XVIII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 1 di Martedì 17 settembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA NORMATIVA CHE REGOLA LA CESSAZIONE DELLA QUALIFICA DI RIFIUTO ( END OF WASTE)

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Imprese Servizi Ambientali (FISE-ASSOAMBIENTE) e di rappresentanti dell'Unione Imprese Economia Circolare (FISE-UNICIRCULAR).
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 3 
Perrotta Elisabetta , direttrice dell'Associazione Imprese Servizi Ambientali (FISE-ASSOAMBIENTE) ... 3 
Fluttero Andrea , presidente dell'Unione Imprese Economia circolare (FISE-UNICIRCULAR) ... 4 
Nepi Maria Letizia , Segretaria generale dell'Unione Imprese Economia circolare (FISE-UNICIRCULAR) ... 7 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 7 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 7 
Muroni Rossella (LeU)  ... 9 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 10 
Perrotta Elisabetta , direttrice dell'Associazione Imprese Servizi Ambientali (FISE-ASSOAMBIENTE) ... 10 
Fluttero Andrea , presidente dell'Unione Imprese Economia circolare (FISE-UNICIRCULAR) ... 11 
Nepi Maria Letizia , Segretaria generale dell'Unione Imprese Economia circolare (FISE-UNICIRCULAR) ... 11 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 11 

Audizioni di rappresentanti di UTILITALIA:
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 12 
Giacomelli Paolo , vicedirettore dell'Associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali (UTILITALIA) ... 12 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 14 
Braga Chiara (PD)  ... 14 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 14 
Giacomelli Paolo , vicedirettore dell'Associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali (UTILITALIA) ... 14 
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 15 

Allegato 1: Documentazione depositata dall'Associazione Imprese Servizi Ambientali (FISE-ASSOAMBIENTE) e dell'Unione Imprese Economia Circolare (FISE-UNICIRCULAR) ... 16 

Allegato 2: Documentazione depositata da Utilitalia ... 23

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO MANUEL BENVENUTO

  La seduta comincia alle 11.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Imprese Servizi Ambientali (FISE-ASSOAMBIENTE) e di rappresentanti dell'Unione Imprese Economia Circolare (FISE-UNICIRCULAR).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Unione Imprese Economia Circolare (FISE-UNICIRCULAR), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla normativa che regola la cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste).
  Si tratta della prima seduta dedicata a tale indagine, mirata ad assumere elementi conoscitivi sulla normativa concernente la cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste), tema che, come noto, si pone al centro dell'attuale dibattito in materia ambientale sia sul versante delle pronunce giurisdizionali, sia sul versante normativo, essendo da poco stata riformata la relativa disciplina, sia nazionale che europea.
  Ringrazio i rappresentanti dell'Associazione Imprese Servizi Ambientali (FISE-ASSOAMBIENTE) per la loro presenza e cedo la parola alla direttrice, Elisabetta Perrotta, per lo svolgimento della relazione.

  ELISABETTA PERROTTA, direttrice dell'Associazione Imprese Servizi Ambientali (FISE-ASSOAMBIENTE). Ringrazio innanzitutto il presidente e i deputati per l'invito a questo importante momento di confronto su un tema che oggi più che mai sta toccando sul vivo non solo le imprese italiane, ma anche l'economia nazionale nell'ottica della circular economy che stiamo cercando di sviluppare a livello europeo e su cui l'Italia fino ad oggi è stata uno dei principali attori.
  In relazione all'oggetto dell'indagine conoscitiva avviata da questa Commissione preme ricordare, infatti, che il tema dell’end of waste rappresenta il presupposto essenziale, sotto il profilo non solo logico e giuridico, ma anche operativo, dell'industria del riciclo.
  Diverse organizzazioni internazionali hanno evidenziato quanto il consumo delle materie prime oggi stia incidendo sui processi produttivi, che sono fondamentali non solo per l'economia, ma anche per il benessere dei cittadini e degli abitanti di questo pianeta, quindi dobbiamo rendere più sostenibile anche l'utilizzo di queste materie prime, supportandole con i processi di riciclo e soprattutto con la produzione di nuovi materiali attraverso la definizione degli end of waste.
  Per far questo, le imprese di riciclo devono essere autorizzate, e in questo caso la parte più critica si ritrova proprio nel blocco che, a seguito del decreto-legge «sblocca cantieri», si è registrato per tutte le imprese di riciclo che avevano autorizzazioni caso per caso, cioè autorizzazioni che erano state date non tanto in base a regolamenti europei e decreti ministeriali quanto sull'analisi di casi specifici, di esigenze Pag. 4 aziendali e di processi produttivi che riuscivano a coniugare questo processo.
  L'esigenza si fa oggi ancora più critica – lascerò poi la parola a UNICIRCULAR che più nel dettaglio opera in questo settore – perché la provincia di Brescia ha inviato alle aziende del settore una lettera di avvio procedimento di revisione delle AIA (autorizzazioni integrate ambientali), che prevede anche la revoca qualora queste autorizzazioni non siano in linea con i disposti normativi attuali.
  I disposti normativi attuali, che sono quelli riportati nel decreto «sblocca cantieri», prevedono un allineamento degli end of waste in base ai decreti 5 febbraio 1998 e simili, che purtroppo, per quanto siano stati utili per sviluppare tutto questo settore, ora sono molto spesso inadeguati e in alcuni casi inapplicabili, proprio perché la tecnologia è andata avanti, l'innovazione è andata avanti e anche la tutela ambientale è andata avanti rispetto a quei disposti.
  Per questo nel documento che abbiamo consegnato alla presidenza abbiamo allegato una proposta di emendamento, che è stata condivisa con più di 50 associazioni e organizzazioni prima del recente blocco estivo e che porta a sanare il contesto che si è creato a livello nazionale nel rispetto non solo delle disposizioni europee, che già riportano criteri e condizioni per uniformare a livello europeo l'applicazione delle autorizzazioni sull’end of waste, ma che riuscirebbero a salvaguardare anche tutti i processi di riciclo non solo in essere, ma anche in divenire, nuovi, futuri, proprio nel rispetto di un mercato europeo che sulla materia si deve sviluppare.
  Lascio la parola a UNICIRCULAR, che più nello specifico entrerà nel dettaglio del tema.

  ANDREA FLUTTERO, presidente dell'Unione Imprese Economia circolare (FISE-UNICIRCULAR). Grazie a lei, presidente, e a tutta la Commissione per aver voluto avviare questo ulteriore momento di confronto e di ascolto su un tema che mese dopo mese è diventato, nell'ultimo anno e mezzo, sempre più critico per le aziende che rappresentiamo.
  Come dice il nome, UNICIRCULAR è un'associazione che rappresenta le aziende del riciclo italiano che hanno creduto e stanno credendo alla prospettiva di una transizione di modello economico da lineare a circolare. La base dell'economia circolare è l’end of waste, cioè la possibilità di far cessare, a seguito di determinati processi, la classificazione di rifiuto attribuita a prodotti a fine vita che entrano in un'azienda, in modo tale che quando escono possano essere – o perché riparati e rivenduti come usato o perché trasformati in nuove materie prime – non più rifiuto. Se viene meno o se si inchioda questo passaggio, si mina alla base la possibilità di trasformare un modello economico da lineare a circolare.
  È pur vero che è indispensabile che ci sia un'ecoprogettazione, ma nel frattempo che i grandi produttori modificano e migliorano le modalità con le quali progettano gli oggetti e i vari prodotti affinché siano più riparabili e più riciclabili, tutto quel flusso oggi classificato come rifiuto in una parte significativa viene trasformato in risorsa, grazie al sistema normativo che negli ultimi venti anni si era consolidato in Italia innanzitutto con il decreto 5 febbraio 1998, quando con una visione lungimirante l'allora Ministro Ronchi definì un esteso elenco di prodotti, tipologie di lavorazione e materiali ottenuti dalle operazioni di riciclo che potevano beneficiare della cessazione della classificazione come rifiuto, con una modalità di autorizzazione che viene definita «in semplificata».
  La seconda tappa fondamentale è il Codice ambientale del 2006, il quale, recependo le allora nuove direttive europee, ha costruito la base normativa sulla quale le regioni caso per caso, quando non si era in presenza di un regolamento europeo o di un decreto nazionale, hanno potuto per lunghi anni, o loro o le province su delega, nell'ambito di un complesso e articolato procedimento di valutazione ambientale in una conferenza dei servizi, autorizzare caso per caso la cessazione di qualifica di rifiuto di una serie di prodotti.
  Grazie a queste due normative, negli ultimi vent'anni il sistema industriale del Pag. 5riciclo in Italia ha potuto affermarsi come uno tra i più performanti a livello europeo, quindi è quello che ha maggiormente creduto e sta ancora maggiormente credendo nella possibilità offerta dal pacchetto di direttive europee sull'economia circolare, approvato a luglio 2018.
  Il problema è nato con la sentenza del Consiglio di Stato, ben nota a tutti voi, del 28 febbraio 2018, che ha messo in discussione i pareri che per anni avevano supportato questa attività delle regioni, emanati dal Ministero dell'ambiente, e ha sentenziato che, così come era scritta la norma nel Codice ambientale, non era possibile che le regioni continuassero a svolgere quel ruolo di autorizzazione caso per caso.
  Occorreva quindi una modifica normativa, se si credeva nella bontà del lavoro fatto negli ultimi tredici anni, dal 2006 in avanti, con le autorizzazioni «in ordinaria». C'è stato un lungo dibattito che si è sviluppato nei mesi e si è arrivati a due fatti nuovi. Dopo la sentenza è stato pubblicato il pacchetto di direttive europee sull'economia circolare, che al suo interno comprende anche la possibilità delle autorizzazioni caso per caso in capo alle regioni, quando non ci siano specifici decreti nazionali.
  In più, all'interno di quella direttiva 851 del 2018 è anche previsto un ampio sistema di criteri dettagliati e di condizioni, che formano sostanzialmente un pacchetto di indirizzi, di linee guida che hanno valenza europea, quindi sono in grado di orientare e dare degli indirizzi molto chiari alle regioni, nel caso in cui le autorizzassimo nuovamente a lavorare come prima, affinché ci sia un'omogeneità a questo punto non solo più nazionale, cosa che auspichiamo come mondo delle imprese, perché è di tutta evidenza che se io produco un non più rifiuto a Roma, vorrei che potesse essere accettato come non più rifiuto anche a Bolzano, a Palermo, ma anche a Parigi o a Bruxelles.
  È quindi estremamente interessante questa novità che è stata proposta dalla direttiva europea, che ci dà un quadro di riferimento a cui agganciarci, che è quello che noi sosteniamo con la nostra proposta di emendamento, che abbiamo condiviso con tutte le associazioni di categoria, che è di recepire, con una sorta di «copia e incolla» se mi consentite il termine, l'articolo 6 della direttiva europea e integrarlo nella nostra normativa. In questo caso avremmo un'omogeneità a livello europeo di indirizzi, di linee guida, e non dovremmo affrontare un percorso lungo, articolato e irto di complessità come quello di far approvare a livello europeo nostre specifiche linee guida nazionali, che avrebbero oltretutto il limite di trovarci con linee guida diverse in altri Paesi.
  Se invece passasse a livello europeo che tutti i Paesi si attengono a questi criteri, a queste condizioni che sono dettagliatamente previste all'articolo 6, avremmo un quadro che per lo sviluppo dell'economia circolare sarebbe estremamente proficuo e positivo.
  In più, nel nostro emendamento abbiamo anche aggiunto la proposta di costituire un apposito Registro nazionale pubblico, accessibile a tutti, affinché tutte le autorizzazioni rilasciate dalle regioni caso per caso possano essere oggetto di analisi e di attenzione da parte di ogni singolo cittadino come del Ministero dell'ambiente o di chiunque abbia il dovere di controllare.
  Perché serve avere questa modalità, che tanti benefici ha portato negli ultimi 13 anni, ovvero l'autorizzazione «in ordinaria» rilasciata dalle regioni? È abbastanza semplice: perché i rifiuti sono sostanzialmente prodotti e materiali che giungono a fine vita, e sono tantissimi, sono in continua evoluzione, cambiano continuamente, e di conseguenza l’input, cioè quello che entra in un'azienda, in un processo produttivo per essere riciclato o riparato cambia con una certa frequenza, cambia il prodotto, cambiano i materiali che lo compongono, quindi questo è un primo elemento che rende molto difficile che a livello nazionale ci sia una quantità enorme e costantemente aggiornata di decreti end of waste per star dietro al cambiamento dell’input. Poi c'è l’output, quindi cambiando i prodotti che entrano in un ciclo di riciclo (scusate il bisticcio di termini) cambia anche quello che viene prodotto come Pag. 6materia prima seconda, perché è cambiato l’input. In più cambiano le tecnologie, che fortunatamente la ricerca, l'innovazione, gli investimenti portano a mettere in campo.
  Non solo quindi abbiamo un input diverso, ma anche l’output viene lavorato in modo diverso e si trova il modo di utilizzare sempre meglio i prodotti a fine vita per ridurre la quantità che va in discarica o in inceneritore, perché questo è l'obiettivo dell'economia circolare.
  Di conseguenza, anche per questo continuo cambiamento degli output, capite che è impossibile stare al passo, è come svuotare il mare con un bicchiere; quindi è necessario che, oltre al quantitativo di decreti end of waste nazionali che gradualmente il Ministero sarà in grado di produrre, oltre ai regolamenti europei esistenti, ci sia una flessibilità controllata, omogenea sul territorio nazionale ed europeo, che consenta di evitare che grandi quantità di prodotti e di materiali ancora riusabili o riciclabili tornino a finire in discarica.
  Noi consegniamo un elenco di casi, sono una decina, ma ce ne sono molti di più, perché l'anno trascorso, essendo senza norma nazionale, in attesa di correzione, quindi in attesa di quello che poi è stato il decreto «sblocca cantieri», c'era una situazione di limbo, per cui se chiedevi alle aziende come fossero messe dichiaravano di essere a posto, che la loro autorizzazione sarebbe scaduta tra due anni, tendendo a non manifestare preoccupazione per paura che la provincia o la regione che le aveva autorizzate bloccasse loro l'impianto.
  Il decreto «sblocca cantieri» ha avuto due risultati positivi, anche se purtroppo ininfluenti. Il primo è stato quello di far scoppiare il problema, perché tutti quelli che stavano sotto il pelo dell'acqua sperando che le cose andassero avanti così hanno dovuto dire «qui la situazione precipita e mi bloccano l'impianto, quindi quello che riuscivo a trasformare in materia prima seconda da domani va in discarica o in inceneritore».
  La provincia di Brescia, come diceva bene prima la nostra direttrice, ha fatto da apripista, ma tutte le altre province e le altre regioni in autotutela saranno portate a muoversi nella stessa direzione di dire all'imprenditore: «il tuo impianto è autorizzato fino al 2022, ma, visto che è cambiata la normativa nazionale, adesso ricontrolliamo tutto e soprattutto vediamo se sei conforme al decreto 5 febbraio 1998», e ovvio che non sei conforme, altrimenti non facevi l'ordinaria!
  Tutto il lavoro che si è sviluppato dal 2006 ad oggi è facilmente non conforme al 5 febbraio 1998, altrimenti avrebbero già usato la norma del 5 febbraio 1998, quindi ha fatto emergere il problema che era un po’ sottaciuto.
  In secondo luogo, il decreto «sblocca cantieri» ha stabilito per legge nazionale una cosa importante per noi, ossia che vale il caso per caso. Da questo punto di vista, anche se sono sempre stato critico, ringrazio il Parlamento perché riconoscere in norma nazionale che vale il caso per caso è un primo passo avanti. Manca il secondo: chi vuole davvero che si sviluppi l'economia circolare nel nostro Paese, che è una grande prospettiva per l'ambiente, per l'economia, per l'occupazione, deve far sì che – in modo controllato, seguendo i criteri specifici e dettagliati previsti a livello europeo – sia possibile nuovamente aggiungere al fatto che esiste il caso per caso anche che il caso per caso lo fai non solo applicando quanto previsto dal DM 5 febbraio 1998, ma anche applicando, come parametro di riferimento, quanto previsto nella nuovissima e aggiornatissima direttiva europea.
  Se si aggiunge questo pezzo, il sistema riparte, se non si aggiunge (non sto a leggervi l'elenco dei settori che sono sull'orlo della crisi) si chiudono gli impianti e si può dire che ogni imprenditore può sbagliare, quindi ci ha provato e gli è andata male, ma il problema è che impianto chiuso vuol dire migliaia di tonnellate di prodotti e di materiali che, anziché essere riparati e rivenduti o trasformati in materie prime seconde e tornare sul mercato, vanno direttamente in discarica o in inceneritore, e questo a nostro modo di vedere è un danno non solo per le aziende che rappresentiamo, ma anche per le prospettive di sviluppo di un Paese che a parole dice di Pag. 7credere in un green new deal e nello sviluppo dell'economia circolare, ma nei fatti fatica a darci gli strumenti per far sviluppare appieno le capacità imprenditoriali che ci sono in questo Paese in questo settore. Grazie.

  MARIA LETIZIA NEPI, Segretaria generale dell'Unione Imprese Economia circolare (FISE-UNICIRCULAR). Riteniamo che possa essere di interesse per questa Commissione anche avere delle informazioni sul lavoro che parallelamente l'associazione sta facendo con il Ministero e con l'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) su alcuni decreti end of waste che riscontrano criticità o comunque tematiche che devono essere oggetto di attenzione.
  Mi riferisco in particolare al decreto end of waste, tuttora in corso di elaborazione, che reca i criteri per i rifiuti inerti da costruzione e demolizione. Parliamo di questo flusso in particolare perché questo è uno dei problemi principali per quanto riguarda la gestione di più di 50 milioni di tonnellate di rifiuti generati, tracciati, quando ci sono poi moltissime quantità che, non essendo tracciate, non è neanche possibile stimare (questi sono dati ISPRA, quindi sono dati ufficiali), in un settore che ha perso moltissimi posti di lavoro come quello dell'industria edilizia.
  Come associazione stiamo prestando molta attenzione a questi criteri. Come sapete, l’end of waste tenta di definire dei criteri sia di tipo ambientale che di tipo tecnico-industriale perché, accanto alla giusta preoccupazione per l'impatto ambientale non negativo che deve essere generato da queste materie prime, c'è il problema di individuare i requisiti specifici adatti per gli usi consentiti, che noi stiamo cercando di individuare.
  Ci sono stati due anni di lavoro del Ministero insieme all'ISPRA, anche con la consultazione delle categorie che per agevolare questo processo si sono riunite intorno a un tavolo interassociativo, dove è presente tutta la filiera, non solo chi ricicla, ma anche chi si trova a gestire questi rifiuti come CNA, Confartigianato e gli stessi utilizzatori come Federbeton, i produttori di calcestruzzo, quindi sono loro le prime industrie interessate all’end of waste.
  Quello che noi vorremmo far capire è che il problema dell’end of waste è soprattutto un problema industriale di chi recepisce la materia prima, perché risparmia sui costi di queste materie, non deve andare a cercare materiali naturali che avrebbero un impatto ben diverso sull'ambiente e perché c'è un problema di utilizzo rispetto al processo produttivo dove questi materiali vengono individuati.
  Il problema sta nel fatto che questi impatti ambientali devono essere valutati non in assoluto, come spesso si tenta di fare, ma in relazione al processo industriale o all'uso a cui sono destinati. Un conto è ad esempio utilizzarli per degli usi legati, cioè in un'altra matrice, altro conto utilizzarli a contatto con il suolo, dove ci potrebbero essere problemi di limiti anche in relazione alla normativa vigente per le bonifiche.
  Sulla scorta delle esperienze internazionali e quindi delle norme tecniche comunemente applicate negli altri Paesi, occorre essere molto attenti a calibrare questi parametri sulla base dello scopo e dell'utilizzo specifico. Questa è la richiesta che noi abbiamo fatto come filiera al Ministro dell'ambiente, al quale è stata inviata una lettera a giugno luglio scorso da tutte le associazioni della filiera. Da parte nostra c'è la massima collaborazione e disponibilità alla costruzione di queste norme comuni, cioè non limitiamo al discorso del caso per caso, ma vogliamo per il problema del mercato e per limitare gli impatti sull'ambiente avere delle regole comuni, applicabili dappertutto, però devono essere delle regole che conciliano gli aspetti ambientali con gli aspetti economici e industriali, proprio come dovrebbe essere l'economia circolare.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALBERTO ZOLEZZI. Io intanto ringrazio gli auditi per essere venuti qui a raccontarci alcune cose molto importanti. Pag. 8Stiamo parlando di un tema non puntuale, ma di un tema che comprende il riciclo (si parla dei più di 835 codici CER – codice europeo del rifiuto – dei rifiuti esistenti), non è un argomento semplice, c'è un percorso che finalmente è iniziato (lo vedo da parlamentare).
  Posso dire di aver spinto anche personalmente sul fatto di andare avanti sui famosi decreti end of waste, per cercare di definire flussi di rifiuti, CER e in che modo possano essere riciclati (ricordo il famoso decreto per i prodotti assorbenti per la persona prima di questa legislatura non ci si era riusciti, adesso ci si è riusciti e sono quasi 1 milione, secondo qualcuno 1,1 milioni di tonnellate di rifiuti).
  Gli altri flussi di rifiuti che il Ministro dell'ambiente Costa ha relazionato pochi giorni fa in Commissione di inchiesta sugli illeciti nel ciclo dei rifiuti comprendono in totale 70 milioni di tonnellate di rifiuti e si arriverebbe pienamente, in un tempo che adesso non so quantificare, ma sono percorsi paralleli, quindi in un anno e mezzo si potrebbe arrivare ad avere i decreti end of waste per 70 milioni di tonnellate di rifiuti, che comprendono anche costruzione e demolizione e i principali flussi.
  Stiamo parlando di un lavoro per cui il Ministro dell'ambiente non può fare quello che vuole, anche perché a controllare c'è la Commissione europea, ci sono le direttive che uno può leggere e interpretare in una certa maniera, e nell'incontro di luglio con una serie di associazioni di imprenditori è stato detto chiaramente che c'è stato un opportuno coinvolgimento delle associazioni anche in Commissione europea per scrivere la direttiva 851 in una certa maniera. Tutte cose opportune, però c'è un'interpretazione, quindi dire che la provincia possa definire cosa è riciclabile e come è riciclabile è opinabile.
  C'è una serie di problemi nel testo delle federazioni che si occupano di costruzione e demolizione e le varie associazioni firmatarie dalla CNA a Lega Coop, che dice chiaramente che persino il Ministero ha fatto un po’ fatica a lavorare su costruzione e demolizione, cioè non è una cosa così immediata.
  Penso che l'ufficio ambientale di una provincia non riesca a capire se siano rifiuti riciclabili e come riciclarli. Questo dobbiamo dircelo. Non voglio assolutamente essere tranchant, spero ci sarà la possibilità di confrontarsi anche a livello parlamentare, però si sta dicendo di dare alle province il compito di dire quale rifiuto sia riciclabile, mentre un altro testo delle stesse categorie dice che persino il Ministero fa fatica (anche se a me non risulta perché so che sulle costruzioni e demolizioni c'è una volontà di cambiare alcuni parametri come c'è stato per i prodotti assorbenti per la persona e si è riusciti ad avere una cosa che fa stare in piedi gli impianti), quindi eventualmente chiederemo al Ministero come si stia ponendo nello specifico tecnico.
  La Commissione europea prima scriveva i decreti, poi lo ha demandato ai Ministeri dell'ambiente e quando l'Italia ha provato con la circolare del 2016 a demandare a regioni e a province queste autorizzazioni il Consiglio di Stato lo ha bloccato, perché a livello ambientale si tratta di fare qualcosa che stia in piedi anche a livello imprenditoriale, perché se fai qualcosa che crea problemi ambientali o danni sanitari o non ha mercato, alla fine non hai fatto un favore a nessuno sbloccando le autorizzazioni precedenti o nuove autorizzazioni.
  Nel testo dell'emendamento non si parla neanche di linee guida, si dice, per semplificare, solo di mettere tutto in capo alle province. Si può ragionare su tutto, però si pensava, in attesa di avere il decreto perfezionato, di fare almeno delle linee guida per definire questo rifiuto che non ha ancora uno studio tecnico fatto da un ente centrale e anche nel confronto con le associazioni e le imprese arrivare a un testo tecnico. Capite bene che può esserci un confronto che poi valuterà bene quello che c'è scritto, perché non è immediato.
  Il Consiglio di Stato ha detto che non va bene, la nuova direttiva 851 che novella la 2008 del 1998 parla della possibilità del caso per caso, ma non dice esplicitamente che sia affidato alle province e alle regioni, anche se dice che non deve essere notificato, però è chiaro, ti dico di non notificarmi Pag. 9 perché mi fido essendoci di mezzo il Ministero, se poi la provincia di Brescia fa una cosa, la provincia di Mantova ne fa un'altra, la provincia di Rieti ne fa un'altra, si creano delle distorsioni di mercato, dei flussi di rifiuti anomali, di turismo dei rifiuti, e non è che le imprese siano così contente di doversi spostare di centinaia di chilometri per una serie di rifiuti.
  È un mondo importantissimo, però chiudo l'intervento ricordando quello che ho detto all'inizio: il lavoro del Ministero in un anno e mezzo porterà a circa 70 milioni di tonnellate di rifiuti a riciclo; io non penso che nessuna delle autorizzazioni in essere potrà essere revocata, tantomeno quelle che non stanno dando alcun problema, però se qualche categoria di rifiuti più complessi, quelli post combustione, non viene messa in un unico calderone, in un'unica linea guida, su questi chiedo al Ministero un'attenzione particolare e di anticipare i decreti end of waste dove so che nel sottofondo stradale o da qualche altra parte...
  Da un lato c'è la comunicazione delle aziende che dicono «mi bloccate le 150 autorizzazioni della mia provincia», dall'altra c'è la comunicazione degli incidenti, degli sversamenti in falda, delle strade che si rompono perché ci ho messo dei rifiuti inadeguati come sottofondo stradale o magari qualche scoria che non è stata trattata adeguatamente che mi dà un sacco di problemi, qualcuno che ha provato a fare l’end of waste dell'amianto e non c'è riuscito.
  Bisogna capire che ci sono cose che devono integrarsi e colloquiare, con dei tavoli che non devono durare molto a lungo ma che almeno siano ragionati, di modo che ci si possa confrontare, arrivare a un testo che possa affrontare l'immediato e andare nel futuro. Nel testo dell'emendamento si dice di creare un registro, ed io sono ben contento, perché ad oggi abbiamo almeno 1.000 autorizzazioni al riciclo sul territorio nazionale di cui nessuno, almeno a livello pubblico, ha piena contezza, cioè uno ricicla una cosa, uno un'altra, uno in un modo e uno in un altro.
  È successo così in particolare dopo la circolare del 2016, perché il ricorso è stato solo su quello di Treviso dei pannolini, però c'è un mondo che è partito di cui non abbiamo contezza, per cui la parte sicuramente di valore è quella di istituire questo registro delle autorizzazioni, per avere un'idea di quello che viene riciclato e di come viene riciclato. Bisogna andare verso un miglioramento e questo lo è, per cui io non mi sento responsabile delle autorizzazioni date a volte in maniera non così opportuna, bisogna affrontare anche il fatto che è successo qualcosa senza essere troppo penalizzanti e senza fare cose su cui può intervenire la Commissione europea, il Consiglio di Stato o la Corte Costituzionale, visto che l'articolo 117 della Costituzione dice delle cose ben precise, in modo da fare un testo che stia in piedi e dia sicurezza, magari valutando di dare una fase temporanea per le autorizzazioni già rilasciate.

  ROSSELLA MURONI. Sì, innanzitutto grazie per essere qui con noi e per averci portato un contributo che in realtà portate da tempo, perché queste non sono novità. Quello che non abbiamo è il tempo, lo voglio dire molto sinceramente, questa vicenda dei decreti end of waste sta diventando paradossale, racconta forse più di mille vicende l'incapacità di un Paese di cogliere delle occasioni. Personalmente ritengo che sia davvero non più rinviabile non solo perché – mi scuso per il ritardo, immagino che sia stato detto – in provincia di Brescia sono state 120 le lettere spedite per rivedere le autorizzazioni al riciclo, di cui 71 di inerti tra cui le scorie dell'inceneritore che riceve rifiuti da mezza Italia, quindi stiamo bloccando delle situazioni per non decidere e per decidere su normative che hanno vent'anni d'età, registrando anche un'inconsapevolezza rispetto a quanto nel frattempo si è evoluto nel nostro Paese.
  Peraltro mi permetto di dire che questa vicenda sugli inerti e sul riciclo degli inerti in particolare sarebbe stata risolutiva, se fosse stata avviata negli anni passati, anche su fronti così complicati come quelli del terremoto, cioè noi non sappiamo cosa farne delle macerie che diventano rifiuti speciali, che salgono sui camion con tutte le infiltrazioni del caso che sappiamo bene, perché non abbiamo una normativa adeguata Pag. 10 che aiuti quelle macerie da terremoto a diventare nuova risorsa.
  Facciamo le regole, stabiliamo le regole, rivediamo i parametri, ma rapidamente, e questa indagine conoscitiva deve assolutamente servire a questo, a decidere e a dare a questo Paese una normativa adeguata, che dia una risposta non solo alle imprese e alle aziende che in questo momento e nel frattempo, nonostante la politica, hanno fatto investimenti e scelte concrete, ma ad una serie di problemi, perché va bene il green new deal, ma noi come facciamo la decarbonizzazione da qui al 2050 se non con il recupero della materia? Come facciamo a impedire che in questo Paese scoppi un incendio un giorno sì e un giorno no nei depositi di rifiuti? Capite che i rifiuti che viaggiano e i rifiuti che vengono lasciati a marcire sono esattamente uno dei problemi più grandi sul fronte della legalità?
  Secondo me la politica deve assumersi la responsabilità di decidere, c'è una normativa europea di riferimento, ci sono delle esperienze europee di riferimento. Non so, presidente, se in questa nostra indagine conoscitiva vogliamo prevedere anche un collegamento con altre esperienze europee. Lo dico perché, mentre questo Paese perdeva tempo a stabilire se fosse sano utilizzare il polverino degli pneumatici dentro l'asfalto, nel frattempo in Europa altri Paesi con il polverino ci costruivano le autostrade, quindi non vorrei che ci attardassimo ancora una volta su nodi che da un punto di vista scientifico e normativo possono essere affrontati in maniera razionale.
  Questa indagine conoscitiva deve servire a decidere, va fatta rapidamente, va fatta con tutti i soggetti coinvolti, nell'emendamento francamente non trovo il suggerimento sulla provincia (forse lo leggo male), immagino non si tratti del documento depositato, però secondo me l'emendamento scritto arriva nel momento in cui la politica non capisce, e penso che l'indagine conoscitiva debba servire a questo, quindi grazie agli auditi di oggi e a quelli che verranno. Considero fondamentale procedere rapidamente su questa indagine perché ci sono imprese che stanno chiudendo.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  ELISABETTA PERROTTA, direttrice dell'Associazione Imprese Servizi Ambientali (FISE-ASSOAMBIENTE). Lascerò poi la parola a UNICIRCULAR, ma rispondevo alla questione dell'emendamento. L'allegato che trovate in fondo è l'emendamento che risale a luglio, la questione di Brescia è di settembre, di qualche settimana fa, quindi non abbiamo aggiornato l'emendamento perché è stata una posizione concordata con più di 50 associazioni e organizzazioni.
  Nel condividere pienamente (ringrazio per questo obiettivo se la Commissione accoglierà di essere decisiva su questo tema) vorrei tornare all'intervento precedente per ribadire che come associazione il nostro obiettivo non è buttare i rifiuti sul mercato indipendentemente dagli impatti ambientali, è stata sempre una delle nostre attenzioni, tanto che come associazioni stiamo attenti a questo profilo di ricaduta nella gestione dei rifiuti, ma la nuova direttiva ha fatto un salto in questa direzione proprio perché darsi l'obiettivo di una circular economy ha imposto anche alla Commissione europea un'attenzione ai materiali che si portavano sul mercato, anche dal punto di vista della tutela ambientale.
  Rispetto alla direttiva precedente, la 851 ha infatti introdotto nella direttiva rifiuti, oltre alle condizioni, dei criteri che, come scrive la direttiva, «garantiscono un elevato livello di protezione dell'ambiente e della salute umana e agevolano l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali». Esiste poi questo elenco, dalla lettera a) alla e), che evidenzia i passaggi necessari affinché, qualora la decisione sia presa a livello nazionale o a livello regionale, qualsiasi end of waste venga generato rispetti le condizioni ma anche questi criteri, perché la tutela dell'ambiente non deve venir meno o cambiare da provincia a provincia o da Stato a Stato.
  La visione che dobbiamo avere nella gestione di questi materiali anche nell'immissione sul mercato non deve essere una questione nazionale, deve essere una questione almeno europea, altrimenti vuol dire far partire le nostre aziende per rimanere Pag. 11in ambito nazionale e non in un mercato europeo, come invece è necessario che sia, perché siamo in Europa e dovremo muoverci in questi confini.

  ANDREA FLUTTERO, presidente dell'Unione Imprese Economia circolare (FISE-UNICIRCULAR). Io ringrazio ancora in conclusione la Commissione per questa indagine conoscitiva, che ha evidentemente lo scopo di conoscere, e il nostro obiettivo è quello di far conoscere.
  Quello che dobbiamo far conoscere a voi che avete la responsabilità dello sviluppo del nostro Paese è che, se non si trova rapidamente un modo per dare una risposta alle centinaia di autorizzazioni che stanno lavorando nel nostro Paese, e, attraverso il caso per caso, alle grandi innovazioni che quotidianamente si affacciano sul mercato del riciclo (le più recenti che ho visto sono quelle del riciclo del pulper del Tetra Pak o del vetroresina), se non si trova uno strumento che dia flessibilità attraverso le autorizzazioni del caso per caso per consentire di lavorare, dovete conoscere l'esito. L'esito è che aumenterà la quantità di materiale che va in discarica e in inceneritori, che mi sembra francamente il contrario di quanto perseguito non da qualche forza politica, ma dai cittadini italiani, che ormai hanno acquisito una forte consapevolezza e maturità sotto il profilo del rispetto dell'ambiente e delle possibilità di sviluppo.
  Chiudo facendo un esempio concreto che credo anche voi abbiate letto ieri su Huffington post. Abbiamo un elenco di dieci casi, ma uno che è fuori da questi dieci mi ha colpito, perché è molto semplice: un'impresa che raccoglie rifiuti di bancali e cassette della frutta rotti, li ripara e li rivende come usato, e quello che non riesce a riparare lo trita e ci recupera energia, quindi entrano come rifiuti ed escono come non più rifiuti.
  Senza un'autorizzazione caso per caso, è di tutta evidenza che non esiste un decreto end of waste per questo tipo di materiale banalmente tornerà ad andare in discarica o in inceneritore. Mi sembra sbagliato, e potrei citare molti altri casi che stanno emergendo. È nostro dovere farvi conoscere quello che succederà se non si trova una soluzione in tempi rapidi alle esigenze di flessibilità del sistema.
  Chiedo scusa per la ripetizione, ma prima l'onorevole Zolezzi era ancora fuori dall'aula. La nostra opinione è che queste condizioni e questi criteri dettagliati, così precisi, che sono stati stabiliti a livello europeo potrebbero essere recepiti nella legislazione nazionale e sostanzialmente essere le nostre linee guida, con il vantaggio che non solo sono omogenee a livello nazionale se diventano leggi dello Stato, ma sono omogenee a livello europeo.

  MARIA LETIZIA NEPI, Segretaria generale dell'Unione Imprese Economia circolare (FISE-UNICIRCULAR). Una brevissima battuta per quanto riguarda la problematica prima citata sul fatto che il Ministero avrebbe delle difficoltà a fare questi decreti e quindi, se il Ministero ha queste difficoltà, ancor più potrebbero averle province o regioni.
  Intanto nei decreti end of waste è ovvio che stiamo parlando di norme generali, in cui devono essere previsti tutti i possibili casi di rifiuti in ingresso, tutti i possibili casi di processi di riciclo e tutti gli usi e i materiali che ne potrebbero derivare, quindi questa difficoltà riguarda la complessità della materia, mentre le autorizzazioni spesso si riferiscono ad alcuni rifiuti, uno specifico processo e possibili usi in relazione a quel tipo di processo e a quei materiali.
  Non commettiamo poi l'errore di sottovalutare la professionalità e la preparazione del personale delle agenzie locali, delle province e delle regioni, perché ci sono regioni come la regione Lombardia che hanno un personale che, a parte la dotazione di risorse, anche come competenza fa invidia al personale delle amministrazioni centrali.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il contributo e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 1), e dichiaro conclusa l'audizione.

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Audizione di rappresentanti
di UTILITALIA.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali (UTILITALIA) nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla normativa che regola la cessazione della qualifica di rifiuto («end of waste»).
  Ringrazio i rappresentanti dell'Associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali (UTILITALIA) per la loro presenza e cedo la parola al vicedirettore, Paolo Giacomelli, per lo svolgimento della relazione.

  PAOLO GIACOMELLI, vicedirettore dell'Associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali (UTILITALIA). Grazie, presidente, e grazie ai membri della Commissione per questa audizione e per aver avviato un'indagine sul tema dell’end of waste che sapete quanto in questo momento stia diventando cruciale.
  Tengo anche a ringraziare i membri della Commissione perché, seguendo le attività parlamentari, sappiamo quanto in questo anno abbiano seguito con attenzione questo tema, l'attività legislativa non è riuscita a chiudere un provvedimento che evitasse l'esplosione della situazione di crisi, ma molti membri di questa Commissione si sono impegnati nel corso di tutto il 2019 per cercare di trovare una soluzione.
  Le slide che presentiamo ripropongono cose probabilmente note ai presenti, però sul tema dei servizi ambientali permettetemi una slide sul tema di UTILITALIA, perché tengo che tutti i membri della Commissione sappiano che UTILITALIA è l'associazione di tutte le imprese, nata dalla fusione tra Federutility e Federambiente, e sul servizio idrico e sul servizio ambientale rappresentiamo la copertura del servizio per gran parte della popolazione, e nella parte dei servizi ambientali copriamo il 55 per cento della popolazione in termini di gestione da un punto di vista della raccolta, molto di più perché appartengono al sistema delle imprese di UTILITALIA tutte le grandi imprese che gestiscono gli impianti di trattamento sia per il recupero, sia per lo smaltimento.
  UTILITALIA ha rappresentato, in un settore per le imprese pubbliche non semplice, un presidio sul tema della legalità. È importante per chi si occupa del ciclo integrato dei rifiuti tenere presente che le imprese pubbliche, con tutte le debolezze che conosciamo, hanno rappresentato un importante fattore di contrasto al tema dell'illegalità anche nelle aree del Mezzogiorno. Rivendichiamo la presenza dell'impresa di Napoli, di Palermo, di Bari come dei luoghi importanti, oltre che sull'efficienza della raccolta, anche sul tema del contrasto a pratiche illegali.
  L'evoluzione della vicenda sul tema dell’end of waste è nota, la cessazione dello status di rifiuto per i materiali in uscita riguarda la norma del 5 febbraio 1998, a febbraio del 2018 c'è stata la sentenza del Consiglio di Stato, e alcune letture della sentenza hanno portato ad escludere le competenze delle regioni. Non siamo convintissimi che quella sentenza determinasse immediatamente l'impossibilità delle regioni di intervenire sul tema del caso per caso. Di fatto quella sentenza, come a voi noto, ha bloccato le attività e il tema ha riguardato alcune attività importanti anche sul tema del ciclo integrato dei rifiuti.
  Nel primo allegato riportiamo un elenco di attività di prodotti che vengono ad essere in difficoltà nella loro gestione dal punto di vista del trattamento dei rifiuti, ne sottolineo alcuni che riguardano in particolare le aziende della raccolta: uno è l'uso del materiale proveniente dallo spazzamento stradale. In alcune realtà sono stati avviati impianti di riciclo delle attività delle terre di spazzamento con l'utilizzo di ghiaia e sabbia, che sono diventati prodotti riutilizzabili. Questo è per noi gestori dei servizi di raccolta un elemento importante.
  Un altro riguarda il tema dell'utilizzo dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata del multimateriale. Qui il tema è delicatissimo, perché il multimateriale leggero riguarda moltissime raccolte e organizzazioni Pag. 13 di raccolta differenziata e, siccome come voi sapete la gestione del multimateriale non sta nella norma del 5 febbraio 1998, bloccare impianti che fanno il recupero di raccolte differenziate del multimateriale significa mettere in crisi immediatamente il sistema delle raccolte nelle città e nei comuni che hanno fatto questa scelta. Questo è un rischio molto forte, perché, una volta che le aziende che raccolgono non sono in grado di inviare i materiali ai centri di riciclo, si blocca anche la raccolta.
  Un altro tema importante che ha riguardato il blocco determinato dalla sentenza del Consiglio di Stato riguarda tutte le attività della gestione delle scorie da incenerimento. Sentenza quindi del Consiglio di Stato, blocco delle attività, intervento normativo del decreto «sblocca cantieri» che, come sapete, non è stata una norma risolutiva, anzi ha determinato una situazione regressiva.
  Gli impianti di riciclo possono essere autorizzati solo in base ai criteri che fanno riferimento alle norme del 5 febbraio 1998, che sono quelli di vent'anni fa, e le attività di recupero rimangono legate alle caratteristiche di quell'attività. Di fatto (l'avranno detto e lo ripeteranno in queste audizioni) si blocca uno degli elementi portanti sul tema dell'economia circolare.
  La situazione attuale ha determinato in questa ultima settimana il tema avviato dalla provincia di Brescia. La provincia di Brescia sulla base di questa norma ha inviato oltre 120 lettere agli impianti che hanno autorizzazioni legate al decreto 5 febbraio 1998 con materiali che non stanno nelle norme tecniche del decreto, avviando il procedimento di revoca dell'autorizzazione.
  Questo determinerebbe una situazione drammatica se fosse esteso a tutti gli altri impianti di riciclo, per adesso è un intervento circoscritto, sul quale le osservazioni che noi vogliamo fare sono di due tipi, innanzitutto di legittimità dell'interesse pubblico, sapendo che nel giro di pochi mesi questa norma sarà sicuramente modificata con il recepimento della direttiva europea.
  Anche il recente emendamento approvato al Senato nel disegno di legge di delegazione europea per il recepimento della normativa comunitaria non è risolutivo. Segnalando quindi dal punto di vista della criticità anche per i gestori della raccolta questo tema oltre che per i gestori integrati che hanno impianti di trattamento e recupero, UTILITALIA ripropone, presidente, alla Commissione l'emendamento che ha sottoscritto il 25 luglio con altre 50 associazioni che, come sapete, di fatto è un recepimento della nuova direttiva europea.
  Per essere sempre molto sintetico, segnalo due questioni a nostro avviso importanti. Una riguarda il confronto di quello che accade in Italia con il resto d'Europa. L'Italia è un Paese molto avanzato sul tema del riciclo, sappiamo la storia di alcuni distretti produttivi del Paese che nascono sul recupero di materia, in Europa abbiamo normative che di fatto consentono quello che l'Italia ha anticipato sul tema del caso per caso.
  L'altra, grande per chi come noi ha grande attenzione al tema della legalità, è spostare questo problema dal tema delle autorizzazioni al tema dei controlli. Riteniamo che quello sia l'aspetto rilevante sul tema dell’end of waste, non ci si deve unicamente concentrare sulla questione autorizzativa, ma già nella questione autorizzativa porre le basi perché il sistema delle agenzie di protezione ambientale possa svolgere in maniera efficace i controlli in termini di tutela ambientale e della salute.
  L'ultima osservazione è fare grande attenzione all'ipotesi, che in un incontro con il Ministro ci è stata sottoposta, di linee guida ministeriali sul tema dell’end of waste. Sapete che in tanti anni solo tre decreti ministeriali sono arrivati al termine del processo di autorizzazione, noi crediamo che le linee guida siano già ricomprese nelle condizioni e nei criteri dettagliati che stanno nella direttiva europea, poi i soggetti deputati all'autorizzazione caso per caso devono utilizzare quelle condizioni e quei Pag. 14criteri per verificare le condizioni di autorizzazione.
  Questi, presidente, sono in estrema sintesi, sulla base dell'esperienza dei gestori della raccolta che vanno da Torino, Milano, Venezia via via scendendo, gli elementi più importanti. In particolare, tenete presente che noi abbiamo già avuto per alcune filiere, come la Commissione ha potuto già aver apprendere in altre audizioni, grandi difficoltà nella gestione dei materiali post raccolta differenziata, c'è il caso del vetro in Sardegna e il caso delle plastiche in tutta Italia.
  C'è quindi bisogno di un provvedimento sull’end of waste, in particolare perché il sistema delle raccolte differenziate è un sistema molto efficiente, ma che ha bisogno di assicurare una continuità sui flussi dei materiali che garantisca l'efficienza da un punto di vista della logistica.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CHIARA BRAGA. Grazie, presidente, un brevissimo intervento. Ringrazio i rappresentanti di UTILITALIA per averci chiarito in maniera così precisa e per punti efficaci l'entità della questione di cui stiamo discutendo e anche l'urgenza con cui si auspica una soluzione a questa condizione. Credo che di tutte le questioni sia stato evidenziato un punto fondamentale: nella gestione del ciclo dei rifiuti e anche nello sviluppo dei settori dell'economia circolare il tema della legalità e della qualità ovviamente è un tema fondamentale. Molti di noi, oltre a essere componenti di questa Commissione, si occupano di queste tematiche anche in altre Commissioni (penso a quella di inchiesta sul ciclo dei rifiuti).
  Questo aspetto deve essere affrontato soprattutto attraverso il sistema dei controlli, quindi ad esempio implementando e rafforzando l'attività del sistema nazionale di protezione ambientale. Siccome abbiamo sentito prima che c'è una perplessità rispetto alla possibilità che altre autorità competenti diverse dal Ministero dell'ambiente (nel caso specifico le regioni) possano rilasciare autorizzazioni caso per caso, dal vostro osservatorio e dal vostro punto di vista esiste un elemento di criticità rispetto alla natura dei soggetti che rilasciano le autorizzazioni? Vi è capitato che tra i vostri associati o comunque nel vostro mondo si evidenziassero situazioni tali da far pensare che l'unica garanzia della legalità e del controllo possa essere imputabile a livello centrale del Ministero o, come mi sembra di aver capito, bisogna rafforzare alcuni passaggi di verifica ex post e garantire che il rilascio delle autorizzazioni caso per caso avvenga nel rispetto di criteri e condizioni omogenei, definiti a livello europeo? C'è qualcosa che ritenete di aggiungere rispetto all'intervento che avete fatto?

  PRESIDENTE. Do la parola a Paolo Giacomelli, vicedirettore dell'Associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali (UTILITALIA), per la replica.

  PAOLO GIACOMELLI, vicedirettore dell'Associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali (UTILITALIA). Nella nostra esperienza rispetto alle autorizzazioni in questo momento gestite caso per caso segnaliamo un Paese molto diviso, ma certamente le regioni del Centro-Nord e le province che hanno dato queste autorizzazioni in questo settore hanno dimostrato competenza, professionalità e attenzione ai sistemi produttivi locali. Mai abbiamo avuto segnalazioni di questioni tecniche di non comunicabilità con i sistemi autorizzativi, abbiamo in alcune regioni problemi sui tempi e sui meccanismi delle procedure di autorizzazione.
  Questo in particolare riguarda alcuni impianti legati per esempio a tutta la gestione della frazione organica, sia impianti di compostaggio che di biodigestione, però devo dire che sulla base della nostra esperienza questo è un meccanismo che ha funzionato in maniera efficace. Riteniamo che debba essere arricchito con il fatto che le agenzie di controllo siano coinvolte già nella fase di autorizzazione per stabilire i meccanismi della verifica e dei controlli. Questo è Pag. 15l'aspetto importante per una gestione trasparente e sostenibile di questo settore.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il contributo e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 2), e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.10.

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ALLEGATO 1

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ALLEGATO 2

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