XVIII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 6 di Mercoledì 27 ottobre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Casa Vittoria , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE FONDAZIONI LIRICO-SINFONICHE:

Audizione, in videoconferenza, del Sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli, Stéphane Lissner.
Casa Vittoria , Presidente ... 2 
Lissner Stéphane , Sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli ... 2 
Casa Vittoria , Presidente ... 4 
Di Giorgi Rosa Maria (PD)  ... 4 
Patelli Cristina (LEGA)  ... 5 
Piccoli Nardelli Flavia (PD)  ... 5 
Casa Vittoria , Presidente ... 6 
Lissner Stéphane , Sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli (intervento da remoto) ... 6 
Casa Vittoria , Presidente ... 7

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
VITTORIA CASA

  La seduta comincia alle 15.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna è garantita anche dalla trasmissione in diretta sul canale web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, del Sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli, Stéphane Lissner.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, in videoconferenza, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle Fondazioni lirico-sinfoniche, di Stéphane Lissner, Sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli. Saluto il Sovrintendente Lissner, che ringrazio per essere intervenuto. Saluto anche i colleghi, quelli presenti e quelli che partecipano da remoto. Ricordo che, dopo l'intervento del Sovrintendente Lissner, darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni. Successivamente il nostro ospite potrà rispondere alle domande. Dò quindi la parola al Sovrintendente Lissner.

  STÉPHANE LISSNER, Sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli. Buonasera a tutti. Io vorrei parlare soprattutto di due punti: il primo è la specificità di ciascuna fondazione e il secondo sono i progetti per il Teatro San Carlo di Napoli. Quando sono arrivato, alcuni mesi fa, ho trovato un teatro, da un punto di vista economico, con dieci anni consecutivi di pareggio. Un teatro che, dopo momenti molto difficili, è riuscito a ritrovare una serenità economica per la quale però ha pagato un prezzo alto su due fronti. Il primo è il sacrificio che i dipendenti hanno dovuto fare per dare la possibilità alla fondazione di recuperare un equilibrio economico, con stipendi bassi e conseguenti difficoltà per i lavoratori. Il secondo è una debolezza anche artistica, perché senza soldi è molto difficile realizzare un progetto artistico. Questo teatro ha deciso durante questi dieci anni di ritrovare una salute economica assolutamente indispensabile, a costo di difficoltà – come ho già detto – artistiche ed economiche. Però, soltanto così si poteva immaginare un rilancio del teatro: era necessario ripartire con un equilibrio economico. Questo teatro ha una potenzialità fantastica dal punto di vista artistico e da quello di tutti i lavoratori, ma si trovava in una situazione complicata. Parlerò dopo dei progetti del Teatro San Carlo; prima vorrei insistere su un punto che per me è fondamentale: la specificità di ciascuna fondazione in Italia.
  Ho lavorato in diversi Paesi in Europa: in Spagna, in Francia, in Austria e in Germania. Forse non lo sapete, ma per dieci anni sono stato anche direttore artistico e sovrintendente del Teatro alla Scala. Dopo alcuni mesi dal mio arrivo, ho capito che la Scala era all'interno dei vincoli delle fondazioni liriche e mi sono reso conto che gestire quel teatro comportava grosse difficoltà. Ho cercato di ottenere l'autonomia della Scala – parlo del periodo tra il 2005 e il 2014 – e siamo riusciti ad ottenerla. A proposito di questa autonomia, adesso che sono a Napoli mi rendo conto della specificità di ciascuna fondazione. L'Italia oggi è l'unico Paese che, dal punto di vista della ripartizione del Fondo unico per lo spettacolo (FUS) e dal punto di vista delle regole d'insieme, ha identico riguardo verso Pag. 3le fondazioni. Vorrei spiegare perché questo non può funzionare e non può dare ai teatri la possibilità di svilupparsi come potrebbero. Faccio un primo esempio. Il palcoscenico di un teatro può essere piccolo, medio o grande. Da un punto di vista economico e da quello delle stime, un teatro più grande costerà sempre di più per gli allestimenti di un teatro più piccolo; ma un palcoscenico lirico più grande può fare l'alternanza: tra due recite della lirica si può mettere un'altra opera, oppure un ballo. Per esempio, quando si fa un'opera di Strauss o di Verdi, la cantante che canterà Elettra o il tenore che canterà il Don Carlo avrà bisogno di due giorni di riposo. Un teatro che è abbastanza grande può fare due recite o un ballo, fra le repliche di un'opera; quindi, alla fine della stagione il numero delle recite sarà molto più alto.
  Un altro punto sono i ricavi. Alla fine della stagione, un teatro da 1.000 posti non ha gli stessi ricavi di uno da 1.500 o da 2.000 posti. Però, per i teatri grandi o più piccoli, l'obiettivo artistico è quello di avere la migliore Violetta possibile. Violetta a Torino, alla Scala o al San Carlo ha lo stesso costo perché il suo cachet è uguale. Potrei fare altri esempi, ma mi fermo. La prima riforma fondamentale, quindi, per me, è cambiare la ripartizione del FUS.
  Ho illustrato il punto di vista legato ai teatri, adesso andiamo sulla politica. Alcune regioni hanno molti più soldi di altre, alcune città sono più ricche di altre. Da un punto di vista geopolitico i teatri sono all'interno di regioni molto diverse tra loro, quindi il rapporto tra il Ministero dei beni culturali e i teatri deve tenere conto anche della situazione politica delle regioni e capire che questi teatri hanno storie politiche, culturali e sociali diverse. Io sono francese e non sta a me dovervi spiegare le differenze tra nord e sud di questo Paese; c'è questa situazione, quindi un'idea complessiva e uniforme del Paese, con questa ripartizione del FUS, mi sembra sbagliata. Per questo, secondo me, la prima cosa da fare è ripensare questa ripartizione tenendo conto delle singole specificità. Un teatro non è come un altro, non esiste un teatro uguale a un altro: ciascun teatro ha la sua storia e deve essere considerato unico. Questo è il primo punto sul quale vorrei insistere, poi proseguirò con altre piccole cose che sono importanti per me.
  Riguardo alla governance, l'Italia oggi è l'unico Paese che non nomina un sovrintendente con due o tre anni in anticipo. Qui si nomina un sovrintendente una settimana dopo che l'altro è andato via e questo non è soltanto sbagliato, ma fa molto male al teatro, perché nessuna programmazione sul futuro può essere immaginata. Noi sappiamo bene che i grandi direttori, orchestre, cantanti e registi si prenotano almeno due o tre anni in anticipo. Faccio l'esempio della Scala e dell'Opéra di Parigi dove ho lavorato, rispettivamente, per dieci e per sette anni. A Parigi abbiamo fatto le programmazioni con quattro anni d'anticipo. Come fa un sovrintendente che arriva il primo gennaio, quando l'altro è andato via il 25 dicembre, a immaginare le stagioni future? È già in ritardo e così l'Italia è penalizzata in termini di programmazione artistica per le produzioni, per la televisione, per le tournée. Nessuno può recuperare questo tempo e anche questo è un punto fondamentale.
  C'è un altro aspetto fondamentale a proposito della governance. Dopo essere stato a Milano e adesso a Napoli, mi rendo conto che la politica è troppo presente nelle fondazioni liriche e faccio un esempio. Si sa bene che quando si nomina un sovrintendente, se è legato a un partito di destra, è meglio avere un direttore artistico di sinistra; inoltre si fa politica attraverso le nomine penalizzando il teatro. Nelle fondazioni liriche, dove c'è un sovrintendente, la nomina è unica. Dobbiamo tornare al modello tedesco che prevede che sovrintendente e direttore artistico siano allo stesso livello, che equivale a mettere l'artistico allo stesso livello dell'economia: è un punto per me molto importante. Non posso entrare nel dettaglio perché non ho tempo, però potrei citare alcuni esempi molto interessanti su come queste governance si sviluppano negli altri Paesi. In Italia si possono migliorare molto i tempi delle nomine e la governance a livello di direttore artistico e sovrintendente. Pag. 4
  Vorrei parlare dei problemi più specifici delle fondazioni in questo momento. Noi aspettiamo da molti mesi la decisione sulla dotazione organica. Il problema non è tanto aspettare, ma sono le cose gravi che succedono in questo momento. Ogni teatro ha alcuni lavoratori che intentano cause (ballerini, cantanti, musicisti) e queste persone, dopo aver vinto queste cause, rientrano all'interno del teatro. Il problema è che un teatro fa musica ed è necessario che il Ministero della cultura capisca che noi facciamo musica: è un'arte, non è un'azienda come un'altra. Bisogna essere sensibili dal punto di vista artistico e oggi la mia sensazione è che questi problemi delle fondazioni non siano presi abbastanza in considerazione dal Ministero. Noi siamo in grande difficoltà. Sulla dotazione organica vorrei presentare un'idea molto semplice che abbiamo sviluppato in Francia e in Germania. Capisco molto bene che le regole devono essere chiare dal punto di vista delle spese di personale. Questo è fondamentale, perché la storia ci dice che tante volte i teatri hanno sbagliato e hanno avuto costi di personale inaccettabili. Come dicevo, noi siamo molto penalizzati in questo momento perché aspettiamo da mesi l'approvazione della dotazione organica. Il Ministero e il Governo hanno bisogno di avere delle sicurezze in materia di costo del personale; sappiamo bene che negli ultimi anni – non soltanto in Italia, ma un po' dappertutto – le spese molto alte in termini di personale hanno penalizzato l'equilibrio della gestione dei teatri. Io dico soltanto che, invece di lavorare sulla dotazione e sul numero dei lavoratori, sarebbe molto più giusto fare un controllo sul costo generale. Se un teatro ha 20 milioni di costo del personale, è previsto nel triennio successivo un aumento legato all'aumento obbligatorio per l'anzianità. Si può fissare in maniera scritta il costo del personale e così il teatro può definire la sua gestione attraverso l'organico: ha un obbligo legato al costo, non ai numeri. Per me l'attuale sistema è sbagliato e non consente al teatro di operare una gestione più efficace, penso che sarebbe bene riflettere su questo. Mi fermo, anche se ci sarebbero tante altre cose da dire.

  PRESIDENTE. Grazie, sovrintendente. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Di Giorgi.

  ROSA MARIA DI GIORGI. Dottor Lissner, la ringrazio molto per la sua relazione che rileggeremo perché purtroppo non abbiamo sentito bene alcune parti a causa del collegamento. Abbiamo colto la sua analisi e le difficoltà che lei ha evidenziato considerando il rapporto tra finanziamenti e prodotto che viene messo in essere. Rispetto a questo, analoghi problemi sono emersi anche dalle audizioni con le altre fondazioni: è evidente che c'è una questione legata ai costi e al numero dei posti, rispetto ai ricavi. La questione COVID in questa fase sicuramente ha penalizzato tutti i teatri, ma, a regime, è evidente che alcune produzioni possono contare su ricavi maggiori se il teatro è più grande e su ricavi inferiori se il teatro è più piccolo. Certamente va fatta una differenziazione e quindi c'è la necessità di ampliare a pubblici anche diversi. Questo è quanto è emerso dalle altre audizioni. Mi interessa anche la sua opinione in merito, quale sovrintendente di un teatro di antichissima tradizione, uno dei teatri più prestigiosi d'Italia che ha ospitato musicisti e artisti di altissimo livello.
  A partire dalla grande tradizione che lei rappresenta anche in quest'aula parlamentare, le chiedo in che modo un teatro moderno che fa Opera si può confrontare con le nuove generazioni, con un nuovo pubblico, perché è molto importante anche il ruolo sociale del teatro nelle città e nei territori di riferimento. È evidente che allargare il pubblico significa favorire l'altissima cultura della musica di cui il nostro Paese è così ricco, in modo tale da far sì che un numero maggiore di persone possa fruirne. Naturalmente mi riferisco anche al rapporto con le scuole e con i giovani, perché è da lì che poi passa la possibilità di poter creare nuovo pubblico e quindi una nuova centralità che – e qui so di rappresentare l'opinione di tutta la Commissione Pag. 5– deve essere l'ambito verso il quale ci muoviamo. Una fruizione sempre maggiore che valorizzi questo settore così tanto significativo per il nostro Paese. Quali misure avete posto in essere e in che modo vi confrontate? La prima domanda riguarda il nuovo pubblico e i giovani e quindi la politica della bigliettazione. La seconda domanda è relativa invece al rapporto con gli altri soggetti del territorio. Il territorio con cui il teatro si confronta riesce ad avere un ruolo all'interno della fondazione? Ci sono dei finanziatori? Ci sono banche? Chi sono i soggetti che supportano il bilancio della fondazione? Qual è il rapporto con l'apparato produttivo della città? In che misura – oltre al Ministero della cultura, che indubbiamente è il maggior finanziatore, immagino, insieme al Comune di Napoli – altri soggetti del territorio si rapportano con voi e in che modo influiscono all'interno del vostro bilancio? La ringrazio.

  CRISTINA PATELLI(intervento da remoto). Grazie, presidente. Intanto, nel salutare il sovrintendente Lissner, vorrei fare un inciso poetico ricordando una bellissima frase che diceva così. «Gli occhi sono abbagliati, l'anima rapita. Non c'è nulla in tutta Europa che non dico si avvicini a questo teatro, me ne dia la più pallida idea». In questi termini ricordo che Stendhal si espresse a proposito del Teatro San Carlo, che fu edificato nel Settecento e consacrò Napoli come capitale europea della musica. Come certamente è noto a tutti i colleghi di questa Commissione, il San Carlo è uno dei teatri d'opera più antichi d'Europa e del mondo ad essere oltretutto ancora attivo. Date le sue dimensioni e la sua struttura che gli conferisce un'acustica pressoché perfetta, è stato ovunque il modello per tutti i successivi edifici destinati alla lirica. Premetto che ho apprezzato molto le sue osservazioni e, prima di tutto, ho apprezzato e compreso la sua introduzione che ha tratteggiato uno scenario a me particolarmente caro. Lo Stato deve semmai perequare, ma non centralizzare e non omologare nell'ottica di un quadro di autonomia organizzativa che alle fondazioni – specialmente, una volta risanate – andrebbe a mio avviso concessa, riformando il sistema nazionale. Ho preso nota anche delle osservazioni formulate sul tema del costo del personale che inducono a riflessioni più ampie ed estese.
  Passando al San Carlo, una cosa mi ha colpito scorrendo i dati dei passati bilanci: una contribuzione da parte dei privati sostenitori irrilevante sia in termini assoluti, che in rapporto alla storia e al prestigio del teatro. Questo mi porta alla domanda che vorrei porle, sovrintendente Lissner. Nel periodo pandemico, ho notato che la programmazione da lei impostata è stata caratterizzata da produzioni di grande impatto spettacolare, con la presenza di grandi nomi, forse anche per mantenere alta l'attenzione del pubblico. Le domando se immagina di proseguire su questa linea anche in un futuro post COVID, oppure se ha elaborato una strategia diversa e più articolata; in altri termini, qual è il suo progetto culturale per Napoli? Glielo chiedo per valorizzare al meglio le caratteristiche di un teatro – che ricordo è inserito dall'UNESCO tra i monumenti considerati patrimonio dell'umanità – che è anche uno straordinario generatore di emozioni in un contesto unico. La ringrazio.

  FLAVIA PICCOLI NARDELLI. Buongiorno. Grazie, sovrintendente, per il suo intervento che abbiamo trovato tutti molto stimolante. Vorrei chiederle qualche precisazione in più sul modello di cui lei parlava che è stato sperimentato in Germania con le figure del sovrintendente e del direttore artistico messe sullo stesso piano, perché mi sembra molto interessante. Volevo, però, rivolgerle anche una seconda domanda. Sappiamo che il San Carlo è uno fra i pochissimi teatri che hanno mantenuto in vita un corpo di ballo e nel nostro Paese c'è stata, in quest'ultimo periodo, una grande discussione sul tema dei corpi di ballo. Vorrei sapere se il fatto di essere considerato e computato meno di altri spettacoli, uno spettacolo in cui il corpo di ballo svolge il ruolo principale le ha creato problemi di sperequazione anche sulla sostenibilità del suo progetto artistico. Grazie.

Pag. 6

  PRESIDENTE. Dò la parola al sovrintendente Lissner per la replica. Prego, sovrintendente.

  STÉPHANE LISSNER, Sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli (intervento da remoto). Parto dalla fine, rispondendo a due domande perché, parlando del progetto culturale risponderei anche alla domanda su cosa sia per me una missione pubblica per un teatro come il San Carlo. Noi riceviamo contributi pubblici, siamo un teatro pubblico e abbiamo l'obbligo di una missione civile che dobbiamo rispettare. Questo per me è il punto di partenza del progetto che è basato su tre punti che sono diversi rispetto a quanto è stato fatto prima. Abbiamo parlato del corpo di ballo: quando sono arrivato, il Teatro San Carlo aveva un corpo di ballo con tredici dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Per me questo non è un corpo di ballo: sono tredici ballerini, che rispetto molto, però non è una compagnia. Appena sono stato nominato, ho detto al sindaco – presidente della fondazione – che per me era fondamentale la presenza di un corpo di ballo per questo teatro. La mia esperienza alla Scala di Milano e all'Opéra di Parigi mi ha convinto definitivamente che la presenza del ballo vicino alla lirica è fondamentale per la salute di un teatro come il San Carlo, non c'è discussione su questo. Abbiamo ottenuto alcuni aiuti per aumentare il corpo di ballo e la dotazione organica, che aspettiamo con grande impazienza, prevede quaranta ballerini a tempo indeterminato. Questo è il mio impegno per il ballo e su questo potete contare su di me.
  Il ballo avrà all'interno del San Carlo una presenza forte, tant'è vero che ho convinto la direttrice dell'Opéra di Parigi Clotilde Vayer – considerata una delle più grandi maitres de ballet al mondo, che ha lavorato con Nureyev e iniziato la sua carriera a sette anni alla scuola dell'Opéra di Parigi – a venire con me a Napoli. Oggi è la direttrice del corpo di ballo e, dopo sei o sette mesi, il lavoro che sta facendo già si vede sul palcoscenico. La prima nuova produzione con lei sarà Il lago dei cigni, il 28 dicembre, in questa stagione.
  Sul punto che riguarda i giovani vorrei dire due cose. Prima che io arrivassi il teatro aveva già, a mio avviso, una politica verso i giovani, i piccoli in particolare. Una politica molto efficace e veramente forte, tant'è vero che ci sono spettacoli anche oggi – questa mattina e questo pomeriggio – rivolti ai bambini; lo stesso spettacolo viene ripetuto tre volte in un giorno. I bambini, invece di assistere alla rappresentazione de L'elisir d'amore, hanno imparato a cantare quest'opera nel corso di un anno, diventando il coro dello spettacolo. Sono tutti bambini piccoli, dai sei ai dieci anni, ed è molto carino ed emozionante vedere questi 800 o 900 bambini che si alzano e cantano il coro de L'elisir d'amore. Da molti anni, al San Carlo, c'è una politica verso i giovani e le scuole, che è una delle migliori che abbia conosciuto durante la mia carriera. Oggi, però, come si fa a convincere i giovani tra i venti e i trent'anni anni a venire ad ascoltare la lirica? È complicato per due motivi. È complicato perché la lirica è composta in parte da un repertorio dove il bel canto e la voce sono fondamentali, mentre i libretti sono abbastanza banali. Però c'è una parte del repertorio dove le voci sono importanti, ma i libretti sono scritti da grandi scrittori come Da Ponte, Hofmannsthal, Maeterlinck. Si vedono queste differenze anche attraverso le opere di Verdi. Alcuni libretti della gioventù di Verdi sono più semplici, mentre il libretto di Otello è il più bello, scritto a partire da Shakespeare. Alcuni libretti consentono ai registi di esprimere il mondo di oggi e quindi possono attirare il pubblico e i giovani. I temi di questi libretti ci consentono di fare vivere i momenti di oggi intesi come rapporti tra uomini e donne: un tema che ha acquistato molta importanza negli ultimi dieci anni. Quando con Mario Martone abbiamo immaginato l'Otello, abbiamo cercato di capire che senso può avere oggi Otello e, soprattutto, il suo rapporto con Desdemona. Questo è quello che mi interessa e questo può convincere i giovani a venire ad ascoltare la lirica. Non si tratta di fare le cose moderne, ma di pensare che la lirica non è museale: la lirica deve essere Pag. 7proposta tenendo in considerazione il nostro mondo di oggi.
  C'è un repertorio e ci sono alcuni spettacoli semplici e belli, dove la voce predomina e ci sono le arie più belle per i cantanti. Ci sono libretti con cui si possono fare proposte più intellettuali in senso positivo, nel senso della riflessione. L'opera non può essere soltanto un divertimento: deve essere un divertimento, ma generare anche una riflessione.
  Mi è stata fatta una domanda sulla programmazione, sul fatto che noi abbiamo fatto venire alcuni cantanti e alcuni direttori d'orchestra, durante le due ultime estati, a Piazza del Plebiscito. Mi è stato chiesto se questi sono stati eventi speciali o se è previsto anche per il futuro. La risposta è molto semplice. Tutti i cantanti che sono venuti nel corso delle due ultime estati, come Elina Garança, Jonas Kaufmann, Anna Netrebko e tanti altri con cui ho lavorato, sia alla Scala di Milano sia a Parigi, saranno con noi ogni anno per tutti gli spettacoli. Abbiamo allestito una bellissima Bohème con Selene Zanetti, una giovane soprano italiana, bravissima, che ha avuto tanto successo. Jonas Kaufmann sarà il nostro Otello; subito dopo, Anna Netrebko sarà la nostra Aida e poi Nadine Sierra sarà Lucia di Lammermoor. Tutta la stagione sarà così dal punto di vista dei cantanti e dei direttori d'orchestra, per i quali ho bisogno di un po' più di tempo, perché i direttori d'orchestra si scritturano con tre o quattro anni di anticipo. Già abbiamo completato la stagione 2022 –2023 e i direttori d'orchestra sono ancora più bravi, quindi il progetto è molto ambizioso. Penso che il San Carlo debba tornare agli anni cinquanta quando c'erano due teatri in Europa, la Scala e il San Carlo, con le battaglie tra la Callas e la Tebaldi. Oggi, il Teatro San Carlo deve tornare a questi momenti quando era il teatro più importante d'Italia. Il progetto è ambizioso, su questo non c'è dubbio e, soprattutto, conoscendo bene la Scala, so come fare per essere migliori di loro.
  Vorrei anche dire che per me la cosa importante è la politica che cerchiamo di fare da un punto di vista sociale. Abbiamo avuto il finanziamento della Regione per creare all'interno del teatro una piattaforma digitale che ci consenta di essere produttori di noi stessi. Tutti gli spettacoli possono andare in onda in streaming dappertutto nel mondo: in tutti i cinema in Italia, ma anche in America e in Giappone. La parte sociale consiste nel far partecipare filosofi, fotografi, registi e scrittori per fare dei film attraverso la città di Napoli, attraverso la regione Campania e attraverso l'Italia. Vogliamo fare in modo che i grandi artisti che non vengono a lavorare al San Carlo possano incontrare quel pubblico che non ha la possibilità – sia per ragioni geografiche, sia per ragioni economiche – di venire al San Carlo. Questo è la missione pubblica e sociale che voglio sviluppare nei prossimi anni. Abbiamo già iniziato: la TIM ha vinto la gara e ha fatto l'attivazione della piattaforma. A partire da dicembre, saremo pronti per iniziare con questo progetto e abbiamo la squadra per realizzarlo. Abbiamo già dieci film che sono stati immaginati e che saranno girati a Napoli con alcuni giovani nei diversi quartieri. Con gli schermi nei quartieri potremo organizzare la diffusione degli spettacoli e non solo: sono previsti anche corsi di danza e di cucina. Queste attività faranno in modo che il San Carlo non sia soltanto un teatro dove si compra il biglietto per assistere all'Otello. Questa è la missione numero uno, ma secondo me, nel mondo di oggi, non basta: dobbiamo fare molto di più e compiere una missione sociale.

  PRESIDENTE. Grazie, sovrintendente ancora una volta per il suo contributo. Dichiaro conclusa questa audizione.

  La seduta termina alle 15.55.