XVIII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Mercoledì 29 maggio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Morelli Alessandro , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE NUOVE TECNOLOGIE DELLE TELECOMUNICAZIONI, CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA TRANSIZIONE VERSO IL 5G ED ALLA GESTIONE DEI BIG DATA

Audizione di rappresentanti dell'Agenzia
per l'Italia digitale (AgId).

Morelli Alessandro , Presidente ... 3 
Alvaro Teresa , direttrice generale di Agenzia per l'Italia digitale (AgId) ... 3 
Tortorelli Francesco , dirigente di Agenzia per l'Italia digitale (AgId) ... 9 
Alvaro Teresa , direttrice generale di Agenzia per l'Italia digitale ... 10 
Morelli Alessandro , Presidente ... 12 
Barzotti Valentina (M5S)  ... 12 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 12 
Scagliusi Emanuele (M5S)  ... 13 
Morelli Alessandro , Presidente ... 13 
Alvaro Teresa , direttrice generale di Agenzia per l'Italia digitale (AgId) ... 13 
Barzotti Valentina (M5S)  ... 17 
Alvaro Teresa , direttrice generale di Agenzia per l'Italia digitale (AgId) ... 17 
Morelli Alessandro , Presidente ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO MORELLI

  La seduta comincia alle 9.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Agenzia
per l'Italia digitale (AgId).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G e alla gestione dei big data, l'audizione di rappresentanti dell'Agenzia per l'Italia digitale (AgId).
  Ringrazio i rappresentanti dell'AgId per aver accettato l'invito della Commissione. Do la parola alla dottoressa Teresa Alvaro, direttrice generale, per lo svolgimento del proprio intervento introduttivo.

  TERESA ALVARO, direttrice generale di Agenzia per l'Italia digitale (AgId). Buongiorno a tutti. Innanzitutto, grazie dell'invito e dell'opportunità di rappresentare quanto AgId sta mettendo in campo per la digitalizzazione del Paese. Io ho preparato una mia relazione ad assetto variabile. Dipende anche dai vostri interessi sui temi, su che cosa approfondire, su che cosa scendere più in profondità o, invece, su che cosa sorvolare.
  Intenderei darvi, preliminarmente qualche informazione generale sul contesto di riferimento, in particolare in relazione al contesto globale e mondiale, proprio in relazione all'accelerazione delle nuove tecnologie, che impongono a ciascun Paese di adeguarsi a uno scenario con estrema velocità in impetuosa accelerazione.
  In relazione al tema 5G, stime dicono che entro il 2020 passeremo da circa 6,5 miliardi di dispositivi oggi attivi e connessi alla rete a circa 20,8 miliardi, quindi dando vita a un sistema nervoso dell'economia digitale, quella con la quale ci dobbiamo confrontare come Paese se non vogliamo rapidamente trovarci fuori gioco, che impone delle sfide particolarmente impegnative, soprattutto in tema di cyber security e di data protection.
  Riterrei anche di darvi qualche elemento sullo scenario in cui a gente si muove, e quindi quali sono i compiti che ad AgId sono assegnati, senza scendere troppo in particolari, dandovi veramente soltanto una misura della complessità della missione.
  La missione di AgId si può definire in una sola espressione: digitalizzare per crescere, per favorire la crescita del Paese. Qual è la sfida che si trova ad affrontare? Il coordinamento di 22.000 pubbliche amministrazioni. Riducendo a una sola unità il comparto scuola, dobbiamo coordinare l'attività e i piani di sviluppo di 13.500 pubbliche amministrazioni che erogano servizi e che fungono, soprattutto, da enti aggregatori. A queste vanno aggiunte 427 società in house con circa 15.000 dipendenti.
  Ragionando, quindi, in termini anche di clusterizzazione della nostra platea, possiamo senz'altro dire che i maggiori player possono essere ridotti a un numero di 150, Pag. 4in questo ricomprendendo le regioni, le società in house più importanti, gli enti e le agenzie.
  Ovviamente, in tutto questo lavoro di coordinamento dobbiamo verificare l'impatto sulle imprese e i cittadini e come imprese e cittadini vivono la digitalizzazione, come la comprendono, come la attuano.
  Tralascio di soffermarmi sulle attribuzioni e i compiti assegnati ad AgId dalla missione istituzionale.
  Sul tema oggetto dell'audizione vorrei darvi conto di cosa fa AgId nell'ambito delle tecnologie emergenti.
  Si muove a tre livelli. A livello nazionale, individua proprio gli ambiti in cui le tecnologie emergenti possono fungere da acceleratore del tema che abbiamo prima sottolineato, della necessità di adeguarsi come Paese a uno scenario completamente mutato, e colloca quindi progetti, azioni e iniziative nel piano triennale, che è il documento guida per la digitalizzazione del Paese.
  A livello europeo, presidia gruppi e comitati che a vario titolo trattano di tecnologie emergenti in coerenza con le strategie nazionali, quindi porta anche all'interno di questi gruppi e di comitati la nostra visione e la nostra strategia a livello nazionale.
  Si occupa anche di standardizzazione e regolamentazione internazionale anche in quest'ambito; monitora e influenza il processo di standardizzazione. Di particolare rilevanza, AgId coordina il gruppo OCSE, che si occupa proprio di tecnologie emergenti, in particolare di intelligenza artificiale e blockchain.
  Perché tecnologie emergenti e perché il valore dei dati? Tecnologie emergenti 5G, big data, open data sono gli attori di un sistema che deve essere governato partendo dalla variabile principale, cioè i dati. La pubblica amministrazione dispone di un grande patrimonio di dati, che però è sufficientemente valorizzato e immediatamente utilizzabile per quello che può generare in termini di valore. Ci sono dei punti aperti che come Paese dobbiamo affrontare, in particolare come AgId, che dobbiamo affrontare con una strategia condivisa.
  I punti aperti riguardano il fatto che i dati in possesso della pubblica amministrazione non sono diffusamente dati di qualità, pur essendocene una gran mole. L'utilizzo del dato da un punto di vista di intelligenza artificiale, che è poi la sfida su cui si stanno confrontando grandi player internazionali, consiste nell'avere dei dati di grande qualità, e anonimizzati, ovviamente, per non confliggere non solo con le regole, ma anche con le necessità della protezione dei dati.
  Rispetto al tema del valore dei dati i risultati di una recente ricerca mostrano che, una volta definito un buon modello di qualità, su un numero ristretto di dati, ma di grande qualità, all'aumentare della quantità di dati, non si ha un corrispondente miglioramento degli algoritmi o dell'utilizzo degli algoritmi. Questo vuol dire che bisogna lavorare al più presto per un utilizzo massivo, ma di qualità dei dati che abbiamo a disposizione come patrimonio pubblico.
  Quello che credo possa maggiormente interessare questa Commissione è come tutte queste tecnologie possano contribuire allo sviluppo del sistema logistico nazionale, quindi in termini di mobilità di merci e di persone. Di questo vi dirò meglio in seguito per rappresentarvi come questo tema sia stato sviluppato e anche per la prima volta affrontato nell'ultimo piano triennale, quello reso disponibile a febbraio di quest'anno.
  Siccome il problema è particolarmente complesso, richiede un approccio olistico che consideri il sistema nella sua complessità. Nel momento in cui si introducono delle innovazioni, bisogna saper valutare e avere gli strumenti per capire quali sono gli impatti sociali, economici e ambientali che derivano dall'introduzione di questi processi innovativi digitalizzati e dall'introduzione di queste tecnologie emergenti.
  Per questo, nel nuovo piano triennale, ma ripeto che nel mio intervento le slide che seguono ve lo rappresenteranno con maggior profondità, abbiamo introdotto il paradigma smart landscape. Pag. 5
  Qualche parola per presentarvi lo stato della tecnologia 5G in Italia e come questa venga vista da AgId come fattore abilitante per l'affermazione dei princìpi che abbiamo inserito nel piano triennale.
  Questo concetto di smart landscape, che quindi supera il principio di una smart community ridotta alle smart city, ed è invece esteso all'intero territorio nazionale, intende, utilizzando la tecnologia 5G proprio come fattore abilitante, erogare una serie di servizi a cittadini e imprese e alla pubblica amministrazione per l'affermazione di paradigmi quali l'IoT, raccogliendo quindi quantità massive di dati, dove la tipologia di comunicazione possa essere più efficacemente improntata a un colloquio macchina-macchina. La bassa latenza di comunicazione tipica della tecnologia 5G offre, quindi, con questa caratteristica la possibilità di avere delle applicazioni real-time.
  Questo comporta un altro problema, o meglio un'altra opportunità: gli ecosistemi adesso verticali relativi alla difesa, alla sicurezza, alla sanità e alla mobilità, rientrano a pieno titolo nelle applicazioni che sono la missione critica correlata strettamente all'abilitazione della tecnologia 5G. Secondo la nostra visione, il 5G ci consentirà di incentivare iniziative di sviluppo di nuovi servizi digitali, utilizzando quindi anche un approccio olistico, un principio proprio del nuovo piano triennale, che è il principio cloud first, ovviamente con una grande attenzione alla sicurezza e all'affidabilità dei servizi IT offerti.
  Il problema di vedere trasversalmente alcuni temi nel piano triennale, come la sicurezza e la privacy, è fortemente sentito in tutte le azioni comprese nel piano triennale.
  Spero di avervi rappresentato con la dovuta profondità come si tratti, ogni volta che si vuole abilitare una nuova tecnologia, di trovare un sistema di governance della transizione al digitale che consideri tutte le componenti, ma che consideri anche il punto di partenza da cui avviare i processi innovativi. Il piano considera, quindi, che siamo un Paese a più velocità, che siamo un Paese con territori profondamente diversi, che siamo un Paese che non ha raggiunto la stessa maturità digitale in tutte le parti del territorio.
  Il piano si concentra, quindi, dando delle raccomandazioni alle pubbliche amministrazioni per valutare lo stato della propria connettività, proprio perché la connettività è necessaria ai processi amministrativi interni ed esterni, in coerenza anche con il piano nazionale della banda ultralarga.
  Vi ho riportato le linee di azione del piano triennale. Se volete, scendo nei dettagli, ma queste possono essere facilmente rinvenute nel piano. Sono linee di azione che cercano di non lasciare nessuno indietro, di far avanzare pubbliche amministrazioni e territori partendo dall'effettivo stato di maturità.
  Quanto ai modelli e agli strumenti per l'innovazione – questa è una assoluta novità del piano triennale, proprio il paradigma smart landscape – potrete trovare la linea di azione secondo noi ben descritta, perché abbiamo cercato in questo di essere sufficientemente sintetici, ma prendendo a bordo tutte le criticità che fino adesso abbiamo rilevato per quanto riguarda il decollo del nostro sistema logistico attraverso infrastrutture immateriali. Si intende realizzare un primo prototipo per un motore produttivo proprio a supporto della governance del sistema logistico.
  Esaminerò davvero con molta rapidità le principali novità introdotte dal piano triennale, che vanno considerate per avere piena contezza di come devono poi essere sviluppate sul territorio le azioni.
  La principale novità del piano triennale, che lo distingue dal precedente, è di aver introdotto tre dimensioni, in particolare la dimensione impresa, che nel precedente non era assolutamente evidenziata. Si vedono, quindi, le azioni del piano triennale secondo tre aree di intervento per misurare l'impatto su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, le tre aree in attenzione, nel breve, medio e lungo periodo.
  Il nuovo piano triennale ha costruito finalmente una struttura di governance capillare, che si basa proprio sulle molteplicità delle pubbliche amministrazioni di cui Pag. 6dobbiamo coordinare l'azione. È stata costruita via via in implementazione la rete dei responsabili della transizione al digitale, che per legge avrebbero dovuto essere nominati da diversi anni.
  Soprattutto, stiamo supportando i responsabili per la transizione al digitale nel loro ruolo e stiamo dando loro delle leve per poter agire più efficacemente all'interno della pubblica amministrazione in cui operano.
  È evidente che ogni progetto di questa complessità richiede di essere accompagnato da un efficace monitoraggio sia a supporto di chi il piano deve coordinarlo sia a supporto delle pubbliche amministrazioni che devono attuarlo. Su questo stiamo lavorando molto, mettendo a disposizione delle pubbliche amministrazioni strumenti di monitoraggio nell'attuazione del piano.
  L'altro aspetto, riguardo alla smart logistics lo illustrerò in dettaglio più avanti.
  La visione e il metodo che stiamo utilizzando nella realizzazione e nell'impostazione del piano sono quelli tipici dei progetti di innovazione di successo. Un progetto di innovazione di successo, a qualsiasi livello si svolga, richiede il coinvolgimento di tutti gli stakeholder, dalla fase della vision a quella dell’execution, cioè ogni partecipante e ogni attore deve poter conoscere costi, benefici, tempi e modalità di attuazione, altrimenti la resistenza... Sì, ovviamente. Prima la vision, poi gli obiettivi, poi i piani operativi di sviluppo, condivisi con ogni stakeholder. Digitalizzare il Paese significa, infatti, innestare innovazione in ogni territorio e non si può fare a meno né del mercato né delle imprese. C'è, quindi, questo grande lavoro di condivisione strutturato su questo tema.
  L'altro aspetto fondamentale è di mettere finalmente al centro gli utenti, ovvero imprese e cittadini, quindi digitalizzare secondo i loro bisogni. La digitalizzazione diventa un mezzo per semplificare, perché la vera digitalizzazione passa per la reingegnerizzazione dei processi. Bisogna mutare il paradigma. Soprattutto, bisogna mutarlo all'interno della pubblica amministrazione affinché la pubblica amministrazione si trasformi da ostacolo, così come viene vista in termini di generatore di adempimenti burocratici, finalmente in driver di crescita. Questo è importante, perché deve essere finalmente superata la logica dell'adempimento.
  L'altro aspetto riguarda anche utenti, imprese e cittadini, che debbono conoscere le opportunità che vengono loro messe a disposizione e debbono poter esercitare i loro diritti digitali. Su questo il piano triennale porta a bordo una serie di iniziative che tengono conto della cattura della percezione dell'innovazione sui territori.
  Comunque, l'aspetto fondamentale è che qualsiasi progetto di innovazione deve essere affrontato considerando tutti gli aspetti, tutte le ricadute. Spesso, i progetti di innovazione vengono affrontati guardando solo al segmento digitalizzazione e processi. I costi, gli obiettivi e le azioni di un progetto devono, invece, portare a bordo tutte quelle componenti che vedete rappresentate in quella circonferenza: se è stata erogata la sufficiente formazione, che deve essere parte integrante del progetto; l'informazione; se sono state attuate all'interno delle amministrazioni, ma anche all'interno delle imprese che dovranno utilizzare queste innovazioni, le dovute modifiche organizzative.
  Soprattutto, le norme di attuazione devono diventare parte integrante del progetto, cioè i nuovi processi reingegnerizzati devono mostrare la cornice normativa che deve essere costruita in parallelo per poter essere effettivamente attuati. Questo consentirebbe anche di applicare finalmente una chiave di volta per la digitalizzazione che si coniughi perfettamente con la semplificazione e con la deburocratizzazione.
  Questa la rappresentazione di quello che accade oggi. Imprese e cittadini sono il bersaglio di «n» amministrazioni. Ognuna di loro detiene un segmento di controllo. Imprese e cittadini sono utilizzati come veicolo dell'informazione, e quindi sono sottoposti a un carico burocratico moltiplicato per il numero delle amministrazioni con cui devono dialogare.
  La chiave di volta è applicare finalmente il principio once only esteso, ovvero quelle pubbliche amministrazioni debbono comportarsi come un'unica pubblica amministrazione. Pag. 7 Nel piano triennale, nel CAD, nei piani triennali precedenti si parla moltissimo di interoperabilità tra sistemi. Questa è l'interoperabilità da un punto di vista di regole tecniche, ma quello che bisogna fare è raggiungere una reingegnerizzazione dei processi che alla fine metta insieme tutte le amministrazioni perché si comportino come una sola.
  I benefici che derivano da queste impostazioni – alcune amministrazioni hanno già applicato con successo il paradigma once only, un solo invio, un solo controllo – sono assolutamente enormi. Come dicevo prima, c'è la possibilità di agire chirurgicamente sulla normativa, che, come sapete, è assolutamente stratificata e genera degli enormi costi di incertezza su imprese e cittadini. Nel momento in cui, infatti, i nuovi processi saranno attuati, le norme di attuazione indicheranno la nuova cornice normativa e le norme o le normative da abolire.
  È evidente che troveremmo un'immediata riduzione di spesa, perché avremmo una ricaduta positiva anche sul back office delle amministrazioni, che lavoreranno finalmente con processi digitali armonizzati. Ogni amministrazione conserverà il suo segmento di controllo, ma senza far ricadere sul cittadino o sull'impresa quest'onere, perché i controlli saranno finalmente basati sul controllo integrato tramite un'analisi dei rischi basati sul profilo soggettivo dell'impresa o del cittadino, quello che si sta costruendo con il fascicolo dell'impresa.
  Si parlava di integrazione di basi di dati, qualche anno fa. Io vedevo con orrore questo paradigma, perché l'integrazione delle basi di dati è semplicemente un beneficio per l'amministrazione che deve eseguire il controllo, ma non porta benefici al cittadino. Il vero beneficio deriva dall'applicazione senza deroghe di questo principio. I controlli che sarebbero eseguiti sulle imprese, che adesso mediamente ammontano a 23 diversi controlli eseguiti in serie, potrebbero essere ridotti, e best practice lo dimostrano, a un solo controllo.
  È evidente che avremmo un enorme beneficio non solo in termini di riduzione del carico burocratico e dei costi dell'incertezza. Con l'utilizzo di processi digitali uniformi, dando anche ai cittadini e alle imprese la possibilità di avere un dialogo finalmente non incerto con la pubblica amministrazione, otterremmo by design, cioè dall'impostazione del nuovo processo, l'accessibilità, la trasparenza e l'anticorruzione derivante dal fatto che un abito inflessibile e imparziale, un'analisi dei rischi condivisa, stabilisce quali sono le operazioni da sottoporre a controllo e come devono essere eseguiti i controlli individuati. Ovviamente, quest'approccio olistico richiede, nel momento in cui i nuovi processi vengono digitalizzati, che si offra anche con il nuovo processo l'adeguata tutela della privacy e della security.
  L'ultimo aspetto che vorrei sottolineare, perché di fondamentale importanza per la crescita digitale del Paese, è che bisogna offrire alle imprese dei servizi completamente full digital, ovvero nel mondo della manifattura additiva dell’«Industria 4.0» è impensabile che non si riesca a trovare un'integrazione, ed è assolutamente possibile con i cicli operativi delle imprese nel dialogo con la pubblica amministrazione. Molti esempi lo dimostrano.
  Arriviamo a quello che lo smart landscape vuole realizzare, cioè la nuova linea di azione introdotta nel piano triennale, proprio per costruire il sistema nervoso della logistica.
  Su questo vorrei dirvi che c'è una parte del piano triennale che lo definisce e lo illustra con una sufficiente profondità. Vorrei toccare i temi che in modo ambizioso questa nuova linea di azione vuole sviluppare.
  Il naturale impatto della rivoluzione digitale riguarda proprio la profonda trasformazione del mondo della logistica e dei trasporti. Immagino sappiate che una delle principali compagnie di navigazione e altre compagnie che si occupano di traffico container sono tra le prime a inserire il sistema dello shipping nella blockchain. Vuol dire che ci troveremo davanti a profonde innovazioni, che come pubblica amministrazione dobbiamo capire e dominare.
  La logistica rappresenta, però, un settore strategico per l'economia nazionale Pag. 8che dovrebbe essere affrontato con quest'approccio olistico, considerandolo proprio come uno strumento di politica industriale, per valorizzare anche delle eccellenze del sistema produttivo e per promuovere lo sviluppo del trasporto ecosostenibile.
  Che cosa abbiamo fatto, fondamentalmente, con l'iniziativa smart landscape? Finalmente, alzare lo sguardo e considerare che quello logistico è un sistema ampio e complesso, composto da una pluralità di nodi logistici: porti, aeroporti, fino alle aziende manifatturiere. Potenzialmente, i nodi logistici presenti sul territorio possono arrivare, e arriveranno a esserlo ancora di più, nell'era 5G.
  Salto la parte della presentazione che illustra la strategia che intendiamo attuare anche in considerazione delle ricchezze e delle limitazioni del nostro Paese. Il nostro Paese è ricco di porti storici, che hanno ridotte dimensioni, molti problemi – il porto di Genova con i recenti avvenimenti lo dimostra – e molte criticità da affrontare proprio perché sono innestati nel servizio urbano.
  Costruire un sistema in cui infrastrutture immateriali riescono a mettere in rete il sistema logistico (porti, aeroporti e interporti) non può che aiutare a innestare efficienza nel sistema logistico nel suo complesso.
  Vorrei toccare, invece, un altro tema di fondamentale importanza. Avete sentito che nella mia relazione ho toccato più volte il tema della governance. Il tema della governance riguarda anche lo sfruttamento dei fondi europei. Anche in quest'ambito, in particolare nei trasporti e nella logistica – lo trovate in questa definizione che abbiamo dato nel piano triennale delle azioni da svolgere – c'è necessità di far convergere le iniziative di questa pletora di amministrazioni e di un insieme di piani operativi nazionali e regionali che devono finalmente convergere per evitare duplicazioni e, ovviamente, sfruttarle al meglio.
  In sintesi, stiamo già lavorando alla programmazione europea 2021 e 2027, non solo per scortare i fondi strutturali in modo coordinato, ma anche per sfruttare con più intensità i fondi di ricerca e sviluppo, che ci consentono di attuare una stretta partnership con le imprese, che riteniamo essere un elemento imprescindibile da utilizzare per la crescita del Paese.
  Trovate poi nella presentazione – se ritiene, presidente, posso interrompere e passare al dibattito, se i tempi non sono sufficienti – qual è la spartizione del 5G in Italia e come l'abbiamo poi interpretata in termini di servizi da rendere disponibili. È stata avviata in cinque città dal MISE con l'avviso pubblico per i progetti sperimentali sul 5G. Terminerà nel 2020. Le finalità di questa sperimentazione riguardano sperimentare l'infrastruttura 5G, ma anche i servizi che su questa si possono appoggiare. Le cinque città interessate da questa sperimentazione stanno ognuna di loro sperimentando particolari attività, si concentrano su diversi aspetti dei servizi che si possono offrire con il 5G.
  Parlo, per la mia precedente esperienza come responsabile dei sistemi informativi dell'Agenzia delle dogane, di un'importante sperimentazione che si sta svolgendo proprio nel porto di Bari per disegnare finalmente il modello del porto digitale, per poi estenderlo su tutto il territorio nazionale. È stata scelta Bari anche in relazione al fatto che era sperimentatrice del 5G, e quindi poteva essere un fattore ulteriormente abilitante di questo modello di porto digitale.
  Quali sono i problemi che dovremo comunque affrontare in termini più alti in Italia? Che cosa fare? Il piano triennale si muove molto su questo concetto di non lasciare indietro nessuno e di realizzare per quanto possibile una crescita inclusiva che non ripeta la situazione a macchia di leopardo attuale. Che cosa fare per evitare di avere la copertura 5G solo nelle zone ad alta redditività, lasciando quindi poi situazioni diffuse nelle zone a fallimento di mercato?
  Il suggerimento che ci sentiamo di dare è che bisogna influenzare le politiche di sviluppo europeo per fare in modo che ci sia la stessa attenzione già avuta per lo sviluppo della banda larga fissa.
  L'altro aspetto è la dimensione a livello nazionale: insistere, favorire, fare dei piani di sviluppo in questa direzione per favorire Pag. 9il partenariato pubblico/privato e incentivare gli investimenti nelle zone a fallimento di mercato. L'utilizzo del 5G, ma scenderei troppo nel tecnico, consentirebbe di autoalimentare questi investimenti proprio dall'utilizzo del 5G.
  Su questo, se è di interesse e col permesso del presidente, vorrei passare la parola al dottor Tortorelli perché vi dica come stiamo affrontando in modo profondo e intenso il problema della cyber security e dalla data protection, che con l'avvento del 5G e dei miliardi di dispositivi connessi si pone con maggiore intensità e pericolo.

  FRANCESCO TORTORELLI, dirigente di Agenzia per l'Italia digitale (AgId). In sintesi possiamo dire che, AgId agisce su queste quattro direzioni: linee guida nello svolgimento di attività di analisi e supporto per le amministrazioni nella fornitura di strumenti e nell'attività di formazione.
  L'elemento delle linee guida è, a nostro avviso, fondamentale. Nell'ultimo anno, abbiamo prodotto linee guida per la scrittura del software sicuro, abbiamo redatto nel 2017 un documento riguardante le misure minime di sicurezza, che sarà aggiornato entro la fine del corrente anno, e abbiamo al momento in consultazione pubblica due documenti.
  Uno riguarda le linee guida per la sicurezza nel procurement, perché riteniamo che proprio nelle attività di procurement attraverso le quali le amministrazioni si approvvigionano di beni e servizi si nasconda una serie di rischi e di problematiche di sicurezza. Il documento ha uno stile didattico, con esempi molto concreti. È stato redatto sotto l'egida del dipartimento informazioni della sicurezza in un gruppo di lavoro che ha guidato AgId. È rivolto a tutte le amministrazioni, piccole e grandi, ma anche al mercato, per condividere modelli e buone prassi, in modo da evitare quello che il direttore diceva, cioè un'informatizzazione a macchia di leopardo.
  Abbiamo sviluppato un altro documento che, tenendo conto della complessità del sistema Paese, favorisca l'attuazione di politiche di contrasto cyber, quindi la realizzazione di quei gruppi tecnicamente definiti i CERT, (Computer Emergency Response Team), gruppi di prevenzione e risposta agli attacchi cyber, a livello locale.
  Il documento fornisce una serie di linee guida e di indirizzo mettendo a fattor comune anche aspetti quali: come viene classificato un incidente, quale sia la nomenclatura da utilizzare. Spesso, infatti, i problemi di non comunicazione nell'ambito della pubblica amministrazione, e non solo, sono di semantica, cioè processi che non si integrano proprio perché non si condividono le stesse cose o le stesse cose vengono utilizzate con accezioni diverse.
  Senza tediarvi, i numeri del pericolo cyber sono notevoli. Il CERT pubblica amministrazione è impegnato su questo fronte, e i numeri dimostrano quanto la minaccia sia concreta e di come, in qualsiasi piano di digitalizzazione, in qualsiasi piano di introduzione di tecnologie abilitanti, come anche il 5G, il tema cyber debba essere by design calcolato dentro.
  Le tecnologie emergenti facilitano e abilitano la creazione dei dati, ed è proprio il governo di questi dati, l'esfiltrazione, a essere oggetto della criminalità informatica, degli attivisti e così via. Questa è un'attività che va tenuta sotto costante attenzione.
  Tra le varie attività che mette a disposizione AgId, c'è questa piattaforma, che è libera, è open per tutti, non solo per la pubblica amministrazione, ma anche per gli operatori di mercato, la piattaforma Infosec, che in circa tre anni ha raccolto oltre 7,3 milioni, al momento 7,4, di indicatori di compromissione tra malware, URL e altro, qualificandone ovviamente una parte minore rispetto a questo. Questo repository al momento è considerato dalla comunità internazionale il quarto al mondo.
  Un'altra attività è quella della formazione. Velocissimamente, una delle altre attività su cui si concentra l'azione di AgId è nello sviluppo del protocollo IPv6, che risponde a due fondamentali istanze: quella di indirizzare il grande volume di apparati che dovranno essere in rete; migliorare la qualità dei servizi in rete attraverso meccanismi di prioritarizzazione e della sicurezza stessa. Pag. 10
  Ecco le applicazioni che possono beneficiare dell'IPv6. Questi sono alcuni degli «n» esempi, che vanno dal settore della viabilità, attraverso la possibilità di utilizzare e implementare algoritmi per la gestione del traffico, a quello della salute, dei beni culturali, della sicurezza sociale e ad altro.

  TERESA ALVARO, direttrice generale di Agenzia per l'Italia digitale(AgId). Raccolgo il suo invito, presidente, e vado subito avanti.
  Qual è, nell'ambito dei big data, il ruolo di AgId? Si muove su più fronti. Come avevo mostrato nella slide precedente, in cui ponevo l'attenzione sulla necessità di curare a monte la qualità del dato e di lavorare in modo strutturale per l'utilizzo dell'intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione, quindi non avere un luogo fisico dove raccogliere tutti questi dati, ma la disponibilità di tutti questi dati di qualità per poter utilizzarli ai fini della promozione di nuovi servizi anche attraverso l'intelligenza artificiale, ovviamente senza dimenticare l'aspetto protezione del dato e sicurezza.
  Che cosa fa? Promuove la cultura degli open data nella pubblica amministrazione, che sono anche uno strumento di politica particolarmente importante per le imprese, ampliando proprio i dati disponibili e stimolando il settore privato a investire nelle piattaforme di big data, in coerenza tra l'altro con le raccomandazioni europee.
  Gestiamo, quindi, i cataloghi nazionali dei dati di tipo aperto, che sono uno strumento di riferimento per la ricerca di tutti i data set, di quell'insieme di dati resi disponibili già della pubblica amministrazione. Ovviamente, stiamo lavorando affinché tutte le pubbliche amministrazioni rendano disponibile il quanto più ampio spettro di data set.
  Promuove le politiche di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico nazionale. Anche questo richiede una serie di azioni coordinate, non solo politiche di valorizzazione, ma politiche per migliorare la qualità del dato nelle pubbliche amministrazioni. Ci leghiamo a quanto dicevamo prima, alla reingegnerizzazione dei processi e al fare in modo che si parli tutti una stessa lingua e ci sia una minimizzazione dei dati e dei pericoli di rumore sui dati.
  Promuove anche la cultura dei dati aperti. Era l'aspetto che mostravo nella strategia generale. Come cittadini e imprese possono utilizzare i dati aperti? Devono sapere che ci sono, li devono conoscere e ci devono essere delle azioni di formazione su questo, anche con seminari, e lo facciamo regolarmente, on line, gratuiti, aperti a tutti, con la massima diffusione.
  Elabora, quindi, una serie di linee guida per la valorizzazione del patrimonio informativo su più fronti.
  Vi annoierò insistendo sul fatto che su problemi complessi di questo tipo bisogna avere un approccio olistico, bisogna considerare tutte le possibili variabili su cui agire e fare in modo che vadano tutte nella stessa direzione. La nuova applicazione, il nuovo servizio devono essere visti in quest'ottica.
  Definisce gli standard per la metadatazione. Per dirla in termini molto colloquiali, stabilisce l'esperanto, la modalità di comunicazione, la possibilità di utilizzare un linguaggio comune.
  In questo abbiamo già raggiunto dei buoni risultati. Abbiamo dimenticato di metterlo nella presentazione, ma in questo lavoro che abbiamo fatto abbiamo risalito i rating europei e siamo considerati tra i cinque Paesi trend setter in quest'ambito. È stato realizzato ed è disponibile il catalogo nazionale dei dati di tipo aperto, quindi già c'è una serie di informazioni, che a mio parere sono ben poco conosciute sia dal mondo delle altre pubbliche amministrazioni dia delle imprese. Su questo bisognerebbe lavorare molto, avendo le risorse necessarie.
  Che cosa fa, quindi, AgId? Favorisce quello che dicevo prima, l'interoperabilità semantica, un linguaggio comune di dati e servizi per rendere omogenei, obiettivo principale, i processi di accesso e di scambio delle informazioni, non solo tra le pubbliche amministrazioni, ma soprattutto tra le pubbliche amministrazioni, i cittadini e le imprese. Ci si muove sempre nella stessa Pag. 11direzione per raggiungere quell'obiettivo alla radice del principio once only.
  Tra gli obiettivi che queste linee guida comprendono per la variazione del piano informativo, mi piace citarne soltanto due: promuovere soprattutto la cultura della trasparenza e dell’accountability attraverso i dati aperti, cioè una pubblica amministrazione che si mostra, fa vedere che cosa fa e come lo fa; valorizzare soprattutto le pratiche di riuso dei dati governativi affinché possano diventare delle effettive infrastrutture immateriali.
  Ovviamente, dietro c'è un lavoro svolto di concerto con le pubbliche amministrazioni centrali e locali che ha definito insieme il profilo dei metadati. Quando parlo di questo, parlo per esempio del fascicolo sanitario elettronico, dei dati e così via. Affrontiamo anche questo in modo olistico.
  L'altro aspetto che credo sia di interesse per la Commissione è il repertorio nazionale dei dati territoriali. Immagino sappiate che è una base dati di interesse nazionale istituita proprio dal codice dell'amministrazione digitale. È il catalogo nazionale dei metadati relativi ai dati territoriali e ai servizi – questo è importante – correlati disponibili presso le pubbliche amministrazioni, oltretutto per innescare una serie di conoscenze e cercare le informazioni certificate di qualità dove ci sono. Questo è un problema generalizzato. Spesso, non si va a cercare le informazioni sulle basi dati istituzionali, anche perché sono poco conosciute.
  Il repertorio nazionale è parte integrante dell'infrastruttura nazionale per l'informazione territoriale e del monitoraggio ambientale e farà parte di tutte quelle variabili e di tutte quelle opportunità che terremo in considerazione nello sviluppare questo paradigma di cui ho parlato, smart landscape.
  Sto arrivando alla fine della presentazione per dirvi che fronteggiare l'economia digitale significa avere un piano che guarda sempre al futuro, lo immagina in alcuni casi. Lo sforzo è continuare con quest'approccio olistico, che sicuramente può portare dei benefici in termini di evitare duplicazioni, soprattutto di far emergere quello che c'è già di buono, senza doverlo replicare, come spesso accade, in nuovi portali, nuove iniziative. Spesso, non c'è la conoscenza di quello che è effettivamente disponibile.
  Si tratta poi di tenere d'occhio non solo le tecnologie emergenti di cui abbiamo parlato oggi (intelligenza artificiale, blockchain, l'evoluzione IoT, big data). Per il futuro vorremmo fronteggiare – non lo sappiamo ancora – delle nuove tecnologie che si stanno affermando. Questo lavoro di scouting su come il mondo cambia, bisogna farlo a priori nell'impostare il piano. Un piano che nasce su tecnologie già affermate, sullo sviluppo delle tecnologie emergenti, con l'accelerazione impetuosa della digital disruption, è un piano perdente.
  L'altro aspetto è riprogettare i servizi in chiave olistica. Il 5G e la riprogettazione dei servizi, su cui stiamo molto investendo, anche trasferendo nelle pubbliche amministrazioni la cultura del project management e dell'analisi dei processi – su questo stiamo lavorando molto con l'accademia, con tutte le componenti della società, anche l'università, la conferenza dei rettori, con tutti quelli che hanno voglia di collaborare in una direzione comune – sono un'opportunità grandissima per modificare l'approccio ai servizi che offre la pubblica amministrazione.
  Abbiamo già visto la mobilità logistica, ma c'è la telemedicina, il welfare. Bisogna già ripensarli in un'altra ottica, nell'ottica 5G. E bisogna cominciare, bisogna aver già cominciato a ripensarli.
  L'altro aspetto strategico che caratterizza il nuovo piano triennale, ma che non ha potuto trovare compiuta definizione nel piano triennale per mantenere un minimo di continuità anche col precedente, è che bisogna andare verso un'integrazione degli ecosistemi. Se parliamo di servizi impostati sulle esigenze di cittadini e imprese che guardano le tecnologie emergenti e se parliamo di approccio olistico, non possiamo pensare di limitare, di ricostruire gli stessi silos presenti nelle pubbliche amministrazioni nei vari ecosistemi.
  Ci stiamo muovendo, quindi, in termini sufficientemente scientifici per passare dagli Pag. 12 ecosistemi verticali a un ecosistema cittadino/imprese, e poi a un unico ecosistema. L'ecosistema cittadino e l'ecosistema imprese sono stati già impostati in modo soft con le tre aree di intervento che trovate nel piano triennale.
  Queste sono sicuramente nuove opportunità per il Paese, che devono essere ampiamente curate, che bisogna innestare in ogni componente del Paese. Lo stimolo all'innovazione, la pubblica amministrazione lo deve fare per prima, fornendo non servizi che siano un nuovo adempimento, ma che costringano anche le piccole e medie imprese a un percorso di innovazione.
  Poi l'aspetto è come si compra l'innovazione, che non è un aspetto da poco. Meriterebbe di spendere qualche parola su come stiamo lavorando con le centrali di committenza per rendere anche più fruibile il processo dell’e-procurement.
  Vorrei, però, concludere la mia presentazione parlandovi di un aspetto particolarmente innovativo, gli appalti di innovazione, proprio perché sono fuori dalla cornice del codice degli appalti, ma offrono delle opportunità grandissime, soprattutto se si guarda al futuro, perché invertono il paradigma. È la pubblica amministrazione che sfida il mercato, che esprime il fabbisogno in termini funzionali («mi serve questo per realizzare questo progetto»), lasciando poi agli operatori di mercato la libertà di proporre la soluzione tecnica più idonea.
  Pensate che i principali aggiudicatari di questa nuova modalità, il pre-commercial procurement in gergo, sono i centri di ricerca e le start up. Questo vuol dire che si investe in innovazione dando anche degli strumenti, gli strumenti necessari a farlo.
  Mi scuso per aver abusato del vostro tempo. Grazie per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie per la presentazione molto ampia ed esaustiva.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VALENTINA BARZOTTI. Grazie della presentazione interessante.
  Vorrei fare una domanda relativa all'integrazione degli ecosistemi digitali. Vorrei capire meglio, innanzitutto, se il piano triennale consente un effettivo perfezionamento di questo processo e conoscere l'ordine di grandezza in relazione ai costi.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Ringrazio per la presentazione, evidentemente molto esaustiva, visto anche il ruolo dell'AgId.
  A questo proposito, poiché se n'è parlato, avete posto anche questo tema della governance, vorrei capire un attimo come sta funzionando oggi concretamente la governance in questa fase di transizione anche rispetto al ruolo del team digitale e la costituzione dal 1° gennaio 2020 della nuova Spa pubblica.
  In secondo luogo, naturalmente condivido moltissimo quest'impostazione, in particolare l'approccio olistico. Un'altra frase che mi è piaciuta è: superare la logica dell'adempimento. Non so quanto effettivamente si riesca nella relazione con la pubblica amministrazione. Io sono stata nella Commissione d'inchiesta per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, e quando abbiamo steso la relazione conclusiva, solo l'anno scorso, eravamo ancora molto indietro rispetto a quest'idea che si possa veramente arrivare al once only, cioè che ci sia una sola interfaccia in grado di coordinare tutto. Anche per quello che riguarda i responsabili della transizione digitale, spesso le amministrazioni nominano quello che passa per caso. Non vorrei essere brutale, ma c'è questo rischio molto alto.
  Sicuramente, sul discorso dell'approccio olistico sono d'accordo. Sono d'accordo, però, sul fatto che si debba lavorare molto, per cui la governance è importante.
  La vera questione, però, anche in riferimento alla nostra indagine, è come quest'approccio olistico non possa inevitabilmente che essere migliorato dalle tecnologie. Io non vedo quest'innovazione nell'approccio della digitalizzazione della pubblica amministrazione staccato dagli elementi innovativi delle tecnologie. I dati aperti, l'utilizzo intelligente dei data, lo scambio dell’internet of things e così via inevitabilmente aiuterà questo passaggio. Pag. 13
  Come, però, lo state applicando? Come state applicando effettivamente alla riorganizzazione, non solo dell'AgId, ma della governance della pubblica amministrazione, l'innovazione di queste nuove tecnologie?
  Ho poi delle perplessità sul tema dell'intelligenza artificiale e della blockchain utilizzate come se fossero degli oggetti di culto. L'intelligenza artificiale, che voglio ovviamente esiste da moltissimi anni, potremmo dire secoli, oggi diventa una cosa diversa proprio perché c'è il super calcolo, ci sono i big data. Siccome siete anche nel gruppo di lavoro, che è una specie di luogo anche questo oscuro, proprio come tutti i luoghi di culto, che cosa sta concretamente determinando questo gruppo di lavoro sull'intelligenza artificiale e ancor di più sulla blockchain? Serve la tecnologia, anche se la blockchain non è una vera e propria tecnologia, non si può definire tale, rispetto alla pubblica amministrazione?

  EMANUELE SCAGLIUSI. Ringrazio anch'io gli auditi per l'ampia relazione. Mi soffermo solamente su un dettaglio particolare.
  Nel decreto-legge semplificazioni c'era una norma che dava validità legale alla blockchain, permettendo quindi l'utilizzo di smart contract e la validazione temporale elettronica dei documenti. Credo che l'AgId abbia il compito di regolamentare dal punto di vista tecnico l'utilizzo di questa tecnologia. Vorrei chiedere dello stato dell'arte, a che punto siamo, e quali sono le difficoltà che si incontrano, visto che l'Italia è uno dei primi Paesi a fare questo passo.

  PRESIDENTE. Visto che siete l'Agenzia per l'Italia digitale, chiaramente a parte le presentazioni e le speranze, oggettivamente l'Italia, i comuni italiani, le province e le regioni hanno delle grandi differenze. Le porto solo un esempio.
  Proprio nei giorni scorsi, il giorno prima di andare al voto, purtroppo il comune di Milano, quindi non l'ultimo comune d'Italia, e anzi il comune più avanzato su molti temi, ha avuto un enorme problema proprio per quanto riguarda la sua attività digitale non potendo disporre delle tessere elettorali per i cittadini che avevano questa necessità. Magari, qualcuno si era accorto proprio all'ultimo di aver finito gli spazi per i timbri. C'è stato il blocco dell'anagrafe quasi per tutta la giornata e in via eccezionale è stato permesso di apporre il timbro sulla scheda dove ci fosse uno spazio. Purtroppo, hanno vinto la carta e il timbro rispetto alla digitalizzazione. Chiaramente, questa è una doglianza.
  Voi avete un quadro molto completo. Sicuramente, ci sono delle efficienze e delle eccellenze in questo mondo, anche in Italia, ma se le amministrazioni che dovrebbero essere quelle più avanzate dimostrano di cadere in situazioni di questo genere, a volte sarebbe necessario, anzi è molto necessario rimettere i piedi per terra.
  Visto che voi avete il quadro complessivo, ci può spiegare, a fronte di eccellenze che sicuramente ci ha illustrato, qual è la realtà presente sul territorio? Once only è sicuramente un tema interessantissimo, ma non vorremmo che fosse un tema di cui parliamo all'interno della Commissione, si parla nei convegni, e che voi state cercando di sviluppare, ma poi nella realtà dei fatti fosse un tema piuttosto «avanzato» anche nel tempo, oltre che nella tecnologia.
  Do la parola agli auditi per la replica.

  TERESA ALVARO, direttrice generale di Agenzia per l'Italia digitale (AgId). Procedo a ritroso.
  La situazione a macchia di leopardo è stata affrontata proprio considerando l'impatto che questa situazione poteva avere su un piano complessivo. Ovviamente, non ho bisogno di dirvi qual è la missione sfidante che viene assegnata ad AgId con le veramente pochissime risorse a disposizione. Dico sempre che come responsabile dei sistemi informativi delle Dogane avevo una direzione con circa cento persone; in AgId operativi ce ne sono ottanta.
  Lavoriamo comunque con la legna che c'è, accendiamo lo stesso il fuoco con la legna che c'è, ma se bisogna affrontare la sfida del Paese con le risorse necessarie, bisogna investire in digitalizzazione e in strutture che si occupino di digitalizzazione. Pag. 14
  Risponderei alle due domande insieme, perché i due temi si toccano.
  Il problema principale è proprio un problema di governance. Come diceva lei prima, presidente, come si fa poi ad avere dei punti di caduta nell'organizzazione? I progetti digitali che siano progetti organizzativi di innovazione richiedono di essere monitorati. L'aspetto principale è trasferire cultura all'interno delle amministrazioni, perché questo ci può salvare dall'avere una continuità nel percorso verso il digitale.
  L'onorevole Bruno Bossio accennava prima alla mitica figura del responsabile per la transizione al digitale. Ci avete investito. Finché non si creerà una rete di contatto strutturata e non saranno dati alle pubbliche amministrazioni obiettivi strategici di digitalizzazione, cioè leve e strumenti, non otterremo mai nessun risultato. Dovendo cominciare da come far passare queste indicazioni, bisognava avere dei punti di contatto. La legge lo prevedeva. Abbiamo costruito, quindi, la rete degli RTD. Qualche risultato, lo abbiamo raggiunto, perché in pochissimi mesi si sono raddoppiati.
  Come far passare le amministrazioni dall'atteggiamento liturgico («devo nominare perché lo prevede la legge») all'atteggiamento di efficacia («devo fare questa cosa perché serve»)? Ancora una volta, trasferendo cultura, facendole diventare protagoniste dell'innovazione. Queste non sono parole. Stiamo lavorando con piani ad hoc, cioè stiamo utilizzando accordi con le regioni su schede strutturate, con l'ANCI, con l'associazione delle province. Ove possibile, utilizziamo dei punti di contatto a rete che possano ridiffondere sul territorio.
  Quanto ai responsabili per la transizione al digitale, stiamo lavorando per indicarvi chi sono, che cosa devono fare (una sorta di seduta di autocoscienza). Deve portare un cambio culturale all'interno dell'amministrazione. Ogni amministrazione centrale, presidente, si comporta come il silos delle varie amministrazioni, ogni direzione. Per noi, è estremamente difficoltoso riuscire a capire come veramente si muove l'innovazione in Italia.
  Il piano triennale indica delle linee, però queste attività sono svolte in modo spesso scoordinato dalle singole direzioni generali delle amministrazioni. Ci è sembrato logico, allora, cominciare a dare una struttura, e fare che cosa? Dare al responsabile della transizione al digitale, che a mano a mano cercheremo di caratterizzare meglio, le leve e gli strumenti per farlo.
  C'è un'altra possibilità: nell'attuale assetto normativo, i dirigenti vengono valutati in base al cosiddetto ciclo della performance. Abbiamo fatto una cosa molto semplice: abbiamo individuato degli indicatori trasversali di digitalizzazione da mettere in capo all'amministrazione perché finalmente faccia un piano strategico, si muova come pubblica amministrazione capendo che non si può fare a meno della digitalizzazione, ma soprattutto di una digitalizzazione coordinata e condivisa. Abbiamo, quindi, lavorato con il dipartimento della funzione pubblica per definire prima degli indicatori trasversali di digitalizzazione. Faccio un esempio molto banale.
  Quanti servizi eroghi attraverso SPID? Quali sono i pagamenti che eroghi attraverso Pago-PA? E su quello misurare la performance delle amministrazioni e dare la possibilità al responsabile della transizione al digitale – speriamo di riuscire a farlo in tempi brevi – di trasferire sulle singole direzioni generali o sulle singole articolazioni delle amministrazioni quest'obiettivo.
  È una prima leva. Bisogna trovarne delle altre – questo è l'approccio olistico, utilizzare quello che c'è con le risorse a disposizione – ma la performance già c'era. Bisognava semplicemente indirizzarla.
  Il secondo passo è dare indicatori verticali, cioè al Ministero delle infrastrutture l'indicatore di migliorare l'indice della logistica. Quali indicatori trasversali? Gli stessi utilizzati dagli indicatori internazionali, perché così otterremmo un ulteriore risultato: un aumento dell'efficienza di questi indicatori, quindi un miglioramento del rating, porta automaticamente un miglioramento della reputazione internazionale del Paese. Sto parlando dei principali rapporti internazionali – Doing Business, Connecting to Compete, World Economic Forum – da cui alcune amministrazioni virtuose prendono Pag. 15direttamente gli indicatori. Perché inventarsene dei nuovi? Su quelli si lavora.
  Questo ci consentirebbe anche di lavorare sugli indicatori DESI (Digital Economy Society Index), su cui vorrei fare un discorso a parte. Su questo come Paese ci dovremmo spendere di più anche nella definizione degli indicatori. Attualmente, gli indicatori DESI, la ventilazione di questi indicatori, non rappresenta correttamente la crescita digitale. Su questo come Paese bisogna agire anche a livello europeo. In certi settori l'Italia non è assolutamente indietro, ma non c'è l'indicatore che lo misura nell'indice DESI. Bisogna fare questo lavoro, approccio olistico anche qui. Non si può risolvere mai un solo problema, visto che l'amministrazione è la stessa. Se ne deve risolvere una parte e considerare che oramai la digitalizzazione, e la reingegnerizzazione che è dietro i processi, diventa un aspetto assolutamente ineludibile da affrontare considerando tutte queste variabili.
  È, quindi, un trasferimento di cultura. Bisogna lavorarci molto. Abbiamo su questo attivato già delle azioni. Abbiamo fatto in modo, con una collaborazione con la conferenza dei rettori, che ci fossero delle forme di formazione nelle nostre università che dessero questo percorso normativo. Faccio un esempio molto eloquente.
  Da quando abbiamo cominciato a parlare del responsabile per la transizione al digitale, è fiorita una serie di master sui responsabili per la transizione al digitale. Noi vorremmo che a questo punto ci fosse una formazione uniforme su tutto il territorio. Chi utilizzare meglio dell'accademia, che può farla su tutto il territorio nazionale? Inoltre, questa formazione, legata a una formazione che prepari il manager per l'innovazione, deve essere continuamente aggiornata sulla base di quello che accade nel panorama internazionale.
  Abbiamo avviato questi tavoli di lavoro che ci consentono di affrontare proprio temi del piano triennale, ovviamente per cluster di amministrazione o temi, e su quello si lavora per costruire la formazione.
  Queste sono un paio delle leve che abbiamo inserito, ma fare innovazione significa trasferire cultura soprattutto sul nostro tessuto imprenditoriale, che è di dimensioni operative estremamente ridotte, ma costituisce la nostra ossatura. Su questo non lavoriamo solo come AgId, ma con le camere di commercio, stringiamo partnership, in modo da andare anche noi nella stessa direzione, soprattutto per dare alle imprese delle indicazioni su quali sono le priorità. Vuoi affacciarti al mercato digitale? Non puoi farne a meno. Quali sono gli strumenti che devi utilizzare? Anche qui ritorna l'approccio olistico.
  Quanto a feticci, intelligenza artificiale, blockchain e once only, credo che il principio once only dovrebbe diventare legge dello Stato. Nel codice dell'amministrazione digitale è già sancito, ma nessuno lo applica. Vuol dire che bisognerebbe trovare, se non si riesce con la moral suasion o col ciclo della performance, la chiave per far sì che le pubbliche amministrazioni considerino in ogni azione di innovazione che impostano che non sono sole. Ci sono altre amministrazioni che hanno come interlocutore lo stesso cittadino o la stessa impresa.
  Il piano che stiamo facendo per arrivare finalmente a un dialogo completamente digitale con i cittadini, che di qua veda l'intera scuola della pubblica amministrazione, posso dire che pervade ogni linea del piano triennale. Con grande fatica, ogni progetto di innovazione che viene presentato, ogni norma che viene proposta, ogni emendamento, li esaminare sotto quest'aspetto e diciamo: ti devi muovere nell'ottica once only, detto in termini brutali, non fare l'ennesimo portale, non reinventare l'ennesima ruota, ma lavora affinché si evitino duplicazioni e sovrapposizioni, costi che ricadono su cittadini e imprese e sul Paese. Il costo della burocrazia è effettivamente enorme, ma perché non si affronta in modo strutturale il problema.
  Questo è un problema di ulteriore trasferimento di cultura nella pubblica amministrazione. Bisogna avere degli esperti che si occupino di analisi dei processi. Come si fa la vera innovazione? Si fa in un modo Pag. 16molto semplice: si analizza il processo com'è oggi, si identificano le inefficienze e, applicando il principio once only, si rimuovono tutte le inefficienze. Ci sono esempi bellissimi in Italia già fatti così, ma io vi sto rappresentando in modo molto semplicistico, in modo molto colloquiale qualcosa che dietro ha la scienza e l'accademia. L'analisi dei processi è qualcosa che si può applicare in modo sufficientemente scientifico. Bisogna investire in cultura, in informazione e in cultura e formazione manageriale della pubblica amministrazione.
  Quanto alla governance complessiva, vi ho dato il numero delle società in house presenti in Italia. Che sono 476. Dovremmo lavorare perché si riduca il numero delle società in house, non perché si aumentino. Il piano triennale va in questa direzione secondo vari aspetti, ma non trasferire nella pubblica amministrazione la cultura e dare la barra della digitalizzazione, significa avere ancora una volta al di fuori della pubblica amministrazione la cultura. Io l'ho vissuto.
  Da 34 anni, quasi 35, mi occupo di ICT nella pubblica amministrazione, e finché la pubblica amministrazione non diventa guida della digitalizzazione, credo che faremo veramente degli sforzi inutili.
  Come si applica il paradigma once only? Ripeto: strutturazione di una serie di strumenti operativi alle amministrazioni passando per i principali player; revisione di tutti i progetti di innovazione affinché vengano reimpostati secondo il principio once.
  Sapete che cosa accade normalmente? Una pubblica amministrazione che cosa fa, non avendo un responsabile per la transizione al digitale particolarmente illuminato? Propone un'innovazione, arriva un ufficio legislativo e dice: questo è contrario alla norma. Bene, questo è contrario alla norma, si arroccano, si difendono dietro la norma, a meno di lavorare con la reingegnerizzazione dei processi ammettendo che questo è contrario alla norma oggi, ma questa norma forse va cambiata, perché non è più adatta a questo scenario.
  Il principio once porta in sé questa grande carica di innovazione e di semplificazione strutturale, e anche di disboscamento normativo. Bisogna avere la forza, la tenacia e il coraggio di farlo. Noi ci proviamo.
  Per quanto riguarda l'aspetto relativo alla blockchain e all'intelligenza artificiale, le riteniamo tecnologie di cui bisogna tenere d'occhio l'evoluzione e che devono essere utilizzate. L'intelligenza artificiale merita un discorso a parte, ma blockchain va benissimo, si può utilizzare, la può utilizzare la pubblica amministrazione per rinnovare alcuni servizi, ma questi servizi prima devono essere reingegnerizzati. La tecnologia blockchain o una tecnologia tradizionale non fa differenza.
  Per quello che riguarda le linee guida che AgId deve diramare per la tecnologia blockchain in relazione al decreto-legge semplificazioni, all'articolo 8, abbiamo condotto all'interno di AgId, proprio nell'ambito di quello che vi ho detto durante la presentazione, i vari gruppi di lavoro, un'analisi tecnica. Adesso, sempre per applicare quest'approccio di individuare i problemi prima che si creino e di fare in modo che la pubblica amministrazione si comporti come una sola, abbiamo costituito un gruppo di lavoro perché vengano esaminate all'interno della blockchain tutte le ricadute di tipo giuridico e quelle relative alla privacy e alla sicurezza, in modo che vengano affrontate complessivamente.
  Quanto alla maturità della tecnologia blockchain, credo che il panorama internazionale ancora non l'abbia definita completamente. Proprio per questa cautela, per la portata innovativa di queste norme, abbiamo ritenuto di dover inserire nel gruppo di lavoro anche rappresentanti del Garante della privacy, ovviamente dell'Avvocatura ed esperti sul tema della sicurezza, e di sottoporre le linee guida che andremo a diramare al processo di consultazione pubblica prevista per tutte le linee guida del CAD. In questo modo potremo avere un avviso quanto più possibile completo da tutte le componenti che dovranno poi utilizzare la blockchain.
  Sono perfettamente d'accordo, crea problemi di particolare delicatezza e di compatibilità con il quadro normativo sovranazionale, con le regole internazionali, che Pag. 17non sono ancora mature. Per questo riteniamo di utilizzare questa cautela.
  L'onorevole Bruno Bossio ha chiesto come ci stiamo muovendo verso un unico sistema. Ci stiamo muovendo a più livelli, a seconda dell'interlocutore. Unico sistema e principio once si parlano, sono la stessa cosa.

  VALENTINA BARZOTTI. Mi scusi, forse non mi sono spiegata.
  Chiedevo se il piano fosse triennale; una tempistica realistica per avere il perfezionamento di un sistema integrato; un'indicazione in merito ai costi.

  TERESA ALVARO, direttrice generale di Agenzia per l'Italia digitale (AgId). Il piano è triennale, ma, come tutti i piani, va continuamente aggiornato. Sulla base dei risultati che stiamo ottenendo anche in termini di risposte dalle pubbliche amministrazioni, stiamo già cominciando a ragionare sul nuovo piano. È un piano rolling, a scorrimento, che va a verificare.
  Quella sui costi è una bella domanda. Fino ad adesso, il piano triennale si è fondamentalmente concentrato sulla rilevazione della spesa ICT. Questo, secondo me, è un grosso errore, perché guarda solo la spesa ICT, ma non guarda anche alle esternalità positive generate dall'innovazione.
  Su questo stiamo lavorando con una serie di progetti – uno si chiama O.N.C.E. e un altro si chiamerà R.A.D.A.R. – proprio per avere a tutti i livelli, in tutti gli attori della digitalizzazione (regione, province, comuni, enti aggregatori) un'indicazione di come stanno andando, di che cosa stanno spendendo e di quali risultati di crescita digitale stanno ottenendo, le esternalità positive di cui vi parlavo.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il loro contributo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.