XVIII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Martedì 29 gennaio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Morelli Alessandro , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE NUOVE TECNOLOGIE DELLE TELECOMUNICAZIONI, CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA TRANSIZIONE VERSO IL 5G ED ALLA GESTIONE DEI BIG DATA

Audizione di rappresentanti di Open Fiber Spa.
Morelli Alessandro , Presidente ... 3 
Bassanini Franco , presidente di Open Fiber ... 3 
Ripa Elisabetta , amministratrice delegata di Open Fiber Spa ... 3 
Bassanini Franco , presidente di Open Fiber Spa ... 6 
Morelli Alessandro , Presidente ... 8 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 8 
Zanella Federica (FI)  ... 9 
Fidanza Carlo (FDI)  ... 9 
Liuzzi Mirella (M5S)  ... 9 
Capitanio Massimiliano (LEGA)  ... 10 
Morelli Alessandro , Presidente ... 10 
Ripa Elisabetta , amministratrice delegata di Open Fiber Spa ... 10 
Zanella Federica (FI)  ... 13 
Ripa Elisabetta , amministratrice delegata di Open Fiber Spa ... 13 
Bassanini Franco , presidente di Open Fiber Spa ... 14 
Ripa Elisabetta , amministratrice delegata di Open Fiber Spa ... 14 
Bassanini Franco , presidente di Open Fiber Spa ... 14 
Ripa Elisabetta , amministratrice delegata di Open Fiber Spa ... 14 
Bassanini Franco , presidente di Open Fiber Spa ... 15 
Ripa Elisabetta , amministratrice delegata di Open Fiber Spa ... 15 
Morelli Alessandro , Presidente ... 16 

Audizione di rappresentanti di Google Italy Srl:
Morelli Alessandro , Presidente ... 16 
Ciulli Diego , responsabile relazioni istituzionali di Google Italy Srl ... 16 
Morelli Alessandro , Presidente ... 22 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 22 
Morelli Alessandro , Presidente ... 23 
Ciulli Diego , responsabile relazioni istituzionali di Google Italy Srl ... 23 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 23 
Ciulli Diego , responsabile relazioni istituzionali di Google Italy Srl ... 23 
Zanella Federica (FI)  ... 24 
Ciulli Diego , responsabile relazioni istituzionali di Google Italy Srl ... 25 
Morelli Alessandro , Presidente ... 25 

Audizione di rappresentanti di Facebook Italy Srl:
Morelli Alessandro , Presidente ... 26 
Bononcini Laura , direttrice relazioni istituzionali per il Sud Europa di Facebook Italy Srl ... 26 
Morelli Alessandro , Presidente ... 31 
Bergamini Deborah (FI)  ... 31 
Serritella Davide (M5S)  ... 32 
Rotelli Mauro (FDI)  ... 32 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 32 
Capitanio Massimiliano (LEGA)  ... 33 
Morelli Alessandro , Presidente ... 33 
Zanella Federica (FI)  ... 33 
Morelli Alessandro , Presidente ... 33 
Bononcini Laura , direttrice relazioni istituzionali per il Sud Europa di Facebook Italy Srl ... 33 
Morelli Alessandro , Presidente ... 36

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero-Sogno Italia: Misto-MAIE-SI;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO MORELLI

  La seduta comincia alle 11.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Open Fiber Spa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G ed alla gestione dei big data, l'audizione di rappresentanti di Open Fiber Spa.
  Ringrazio i rappresentanti di Open Fiber per aver accettato l'invito della Commissione. Do, dunque, la parola al Presidente Franco Bassanini per lo svolgimento della relazione, che immagino comprenderà anche tutte le novità che riguardano l'Europa e la legislazione europea che dovremo a breve valutare.

  FRANCO BASSANINI, presidente di Open Fiber. Se il presidente lo permette, lascerei all'amministratore delegato, dottoressa Elisabetta Ripa, il compito di illustrare la nostra relazione, che poi, se richiesto, potremo anche lasciare agli atti della Commissione. Sempre se il presidente me lo concede, potrei poi svolgere qualche piccola riflessione finale per la Commissione.
  Passo, quindi, la parola all'amministratore delegato, Elisabetta Ripa.

  ELISABETTA RIPA, amministratrice delegata di Open Fiber Spa. Buongiorno a tutti. Grazie per averci invitato e coinvolto in questa occasione. Open Fiber tiene sicuramente molto a condividere con tutti gli stakeholder e i decision maker il nostro Piano.
  Siamo un'azienda relativamente giovane, nata di fatto a fine 2016, sia pure con un'eredità importante, in quanto Open Fiber nasce dall'acquisizione di Metroweb, società che operava nella città di Milano già da anni.
  Nasciamo con l'obiettivo di realizzare in Italia un'infrastruttura di accesso totalmente nuova e in fibra ottica fino a casa del cliente per consentire e abilitare l'evoluzione dei servizi ultrabroadband, sia in termini di velocità, sia in termini di latenza, che l'evoluzione e la digitalizzazione del Paese richiedono e che, peraltro, sono stati indicati, in termini di obiettivi, dall'Agenda europea denominata Gigabit society.
  L'azienda è nuova e nasce su un concetto e un modello totalmente nuovi per il business delle telecomunicazioni, da questo punto di vista particolarmente disruptive in termini di regole e di modalità di funzionamento.
  In che senso siamo nuovi? Il modello che applichiamo è definito wholesale only. In altre parole, i nostri clienti non sono i consumatori finali, ma sono gli operatori di telecomunicazioni e tutti quei soggetti che intendono operare sul mercato delle telecomunicazioni e dei servizi ultrabroadband.
  Questo ci consente di realizzare un'infrastruttura con ingenti investimenti – ne parleremo poi nel dettaglio – e di metterla a disposizione di una molteplicità di soggetti senza avere in questo modello e in Pag. 4questa relazione alcun tipo di conflitto di interessi, poiché per noi i clienti sono tutti uguali. È questo il modo con il quale garantiamo e garantiremo nel tempo una parità di accesso e un’equivalence nella gestione dei clienti finali.
  Il modello wholesale only, come vi dicevo, è un modello particolarmente innovativo, che però sta prendendo profondamente e velocemente piede nell'ambito europeo, perché tutti gli operatori nuovi entranti nel mercato della fibra che si stanno affacciando sul mercato l'hanno adottato.
  Non solo, il nuovo Codice delle telecomunicazioni ha riconosciuto nel modello una particolare valenza, in quanto particolarmente idoneo, o più idoneo, a canalizzare e sviluppare investimenti nella realizzazione delle reti di nuova generazione e più adeguato a garantire, come vi dicevo, quella parità di trattamento che è fondamentale nello sviluppo di una competizione sana sul mercato dei servizi di telecomunicazione.
  In questo percorso Open Fiber ha anche identificato una soluzione tecnologica particolarmente innovativa nella realizzazione della rete in fibra, in quanto ha deciso di adottare la tecnologia FTTH (Fiber To The Home). Questo significa che stiamo realizzando una rete di trasporto (già realizzata), di backbone (già realizzata) e di accesso (che stiamo progressivamente realizzando) interamente in fibra fino a casa del cliente, che può garantire prestazioni future-proof, in quanto consente un rapido upgrade delle prestazioni in funzione dell'evoluzione della tecnologia.
  Già oggi le nostre reti assicurano velocità di connessione simmetriche fino a un giga e sono upgradabili ulteriormente fino a 10 o a 100 giga in funzione della tecnologia che si renderà a mano a mano disponibile e commercialmente sostenibile nei prossimi anni, senza però realizzare investimenti particolarmente onerosi e soprattutto senza dover creare un disagio o un'interazione con il cliente. È una decisione nostra e del Piano di maturazione della tecnologia migliorare e aumentare le prestazioni di questa rete. Il cliente avrà un continuo miglioramento delle prestazioni senza alcun tipo di interazione o di fastidio.
  Si tratta di una bella soluzione, che ci garantisce non solo un investimento importante in fase iniziale, ma anche un periodo di sostenibilità e di durata della tecnologia che i più importanti studi internazionali sul tema traguardano a 75-100 anni. Voi mi insegnate che una visibilità su questo arco temporale è estremamente difficile, ma di sicuro queste tecnologie sono definite future-proof in quanto basate sulla fibra ottica, sul vetro, che da sempre è stato il conduttore in eccellenza per la realizzazione delle reti infrastrutturali a elevata performance.
  Dunque, abbiamo un modello innovativo wholesale only, una soluzione tecnologica innovativa e un Piano di sviluppo basato su un importante progetto di investimento, che traguarda 6,5 miliardi di euro nei prossimi cinque anni, interamente finanziati da un progetto di finanziamento che abbiamo già realizzato e concluso con un pool di 14 banche per 3,5 miliardi di euro e da un complemento attraverso il supporto dei nostri soci, Cassa depositi e prestiti ed Enel, nonché l'autoproduzione di Cassa, che finanzierà il complemento al Piano di investimento.
  Ai 6,5 miliardi contribuiscono anche i fondi che sono stati messi a disposizione del progetto di Open Fiber, più specificatamente delle concessioni che Open Fiber ha ottenuto per la realizzazione della rete nelle aree a fallimento di mercato. Permettetemi, quindi, di soffermarmi un minuto in più sul Piano di sviluppo di Open Fiber in termini operativi.
  Il nostro Piano traguarda la copertura, con una rete in fibra, di 19 milioni di unità immobiliari entro il 2023. Alla fine del 2018 avevamo già coperto circa 5 milioni di unità immobiliari, dimostrando che abbiamo ormai la velocità per rendere questo Piano non solo credibile, ma concreto.
  I 19 milioni di unità immobiliari che stiamo coprendo e che abbiamo l'obiettivo di realizzare si dividono sostanzialmente in due grandi cluster: 9 milioni per quanto riguarda le aree metropolitane, definiti cluster A e B, e 9,5 milioni circa nei cluster C e D, o cluster a fallimento di mercato. Pag. 5
  Nei cluster C e D, come dicevo, Open Fiber è risultata aggiudicatrice di tre concessioni da parte di Infratel nell'ambito dei bandi di gara del Piano BUL. L'ultimo, che è stato recentemente aggiudicato, traguarda la copertura delle tre regioni residue, in particolare Sardegna, Calabria e Puglia, che non erano state oggetto di aggiudicazione nei bandi precedenti.
  A questo punto, il Piano è un Piano nazionale, che non copre, per esprimersi in termini di difetto, ossia negativi, solo ed esclusivamente le aree grigie che saranno oggetto di intervento nelle modalità e nelle forme che il Ministero dello sviluppo economico sta definendo in questi giorni, un tema che troverà sicuramente grande ascolto da parte di Open Fiber in termini di possibilità di realizzazione e di partecipazione nelle modalità che verranno stabilite.
  Si tratta, quindi, di un Piano ambizioso, che già oggi rende disponibile a circa 15 milioni di italiani una soluzione interamente in fibra, altamente performante, pronta e disponibile nella propria abitazione. È un Piano che presuppone la realizzazione di una grande opera, che, per essere realizzata, si poggia su alcuni requisiti fondamentali, che sono sostanzialmente quelli di ricostruire, a 90 anni dalla realizzazione della grande rete di accesso in rame da parte degli operatori telefonici, una nuova infrastruttura di accesso.
  Dobbiamo collegare tutte le unità immobiliari. Per farlo, il nostro Piano prevede la possibilità e la necessità di impattare il meno possibile con la collettività, limitando al massimo i lavori civili. Per fare questo dobbiamo riutilizzare tutte le infrastrutture presenti sul territorio e fare sponda o sinergia con tutte quelle infrastrutture di posa che si trovano sul territorio che sono idonee a consentirci di posare la fibra. Mi riferisco, in particolare, ai cavidotti oggi presenti già realizzati dall’incumbent, ossia da Telecom Italia, ma soprattutto dalle altre utility, come illuminazione pubblica, gasdotti o reti elettriche.
  È soprattutto la sinergia con la rete elettrica di Enel, nostro azionista, ma nell'ambito di un'offerta di riferimento totalmente aperta a tutti i soggetti che ne fanno richiesta, che abbiamo sviluppato la nostra infrastruttura e abbiamo potuto accelerare nella realizzazione in questi mesi. Gran parte della nostra rete poggia sull'infrastruttura di Enel, il che ci consente di stendere la fibra in maniera veloce e con un impatto minimo nei confronti della comunità.
  Cionondimeno, per arrivare fino a casa del cliente abbiamo bisogno in taluni casi di completare la rete con opere civili e abbiamo bisogno, quindi, di tutte le autorizzazioni che ci consentono di effettuare questa grande opera. Stiamo parlando di un numero di permessi e autorizzazioni enorme, se cumulato e traguardato ai 19 milioni di unità immobiliari che intendiamo coprire.
  Abbiamo fatto una stima che parla, come ordine di grandezza, di 100.000 permessi da qui alla fine del progetto. Solo per Roma ne serviranno 25.000. Sono, quindi, numeri importanti, che richiedono da parte nostra una grandissima organizzazione, che ovviamente stiamo cercando di realizzare tutti i giorni in maniera più efficiente, ma anche una grande interazione con tutte le amministrazioni pubbliche, le Sovraintendenze, le province e le regioni e tutte le Istituzioni che ci devono consentire di utilizzare le proprie infrastrutture. Mi riferisco, per esempio, alle ferrovie o alle strade dell'ANAS.
  Si tratta di permessi che sono stati sicuramente semplificati già a suo tempo dal decreto Scavi e dal decreto Fibra, i due riferimenti normativi che ispirano tutta la nostra attività, ma che lasciano ancora alcuni spazi di ottimizzazione. Essi sono stati oggetto di collaborazione e definizione di alcuni emendamenti oggi in fase di esame nell'ambito del decreto-legge Semplificazioni al Senato.
  Stiamo provando a semplificare ulteriormente la normativa, che risulta essere sicuramente molto complessa, il tutto per cercare di limitare al massimo i disagi verso la collettività e di accelerare la realizzazione di questa opera. Chiaramente, per noi è importante la velocità, ma anche la certezza, perché, laddove i permessi vengono bloccati o ritardati nel corso di investimenti Pag. 6 già avviati, ciò rappresenta per noi una disottimizzazione degli investimenti. Di qui la sensibilizzazione su quanto sia importante realizzare le reti.
  È importante realizzare le reti in fibra. Avendo ascoltato tutti gli operatori mobili, credo vi siate resi conto che tutte le applicazioni che il 5G potrà realizzare e vorrà sviluppare e che poggiano di fatto sulla guida assistita, sull’Industry 4.0 o sui servizi di e-health sono servizi che presuppongono tre requisiti fondamentali da parte delle reti, o della rete, che li stanno rendendo possibili.
  Il primo è la velocità, senza la quale gran parte dei servizi di cui sono stati dati degli use case o delle rappresentazioni non potrebbe essere realizzata. Mi riferisco ai grandi progetti di reti in streaming ad altissima capacità e ad altissima velocità in termini di compressione e di informazioni gestite.
  La caratteristica che è sicuramente l'elemento differenziante del 5G rispetto alle altre reti mobili è la latenza. Gran parte dei servizi che possono essere sviluppati con il 5G presuppongono una forte interazione con la rete e con l'intelligenza della rete. Per fare questo, la velocità di comunicazione delle reti stesse, che viene chiamata latenza, ossia il delay temporale fra le comunicazioni fra i vari componenti delle reti, deve essere minimale. La bassa latenza è una delle caratteristiche delle reti in fibra.
  Infine, poiché gran parte dei servizi presuppone una continuità di servizio, è indispensabile che l'infrastruttura che li eroga abbia un'altissima affidabilità, intesa come disponibilità elevata e tasso di guasto molto, molto basso. Proprio per queste caratteristiche la rete in fibra, ossia la rete che sta realizzando Open Fiber, è la condizione necessaria – sicuramente non sufficiente, ma indispensabile – per la realizzazione delle reti 5G. Questo non solo per dotare di fibra tutte le antenne oggi presenti, ma anche per assecondare la densificazione delle reti necessarie per fruire dei servizi 5G e renderli disponibili.
  Oggi in Italia ci sono circa 40.000 siti. Si stima che, per realizzare le coperture 5G, gli operatori mobili dovranno moltiplicare sicuramente per tre e forse, in qualche caso, anche di più queste infrastrutture. Tutte le infrastrutture dovranno essere collegate in fibra. È di questo che stiamo parlando, quando parliamo di interazione fra reti fisse e reti mobili.
  Open Fiber si sta occupando del 5G non solo in termini di infrastruttura abilitante, ma anche in termini di sperimentazione. Siamo parte del Consorzio che sta realizzando, insieme a Wind Tre e ZTE, la sperimentazione su Prato e su L'Aquila. I servizi use case che stiamo sviluppando vanno dall’Industry 4.0 all’e-health, passando per le smart city, un portafoglio di use case sicuramente molto interessanti. Lo stiamo facendo in forte collaborazione con gli operatori mobili, essendo noi il fattore abilitante, come vi dicevo, della realizzazione dell'infrastruttura in fibra.
  Lo stiamo facendo anche attraverso la collaborazione con altri partner, in particolare le entità e le università che ci supportano sugli studi e sulle ricerche applicate agli use case, e con altre aziende del settore che forniscono l’expertise e il know-how per le piattaforme verticali.
  Altra area di intervento, e ultima, da parte di Open Fiber nel mondo del 5G è l'applicazione della tecnologia per la realizzazione di servizi Fixed Wireless Access, che erogheremo nell'ambito delle concessioni C e D a circa 2 milioni di unità immobiliari che, sulla base del bando di gara, saranno raggiunte con soluzioni FWA.
  In tale ambito stiamo studiando come la tecnologia 5G ci potrà consentire di essere più efficienti e performanti nell'erogazione di questi servizi. Per farlo, faremo leva sulle frequenze che già da tempo Open Fiber aveva acquisito nella banda 26 e 28 e che, nell'interpretazione estesa dello standard 5G, verranno a essere utilizzate anche a tal fine.
  Io mi fermerei qui. Per qualsiasi domanda, ovviamente, siamo a disposizione.

  FRANCO BASSANINI, presidente di Open Fiber Spa. Aggiungerei solo una riflessione per la Commissione, che credo possa essere di qualche interesse. L'accennava già Elisabetta Ripa. Pag. 7
  Negli ultimi orientamenti della Commissione europea, oltre al netto favore per la fibra come tecnologia future-proof e per il modello wholesale only, che consente di fare investimenti sull'infrastruttura a disposizione di tutti gli operatori di telecomunicazione e con assoluta certezza di non discriminare nessuno – l'azienda wholesale only non è concorrente dei propri clienti all'ingrosso – c'è, da ultimo, anche una chiara indicazione sul fatto che sia conveniente valorizzare al massimo le sinergie tra rete fissa e rete e infrastruttura backbone del 5G.
  Questo è un punto che credo meriti una riflessione. Come sapete, almeno in Italia abbiamo sperimentato due modelli diversi per il fisso e per il mobile. Per il fisso abbiamo avuto all'origine un'azienda o delle aziende concessionarie dello Stato che hanno costruito la vecchia rete in rame. Queste sono state poi riunificate in un'azienda a controllo pubblico, STET-SIP. Quest'azienda è stata poi privatizzata, ma la sua rete, la rete in rame, che era la rete sostanzialmente monopolistica, derivava da questa origine.
  Open Fiber è nata perché il vecchio incumbent, il vecchio monopolista, aveva chiaramente difficoltà, e forse anche qualche conflitto di interesse, nello sviluppare la rete di nuova generazione e di ultima generazione, la rete in fibra. Questa sfida serviva anche a costringere l’incumbent a fare investimenti.
  In parte questo è riuscito, anche se, per la verità, in questo momento gli abbonati alla fibra to the home sono per l'80 per cento, e forse qualcosa di più, abbonati su infrastruttura Open Fiber. Si pone, naturalmente, e si è posto anche all'attenzione del Parlamento, il tema della possibile duplicazione di investimenti tra le due reti, quella nuova nostra e quella vecchia dell’incumbent.
  Nel mobile, come sapete, il modello è stato diverso e tale per cui ciascuno dei grandi operatori di telecomunicazioni si è costruito la propria rete mobile. Abbiamo avuto, quindi, una competizione infrastrutturale tra i principali operatori di telecomunicazioni.
  Anche nel mobile, però, il tema che si pone con il 5G è quello di costruire un'infrastruttura in gran parte nuova. Occorre collegare tutti i ripetitori, tutte le torri, con la fibra e moltiplicarne il numero. Sottolineo un punto: occorre moltiplicarne il numero soprattutto in un Paese che ha bassi limiti per le emissioni elettromagnetiche. Gli operatori di telecomunicazione che immaginano ancora per il 5G di puntare su un'infrastruttura proprietaria si aspettano un forte aumento dei limiti elettromagnetici, che consentirebbe loro di non moltiplicare troppo le proprie torri e di aumentare la portata delle emissioni. Se questo forte aumento non ci sarà, a maggior ragione diventerà necessario riflettere sul fatto che forse anche nel 5G l'infrastruttura di base, il backbone, converrà per tutti che sia offerta in wholesale da un unico operatore. È un tema, non una soluzione già data, ma è un tema su cui riflettere.
  Noi progettiamo la nostra rete in modo che sia disponibile in un futuro anche a rappresentare il backbone del 5G. Su questo gli ultimi orientamenti della Commissione europea ci aiutano: ci dicono di farlo perché ci sono forti sinergie. Basti pensare che la nostra rete in giro per l'Italia, fuori dalle grandi città, viaggia prevalentemente sui pali della luce, che siano di Enel Distribuzione, di ACEA, di A2a o di Hera.
  È evidente che, se noi, come facciamo, mettiamo dentro nel cavo che passa sui pali della luce un po’ di fibre in più, in un domani ogni tot pali si potrà mettere il ripetitore del 5G. Arriveranno così l'energia elettrica e la fibra. Ci sarà una grandissima sinergia e anche una grande semplificazione, perché il palo c'è già. È una torre che c'è già, in qualche misura.
  Questo è un tema di riflessione per il futuro. Il futuro del 5G passa ancora attraverso un modello di competizione infrastrutturale in tutta Italia, oppure il futuro del 5G evolverà verso una situazione per cui forse nel centro delle aree metropolitane ci saranno infrastrutture 5G in competizione fra loro, ma fuori sarà conveniente per tutti, anche per gli stessi operatori di telecomunicazione, utilizzare un'infrastruttura comune, in grado di offrire Pag. 8loro un soggetto, come noi siamo, puramente infrastrutturale, che può compiere investimenti di lungo termine, perché i suoi azionisti sono investitori di lungo termine, ed è in grado di servire tutti con una forte sinergia tra infrastruttura fissa Fiber To The Home e infrastruttura della rete mobile 5G?
  Questa è una riflessione finale che volevo sottoporre alla Commissione. Naturalmente, io non ho una soluzione, anche perché sono parte in causa. È chiaro che noi siamo pronti a fare tutto perché si possa compiere anche la seconda scelta. Gli stessi operatori capiscono che può essere conveniente per loro compiere la seconda scelta. Hanno speso già molto per le frequenze, ma possono risparmiare sull'infrastruttura prendendola in wholesale, soprattutto se Parlamento e Governo decidessero di non poter accettare una forte elevazione dei limiti elettromagnetici.
  Questo renderebbe inevitabile avere una struttura di rete molto più densificata, cioè con molti più ripetitori che generano emissioni e hanno microcelle più piccole, perché è minore la loro potenza di emissione.
  Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Ringrazio il presidente e gli altri rappresentanti di Open Fiber. Tra l'altro, quest'audizione si svolge dopo le audizioni degli operatori telefonici, e quindi abbiamo forse un quadro più preciso.
  Vorrei quindi porre alcune domande. Dando per scontata soprattutto l'ultima parte, in termini di valutazione del futuro della fibra che forniva il presidente Bassanini, mi piacerebbe conoscere il vostro Piano industriale. Probabilmente, attraverso il vostro Piano industriale capiremo anche meglio come immaginate si evolva il business.
  Il vostro business è assolutamente nuovo. Mi sembra di capire che fondamentalmente per adesso il finanziamento avvenuto attraverso le concessioni, ossia le gare vinte con Infratel, sia quello che sta finanziando l'investimento, oltre, ovviamente – penso – a interventi degli azionisti. In prospettiva, la sostenibilità di questi investimenti pubblici e privati come si prevede, anche alla luce delle cose che ha appena detto lei?
  È chiaro che, come modello teorico, è perfetto. Noi abbiamo provato in questi ultimi tre anni – quando dico noi, ci metto anche il Partito Democratico e il Governo del PD, che ha dato una forte spinta in questa direzione – a fare un investimento affinché ci fosse una rete sempre più pubblica in fibra ottica rispetto a una rete in rame, che non solo era obsoleta, ma era anche privata. Possiamo discutere perché si sia privatizzata, ma lasciamo al passato queste vecchie discussioni.
  Comunque, oggi siamo qui. Va bene andare in questa direzione. La mia perplessità è sul Piano industriale di Open Fiber. Ve lo dico perché, secondo me, su questo si scommette la possibilità di successo in questa direzione.
  Certamente il 5G può aiutare, se effettivamente si può immaginare che i diversi operatori, che hanno fatto degli investimenti notevoli, trovino l'interesse a utilizzare come backbone del 5G la rete di Open Fiber in fibra ottica. Nel frattempo, però, poiché io sono in una regione di quelle piccole e nere, la Calabria, nera come Calimero, mi piacerebbe capire come gli operatori telefonici possano essere attratti anche in queste situazioni. Voi diventate concessionari di una rete importante pubblica nelle regioni meridionali, ma non c'è alcun automatismo per cui gli operatori vengano a «comprare» questa rete, anzi, io la vedo proprio difficile. Lo dico per esperienza diretta.
  In attesa anche di questo sviluppo del 5G e di queste prospettive, che mi auguro effettivamente vada in questa direzione, chiedo come si riesca a spingere già oggi gli operatori. In particolare, quando voi dite che l'80 per cento di quelli connessi FTTH sono sostanzialmente sulla rete Open Fiber, di quale realtà parlate? Quanti sono? Sono l'80 per cento di 1, di 100, di 1000? Mi piacerebbe anche capire le dimensioni.
  Questo è tutto.

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  FEDERICA ZANELLA. Ringrazio per l'esposizione, molto interessante anche per gli spunti del presidente Bassanini. Vorrei porre anche io alcune questioni sperando di non sovrappormi alla collega già intervenuta.
  Mi sembra che in chiave wholesale only, che voi giustamente vedete come una soluzione anche in vista dell'accessibilità universale, questa sia sicuramente una soluzione interessante e probabilmente l'unica.
  Vi chiedo, però, una cosa: al netto delle problematiche che ci sono all'interno della compagine societaria di Tim, e mi sembra anche delle vostre, perché Starace ha parlato di «accrocchi societari», mi pare che voi siate propensi a possibili fusioni con Tim. Forse non è questa la sede in cui lo dichiarerete, ma mi sembra che sia l'unica opzione sul tavolo per realizzare la rete wholesale only.
  In questo senso, ammettendo questo disegno, ci sarebbero due infrastrutture che confluirebbero in una nuova azienda controllata dal pubblico, ma finanziata dalle tariffe? I costi sarebbero scaricati, alla fine, sulle bollette degli utenti? Secondo me, questo è fondamentale capirlo e forse si aggancia anche al discorso del Piano industriale cui accennava la collega in precedenza.
  In questo senso eventuali accordi con Tim sarebbero complicati dalla vostra richiesta di switch-off del rame? Vi chiedo se la confermate.
  Aggiungo un'ultima questione, che forse non vi riguarda direttamente. Nel caso in cui ci fosse questa possibile fusione con Tim, che mi sembra abbia una compagine di francesi poco propensi a dividere e scorporare servizi e reti, avendo una parte di proprietà straniera in mano, a questo punto, la società avrebbe anche una parte delle nostre infrastrutture strategiche.
  Mi domando se questo potrebbe essere un problema. Ovviamente, baso la mia opinione sul fatto che mi sembra che la rete wholesale only sia effettivamente, in chiave di accessibilità universale, l'unica soluzione. Mi sembra che lo stia dicendo anche l'Europa. Vi chiedo, però, di risolvere questi vulnera, o queste domande sui possibili vulnera che questa rete unica potrebbe presentare.

  CARLO FIDANZA. Mi associo alla penultima considerazione della collega Zanella sul tema della proprietà dell'infrastruttura con la partecipazione francese, che è un tema che avrei sollevato anch'io.
  In seconda battuta, l'Agenda digitale europea pone degli obiettivi legati al tasso di effettivo utilizzo delle reti di ultima generazione, per capirci. È chiaro che su questo tema noi abbiamo un ritardo piuttosto consistente. Volevo chiedervi, a vostro avviso, quale può essere un rimedio. Si è parlato tanto delle delibere CIPE sui voucher. Quali possono essere gli strumenti per cercare di colmare questo divario e provare a spingere in maniera un po’ più forte?
  L'ultimo tema riguarda la sicurezza. Voi state sviluppando una sperimentazione, credo a Prato, insieme a ZTE, che è un po’ nell'occhio del ciclone. Lo è un po’ meno di Huawei, ma è oggetto dello stesso allarme internazionale sul tema della sicurezza. Vorrei chiedervi quali contromisure e che tipo di azioni state svolgendo a tutela della sicurezza delle comunicazioni in rete, se ravvisate che questo rischio effettivamente esista e se siete stati in qualche modo coinvolti anche dalle nostre autorità preposte in termini di intelligence per verificare che non ci siano rischi effettivi da questo punto di vista.

  MIRELLA LIUZZI. Ringrazio Open Fiber sia per l'illustrazione, sia per la presenza tanto del presidente quanto dell'amministratore delegato, che dimostra un interesse al dialogo e all'illustrazione del punto a cui è la società.
  È inutile soffermarsi su alcune dichiarazioni che sono state fatte ultimamente dal Ministro Tria a Davos relative proprio all'infrastruttura, sia su quanto è stato fatto nel decreto fiscale e su quanto sarà fatto anche nel decreto-legge Semplificazioni per la posa dei cavi e per alcune semplificazioni per far arrivare in modo più semplice la fibra direttamente a casa e nei condomini.
  Vorrei fare, più che altro, una domanda relativa alla Fixed Wireless e al 5G, anche Pag. 10nell'ottica di quello che sta accadendo negli Stati Uniti. È una domanda un po’ provocatoria. Partiamo dal presupposto che sono una sostenitrice della fibra e di tutto ciò che deve arrivare fino a casa, ma vedo quello che accade negli Stati Uniti. Vedo, in particolare, che Verizon sta iniziando a commercializzare un servizio basato sul 5G e non più sulla fibra fino a casa.
  La domanda provocatoria è questa: a un certo punto, converrà fare arrivare il cavo proprio fino all'abitazione, oppure converrà fermarsi con il Fixed Wireless poco prima e non far arrivare direttamente la fibra in tutte le abitazioni casa per casa?
  Fino a qualche mese fa, o a qualche anno fa, nemmeno io pensavo una cosa del genere, ma effettivamente ho cambiato idea. Volevo chiedere se questo aspetto è anche nella vostra visione e nel vostro programma per i prossimi anni.

  MASSIMILIANO CAPITANIO. Grazie, presidente. Ovviamente, ascolterò le risposte alla maggior parte delle domande dei colleghi, che hanno sollecitato i temi principali a cui siamo interessati. Il problema del nostro Paese – poi ognuno se ne assumerà le responsabilità – è comunque un determinato ritardo nello sviluppo della rete. Credo che a oggi pensare a una duplicazione della rete forse non sia né sostenibile, né utile per il Paese. Vorrei, però, capire anch'io quale sia l'orientamento dell'azienda, anche perché da alcune dichiarazioni sembra che, in questo periodo, la linea la stia dettando, più che altro, Enel, magari con altri presupposti.
  Vorrei capire anche a livello più culturale che cosa si intenda fare per sostenere anche la domanda. Noi possiamo fare anche la rete più potente, utile e veloce del mondo, ma se poi non c'è la domanda... Qui c'è anche una cultura da condividere con gli operatori delle telecomunicazioni. Quando vado a parlare con i ragazzi nelle scuole, faccio un esempio molto da bar, molto grezzo: uno non può pensare oggi di pagare 10 euro un cocktail al bancone e poi di spendere 6,99 per un contratto da cui passa parte della sua attività quotidiana.
  Invece, sul livello di comunicazione – questo è più un auspicio che una domanda – sarebbe meglio coinvolgere maggiormente gli enti locali e i comuni, perché sia gli amministratori locali, sia i cittadini, al momento, hanno pochissime informazioni sul futuro della fibra e su quando arriverà la fibra, oltre a sapere, ovviamente, che, al momento, la fibra non ce l'hanno. Vorrei sapere quando arriverà e se le scadenze che stanno slittando, come ci avete comunicato anche nelle ultime interrogazioni, verso il 2021, se la fine dei lavori sarà effettivamente nel 2021 così come per le contrattualizzazioni o se nel 2021 finiranno solo i lavori, per poi slittare ancora più in là.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  ELISABETTA RIPA, amministratrice delegata di Open Fiber Spa. Provo a fornire una risposta unitaria. Il Piano industriale di Open Fiber poggia esattamente sulle considerazioni che alcuni di voi facevano in merito al ritardo importante che l'Italia ha nei confronti non solo della digitalizzazione, ma anche della diffusione delle infrastrutture ultrabroadband sul territorio e della relativa penetrazione, cioè del tasso di utilizzo.
  Il rapporto DESI, che ogni anno fotografa la situazione dei Paesi europei rispetto alla diminuzione della digitalizzazione dei servizi e delle prestazioni erogate ai cittadini, ci posiziona al ventottesimo posto, se ricordo bene, prima dell'Ungheria, sia pure in crescita nell'ultimo anno, indubbiamente per lo stimolo che è stato dato nella realizzazione delle infrastrutture in Italia da parte della concorrenza rappresentata da Open Fiber.
  Credo che questo sia il punto principale: l'Italia è l'unico dei Paesi top europei che non ha competizione sull'infrastruttura in fibra o sull'infrastruttura ultrabroadband. Vi ricordo che in tutti i Paesi dell'Unione europea esistono operatori via cavo, che rappresentano per il mercato, per il cliente finale, un'alternativa all'operatore di telecomunicazione.
  Questa presenza in competizione ha sicuramente dettato una penetrazione dei Pag. 11servizi molto più elevata, un'accelerazione sulle innovazioni e una disponibilità di tecnologie innovative sempre più veloce e rapida, proprio perché la competizione fra gli operatori via cavo e gli operatori di telecomunicazione ha portato, nella battaglia per il presidio del cliente, a investire sull'infrastruttura.
  Questo è lo scenario di riferimento. In un Paese, come l'Italia, in cui la velocità media della connessione è 9,2, verso una media europea che supera i 15 megabit al secondo, ciò significa che gli italiani vanno costantemente più a rilento e più lenti degli altri cittadini europei.
  Se è vero questo e se è vero che nel mercato la prossima scommessa è la rapidità della digitalizzazione, non solo delle famiglie, ma soprattutto dell’industry, dell'industria, e che questo rappresenterà un recupero di produttività da parte del sistema italiano, allora è anche vero che c'è spazio, necessità e anche urgenza di poter dotare il Paese di un'infrastruttura che abiliti queste prestazioni di cui il mercato e le nostre aziende hanno bisogno.
  Il nostro Piano, come dicevo, traguarda un investimento di 6,5 miliardi. La metà, anzi direi i due terzi, sono sulle aree metropolitane, cioè le aree A e B, aree che, per definizione, per potenziale possono giustificare più operatori.
  Il ritorno dell'investimento in queste aree è garantito dagli economics. Per realizzare un'unità immobiliare noi investiamo circa 300-350 euro per la realizzazione della connessione, mentre l'abbonamento – lo sappiamo tutti – è intorno ai 24-25 euro/mese. Basta fare un po’ di calcoli, considerando che normalmente il churn, cioè il tasso di disconnessione per le reti fisse, è molto basso, per capire che il ritorno dell'investimento c'è ed è interessante.
  Che ci sia un ritorno dell'investimento provo a dirlo anche indirettamente dal fatto che, nel momento in cui abbiamo lanciato un progetto di finanziamento, le banche che sono venute e che si sono rese disponibili a erogare un finanziamento, come dicevo, di 3,5 miliardi sono state moltissime. Lo sono state perché ravvisavano la bontà dell'investimento e ritenevano il progetto di Open Fiber un investimento interessante e con un ritorno sicuro.
  Il mercato ha bisogno di un'infrastruttura ultrabroadband. Il mercato dei capitali è disponibile a finanziarlo. Dall'incontro di queste due realtà nasce il progetto Open Fiber nelle aree metropolitane.
  Per quanto riguarda, invece, le aree in concessione, ossia le aree dove, per ammissione dell’incumbent, non c'è la sostenibilità economica dell'investimento per la realizzazione di una rete ultrabroadband, qui noi abbiamo progettato di investire 3,5 miliardi, di cui solo 1,4 coperti da contributi statali. La rete sarà realizzata – vado ai tempi – nella tempistica concordata con Infratel, che traguarda il 2021.
  Ricordo a tutti voi, però, che le concessioni sono state firmate una nel 2017, nel mese di maggio, e l'altra nel novembre del 2017, ma sono state ostacolate da 13 ricorsi che hanno portato a ritardi importanti nell'avvio delle realizzazioni dell'infrastruttura da parte di Open Fiber.
  Ciononostante, nel 2018, grazie sicuramente a una fortissima collaborazione da parte del Ministero dello sviluppo economico e di tutte le regioni, in un solo semestre siamo riusciti a recuperare tutti i tempi persi per la dialettica legale che ci ha intrattenuti per tutto il 2017 e i primi mesi del 2018. In sei mesi abbiamo aperto 1.000 comuni, abbiamo connesso un milione di unità immobiliari e abbiamo anche attivato i primi clienti in via sperimentale. Questo ci ha consentito di consuntivare tutti i contributi europei che erano stati allocati al progetto per la concessione 1 e 2 e di arrivare, quindi, in linea con la pianificazione concordata. Per il 2019 prevediamo di aprire altri 2.000 cantieri, in 2.000 comuni, che si sommeranno ai 1.000 già aperti. Successivamente, nel 2020 seguiremo l'attività.
  Chiaramente, per realizzare quest'opera, come dicevate giustamente, ci vuole una forte collaborazione con tutte quelle entità locali che devono darci le autorizzazioni a realizzarla. Fondamentale è la collaborazione con i comuni, ma altrettanto fondamentale è il supporto delle regioni, soprattutto nelle Conferenze di servizi. Pag. 12
  In quest'ambito l'esperienza è stata sicuramente molto preziosa nel corso del 2018. Ci sono alcune regioni che hanno avviato le Conferenze di servizio molto, molto rapidamente, come, per esempio l'Umbria e il Lazio, e che ci consentiranno di completare i lavori non solo in tempo, ma anche con un importante anticipo, e ce ne sono altre che ancora non hanno deciso la modalità con la quale affrontare il tema. Questo, chiaramente, porterà alla necessità di allineare nei tempi il progetto.
  Per ritornare al tema della rete unica, sul quale non è mia intenzione svicolare o non rispondere, io penso che sia importante avere ben chiaro l'obiettivo, che credo stia a cuore a tutti, cioè quello di non duplicare investimenti. Se è vero questo, vorrei però condividere con voi il fatto che, in questo momento, l'unico operatore che sta realizzando una rete in fibra sul territorio in maniera significativa è Open Fiber. Se parliamo di rischio di duplicazione, dobbiamo parlare di rischio prospettico, perché, al momento, per quanto ci consta, sul territorio ove andiamo a chiedere permessi e a realizzare una rete in fibra noi non ci troviamo a competere con alcuno.
  In particolare, per quanto riguarda le aree C e D, il 40 per cento del territorio in concessione, il modello che è stato stabilito dal MiSE, dal Ministero dello sviluppo economico, è un modello già di rete unica, perché saremo soltanto noi concessionari a realizzare per conto dello Stato una rete pubblica, che, alla fine dei vent'anni che saranno di gestione da parte di Open Fiber, rientrerà nella proprietà dello Stato e delle regioni. Il modello per il 40 per cento del territorio è, dunque, un modello di rete unica.
  Il modello sulle aree metropolitane è un modello di teorica competizione, ma in questo momento la realtà vera è che in 71 città sono disponibili i servizi di Open Fiber su rete in fibra ottica e non sono disponibili i servizi di altro soggetto operatore.
  Su questo punto vi vorrei rassicurare. Non ci sono, in questo momento, nelle reti di accesso duplicazioni. In prospettiva dipenderà da che cosa deciderà di fare l'operatore incumbent. Il Codice delle comunicazioni europee invita gli operatori e, in particolare, gli operatori wholesale a modelli di coinvestimento. Open Fiber è disponibile, e l'ha dichiarato da sempre, a ipotizzare tutte le forme di coinvestimento e collaborazione con tutti i soggetti presenti sul territorio, ivi compreso l’incumbent, che potrebbe essere il nostro principale cliente, o comunque sicuramente un cliente importante per Open Fiber, che, come vi dicevo, è un operatore wholesale che serve tutti gli operatori di telecomunicazioni. Per questo nell'immediato forme di collaborazione consentirebbero non solo di accelerare la digitalizzazione della rete e la realizzazione di un'infrastruttura che serva al Paese, ma anche a evitare duplicazioni di investimenti.
  Lascio, ovviamente, non perché non sono interessata, ma perché non sono di mia competenza in quanto amministratore delegato di Open Fiber, altre considerazioni in merito a combinazioni societarie, che attengono ai soci e che dai soci devono essere affrontate.
  Credo di aver risposto a tutte le domande, tranne al tema della sicurezza, che è sicuramente un tema che ci sta particolarmente a cuore. In termini generali, ricordo che Open Fiber sviluppa un'architettura e un'infrastruttura di servizi passivi, come tali non soggetti a obblighi e a prestazioni obbligatorie di giustizia, che ricadono e rimangono nell'ambito dell'operatore nostro cliente. Per essere molto chiara, tutte le prestazioni di giustizia e, quindi, tutti i temi di sicurezza delle reti e dei servizi associati alle reti di telecomunicazioni sono prestazioni che sono in carico a Vodafone, a Wind e a Fastweb, che utilizzano la nostra infrastruttura passiva.
  Ovviamente, questo non ci esime dal porre grande attenzione anche sull'infrastruttura. Noi abbiamo diversificato in maniera elevata e in tutti gli ambiti i fornitori della nostra tecnologia, in modo tale da non avere un'unica tecnologia presente. Questa è l'area di grande rischio, perché consente la gestione dei servizi in maniera unitaria, mentre l'interazione con vari fornitori necessariamente rende trasparenti gli standard, le modalità e le applicazioni Pag. 13utilizzate. Per questo motivo la nostra infrastruttura ha diviso tutti gli ambiti almeno con due fornitori.
  Vi faccio degli esempi concreti. Nella rete di trasporto, dove ci sono le informazioni, cioè dove viaggiano le informazioni e i bitrate importanti per la sicurezza nazionale, noi abbiamo due vendor: il layer del trasporto è affidato a Huawei, il layer IP, cioè lo strato dove ci sono veramente le informazioni, è su tecnologia Cisco. Nella parte «stupida» della rete abbiamo Huawei, nella parte «intelligente» abbiamo Cisco.
  Analogamente, nell'accesso abbiamo ZTE per una parte, ma abbiamo anche Nokia. In tutti gli ambiti abbiamo diversificato i fornitori. Chiaramente, voi sarete consapevoli che la tecnologia cinese ha dei costi molto bassi e che, quindi, serve a noi operatori di telecomunicazione per portare in basso i prezzi. Ciononostante, noi abbiamo sempre diversificato gli ambiti per avere un po’ i due benefici, l'economicità e la molteplicità dei fornitori.
  Per quanto riguarda l'adozione dell’ultrabroadband e dei servizi ultrabroadband e, quindi, lo sviluppo della domanda, credo che la domanda sia presente già oggi in modo molto esplicito da parte del mercato. Lo dico in funzione del fatto che la rete, per esempio, di Milano, che è stata la prima a essere realizzata in fibra ottica, viene già oggi utilizzata per il 37 per cento. È carica, come si dice, o satura per il 37 per cento. Ciò vuol dire che, fatte 100 le realizzazioni che abbiamo effettuato, 37 sono già state vendute o utilizzate da parte degli operatori.
  Il nostro business case presuppone un market share da parte di Open Fiber del 50 per cento, che è la somma degli operatori nostri clienti (Vodafone, Wind, Fastweb, Sky) e già così ha un ritorno molto interessante per quanto riguarda l'investimento.
  Cionondimeno, mi rendo conto che, in un Paese in cui bisogna recuperare il gap e il delay temporale, uno stimolo, un incentivo alla domanda potrebbe aiutare ad accelerare la migrazione dalle vecchie tecnologie alle nuove. In questa logica i voucher a sostegno della domanda potrebbero essere un interessante strumento per accelerare la migrazione.
  Rispetto alla domanda che ci faceva sulle quote di mercato noi oggi abbiamo in commercializzazione un po’ meno di 4 milioni di unità immobiliari. Chiaramente, sono gli operatori che decidono di aprire alla commercializzazione una determinata città, in funzione delle proprie scelte di commercializzazione e della predisposizione delle reti di vendita. In tutte queste città abbiamo una buona penetrazione in funzione della tempistica.
  Se apriamo una città oggi, ci sono dei tempi necessari affinché, piano piano, i clienti migrino sull'infrastruttura in fibra. Questo è in funzione dei Piani di commercializzazione degli operatori nostri clienti. Un buon riferimento credo sia la città di Milano, dove già, come le dicevo, il 37 per cento delle nostre linee è utilizzato dai nostri clienti.
  Questi sono, a grandi linee, i termini. Non so se Franco Bassanini intenda aggiungere altro.

  FEDERICA ZANELLA. Sullo switch-off del rame ribadisce la richiesta?

  ELISABETTA RIPA, amministratrice delegata di Open Fiber Spa. Sì, ribadisco la richiesta, nel senso che penso che, per quella data, o anche prima, siano maturi i tempi per realizzare una migrazione totale alla fibra. Come lei sa, le tecnologie convivono per un determinato periodo. Poi arriva un momento in cui è importante chiuderne alcune e passare a quelle nuove Come lei sa, le tecnologie convivono per un determinato periodo. Poi arriva un momento in cui è importante chiuderne alcune e passare a quelle nuove. Credo che, peraltro, sia interesse dell’incumbent ragionare sullo switch-off, chiaramente nei tempi e nei modi che riterrà opportuni. Forse quello che non si può permettere l’incumbent è di gestire tante tecnologie in parallelo che necessitano di investimenti.
  Peraltro, il Piano di Telecom già presentato prevede alcune aree di switch-off in 2.000 comuni. Telecom aveva già anticipato il tema in maniera proattiva, forse per Pag. 14ragionamenti in termini di economicità e di sostenibilità delle attività di manutenzione. Rientra nella normale gestione delle evoluzioni tecnologiche fissare delle date per passare alle nuove tecnologie.

  FRANCO BASSANINI, presidente di Open Fiber Spa. Forse si potrebbe su questo punto specifico aggiungere che il tema può avere due versioni diverse. Una versione è quella di una previsione di un obbligo di switch-off. Su questo ci potrebbero essere molti problemi, sia di ordine politico, sia forse anche di ordine giuridico.
  Un'altra versione è prevedere, invece, incentivi per lo switch-off e disincentivi per chi non fa lo switch-off. Questo sicuramente incontrerebbe minori problemi giuridici e potrebbe rappresentare una soluzione più market friendly rispetto a quella di un intervento pesante del legislatore.
  Aggiungo una seconda osservazione. L'onorevole Capitanio aveva posto un problema molto importante, anche se noi possiamo fornirvi risposte parziali, che riguarda il problema non solo dell'offerta di connessione, ma anche della domanda di connessione che deriva dallo sviluppo, da un lato, di servizi e, dall'altro, di cultura digitale.
  Naturalmente, non siamo noi che possiamo fornire una risposta. Su questo voi potete fare molto e anche il Governo può fare molto dal punto di vista sia della domanda pubblica, sia degli incentivi allo sviluppo privato di servizio e, quindi, di domanda privata.
  Un'operazione che noi stiamo facendo, in via sperimentale, è partita a Torino, già con buoni risultati, in collaborazione con Compagnia San Paolo, la Fondazione per la scuola, e con l'amministrazione locale. Portiamo nelle scuole una connessione di alta qualità a diversi giga. È possibile, quindi, nelle scuole offrire un servizio che consente a diverse classi contemporaneamente e a molti studenti in ogni classe di navigare e di sperimentare le nuove forme di didattica digitale.
  Su questa questione il progetto a Torino è già avviato. Fu avviato, a suo tempo, addirittura da Metroweb e ha suscitato grande interesse tra i ragazzi, che sono, ovviamente, portati all'innovazione digitale. Abbiamo visto interesse, però, anche tra i docenti, una volta che li si coinvolge e si mostra loro che avranno uno strumento nuovo e molto efficace, che non è la semplice lavagna elettronica, ma è la possibilità di sperimentare le nuove forme di didattica addirittura sugli iPad e sugli smartphone.
  Questa sperimentazione è partita a Torino e proseguirà anche in altre città. È stata già avviata anche a Palermo. Questa è una nostra forma di collaborazione rispetto a uno dei punti che l'onorevole Capitanio sottolineava.

  ELISABETTA RIPA, amministratrice delegata di Open Fiber Spa. Io devo una risposta all'onorevole Liuzzi. Poi magari Franco Bassanini aggiungerà qualcosa dal punto di vista più ampio.
  Dal punto di vista tecnico sicuramente tutto è fattibile. L'FWA noi lo inseriamo già nel nostro Piano di copertura delle case sparse sulle aree C e D. Voglio solo segnalare – poi magari entriamo nello specifico e lascio ai miei colleghi tecnici il compito di spiegare tutte le fantastiche prestazioni e limitazioni della tecnologia – che negli Stati Uniti le sperimentazioni in corso sono, per lo più, nelle aree tipiche degli Stati Uniti, ossia aree flat, molto basse, con casette a schiera.
  Ricordo che la tecnologia FWA, per essere efficace, necessita di quello che si chiama il line of sight. L'antenna deve guardare la casa che viene coperta. Questo è fattibile nelle aree così rappresentate, ossia zone basse, con case basse, tutte molto ordinate.

  FRANCO BASSANINI, presidente di Open Fiber Spa. Sono case di cartone o di legno. Le mura delle nostre case rurali già rappresentano un ostacolo.

  ELISABETTA RIPA, amministratrice delegata di Open Fiber Spa. È questo il problema. Le nostre città hanno strade strette e palazzi alti e, quindi, le tecnologie radio, di per sé, hanno dei limiti di propagazione in queste condizioni. Pag. 15
  La teoria è vera, dunque, ma la pratica nell'Europa è molto, molto difficile, tant'è che gran parte degli analisti rappresenta un limite topologico nelle città e anche nelle campagne europee nella diffusione delle tecnologie FWA.

  FRANCO BASSANINI, presidente di Open Fiber Spa. Onorevole Liuzzi, questa considerazione è rilevante anche sotto altri profili. I confronti richiedono sempre di verificare alcuni dati di comparabilità.
  Per tornare a quell'accenno che vi facevo prima ai limiti delle emissioni elettromagnetiche, è chiaro che, se si pensa di elevare in maniera massiccia i limiti delle emissioni elettromagnetiche, al limite si potrebbe anche nel 5G utilizzare l'infrastruttura esistente da parte di uno dei vari operatori, metterci la fibra e risolvere il problema. Tuttavia, l'impatto sulla salute umana sarebbe rilevante. Bisogna sempre tener conto di questo. Tutti parliamo di sviluppo, ma di sviluppo sostenibile. Non è che lo si possa fare pagare un prezzo troppo elevato.
  Una seconda osservazione che volevo fare riguarda l'accenno a un fatto che è stato già sottolineato da Elisabetta Ripa prima. Noi adesso abbiamo superato i 500.000 mila abbonati e i 5 milioni di unità immobiliari passate. L'onorevole Bruno Bossio chiedeva questo dato. Più dell'80 per cento del totale delle famiglie italiane ha abbonamenti in fibra to the home. Questo è il dato.
  Sicuramente abbiamo da superare degli ostacoli, o meglio i nostri clienti hanno da superare degli ostacoli, che sono rappresentati da un costo della migrazione. Il tema del voucher deriva anche dal fatto che c'è un costo della migrazione dal rame alla fibra. Il voucher potrebbe essere uno strumento per ridurre il costo della migrazione e non farlo gravare sulle famiglie.
  Sottolineo che la Commissione europea ha già dato il via libera ai voucher come forma di sostegno alla domanda, il che non ricade nel divieto di aiuti di Stato, per l'UK e la Grecia. A rigore, dovrebbe darlo anche all'Italia. Naturalmente, bisogna fare le procedure necessarie, che, come abbiamo appreso recentemente, non sono state ancora iniziate. Non è ben chiaro il motivo, perché di voucher si parla da parecchio tempo. C'è stato anche un accantonamento del CIPE di un pacchetto di 1,3 miliardi per i voucher. Questo potrebbe essere uno strumento per accelerare questa migrazione. Come sapete, i dati fondamentali dell'Agenda digitale europea non sono in termini di copertura della rete, ma in termini di effettivo utilizzo delle infrastrutture.
  La seconda questione, che accenno appena, perché in merito la competenza è di un'autorità indipendente che se ne sta occupando, è che ci sono, non solo in Italia – abbiamo verificato che questo è proprio di quasi tutti i Paesi europei – efficaci azioni di market preemption da parte dei titolari delle reti tradizionali in rame per rallentare il passaggio dal rame alla fibra. Per esempio, applicano una politica di sconti agli operatori loro clienti perché mantengano la loro clientela sul rame.
  Queste situazioni sono all'esame dell'Autorità antitrust, dell'Autorità della concorrenza, che ha iniziato una procedura su tale questione. Il tema, per dirla molto chiaramente, è che queste procedure sono relativamente lunghe, perché, giustamente, sono procedure molto garantiste. Quando si arriva al momento della decisione finale, è come chiudere la stalla quando un bel po’ di buoi sono già scappati. Ci sono queste due questioni che vanno, a mio avviso, sottolineate.
  Un ultimo tema riguarda un accenno che era stato fatto dall'onorevole Zanella sui prezzi e sulle tariffe. Noi facciamo ai nostri clienti wholesale delle condizioni di prezzo molto attrattive e attraenti. Ovviamente, la connessione in fibra, che presenta enormi vantaggi di performance non solo – torno a sottolinearlo – in termini di velocità di download, ma anche in termini di velocità di upload, di latenza e di affidabilità, qualche cosa in più deve essere pagata. Stiamo parlando, però, di differenze che attualmente sono di pochi euro al mese.

  ELISABETTA RIPA, amministratrice delegata di Open Fiber Spa. Attualmente, il mercato italiano, in realtà, non differenzia l'FTTH dalle altre tecnologie. Per far rendere Pag. 16 note le prestazioni delle reti in fibra, in questo momento gli operatori di telecomunicazioni le offrono tutte allo stesso prezzo. A maggior ragione, prestazioni migliori rispetto a un prezzo identico significano un maggiore value for money.

  PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente gli auditi per la partecipazione e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Google Italy Srl.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G ed alla gestione dei big data, l'audizione di rappresentanti di Google Italy Srl.
  Ringrazio i rappresentanti di Google per aver accettato l'invito della Commissione. Dunque, do la parola al responsabile delle relazioni istituzionali, Diego Ciulli, per lo svolgimento della relazione introduttiva.

  DIEGO CIULLI, responsabile relazioni istituzionali di Google Italy Srl. Grazie mille, presidente. Grazie alla Commissione per averci dato modo di essere presenti in questo ciclo di audizioni. Ci fa sempre piacere fornire il nostro contributo e discutere con i rappresentanti delle Istituzioni su come funziona Google e sulle attività che facciamo in Italia.
  Rispetto all'oggetto di questa indagine conoscitiva e alle audizioni che avete fatto fin qui, che ho visto essere state molto focalizzate sulla parte di infrastruttura di rete 5G, il nostro è un ruolo molto diverso. Siamo più focalizzati sulla seconda parte del titolo della convocazione, ossia su tutto il tema dell'utilizzo dei dati e su come, da un lato, i dati abilitano il business di Google e, dall'altro, le piattaforme di Google permettono anche ad altre imprese di entrare nell'economia dei dati.
  Ho visto che stanno distribuendo il mio libro. In realtà, l'audizione si svolge proprio nel momento giusto perché è appena uscito per EGEA un libro a cui ho contribuito, che spiega in molto maggior dettaglio rispetto a quello che avrò modo di fornirvi io adesso esattamente questi temi. Mi fa piacere consegnarlo ai membri della Commissione.
  Nel tempo che ho a disposizione per la relazione mi concentrerò su due temi in particolare. Il primo è come il business di Google è influenzato dai dati, il secondo è come le piattaforme di Google permettono ad altri soggetti di entrare nella cosiddetta economia dei dati.
  Sul primissimo punto vorrei richiamare la vostra attenzione – so che è un tema noto, ma è necessario trattarlo per poter poi entrare più nel dettaglio degli altri temi – su una tipica pagina dei risultati di ricerca.
  Ciascuno di voi immagino faccia alcune ricerche al giorno su Google. Tipicamente, riceve due tipi di risultati. Riceve, da un lato, i risultati cosiddetti naturali e, dall'altro, degli annunci pubblicitari. I risultati naturali non sono in alcun modo acquistabili. I nostri algoritmi hanno come unico compito quello di fornire agli utenti un link e una risposta il più possibile attinenti a quello che stanno cercando. È compito nostro, dell'algoritmo del motore di ricerca, analizzare le parole chiave inserite dall'utente e restituire risultati il più possibile corrispondenti rispetto a quelle parole chiave. Non c'è alcuna transazione economica da questo punto di vista. Semplicemente cerchiamo di contribuire a mettere ordine dentro la grande rete e, quindi, tra i milioni di pagine web a disposizione, di permettere ai nostri utenti di trovare quelle che possono rispondere alle loro domande e ai loro interrogativi.
  Questo è molto rilevante, perché, in realtà, molti di voi tendono a vedere risultati naturali e a finire su siti web di imprese che non pagano niente e non hanno alcun rapporto con Google, ma ricevono traffico e possono crearsi una base di utenti. Nella pagina che vi ho mostrato è molto interessante che, per la chiave di ricerca «acquistare ostriche», il primo risultato di ricerca naturale sia «I love Ostrica», una piccola azienda bergamasca, che però vende ostriche Pag. 17online e che tra i risultati naturali è persino sopra a siti molto più quotati.
  Sopra di loro c'è un annuncio sponsorizzato acquistato da Amazon. Quindi, I love Ostrica ha una posizione molto alta senza pagare niente a Google. Altre imprese, per stare nei primi risultati della pagina di ricerca, pagano e inseriscono un annuncio. La pagina è divisa in maniera molto netta e visibile: gli annunci pubblicitari sono marcati come annunci, i risultati cosiddetti naturali sono bianchi e normali.
  Ci concentriamo adesso sulla parte più pubblicitaria, perché credo sia quella più di interesse per l'attività di questa Commissione, soprattutto perché si parla dell'indagine sull'utilizzo dei dati.
  Ovviamente, il business pubblicitario di Google ha successo anche grazie alla capacità di rendere un servizio agli utenti fornendo annunci pubblicitari il più possibile utili e interessanti per gli utenti stessi.
  Nel prossimo esempio mostro un'altra pagina di ricerca, «abiti made in Italy su misura». Il risultato dell'annuncio – questo, ovviamente, cambia a seconda di come vanno le campagne pubblicitarie – qualche tempo fa era una sartoria italiana che vende prodotti online, che si chiama Lanieri. Compariva come primo risultato sponsorizzato per le ricerche di abiti made in Italy su misura.
  Faccio notare che anche in questo caso la ricerca non attiene a una volontà di acquistare online. L'utente tipicamente voleva solo cercarsi un abito. Quest'azienda ha comprato lo spazio pubblicitario per arrivare prima a raggiungere quegli utenti.
  Si tratta di una pubblicità molto particolare. È, ovviamente, utile per l'inserzionista. Se voi avete un'azienda che fa abiti made in Italy su misura, probabilmente vorrete farvi vedere da quelli che stanno cercando quel tipo di abiti e non da quelli che stanno cercando un altro tipo di prodotto. È evidente che una pubblicità di questo tipo si leghi alle chiavi di ricerca che gli utenti inseriscono nel motore di ricerca e provi a fornire loro una risposta.
  A Google amiamo dire che in questo senso la pubblicità sul motore di ricerca è un'estensione della ricerca stessa. È utile all'inserzionista, ma è utile soprattutto agli utenti. Ciascuno di voi, se sta cercando abiti made in Italy su misura e riceve una pubblicità per biglietti dello stadio, è molto improbabile che la clicchi, mentre è più probabile che la clicchi se stava cercando proprio quell'argomento. Si crea un allineamento di interessi: da un lato, ci sono gli utenti di Internet che avranno la pubblicità legata a ciò che stanno cercando in quel momento, dall'altro le imprese che comprano questi spazi pubblicitari avranno la possibilità di raggiungere direttamente gli utenti che stanno cercando quel tipo di prodotto.
  Ovviamente, il terzo corno di questo elemento di interesse è Google stessa, perché il nostro modello di business fa sì che l'inserzionista paghi esclusivamente se chi sta visualizzando quella pubblicità poi la clicca e, quindi, atterra sul sito della persona che ha comprato quella pubblicità. Capite bene che noi non guadagniamo niente se quella pubblicità non è utile all'utente.
  Qui siamo nel caso della sartoria. Se facciamo vedere la pubblicità della sartoria a un utente che sta cercando i biglietti per lo stadio, semplicemente non facciamo il nostro business, perché è improbabile che l'utente la clicchi. La sartoria, quindi, non paga nulla per far vedere quell'annuncio pubblicitario.
  Ricapitolando, da un lato, la pubblicità sul motore di ricerca crea questo allineamento tra inserzionisti, aziende e Google stessa. Dall'altro lato, pone a Google il tema, tutto di business, di fornire agli utenti inserzioni utili, perché solamente se quelle inserzioni sono utili all'utente lui le clicca e per Google è possibile monetizzare quella pubblicità.
  Il secondo tipo di pubblicità non è sul motore di ricerca. Questo è un tema leggermente più complesso. Quando ho preparato queste slide per voi, ero in un periodo in cui mi interessavo di moda. Prima parlavamo di sartoria e adesso vediamo le scarpe. Mentre prima abbiamo visto la pubblicità sui siti di Google, quindi sul motore di ricerca, questo esempio è preso da Il Sole 24 Ore, ma, così come questi, ci sono Pag. 18centinaia, anzi sicuramente migliaia di siti in Italia che ospitano pubblicità di Google.
  Qual è il meccanismo qui? Il sito internet crea i propri contenuti. Ciascuno di noi naviga siti Internet spesso gratuitamente. Il titolare del sito è remunerato per i propri contenuti attraverso la pubblicità. Lascia, quindi, degli spazi liberi sul proprio sito per ospitare degli annunci pubblicitari.
  In questo modo chi crea il contenuto web non solo non ha bisogno di preoccuparsi di vendere la pubblicità, ossia non ha bisogno di una forza vendita che venda quello spazio, e può dedicarsi alla creazione dei propri contenuti, ma soprattutto, in partnership con Google, monetizza quell'annuncio pubblicitario e riesce ad avere una pubblicità di qualità maggiore.
  Che cosa significa? Significa che, mentre la pubblicità sul motore di ricerca che abbiamo visto precedentemente è strettamente legata a quello che l'utente sta cercando, la pubblicità sui siti terzi, i cosiddetti banner, è legata agli interessi degli utenti.
  Sul sito ospite ciascun utente vedrà una pubblicità diversa, quando è fornita da Google, perché l'inserzionista può decidere se far vedere quella pubblicità a utenti che si erano già interessati di moda – era il mio caso qui – o a utenti, per esempio, che si occupano di economia. Può, quindi, scegliere di farla ospitare solo a siti di carattere economico.
  Per esempio, sarà capitato a tutti voi più di una volta nella vita di vedere che, quando degli utenti hanno visitato alcuni siti, quei siti si fanno poi pubblicità invogliando gli utenti a tornare a visitarli mettendo la propria pubblicità su altri siti per richiamare l'utente che aveva mostrato interesse.
  Qui c'è un allineamento di interessi ancora differente. Il primo allineamento di interessi è rispetto all'utente, ovviamente, perché anche in questo caso l'utente deve vedere pubblicità per poter fruire di Internet gratuitamente. Questo è il grande principio della rete. Tutti noi visitiamo tanti siti che riescono a monetizzare la propria attività di creazione di contenuti perché hanno della pubblicità.
  Premesso che l'Internet gratuito si fonda sulla pubblicità, è ovviamente più utile per gli utenti avere pubblicità di cose che lo interessano piuttosto che pubblicità generiche. Questo tipo di meccanismo pubblicitario cerca di fornire all'utente una pubblicità che gli sia utile.
  Dall'altro lato, capite che per il sito che ospita quella pubblicità ha più valore, perché ha più valore commerciale una pubblicità indirizzata a un utente specifico piuttosto che una pubblicità generica.
  Come terzo punto, Google riconosce una quota molto alta di quanto guadagna in pubblicità – ovviamente, è oggetto di contrattazione commerciale sito per sito, ma abbiamo rilasciato da poco i dati e la media è di oltre il 60 per cento di revenue share – al sito che ospita. Il sito che ospita la pubblicità si trova dentro il proprio sito una pubblicità che gli porta un guadagno. Non deve fare nulla per andare in giro a cercare dei clienti e tipicamente è anche utile ai propri utenti e non li disturba. Questo è il meccanismo pubblicitario sui siti terzi, che, come vedete, ha molto a che fare con l'indagine sull'utilizzo dei dati che state facendo.
  Ricapitolando, Google utilizza i dati e il business di Google è fondato quasi esclusivamente sulla vendita di spazi pubblici personalizzati. Questi spazi pubblicitari personalizzati hanno un impatto molto trasformativo sul mercato pubblicitario tradizionale. Se dovessi dirvelo con quattro parole chiave, osserverei che la pubblicità online rispetto alla pubblicità tradizionale è più precisa, nel senso che riesce ad andare a farsi vedere dagli utenti più interessati rispetto a quella pubblicità e, quindi, ha un valore commerciale più alto.
  Inoltre, è più misurabile, il che è molto evidente nel caso della pubblicità sul motore di ricerca. Il cliente paga solamente quando sulla pubblicità riceve un clic che va sul suo sito. Il proprietario del sito si rende conto immediatamente di quante visite genera quella pubblicità e, di conseguenza, può calcolare il valore commerciale. Se ricevo un tot numero di visite sul mio sito, sono in grado di capire quanto Pag. 19quella pubblicità sia stata efficace ed efficiente.
  Questo crea un ulteriore elemento, particolarmente rilevante per un sistema come quello del made in Italy, nel senso che questo meccanismo ha fatto abbattere i costi dell'investimento pubblicitario, perché il singolo annuncio pubblicitario costa enormemente meno rispetto a una grande campagna pubblicitaria tradizionale. È possibile acquistare spazi pubblicitari per pochi centesimi di euro. È possibile acquistare spazi pubblicitari dalla stessa piattaforma virtualmente ovunque nel mondo. La pubblicità on line ha, quindi, permesso anche ad aziende più piccole e meno strutturate di accedere al mercato pubblicitario e di accedere al mercato pubblicitario globale, quindi di promuoversi direttamente in tutto il mondo.
  Infine – ho cercato di dirvelo prima, spero di essere stato chiaro – è utile per gli utenti. La pubblicità tradizionalmente disturba l'utente e cerca di distrarne l'attenzione: lo sforzo di Google è di fornire una pubblicità che invece aiuti l'utente a trovare quello che stava cercando.
  Sono andato un po’ lungo. Poi, magari, ci saranno delle domande su questo, però chiudiamo la parte pubblicitaria, perché ci sono altri due elementi di dati che vorrei condividere con voi.
  Il primo che è legato al tema pubblicitario attiene a come i dati abilitino le esportazioni.
  Ovviamente – l'ho accennato poc'anzi – c'è il tema di rendere più economico e più semplice farsi pubblicità in tutto il mondo, ma la disponibilità di dati abbatte altre due colossali barriere all'ingresso per le esportazioni.
  Quando pensiamo a quali sono le barriere all'ingresso all’export, sono essenzialmente di tre tipi. La prima è di promozione, ovviamente, e quindi la pubblicità lo risolve. Il secondo tema, su cui non entro, perché Google c'entra piuttosto poco, è di carattere logistico e organizzativo. Il terzo elemento, però, è quello informativo: quando un imprenditore vuole vendere nei mercati esteri, ha bisogno di trovare un modo per promuoversi nei mercati esteri, e lo può fare con la pubblicità on line, ma prima di decidere ha bisogno di elementi di conoscenza che gli facciamo decidere qual è il mercato di riferimento per lui.
  Io sto parlando di mercati esteri, ma in realtà molto spesso è anche il mercato di una regione differente. Se una persona non conosce la realtà economica di un altro territorio, c'è una barriera all'ingresso a espandere la propria attività.
  In questo senso, l'aver messo l'informazione a portata di click ha sicuramente facilitato, e oggi ciascun imprenditore è in grado di raccogliere informazioni sui potenziali mercati di riferimento.
  Estremamente di recente, però, mi sembra il 26 settembre scorso, abbiamo lanciato in partnership con l'ICE una piattaforma che si chiama Google Market Finder, uno strumento big data che permette in pochi click e gratuitamente a tutti gli imprenditori di fare un'analisi del potenziale di export del proprio business, restituendogli due indicatori chiave. Se voi siete la sartoria on line di cui parlavo prima, potete andare su Google Market Finder, che è una piattaforma gratuita, inserire i dati della vostra azienda, cioè inserire il sito Internet o dire semplicemente che siete una sartoria artigianale, cliccare «invio», e Google Market Finder vi restituisce due dati di fondamentale importanza per voi.
  Prima di tutto, vi dice il volume di ricerche per i vostri prodotti in tutti i Paesi del mondo. Se stiamo parlando di una sartoria made in Italy, l'interfaccia vi dice quanto le persone cercano abiti made in Italy nel mondo. E scoprirete, quindi, qual è il vostro mercato potenziale. Con ogni probabilità, scoprirete che c'è un mercato molto ampio negli Stati Uniti, ragionevolmente ampio in Francia e in Germania, molto più di nicchia in Egitto.
  Poi, però, Market Finder vi restituisce anche un altro dato, un po’ più complesso. È un indice basato utilizzando il costo medio del click della nostra pubblicità, che è un grande indicatore di concorrenzialità di quel mercato. Vi dice, cioè, quanto i vostri competitor stanno comprando pubblicità in quel mercato per prodotti simile al vostro. Pag. 20
  Significa che un imprenditore, con questi due numeri, può avere un'idea, da un lato, di quanto sia grande il potenziale mercato di sbocco; dall'altro, di quanto sia affollato, e fare la propria valutazione se ha una capacità di fuoco. Con ogni probabilità, tornando agli esempi precedenti, il mercato degli Stati Uniti sarà più grande, ma anche molto più affollato; il mercato dell'Egitto sarà ragionevolmente più piccolo, ma anche meno affollato. L'imprenditore, quindi, potrà decidere in autonomia se abbia senso per lui investire su un grande mercato affollato, e quindi avere un investimento upfront più significativo, o provare a concentrarsi su un mercato di nicchia.
  Questo è uno strumento gratuito, appunto in partnership con il Ministero degli affari esteri e con l'ICE. Andando avanti, arricchisce l'imprenditore anche delle informazioni che le istituzioni forniscono e che stiamo integrando nel nostro sito.
  L'ultima aspetto che vorrei affrontare in questa sede, per poi poter rispondere alle vostre domande, è che fino ad ora abbiamo parlato di fatto di come Google utilizzi dati e informazioni per migliorare il proprio business pubblicitario, e quindi fornire pubblicità il più possibile accessibile, mirata e utile agli utenti. Questo è il core del business di Google. Il mercato pubblicitario è il core del business di Google.
  L'altra visione che abbiamo, però, è che, quando si parla di economia dei dati, pensiamo e vogliamo essere la piattaforma, l'azienda che aiuta le altre imprese a entrare in questo tipo di economia. Sull'economia dei dati il nostro approccio è fornire vere e proprie infrastrutture e strumenti alle aziende nostre partner per iniziare a fare business utilizzando i propri dati.
  Credo di affrontare alcune delle questioni che i colleghi delle altre aziende che avete audito nei giorni precedenti vi hanno già detto.
  Fondamentalmente, l'economia dei dati ha bisogni di cinque elementi. Voi avete ampiamente approfondito il tema della rete. Io vorrei approfondirne altri tre, e poi un quarto se ci sarà tempo.
  Oltre alla rete, l'economia di dati si fonda sui dati, sulla disponibilità di dati, la disponibilità di spazi di archiviazione e la potenza di calcolo. Su tutti questi tre temi Google sta abbattendo le barriere all'ingresso e provando a renderle accessibili anche ad altri soggetti.
  Sulla disponibilità di dati credo di non dirvi niente di nuovo, perché state analizzando questo fenomeno, e si è letteralmente impennato negli ultimi anni il grafico dei dati prodotti e disponibili. Oggi, è molto più semplice per le imprese o per le persone trovare data set, anche utilizzando il nostro motore di ricerca – ci sono data set pubblici a cui ciascuno può accedere – e soprattutto è diventato molto più semplice per le imprese, a causa dell'abbattimento di alcuni costi, datizzare e utilizzare i propri dati, quindi trasformare l'informazione dentro l'impresa in dato digitale, quindi elaborarli attraverso strumenti digitali. Stiamo andando verso una società e un'economia in cui il dato è un bene sovrabbondante.
  Stante ciò, si aprono due ordini di problemi. Il primo è dove metterli. I dati hanno bisogno di spazio di archiviazione, generalmente si ha l'idea dell’internet economy come di una cosa molto virtuale. In realtà, i dati, soprattutto i dati industriali delle imprese, hanno bisogno di spazio fisico in cui essere archiviati, cioè server, data center, grandi infrastrutture, grandi investimenti in infrastrutture, che poi permettono a quei dati l'utilizzo.
  Il nostro modello si fonda sull'idea che un'impresa può iniziare a utilizzare i propri dati senza dover costruire un'infrastruttura come quella. Oggi, mettiamo la stessa infrastruttura che utilizziamo per far girare i nostri prodotti e/o servizi a disposizione di qualsiasi altra impresa che la voglia utilizzare per far girare i propri prodotti e i propri servizi.
  In questo modo, di fatto fare economia dei dati non ha più un grande investimento iniziale per crearsi l'infrastruttura all'inizio, ma si può semplicemente affittare da un partner tecnologico, come Google appunto, un'infrastruttura, che è tra le migliori Pag. 21 del mondo, e su quella far girare i propri algoritmi e i propri dati.
  Terzo punto, strettamente correlato, come immaginerete, è che, oltre all'infrastruttura fisica per archiviare i dati, c'è un tema di potenza di calcolo. Quanto più volete fare cose complesse, tanto più avrete bisogno non solo di un'infrastruttura di archiviazione, ma anche di grandi computer in grado di fare calcoli molto complessi.
  Anche su questo abbiamo adottato lo stesso modello. Da un po’ di tempo, mettiamo a disposizione come servizio la potenza di calcolo che abbiamo costruito per mandare i nostri servizi a disposizione di altre imprese partner.
  In questo senso, crediamo di star contribuendo a ridurre le barriere all'ingresso. Oggi, fare economia dei dati è una possibilità per tutte le imprese, perché di fatto non sono necessari grandissimi investimenti in spazi di archiviazione e in costruzione di un'infrastruttura di calcolo.
  L'altra barriera all'ingresso, e ci arrivo in conclusione, è estrarre conoscenza da questi dati.
  Se io dovessi semplificare – inevitabilmente, di questi tempi lo dobbiamo fare – il machine learning e l'intelligenza artificiale rappresentano la scienza che estrae conoscenza da dati grezzi.
  Anche in materia di machine learning stiamo adottando lo stesso approccio, anzi qui un approccio ancora più ambizioso: anche in materia di machine learning abbiamo l'ambizione di mettere a disposizione di qualsiasi impresa i nostri moduli di intelligenza artificiale per utilizzarla in prodotto nei loro servizi. Lo abbiamo fatto in due maniere.
  Con la prima, la più radicale, relativamente recente – credo si tratti di novembre 2016 – abbiamo reso open source TensorFlow, termine un po’ tecnico, che è la nostra library di strumenti di intelligenza artificiale. Abbiamo reso open source i blocchi su cui si costruiscono i nostri sistemi di intelligenza artificiale, che significa che qualsiasi sviluppatore, qualsiasi impresa, può del tutto gratuitamente utilizzarli per produrre i propri moduli di intelligenza artificiale.
  Si tratta di uno strumento molto da tecnici informatici, ma è una scelta che aveva l'ambizione di rendere il machine learning uno strumento davvero a disposizione di un'ampia platea di soggetti, e non solamente delle poche imprese in grado di svilupparlo.
  La seconda evoluzione, anche questa relativamente recente, è che abbiamo iniziato a fornire moduli di intelligenza artificiale e di machine learning in cloud. Che cosa significa?
  Abbiamo sviluppato, come sapete, strumenti di machine learning nei nostri prodotti. Faccio un esempio molto, molto concreto: è migliorata in maniera significativa la capacità degli algoritmi di Google di classificare le immagini.
  Molti di voi, immagino, usino un'applicazione che si chiama Google Foto, che attraverso strumenti di riconoscimento immagini vi permette di chiedere al sistema: «mi fai vedere le mie foto di tramonti? Mi fai vedere le mie foto di cani». Quel sistema di riconoscimento immagini vi fa vedere sul vostro device le vostre foto.
  Forniamo la stessa cosa come servizio, ovvero il modulo di riconoscimento immagini, ad aziende terze.
  Per esempio in Italia una delle grandi aziende dell'infrastruttura di rete elettrica utilizza un meccanismo di questo tipo per mappare con droni l'infrastruttura della rete elettrica, evidenziare se eventuali anomalie sono non preoccupanti, come il nido di una cicogna, o preoccupanti (un potenziale guasto, una potenziale rottura), e quindi intervenire in maniera tempestiva.
  Si tratta solo di un esempio, ma l'idea di fondo è che possiamo essere partner di aziende italiane o di aziende internazionali per utilizzare moduli di intelligenza artificiale che abbiamo sviluppato per i nostri prodotti, metterli a disposizione di altri per costruire la propria attività e per migliorare i propri strumenti.
  Prima di concludere, evidenzio per voi l'ultima vera barriera. Google è abbastanza convinta che al centro del nostro lavoro ci sia rendere queste opportunità davvero per tutti. Oggi, è possibile per qualsiasi impresa, media o piccola che sia, farsi pubblicità Pag. 22 in tutto il mondo, accedere ai mercati internazionali, fare export, inserire moduli di intelligenza artificiale nella propria produzione.
  L'ultima grande barriera, però, è quella conoscenza, cioè è dare la possibilità agli imprenditori di conoscere. Non mi dilungo sulle iniziative di Google – molti di voi le conoscono – ma in questo senso una collaborazione tra aziende e istituzioni credo sia vitale per sbloccare il potenziale del nostro Paese. Grazie.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Ringrazio Google, e in particolare Diego Ciulli anche per il libro, per l'interessante introduzione all'utilizzo dei big data in «Industria 4.0», ma questa nostra Commissione ha compiti un po’ diversi dalla Commissione attività produttive.
  Noi stiamo facendo quest'indagine conoscitiva anche in riferimento ad alcune questioni legate all'elemento regolatorio. Sostanzialmente, mi sarebbe piaciuto, o comunque si può rispondere anche su questo, che si presentasse il ruolo di Google relativamente al nuovo regolamento, GDPR cosiddetto, che, pur essendo approvato nel 2016, è andato in vigore praticamente quest'anno.
  E non è una cosa formale. Sostanzialmente, anche in seguito a una sentenza della Corte di giustizia europea del 13 maggio 2014 su una vicenda legata a Google Spain, la Corte di giustizia ha riconosciuto il diritto all'oblio in base a quanto contenuto nella direttiva già del 1995, ma la nuova introduzione è che Google viene riconosciuto come titolare del trattamento dei dati, e quindi ritenuto responsabile in quanto all'obbligo di verificare che determinate pagine riconducibili a fatti particolari non più attuali fossero ancora indicizzate.
  A proposito di quello che abbiamo visto nella presentazione, il mondo di internet è organizzabile attraverso un algoritmo che sicuramente non fa dimenticare praticamente niente, ma permette attraverso l'indicizzazione una possibilità di far leggere tra le prime notizie quelle meglio indicizzate.
  Naturalmente, anche grazie alla piattaforma pubblicitaria Google AdWords, è possibile che chi sa usare meglio queste indicizzazioni, riesca a mantenere delle notizie o false o antiche non tanto per la capacità relativa alla notizia di cronaca, quindi al diritto all'informazione, ma per la capacità di stare dentro l'algoritmo che lo fissa per sempre nei prossimi 350 anni in prima pagina.
  Io credo, quindi, che non sia un caso che la Commissione europea abbia sostanzialmente chiesto recentemente, a Google e a Facebook in primis – dopo di voi ci sarà Facebook – che ci sia un patto sulla questione delle fake news. In particolare, la commissaria Mariya Gabriel dice: «Le piattaforme on line devono agire come attori sociali responsabili».
  In verità, sembra che in quest'accordo, per adesso su base volontaria, ma la commissaria ha detto che, se non c'è una verifica positiva entro la fine del 2018, si sarebbe andati anche a una legislazione più specifica, si impegnino in primo luogo a mettere fine al fenomeno del clickbait, ovvero a spezzare il legame tra introiti pubblicitari e alcuni profili e siti che diffondono disinformazione.
  La domanda è: con questi patti, con un regolamento europeo che dice che gli over the top sono titolari, responsabili di queste cose, qual è l'impegno effettivo di Google finora su questo?
  Vorrei fare una considerazione, infine. Io credo che le rivoluzioni industriali, e anche questa di internet, di «Industria 4.0», del digitale, siano importanti, ma come quando la rivoluzione industriale tradizionale a un certo punto ha mostrato alcuni limiti, per esempio quando si produceva inquinamento e si buttava quest'inquinamento nei fiumi, io credo che Google e questi over the top abbiano il dovere etico e morale di rispondere a questo tipo di sollecitazione. Ripeto che questo è il tema fondamentale che riguarda questa Commissione. Pag. 23
  Scusi, presidente, se mi sono permessa.

  PRESIDENTE. Ci mancherebbe. Do quindi la parola ai rappresentanti di Google Italy Srl per la replica.

  DIEGO CIULLI, responsabile relazioni istituzionali di Google Italy Srl. Grazie, onorevole. Ha affrontato moltissimi argomenti, tutti di estrema rilevanza, e proverò a risponderle su tutti. La risposta più semplice mi viene in materia di GDPR.
  Noi siamo pienamente impegnati a dare piena attuazione del GDPR sulle nostre piattaforme. È un regolamento molto innovativo e molto complesso, però lì l'impegno è davvero pieno sulla sua applicazione e implementazione.
  Quanto al tema che sollevava in materia di diritto all'oblio e sulla sentenza della Corte di giustizia europea precedente al GDPR, come ben sapete, non abbiamo condiviso quella sentenza e abbiamo pubblicamente detto che non eravamo d'accordo. Altrettanto pubblicamente, però, ci siamo impegnati a darle piena attuazione.
  Quella sentenza, come correttamente ricordava l'onorevole Bruno Bossio, ci impone di proattivamente rispondere alle richieste di cosiddetto diritto all'oblio degli utenti per risultati relativi al proprio nome che non abbiamo più carattere di interesse pubblico e per figure che non siano pubbliche, di interesse pubblico. Capite bene che è molto semplice raccontarla così come l'ho raccontata io. Quando andiamo a vedere nei casi concreti, è molto più complesso.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Scusi se interrompo.
  Dopo la sentenza c'è l'articolo 17 del GDPR. È vero, quindi, che è precedente il GDPR, ma il GDPR, anche alla luce di quella sentenza, nell'articolo 17 riprende questa questione.

  DIEGO CIULLI, responsabile relazioni istituzionali di Google Italy Srl. Assolutamente.
  La sostanza è che noi abbiamo costruito una squadra di avvocati per rispondere a queste richieste, e rendiamo pubblici periodicamente i dati sulle rimozioni che riusciamo a fare. Siamo in compliance, cioè stiamo rispettando la sentenza e stiamo rimuovendo quei contenuti.
  Capita, onestamente capita, che non siamo d'accordo con chi chiede che quel contenuto sia rimosso. Capita che i nostri legali valutino che per una specifica richiesta di rimozione la notizia sia ancora attuale, e comunque non ci siano i presupposti per la rimozione, che sono quelli che ci sono stati dettati dalla Corte di giustizia. Ovviamente, in questo caso non rimuoviamo, e poi ci sono le istituzioni preposte che possono al limite emettere un ordine.
  Verrei, però, a un punto che sollevava l'onorevole Bruno Bossio, e che mi interessa particolarmente.
  Il tema delle notizie antiche copre il diritto all'oblio. Quando notizie antiche riguardano persone che non hanno un ruolo pubblico, e che quindi possono ricevere un danno da quelle notizie antiche, hanno pienamente diritto a che vengano rimosse, ed è quello che facciamo.
  Quando le notizie sono false, si entra in un dominio molto più complesso. Google non ha, e io credo non debba avere, la responsabilità di decidere ciò che è vero e ciò che è falso. On line come off line, chi pubblica notizie false, è responsabile direttamente.
  Io non escludo, e anzi è normale che il nostro motore di ricerca indicizzi anche cose false, ma in quel caso chi ritiene di essere vittima di un'infamia perché quelle notizie sono false, deve rivolgersi a chi le pubblica e chiedere che vengano rimosse. Nel momento in cui vengono rimosse dal sito ospite, vengono automaticamente rimosse anche dal motore di ricerca.
  Il tema specifico ci porta al dibattito più complessivo in materia di fake news. Ve ne parlo con una punta di orgoglio, perché in questo l'Italia è stata apri fila. Tutti voi ricorderete, perché eravate i protagonisti di quella fase, che per la campagna elettorale che vi ha eletto l'Autorità garante per le comunicazioni ha elaborato un codice di autodisciplina, di co-regolamentazione, proprio in materia di lotta alla disinformazione Pag. 24 in campagna elettorale, che mi permetto di dire è molto simile alla nuova proposta della Commissione europea.
  Quel tipo di dibattito in Italia, non noi Google, ma noi italiani, l'avevamo fatto in occasione di quella campagna elettorale, con una serie di iniziative che l'Agcom aveva promosso e che anche noi abbiamo promosso su sollecitazione dell'Agcom per far sì che sulle nostre piattaforme tutte le forze politiche avessero pari opportunità di accesso e si contrastassero i fenomeni di disinformazione sistematica on line.
  È un tema estremamente complesso, su cui vi ripeto che il punto è democratico, se mi permettete. Noi abbiamo il dovere di rendere le nostre piattaforme sicure, trasparenti, però non credo che abbiamo il dovere di decidere ciò che è vero e ciò che è falso. Non credo che una piattaforma tecnologica possa essere il garante della verità, tant'è che il lavoro che abbiamo fatto con l'Agcom e quello che stiamo facendo con la Commissione europea attiene alla rapidità della rimozione, in particolare di contenuti offensivi e violenti, e abbiamo molto migliorato, nell'ultimo anno e mezzo, da questo punto di vista; dall'alto, alla trasparenza.
  Vi anticipo una cosa, che anche questa vi suonerà familiare: nel codice di autoregolamentazione di Agcom avevamo già previsto in Italia e sollecitato i partiti politici a indicare con trasparenza nei messaggi pubblicitari pubblicati on line la natura di messaggio politico. Con il nuovo codice di condotta che abbiamo firmato con la Commissione europea, stiamo lavorando affinché quest'obbligo diventi ancora più stringente in vista delle elezioni europee.
  Credo che su questo piano il terreno sia, da un lato, la rimozione dei contenuti chiaramente illegali; dall'alto, la trasparenza dei contenuti; terzo punto, ma questo davvero diventerebbe troppo lungo, in materia di fact-checking e supporto a chi svolge quest'attività.

  FEDERICA ZANELLA. La ringrazio. Vorrei intervenire relativamente a due temi che lei ha toccato e che ha affrontato la collega Bruno Bossio.
  Giustamente, lei faceva riferimento alla celerità della deindicizzazione. Io mi sono molto occupata di tutela dei minori, specificamente sul web. Avevo dato vita a uno sportello che rimuoveva le fattispecie lesive, e cercava di farlo in termini non autoritativi, ovviamente, ma di moral suasion, e non sempre c'è stata una prontezza da parte vostra. Senza parlare di minori, c'è stato il famoso caso della Cantone, che si è suicidata. Aveva richiesto più volte la rimozione di fattispecie lesive, che poi l'hanno portata al suicidio. Forse, su questo, per quanto concerne il diritto all'oblio, dovreste lavorare un po’ meglio.
  Per quanto concerne i link che si rifanno a fake o ad argomenti lesivi della reputazione digitale di persone che richiedono la rimozione, lì peraltro il confine con il diritto di cronaca è sempre molto labile, perché anche il concetto di pubblico bisogna declinarlo bene. Una persona pubblica che abbiamo un problema privato, non si vede perché debba finire on line, ma va bene, non vogliamo tirare acqua al mulino di persone che hanno un profilo politico pubblico. Sicuramente, però, è un tema da affrontare.
  Dalla sentenza Google Spain in poi c'è stato un movimento di opinioni che ha chiesto anche, per esempio, se non volete rimuovere un link, che almeno mettiate un link di smentita o il link che comprova, magari dopo cinque anni, l'assoluzione di una persona immediatamente sotto il link che indicizza la notizia principale. Questo, secondo me, è fattibile.
  Se una persona viene incriminata, e poi viene assolta dopo tot anni, l'incriminazione rimane ancora in prima pagina, e comunque c'è tutto il dibattito relativo alle pendenze penali, e l'assoluzione magari viene indicizzata alla ventottesima pagina, che come sappiamo non viene mai cliccata. Sotto questo profilo, magari dovreste cercare di lavorare un po’ meglio. A questo proposito, credo che quello all'oblio sia un diritto di qualsiasi cittadino e che la tutela della dignità della persona lo sia altrettanto. Grazie.

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  DIEGO CIULLI, responsabile relazioni istituzionali di Google Italy Srl. Grazie mille della domanda, onorevole Zanella.
  Credo che sulla fattispecie che lei elencava il diritto all'oblio stia funzionando abbastanza bene. Noi siamo in grado di rimuovere le notizie desuete con una certa rapidità e stiamo migliorando in ogni momento.
  Altra cosa sono, e qui davvero c'è uno sforzo particolare, i contenuti violenti, pedopornografici, di cyberbullismo e così via. Qui ho dei dati da condividere con voi. Oramai, lavoro a Google da sette anni. Erano temi molto, molto presenti sei o sette anni fa. Lo sono molto meno, perché per fortuna la tecnologia è migliorata. Oggi, siamo in grado di rimuovere i contenuti violenti e illegali in maniera estremamente rapida. Significa – poi vi invio il dato esatto – che in oltre l'80 per cento dei casi questi contenuti vengono rimossi prima di essere visti dieci volte. E lo facciamo perché abbiamo impostato una strategia su due livelli.
  Ci siamo resi conto che da soli non ce la facciamo, e quindi abbiamo iniziato a stringere una serie di partnership, in particolare con organizzazioni della società civile, perché ci segnalino questi contenuti. Ovviamente, qualsiasi utente può segnalare i contenuti, ma immaginerete che riceviamo moltissime segnalazioni di contenuti, e la partnership con queste organizzazioni ci permette di rispondere rapidissimamente ai contenuti segnalati da organizzazioni di questo tipo.
  Abbiamo molte partnership di questo tipo: con l'Istituto italiano privacy, il Centro nazionale anti-cyberbullismo, ovviamente oltre al lavoro con la Polizia postale. Quello che stiamo facendo è lavorare con soggetti che per la Abbiamo molte partnership di questo tipo: con l'Istituto italiano privacy, il Centro nazionale anti-cyberbullismo, ovviamente oltre al lavoro con la Polizia postale. Quello che stiamo facendo è lavorare con soggetti che per la propria attività si occupano di contenuti violenti in rete e ci aiutano a scoprirli e a rimuoverli.
  Dall'altro lato, e questa è la notizia relativamente recente – di fatto, l'impegno prese il via con il G7 sulla sicurezza a Ischia – abbiamo una sperimentazione su un settore molto specifico di utilizzo dell'intelligenza artificiale per rimuovere i contenuti di propaganda d'odio e di istigazione al terrorismo.
  Abbiamo iniziato lì per la prima volta a implementare l'intelligenza artificiale non per rimuovere automaticamente, ma per segnalare ai revisori umani quali contenuti possono essere problematici. I risultati sono stati davvero impressionanti. Il dato che vi davo precedentemente è dovuto, certo, alla collaborazione con soggetti della società civile, ma soprattutto allo sviluppo di tecnologie che ci permettono di individuare in maniera automatica alcune categorie di contenuto problematico e di rimuovere rapidamente.
  Quanto al tema della rettifica, dibattito amplissimo, dicevo all'inizio che in parte è risolto dal diritto all'oblio, che in parte può essere risolto dal meccanismo di stretto funzionamento di internet.
  Il motore di ricerca per sua natura indicizza ciò che è messo con più evidenza e che riceve più link e più attenzione dai siti partner. Per quello, è molto difficile, anzi non sarebbe più un motore di ricerca se decidesse lui quale notizia deve essere messa in primo piano rispetto ad altre. Il motore di ricerca funziona sulla base di algoritmi che decidono per rilevanza per gli utenti.
  Quello della rettifica è un tema molto dibattuto, che attiene a chi pubblica la notizia in prima istanza. I motori di ricerca nient'altro fanno che rendere disponibile il lavoro di qualcuno che la notizia la diffonde.
  C'è stato un dibattito, mi sembra, nella scorsa legislatura su questo tema, che è molto attuale, ma io credo che si trovi la soluzione in materia di responsabilità nella diffusione dell'informazione e non della sua indicizzazione. Inevitabilmente, infatti, l'indicizzazione del motore di ricerca è composta da altri fattori.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il loro contributo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

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Audizione di rappresentanti di Facebook Italy Srl.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G ed alla gestione dei big data, l'audizione di rappresentanti di Facebook Italy Srl.
  Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera e la trasmissione diretta sulla web-tv.
  Ringrazio i rappresentanti di Facebook Italy Srl per aver accettato l'invito della Commissione. Cedo dunque la parola alla direttrice per le relazioni istituzionali per il Sud Europa, Laura Bononcini, per lo svolgimento della relazione.

  LAURA BONONCINI, direttrice relazioni istituzionali per il Sud Europa di Facebook Italy Srl. Grazie per averci coinvolto in quest'importante audizione su un tema così ampio e così rilevante come quello dei big data, dell'economia dei dati e di come questo rappresenti sia una grandissima opportunità, come sicuramente è stato descritto anche nell'avvio di questo ciclo di audizioni, sia naturalmente una serie di sfide che andremo a esplorare con voi oggi durante la mia breve relazione.
  Molti di voi sanno che la prossima settimana Facebook compie 15 anni. Sicuramente, tantissime cose sono cambiate in questi 15 anni. Penso di poter dire che il nostro fondatore Mark Zuckerberg non immaginasse che dopo 15 anni si sarebbe dovuto concentrare così tanto su tematiche così ampie, come ad esempio l'integrità delle elezioni su Facebook e anche su altre piattaforme che fanno parte della nostra cosiddetta famiglia di applicazioni.
  Noi stiamo attraversando un fortissimo cambiamento anche filosofico, e non sempre abbiamo saputo anticipare i rischi legati al fatto di connettere così tante persone – abbiamo oltre 2 miliardi di persone a livello globale – o a volte siamo stati anche troppo lenti a identificare e gestire utilizzi inappropriati della nostra piattaforma.
  Penso, però, di poter dire che abbiamo imparato molto dai nostri errori, soprattutto negli ultimi due anni. Ci stiamo concentrando in maniera molto concreta, e di questo vi vorrei parlare anche oggi, su come affrontare queste questioni, sia da soli, come azienda, attraverso la creazione di nuovi strumenti, sia assieme a esperti e legislatori, che si accingono oggi ad adottare nuove regole a beneficio di tutti.
  Nella mia brevissima introduzione vorrei sottolineare un aspetto molto importante. Facebook si trova oggi a dover prendere delle decisioni molto complesse, che vanno spesso al di là di quanto ci si aspetta da un'azienda privata, da una piattaforma come quella che rappresentiamo.
  Il digitale in generale è diventata una parte talmente integrante della vita quotidiana di tutti, delle aziende e delle persone, per cui come tale naturalmente emerge la necessità di redigere nuovi princìpi e nuove regole che aiutino tutti noi a utilizzare questi servizi in maniera che consenta di sfruttarne le opportunità e di tutelare i nostri diritti.
  Come dichiarato pubblicamente dal nostro stesso fondatore, ed è importante ribadirlo, non siamo assolutamente contrari a norme volte a regolamentare piattaforme come la nostra. Riteniamo, però, che sia molto importante, e lo riprenderò anche nel corso della mia relazione, considerare le peculiarità dei soggetti e degli strumenti che si vanno a regolamentare.
  Facebook, Instagram, WhatsApp non sono assimilabili a una televisione o a un giornale, perché noi non abbiamo il controllo preventivo su ogni contenuto, perché questo contenuto viene caricato da un singolo individuo, da un utente. Esploreremo una serie di modalità con le quali, anche attraverso l'uso dei big data, possiamo in alcuni casi rimuovere automaticamente dei contenuti, ma di base non abbiamo un controllo editoriale. Siamo qualcosa di diverso.
  Questo non significa che non siano necessarie nuove regole, ma riteniamo che siano necessarie nuove regole che tengano in considerazione questa peculiarità e i vari Pag. 27diritti a volte in concorrenza che si vanno ad affrontare quando parliamo di contenuti che vengono caricati sulla nostra piattaforma.
  Siamo, come dicevo prima, molto contenti di poter parlare di data-driven economy, di economia basata sui dati, di una società sempre più basata sui dati oggi. Pensiamo di affrontarlo attraverso quattro macrotemi.
  Innanzitutto, c'è il modello di business di Facebook e di come consentiamo il controllo degli utenti sui propri dati. Pensiamo che sia molto importante parlare di questo, perché oggi l'economia dei dati, tutta internet, l'economia di internet, è basata sull'utilizzo dei dati attraverso l’advertising. C'è una serie di tematiche che vanno affrontate dal nostro punto di vista e specificate.
  In secondo luogo, c'è l'utilizzo dei dati con l'intelligenza artificiale per tutelare la sicurezza delle persone sulla piattaforma e anche al di fuori della piattaforma.
  In terzo luogo, ci sono le elezioni. Si stanno avvicinando le elezioni europee. Pensiamo che, in particolare per quanto riguarda la pubblicità elettorale, ci sia un tema molto importante da affrontare qui.
  In conclusione, c'è il modo in cui i dati possono essere utilizzati e vengono utilizzati da Facebook da un punto di vista di impatto economico e di impatto sociale.
  Comincio con il nostro modello di business, anche perché sono recentemente girate molte indicazioni, molti punti di vista su questo che non sempre condividiamo.
  Innanzitutto, partiamo da: a cosa serve Facebook. Facebook si fonda sull'idea che chiunque debba avere la possibilità di esprimersi e di connettersi con altre persone. Se vogliamo impegnarci a fornire un servizio disponibile per tutti, allora abbiamo bisogno di un servizio alla portata di tutti. Il modo migliore per farlo è offrire un servizio gratuito, che quindi le persone non debbano pagare con una fee di registrazione o con un abbonamento mensile. Come si fa, visto che noi siamo un'azienda, e quindi dobbiamo fare profitto? Lo si fa attraverso la pubblicità on line.
  Le persone ci dicono continuamente che, se devono vedere della pubblicità, questa pubblicità deve essere rilevante. Questo, tra l'altro, è l'obiettivo di qualsiasi tipo di pubblicità da quando esiste la pubblicità, anche da prima di internet. Se pensiamo a un inserzionista che vuole mettere una pubblicità in televisione o sulla pagina di un giornale, sceglierà il momento giusto in televisione o la pagina o il giornale specifico che gli consentiranno con maggiore probabilità di raggiungere persone potenzialmente interessate al servizio o al prodotto che sta promuovendo.
  La possibilità di mostrare questo tipo di pubblicità mirata esisteva, quindi, prima di internet, ma oggi con la pubblicità on line è possibile raggiungere il proprio target in modo molto più preciso, con annunci più rilevanti. Come lo si fa? Utilizzando i dati, i dati che le persone danno a Facebook al momento della registrazione – devo dire se sono un uomo o una donna, da dove vengo e quanti anni ho – i dati che ci danno nel corso della loro navigazione, e quindi se mettono «like» su una pagina o se fanno un commento su un determinato contenuto. Possono darci indicazioni anche attraverso le loro attività al di fuori della nostra piattaforma, attraverso l'utilizzo dei cosiddetti cookies e altri strumenti molto simili.
  Quello che è molto importante sottolineare è che Facebook crea delle categorie, quindi per esempio creeremo una categoria di persone a cui piacciono le pagine sul calcio e che vivono in Italia, e farà pagare gli inserzionisti per mostrare gli annunci pubblicitari rivolti a quella categoria di persone.
  Quello che è importante dire è che le persone non pagano Facebook con i loro dati. Innanzitutto, non vendiamo i dati che i nostri utenti condividono con noi, perché vendere le informazioni delle persone sarebbe, tra l'altro, oltre che una violazione di una serie di diritti, anche contrario ai nostri interessi commerciali, in quanto ridurrebbe di molto il servizio che forniamo agli inserzionisti. Facebook guadagna dalla vendita della pubblicità. Quello che facciamo è vendere agli inserzionisti la possibilità Pag. 28 di mostrare i loro prodotti o i loro servizi alle persone. E gli inserzionisti ci pagheranno in base al numero di persone che vedono o che cliccano sui loro annunci. Gli inserzionisti pagano, quindi, per avere un accesso aggregato all'attenzione delle persone. Non pagano per avere i dati singoli delle persone.
  Un'altra cosa che è importante ricordare, e concludo su questa parte, è che internet, anche rispetto ad altri mezzi, fornisce alle persone molto più controllo sul tipo di dati utilizzati per mostrare loro la pubblicità.
  I nostri servizi, infatti, consentono alle persone di vedere perché stanno vedendo una determinata pubblicità, controllare quali sono le categorie che Facebook ha associato al loro profilo sulla base delle indicazioni che loro ci hanno detto, come descrivevo prima, e di modificare queste categorie. In realtà, non mi piace lo sport, Facebook hai sbagliato: tolgo lo sport e metto il teatro. Allo stesso modo, posso anche dire a Facebook che non voglio più vedere pubblicità di un determinato inserzionista.
  Posso, inoltre, in qualsiasi momento fare opt-out dalla pubblicità che si basa sulle attività che svolgo al di fuori di Facebook con un semplice click, e questo è molto importante. Infine, posso prendere i miei dati, scaricarli tutti, portarli fuori da Facebook e andarmene.
  Il secondo punto sul quale vorrei concentrarmi è l'utilizzo dei dati e dell'intelligenza artificiale per garantire la sicurezza delle persone su Facebook.
  È uno dei progressi più importanti che abbiamo fatto, penso soprattutto nello scorso anno, quello legato all'utilizzo dell'intelligenza artificiale, che ci consente, proprio attraverso la raccolta e l'analisi di dati, di identificare dei trend o dei contenuti, di metterci una sorta di impronta digitale sopra, e di impedire quindi ad esempio che vengano caricati, o comunque di segnalarli alle persone che si occupano di rivedere e rimuovere contenuti che non dovrebbero essere sulla nostra piattaforma per consentirgli di agire più velocemente.
  Vi fornisco qualche esempio molto rapido di come utilizziamo i dati e l'intelligenza artificiale per affrontare pericoli e problematiche non solo su Facebook, ma anche al di fuori di Facebook.
  Uno è il terrorismo. Dovete sapere che il 99 per cento dei contenuti di apologia del terrorismo o legati in qualche modo al terrorismo che rimuoviamo dalla piattaforma, vengono identificati attraverso sistemi di intelligenza artificiale, e rimossi spesso ancor prima di essere visualizzati dagli utenti, quindi ancor prima che siano caricati sulla nostra piattaforma.
  C'è poi la lotta contro l'incitamento al suicidio, all'autolesionismo. Anche lì, attraverso i dati che abbiamo raccolto, siamo stati in grado di identificare dei trend, delle caratteristiche simili nell'espressione e nelle modalità di espressione che hanno le persone che rischiano appunto di farsi del male, siamo in grado di identificare automaticamente questi potenziali casi a rischio, di segnalarli alle persone che in tutto il mondo si occupano per Facebook di questo tema specifico, che poi potranno agire. Solo nello scorso anno, ci siamo messi in contatto con 3.500 persone che presentavano potenzialmente questo tipo di rischio. Mettersi in contatto significa anche che in alcuni casi abbiamo contattato le Forze dell'ordine, che sono riuscite ad arrivare in tempo per evitare un suicidio.
  Ultimo punto è quello della pedopornografia. Qui utilizziamo uno strumento che viene utilizzato da tutta la industry e che è stato sviluppato da Microsoft, quello di PhotoDNA, che permette di mettere ancora una volta una sorta di impronta digitale sui contenuti pedopornografici o di sfruttamento, e che quindi ci consente automaticamente di individuare un contenuto che qualcuno sta postando, impedirne il caricamento, e soprattutto segnalare la persona che sta per postare questo contenuto alle Forze dell'ordine.
  La stessa cosa succede, per esempio, per il cosiddetto revenge porn. Abbiamo avuto alcuni casi anche in Italia. Se qualcuno posta un contenuto privato che mi riguarda, lo segnalo a Facebook, che lo rimuove Pag. 29 e ci mette un'impronta digitale in modo che questo contenuto non possa più essere caricato da nessuno. Questo è un altro modo molto importante attraverso il quale i dati vengono utilizzati per tutelare la nostra sicurezza.
  Chiaramente, ed è importante ribadirlo, non basta. Non basta utilizzare l'intelligenza artificiale, perché ci sono alcune tipologie di contenuti che non potranno, perlomeno per il momento, essere sempre identificate attraverso l'intelligenza artificiale. Mentre per il terrorismo abbiamo il 99 per cento di contenuti rimossi, per l’hate speech siamo appena sopra il 50 per cento. Per identificare parole di odio, in realtà ci vuole il contesto, ci vuole una mente umana che andrà a rivedere il contenuto, e quindi molto spesso in questi casi i sistemi possono aiutare a identificare eventuali violazioni, ma non a rimuoverle automaticamente.
  Per questo, ci sono le 30.000 persone, numero triplicato rispetto al 2017, che in tutto il mondo si occupano a vario titolo di rivedere e rimuovere i contenuti che sono sulla nostra piattaforma e che non dovrebbero esserci.
  Vengo a Facebook ed elezioni. Negli ultimi anni, soprattutto, e penso di poter dire negli ultimi due anni, con il mio collega Angelo abbiamo lavorato tantissimo sul tema di come le piattaforme Facebook, Instagram e WhatsApp giocassero un ruolo importante nell'ambito delle elezioni. Questa, da un certo punto di vista, è e rimane innanzitutto un'opportunità. Penso che possiamo tutti dire che l'utilizzo di Facebook, di Instagram e di WhatsApp sia un'opportunità per maggiore trasparenza, per una comunicazione più disintermediata, tra il decisore politico, il candidato e i cittadini.
  Da questo punto di vista, abbiamo sviluppato, anche durante le recenti elezioni politiche dello scorso anno, una serie di strumenti, che permettevano proprio di fare quello, di favorire maggiore accesso all'informazione, maggiore comunicazione, maggiore trasparenza.
  Ci siamo, però, resi conto sempre di più di come le nostre piattaforme possano essere anche oggetto di abuso, ragione per la quale abbiamo posto già in essere una serie di misure per la lotta contro la disinformazione, ma anche per favorire maggiore trasparenza per la pubblicità elettorale.
  Siccome è un annuncio che abbiamo fatto ieri, ho pensato che fosse una cosa di particolare interesse per questa Commissione: abbiamo annunciato, appunto, che a fine marzo lanceremo nuovi strumenti per rendere la pubblicità elettorale più trasparente.
  Quello che succederà è che ogni persona che vorrà promuovere su Facebook pubblicità elettorale che riguarda un candidato o un partito o pubblicità che riguarda tematiche rilevanti per il dibattito elettorale, quelle che noi chiamiamo le issue ads, ogni persona che vorrà fare questo genere di pubblicità, dovrà passare attraverso un processo di approvazione dedicato.
  Questo tipo di pubblicità verrà caratterizzato come di natura politica. Verrà anche indicato su ogni annuncio pubblicitario da chi è promossa. Poi creeremo un archivio all'interno del quale tutte le persone potranno trovare tutti gli annunci di natura politica fino ai prossimi sette anni. All'interno di quest'archivio si potrà trovare anche una serie di informazioni ulteriori su chi è l'inserzionista, quante persone sono state toccate dall'annuncio, e informazioni demografiche su queste persone, naturalmente anonime e aggregate, quindi se sono più uomini o donne e da dove vengono. Questo consentirà, pensiamo, maggiore trasparenza e di evitare e di prevenire eventuali abusi.
  Concludo con l'ultimo punto legato all'utilizzo dei dati per finalità positive in ambito sociale ed economico.
  Ci sono tantissimi esempi, in realtà, di come Facebook utilizza l'intelligenza artificiale, banalmente per le traduzioni. Facciamo 4,5 miliardi di traduzioni al giorno utilizzando l'intelligenza artificiale e i dati per consentire alle persone di comunicare, di accedere a informazioni anche in lingue che non conoscono.
  Utilizziamo l'intelligenza artificiale per aiutare i non vedenti a capire che cosa è condiviso con loro su Facebook anche se si tratta di un'immagine. L'intelligenza artificiale Pag. 30 è sempre più in grado di capire che cosa c'è su un'immagine.
  Soprattutto, utilizziamo tantissimo i dati per situazioni di disastri naturali. Forse, alcuni di voi hanno purtroppo dovuto utilizzare la funzione safety check, lo strumento che consente con un unico click di dire a tutti i miei amici che sto bene. Questa funzione ormai si attiva automaticamente sulla base delle conversazioni che si svolgono su Facebook relative a un determinato tema, che può essere un episodio di terrorismo o un terremoto o altra tipologia di disastro. Questo è un altro esempio di come l'utilizzo dei dati può essere positivo per fare una cosa importantissima durante un'emergenza, ovvero dire a tutte le persone che sto bene, che non mi è successo niente.
  Abbiamo anche sviluppato uno strumento che si chiama di Disaster Maps, che consente attraverso le informazioni, naturalmente aggregate e anonimizzate, di capire dove si trova la maggior parte delle persone in una zona toccata da una crisi, se ci sono dei problemi di accesso a internet o all'elettricità, e quindi di condividere tutte queste informazioni con le istituzioni o le organizzazioni che si stanno occupando di gestire quest'emergenza.
  Passo all'impatto economico. Penso che sia piuttosto chiaro – ne parlavo prima – che la pubblicità, e la pubblicità che consente di raggiungere un determinato tipo di persone potenzialmente interessato a un determinato prodotto, è uno strumento sempre più sviluppato, e soprattutto è uno strumento che ha consentito di democratizzare sempre di più l'accesso alla pubblicità stessa. Spesso, infatti, la pubblicità on line è accessibile in modo più semplice e anche più economico rispetto ad altre tipologie di pubblicità. Consente anche alle aziende più piccole di promuovere i loro strumenti e di misurare l'impatto delle promozioni in maniera molto più semplice.
  Abbiamo 90 milioni di inserzionisti a livello mondiale su Facebook, che sono prevalentemente piccole e medie imprese: metà di loro ha detto che questo ha consentito loro di creare maggiori posti di lavoro, che hanno dovuto assumere più persone. C'è, quindi, un impatto economico, e c'è un impatto sociale in termini di creazione del posto di lavoro.
  Questo si può fare esclusivamente se si hanno le competenze digitali per farlo. Anche su questo stiamo lavorando. Alcuni di voi sono già venuti a trovarci a Binario F, il centro che abbiamo aperto qui a Roma proprio per sviluppare maggiormente le competenze digitali a 360 gradi, non solo delle aziende, ma anche delle start-up o dei ragazzi affinché imparino a utilizzare internet in maniera più sicura, dei consumatori, degli accademici, delle istituzioni. Insegneremo anche ai comuni come utilizzare le nostre piattaforme per comunicare in maniera più trasparente con i loro utenti.
  Concludo dicendo che sicuramente gli esempi che vi ho dato sui quattro punti che abbiamo scelto di esplorare oggi con voi sono importanti, ma sappiamo che non abbiamo finito la discussione. Sicuramente, c'è ancora tantissimo da fare. Sappiamo che molte persone oggi sono preoccupate dal potere che viene concentrato nelle mani di aziende come quella che rappresento oggi e di altre aziende del tech.
  Sappiamo che molti pensano, e anche noi condividiamo questo pensiero, che alcune decisioni relative alla rimozione di contenuti debbano essere prese dalla società civile, ma soprattutto dal legislatore, e non necessariamente da aziende private come la nostra.
  Sappiamo anche che queste sfide, e questa è l'approccio che stiamo vedendo a livello mondiale, devono essere affrontate assieme, da un punto di vista collaborativo, tra aziende, istituzioni e società civile.
  Dal nostro punto di vista, noi siamo oggi nel luogo in cui verranno prodotte e definite probabilmente le nuove regole per internet. Dal nostro punto di vista, è importante, come dicevo, che queste regole siano innanzitutto specifiche rispetto alle piattaforme e ai soggetti che andranno a regolamentare e che riconoscano, come dicevo, l'equilibrio e la concorrenza, se possiamo dire così, tra i vari diritti. Pensiamo al diritto della privacy rispetto al diritto della sicurezza o al diritto necessario di proteggere le persone contro l’hate speech, Pag. 31ma d'altra parte anche a rispettare la libertà di espressione.
  Da parte nostra, riteniamo anche che debbano essere pro-innovazione, che debbano poter essere implementate non solo da aziende grandi come le nostre, che hanno tutte le risorse anche economiche per modificare le modalità con le quali funzionano, ma anche da quelle più piccole, che non necessariamente hanno tutte queste capacità.
  Da parte nostra, continuiamo a lavorare, e ci mancherebbe altro, con Governi e istituzioni. Lavoriamo a Bruxelles sul codice di autoregolamentazione ma, come alcuni di voi sanno, abbiamo anche avviato una collaborazione con il Governo francese per la definizione di regole specifiche contro l’hate speech. Lanceremo un comitato – l'abbiamo annunciato ieri – di esperti internazionali che si occuperanno di rivedere e a volte anche ribaltare alcune decisioni che abbiamo preso rispetto alla decisione di rimuovere contenuti o meno dalla nostra piattaforma.
  Rimane comunque il fatto che rispettiamo tutte le leggi dei Paesi nei quali operiamo, e quindi risponderemo e rimuoveremo contatti a seguito di ordini delle autorità giudiziarie competenti. In più, naturalmente continueremo a sviluppare le tecnologie che si basano sui dati. Abbiamo un centro a Parigi che si occupa di intelligenza artificiale. Abbiamo appena annunciato che ci occuperemo di questo tema anche in Germania, ma questo toccherà naturalmente tutto il mondo.
  Le tecnologie sono di per sé neutre. Le tecnologie sono un'opportunità. Da questo punto di vista, vogliamo continuare a utilizzarle nel miglior modo possibile. Grazie.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DEBORAH BERGAMINI. Saluto la dottoressa Bononcini e il suo collaboratore. Auguri per i 15 anni. Sono felice di aver sentito l'aggettivo «filosofico» nella relazione della dottoressa Bononcini.
  Effettivamente, è chiaro che non potevate immaginare, quando siete nati quindici anni fa, il tipo di complessità che avreste incontrato e prodotto, ma è vero che è sempre necessario tenere accese le antenne e anche un dialogo forte con le istituzioni, che avete sottolineato di avere, proprio su temi filosofici legati a che cosa un'azienda come Facebook, con i numeri che avete elencato, produce verso l'essere umano.
  Lo dico perché proprio oggi, e mi permetto di leggerlo un secondo – sarò veramente velocissima – il nostro Garante per la privacy ha detto una cosa che mi ha colpito moltissimo: «Se prive di regole, le nuove tecnologie possono alimentare un regime della sorveglianza tale da rendere l'uomo una non persona, un individuo da addestrare o classificare, normalizzare o escludere. Il dato, appunto, viene considerato una mera cifra da sfruttare, senza considerarne l'impatto sulla persona. Essa stessa si riduce a un'astrazione priva di individualità, e dunque di dignità».
  Mi sembra che Soro abbia evocato il rischio di un totalitarismo digitale, dove c'è un controllo ubiquitario dell'essere umano. Sono temi sui quali la politica si interroga, ahimè, troppo poco, perlomeno nel nostro Paese. Per questo, abbiamo gradito molto l'iniziativa di quest'indagine conoscitiva, che spero sarà prodromica poi all'istituzione di una Commissione d'inchiesta parlamentare – ho depositato una proposta di legge in merito – sull'utilizzo dei dati. Alla fine, si tratta di questo, dell'utilizzo dell'essere umano attraverso i suoi dati.
  Ora, è chiaro che c'è una forte necessità di rassicurare da parte degli over the top, così come c'è una fortissima preoccupazione invece da parte di chi è chiamato a normare su questi temi e che si trova una complessità forse ancora superiore alla vostra.
  Penso che ogni iniziativa in cui ci si confronti su questo debba essere senza ipocrisie. Se vi continuate a dipingere come salvatori della patria... Sto esagerando ovviamente, ma vado per sintesi. Lì bisogna un po’ anche cambiare la modalità, altrimenti il dialogo non è realistico. Bisognerebbe Pag. 32 un po’ cambiare atteggiamento. Con la Bononcini, che mi conosce da tanti anni, ne abbiamo parlato per tanto tempo.
  Faccio due domande velocissime. Quanto alla gratuità di Facebook, da personaggio politico dico che, se non pago l'ADV sui miei contenuti, voi mi spegnete la pagina. La gratuità, evidentemente, vale fino a un certo punto.
  Qui ho visto, e l'ho sentito anche nell'audizione precedente, che si distingue con un criterio un po’ facilone tra personaggi pubblici e personaggi non pubblici, come se i pubblici potessero essere brutalizzati in tutto e per tutto e i non pubblici no. Attenzione, non andiamo da nessuna parte.
  Questa è la mia prima domanda: non vendete per gratuito ciò che gratuito di fatto non è. Più che una domanda, è un consiglio.
  La seconda è una domanda: è vero o non è vero che avete integrato i dati di WhatsApp a Facebook? Di conseguenza, avendo integrato questi dati, mettete pubblicità sulle pagine Facebook orientata anche dai contenuti delle conversazioni su WhatsApp che vengono fatte dagli utenti. Ci tengo molto, perché qui entriamo davvero in un punto di non ritorno. Grazie.

  DAVIDE SERRITELLA. Grazie ai rappresentanti di Facebook.
  Mi riallaccio all'ultima parte di cui parlava la collega Bergamini. Relativamente a privacy e sicurezza, qualche giorno fa è uscita una notizia sulla fusione tra Facebook, Instagram, Messenger e WhatsApp: vorrei capire come pensate di garantire la sicurezza e la privacy per l'utente finale da qui al 2020, oltre all'inserimento della crittografia end-to-end, già prevista in WhatsApp, e se prevedete anche di migliorare tutti i sistemi di messaggistica utilizzati. Grazie.

  MAURO ROTELLI. Il rischio che abbiamo ogni volta che facciamo interventi da posizioni come questa è quello di viaggiare in un range che va dai tecno-ottimisti esaltati a chi, invece, ha alle audizioni lo stesso approccio che avevano molto probabilmente qualche decina, centinaia di anni fa i primi che vedevano un treno passare nelle campagne. Naturalmente, ci si chiedeva se quello stesso per distruggere o devastare l'equilibrio che c'era stato fino a qualche minuto prima.
  È così, penso, anche per questi attori che abbiamo oggi udito. C'è una modifica della quotidianità di ognuno di noi. Io credo che lo sforzo che state facendo, soprattutto per quanto riguarda la prossima tornata europea, sia decisamente apprezzabile.
  Mi chiedo quale possa essere la più sviluppata intelligenza artificiale possibile che potrà permettere quel tipo di controllo di cui ci avete parlato. Al di là delle dichiarazioni, nella realtà dei fatti mi sembra uno sforzo molto, molto importante, e anche una missione abbastanza difficile. Vi dico che ce l'aspettiamo.
  Se c'è un aspetto che può indispettire l'attività politica, è tutta quella serie di contenuti e informazioni non ben identificati, veramente UFO, che arrivano sulle nostre piattaforme e delle quali non conosciamo la genesi. Credo che da parte vostra sia un po’ questo lo sforzo, farci capire da dove partono, e soprattutto dove vogliono arrivare, queste pagine che non hanno il nome e il cognome del leader del partito, ma che sono state create magari in maniera parallela. Grazie.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Vorrei ringraziare la dottoressa Bononcini per la presentazione. Tra l'altro, devo anche sottolineare la differenza tra la vostra presentazione e quella di Google. Voi avete messo subito i piedi nel piatto delle questioni che ci interessano, rispetto alle quali credo che anche le domande dei colleghi abbiano portato un ulteriore approfondimento, in particolare la domanda del collega del Movimento 5 Stelle, che credo sia su un tema non banale.
  Mi piacerebbe capire meglio, anche se in parte è stato risposto, in che cosa consista questo codice di condotta che avete firmato con la Commissione europea e come si differenzi da questo codice di condotta il vostro ruolo anche rispetto a quello di altri over the top, dove pensate di dover focalizzare di più l'attenzione. Pag. 33
  Forse mi sbaglio. Al di là della vicenda che avuto il clamore della cronaca della sottrazione dei dati personali, per la quale mi pare sia stata fatta ammenda, penso che alla fine le fake news su Facebook siano abbastanza riconoscibili. Essendo Facebook una comunità che si sceglie, in qualche modo, riesce a essere più riconoscibile. È più complicata, invece, la fake news che entra nel frullatore del motore di ricerca, magari anche partendo dalle cose che poi vengono anche scritte sui social. Come si differenzia il codice di condotta tra i diversi soggetti? Grazie.

  MASSIMILIANO CAPITANIO. Ringrazio anch'io i rappresentanti di Facebook per l'interessante illustrazione.
  A parte condividere alcune delle domande che sono state poste, ovviamente condividiamo e sosteniamo tutti la libertà di espressione e di opinione in campo politico e in tutti i settori sui social network, però nel controllo dei dati forse bisognerebbe anche lavorare maggiormente al controllo degli accessi. Oltre al tema delle fake news, infatti, c'è la necessità di identificare, stante regole e leggi diverse a livello internazionale, gli autori dei commenti.
  Sappiamo che tante volte i commenti sono mascherati dietro troll. Finché vengono utilizzati per diffondere notizie più o meno veritiere... Quando, però, si sconfina, per quanto compete lo Stato italiano, nel reato di diffamazione, alcune volte plurimo e aggravato, che poi può avere tra le conseguenze anche dei suicidi, di cui parlavamo prima, o quando si arriva ad altri atti tendenti al bullismo, al cyberbullismo, comunque in generale relativamente al tema della diffamazione, che colpisce la sfera privata in maniera personale, non credo si debba arrivare a mettere nelle regole un accesso a Facebook tramite SPID, ma forse un maggior controllo su profili palesemente falsi e che per la magistratura italiana commettono reati sarebbe sicuramente utile.
  In tema di fake news, state adottando qualche politica particolare per il controllo e la rimozione? Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Zanella per un intervento rapido.

  FEDERICA ZANELLA. Giustamente, siamo dello stesso partito, ma possiamo avere anche la necessità di fare un paio di domande di approfondimento in più.
  Ovviamente, mi accomuno a molte domande già fatte, ma vorrei approfondire il discorso dell'integrazione tra WhatsApp, Instagram e Messenger sotto profilo del controllo dei propri dati, di cui ha messo in rilievo la necessità: ci sarà una tutela della privacy maggiore, ci sarà la possibilità di acconsentire o meno al fatto che i nostri dati vengano accomunati e integrati?
  Focalizzerei un attimo l'attenzione su quello di cui abbiamo discusso prima anche con Google, il diritto all'oblio.
  Specificamente, noi abbiamo lavorato tanto sul discorso dei minori. Voi avete lavorato molto, devo dire, rispetto a Google. Le deindicizzazioni e le rimozioni dei contenuti sono più pronte.
  Vorrei sapere se quello che avete studiato per quanto concerne il revenge porn può essere applicato anche a contenuti un po’ meno forti, ma che possono sempre essere utilizzati per il cyberbullismo, così sempre rischiando di indurre un giovane al suicidio perché non riesce a reggere la vergogna di determinate immagini e video. Questa è una domanda importante, che si può declinare anche su tutto quello che state facendo per quanto concerne il cyberbullismo.
  Faccio solamente un appunto per quanto concerne l'ipotetica par condicio, o comunque l'utilizzo di informazioni relative alle prossime elezioni. Voi dite, ovviamente, che non avete un controllo editoriale. È ovvio che siamo noi a dover normare, eventualmente, una nuova par condicio. Io sto lavorando per questo. Vi chiederò la disponibilità a partecipare a un tavolo in merito. Sarà fondamentale che tutti i player digitali ci diano il loro contributo. Grazie.

  PRESIDENTE. Do quindi la parola ai rappresentanti di Facebook Italy Srl per la replica.

  LAURA BONONCINI, direttrice relazioni istituzionali per il Sud Europa di Facebook Pag. 34Italy Srl. Chiederò al collega di integrare eventuali risposte che mi dovessi dimenticare.
  Per quanto riguarda la domanda relativa alla gratuità, quello che spiegavo prima è che Facebook è gratuita per le persone che la utilizzano per accedere alle informazioni. Non è gratuita per gli inserzionisti, quindi non è gratuita per chi vuole fare attività di promozione e vuole che il suo messaggio arrivi a un determinato pubblico molto specifico.
  D'altra parte, quella gratuita e aperta a tutti – lo menzionava prima l'onorevole Bergamini – è la possibilità di creare una pagina, e quindi di avere una presenza. Invece di aprire un sito, si ha una pagina su Facebook, e si ha una serie di fan ai quali trasmettere contenuti. Noi riteniamo che anche questo strumento sia molto efficace. È chiaro che rafforzandolo con la pubblicità, sarà più efficace ancora. È chiaro che il nostro modello di business si basa su quello, e quindi un guadagno ci deve essere basato sulla pubblicità.
  Dalla nostra esperienza e anche da tutti gli aggiornamenti tecnici che facciamo all'algoritmo, chiaramente cerchiamo di far sì che le persone possano trovare su Facebook i contenuti più rilevanti per loro anche a livello di contenuti organici. Sicuramente, quindi, continueremo a far sì che i contenuti gratuiti siano il più possibile resi disponibili agli utenti.
  Per quanto riguarda l'integrazione dei dati WhatsApp e Facebook per finalità di advertising, c'era stato un annuncio due anni fa sul fatto che avremmo cominciato a condividere alcune informazioni tra le due piattaforme, prevalentemente per ragioni di sicurezza. Dal momento in cui identifico un utente associato a un determinato numero di telefono su Facebook che fa attività illecite, posso sapere che quest'utente ha anche un account WhatsApp, e disattivarlo.
  Abbiamo detto e confermato, anche a seguito di una serie di richieste che ci sono state fatte, anzi di ordini che ci sono stati dati dai garanti europei, che avremmo interrotto lo scambio di informazioni. Non ci sono a oggi scambi di informazioni per finalità di advertising.
  Per quanto riguarda la notizia molto recente, uscita poco fa, relativa allo scambio potenziale di informazioni, e soprattutto di interoperabilità, tra le varie piattaforme della famiglia di Facebook (Facebook, WhatsApp e Instagram), abbiamo visto negli ultimi mesi, soprattutto nell'ultimo anno in realtà, un trend molto importante legato al fatto che la messaggistica istantanea è diventata uno strumento sempre più utilizzato dalle persone.
  Per avere un'idea di dati, tra WhatsApp e Messenger le persone mandano oltre 100 miliardi di messaggi ogni giorno nel mondo. Le persone vogliono sempre di più utilizzare questo tipo di strumenti. È un trend che sicuramente non possiamo ignorare, quindi in effetti stiamo lavorando per mettere la messaggistica istantanea al centro di tutti i nostri servizi e delle nostre piattaforme.
  D'altra parte, sappiamo anche che le persone apprezzano particolarmente il fatto che, per esempio, WhatsApp sia end-to-end encrypted, quindi che non ci sia la possibilità di accedere al contenuto del messaggio per nessuno, neppure per WhatsApp stessa, dal momento in cui il messaggio è stato consegnato al destinatario. Effettivamente, abbiamo annunciato che stavamo esplorando la possibilità di estendere l’encryption end-to-end anche ad altri nostri servizi, come Messenger.
  Continueremo sicuramente anche a lavorare per capire se si possono stabilire maggiori sinergie tra i vari strumenti della nostra family of apps, ma siamo ancora a un livello totalmente esplorativo per capire anche da un punto di vista tecnologico se questo sia fattibile. Sì, quindi, per l’encryption a livello di integrazione in un'interoperabilità: è una cosa sulla quale stiamo riflettendo.
  Quanto all'utilizzo dell'intelligenza artificiale anche per la rimozione di contenuti finti, pagine fake, e quindi direi anche sforzo sulle fake news, dicevo prima che al momento possiamo utilizzare l'intelligenza artificiale per svolgere attività che non richiedono di comprendere, di analizzare Pag. 35maggiore contesto, altrimenti la utilizzeremmo per segnalare contenuti potenzialmente negativi che poi dovranno essere rivisti da persone umane.
  Anche in ambito elettorale, utilizzeremo sicuramente l'intelligenza artificiale, come stiamo già facendo, per rimuovere i profili fake da Facebook. Negli ultimi due trimestri del 2018, abbiamo rimosso oltre 1,5 miliardi di profili fake dalla nostra piattaforma. Si tratta di quei profili che vengono rimossi ancora prima che vengano caricati. Possiamo individuarli e rimuoverli.
  Utilizziamo, come dicevo, l'intelligenza artificiale anche per identificare i contenuti potenzialmente di hate speech, o utilizziamo l'intelligenza artificiale anche grazie alla collaborazione con tutte le agenzie di fact-checking che abbiamo sviluppato in tutto il mondo per riconoscere i segnali che potenzialmente possono caratterizzare un contenuto falso, una pagina che diffonde contenuti falsi. Poi, però, in quel caso specifico dovremo rivedere i contenuti di questa pagina, capire se ce ne sono che siano illeciti o contrari alle nostre policy e che vanno rimossi, altrimenti stabilire attraverso la collaborazione con i nostri partner di fact-checking modalità alternative per far sì che questi contenuti vengano individuati come fake, e quindi rimossi.
  Con questo mi collego alla domanda dell'onorevole Bruno Bossio relativa alla lotta contro la disinformazione e le notizie false.
  A livello europeo, appunto, siamo parte di questo tavolo di lavoro promosso dalla Commissione assieme a Google, attraverso il quale si è convenuto di sviluppare una serie di iniziative sia tecnologiche sia di sensibilizzazione delle persone a che cosa possano essere contenuti potenzialmente falsi. Ognuno di noi andrà a sviluppare i rispettivi strumenti, che, esattamente come dice lei, sono differenti a seconda della piattaforma. Poi, ci sarà un momento di revisione di quello che avremo fatto e si valuterà se c'è bisogno di hard law, e quindi di adottare regole, o se l'autoregolamentazione funziona.
  Molto velocemente, spiegherò veramente in tre parole il nostro approccio alle notizie false e che cosa stiamo facendo, perché so che abbiamo pochissimo tempo, ma mi sembra molto importante ribadire innanzitutto che Facebook rimuove le notizie false esclusivamente se queste sono contrarie alle sue policy o contrarie alla legge.
  Per il resto, se Facebook identifica una notizia falsa segnalata da un utente o attraverso l'intelligenza artificiale, prende la notizia, la gira all'associazione di fact-checking con cui sta lavorando (in Italia, Pagella Politica), che rivedrà la notizia: se valuta che effettivamente sia potenzialmente falsa, l'agenzia produrrà un'analisi del perché lo è, analisi che comparirà sotto la notizia. Parlo di notizie, ma può essere anche un'immagine o un video. Così, ogni volta che io utente mi troverò davanti a questa notizia, vedrò che è stata rivista da un fact-checker, e che quindi potenzialmente dovrebbe essere falsa. Mi comparirà anche un'indicazione: se cerco di condividerla, sarò invitata a pensarci due volte, visto che la notizia è potenzialmente falsa.
  Inoltre, non rimuoviamo le notizie false, ma sicuramente ne riduciamo tantissimo la visibilità: c'è l'80 per cento in meno di possibilità che la notizia venga vista dagli utenti.
  Vengo al terzo punto fondamentale della nostra strategia contro la disinformazione, e mi collego a quello che diceva l'onorevole Bergamini: in generale, riteniamo che siano le persone a dover prendere le decisioni, se parliamo per esempio delle notizie false, sul fatto che una notizia sia falsa o meno. Il tema della disinformazione esiste dalla notte dei tempi ed è molto difficile identificare un'autorità o una persona che decida se un contenuto sia falso o meno. Alla fine, quello che è necessario è dare alle persone tutti gli strumenti che consentano a loro di decidere se una notizia sia falsa o meno. Da questo punto di vista, dare maggiore potere alle persone dando loro maggiori informazioni, è sicuramente una cosa molto importante.
  Onorevole Capitanio, quello del controllo degli accessi e della registrazione è un tema assolutamente importante, che però ci pone in difficoltà relativamente a quanto dicevo sulla concorrenza tra i vari diritti. Pag. 36Mettere nelle mani di un'azienda come la nostra informazioni che consentano di identificare un individuo con un suo codice fiscale o altre informazioni di questo tipo, potrebbe creare problematiche anche da un punto di vista della privacy.
  È un tema che abbiamo molto presente, anche se pensiamo per esempio a come impedire – su questo siamo già molto avanti, ma c'è ancora da fare – ai ragazzi al di sotto di una certa età di accedere alla nostra piattaforma. Sicuramente, però, è un tema molto complesso, che non abbiamo risolto ancora, proprio per via di questo difficile equilibrio tra due diritti.
  Per rispondere, infine, all'onorevole Zanella sull'integrazione tra i servizi, penso di aver risposto prima. Quanto al filtro, allo strumento che utilizziamo per il revenge porn, per il cyberbullismo è leggermente più difficile, perché spesso le attività di cyberbullismo sono più ampie, non sarà un unico video, ma saranno anche dei commenti.
  Quello che stiamo sperimentando con molto successo su Instagram, e questo è molto rilevante visto che i ragazzi utilizzano anche sempre di più questo strumento, è effettivamente uno strumento automatico che va innanzitutto a individuare automaticamente potenziali commenti di bullismo sotto le immagini su Instagram. Il ragazzo o la persona può attivare o disattivare questo strumento.
  Abbiamo anche annunciato a ottobre un ulteriore strumento, che addirittura va a guardare grazie all'intelligenza artificiale i contenuti delle foto e delle immagini e anche delle frasi di accompagnamento. In questo caso, si potranno identificare i contenuti che potrebbero essere di bullismo, che sono segnalati automaticamente ai nostri esperti di sicurezza, che lo rimuovono.
  Concludo sul tema della par condicio. È un tema sul quale naturalmente abbiamo lavorato a strettissimo contatto con Agcom nell'ambito del tavolo promosso da Agcom stessa e del quale facciamo parte molto attivamente già da un anno sul pluralismo. In occasione delle ultime elezioni, ci abbiamo lavorato molto. Continueremo sicuramente a lavorarci con loro. Siamo assolutamente disponibili e a disposizione per lavorare su queste tematiche, effettivamente molto complesse, perché ancora una volta si pone il problema della diversità tra una piattaforma come la nostra e altri strumenti. Grazie.

  PRESIDENTE Ringraziamo nuovamente gli auditi per la loro partecipazione e disponibilità.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.15.