XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 27 febbraio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Carabetta Luca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030

Audizione di rappresentanti
di Assoidroelettrica.

Carabetta Luca , Presidente ... 3 
Taglioli Paolo , direttore di Assoidroelettrica ... 3 
Carabetta Luca , Presidente ... 6 
Vallascas Andrea (M5S)  ... 6 
Carabetta Luca , Presidente ... 6 
Taglioli Paolo , direttore di Assoidroelettrica ... 6 
Carabetta Luca , Presidente ... 7 

Audizione di rappresentanti di Assogas – Associazione nazionale industriali privati gas e servizi energetici:
Carabetta Luca , Presidente ... 7 
Russo Giampaolo , direttore generale di Assogas ... 7 
Carabetta Luca , Presidente ... 10 
Squeri Luca (FI)  ... 10 
Benamati Gianluca (PD)  ... 11 
Rizzone Marco (M5S)  ... 11 
Carabetta Luca , Presidente ... 11 
Russo Giampaolo , direttore generale di Assogas ... 11 
Carabetta Luca , Presidente ... 12 

Audizione di rappresentanti di Assopetroli – Assoenergia:
Carabetta Luca , Presidente ... 13 
Gandolfo Madi , segretaria generale di Assopetroli – Assoenergia ... 13 
Carabetta Luca , Presidente ... 16 
Squeri Luca (FI)  ... 16 
Benamati Gianluca (PD)  ... 17 
Carabetta Luca , Presidente ... 17 
Gandolfo Madi , segretaria generale di Assopetroli-Assoenergia ... 17 
Carabetta Luca , Presidente ... 17 
Gandolfo Madi , segretaria generale di Assopetroli-Assoenergia ... 17 
Carabetta Luca , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUCA CARABETTA

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti
di Assoidroelettrica.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale (SEN) al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Assoidroelettrica.
  Nel dare la parola al direttore di Assoidroelettrica, Paolo Taglioli, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  PAOLO TAGLIOLI, direttore di Assoidroelettrica. Vi porto i saluti dei nostri 420 associati e vi ringrazio per quest'opportunità che oggi ci viene concessa.
  Per poter valutare al meglio l'apporto che l'idroelettrico può dare agli obiettivi della SEN, vogliamo iniziare da un'analisi dei sei profili principali che caratterizzano l'idroelettrico.
  L'idroelettrico è tuttora la principale fonte energetica nazionale, sia per potenza installata sia per produzione annua generata. Mentre la produzione fotovoltaica ed eolica è prevalentemente concentrata nel sud Italia, l'idroelettrico è più presente nel nord del Paese, e ha quindi una funzione di riequilibrio anche geografico della produzione elettrica nazionale.
  A nostro avviso, l'idroelettrico produce energia di miglior qualità, perché è prevedibile e/o addirittura programmabile.
  Buona parte dell'energia viene transata nel mercato del giorno prima. Laddove noi abbiamo impianti idroelettrici a bacino o a serbatoio siamo in grado di fare una modulazione giornaliera, o addirittura stagionale, ma anche per gli impianti cosiddetti ad acqua fluente siamo in grado, con un'ottima prevedibilità sul mercato del giorno prima, di capire quanta energia potremmo immettere in rete nel giorno successivo, ovvero quello successivo alla transazione. Abbiamo, quindi, un ruolo importante sul mercato della regolazione e anche su quello della riserva. Abbiamo una valenza industriale ed economica dell'idroelettrico.
  Grazie alla lunghissima vita degli impianti, di parecchie decine di anni, essi producono molta più energia di altre fonti, e soprattutto molta più energia di quella utilizzata per la loro costruzione. A differenza che per le altre fonti, la filiera industriale e l'indotto sono quasi totalmente italiane. Questo, per noi, è un vantaggio molto importante. Stiamo vivendo un periodo in cui si parla sempre più di recessione tecnica, di stallo del comparto industriale. Bene, l'idroelettrico, oggi più di ogni altra fonte, potrebbe garantire il rilancio della nostra industria idroelettrica, fiore all'occhiello non solo in ambito nazionale, ma addirittura in ambito mondiale.
  L'idroelettrico oggi si integra nel paesaggio. Gli impianti idroelettrici possono essere Pag. 4 realizzati interrati, possono essere ben mascherati, mimetizzati, occupano poco suolo rispetto all'energia che sono in grado di garantire.
  L'idroelettrico previene dal rischio idrogeologico. In momenti come questi, in cui i cambiamenti climatici danno luogo a perturbazioni sempre più improvvise e sempre più violente, laddove c'è un impianto idroelettrico la società che lo gestisce adotta tutti quei meccanismi che servono a regimare le acque, e quindi a prevenire il rischio idrogeologico.
  Altro punto è rappresentato dall'aspetto sociale. I piccoli e medi impianti sono spesso localizzati in zone montane e non facilmente raggiungibili e mantengono un importante presidio del territorio, sostenendo attività economiche interconnesse e garantendo lavoro in zone marginali.
  Molti impianti che insistono sul territorio da oltre un secolo sono di piccole dimensioni e sono in quei piccoli paesi che per primi, grazie alla nascita dei relativi impianti, hanno visto la presenza dell'energia elettrica. Molte volte, questi impianti vengono costruiti da soggetti che nello stesso luogo hanno un'altra attività artigianale o commerciale, che difficilmente potrebbe sopravvivere. Bene, il connubio tra la piccola produzione di energia e un'attività artigianale o commerciale consentono a una famiglia di rimanere radicata sul territorio, di non fare emigrare verso valle i propri figli e di garantire anche in questo caso un presidio da ogni rischio in montagna.
  Quanto al ritorno economico sul territorio, ci teniamo a evidenziare come gli impianti idroelettrici siano gli unici a pagare dei canoni e dei sovracanoni. Abbiamo dei canoni per l'occupazione delle aree demaniali, dei canoni per l'utilizzo della risorsa idrica e dei sovracanoni BIM (bacini imbriferi montani) e rivieraschi.
  L'istituzione dei BIM è avvenuta con una legge del 1953, quando la produzione di energia idroelettrica era la sola forma per generare energia in Italia. In quel caso, chi la produceva pagava sì un BIM, ma era in grado di contemplare quest'onere in bolletta, perché quasi tutti gli impianti funzionavano in isola, non erano interconnessi, e quindi potevano parametrare il prezzo dell'energia ai loro utenti rispetto ai costi, cosa che non è più possibile fare oggi.
  Malgrado i pregi che abbiamo elencato, l'idroelettrico vive oggi un periodo di grandissima difficoltà. Esiste, quindi, il fondato timore che non solo non possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi della SEN, ma addirittura che molti impianti, specie di piccola taglia, vadano fuori mercato e siano abbandonati, con una riduzione significativa della produzione nazionale.
  Passo a prendere in esame i motivi ambientali. Le aumentate sensibilità verso l'ambiente ci portano oggi a dover garantire sui nostri impianti dei sempre maggiori rilasci di deflusso minimo vitale, oggi chiamato deflusso ecologico. Questi obiettivi sono, ovviamente, condivisibili, ma in molti casi ci troviamo di fronte a situazioni che hanno dell'inverosimile, che portano all'esasperazione di questi rilasci, i quali non possono che ridurre significativamente la produzione di energia pulita.
  È difficile comprendere come la pur doverosa tutela degli ambienti fluviali faccia dimenticare le migliaia di morti per l'inquinamento da polveri sottili che attanaglia le nostre principali città. Ogni anno, in Italia, per effetto delle polvere sottili, circa 70.000 persone perdono la vita.
  Ci permettiamo di ricordare che la produzione da fonti rinnovabili è in primo luogo essa stessa un obiettivo ambientale. La nostra associazione ritiene di essere in primo luogo un'associazione ambientalista: nel tutelare la produzione di energia rinnovabile da fonte idrica, tutela l'aria, e quindi la salute delle generazioni future.
  L'idroelettrico viene frenato e rischia di essere frenato sempre di più da motivi burocratici. Per l'ottenimento delle autorizzazioni alla realizzazione di impianti abbiamo tempi veramente lunghissimi. È comune avere iter autorizzativi che si sono conclusi dopo dieci, dodici, quindici anni. Lo scorso anno, un nostro associato ha messo in esercizio un impianto idroelettrico in Piemonte il cui iter autorizzativo era iniziato nel lontano 1987.
  Abbiamo motivi legati all'insostenibilità economica degli investimenti. Gli impianti Pag. 5idroelettrici sono caratterizzati da rilevanti costi di costruzione, che possono essere ammortizzati con difficoltà nelle attuali condizioni di mercato, dove il prezzo dell'energia è stato ridotto in pochi anni a fronte di un aumento generalizzato dei canoni. Gli impianti di medie dimensioni pagavano dei sovracanoni rapportati, appunto, alla loro media dimensione, laddove invece impianti di grandi dimensioni, che hanno un'economia di scala più favorevole, pagavano canoni più alti. Da qualche anno, i sovracanoni sono stati equiparati: un piccolo impianto paga quanto un grande impianto, laddove i costi, purtroppo, sono maggiori.
  Il decreto incentivi in corso di emissione da parte del Ministero dello sviluppo economico ha discriminato duramente l'idroelettrico con la precisa intenzione di rendere impossibile la realizzazione di nuove centrali. Questa, purtroppo, è la verità. Viene assolutamente negata la possibilità di accesso all'incentivo a quegli impianti che sottendono un tratto d'asta di fiume, ovvero che non sono su condotte o su canali esistenti. Concetto del tutto nuovo, che mai ci saremmo immaginati. Questo accade a fronte di circa 500 progetti e oltre per la realizzazione di nuovi impianti che oggi sono già resi cantierabili.
  Abbiamo detto di iter autorizzativi lunghissimi che hanno finalmente visto la luce e che oggi si vedono negato l'accesso all'incentivo. Tra l'altro, si tratta di iter autorizzativi che non sono sicuramente stati conclusi nel rispetto dei termini previsti dalle relative norme, altrimenti avrebbero visto questi progetti già realizzati. Sui piccoli e medi impianti oggi pronti per la cantierizzazione abbiamo fermi investimenti per circa 1.300.000 milioni.
  Un altro aspetto è dato dalla durata delle concessioni. Laddove degli imprenditori si apprestano a fare degli investimenti, a maggior ragione se l'incentivo è basso o non c'è, dovrebbe essere data certezza di investimento in un arco temporale lungo. Noi abbiamo visto come negli altri Paesi europei le concessioni durino da un minimo di sessant'anni a settanta, ottanta o novant'anni, e in taluni casi non hanno fine. Avevamo regioni in cui fino a poco tempo fa venivano rilasciate concessioni con durata di sei o sette anni, concessioni prorogate con durata di dieci anni; abbiamo regioni in cui oggi le concessioni vengono rilasciate o rinnovate per periodi di quindici anni. Questo crea una discrepanza, una sperequazione, che mette i nostri associati, i produttori idroelettrici italiani, in un'ulteriore condizione di difficoltà.
  Venendo all'esame dei motivi climatici, sottolineo come i cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti, sono un fenomeno che va contrastato. L'idroelettrico è uno dei principali strumenti necessari al contrasto dei cambiamenti climatici, ma ahimè è anche una delle principali vittime. Il piovere in maniera sempre più ristretta, con fenomeni sempre più violenti, fa sì che i nostri impianti per mesi e mesi in capo all'anno o non producono o producano poco. Nel momento in cui queste perturbazioni violente arrivano – i fenomeni dello scorso ottobre che si sono verificati in Veneto sono una delle prove lampanti – i nostri impianti subiscono ingenti danni.
  Passo ai motivi di eccessivo carico fiscale. Come abbiamo detto, l'idroelettrico è l'unica fonte che si trova a pagare canoni e sovracanoni. In un contesto in cui gli incentivi sono sempre più bassi e la competizione tra fonti è sempre più accesa, ecco che noi ci troviamo gravati di oneri che rendono difficili i nostri piani finanziari.
  Quali sono le condizioni necessarie a perseguire gli obiettivi nazionali previsti dalla SEN per la fonte idroelettrica? Noi riteniamo che la semplificazione degli iter autorizzativi sia sicuramente uno strumento importante, come importante è garantire un'adeguata durata delle concessioni in conformità con quanto in vigore in altri Paesi dell'Unione europea. Riteniamo che si debba bilanciare correttamente la doverosa tutela delle acque con l'altrettanto doverosa attenzione alla riduzione della produzione da fonti fossili, avendo riguardo all'interesse nazionale e non ai localismi esasperati. Abbiamo zone d'Italia in cui l'accanimento contro l'idroelettrico è incredibile. Riteniamo che una politica nazionale Pag. 6 debba far comprendere a questi territori e a queste popolazioni che, laddove ci sono impianti concentrati da fonti fossili, si verificano sulla salute delle persone degli effetti veramente devastanti.
  Noi siamo i primi a ritenere che l'idroelettrico non possa essere l'unica fonte in grado di generare energia in Italia, che le rinnovabili da sole non possano riuscire a fare questo. Sicuramente, un mix di fonti è indispensabile, ma è altrettanto indispensabile ridurre al massimo la produzione di energia da fonti fossili.
  Mi preme ricordare che la produzione da fonti fossili è incentivata, e lo è senza scadenza. I nostri impianti sono incentivati per un arco temporale limitato nel tempo, mentre gli impianti da fonti fossili, per effetto dell'esenzione dalle accise, non hanno una scadenza di incentivazione. Le rinnovabili indicativamente gravano per circa 12 miliardi all'anno in termini di incentivi; per altrettanti 12 miliardi gravano le fonti fossili. Mi fa piacere spendere queste parole per ribadire anche in questa prestigiosa sede che non solo le fonti rinnovabili godono di tanti incentivi.
  Un altro aspetto è, quindi, riaprire il dibattito sull'incentivazione delle fonti rinnovabili in un quadro non discriminatorio nei confronti del settore idroelettrico. Questo decreto di prossima emanazione prevede l'eliminazione dell'accesso all'incentivo di diverse tipologie di impianti idroelettrici, e noi riteniamo che il confronto debba essere riaperto e che si debba trovare una soluzione.
  Riteniamo che si debba garantire stabilità e adeguatezza nel tempo sui prezzi minimi garantiti per i piccoli impianti. È vero, infatti, che si possono realizzare nuovi impianti, ma è altrettanto vero, come abbiamo detto prima, che ci sono tanti piccoli impianti distribuiti sul territorio, non solo su quello alpino, ma anche su quello appenninico e nelle campagne, che per effetto dell'aumento dei canoni e dei sempre maggiori rilasci che bisogna garantire, senza un'adeguatezza di una tariffa minima, purtroppo sarebbero costretti a chiudere.
  Bisognerebbe rivedere il sistema dei canoni, che purtroppo paghiamo, a differenza degli altri Paesi dell'arco alpino europeo, indipendentemente dal fatto che l'acqua vi sia o non vi sia, quindi non paghiamo un canone in base all'energia che immettiamo in rete, ma sulla base della potenza media che abbiamo di concessione. Purtroppo, le stagionalità e le piovosità sono sempre più alternate, e quindi in anni siccitosi, come quello del 2017, ci siamo trovati a dover pagare tanti canoni a fronte di una produzione veramente modesta.
  Quanto alle derivazioni, il decreto-legge semplificazioni cambia le carte in tavola e introduce il meccanismo delle gare. Il nostro auspicio è che le gare possano veramente dare pari opportunità a tutti e che il meccanismo possa non essere falsato da quei soggetti e da quelle regioni che, oltre a essere il regolatore, sono anche il detentore delle società che producono energia idroelettrica.
  I pompaggi garantiranno sicuramente per la stabilità della rete un grande risultato, e quindi su questo bisogna investire.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA VALLASCAS. Anche se non rientra propriamente nelle competenze di Assoidroelettrica,, vorrei fare un cenno alla rete idrica.
  Il sistema idrico in generale ha bisogno di energia. Noi riceviamo l'acqua, ma quest'acqua deve essere fornita a una certa pressione, per cui si spende energia per fornire questa pressione. Vorrei sapere, per quanto di vostra competenza, se è possibile fare già efficienza energetica, quindi recuperare quell'energia che viene immessa della rete idrica, o se in Italia la condizione è già ottimale, e quindi sono già stati fatti tutti gli opportuni atti per rendere il sistema efficiente.

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  PAOLO TAGLIOLI, direttore di Assoidroelettrica. Sulle reti sicuramente sono stati Pag. 7compiuti degli importanti passi, ma se ne possono compiere ancora.
  Noi abbiamo acquedotti di fondovalle, dove effettivamente il pompaggio ha bisogno di energia. Abbiamo, invece, acquedotti alpini e acquedotti montani, dove abbiamo dei dislivelli dove nel passato sono stati inseriti degli smorzatori di pressione. In quei contesti si possono inserire delle turbine che generano energia.
  Ovviamente, da una parte abbiamo acquedotti che richiedono energia, che necessitano di energia, che può essere prodotta da fonti rinnovabili o da fonti fossili; dall'altra parte, abbiamo acquedotti che possono produrre anche in quantità importanti energia da fonti rinnovabili. Diciamo che nel governo del Paese, anche se il soggetto utilizzatore magari non è lo stesso che produce l'energia, però i due aspetti, produzione e consumo, si possono sicuramente bilanciare con indiscussi benefìci in termini ambientali.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Assoidroelettrica e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Assogas – Associazione nazionale industriali privati gas e servizi energetici.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Assogas – Associazione nazionale industriali privati gas e servizi energetici.
  Nel dare la parola al direttore generale di Assogas, Giampaolo Russo, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  GIAMPAOLO RUSSO, direttore generale di Assogas. Ringrazio per l'attenzione e per la disponibilità alla partecipazione di Assogas a questa sessione della Commissione.
  Assogas è un'associazione che rappresenta degli operatori della filiera del gas, della filiera completa, e ha una caratteristica precipua, che è quella della dimensione degli associati: associati privati, tutti italiani, scollegati da incumbent. È un po’ un punto di forza, perché ci consente di avere una buona omogeneità nella costruzione delle nostre posizioni e di lavorare in un radicamento territoriale che deriva anche dalla storia delle nostre imprese.
  Riguardo al Piano integrato energia e clima, la preoccupazione che ci è balzata agli occhi vedendo questo documento è che sembra trascurare ed essere un po’ scevro da una valutazione di ciò che è oggi il sistema energetico italiano, sembra aver trascurato i patrimoni esistenti infrastrutturali degli odierni mix energetici esistenti. Dalla presentazione, da un lato cogliamo l'opportunità di un contributo, dall'altro credo sia importante, anche per la storia degli ultimi anni dello sviluppo del sistema energetico, avere una contezza della sostenibilità sia tecnica sia economica del processo di decarbonizzazione del nostro Paese, comunque un processo che non mettiamo assolutamente in discussione.
  Dal dibattito degli ultimi anni credo che si sia rischiato di considerare elettrificazione come sinonimo di decarbonizzazione. Io credo che le due cose vadano nettamente distinte. La decarbonizzazione, obiettivo molto importante che ci si persegue di realizzare al 2050, a nostro avviso dovrebbe avere sempre come faro di riferimento la neutralità tecnologica, cioè la capacità di individuare le soluzioni migliori per conseguire quell'obiettivo, ma senza avere una preclusione a soluzioni che massimizzino il ritorno in termini di decarbonizzazione e di sostenibilità dei costi.
  Secondo gli obiettivi che oggi il Piano ci vuole indicare, abbiamo una crescita da fare in poco più di dieci anni del 60 per cento delle energie rinnovabili, tra l'altro con un contributo molto rilevante di questa crescita affidato alle cosiddette energie rinnovabili intermittenti. Credo che questo possa rappresentare un problema per il sistema energetico, perché tende a trascurare oggi il mix energetico dal quale si Pag. 8parte e quali sono oggi i fabbisogni che questo mix energetico tende a soddisfare.
  Il gas non è sostituibile in alcuni processi industriali. Questo è, secondo me, un elemento importante. Non è un problema di competitività di alcuni settori. Parlo, in particolare, come vedremo anche dopo, del siderurgico, del cartario, del chimico. Questi settori hanno difficoltà tecniche, date le temperature di esercizio di alcuni processi, a sostituire il valore della fonte gas con quello del vettore elettrico. Questo rende per quei settori un dato di incomprimibilità dei consumi.
  Dall'altro lato, abbiamo anche una capacità storica nell'altro grande settore di assorbimento della domanda di gas residenziale, di assorbimento con caldaie con uso per gli apparati di cucina: se dovessimo immaginarne la sostituzione, in chiave meramente teorica, di togliere il gas da tutti gli appartamenti per raffrescamento, riscaldamento e acqua sanitaria, dovremmo avere una potenza installata di generazione elettrica – vedremo come, se a gas o da fonte rinnovabile – quasi doppia rispetto a quella attuale.
  Occorre gradualità e occorre verificare, in ogni caso, quali sono le modalità più efficaci per rispondere alla domanda, tenendo conto che ogni crescita sensibile dell'assorbimento e del consumo del vettore elettrico ha un'implicazione non solo nella generazione, ma anche nella capacità delle reti di servire questo mercato potenziale. Eventualmente, toccheremo anche molto rapidamente il tema della mobilità.
  Secondo noi, il gas può avere un contributo anche molto importante nel processo di efficientamento energetico. Lo vediamo con due famiglie di esempi. Cito un dato che recentemente SNAM ha messo in evidenza in una presentazione. Su Milano si stima che il riscaldamento sia coperto per il solo 4 per cento con caldaie a gasolio. Questo 4 per cento su Milano rappresenta il 77 per cento delle emissioni dell'area urbana di Milano in tema di PM10. La sola capacità di sostituire il parco riscaldamento di caldaie altamente inquinanti con caldaie a condensazione, o ancor meglio con pompe di calore a gas, avrebbe un recupero di efficienza e un impatto di produzione delle emissioni estremamente forte. Ripeto che il 4 per cento delle caldaie a gasolio equivalgono al 77 per cento delle emissioni di PM10.
  Le pompe di calore a gas che hanno un'efficienza fortemente accresciuta, tra l'altro, non risentono, come quelle elettriche, delle curve termiche: quelle elettriche hanno un problema a servire zone climatiche molto fredde e zone climatiche molto calde; le pompe di calore a gas, invece, coprono l'intera curva. A nostro avviso, sarebbero la soluzione più efficiente.
  Nella normativa recente, però, abbiamo visto entrare in vigore degli obblighi sui nuovi edifici che, per esempio, pongono il vincolo di avere la copertura del 50 per cento con energie rinnovabili. Solo a dicembre 2018, il Ministero dello sviluppo economico ha inserito nel calcolo del coefficiente anche le pompe di calore a gas per la componente riscaldamento. C'è, quindi, anche tutto un tema di normazione secondaria tecnica da parte del ministero che non aveva tenuto in conto della capacità di queste pompe di calore di essere efficienti e, nel contempo, di generare delle energie rinnovabili nel loro processo.
  Quando tocchiamo due altri capitoli, secondo me molto rilevanti, ovvero quello della sicurezza energetica e quello del mercato interno, vediamo il ruolo tradizionale che il gas ha avuto e anche le rotte di importazione del gas. Spesso, c'è un dibattito incentrato anche sul fatto che l'Italia abbia o meno una dotazione infrastrutturale ridondante rispetto ai propri consumi.
  Credo che nel perimetro di esercizio del PNIEC (Piano nazionale integrato per l'energia ed il clima) si debba tenere conto dal fatto che una rotta di approvvigionamento andrà a sparire nei prossimi anni, la rotta algerina, servita dal gasdotto Transmed. La SEN del 2017 aveva individuato, ritenendo che i consumi di gas non fossero eccessivamente comprimibili – sono intorno ai 75-80 miliardi di metri cubi stabili fino al 2030 – l'esigenza di un nuovo rigassificatore, oltre alla rete di infrastruttura esistente, a cui si aggiunge anche il TAP (Trans-adriatic pipeline) in fase di realizzazione. Pag. 9
  Un elemento molto importante nel dibattito è anche il seguente: io ho energie rinnovabili intermittenti; come copro l'intermittenza? Con gli accumuli elettrici, con gli stoccaggi, con delle centrali termiche che hanno capacità di rampa, com'è chiamata, molto rapide per coprire la nuvola o la caduta di vento, come accaduto la settimana scorsa in Italia.
  Pochi, però, credo ricordino che lo stoccaggio di energia effettuato attraverso la fonte gas ha un costo di 5 euro a megawattora che si confronta con un costo di 220 euro a megawattora con gli accumuli al litio, quindi abbiamo 5 euro contro 220 euro. Credo, anche qui, che negli esercizi di innovazione tecnologica una capacità di attendere una maturazione del mercato maggiore sugli accumuli potrebbe rendere il sistema molto meno oneroso, dunque con dei costi in bolletta molto più contenuti.
  Farei un accenno a un tema che so molto caldo, spesso ritenuto un po’ delicato, il rapporto tra costi e opportunità.
  La decarbonizzazione non è in discussione, e anzi è un obiettivo che tutti noi condividiamo. Forse, è un peccato lasciare il gas che abbiamo nel suolo italiano, per il quale c'è chi parla di 200-300 miliardi di metri cubi, chi di un po’ di più, e comunque i dati ufficiali vanno dai 100 miliardi in su di riserve. Nel 2050, quando il gas non servirà più, il valore in termini di costo/opportunità sarà pari a zero.
  Tenderei a dire che, più che facilitare la realizzazione di nuove infrastrutture andando a Cipro per promuovere progetti nuovi, potrebbe essere importante un'attenzione al ruolo che l'estrazione nazionale può avere in termini di contributo alla guida del mercato e per la competitività del sistema Paese, al di là degli investimenti, dell'occupazione e delle royalties. Credo che uno spazio per il dibattito ci debba essere. Poi la scelta rimane politica, ovviamente, ma uno spazio per il dibattito ci dovrebbe essere, anche tenendo conto che è un costo di estrazione tanto più basso. Le stime Nomisma mi danno un costo medio di estrazione del gas in Italia tra i 3 e i 5 euro a megawatt ora contro un 22 euro a megawatt ora, tendenzialmente, del mercato del punto di scambio virtuale del gas, PSV, il mercato di riferimento italiano. Abbiamo di nuovo, quindi, un vantaggio economico importante. So che è un tema sensibile, ma credo sia opportuno ragionarci, pur non avendo Assogas società attive nell'estrazione, quindi parliamo proprio di composizione di un mix energetico più efficiente per l'utenza.
  Mi avvio alla conclusione, per lasciare spazio ad eventuali domande, e passo all'esame del patrimonio infrastrutturale che abbiamo in Italia. Non sfugge a nessuno che il mercato italiano ha avuto un'importante riforma col decreto Letta, nel 2000, che prevedeva un percorso di liberalizzazione degli attori e del mercato. Questo percorso aveva anche individuato nella distribuzione del gas attraverso il meccanismo delle gare un momento molto importante. Ecco, noi tra un anno facciamo vent'anni e non abbiamo ancora fatto una gara.
  Il tema è: è in terapia intensiva, è in rianimazione o è morto quel percorso? Dovremmo capire dove ci collochiamo. Credo che sia importante almeno porsi la domanda, e forse la domanda del ruolo che le infrastrutture possono avere sia per servire il biometano, sia per servire, domani, l'idrogeno, per il power-to-gas, sia per servire i clienti che ancora ci sono. Mantenere un patrimonio efficiente è meglio che non averlo. Dall'altro lato, rivedere il meccanismo di gara significa anche domandarsi perché non sono partite le gare e il ruolo che hanno.
  Probabilmente, riconoscere in maniera corretta il valore delle reti – parliamo di un valore, di una manovra tendenzialmente superiore ai 2 miliardi di euro – che fino a oggi si è trascurato, può offrire un incentivo diverso ai territori e agli enti locali per mettere in piedi questo processo di gare.
  Tra l'altro, se ragioniamo in termini di decarbonizzazione, questo processo significa forse anche rivedere la durata, cioè mettere la durata sincronizzata con l'uscita del gas al 2050. Non ha senso fare uno sforzo così grande per dodici anni se poi ho un orizzonte temporale per cui, dopo dodici Pag. 10 anni, metto le reti gas fuori mercato perché tendenzialmente non avrò più bisogno del gas.
  Inoltre, oggi il binomio vettore elettrico/fonte gas è sempre più in discussione per questa interazione. Oggi, abbiamo le concessioni sull'elettrico che valgono da trent'anni e quelle sul gas da dodici. Forse, anche un'armonizzazione delle normative avrebbe un senso. Ripeto: enti locali, beneficio in termini di valorizzazione delle loro quote, semplificazione delle norme, rivedendo anche la durata. Credo questo potrebbe essere uno stimolo per dare un riassetto del mercato della distribuzione, per ora ancora indispensabile per il funzionamento del sistema Paese, nell'ottica della piena decarbonizzazione al 2050.
  Mi avvio davvero alla conclusione con tre messaggi fondamentali che vogliamo veicolare.
  Ripeto che per noi sostenere la decarbonizzazione deve abbinarsi a un'analisi, a una riflessione sulla competitività e la compatibilità dei costi. Tendiamo a dimenticare o a non avere chiaro in mente che negli ultimi dieci anni abbiamo sostenuto una spesa di 100 miliardi in bolletta per le fonti rinnovabili. Corretto, giusto, è un obiettivo che si voleva, ma forse non a questo prezzo. Le abbiamo pagate così care forse perché abbiamo fatta una rampa molto veloce all'inizio, quando i costi delle fonti rinnovabili, del fotovoltaico in particolare, erano molto forti.
  L'invito è ad avere una progressività maggiore per non rifare lo stesso errore che vale sugli accumuli, ma vale soprattutto sulla mobilità elettrica. È un po’ il tema precedente. Oggi, si presume di portare avanti la mobilità elettrica in un rapporto uno a uno, cioè vado via col motore endotermico ed entro col motore elettrico, ma bisogna tenere conto del costo e dell'impatto sulle reti, di cui si parla molto poco, cioè di quanto devo investire in nuove reti. Quando una macchina elettrica va in ricarica, assorbe l'equivalente di 150 appartamenti. Vuol dire che potenzialmente avremo macchine anche più piccole. Sono 450 chilowattora.
  Bisognerebbe dare il senso dell'impatto che si può avere su delle aree urbane, già a reti congestionate, d'estate in particolare, se ho un parco elettrico importante. Soprattutto, bisognerebbe ragionare sull'elettrico su trasporti pubblici e sulle auto a metano per il trasporto privato. Nel mentre, sappiamo che da qui a quindici anni avremo nei centri urbani le auto senza guidatore, le driverless, che avranno un tasso di sostituzione non più di uno a uno, ma di uno a venti.
  Si tratta di un investimento fortissimo su un prodotto importato, tra l'altro con delle componenti geopolitiche non banali. Il 90 per cento delle batterie al litio deriva da controllo o interessi cinesi. Finché non avremo batterie al sodio o al grafene, forse valuterei anche in termini geopolitici il consegnarci a qualcuno che può a un certo punto far aumentare i prezzi. Non correre significa valutare, riflettere, tenere in conto questi elementi.
  Non cito i vari studi del Consiglio nazionale delle ricerche e dell'Agenzia europea dell'ambiente, che dicono che l'intero ciclo di vita di un'auto elettrica ha un impatto emissivo non così diverso da quello di un'auto a gasolio, addirittura. La parte di estrazione del litio dalle Terre Rare e la parte di smaltimento hanno un impatto emissivo estremamente rilevante.
  Per noi, il gas non è sostituibile. Come dicevo prima, poi, abbiamo una rete, un investimento che è stato già pagato dal Paese, un valore importantissimo, che è appunto quello della rete di trasporto e distribuzione del gas: prima di dismetterlo, magari riconoscendo agli operatori anche una parte di indennizzo, valuterei attentamente il rapporto costi/benefìci rispetto a un'elettrificazione così massiccia.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCA SQUERI. Grazie per l'approfondimento.
  Io giudico interessante, ancorché insufficiente, quello che in queste audizioni sentiamo Pag. 11 sulla corsa all'elettrificazione, che tra l'altro premia sia la SEN sia il PNIEC, vale a dire sentire voci competenti che attenzionano su come non sia il percorso migliore quello di puntare sull'elettrificazione a prescindere dall'obiettivo dell'incremento delle rinnovabili.
  Detto questo, ho sentito dire che come Assogas privilegiate lo sfruttamento dei giacimenti interni di gas: non ritenete anche importante diversificare l'approvvigionamento dall'estero? Evviva il TAP, che finalmente si è sbloccato ed è venuto meno il folle intento di impedirlo. Valutate la necessità di ulteriori tubi che dall'estero arrivino in Italia?

  GIANLUCA BENAMATI. Per quanto mi riguarda, le risposte possono essere anche inviate per scritto, qualora non si rientri nei tempi stabiliti per l'audizione.
  Mi riallaccio a quello che diceva il collega Squeri. Non voglio aprire un dibattito sull'elettrificazione, per cui mi tengo sul tema del gas. Relativamente alla questione dello sfruttamento delle risorse interne, eminente questione politica, variabile tipica di queste Aule – al momento, così è – lei, dottor Russo, ha parlato di TAP, di un rigassificatore, se ho capito bene mettendo anche qualche dubbio sulla necessità del corridoio da Cipro ipotizzato nella SEN: ho capito bene o ho capito male su questo? Nell'ambito del tema di quanti tubi, questa infrastruttura era compresa nella SEN.
  Per quanto riguarda la transizione, non entro nel discorso dell’automotive, perché credo sia profondamente sbagliato quello che si sta facendo sull’automotive. Lei ha detto una cosa molto giusta: probabilmente, il plug-in come lo sviluppo elettrico di questo momento non è neanche la versione finale dell'elettrico. Serve una ricerca, uno sviluppo ulteriore, e probabilmente qualche anno in più per le versioni finali. Il tema di avere questa transizione, in cui l'incentivazione e il ruolo dell’automotive privato a gas sono riconosciuti, sarebbe stato opportuno, ma, anche qui, è una decisione politica.
  Pongo, invece, un'altra questione. Noi usciamo dal carbone nel 2025, almeno quello è l'intento, ma una serie di infrastrutture a gas sono necessarie. Il quadro attuale di applicazione della SEN che arriva attraverso il piano, lo vedete congruente in questo? Pensate che sia sufficiente come risposta? C'è infatti una discussione in atto anche su queste infrastrutture, diciamolo francamente.

  MARCO RIZZONE. Vorrei un chiarimento sul discorso che si faceva a proposito dell'andare verso la decarbonizzazione nel 2050 e del fatto che il valore del gas, delle nostre riserve, tenderà a zero. In realtà, però, se in Italia andiamo verso una decarbonizzazione, non è che il valore intrinseco del gas a livello mondiale come riserva vada a zero. È come dire che, non usando più le monete d'oro, il valore dell'oro scende. Vorrei che chiarisse questo punto in relazione all'estrazione del gas.

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  GIAMPAOLO RUSSO, direttore generale di Assogas. Grazie molte per le domande.
  Quanto alla prima domanda sulla diversificazione, e in parte risponderò anche all'onorevole Benamati, la diversificazione che abbiamo noi in termini geografici è sempre stata ritenuta molto ampia. Nei decenni, abbiamo considerato come fattore di rischio il fatto che una parte del gas venisse da aree considerate politicamente instabili o in grado di porre un ricatto a noi e anche all'Europa, cominciando dalla parte instabile Libia, e poi abbiamo Algeria ed Egitto, i tre punti maggiori di importazione.
  Con la diminuzione dei flussi di gas dell'Algeria, e devo dire anche con il problema della fine della vita tecnica del collegamento del Transmed, che va verso i quarant'anni – un tubo a mare di quarant'anni infatti comincia a essere un po’ vecchio – e non avendo più un flusso tale da far sì che si possa investire su un nuovo gasdotto dall'Algeria, di fatto abbiamo una rotta che tendenzialmente va a chiudersi in termini di gasdotto; più che ragionare su altri tubi, credo quindi sia più facile ragionare Pag. 12 con liquefattori all'estero che di rigassificatori in Italia.
  Da quando è stata rivista la normativa di Livorno, comincia a girare in maniera abbastanza adeguata, sappiamo tutti che c'è una capacità di rigassificazione estremamente ampia in Spagna, ma sappiamo anche che non si riesce a «sbottigliare» il collo tra Spagna e Francia, quindi quello è un potenziale europeo che non viene esperito. Se, poi, ragioniamo in termini di indipendenza energetica rispetto ai rischi di altri Paesi, penso che per il nostro Paese sia importante avere un altro rigassificatore, come diceva la SEN.
  Non parlo tanto, e qui mi riallaccio anche alla domanda dell'onorevole Benamati, di un altro gasdotto. Personalmente, ho avuto il privilegio – per altri, magari è un onere, una vergogna – di portare a casa il progetto TAP come amministratore delegato.
  Relativamente a un altro gasdotto che venga su quella rotta, in particolare l'EastMed, che affronta alcuni rischi e costi molto elevati, tenendo conto che sono tanti giacimenti non facilmente collegabili, dicevo che vedo più facilmente o un liquefattore su Cipro o l'utilizzo delle FNG, le navi liquefattori, che poi possono contribuire a collegare diversi giacimenti. Vedo Israele verso Egitto e vedo Cipro e il Levante che possono utilizzare questa tecnica, piuttosto che un gasdotto il cui costo minimo è di 7 miliardi di euro.
  Quando ragionavamo sul TAP, opera che nel suo complesso fa 45 miliardi di dollari, ho sempre pensato e continuo a pensare che sarebbe stato l'ultimo grande progetto che andava a nutrire il mercato europeo, che è un mercato in declino del gas, perché c'è crisi energetica e perché c'è un obiettivo di rinnovabili. Sappiamo che il gas liquido tendenzialmente va moltissimo in Asia, perché ci sono fabbisogni crescenti in India, in Cina, per la grande gioia degli australiani. C'è anche il Giappone dopo la crisi di Fukushima. Vedo più un intervento con rigassificatore con mercato liquido, ormai, un mercato su cui gli Stati Uniti hanno puntato moltissimo. Sappiamo della battaglia sul Nord Stream. Non voglio annoiarvi.
  Quanto al tema del carbone al 2025, la mia sensazione è che oggi il 2025 sia domani. L'esperienza autorizzativa che ho avuto sia sul rigassificatore di Rovigo sia sul TAP mi dicono che, se ragiono in termini del triterminale di Terna, oltre alle riserve che ERERA (Ecowas Regional Electricity Regulatory Authority) ha già esposto, tra valutazione ambientale strategica (VAS), autorizzazioni e realizzazione, andiamo sicuramente molto lunghi. Credo che si andrà verso un progressivo phase-out, non a un phase-out netto, al 2025. Ci vuole una road map, invocata a parole, ma ancora non realizzata.
  In particolare, il fattore più critico, tornando alla generazione, ce l'abbiamo sulla Sardegna. Il progetto dorsale è scomparso, i depositi costieri per la loro dimensione non sono in grado di soddisfare il fabbisogno che un ciclo combinato solo, fatto a Porto Torres, nell'impianto di Fiume Santo, già assorbirebbe più di tutti i depositi costieri dell'area, quindi c'è un disallineamento, e una domanda di programmazione energetica sicuramente molto aperta.
  Rispondo all'ultima domanda
  Il discorso dell'onorevole Rizzone è correttissimo, ma ipotizzo, quanto al 2050, che le mie riserve possano avere un valore se le vendo a un altro che le usa. Vuol dire che oggi ho un impatto sicuramente perché importo, quindi pago, promuovo politicamente altri progetti quando ho il gas in casa che mi costa molto meno. Ho un problema di competitività, ho un problema di differenziale di prezzo tra gas Italia e gas Europa, che deriva in parte dal fatto che non ho gas e non ho un hub liquido che faccia benchmark in Europa. Soprattutto, soffro anche della modalità con la quale le tariffe di trasporto in Europa sono costruite. Dal punto di vista economico, se faccio il valore attuale netto, mi conviene tirare le mie riserve fuori adesso e nel 2050, se avrò un problema di gas, troverò sicuramente un mercato liquido dove comprarlo.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Assogas e dichiaro conclusa l'audizione.

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Audizione di rappresentanti
di Assopetroli – Assoenergia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Assopetroli – Assoenergia.
  Nel dare la parola alla dottoressa Gandolfo, segretaria generale di Assopetroli – Assoenergia, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  MADI GANDOLFO, segretaria generale di Assopetroli – Assoenergia. Buongiorno a tutti e grazie per averci invitato.
  Sono Madi Gandolfo, il segretario generale dell'associazione Assopetroli – Assoenergia, e vorrei dirvi due parole innanzitutto sulla nostra associazione, che quest'anno compie settant'anni.
  Assopetroli – Assoenergia è l'associazione che aderisce a Confcommercio e che rappresenta i commercianti e i distributori di prodotti energetici che operano sia sulla rete (distribuzione di carburante) sia sull'extrarete (prodotti petroliferi per l'agricoltura, per l'industria, per la marina e per l'aviazione).
  Ci tengo a sottolineare la seconda parte del nostro nome, Assoenergia, in quanto la nostra associazione negli anni si è evoluta, si è ampliata, e una grande parte dei nostri operatori si occupa anche o esclusivamente di efficientamento energetico, di risparmio energetico. I nostri associati, riuniti insieme, coprono circa il 75 per cento del fabbisogno del mercato nazionale della distribuzione, distribuendo i prodotti energetici e petroliferi.
  Parliamo ora del Piano nazionale integrato energia e clima, che siamo qui convocati a commentare.
  La prima cosa che ci teniamo a dire è che gli obiettivi che tutti vorremmo raggiungere potrebbero secondo noi essere raggiunti soltanto attraverso l'istituzione di un'unica cabina di regia, cioè di un'autorità dell'energia che possa essere l'interfaccia certa e competente, in grado di portare avanti gli obiettivi di policy che il piano si propone.
  Le decisioni che devono essere prese, vista la complessità dello scenario energetico e climatico, chiamano in causa una platea molto ampia ed eterogenea di stakeholders, dagli interessi talvolta contrastanti. L'auspicio della nostra associazione è che le decisioni siano prese in maniera trasparente e a seguito dell'imprescindibile confronto con tutti i soggetti chiamati in causa, nel rispetto dei princìpi della neutralità tecnologica e della sostenibilità.
  Entriamo ora più nel dettaglio. Partiamo dalla dimensione della decarbonizzazione.
  A questo proposito, ci preme sottolineare che, nonostante gli enormi progressi compiuti dalle tecnologie motoristiche e nonostante i carburanti tradizionali siano ora, come tutti sappiamo, miscelati in misura crescente con i biocarburanti, nel Piano si legge ancora che il Governo intende promuovere una progressiva riduzione di autoveicoli con motori diesel e benzina al fine di contenere le emissioni, e conseguire quindi gli obiettivi dall'Accordo di Parigi.
  Vorrei precisare che, come studi terzi riportano, i motori Euro6, alimentati a diesel e a benzina, consentono di rispettare questi limiti di emissioni anche durante la guida in condizioni reali. Per questo, quello che riteniamo essenziale è lo svecchiamento del parco circolante italiano, notoriamente tra i più vetusti d'Europa. È questo che deve essere incentivato, a prescindere dal tipo di motorizzazione. Non possiamo mettere al bando un diesel Euro6, perché sarebbe una discriminazione totalmente ingiustificata.
  Inoltre, grazie alle novità introdotte dalla direttiva DAFI (Deployment of alternative fuels infrastructure) dal 2017 e al fisiologico rinnovo dei mezzi circolanti, sarebbe possibile raggiungere questi target ambientali puntando su un parco auto costituito, oltre che del richiamato Euro6 benzina e diesel, da un maggior numero Pag. 14di veicoli a GPL, metano e ibridi. Quest'ultima soluzione ci appare preferibile, in quanto capace di coniugare e massimizzare i vantaggi sia ambientali sia economici.
  Comunque, in linea generale il nostro auspicio è che le valutazioni vengano fatte sulla base di analisi dell'intero ciclo di vita dei carburanti e dei propulsori, tenendo in considerazione le immissioni dalla fase di produzione, generazione, fino al consumo finale.
  Passiamo ora a parlare del settore del riscaldamento, e qui torniamo nuovamente alla questione di un approccio tecnologicamente neutrale.
  Nel Piano si legge che è necessario sostituire gli impianti altamente emissivi, quali ad esempio caldaie a gasolio e impianti a biomasse non efficienti, con tecnologie a bassa emissione e alta efficienza. Ci terremmo a sottolineare che la sostituzione delle caldaie è già avvenuta, che le poche caldaie rimaste sono dovute alla difficoltà del cambiamento delle stesse. Parliamo di zone non metanizzate, dove quindi la caldaia o il pellet, che però come sappiamo è molto più inquinante, sono gli unici sistemi per il riscaldamento. La persistenza di una quota residuale di impianti è da imputare a difficoltà oggettive nella sostituzione degli impianti stessi e al costo. Noi abbiamo calcolato che per ogni condominio a cui si imponesse di cambiare la caldaia, il costo si aggirerebbe tra i 60.000 e gli 80.000 euro.
  Noi abbiamo una proposta che stiamo portando avanti da anni, però purtroppo non abbiamo ancora avuto un riscontro positivo. Speriamo che magari dopo quest'audizione troviamo dei sostenitori.
  Noi diciamo: sostituiamo, invece della caldaia, il prodotto che viene bruciato, quindi sostituiamo il gasolio per riscaldamento, che ha un parametro di zolfo pari allo 0,1, con il gasolio per autotrazione EN 590, che ha un parametro di zolfo dello 0,001, e cioè parliamo di 10 ppm.
  Questo comporterebbe che il consumatore non dovrebbe cambiare la caldaia, che l'ambiente se ne gioverebbe ampiamente e che le nostre aziende potrebbero comunque continuare a vendere un prodotto. Ripeto che siamo commercianti, non siamo i raffinatori, e vendere un prodotto energetico al posto di un altro per noi è esattamente la stessa cosa. E se possiamo fare qualcosa per l'ambiente, saremo ben contenti di farlo. Speriamo che questa nostra proposta venga finalmente adottata a livello nazionale. Si tratta di una soluzione immediatamente applicabile che non richiede nessuna sostituzione o cambiamento della caldaia. Vi lasceremo agli atti uno studio fatto da una parte terza, l'istituto Palmer, il Parco scientifico e tecnologico del Lazio meridionale, e da Innovhub, la stazione sperimentale dell'industria.
  Passiamo ora a commentare un altro pilastro del piano, la dimensione dell'efficienza energetica, di cui va considerato l'ampio raggio di azione in pressoché qualsiasi ambito, dai trasporti alla produzione di energia, all'illuminazione, ai comparti civili e industriali.
  A nostro avviso, la realizzazione di interventi strutturali di efficienza energetica può avere una rilevante importanza nel nostro sistema economico dal punto di vista sia occupazionale sia del ritorno degli investimenti, contribuendo così allo sviluppo dei comparti industriali, commerciali e artigiani.
  In questa direttrice di particolare importanza, come è noto, c'è il ruolo delle ESCo (energy service company), le società di servizi energetici, che con la loro attività contribuiscono allo sviluppo del settore. Ripeto che tante delle nostre aziende sono delle ESCo. Ci occupiamo di efficientamento energetico. È un argomento che a noi sta molto a cuore.
  Rileviamo, però, delle criticità. Gli interventi di riqualificazione degli impianti richiedono investimenti iniziali che non sempre sono nella disponibilità del committente, e il meccanismo delle agevolazioni fiscali consente il recupero degli investimenti in un arco temporale – lo sappiamo tutti – troppo lungo. Inoltre, riscontriamo difficoltà di reperire adeguati strumenti finanziari per l'esecuzione degli interventi. C'è poca conoscenza da Pag. 15parte sia degli enti pubblici sia dei soggetti privati, e una scarsa diffusione dei contratti EPC (energy performance contract). In ultimo, i tempi di ritorno dell'investimento sono incerti, perché legati all'instabilità dei meccanismi di incentivazione.
  Tra le misure elencate del Piano per il conseguimento dei target di efficienza energetica stabiliti dalla direttiva europea in merito, ricordiamo: il meccanismo dei certificati bianchi; le detrazioni fiscali; il conto termico; il fondo nazionale per l'efficienza energetica. Farò un breve commento su ciascuno di questi.
  Il meccanismo dei certificati bianchi deve tornare a essere una leva effettiva per gli investimenti nel settore. Gli interventi necessari sono sicuramente la semplificazione della gestione operativa delle richieste, permettendo un confronto diretto tra il gestore degli incentivi, il GSE, e gli operatori.
  Per quanto riguarda le detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica e il recupero del patrimonio edilizio esistente, riteniamo che non sembra esserci esplicitata la volontà del legislatore di rendere la cessione del credito legata ad agevolazioni fiscali, quindi uno strumento per incentivare gli investimenti. La criticità maggiore resta la scarsità di finanza, che potrebbe essere superata solo consentendo la cessione del credito alle banche o a istituti finanziari anche per i contribuenti diversi da quelli che si trovano nell'area no tax. Inoltre, per scongiurare casi speculativi, l'incentivo dovrebbe essere modulato sull'effettivo risparmio energetico generato.
  Per quanto riguarda il conto termico, vorremmo segnalare la necessità di superare alcune limitazioni oggettive nell'applicazione del meccanismo stesso. Anche in questo caso, riteniamo necessaria la possibilità di un confronto diretto con il gestore degli incentivi.
  Infine, il fondo nazionale per l'efficienza energetica è uno strumento che abbiamo atteso da ben quattro anni, e la consultazione, come sappiamo, si è appena chiusa, proprio un mese fa. Ribadiamo, quindi, l'urgenza di dare rapida operatività a questo strumento.
  Passiamo velocemente a parlare del settore dei trasporti. Ci preme ricordare che l'Italia sarà chiamata a recepire la revisione della direttiva sull'efficienza energetica, che introduce la possibilità di inserire un nuovo regime obbligatorio di efficienza energetica specifico per il settore dei trasporti, in particolar modo per i distributori di carburante e per i commercianti al dettaglio di carburante. Poiché la direttiva lascia agli Stati membri la facoltà di includere o meno i distributori e i commercianti di carburanti, vorremmo cogliere l'occasione per suggerire di propendere per l'esclusione di tali soggetti, in quanto gravare di ulteriori oneri i distributori di carburante non comporterebbe sostanziali miglioramenti in termini di efficientamento energetico. Tali soggetti, infatti, già adempiono a numerosi obblighi in materia di efficienza energetica, e per esempio hanno l'obbligo di installare pannelli solari sugli impianti di distribuzione di nuova costruzione, per cui il beneficio incrementale ottenibile con l'imposizione di ulteriori obblighi sarebbe veramente del tutto marginale.
  Riteniamo, piuttosto, che i migliori risultati si potrebbero ottenere puntando con decisione sul settore residenziale. Il parco immobiliare italiano è stato definito un vero colabrodo da Legambiente stessa, che nel 2017 ha fatto uno studio in merito che ha evidenziato che l'82 per cento degli edifici è stato costruito prima dell'entrata in vigore della normativa in materia di efficienza energetica, per cui la maggior parte degli edifici italiani si trova in condizioni molto difficili, presenta dispersioni termiche di varia entità, che li rende caldi in estate e freddi d'inverno. Un carente isolamento termico degli edifici significa un maggior consumo di energia sia d'estate sia d'inverno.
  L'ultimo censimento dell'ISTAT ha rivelato che in Italia le famiglie che possiedono la casa in cui vivono sono, come ben sapete, oltre il 70 per cento, e quindi appare evidente come le famiglie siano tra i soggetti principali da coinvolgere per Pag. 16fare efficienza in modo sistematico, capillare ed efficace.
  A oggi, come dicevamo, la domanda di efficientamento energetico è ancora piuttosto bassa. Molte famiglie non sono a conoscenza dell'esistenza degli incentivi e dei servizi offerti dalle nostre ESCo, mentre altre, pur essendone informate, non vi si avventurano per timore di rimanere bloccate nelle maglie della burocrazia e per la difficoltà nel reperire e comprendere tutte le informazioni necessarie.
  Oltre alle già citate ESCo, ai fondi e agli energy performance contract, un ulteriore modo di fornire sostegno ai proprietari delle case durante tutto il processo di ristrutturazione potrebbe essere nuovamente quello della creazione di uno sportello unico, una singola cabina di regia anche in questo caso, una one-stop-shop presso cui il cittadino possa ottenere tutte le informazioni necessarie. Questa è una proposta che tra l'altro è già emersa ed è stata sostenuta dagli eminenti partecipanti alla prima Tavola rotonda nazionale sul finanziamento della riqualificazione energetica degli edifici che si è tenuta a Roma quasi un anno fa, nel maggio 2018, organizzata dalla Commissione europea in collaborazione, tra gli altri, con il Ministero dello sviluppo economico e con l'ENEA. E non dobbiamo dimenticare gli immobili della pubblica amministrazione, che di certo non versano in condizioni migliori.
  In ultimo, vogliamo parlare della dimensione della sicurezza energetica e del mercato interno dell'energia.
  Nonostante la crisi dei consumi e la crescita delle fonti rinnovabili di energia, come illustrato negli scenari presenti del Piano, i prodotti petroliferi avranno ancora per molti anni un ruolo centrale per la sicurezza energetica del Paese e per la copertura della domanda nazionale nel trasporto e in diversi ambiti industriali.
  Assopetroli-Assoenergia rappresenta circa il 50 per cento della rete distributiva di carburante e di prodotti energetici in Italia. Quest'infrastruttura è diffusa in modo capillare su tutto il territorio e garantisce l'accesso sicuro e affidabile ai carburanti e ai combustibili, persino nelle zone più impervie, isolate e prive di accesso ad altre fonti di energia.
  Considerata l'infattibilità tecnica della dismissione degli idrocarburi ancora per diversi decenni, riteniamo che la stabilità del quadro regolatorio sia una precondizione per non bloccare gli investimenti in ambito industriale e distributivo, investimenti invece necessari per accompagnare la modernizzazione del settore con adeguate prospettive di rientro.
  Per concludere e per tirare le fila, vorrei ricordare i punti salienti della nostra proposta, che sono cinque: l'istituzione di un'unica cabina di regia, di un'autorità dell'energia, che possa portare a compimento in modo integrato gli obiettivi che il Paese si pone; la promozione dello svecchiamento del parco auto, a prescindere dal tipo di motorizzazione, senza immotivate penalizzazioni per specifiche categorie di carburante; la sostituzione degli impianti termici alimentati con gasolio per riscaldamento con i parametri di zolfo dello 0,1 con il gasolio per autotrazione, che, come ho spiegato, ha un parametro di zolfo dello 0,001. Vorremmo, inoltre, che avvenisse il riconoscimento a livello normativo dell'importantissimo ruolo delle ESCo nella promozione degli interventi di efficienza energetica e la soluzione alle criticità ancora aperte relative al meccanismo dei certificati bianchi, del conto termico e della cessione del credito. In ultimo, chiediamo certezza del diritto per stimolare gli investimenti necessari affinché l'infrastruttura di distribuzione dei carburanti possa incrementare la proprio offerta di carburanti alternativi.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCA SQUERI. Gli argomenti sono veramente tanti. Purtroppo, dobbiamo focalizzarci su uno solamente. Mi piacerebbe focalizzare sull'ultimo punto, la rete carburanti, ma la questione che pongo è Pag. 17questa. Secondo Assopetroli – Assoenergia, quanto, soprattutto nella mobilità, la bioenergia, e nello specifico biodiesel e biometano possono contribuire a incrementare il parco rinnovabile dal punto di vista dell'obiettivo comune che abbiamo? In un'audizione svolta ieri abbiamo sentito parlare, per esempio, della possibilità del biometano da utilizzare senza nessuna sostituzione neanche di un pezzo del motore. Da subito si potrebbe, se ho capito bene, intervenire, dando un contributo molto importante a quest'obiettivo da raggiungere.

  GIANLUCA BENAMATI. Intervengo velocemente sulla questione della rottamazione.
  Io penso tutto il male possibile di quello che ha fatto questo Governo in questo settore, però lei ritiene veramente che il Paese sia in grado di avere una politica di rottamazione che, invece di focalizzarsi su modelli avanzati, che possono essere il gas o l'elettrico, possa limitarsi alla sostituzione, magari di una classe o due classi, di Euro nei combustibili tradizionali? Lo chiedo perché nella legislatura scorsa abbiamo fermato questa cosa perché aveva una ricaduta economica inesistente. Non voglio mettere le pezze su quello che si sta facendo col bonus malus, ma mi sembra un po’ troppo ampia la sua proposta.
  Quanto al tema del gasolio, lei vede nella diminuzione dello zolfo il vantaggio vero di sostituire nei residuali, perché poi il gasolio da autotrazione è di qualità superiore, quindi ha anche costi maggiori. Su questo le chiederei qualche informazione in più.
  Ho altre due domande veloci.
  Va benissimo la questione della cessione del credito per rivitalizzare il settore dell'edilizia privata per le ristrutturazioni energetiche. Avete fatto qualche valutazione su quanto questo strumento, opportunamente ampliato, potrebbe aiutare il sistema?
  Infine, la cabina di regia alla quale si riferiva era quella che si prevedeva all'inizio per un generale coordinamento delle politiche energetiche a livello nazionale nell'implementazione della SEN, e quindi dei piani, che ovviamente hanno più livelli territoriali?

  PRESIDENTE. Do ora la parola alla nostra ospite per una replica.

  MADI GANDOLFO, segretaria generale di Assopetroli-Assoenergia. Ho poco tempo per rispondere a tutti, ma saremo ben felici poi di riprendere questi temi, che sono molto importanti.

  PRESIDENTE. Chiaramente, la Commissione è aperta a tutti i contributi, che saranno inviati a tutti i commissari.

  MADI GANDOLFO, segretaria generale di Assopetroli-Assoenergia. Ovviamente, vi manderemo una nota.
  Quando parliamo di rinnovo del parco auto, come ho detto, incentiviamo l'uso di veicoli a GPL, a metano, ibridi, oltre che all'Euro6, quindi non vogliamo soltanto difendere un tipo di diesel magari di stampo vecchio.
  Con questo mi aggancio alla domanda dell'onorevole Squeri sul fattore biogenico nei carburanti. Ripeto che le nostre aziende sono pronte a vendere qualsiasi prodotto, di qualsiasi composizione energetica, che possa aiutare il Paese a «muoversi». Se l'industria è pronta, se il motore è pronto, come diceva lei, alla sostituzione di un prodotto con un altro, noi ovviamente siamo pronti a venderlo. Molti di noi stanno già lavorando anche, appunto, sulla componente bio dei prodotti, stanno investendo anche su questo. L'importante è che il motore, così come l'industria lo ha previsto al momento, così come disponibile, possa usare un prodotto che abbia una componente bio più importante del 7 per cento attuale.
  Per tornare alla domanda dell'onorevole Benamati sul gasolio per riscaldamento, sì, il vantaggio sarebbe soltanto sui parametri di zolfo, ma comunque sarebbe un passo avanti. Ripeto che proponiamo questo passo avanti per coloro che non possono sostituire le caldaie per motivi tecnici, logistici, perché magari dovrebbero spostarle sul lastrico Pag. 18 solare e non lo possono fare, o proprio perché la zona non è metanizzata, e quindi un'ottima soluzione per l'ambiente è quella di sostituire il prodotto che alimenta la caldaia.
  Per quanto riguarda la domanda sull'accesso al credito, vorremmo che questo fosse ampliato, e quindi che il credito possa essere ceduto anche alle banche. Per questo ci stiamo battendo, altrimenti il limite è troppo ristretto e, lo ribadisco, il cittadino ha grande difficoltà a districarsi. Ha bisogno delle ESCo che lo aiutino, ma comunque il problema sussiste, c'è bisogno del vostro aiuto in questo.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Assopetroli-Assoenergia e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.