XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Mercoledì 15 maggio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030

Audizione di rappresentanti di Enel.
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 
Tamburi Carlo , direttore Italia di Enel ... 3 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 10 
Sut Luca (M5S)  ... 10 
Benamati Gianluca (PD)  ... 10 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 11 
Barelli Paolo (FI)  ... 12 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 12 
Tamburi Carlo , Direttore Italia di Enel ... 12 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 14 
Tamburi Carlo , Direttore Italia di Enel ... 14 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 14 
Tamburi Carlo , Direttore Italia di Enel ... 15 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
BARBARA SALTAMARTINI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Enel.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Enel.
  Saluto il direttore per l'Italia, il dottor Carlo Tamburi; il responsabile affari istituzionali, il dottor Massimo Bruno; il responsabile energy management Italia, l'ingegner Alfredo Camponeschi; il responsabile regolatorio e antitrust Italia, l'avvocato Francesca Valente; e il responsabile della comunicazione, la dottoressa Cecilia Ferranti.
  Nel dare la parola al direttore Carlo Tamburi, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  CARLO TAMBURI, direttore Italia di Enel. Grazie, presidente. Desidero scusarmi con la Commissione per il ritardo e ringrazio per averci dato la possibilità di illustrare la nostra visione sul Piano integrato nazionale dell'energia e del clima. Illustrerò alcune slide della documentazione scritta trasmessa alla Commissione e poi ovviamente sono disponibile a rispondere ad eventuali domande.
  Enel è leader in tutti i mercati in cui opera, con un modello di business sostenibile. Siamo presenti in oltre 30 Paesi. Enel è il più grande operatore privato nelle rinnovabili, con 43.000 megawatt di capacità installata e una solida pipeline di progetti in sviluppo. Abbiamo creato una piattaforma che continuerà a crescere con l'obiettivo di decarbonizzare il portafoglio di generazione integralmente al 2050.
  Enel è il più grande distributore privato e gestisce la più grande base dei clienti retail al mondo come operatore. Stiamo inoltre aggiungendo numerosi servizi innovativi alla nostra customer proposition. Voglio dire che stiamo portando tutti quei servizi di efficienza energetica e di valore aggiunto che si accomunano alla vendita dell'energia elettrica e del gas.
  La strategia del piano 2019-2021 è incentrata su investimenti nelle reti e nelle rinnovabili. Nell'anno scorso – abbiamo appena pubblicato i risultati – abbiamo conseguito un fatturato complessivo consolidato di circa 75 miliardi nel mondo e un margine operativo lordo di 16,2 miliardi e abbiamo fatto investimenti per 9 miliardi circa. Impieghiamo 75.000 persone in tutto il mondo.
  La parte italiana rappresenta quasi la metà del gruppo, sia come fatturato sia come margine operativo sia come risorse impiegate. Abbiamo prodotto circa 53 terawattora di energia elettrica l'anno scorso in questo Paese, di cui quasi la metà (il 49 per cento) da fonti rinnovabili. Pag. 4
  Con la rete di distribuzione E-Distribuzione forniamo circa 31 milioni di utenti finali, distribuendo circa il 70 per cento di tutta l'energia consumata in Italia. Sul mercato libero della clientela finale, invece, serviamo circa 8 milioni di clienti di energia elettrica, pari al 50 per cento della quota che è stata liberalizzata e pari, invece, solo al 25 per cento del mercato totale in termini di volumi.
  Per quello che riguarda il piano di investimenti, nei prossimi anni sempre in Italia abbiamo previsto un incremento di oltre il 20 per cento rispetto al triennio precedente, con un totale cumulato di quasi 8 miliardi e una media di quasi 3 miliardi nei prossimi anni.
  I principali progetti in cui Enel investirà sono tutti strettamente connessi e funzionali alla transizione energetica e, quindi, in linea con il piano nazionale: circa 1,5 milioni per la digitalizzazione delle reti, poco meno di un miliardo per la resilienza e la qualità del servizio della rete, un miliardo per le fonti rinnovabili e 400 milioni per l'efficienza energetica. Ripeto: questo vale solo per i prossimi tre anni. Si tratta di un piano annunciato nell'ottobre dello scorso anno, quindi ancor prima che fosse declinato dal Governo il Piano nazionale energia e clima.
  Dirò ora due parole sul contesto complessivo. La decarbonizzazione del sistema produttivo, l'efficienza energetica e l'affidabilità del sistema sono i driver per la transizione al 2030, che hanno portato alla definizione dei target comunitari tradotti poi a livello nazionale. Infatti, se l'Europa ha posto obiettivi ambiziosi, l'Italia si sta proponendo come protagonista della transizione, con obiettivi ancor più sfidanti, in particolare relativamente alla decarbonizzazione del settore dei trasporti, con una percentuale del 21 per cento rispetto al 14 europeo, e della produzione di energia elettrica, grazie al forte sviluppo delle rinnovabili, con una penetrazione fino al 55 per cento, e al phase-out accelerato degli impianti a carbone al 2025.
  Ovviamente l'Enel condivide tutti questi obiettivi e si è posta nella condizione di operare per il raggiungimento degli stessi.
  Vediamo quali sono questi obiettivi: un ingente incremento della capacità installata da impianti rinnovabili, in particolare con un incremento di circa 40.000 megawatt, di cui circa 30.000 di solare e 9.000 di eolico, per arrivare a quella famosa penetrazione del 55 per cento.
  È bene sottolineare, però, che questi impianti verranno in gran parte (più o meno l'80 per cento secondo le nostre previsioni) connessi alla rete di distribuzione di media tensione e, quindi, stimiamo le installazioni sulla rete di distribuzione di circa 32.000 megawatt su questi 40.000.
  L'uscita dal carbone entro il 2025 comporterà il venir meno di circa 8.000 megawatt di impianti programmabili, quelli che sono in esercizio oggi, da gestire tramite opportuni interventi per garantire la sicurezza e l'adeguatezza del sistema elettrico nazionale nel suo medio termine, un obiettivo estremamente ambizioso per l'elettrificazione dei consumi e in particolare per la mobilità sostenibile, che è il terzo pilastro della transizione energetica, che – condividiamo gli obiettivi del Piano – comporterà la diffusione dei veicoli elettrici fino a circa 6 milioni di unità nel 2030.
  Ci siamo permessi di fare un piccolo accenno, solo di cronaca e di obiettività, per confrontare il nostro obiettivo nazionale al 2025 di phase-out del carbone con quello che succede negli altri Paesi.
  In sostanza, i Paesi con una limitata incidenza del carbone nel proprio mix produttivo sono gli unici Stati membri ad aver programmato un'uscita in tempi rapidi; tutti gli altri, invece, hanno rinviato a scadenze molto più lunghe. La Germania per ora ha una proposta da tradurre in legge per la chiusura a scaglioni progressivi della sua capacità entro il 2038. La proposta prevede indennizzi per i produttori locali e i titolari degli impianti da chiudere e per le comunità locali presso cui tali impianti rappresentano una fondamentale forma di sostentamento economico. Pag. 5 Nei Paesi dell'Est europeo, dove il carbone ha un peso rilevante sul mix produttivo, non sono state neanche discusse possibili ipotesi di chiusura anticipata delle centrali. Si evince, quindi, una forte differenza tra i Paesi nella programmazione del phase-out dal carbone. Al contrario, a nostro parere – e questo è un richiamo che vogliamo fare sia al Parlamento che al Governo – sarebbe auspicabile, come raccomandato dalla Conferenza di tutte le società di trasmissione in Europa – c'è una dichiarazione del 30 aprile di tutti gli amministratori delegati dei quindici gestori della trasmissione dei sistemi di rete, tra cui anche Terna – un forte coordinamento dei piani di dismissione dei diversi Paesi, al fine di effettuare la transizione senza rischi per l'affidabilità del sistema elettrico europeo. L'interconnessione, come vedremo meglio, è uno degli elementi di successo del raggiungimento degli obiettivi.
  Come vediamo noi, alla luce di quegli obiettivi, la transizione verso il 2030? Come si è detto, un mix produttivo caratterizzato da un'incidenza di fonti rinnovabili pari al 55 per cento e, quindi, circa 190 terawattora di produzione rispetto a un consumo di 337 terawattora, che equivalgono a una capacità installata di circa 94 gigawatt. Questo che cosa richiede? È possibile farlo, ma richiede una serie di interventi. Il primo è uno snellimento e un adeguamento delle procedure autorizzative al fine di ottimizzare lo sfruttamento della risorsa, massimizzando la producibilità e minimizzando il consumo di suolo e, quindi, sfruttando per quanto possibile anche tutti gli impianti già esistenti. Ci ritorneremo più avanti. Altri elementi sono: una tempestiva e accurata pianificazione degli investimenti in infrastrutture, sia di alta che di media e di bassa tensione; nuove regole e misure del mercato per incrementare la flessibilità del sistema sia dal lato dell'offerta (nuove tecnologie come batterie di accumulo) sia dal punto di vista della domanda, abilitando il potenziale del consumo flessibile; e, infine, l'innovazione e la digitalizzazione della rete, necessario quadro abilitante per lo sviluppo e la successiva fase di test di mercato di nuove soluzioni e applicazioni tecnologiche.
  In definitiva, secondo noi, gli obiettivi di decarbonizzazione comportano la necessità di una pianificazione integrata di investimenti in nuova capacità, nuove risorse, gestione della domanda attiva e infrastrutture, per garantire un'affidabilità del sistema nel suo complesso.
  Vediamo che cosa significa dal nostro punto di vista l'affidabilità. In primo luogo sicurezza, ovvero capacità del sistema di far fronte ai mutamenti di breve termine dello stato di funzionamento senza che si verifichino violazioni dei limiti di operatività del sistema. Per garantire la sicurezza è fondamentale disporre di una sufficiente quantità di risorse di flessibilità per garantire, ad esempio, l'assorbimento dell'eccesso delle rinnovabili (torniamo alle batterie) e per rispondere con rapidità ai bilanciamenti e al mercato dei servizi, istante per istante (immissione e prelievi nel sistema). In secondo luogo l'adeguatezza, ovvero la capacità di soddisfare il sistema atteso nel medio e lungo termine, rispettando i requisiti di operatività e qualità, con un determinato e quasi garantito – oserei dire – margine di riserva, non solo alla punta, ma in ogni dato momento. In terzo luogo la resilienza, vale a dire la capacità del sistema non solo di resistere a sollecitazioni che hanno superato i limiti di tenuta del sistema stesso, ma anche di riportarsi velocemente nello stato di normale funzionamento.
  Quali sono le risorse utili per fare questo? Lo sviluppo della rete di trasmissione, che peraltro è previsto possa arrivare addirittura a investimenti per 13 miliardi nel periodo, però è necessario comprimere gli iter autorizzativi. In questi ultimi anni – lo ha detto anche Terna in un'audizione presso questa stessa Commissione – la media per ogni linea e per ogni intervento è stata di oltre undici anni. In secondo luogo, la distribuzione di media tensione. Anche in questo caso sono previsti circa 26 miliardi di investimenti. Altri elementi sono gli accumuli e le batterie, come più volte detto, la gestione della domanda attiva e abbiamo Pag. 6inserito anche la nuova capacità gas, che è la risorsa che servirà a colmare il gap in transizione per il fabbisogno di adeguatezza. Sarà, quindi, necessario accelerare gli iter autorizzativi e prevedere gli strumenti di remunerazione della nuova capacità. Sappiamo tutti che il mercato della capacità è in discussione. C'è stata la notifica da parte del Governo alla Commissione europea e attendiamo nel giro di poche settimane la soluzione di questo tema, affinché si possa partire con gli investimenti.
  Illustro ora una slide delicata che forse è quella centrale di tutto il piano. Spero di potervela rappresentare con adeguata puntualità e compiutezza. L'adeguatezza del sistema e la riduzione della dipendenza dall’import dalla Francia è uno dei fattori strategici per il Paese, che potrebbe consentire, non solo di essere più indipendenti, ma anche di limitare la volatilità dei prezzi e di ridurre il costo della bolletta degli italiani. Questo, secondo me, è un elemento da un punto di vista politico assolutamente fondamentale, che lega gli aspetti dell'efficienza, della decarbonizzazione e delle infrastrutture. Provo a spiegare in dettaglio. Oggi il margine di riserva del sistema si attesta a circa il 10 per cento della domanda e sono 6 gigawatt. In sostanza, ciò implica, come diverse volte riportato da Terna, che il sistema italiano è coperto in momenti di particolare stress solo grazie alla disponibilità dell’import dai Paesi confinanti. Ricordiamocelo bene. Un margine di riserva opportuno, secondo Terna, dovrebbe essere almeno pari al doppio di questo 10 per cento, quindi siamo intorno al 20.
  Passando a considerare il 2030, essendo prevedibile a tale data un incremento della domanda di punta fino ad arrivare dai 53 di oggi a un 57 previsto, per la concentrazione derivante dall'elettrificazione dei consumi, un margine di riserva adeguato non può essere inferiore ai 10 gigawatt. Per raggiungere tale obiettivo, considerando che verranno chiusi 17 gigawatt di capacità programmabile, cioè gli 8 del carbone più tutti quelli del gas, non dico marginale ma sicuramente meno efficiente da qui al 2030, c'è bisogno di un nuovo contributo di adeguatezza che è fatto da quattro componenti.
  Una è sicuramente la nuova capacità rinnovabile, però sappiamo benissimo che alla punta la capacità rinnovabile non esplica al 100 per cento della sua potenzialità. Pertanto, noi attribuiamo una necessità di interconnessione e di capacità rinnovabile di circa 7 giga, nonostante la capacità installata che deriva da oltre 40 gigawatt. Il derating sulla punta è enorme.
  Inoltre, riteniamo che ci debba essere una realizzazione di almeno 18.000 megawatt di nuove risorse tra accumuli, domanda attiva, vehicle to grid e nuove centrali a gas, in grado di fornire almeno un contributo di adeguatezza pari a 12 gigawatt. La somma di tutte queste componenti dovrebbe portarci ad avere un margine di sicurezza aumentato, ma ridotto rispetto a quello che può arrivare dall’import. Infatti, tale contributo di 12 gigawatt, sommato ai 7 di contributo delle nuove rinnovabili e delle nuove linee di interconnessione, considerando la riduzione di 11, doterà il sistema di un rapporto di adeguatezza complessivo di +8 al 2030, in grado di portare alla medesima data le risorse disponibili a circa 67 rispetto ai 59 attuali.
  Un punto di attenzione molto forte merita l'anno 2026, nel momento in cui il sistema dovrebbe aver completato la chiusura anticipata delle centrali a carbone e dove il mercato non avrà ancora potuto esprimere la completa attuazione del piano di crescita delle rinnovabili. Quell'anno potrebbe essere particolarmente critico in termini di adeguatezza nell'ipotesi di mancato sviluppo di tutte le risorse necessarie.
  La rete, come abbiamo detto, assorbirà più o meno l'80 per cento dei nuovi investimenti e, quindi, il passaggio del sistema elettrico da un modello centralizzato a uno decentralizzato e distribuito prevedrà un ruolo sempre più rilevante dei gestori di rete di distribuzione. Il sempre più attivo ruolo del distributore è riconosciuto direttamente dall'Energy package a livello europeo e soprattutto nello stesso PNIEC (Piano nazionale integrato per l'energia e il Pag. 7clima), che, come abbiamo detto, prevede circa 26 miliardi di investimenti nel periodo 2018-2030.
  La rete di distribuzione, quindi, permetterà di connettere tutta la generazione distribuita necessaria a raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei e permetterà a tali risorse di partecipare ai mercati dell'energia. Ne accennerò più avanti, ma ora cito soltanto questi due numeri. Oggi sulla rete di media sono connessi circa 800.000 produttori, dieci anni fa erano 5.000-6.000. Con lo sviluppo delle rinnovabili che si stima si arriverà a oltre 2 milioni e saranno tutti sulla media. Il distributore rappresenta, quindi, il facilitatore neutrale e naturale per abilitare anche in forma aggregata la generazione distribuita a tutti i clienti e la partecipazione attiva ai mercati dell'energia e alla fornitura dei servizi, un vero e proprio catalizzatore del sistema.
  Faccio un piccolo focus molto rapido sull'elettrificazione dei consumi e in particolare sulla mobilità elettrica, che oggi rappresenta il driver fondamentale per la transizione energetica. I veicoli elettrici sono caratterizzati da emissioni di gas serra notevolmente inferiori a quelli dei veicoli alimentati a benzina, anche considerando il mix attuale di produzione elettrica, quindi con solo il 34 per cento di produzione rinnovabile. Dunque, in prospettiva di una penetrazione oltre il 55 per cento, questo dà chiaramente lo stimolo alla diffusione o alla facilitazione della diffusione della mobilità elettrica. Occorre inoltre ricordare che in termini di inquinanti locali, soprattutto nelle grandi città, i veicoli elettrici apportano grandi vantaggi, in particolare nelle aree urbane per le quali il superamento dei limiti di concentrazione ha già portato al deferimento alla Corte di giustizia del nostro Paese.
  Ora entriamo un po’ nel cuore delle misure che noi riteniamo necessarie. La prima cosa da dire è sullo sviluppo delle rinnovabili. Oggi con Enel green power abbiamo circa 14 gigawatt di potenza rinnovabile installata tra idroelettrico, geotermico, fotovoltaico ed eolico e il mantenimento dell'efficienza di questi impianti, anche attraverso il repowering degli stessi, rimane una delle nostre principali priorità. Dunque, il primo punto è: valorizziamo e manteniamo l'esistente, prima ancora di pensare a fare il nuovo. Questo può riguardare il repowering dell'eolico, ma anche e soprattutto l'idroelettrico.
  Nell'ultimo piano industriale comunicato ai mercati finanziari abbiamo previsto per i prossimi tre anni, come dicevo, un miliardo di investimenti tra rifacimenti e nuova capacità. Oltre allo sviluppo della nuova capacità, il mantenimento degli impianti esistenti, come ho detto, rimane la nostra priorità principale. Dati gli obiettivi del PNIEC e la volontà di Enel di partecipare attivamente al loro raggiungimento, tale valore può vedere un costante incremento, soprattutto al verificarsi di determinate condizioni che possano consentire di sostenere i ritmi attesi del sistema Paese per lo sviluppo della capacità rinnovabile.
  Per realizzare questi obiettivi, però, bisogna superare alcuni problemi. Il problema più importante è l’iter autorizzativo. Le tempistiche per il solare sono di circa un anno e mezzo-due anni e di quattro anni e mezzo-cinque per l'eolico. Non è disponibile un iter semplificato al momento per la fattispecie legata ai rifacimenti. Infine, la normativa è molto frammentata a livello regionale e provinciale.
  Questo cozza violentemente con l'incremento e l'evoluzione della tecnologia, perché ogni due o tre anni sono disponibili sul mercato da parte dei produttori macchine più performanti ed efficienti e questo ci implica la necessità di ricominciare gli iter autorizzativi daccapo. Pertanto, uno dei fattori chiave per lo sviluppo delle rinnovabili nel medio termine è quello di snellire, semplificare e velocizzare gli iter autorizzativi.
  Passiamo al carbone. Noi siamo disponibili a procedere per la sostituzione progressiva degli impianti a carbone al 2025, con nuova capacità da fonti rinnovabili e da impianti a gas, in un quadro adeguato di mercato e in presenza di percorsi rapidi e certi. Pag. 8
  A nostro avviso, tale combinazione (rinnovabili e gas) per la sostituzione del carbone è la migliore al fine di garantire continuità nella sicurezza del sistema elettrico e riutilizzo delle infrastrutture esistenti, in modo tale da assicurare adeguata continuità occupazionale e investimenti importanti in rinnovabili in tutto il territorio, con evidenti benefici per l'ambiente e il clima, grazie all'abbattimento dei livelli di emissioni in atmosfera.
  Una pianificazione delle attività di permitting, di approvvigionamenti e realizzazione di nuovi impianti che si allinea con la previsione del 2025 potrà essere garantita solo avviando sin da ora l’iter per l'ottenimento delle autorizzazioni necessarie. Ovviamente la realizzazione di tali impianti, una volta ottenuta l'autorizzazione, è comunque subordinata all'avvio di meccanismi, come il capacity market, che favoriscano gli investimenti e la certezza del ritorno su questi investimenti. Inoltre, dovranno essere previste delle misure ad hoc per garantire l'esercizio delle centrali a carbone necessarie alla gestione in sicurezza nel periodo che precede il completo phase-out, perché sappiamo che lo schema di capacity oggi previsto non contempla la remunerazione per gli impianti a carbone esistenti, che però per qualche anno dovranno comunque continuare a lavorare.
  Faccio una piccola eccezione per il Sulcis. In Sardegna c'è un tema di elettrificazione complessiva della regione, di gasdotto e di sviluppo del distretto Alcoa-Eurallumina, per cui è probabile che si possano fare o che si debbano considerare delle eccezioni rispetto a questo piano.
  Tutto ciò premesso, oggi (mi sembra proprio questa mattina) noi abbiamo presentato le istanze al Ministero dell'ambiente per la costruzione di nuova capacità a gas su quattro dei nostri sei siti del carbone, in particolare a La Spezia, a Fusina, a Civitavecchia e a Brindisi. Abbiamo presentato una documentazione che prevede lo sviluppo di partenza o comunque di massima di 3.000 megawatt di impianti a ciclo aperto, che però potranno essere realizzati e completati anche in ciclo combinato a seconda della modularità dell'inserimento delle rinnovabili nel periodo di autorizzazione e costruzione.
  Come dicevo, la capacità su cui si è imperniata la nostra domanda di permitting è basata sulle stime di esigenze di adeguatezza del sistema elettrico a fronte del phase-out, della significativa crescita di capacità rinnovabile, dello sviluppo di tecnologia sulla gestione della domanda attiva e sui nuovi sistemi di accumulo.
  Questo programma prevede una riduzione di capacità a termine a carbone con parziale sostituzione di gas, dotata delle più flessibili ed efficienti tecnologie, in modo da ottenere un significativo miglioramento delle performance ambientali e garantire un significativo contributo all'obiettivo di riduzione del 45 per cento delle emissioni di CO2 previsto dal piano, assicurando allo stesso tempo la sicurezza del sistema elettrico nazionale.
  Mi fa piacere che questo coincida con questa audizione, per cui c'è una sostanziale contemporaneità tra la formalizzazione di questo file e l'ufficializzazione. Di fatto, noi annunciamo in questo momento al pubblico, grazie alla vostra audizione, questa decisione.
  Ovviamente, però, come precedentemente sottolineato più volte, per la realizzazione degli impianti risulteranno necessari gli iter autorizzativi accelerati e l'avvio di strumenti di remunerazione per la capacità a termine.
  Mi avvio rapidamente alla conclusione con alcuni aspetti che riguardano gli altri pilastri. La gestione attiva della domanda, come abbiamo detto, è una delle altre risorse preziose per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, sostanzialmente perché la penetrazione delle rinnovabili impone (non richiede) strumenti di flessibilità. La non programmabilità delle rinnovabili porta con sé necessariamente l'attivazione di questi strumenti. Oggi lo sviluppo di tale risorsa è affidata a progetti pilota, che vedono la nostra Enel X come primo operatore italiano. Questo primato è frutto di un importante sforzo di investimenti con alcune realtà impegnate nei segmenti innovativi Pag. 9principalmente nei mercati degli Stati Uniti. Abbiamo fatto nello scorso anno due acquisizioni importanti che ci hanno consentito di acquisire le competenze necessarie per poter poi tradurre tutto questo anche in Italia. Tali acquisizioni hanno appunto permesso a Enel X di assumere rapidamente le competenze per conseguire fin da subito un ruolo di rilievo e, infatti, siamo i primi operatori nelle aste di Terna.
  A regime la partecipazione della domanda attiva andrebbe integrata con strumenti per l'adeguatezza. Anche in questo caso l'aggregazione potrebbe partecipare al capacity market (oggi non è ancora previsto), prevedendone una partecipazione diretta tramite gli aggregatori.
  Non vorrei ripetere quanto ho già detto a lungo sul tema del ruolo del distributore. Direi solamente che questo passaggio energetico da un modello centralizzato a uno distribuito è di fatto già in atto. La curva di scambio, riportata nella slide 19 della documentazione, che abbiamo presentato tante volte, mostra come il passaggio sulla rete di alta si riduce quasi alla metà nelle ore di maggiore insolazione e nei box in basso si possono vedere i numeri di cui parlavo prima sui 2 milioni di impianti connessi alla rete.
  A nostro parere, è assolutamente fondamentale assicurare al distributore gli strumenti per la gestione in sicurezza, efficienza e qualità della propria rete; promuovere il ruolo del distributore come agente catalizzatore per un uso efficiente della rete, garantire la partecipazione delle risorse distribuite e definire le regole per i coordinamenti efficienti tra distributore e rete di trasmissione di alta, sulla base di analisi costi-benefici, valorizzando lo sviluppo tecnologico già realizzato dai distributori. Occorre inoltre favorire gli investimenti a carattere fortemente innovativo, come l'automazione avanzata e la digitalizzazione della rete, funzionali all'incremento della capacità di ospitalità della rete stessa.
  In sintesi, alla luce del ruolo chiave che riveste il distributore nel permettere e facilitare la transizione, riteniamo indispensabile la creazione di un contesto favorevole alla promozione di investimenti nella rete di distribuzione.
  Nella slide 20 c'è lo spaccato dei 2,5 miliardi di investimenti per i prossimi anni, di cui parlavo all'inizio. Sarà il triennio della resilienza, con 400 milioni di euro di investimenti mirati per prevenire e ridurre al massimo l'impatto dei cambiamenti climatici sul servizio elettrico. Si continuerà per oltre 200 milioni a investire sulla digitalizzazione e poi ci sono i 200 milioni delle smart grid nelle regioni del Mezzogiorno, grazie al finanziamento dei fondi PON (Programma operativo nazionale) e POR (Programma operativo regionale). Uno degli esempi più eclatanti e più di grande successo è il PAN (Puglia active network), un progetto da 170 milioni che mira a sviluppare una smart grid sul territorio regionale pugliese, che sarà già in esercizio completo a partire dal luglio prossimo, con l'obiettivo di migliorare le performance e abilitare una gestione innovativa della rete elettrica. La Puglia sarà veramente la prima regione smart in Italia.
  Per la mobilità elettrica è noto che abbiamo avviato un grande piano di installazione di infrastrutture di ricarica su tutto il territorio nazionale e, quindi, prevediamo 21.000 punti di ricarica al 2021. Sono necessari alcuni piccoli interventi normativi e regolatori per facilitare la diffusione dell'infrastruttura. Io personalmente raccomando anche alle città metropolitane di uniformare i regolamenti comunali e le procedure burocratiche per le infrastrutture di ricarica, per permettere una piena e rapida esecuzione del PNIRE (Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica).
  Bisogna continuare a dare continuità alle piccole agevolazioni, dirette e non dirette, sulle infrastrutture di ricarica, accesso alle ZTL (zone a traffico limitato), parcheggi gratuiti, corsie dedicate e quant'altro, e sostituire i parchi autovetture del trasporto pubblico e della pubblica amministrazione. Il sistema di tariffe favorevoli dell'energia elettrica, volto a supportare questo sviluppo, credo che sia già Pag. 10nell'agenda dell'Autorità per i prossimi mesi.
  Anche per quanto riguarda l'efficienza energetica, sempre tramite Enel X, stiamo facendo dei grandi investimenti. Direi che nel breve-medio periodo il sostegno all'efficienza energetica potrebbe essere perseguito mediante le esenzioni tariffarie e i meccanismi fiscali (i bonus e gli ecobonus già previsti), curando con attenzione il controllo dei benefici erogati e prevedendo, ove necessario, le soluzioni e le procedure utili a favorire gli investimenti, la cedibilità del credito e l'aumento del valore detraibile.
  Nel lungo termine il sostegno andrebbe, invece, perseguito tramite meccanismi espliciti che riflettano l'evoluzione dei costi delle nuove tecnologie e siano effettivamente correlati al beneficio apportato al sistema da questo tipo di installazioni.
  Un accenno ai nostri innovation hub che abbiamo aperto in giro per il mondo per lo sviluppo delle start-up. Non da ultimo, mi piace citare l'impegno nella ricerca e nello sviluppo del fotovoltaico: noi abbiamo l'unica fabbrica, credo, europea che produce pannelli fotovoltaici di tecnologia avanzata, che realizziamo nel nostro stabilimento di 3Sun a Catania.
  Nell'ultima slide della documentazione, a pagina 24, ho pensato di sintetizzare la lista delle misure principali che la nostra azienda ritiene di poter chiedere alle istituzioni, agli stakeholder, Governo, Parlamento, autorità, regioni, comuni e quant'altro, per far sì che tutto quello che abbiamo detto possa essere finalizzato.
  Li riepilogo: strumenti normativi per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili e il nodo principale è quello dei tempi autorizzativi; due, definizione di un programma di phase-out del carbone, finalizzato al mantenimento dell'affidabilità del sistema e al contenimento degli impianti sociali e occupazionali (quello che abbiamo presentato oggi è solamente un primo passo, non è certo la soluzione, c'è il tavolo del Governo, ma ci sono tanti altri ambiti su cui si deve discutere il tema della chiusura di questi impianti); poi (forse potrebbe essere il primo, ma non vado in ordine di priorità) l'introduzione del capacity market per la remunerazione sia della vecchia capacità, che deve continuare a lavorare, sia della nuova, per garantire gli investimenti e l'affidabilità del sistema in termini di adeguatezza nel lungo termine, l'integrazione del demand response, e cioè della gestione della domanda attiva negli strumenti di mercato a regime, cioè far sì che possa partecipare al mercato della capacità, e adozione di criteri di efficienza e sostenibilità per lo sviluppo della generazione distribuita, potenziando il ruolo del distributore come agente catalizzatore per un uso efficiente della rete, per garantire la partecipazione di risorse distribuite ai servizi di rete e per armonizzare il coordinamento con la rete di trasmissione in Italia e all'estero; infine misure, infrastrutture e tariffe per garantire il pieno sviluppo della mobilità elettrica.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Tamburi, per l'illustrazione svolta anche nei tempi che ci eravamo dati.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCA SUT. Nella slide numero 16 della documentazione scritta parlate del phase-out del carbone nei vostri impianti e anche di impianti rinnovabili e sistemi di accumulo, oltre che a gas, ma poi nella slide successiva parlate dei quattro impianti per cui avete chiesto l'autorizzazione per la conversione a gas metano. Vorrei quindi capire quali sono gli altri progetti che state implementando e se avete intenzione di implementarli dal punto di vista delle fonti rinnovabili e di che tipo sono, se prevedete poi il phase-out completo nel 2025 o prevedete di farlo prima.
  In ultimo, solo una curiosità. Nella settima slide della documentazione avete elencato tutti gli impianti a carbone: sono tutti gli impianti in Italia e non solo quelli di vostra proprietà?

  GIANLUCA BENAMATI. Innanzitutto approfittiamo di questa audizione per congratularci per la notizia dell'inizio della Pag. 11procedura di rimodulazione e ristrutturazione degli impianti a carbone. A tal riguardo, però, vorrei chiedere alcune cose, perché il 2025 è molto vicino. Mi pare che il tema vero sia quello delle autorizzazioni, e proprio adesso il collega Sut chiedeva se si riusciranno a rispettare i tempi. Ebbene, siccome ci sono cinque anni e mezzo, quanto è cruciale il tema di poter disporre di procedure semplificate su questa riconversione? Lo chiedo perché non sono molti gli anni che abbiamo di fronte. Vi chiedo, quindi, se questo è il tema che più vi appassiona o che più vi crea problemi.
  Avete inoltre menzionato che alcuni dei vostri impianti a carbone (basterebbe pensare a Bastardo, che, pur essendo fermo, non può essere smantellato) sono considerati, rispetto a Terna, sistemi di riserva critica (voglio usare questa parola anche se non è corretta). Da questo punto di vista, il passaggio generale, tutte le informazioni e i sistemi di notizie e di tecnici, le caratteristiche che vi deve dare Terna sono già in vostro possesso? Lo chiedo perché ho visto, per esempio, che voi avete fatto una stima anche dei margini necessari al 2030 rispetto ai margini disponibili oggi. Queste sono stime vostre. Intanto mi congratulo, perché finalmente vedo che qualcuno cita dei numeri. Del resto, citare dei numeri su questa materia sembra come giocare al lotto in Italia. Ricordo alla Presidente che è pendente una mia interrogazione, che non sollecito nemmeno tanto, per chiedere al Governo quali sono i margini di riserva che il sistema ritiene necessari per il Paese, cioè per avere certificati questi numeri.
  Da questo punto di vista vi chiedo: come vedete la situazione attuale e futura sia a livello generale sia come esperti di settore? Siamo in condizioni o cominciamo a essere, con le dismissioni, in condizioni non critiche, ma non perfettamente allineate? Come Enel, quale sarà il vostro contributo? Questione, quest'ultima, che comunque avete già accennato.
  Un'ultima domanda. Avete citato il capacity market, e non ci torno sopra, sono gli strumenti che servono per dare sicurezza, però avete citato anche gli accumuli. Sugli accumuli ho due questioni, la prima delle quali è strutturale. A parte l'elettrochimico e a parte l'utilizzo della futura mobilità elettrica come grande accumulo con le batterie delle automobili, c'è il tema dell'idraulico. Si pensava di realizzare nel Sud un numero rilevante di sistemi di accumulo idraulico. Ebbene, mi risulta che non ci sono, al momento, delle grandi attività in corso, ma spero che mi possiate smentire. Quali sono i progetti e lo stato per la realizzazione di questi accumuli?
  Seconda questione: come ritenete che gli accumuli debbano essere considerati in servizio? Mi spiego meglio. L'accumulo può essere o una capacità remunerata o un servizio reso come remunerazione dell'intervento, e cioè può essere un impianto di produzione, sostanzialmente quello che produce viene remunerato, oppure può essere una remunerazione di quella capacità. Non mi risulta che, ad oggi, ci sia ancora da parte degli organismi una definizione in questo senso, che è una valutazione importante anche per l'investimento che si deve fare. Qual è, secondo voi, la via più corretta?

  TULLIO PATASSINI. Ringrazio il dottor Tamburi e tutta la delegazione dell'ENEL presente oggi in audizione perché, come diceva l'onorevole Benamati, parlare di numeri non è come parlare di argomenti in generale. Questo è importantissimo, perché il più importante player nazionale del mondo dell'energia indica un po’ la strada a tutti.
  Io avrei due domande specifiche su come poter arrivare al 2030 a livello di strategia energetica nazionale. È evidente che ci sono il phase-out del carbone e la ricerca di nuove fonti rinnovabili, ma c'è anche una questione di impatto ambientale e di consumo del suolo, quindi è chiaro – su questo vorrei un vostro parere ancora più specifico – che probabilmente, anziché cercare nuove installazioni, sarebbe il caso di migliorare, ammodernare quelle esistenti perché, con lo stesso impatto ambientale, potremmo avere una produzione elettrica molto maggiore rispetto ad ora. Del resto, è evidente che le strutture che sono state Pag. 12realizzate 10-15 anni fa oggi sono quasi obsolete, soprattutto nel mondo dell'energia, dove tutto cambia molto velocemente. Questo ci permetterebbe di non consumare suolo e avere più energia. Pertanto, vi chiedo come il Parlamento o gli organi dello Stato possono aiutare nello snellimento delle procedure amministrative per sostituire e, contestualmente, migliorare, arrivando veramente all'obiettivo sfidante del 2030 di un raddoppio della quota rinnovabile italiana.
  Il secondo aspetto è più legato alla tutela dell'ambiente e alla contestuale individuazione di soluzioni per una mobilità elettrica più efficiente. Chiederei al dottor Tamburi di approfondire la questione e di precisare cosa sta facendo Enel in ordine sia a nuovi strumenti di approvvigionamento (le nuove colonnine, per dirlo in modo semplice) sia allo studio di auto elettriche, proprio per andare verso una mobilità elettrica sempre più rilevante soprattutto in realtà importanti come le grandi città.

  PAOLO BARELLI. Ringrazio il dottor Tamburi per il dettagliato lavoro che ci è stato presentato, che deve essere osservato e valutato nel dettaglio con la dovuta puntualità e pazienza.
  In effetti, sono già stato anticipato dai colleghi, dal momento che la domanda che intendo porre riguarda proprio le tempistiche: secondo lei, il phase-out del carbone si potrà realizzare entro il 2025? A me pare che sulla strada del 2025 vi siano una serie di «ostacoli» di carattere burocratico, normativo e tempistico che potrebbero non essere in linea con il raggiungimento di questo obiettivo. Comunque, è già stata posta la domanda, per cui suppongo che ci sarà una risposta adeguata.

  PRESIDENTE. Non essendovi altri interventi, mi permetto di porre io una riflessione, perché il tema che personalmente mi sta più a cuore è come gestire la fase di phase-out del carbone e soprattutto con quali strumenti porre in essere quella garanzia di capacità tale da poter mettere in sicurezza il nostro sistema nazionale – del resto, questo è il punto – senza nulla togliere, ovviamente, al perseguimento degli obiettivi che abbiamo di fronte e che sono analizzati nel Piano.
  Non nascondo la sorpresa per il tema della nuova capacità con il gas che come ENEL avete inserito nella relazione. Mi conforta in una di quelle che sono le mie convinzioni. Credo, infatti, che sia opportuno, in questa fase di transizione, non demonizzare le altre fonti da cui possiamo trarre supporto per garantire la sicurezza dell'intero sistema nazionale.
  Guardando anche ad altri esempi nel contesto internazionale, penso alla Germania, come voi avete sottolineato nella relazione, che prevede in una fase più avanzata rispetto a quella indicata dall'Italia la fase del phase-out del carbone; ma la Germania stessa chiede che ci siano procedure autorizzative più accelerate proprio per i nuovi impianti a gas sui siti esistenti. Allora, rispetto a questo, qual è, secondo voi, una possibile indicazione da poter offrire alle nostre riflessioni ai fini dell'indagine conoscitiva? Ovviamente, non bisogna sottovalutare che nella fase di transizione, nel momento in cui Terna sta chiedendo ad alcune delle vostre centrali di non chiudere, penso a quella di Bastardo, che in via non ufficiale ho visitato pochi giorni fa, sussiste la dimensione di un problema che voi avete, perché nell'ambito della richiesta che vi arriva di non chiudere le centrali immagino ci siano costi da sostenere per evitare la chiusura delle stesse.
  Quindi, in questa fase vorrei capire Enel come e con quali strumenti sta mettendo in campo una politica che porterà alla chiusura di queste centrali e alla loro riconversione, senza nulla far perdere all'azienda stessa, ma garantendo anche un impatto sociale e occupazionale importante, considerato che in quelle realtà dove queste centrali si sono sviluppate nel corso degli anni c'è un grande impatto occupazionale e, quindi, sociale, che non vi nascondo ci preoccupa anche dal punto di vista di legislatori.
  Do la parola al dottor Tamburi per la replica.

  CARLO TAMBURI, Direttore Italia di Enel. Vi ringrazio per queste domande, Pag. 13suggestioni e considerazioni, che mi consentono di allargare lo spettro della relazione che vi ho illustrato.
  Il sistema elettrico nel suo complesso è, comunque, un sistema, a nostro avviso, molto solido dal punto di vista istituzionale e regolamentare. Perché dico questo? Perché noi abbiamo fatto questa proposta di piano a cominciare dal gas (poi lo potrò declinare meglio rispondendo anche all'onorevole Sut, che per primo ha parlato degli altri progetti) ma da soli non possiamo fare nulla. Certo, il rischio del blackout perché, come dice qualcuno, l'Enel vuole chiudere le centrali a carbone non c'è. Posso tranquillizzare tutti che, per fortuna, a vent'anni dalla liberalizzazione del settore (proprio in questi giorni si festeggiano e si celebrano, con vari convegni, i vent'anni della legge Bersani) il sistema è molto solido. Se Terna, il ministero e l'Autorità non ritengono di far chiudere la centrale di Bastardo oggi in quanto non c'è nessuna capacità sostitutiva o non sufficiente o non prevedibile, stiamo tranquilli che non si chiuderà il 24, il 25 o quello che sarà. Dunque, si sta lavorando per un progetto che sia integrato.
  La nostra «chiamata» è che dobbiamo fare un po’ più in fretta rispetto a quello che si è detto negli ultimi mesi e soprattutto che si deve fare tutti un po’ insieme. Quindi, abbiamo auspicato fortemente il tavolo tra i ministeri e vorremmo, anche attraverso questo annuncio di oggi, accelerare, spingere, esercitare un po’ di pressione a tutti gli addetti ai lavori affinché ci si confronti su questi temi.
  Questa è una premessa che, secondo me, deve tranquillizzare tutti.
  Vi garantisco – lo scrivo e lo sottoscrivo – che non ci saranno tematiche occupazionali di nessun genere. L'abbiamo già visto in una situazione anche più critica di questa, con la chiusura delle centrali del progetto Futur-e, che sono quelle dove effettivamente non c'era da parte nostra la possibilità di fare ulteriori investimenti, ma solo di aiutare il privato a riqualificare in termini diversi rispetto all'energia, e anche lì abbiamo salvaguardato al 100 per cento tutta l'occupazione. Figuriamoci in un caso come questo, dove prevediamo in quei siti di fare nuovi investimenti. Addirittura, nella fase di costruzione sicuramente l'occupazione aumenterà, piuttosto che diminuire. Quindi, questa è la seconda rassicurazione che vorrei fare.
  I tempi sono assolutamente compatibili con un 2025 di riferimento. Ci sono alcuni impianti che probabilmente possono essere chiusi prima, in funzione anche della loro capacità tecnologica e di sostenersi sul mercato. Bisognerà vedere quanto sono ritenuti o saranno ritenuti essenziali sia in termini formali che sostanziali. Però, per realizzare quegli impianti a gas, che sostanzialmente si costruiscono in due anni, due anni e mezzo, abbiamo un cuscino di un anno, un anno e mezzo, anche due, per l’iter di autorizzazione e implementazione della parte di progettazione, ingegneria e acquisti. Quindi, assolutamente questo si può fare. Tuttavia, crediamo sia necessario acquisire la consapevolezza che non c'è più tanto tempo da sprecare
  Queste sono le tre considerazioni di fondo. Passo adesso a rispondere più puntualmente agli altri quesiti posti.
  Con riferimento alle energie rinnovabili e agli altri impianti di generazione distribuita, noi non abbiamo fatto un programma specifico come quello per il gas, perché abbiamo una pipeline di sviluppo di nuovi impianti dappertutto, però partendo dalla valorizzazione dell'esistente. D'altronde, con norme che, in esenzione di nuova autorizzazione, consentono di sostituire l'impianto eolico da due megawatt con uno da tre megawatt, è chiaro che le pale saranno più grandi e, quindi, ci sarà un minimo di impatto ambientale. Su questo non c'è dubbio. Però, dobbiamo cercare di essere un po’ realisti.
  Un tema importantissimo è rappresentato, secondo me, dall'idroelettrico, e rispondo anche all'onorevole Benamati, che parlava di nuovi pompaggi. Ci sono bacini che hanno eroso la loro capacità di raccolta, perché sono cinquant'anni che ci sono i fanghi e i detriti. Una norma che riporti lo sfangamento a pratiche più ordinarie e più normali, non al trattamento dei rifiuti speciali, secondo noi faciliterebbe Pag. 14moltissimo il riutilizzo di capacità inespressa e inutilizzata. Da questo punto di vista, certamente la norma recentemente approvata dal Parlamento, il decreto-legge semplificazioni, che riporta le concessioni in capo alle regioni, non aiuta, perché non fa prevedere un orizzonte di ritorno sull'investimento. Quindi, sono tutti pezzetti che si dovrebbero tenere insieme.
  Riepilogando, quindi, sulle rinnovabili sicuramente occorre valorizzare l'esistente, inoltre come macchina operativa siamo in grado di costruire 3.500-4.000 megawatt all'anno di nuove rinnovabili. Già lo facciamo in vari Paesi del mondo. Ci devono essere le condizioni economiche e tecnologiche, e quelle ci sono.
  Il margine di riserva, come detto, è quello che stimiamo. Comunque, siamo in contatto con Terna e abbiamo preso dati loro, per cui non credo che, al di là dell'effetto annuncio, ci siano nei numeri grandissime sorprese.
  I nuovi pompaggi, i nuovi grandi accumuli al Sud e la remunerazione degli stessi non vi nascondo che è un tema molto delicato e alquanto critico, perché dal punto di vista ambientale pensare di non dare qualche valle nuova non so quanto sia facile. Abbiamo solamente voluto commentare il fatto che il Piano lo prevede a livello teorico. Questo potrebbe essere sostituito in gran parte dalla maggiore e migliore utilizzazione dell'esistente.
  Un'altra cosa che lega efficienza energetica delle rinnovabili e generazione distribuita è tutto quello che stiamo facendo per il mercato finale, per il mercato retail. Oggi Enel X è il maggiore provider di soluzioni per i condomìni, per i tetti, per il piccolo consumatore, che diventa anche produttore. Quindi, anche da un punto di vista di normative, con gli ecobonus e con quella lista di facilitazioni di cui ho parlato, il legislatore dovrebbe dare più fiducia e credito alla generazione distribuita, che viene utilizzata al meglio con le reti e con i sistemi di flessibilità del demand response, piuttosto che fare mega impianti, come quelli che facciamo nei deserti dell'Arizona. Lo spazio fisico effettivamente è una risorsa limitata. Tuttavia, vi garantisco che stiamo lavorando con Coldiretti e Confagricoltura per utilizzare le aree agricole marginali.
  La questione dell'ambiente è certamente centrale. La mobilità elettrica la stiamo spingendo il più possibile. Abbiamo fatto accordi con case automobilistiche, con case produttrici di colonnine e con case produttrici di batterie. Credo che abbiamo voluto fare anche qualcosa che non era necessariamente nei nostri doveri. Questo deployment delle 20.000 stazioni di ricarica effettivamente abbiamo deciso di farlo come gesto per togliere l'alibi a uno dei tanti fattori frenanti, che è l'ansietà da ricarica.
  Certamente, come diceva la presidente, dobbiamo guardare ai nostri costi e ai nostri ritorni, fare in modo che ci sia una remunerazione adeguata, però abbiamo forse un po’ anche la presunzione, come leader del sistema elettrico in questo Paese, di voler essere i front driver, l'esempio anche per gli altri, e andare avanti su questa strada.
  Vi chiedo scusa, perché ho risposto in maniera random per seguire un filo logico. Tuttavia, se ho mancato qualche risposta e c'è ancora del tempo, sono a vostra disposizione per fare qualche precisazione o, se avete altri argomenti, per ulteriori approfondimenti.

  PRESIDENTE. Noi purtroppo siamo tenuti a rispettare i tempi, in virtù dell'organizzazione dei lavori della Commissione. Tuttavia, sarei grata al dottor Tamburi se ritenesse di trasmettere alla presidenza eventuali altre riflessioni che seguono le risposte che ci avete già fornito, che saranno ovviamente messe a disposizione di tutti i colleghi.

  CARLO TAMBURI, Direttore Italia di Enel. Noi abbiamo i nostri efficientissimi colleghi che mantengono i rapporti istituzionali con il Parlamento e che sono a disposizione per accogliere tutte le vostre istanze.

  PRESIDENTE. Bene. Ringrazio ancora una volta i rappresentanti di Enel per il Pag. 15contributo apportato alla nostra indagine conoscitiva.

  CARLO TAMBURI, Direttore Italia di Enel. Siamo noi, ovviamente, che ringraziamo il Parlamento, lei, presidente, e tutta la Commissione per averci dato questa possibilità.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.