XVIII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Martedì 2 aprile 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Morelli Alessandro , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE NUOVE TECNOLOGIE DELLE TELECOMUNICAZIONI, CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA TRANSIZIONE VERSO IL 5G ED ALLA GESTIONE DEI BIG DATA

Audizione del professor Domenico Talia e del professor Riccardo Zecchina.
Morelli Alessandro , Presidente ... 3 
Talia Domenico , professore di ingegneria informatica presso l'Università della Calabria ... 3 
Zecchina Riccardo , professore ordinario di Fisica Teorica presso l'Università Bocconi di Milano ... 5 
Morelli Alessandro , Presidente ... 8 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 8 
Barzotti Valentina (M5S)  ... 9 
Gariglio Davide (PD)  ... 9 
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 9 
Morelli Alessandro , Presidente ... 10 
Talia Domenico , professore di ingegneria informatica presso l'Università della Calabria ... 10 
Zecchina Riccardo , professore ordinario di fisica teorica presso l'Università Bocconi di Milano ... 13 
Morelli Alessandro , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO MORELLI

  La seduta comincia alle 12.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del professor Domenico Talia e del professor Riccardo Zecchina.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G ed alla gestione dei big data, l'audizione del professor Domenico Talia e del professor Riccardo Zecchina, che ringrazio per aver accettato l'invito della Commissione.
  Lascio quindi la parola a Domenico Talia, professore ordinario di ingegneria informatica presso l'Università della Calabria, per lo svolgimento della sua relazione introduttiva.

  DOMENICO TALIA, professore di ingegneria informatica presso l'Università della Calabria. Grazie, presidente, deputate e deputati, intanto vi ringrazio per l'invito e spero di dare un contributo utile ai lavori di questa Commissione.
  La tematica è l'incrocio tra il 5G e i big data. Sapete benissimo che 5G vuol dire aumento di dispositivi, aumento di banda, diminuzione dei tempi di comunicazione. Credo però che questo sia solo la base, il punto fondamentale è che il 5G creerà forme di interazione di nuovi servizi, nuove applicazioni, cambierà lo scenario digitale.
  Non è solamente un aumento della velocità o una diminuzione dei tempi di comunicazione, è un nuovo scenario digitale, in cui i dispositivi personali convivranno molto più strettamente con i servizi pubblici, con i servizi sanitari, con i contenuti in streaming, la mobilità autonoma, l'industria 4.0, insomma quella che viene chiamata oggi l'Internet delle cose diventa molto più pregnante e più reale.
  Il punto è che tutto questo dal punto di vista dei dati significherà un salto esponenziale, cioè la quantità dei dati digitali che transiteranno attraverso il 5G cambierà le dimensioni delle informazioni che si hanno a disposizione, e cambieranno molti aspetti del lavoro e della vita quotidiana delle persone. Credo che sia questo il punto fondamentale, la relazione tra 5G e big data è fondamentale. Sapete che gli informatici si inventano nuovi termini ogni giorno, questa è l'epoca dello zettabyte, che vuol dire 1 miliardo di terabyte, e il 5G in questo aspetto influirà in maniera significativa.
  Questo vuol dire che la quantità di informazioni che circoleranno nella società attraverso questi dispositivi sarà enorme, molto maggiore di oggi. Vi cito solo un esempio: guardavo l'altro giorno i dati che un'automobile di Formula 1 scambia con i box durante una gara, la stima è che corrisponda all'intero traffico di tutta internet di 20 anni fa, una sola auto, quindi potete immaginare cosa significhi. Stiamo parlando di centinaia di terabyte durante una gara, e i dati lì sono fondamentali, se non si gestiscono i dati, non si vincono le gare, a parte i piloti ovviamente. Pag. 4
  Con l'avvio dei servizi 5G questa enorme e mai vista quantità di big data rappresenta una grande opportunità, ma allo stesso tempo presenta dei rischi. Dovremmo essere capaci di cogliere le opportunità e di minimizzare i rischi.
  Il termine big data è stato inventato dagli americani per indicare una grande quantità di dati che era difficile gestire con i computer che erano a disposizione tempo fa. In realtà, dietro la parola big si nascondono alcune dimensioni, una di queste ovviamente è il volume, cioè l'enorme quantità di dati, ma non è solo questo l'aspetto. I dati si presentano nelle forme più varie, la grande quantità di dati oggi disponibile sono immagini, video, testo, parlato, archivi documentali.
  L'altro elemento è la velocità, cioè i dati vengono prodotti e diffusi con un'enorme velocità, e capite che il 5G si lega molto a questo aspetto. Tutto questo sicuramente porrà problemi legati alla tutela della sicurezza sia personale dei cittadini che collettiva, alla privacy e allo sfruttamento economico dei big data che verranno veicolati dalla tecnologia 5G.
  Siccome si usano queste V per indicare queste caratteristiche, la V più importante è il valore del dato, cioè avere tanti dati e non sfruttarli è come non averli, non è utile, allora il punto è negli algoritmi di analisi dei dati e nel cosiddetto machine learning, la parte intelligente che è capace di estrarre valore dai dati.
  Viviamo in un mondo in cui è chiaro almeno ai grandi player (Google, Facebook, Amazon, Netflix) che esiste l'economia dei big data, e questi grandi player assieme a grandi broker (in America ci sono moltissime società chiamate data broker che vivono della raccolta di dati sulla rete e li rivendono) hanno già e avranno grandi benefici, perché riescono ad estrarre valore, che è un valore economico e commerciale per loro.
  Il punto è che (probabilmente questa è la sede giusta per dirlo) i dati hanno anche un grande valore politico, ovviamente non è mio compito di discutere questi aspetti, però è importante segnalarlo. Ci sono stati casi molto noti che voi conoscete (Wikileaks, Cambridge Analytica) e il social ranking effettuato in Cina attraverso i big data è un esempio da studiare, ovviamente la struttura politica della Cina è diversa dalla nostra, tuttavia questi rischi si presentano anche nelle democrazie occidentali, quindi è necessario porre attenzione a questo.
  Con il 5G i dati che i cittadini inseriranno e lasceranno sulla rete diventeranno una moneta di scambio ancora maggiore, con la quale vengono offerti i servizi internet che apparentemente sono gratuiti. Molti di noi sono convinti di usare in maniera gratuita i servizi di Google, di Amazon, di Facebook, in realtà negoziamo l'uso di questi servizi con i dati che cediamo a loro, e gli algoritmi di machine learning permettono loro di costruire i nostri profili, di capire chi siamo e cosa vogliamo, insomma hanno costruito un modello di economia dei dati.
  L'avvento del 5G potrebbe essere uno stimolo maggiore per costruire una cultura dei dati, cioè farci capire che i dati sono valore, e sono valore anche per la società, non solo valori commerciali per le grandi aziende. Le democrazie dovrebbero preoccuparsi di questo.
  Da questo punto di vista il 5G, tramite le sue forti relazioni con lo scambio, la raccolta e l'uso dei big data, dovrebbe spingere a definire nuove regole di garanzia per la produzione, la comunicazione, la raccolta e l'analisi dei dati. Al riguardo segnalo che la settimana la Commissione europea ha approvato una raccomandazione proprio su questo argomento, una raccomandazione relativa alla relazione tra 5G e sicurezza.
  Tutto questo si lega fortemente alla disponibilità dei dati e all'uso che se ne farà. Di chi è la proprietà dei dati che circolerà sul 5G, chi la sfrutterà, con quali regole la potrà usare? Sapete che oggi è possibile rilevare ogni operazione che compiamo sulla rete, ogni clic, ogni like, ogni ricerca che facciamo, ogni posizione in cui ci troviamo è qualcosa che qualcuno può calcolare e utilizzare per valutarci, aggregando dati, facendo delle stime, classificandoci.
  Tutto questo viene fatto attraverso degli algoritmi di e-learning. Questi algoritmi e i Pag. 5sistemi software basati su questi algoritmi stanno evolvendo con modalità spesso non conosciute se non per gli esperti. Questo è un ulteriore problema, cioè questo aumento di informazione, che è sicuramente una formidabile opportunità per migliorare la vita di tutti noi, non necessariamente porta a decisioni migliori, qualcuno dice che l'eccessiva informazione può essere deformativa, perché avere troppe informazioni e non saperle gestire può essere un problema.
  Da questo punto di vista il 5G è una grandissima realtà positiva, ma dobbiamo essere pronti, cioè avere forme di tutela, regole, che devono essere capaci rispetto all'evoluzione della tecnologia. Qualcuno dice che il rischio è l'algocrazia, altro neologismo facilmente inventato, cioè che siano gli algoritmi a detenere il potere, quindi si sposta la decisione del potere da luoghi come questi alle grandi aziende, cioè sono le grandi aziende a determinare come si organizza la vita dei cittadini, senza voler richiamare Grandi fratelli che non è il caso, anche se sono scenari non del tutto irrealistici.
  È fondamentale avere una tutela per i cittadini, per la società. Voi conoscete benissimo il GDPR, il Regolamento generale sulla protezione dei dati, che è sicuramente una cosa molto utile. Il problema del GDPR è che a un certo punto si ferma davanti al fatto che il cliente prema «accetto», quando preme «accetto» a quel punto il gioco è fatto. Probabilmente il 5G potrebbe essere uno stimolo anche per far avanzare questo tipo di regolamentazione e legislazione.
  Da un lato bisogna sfruttare il 5G dal punto di vista tecnologico, cioè sicuramente il 5G contribuirà significativamente a spingere la transizione verso l'Internet delle cose, verso l'organizzazione dei servizi di alto livello, perché si può connettere tutto, perché l'Industria 4.0 potrebbe trovare un supporto ancora più formidabile, cosa che potrebbe valere per diverse tecnologie. Perché questo si realizzi, cercando di limitare crisi e danni, è necessario che ci siano delle verifiche sull'uso dei dati, sull'uso dei big data e degli algoritmi.
  In questi giorni c'è stato il caso del software Exodus, che è un esempio del fatto che qualcuno ha scritto un algoritmo, l'ha inserito a volte correttamente, a volte scorrettamente nei nostri dispositivi. Tutti i giorni sui nostri smartphone abbiamo migliaia di linee di codice, abbiamo tanti algoritmi di cui non conosciamo nulla, qualcuno li conosce ma noi che li usiamo non sappiamo nulla. Da questo punto di vista probabilmente bisogna pensare all'impatto che queste tecnologie hanno, sfruttarle in maniera positiva, però cercare di limitare i danni.
  Un problema che abbiamo è la formazione tecnica dei giovani, cioè dovremo avere una generazione di lavoratori che siano competenti e capaci di affrontare queste tecnologie e i nuovi lavori che nasceranno da queste tecnologie, perché vedrete che i nuovi lavori, che già stanno emergendo, cresceranno in maniera più veloce. Il 5G da questo punto di vista è certamente una spinta.
  Credo che le scuole e le università italiane, senza giudicare il presente, dovrebbero intensificare la formazione in questo settore delle telecomunicazioni, big data, intelligenza artificiale, che sono tutti elementi chiave che faranno parte della vita di tutti i ragazzi del futuro. Serve una nuova formazione e questa formazione deve nascere dall'idea che i dati sono un valore per tutti i cittadini e la tutela dei dati e lo sfruttamento per uso pubblico è fondamentale. Vi ringrazio.

  RICCARDO ZECCHINA, professore ordinario di Fisica Teorica presso l'Università Bocconi di Milano. Buongiorno a tutti. Io sono un tecnico, mi occupo di algoritmi e studio problemi matematici, quindi non ho nessuna intenzione di fare un discorso di natura politica, mi piacerebbe dialogare, se per voi va bene, e vorrei solo chiarire alcune questioni.
  Il 5G è una tecnologia che non si separa dalla tecnologia precedente, ma integra la tecnologia precedente, cioè i nuovi dispositivi utilizzeranno nuovi canali di comunicazione che sono molto più veloci, ma utilizzeranno anche quelli vecchi, in modo tale da integrare tutte le cose insieme, e Pag. 6questo porterà al fatto che i dispositivi che non richiedono tanta velocità potranno utilizzare le strutture vecchie, quelli invece che richiedono tempi di reazione rapidissimi potranno utilizzare quelle nuove.
  È quindi sicuramente una tecnologia che cambia lo scenario, e probabilmente, per un Paese come il nostro che forse non è proprio all'avanguardia dal punto di vista tecnologico, può essere un'opportunità, perché improvvisamente abbiamo una tecnologia che è distribuita ovunque, che ci permette di stare al passo e di scambiare dati ad altissima frequenza.
  Io però non sono un esperto di 5G, sono un esperto di intelligenza artificiale, quindi, siccome i due temi sono intimamente legati, vorrei condividere con voi alcune riflessioni. Partirei dalla seguente considerazione: il termine intelligenza artificiale è totalmente sbagliato, nasce negli anni ’50 e si riferisce a macchine intelligenti che in qualche modo si comportano come gli umani. Tutti voi avrete visto il film 2001, Odissea nello spazio, Hal 9.000, quello non esiste e al momento non si prevede che possa esistere. Quello che invece si vedeva in quel film era il riconoscimento del parlato attraverso la lettura delle labbra, si vedeva un iPad, queste cose si sono realizzate, ma la parte legata all'intelligenza no, quindi l'intelligenza artificiale intesa come macchine pensanti in stile umano non esiste al momento e non è stato fatto alcun progresso.
  Cosa è successo invece di estremamente interessante e a cosa ci riferiamo quando parliamo di intelligenza artificiale? È successo che sono stati fatti molti progressi in quello che si chiama l'apprendimento automatico, in inglese machine learning. Apprendimento automatico vuol dire che, se noi vogliamo fare un algoritmo che riconosce all'interno dei dati la presenza di alcune cose che riteniamo rilevanti, per esempio abbiamo delle immagini e vogliamo sapere se un'immagine contiene (l'esempio tipico è il gatto, ma ci sono altre cose) un'anomalia che prevede un tumore oppure un pattern per cui ci aspettiamo un certo comportamento finanziario (la cosa si generalizza a tutti gli ambiti), tradizionalmente quello che veniva fatto vent'anni fa era di andare a verificare se all'interno dei dati fossero presenti alcune caratteristiche da noi umani decise in anticipo, e sulla base della presenza di queste caratteristiche (per esempio dei baffi, delle orecchie triangolari nel caso del gatto) prendere la decisione che c'era un gatto, ma questa cosa non ha mai funzionato, non ci sono mai stati dei riconoscitori di immagini funzionanti, vent'anni fa non c'era niente proprio perché il metodo non funziona.
  Cosa è cambiato? Oggi l'intelligenza artificiale consiste in macchine che imparano da esempi, da grandi quantità di esempi, ci sono degli algoritmi che modificano alcuni parametri, e quando dico «alcuni» intendo dire centinaia di milioni di parametri, quindi sono degli oggetti molto complicati e molto pesanti da gestire dal punto di vista computazionale.
  Queste macchine, che sono un po’ come un pezzo del nostro cervello ricevono tanti dati: non voglio fare analogie facili, però dal punto di vista della complessità, cioè del numero di parametri, cominciano a essere paragonabili a certe aree del cervello, non sono per niente confrontabili, le macchine di machine learning, benché si chiamino reti neurali artificiali, non assomigliano veramente al cervello, però la complessità è in qualche senso simile, il numero di parametri che vanno controllati: Ci sono degli algoritmi che modificano i parametri e alla fine queste macchine imparano a riconoscere gli esempi, cioè imparano, perché noi insegniamo loro a farlo, ad associare ad una certa immagine la presenza di un certo numero di oggetti.
  La cosa secondo me rivoluzionaria che è successa in questi ultimi anni è che, quando fanno questo, le reti decidono cos'è rilevante nell'input, capiscono come devono decomporre l'input per poter fare classificazione, quindi mettono ordine nel disordine dei dati, cioè riescono a riorganizzare dei dati complicati e ad identificare ciò che è rilevante nell’input.
  Questa è una grande rivoluzione, provate a immaginare con tutti i dati che ci sono a disposizione avere dei sistemi automatici in grado di mettere ordine in tutto Pag. 7questo è una grandissima rivoluzione, quindi è un periodo di grande attività scientifica, di grandi applicazioni tecnologiche e di grandi domande, perché non si è ancora capito nel dettaglio come funzionano questi sistemi benché funzionino, un po’ come le medicine, sappiamo che molte medicine funzionano, ma non c'è una teoria completa per il funzionamento di tutto quanto, a volte su certi individui hanno un effetto più o meno forte.
  Chiarito che intelligenza artificiale vuol dire apprendimento automatico, che è molto utile per estrarre informazioni dai dati, per cui estraiamo informazione utile dai dati, oggi, se vogliamo fare la diagnosi di un tumore alla pelle, possiamo farla in maniera automatica.
  Il 5G è ciò che porta queste capacità ovunque, perché con il 5G avremo nelle nostre mani una tecnologia che ha una velocità attualmente come quella che avete su quando vi collegate a un cavo ethernet, cioè quando avete un collegamento in fibra ottica più o meno, dal vostro punto di vista, la potenza di calcolo è quella.
  Ci sono alcune cose che provo a dire molto rapidamente, ma penso che poi potrebbe essere utile avere uno scambio su come funzionano realmente le cose, poi ne trarrete le conseguenze che ritenete più opportune.
  Chiarito cos'è l'intelligenza artificiale, chiarito che sono stati fatti molti progressi, vi cito una data, il 2012, quindi l'altro ieri, non tanto tempo fa, poiché ogni anno ci sono delle competizioni di riconoscimento automatico tra computer, c'è un database che si chiama ImageNet, che sono milioni di immagini, all'interno di questi milioni di immagini ci sono migliaia di oggetti diversi e l'obiettivo è riuscire a riconoscere tutti i soggetti presenti nelle immagini in maniera automatica, improvvisamente nel 2012 un gruppo di ricercatori (uno di questi ha vinto la medaglia Touring la settimana scorsa) ha cominciato a utilizzare questi nuovi sistemi di intelligenza artificiale che si chiama deep net, e improvvisamente la capacità di riconoscimento è esplosa.
  Da allora ha continuato a crescere e attualmente è superiore a quella degli umani, quindi questi sistemi hanno un'accuratezza nel riconoscere la presenza di un oggetto all'interno di un'immagine che è superiore alla nostra, ma non c'è da stupirsi, queste macchine possono vedere molte più immagini di noi. Ripeto, non sono livelli di altissima intelligenza, è più lo stadio iniziale, come, dato un input, reagisci all'input e lo classifichi, però già questo è straordinariamente importante.
  Il 5G porta alcune conseguenze, che mi sembrano interessanti. Una è che molte attività potranno essere centralizzate, proprio perché la comunicazione è rapida ci potranno essere calcolatori centralizzati che controllano molte informazioni e attività. Contemporaneamente ci sono anche le funzioni decentralizzate, cioè sui nostri smartphone potremo fare svolgere molte attività localmente, però questa comunicazione tra grandi potenze di calcolo e utenti distribuiti verrà amplificata. Oggi questo non si può fare, ma in prospettiva le auto a guida autonoma, a cui personalmente io non credo, tramite il 5G potranno comunicare attraverso un computer centrale e scegliere cosa fare praticamente in tempo reale.
  Non è che non ci creda, ma trovo difficile che a breve termine avere questi dispositivi che in maniera autonoma girano per Napoli o anche Milano.
  Chiudo con due considerazioni. Sicuramente c'è il problema dell'etica digitale, che è da insegnare all'università, perché il problema dei grandi dati e di queste nuove tecnologie è un problema che ci metterà a confronto con questo tipo di questioni, e poi c'è il problema della formazione.
  Il problema della formazione va affrontato, è una questione che stiamo discutendo anche con una Commissione ristretta al MIUR (ristretta nel senso numerico). La formazione va riformata in alcune direzioni, cioè va rafforzata, c'è tutta una serie di discipline che stanno guadagnando molte nuove informazioni grazie a queste nuove tecnologie, grazie ai dati.
  Si tratta di un'impresa multidisciplinare, perché quali saranno le conseguenze di tutte queste tecnologie nei prossimi anni, cosa ci aspettiamo? Ci aspettiamo che cambi Pag. 8il mondo del lavoro, il business, ma io mi aspetto grandi scoperte scientifiche, grande progresso da questo punto di vista, cioè nella medicina, nella chimica dei materiali, nella fisica, dappertutto, quindi ci sono tante ricadute a tanti livelli diversi, per cui è importante aggiornare e non rimanere indietro in questo campo. I nostri corsi di laurea vanno rafforzati, inserendo discipline di questo tipo, vanno allargati, come viene specificato anche negli obiettivi della Commissione, c'è una grossa iniziativa che si può mettere in campo a basso costo, perché l'unico problema politico che ho capito è che non ci sono molti soldi a disposizione.
  Dal punto di vista del mondo del lavoro c'è certamente il problema della flessibilità e della riqualificazione dei lavoratori, che è un problema enorme non solo italiano, ma condiviso in tutto il mondo, quindi anche qui bisogna intervenire.

  PRESIDENTE. Grazie. Prima di dare la parola ai colleghi rompo il ghiaccio, raccontandovi che in questi giorni ho visto alcuni video di intere fabbriche nelle quali molti lavoratori vengono sostituiti, dal facchino a persone con qualche qualifica in più, da sistemi robotici o da altri sistemi che attraverso l'intelligenza ufficiale riescono a controllare un numero ulteriore di macchine.
  Senza fare scenari apocalittici, quali possono essere le ricadute? Dobbiamo anche capire quale sarà l'impatto sociale di queste nuove, grandi tecnologie, perché di impatto sociale stiamo parlando, nell'ipotesi che fra dieci anni un'intera categoria di lavoratori venga sostituita.
  Senza voler fare pensare che domani c'è Terminator, sarebbe molto utile se ci potete dare un'idea più precisa anche temporale per capire quale possa essere lo sviluppo in termini del lavoro e delle ricadute occupazionali.
  Sul fronte della formazione e delle competenze digitali, tema più volte emerso durante le nostre discussioni qui in Commissione, è fondamentale formare i giovani rispetto a questa grande novità, ma il punto di domanda che mi è sorto in questi giorni è se chi li debba formare sia, a sua volta, adeguatamente formato.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Ringrazio gli auditi per gli interessanti interventi, noi abbiamo promosso questa indagine su 5G big data perché immaginavamo che il 5G sia uno strumento veloce e rivoluzionario da tutti i punti di vista, non una semplice evoluzione del 4G, rispetto alla trasmissione di questa massa enorme di dati, ma il vero tema è oggi, rispetto a quella che si chiama la quarta rivoluzione industriale, che siamo passati dall'economia della conoscenza all'economia dei dati.
  Qui nasce un primo problema, perché sento parlare giustamente di insegnare l'etica digitale, di insegnare ad essere cittadini consapevoli dell'era digitale, però non ci fermiamo mai a pensare che in fondo questa grande massa di dati la produciamo noi, la producono i cittadini, quei cittadini che dovrebbero essere educati ad imparare l'utilizzo consapevole del digitale anche rispetto al discorso della sicurezza informatica sono i produttori.
  Questi produttori vengono però espropriati fin dal primo momento direttamente dalle grandi piattaforme digitali e non attraverso un sistema concorrente, per cui in realtà assistiamo ad un utilizzo di questi dati da parte di diversi soggetti. Anche qui, quando si parla di far pagare le tasse, il discorso delle tasse è relativo, perché, non essendo un'impresa manifatturiera, il tema è piuttosto quello della concorrenza.
  Forse la prima consapevolezza dovrebbe essere proprio questa, cioè che viviamo in un mondo in cui quello che produciamo diventa valore e ricchezza per un soggetto che noi invece immaginiamo sia uno che ci sta dando un servizio gratuito.
  Questo è il paradosso della nostra era, con il rischio dell'utilizzo di questi dati in maniera ulteriormente dolosa, perché in linea di massima, a parte farci del business, di solito i dati non vengono usati in maniera dolosa, ma diventa un problema quando questo accede.
  Questa questione però non fa di me una persona che pensa che bisogna fermare il Pag. 9mondo, anzi io credo che sia un mondo che con la rivoluzione digitale possa diventare oggettivamente un mondo migliore, se cresce questa consapevolezza, però il problema è di non farsi impressionare dal fatto che verranno superati alcuni lavori, nel senso che i lavori meno intelligenti saranno superati e questo credo che sia un fatto positivo, a patto che cresca la competenza.
  Su questo faccio mia la domanda del presidente. Spesso nelle università non solo gli studenti delle Facoltà umanistiche, che sembrerebbero quelli più potenzialmente predisposti a queste nuove soft skill digitali, ma anche quelli delle Facoltà scientifiche non sono immediatamente utilizzabili, cioè purtroppo non è che un ingegnere è immediatamente un data analyst. Come avviene questo salto sulla competenza effettiva, che per esempio un ragazzo laureato in ingegneria può effettivamente utilizzare in questa nuova era digitale?

  VALENTINA BARZOTTI. Ho due domande, la prima relativa al machine learning. Stiamo parlando tendenzialmente di algoritmi predittivi, cioè si apprende dalle immagini, ma da questo poi si potrà arrivare a un algoritmo predittivo. Questo è già possibile nell'ambito dei big data, con il 5G avremo una moltitudine di dati, che poi sarà utilizzata per profilare soprattutto i soggetti. Quali conseguenze potranno derivare da questo?
  La seconda è relativa alla tipologia di tecnologie che abbiamo a disposizione. Siamo strutturati per ottenere il pieno governo dei dati personali oppure con il 5G perderemo il controllo dei dati e non avremo modo di governarli?

  DAVIDE GARIGLIO. Ringrazio gli auditi. La Camera dei deputati poche settimane fa ha votato all'unanimità alcuni ordini del giorno sul coding, per avviare un percorso di formazione in tutti gli ordini scolastici alla programmazione.
  Pochi giorni fa, a Torino, la mia città, alcune fondazioni hanno presentato «Scratch», un software internazionale per insegnare ai bambini delle elementari a fare programmazione (è divertente, lo uso anch'io per imparare). Alla luce della vostra esperienza professionale accademica, cosa consigliate al legislatore di fare, in che tempi e con che velocità, per formare i nostri cittadini, ad iniziare dai giovani, a conoscere le nuove tecnologie, a difendersi e, per quanto riguarda le nostre imprese, per approfittare di queste tecnologie, non sono utilizzarle strumentalmente, ma anche vivere di queste tecnologie (il brokeraggio dei dati cui avete fatto cenno).
  Internet delle cose. È impressionante vedere come su Amazon e su altri siti vendano a prezzi bassissimi prodotti per il comando vocale da inserire nelle case per avviare la domotica; sul giornale di oggi si legge che in qualche caso a causa di algoritmi sbagliati sono diventate un elemento per spiare quello che succedeva nella casa con effetti paradossali. Quanto tecnicamente possiamo essere tutelati da questo? Non è possibile mettere un limite?
  Nella vostra relazione avete parlato di etica, affidarsi agli algoritmi (quelli che chiamiamo volgarmente intelligenza artificiale) comporta a un certo punto che la macchina prenda il sopravvento sull'uomo o comunque l'uomo non sia in condizioni di porvi rimedio. Se ad esempio si sale su un'auto a guida autonoma (ci sono esperimenti anche in Italia), si percorre una strada e ad un certo punto c'è un ostacolo improvviso, è il sistema che deve decidere come reagire ed eventualmente scegliere se sacrificare chi è a bordo della macchina o chi è fuori. Ci sono problemi che si stanno affrontando e come sono risolvibili?

  DIEGO DE LORENZIS. Prendo spunto dall'ultima riflessione sull'etica e vorrei capire se immaginiate un tipo di insegnamento, una maggiore consapevolezza sull'etica che questi strumenti comportano sugli utilizzatori finali o su chi invece progetta questi sistemi.
  Nei programmi ministeriali, nel decennio scorso, c'era l'educazione ai media, all'uso delle immagini, ma la società apprende la consapevolezza all'uso più corretto delle tecnologie con una generazione di ritardo rispetto alla tecnologia, cioè probabilmente cominciamo ad avvertire adesso Pag. 10i pericoli di questi strumenti, dopo che però gli strumenti sono già diffusi in maniera massiva.
  Questo mi sembra un argomento molto spinoso, dubito che quando si progettavano centrali nucleari si discutesse contestualmente di sostenibilità energetica cercando di rendere più consapevole l'opinione pubblica quindi su questo le chiederei fornirci, se ritiene, ulteriori elementi di riflessione.
  Sempre legato al tema dell'etica c'è un tema, su cui l'opinione pubblica dibatte poco, ma è sicuramente una discussione aperta tra i tecnici, che riguarda la singolarità. La singolarità è quel punto critico di non ritorno, per cui l'intelligenza artificiale sopravanza la possibilità di visione dell'essere umano, quindi in una scala evolutiva assume una posizione predominante.
  Si diceva che le macchine non avrebbero mai riconosciuto il parlato, non avrebbero mai riconosciuto lo scritto, non avrebbero mai riconosciuto l'immagine, probabilmente il livello di complessità per cui oggi le macchine riescono ad avere dei comportamenti automatici di apprendimento è paragonabile a quello di un insetto che si evolve e, a seconda degli stimoli dell'ambiente, reagisce secondo comportamenti anche abbastanza semplici e banali da descrivere.
  Il fatto che la complessità del cervello umano o di alcuni paradigmi non sia stata compresa non vuol dire che non si possa raggiungere, tutto sommato la differenza genetica tra noi e altri primati è a stento del 3 per cento, eppure questo genera una differenza in termini evolutivi molto netta.
  Condivido l'idea che a breve non ci saranno le auto che guidano da sole, come non ci sarà una macchina che fa tutto quello che facciamo noi, però la tendenza è andare in quella direzione, quindi volevo capire se nel dibattito scientifico ci sia una riflessione etica su questo e come si possa imporre un'etica, a fronte dell'esempio da manuale sulla guida autonoma, citato dal collega Gariglio.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli auditi per la replica.

  DOMENICO TALIA, professore di ingegneria informatica presso l'Università della Calabria. Grazie, presidente. Le domande sono tante e questo dimostra che c'è un interesse su questi temi. Proverò a dare alcune risposte, su alcune magari risponderò meno, perché le domande non solo sono tante, ma sono anche estremamente complesse.
  Il presidente ha accennato al tema della relazione tra vecchi e nuovi lavori. Noi siamo abituati a lavorare su dati scientifici, a usare dei processi scientifici per avere conferma, ma su alcuni di questi temi l'aspetto scientifico non è l'unico purtroppo, quindi entrano in gioco altri aspetti, che sono quelli sociali, le opinioni, i punti di vista, quindi mi perdonerete ma ovviamente su alcune questioni posso essere più preciso, su altre vi dirò come la penso io, ma è solo un'opinione.
  Per quanto riguarda la questione dei vecchi e dei nuovi lavori, c'è una discussione in tutto il mondo se l'informatica e le tecnologie porteranno più disoccupazione o più lavori, e c'è la dialettica più varia. Il mio punto di vista è molto semplice: se non siamo pronti a gestire la trasformazione, avremo più disoccupazione, se saremo pronti invece avremo più lavori. Sembra l'uovo di Colombo, ma in realtà è così.
  Cerco di spiegare meglio questo concetto: se noi siamo coscienti e padroni di una tecnologia, il suo uso, che è formidabile per la società, cioè ci porta grandi vantaggi, diventa anche una maniera per avere più lavoro, cioè per avere competenze che si possono giocare nel mondo del lavoro. Lo possiamo fare come Italia e come Europa rispetto a grandi nazioni come gli Stati Uniti o la Cina, che stanno investendo tantissimo in questi settori. Se le tecnologie invece la importeremo solamente, diventeremo oggetti di questo processo. È vero che molti robot tolgono lavori, ma diventa invece un'opportunità se le nuove generazioni o le generazioni che sono in campo riescono a diventare gestori dei robot, cioè a sovrintendere alle operazioni del robot.
  Il punto vero è conoscere e possedere le competenze giuste al momento giusto. Se Pag. 11non lo faremo, ci sarà più disoccupazione, se riusciremo ad essere pronti, ci saranno più opportunità di lavoro.
  Pensate ai ragazzi. Si parlava prima del coding, che è il primo passo per entrare nel cosiddetto «pensiero computazionale», cioè comincio a pensare come devo guidare le macchine per fare delle cose. Se i ragazzi crescono con questo modello, il lavoro che faranno sarà legato all'uso di queste competenze, se queste competenze non le avranno, probabilmente ci saranno dei robot che saranno più intelligenti di loro nel fare determinati lavori, che magari sono anche routinari.
  Il mio punto di vista (non ho dei dati che vi convinceranno fino in fondo) è che, se avremo capacità di conoscere le tecnologie, ci saranno opportunità e più lavori, se invece perderemo questa opportunità, ci saranno più disoccupati.
  Chi formerà gli esperti? Questa è una domanda molto importante. Ritengo che l'Italia, per quanto possa essere indietro su alcuni aspetti, abbia competenze come Paese, nelle università (adesso parlo bene di me, della classe accademica, nelle aziende, nelle start up, cioè ci sono tantissimi italiani giovani (tra l'altro, sapete bene che molti vanno fuori) che avrebbero questa capacità, abbiamo quindi un nucleo di centinaia di migliaia di persone che sono esperte e che potrebbero fare da formatori. Il punto è valorizzare queste competenze, metterle in campo e farle entrare in contatto con la formazione di una società più ampia.
  Non siamo quindi indietro nelle conoscenze, lo siamo a livello globale, ma abbiamo gli esperti e credo che l'Italia non abbia difficoltà, tanto che i laureati italiani in questi settori quando vanno all'estero sono i migliori, non sono i peggiori, quindi vuol dire che il sistema di formazione funziona, fornisce le competenze giuste.
  Questa è una questione che si può risolvere se le competenze che ci sono si mettono a disposizione, si mettono a disposizione per formare i cittadini, gli operai, i lavoratori, i professionisti.
  Chi è il proprietario dei dati? Questo è un punto fondamentale. La mia posizione del tutto personale è che ognuno di noi dovrebbe essere proprietario dei propri dati, siamo noi i proprietari dei nostri dati. Solo che il modello con cui si è generato il sistema internet e il sistema big data nasce dai grandi player, i quali si impossessano dei nostri dati e li usano per i loro scopi commerciali. Ovviamente c'è da capirli, non sono società senza scopo di lucro, non sono delle ONLUS, loro li usano, allora impariamo da loro, cioè la società dovrebbe dire: «voglio tutelare i dati dei miei cittadini, ogni cittadino è proprietario dei suoi dati».
  Sapete che adesso, dopo il GDPR, è possibile chiedere a Google e a Facebook i propri dati, e ognuno di questi vi dà un comando che vi permette di scaricare i dati, provate a farlo, sanno tantissimo di noi, sanno cose che noi non ricordiamo più, perché se mi si chiede cosa ho comprato o dove ho mangiato un anno fa, non lo ricordo, ma loro sanno tutto, conoscono le parole che abbiamo cercato, gli acquisti che abbiamo fatto, i posti dove eravamo.
  Vi faccio un solo esempio. Voi sapete che per esempio quando abbiamo il Wi-Fi attivo sul nostro smartphone, lo smartphone cerca dei Wi-Fi cui collegarsi, in molti casi non ci possiamo collegare perché c'è una password. Lo smartphone (un Samsung oppure un altro) si accorge che vorremmo collegarci lì, quindi sa dove siamo perché il Wi-Fi funziona nell'ambito di qualche centinaio di metri, e informa Google del fatto che siamo in quella posizione lì, e noi non ci siamo collegati, non abbiamo fatto niente sulla rete! Vi sto dicendo una piccolezza, ma potremmo passare la giornata qui ad elencare altri esempi.
  Da questo punto di vista il GDPR è già un passo avanti, però la legislazione italiana ed europea, prima degli americani, perché gli americani hanno degli interessi economici molto forti con queste grandi compagnie, che sono soprattutto americane, quindi per loro è economia, per cui la legislazione è conseguentemente influenzata; noi che siamo in una condizione diversa anche dal punto di vista degli interessi economici dovremmo lavorare per avere i dati personali, cioè ognuno ha diritto Pag. 12 ad avere i propri dati. Questo è il mio pensiero personale.
  Dal punto di vista della tecnologia questo si può fare, non ci sono problemi, e il 5G potrebbe favorire questa esigenza, perché potrei avere i dati su un server e, se a qualcuno, un ospedale o un comune, servono, se gli do l'autorizzazione li può prendere, se non gli do l'autorizzazione non li può prendere. Lo stesso potrebbe valere per Google o Amazon quando faccio un acquisto, quindi non è un problema di tecnologia, è un problema di scelte che si vogliono fare.
  Sul machine learning e sul 5G lascerei la parola al professor Zecchina. Credo che il machine learning avrà grandi benefici dal 5G, perché il 5G alimenterà i dati, e il machine learning più dati ha, più produce modelli accurati.
  La questione della proprietà dei dati è legata al pieno governo dei dati. Non so se conoscete la storia di un giovane avvocato austriaco, che ha fatto causa a Facebook. Questo è un esempio molto interessante, che dimostra che, se la legislazione c'è, si possono ottenere grandi risultati, Una sola persona, un europeo decide di fare causa a Facebook, perché è un utente di Facebook, però i suoi dati che sono su Facebook, che sono tanti, sono negli Stati Uniti, perché Facebook aveva tutti i server negli Stati Uniti. Voi sapete che dopo l'11 settembre c'è una legge che autorizza il Governo americano ad accedere a qualsiasi dato disponibile sul territorio americano per motivi di sicurezza, questo signore ha fatto causa alla Corte di giustizia dicendo: «io non sono americano, non sono mai andato in America, perché gli americani devono accedere ai miei dati?».
  Si pensava che fosse una cosa ridicola, un uomo nei confronti di una grande compagnia e di una grande nazione, ma alla fine la Corte di Giustizia gli ha dato ragione. Questo ha costretto Facebook a portare tutti i dati degli europei nei data center che stanno in Europa e che rispondono alle leggi europee e non più alle leggi americane, quindi una semplice iniziativa legale ha cambiato un fatto molto importante. Questo per dire quanto è importante avere il governo dei propri dati e avere una legislazione che aiuti in questa direzione.
  I tempi di formazione potrebbero essere lunghi per quella che è l'evoluzione della tecnologia; la tecnologia va molto più veloce, però se ci si muove per tempo...
  Dicevo al professor Zecchina che invidio quello che ha fatto la Bocconi, che ha introdotto informatica in tutti i corsi di laurea, compresa legge, perché qualsiasi corso di laurea deve avere una formazione informatica. Questa iniziativa andrebbe portata in tutte le Università italiane, cioè se mi laureo in filosofia o in qualunque altra materia, devo conoscere anche informatica, perché sono un utente, ho l'informatica in tasca, però poi non ho le conoscenze di base.
  Bisognerebbe fare in modo che a livello universitario tutti i corsi di laurea prevedano una formazione informatica, dopodiché bisognerebbe farlo anche nei licei (le scuole professionali ovviamente lo fanno già) e poi sfruttare il coding nelle scuole elementari. È necessario fare un'azione pervasiva per dare competitività all'Italia, altrimenti rischiamo che tutti i modelli vengano da fuori.
  Non affronto la questione dell'etica perché è una questione difficile, ma sono sicuro che il professor Zecchina dirà alcune cose. In America ci sono già degli esempi interessanti; un esperimento che sta facendo il MIT è quello di chiedere alle persone cosa debba fare una macchina se un passante attraversa le strisce, uccidere il passante oppure andare fuori strada, causando la morte delle persone che sono in macchina, domanda che già sottintende un'etica fondamentale. Gli americani però sono più cattivi, perché chiedono: «se la persona che attraversa le strisce è un nero e invece quelli che sono in macchina sono bianchi, oppure viceversa, se le persone in macchina sono neri e quelli che passano sono bianchi, cosa pensi debba fare la macchina?» oppure: «in macchina ci sono dei bambini, ma quello che attraversa è un anziano: cosa deve fare la macchina?». Capite quanto è profonda questa questione, per cui l'etica con l'intelligenza artificiale ha grandi impatti. Pag. 13
  Rispondo solamente sulla sicurezza dell'IoT (Internet of Things). Anche questa è una mia opinione personale, però è fondata su dati scientifici. L’IoT è una grande tecnologia, cambierà molto la vita delle persone, però non c'è attenzione alla sicurezza dell’IoT, perché i prodotti dell’IoT si stanno vendendo (l'onorevole ricordava che su Amazon si comprano tante cose), il problema è che stanno vendendo questi prodotti, che non hanno sufficiente sicurezza. Sto parlando di cyber security, di cifratura dei dati, di controllo dell'accesso a questi dispositivi.
  Ogni tanto succede che un protocollo di sicurezza su internet, che non è stato implementato bene, venga bucato, e bucare un protocollo di sicurezza vuol dire fare dei danni. Pensate quindi a cosa succederà se questi protocolli di IoT, che saranno nella nostra casa, nel nostro ufficio, dovunque, presenteranno dei problemi che qualcuno sfrutterà per entrare in casa solo aprendo la porta oppure cambiando quello che avviene dentro la casa dall'esterno.
  I produttori di IoT fanno bene il loro lavoro, ma dovrebbero dire che la sicurezza di questi dispositivi ancora non è all'altezza degli usi che si fanno, e bisognerebbe investire molto nella sicurezza di questi dispositivi, altrimenti i rischi sono enormi. Vi ringrazio.

  RICCARDO ZECCHINA, professore ordinario di fisica teorica presso l'Università Bocconi di Milano. Nuovi lavori. Vorrei solo aggiungere che il problema è il transitorio, cioè la velocità con cui vengono distrutti i lavori è maggiore rispetto alla velocità con cui vengono creati nuovi lavori, quindi c'è un problema di gestione del transitorio, che – fatemi dire – è un problema vostro, nel senso che questa è la realtà e va affrontata politicamente.
  Non ho dubbi sul fatto che verranno creati nuovi lavori, che l'economia comunque crescerà, non so dire quali saranno i numeri e il bilancio finale, però certamente c'è un problema di transitorio e questo va gestito politicamente.
  Formazione. Cerco di riassumere le diverse domande legate alla formazione raccontandovi la cosa seguente. Questo è un tema che discutiamo con i colleghi in giro per il mondo, cioè con persone esperte che fanno questo di mestiere, cosa insegniamo ai giovani perché siano protagonisti nel futuro. La risposta non è semplicemente «insegniamo loro a programmare», no, ai giovani bisogna insegnare i fondamentali. Può sembrare paradossale, ma fare formazione sull'intelligenza artificiale vuol dire sapere più matematica, sapere più fisica, sapere più computer science naturalmente, cioè i fondamentali restano.
  Non dovete dimenticare che si tratta di tecniche che aumentano le nostre capacità cognitive, non ci sostituiscono, quindi dobbiamo aumentare la formazione di base, aumentare in Italia la formazione scientifica. Il curriculum ideale per un esperto di intelligenza artificiale non è fare 25 corsi di programmazione, è fare tre corsi di programmazione, ma poi fare dei corsi di matematica come si deve, corsi di fisica come si deve, e il problema è mettere insieme tutte queste competenze, quindi dal punto di vista universitario andare oltre le divisioni tra settori, cose che sono caratteristiche del nostro sistema, quindi una cultura solida multidisciplinare. Questo vale poi anche a livello scolastico.
  Sul problema dei formatori non rispondo, perché è troppo complicato, perché qui c'è il problema degli insegnanti, delle scuole, un enorme problema che c'è, mi piacerebbe aiutare i colleghi che insegnano nelle scuole, ma non saprei da che parte cominciare, però è un problema grave.
  Economia dei dati. Sono cose di cui io non sono particolarmente esperto, i cittadini producono dati, il punto è come far diventare questa una ricchezza di tutti, ci sono dei modelli in cui uno vende i propri dati in maniera autonoma, però mi sembrano abbastanza utopistici.
  Il punto fondamentale è ottimizzare la società, ottimizzare i servizi e utilizzare questi dati per il bene pubblico, naturalmente preservando la privacy. Questo si può fare, richiede molta coordinazione e quindi molta organizzazione, richiede un pensiero rigoroso e un'organizzazione rigorosa e anche molto efficiente.
  Se prendiamo la prevenzione del tumore al seno, in Lombardia bisogna fare Pag. 14ogni anno 2 milioni di mammografie, ma prendiamo i radiologi che sono in Lombardia e gli facciamo analizzare 2 milioni di mammografie? Sarebbe complicato, ma ora questo si può fare utilizzando tecniche di machine learning. Naturalmente queste tecniche hanno imparato su dati di persone che nel passato sono state sottoposte a mammografia, ma mi sembra un utilizzo civile ed utile. La domanda che potrei fare a voi è come mai non sia ancora stato organizzato, visto che le tecniche ci sono.
  Machine learning, algoritmi predittivi, cosa cambia dai big data al 5G: le cose vanno progressivamente aumentando, però preferirei rispondere dicendo cosa non è capace di fare il machine learning, perché altrimenti sembra che sia possibile estrarre qualunque dato e non è così.
  Per addestrare un sistema di machine learning c'è bisogno di dati che sono stati classificati dagli umani. Nel caso delle mammografie, ad esempio, c'è bisogno di avere tante mammografie con il responso dato da un radiologo nel passato, quindi l’input e l’output corrispondente. Sulla base di questi dati possiamo addestrare un sistema automatico, che poi diventa effettivamente in grado di fare predizioni, perché addestriamo questo sistema automatico che è in grado di dare una risposta quando gli presentiamo una mammografia che non ha mai visto prima, e lo fa con grande accuratezza.
  La stragrande maggioranza dei dati che verranno dal 5G non sono stati classificati dagli umani e non possono essere classificati dagli umani, quindi questo è un problema aperto, non è ancora stato risolto e si sta studiando, però quando saremo in grado di fare dei sistemi di apprendimento automatico non supervisionato, come si chiama tecnicamente, allora vedrete una seconda rivoluzione, che non è ancora l'intelligenza artificiale nel senso della singolarità, ma sicuramente è un grande progresso.
  L'altra cosa che forse è ancora più chiara è che i sistemi di machine learning non sono in grado di identificare nessi causali, cioè se io do dei dati, il sistema non è in grado di dirmi che questo ha causato questo, è in grado di trovare correlazioni, ma non nessi causali, quindi tranquilli, il nostro ruolo resta fondamentale. Pensatele come macchine che aumentano le nostre capacità cognitive, non ci sostituiscono. Questo è il modo di pensare alle cose e di pensare anche ai nuovi lavori. Se cominciamo a capire questo, facciamo piazza pulita di una serie di luoghi comuni.
  Sull’IoT ha risposto il collega. Siamo strutturati per ottenere il controllo dei dati? Non lo so, il controllo dei dati è complicato, ma si può realizzare, bisogna che ci sia un dialogo tra tutti gli attori sociali (industria, Governo, cittadini), quindi ci vuole una grande coordinazione, siamo in un sistema complesso, bisogna essere super-efficienti e razionali, altrimenti non combiniamo molto.
  Questa questione della sicurezza dei dati è anche legata a come far diventare i dati un bene pubblico, perché se siamo bloccati dal fatto che i dati devono essere protetti e quindi non li utilizziamo nella maniera opportuna, non potremo neanche trasformarli in qualcosa di utile per tutti, quindi è un problema che va gestito, e di nuovo è una domanda più per voi che per noi.
  Per quanto riguarda invece la singolarità, vorrei chiarire che c'è una differenza: il machine learning non solo non è in grado di apprendere senza supervisione, non è in grado di trovare nessi causali, ma funziona anche in modo molto diverso dagli umani. Un sistema di intelligenza artificiale per riconoscere un oggetto deve vedere milioni di esempi, un bambino ne deve vedere due, quindi c'è un'enorme differenza nel modo di apprendere.
  Un bambino si crea un modello della realtà, fa delle predizioni e vede qual è il responso. Fino ad otto mesi di età un bambino non ha il concetto di forza di gravità, se gli fate vedere una macchina che vola per lui è del tutto normale, dopo i nove mesi sviluppa questo concetto di forza di gravità. Con le macchine siamo lontani, non sappiamo neanche come mettere a confronto le due cose, quindi sulla singolarità non voglio certo non pormi il problema e questa cosa viene discussa, perché l'argomento di fondo è che se noi costruiamo dei robot che hanno un obiettivo, Pag. 15questi faranno di tutto per raggiungere questo obiettivo, nel momento in cui diventano autonomi faranno di tutto, anche a scapito della vita umana.
  Questo è vero, però al momento questi robot sono molto limitati, siamo noi a progettarli, quindi non ritengo si debba drammatizzare tale aspetto. Dal punto di vista puramente scientifico è una domanda che avremmo potuto fare quaranta anni fa esattamente uguale, perché è vero che adesso siamo impressionati dal fatto che se io adesso uso Google translate con la videocamera, riprendo una scritta in russo ma la vedo in inglese.
  Adesso su Google translate per esempio c'è una funzione che si chiama DeepL, una web page che funziona meglio, ma sempre basata su machine learning, voi mettete una frase e vi trovate la frase in un'altra lingua, sapete bene che è utile, ma non funziona benissimo. Bene, sappiate che questi traduttori automatici funzionano esclusivamente su base statistica, cioè fanno un confronto statistico tra lingue, quando gli esperti cercano di mettere elementi logici peggiorano le prestazioni, vuol dire che c'è un mismatch tra lo strumento, quello che noi capiamo e l'integrazione dei due. Al momento non si sa fare meglio, queste macchine sono quindi ancora limitate.
  Avete visto su Google, quella scenetta in cui c'è un chatbot che prenota un posto al ristorante, non il contrario, quindi non è che un chatbot risponde a uno che prenota, è il chatbot che fa la prenotazione, e sembra straordinario sentire questo che prenota, fa anche le battutine, ma in realtà appena spostate un pochino il dominio di applicazione di questa applicazione in realtà non funziona; sono applicazioni statistiche, quindi molto basate su questo. Sono un prerequisito per l'intelligenza.
  C'è una grande riflessione etica, bisogna preparare sicuramente i cittadini. Per completare quello che diceva il collega sulle inchieste del MIT, vi dico che hanno anche fatto la seguente domanda: «la macchina deve sacrificare le persone a bordo per salvare i bambini per la strada?» e tutti rispondono «sì»; «comprerebbe l'auto?», la risposta è stata «no».
  Siamo di fronte a un problema fondamentalmente scientifico e tecnologico, che va affrontato con grande efficienza, senza perdere tempo. Bisogna formare i giovani nelle materie fondamentali, in modo tale che siano pronti, è inutile specializzarsi perché non sappiamo quale sarà la realtà fra dieci anni, quindi dobbiamo dar loro i fondamentali, dobbiamo rafforzare la cultura rigorosa e multidisciplinare a livello universitario e scolastico. Qui ci vuole efficienza, di nuovo una domanda più per voi che per noi.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il loro contributo e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.45.