c'è il sole e nelle restanti sedici ce n'è un po’ meno o non ce n'è, perché devi mettere in conto che può anche piovere per una settimana, può esserci un inverno molto pesante con un metro di neve. Sono tante le variabili di cui non si può non tener conto.
  Oggi, il problema tecnologico è il magazzino. Mentre la tecnologia di produzione non ha più problemi da un punto di vista sostanziale, il problema è a che punto è la tecnologia del polmone. La mia, la nostra impressione è che questa sia molto più indietro rispetto alla tecnologia della produzione e che nei prossimi 10-12 anni non ci si aspetta queste rivoluzioni epocali che come ordine di grandezza siano in grado di sopportare il problema che avranno da affrontare.
  Al di là delle batterie tradizionali che non si fanno più, al di là di quelle al litio, che sono quelle che sono, al di là delle fuel cell, tutte da vedere, l'idrogeno potrebbe essere la strada giusta, però siamo trenta-quaranta anni indietro rispetto al fotovoltaico, che ormai c'è già da quarant'anni, dell'eolico non parliamo, perché credo che tutti abbiamo in casa il ventilatore da centocinquant'anni. Quest'aspetto mi pare quello trascurato. La comunità internazionale deve investire una gran quantità di soldi e di iniziative politiche perché quando parliamo di queste cose, il discrimine tra la convenienza economica, la capacità tecnica e gli interessi banalmente dei petrolieri o Pag. 16dei produttori di gas è tutta da verificare. Ci vogliono un obbligo politico e una gran quantità di soldi.
  Se, però, questa cosa non si fa e non sviluppiamo nell'arco di quattro, cinque o sei anni, un sistema di accumulo dell'energia elettrica prodotta nei momenti di punta adeguato, questi sono numeri che resteranno sulla carta e basta. Qual è la vostra idea?

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Tiscar per la replica.

  RAFFAELE TISCAR, Presidente del progetto Monitor PEC di Agici. L'osservazione è assolutamente pertinente. A oggi ci sono solamente, semplificando in termini estremi, tre possibilità di accumulo: un accumulo fisico, dato dai ripompaggi, per cui si carica il bacino di monte; il power-to-gas, per cui si utilizza l'energia elettrica per produrre gas, che a sua volta, quando serve, potrà essere utilizzato per produrre energia elettrica; le batterie. Allo stato attuale, queste sono le soluzioni tecnologiche.
  L'investimento nella ricerca delle batterie è assolutamente strategico. Il problema è che l'arco temporale su cui siamo costretti a ragionare non consente di contare su risultati certi di una linea che oggi è prevalentemente di ricerca.
  C'è stato un tentativo a livello europeo di un forte investimento sul tema delle batterie, tema che tocca non solo l’automotive ma anche lo storage, ovviamente, però questa è una politica industriale che assomiglia molto a quanto l'Unione europea ha cercato di fare sul tema degli aeromobili, che è però l'unica scala di grandezza adeguata. Anche la ricerca nazionale, se infatti diventa solamente dimensionata sugli sforzi che il nostro Paese può fare, rischia di mandare molto poco lontano rispetto agli sforzi che stanno facendo colossi come gli Stati Uniti e la Cina sullo stesso tema. La questione è assolutamente pertinente. La preoccupazione è che l'arco temporale, purtroppo, è molto ristretto, per cui in realtà dovremo agire su tutti e tre i fronti.

  PRESIDENTE. Saluto e ringrazio i rappresentanti di Agici Finanza d'Impresa.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.35.