XVIII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 13 novembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ruocco Carla , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI SISTEMI TRIBUTARI DELLE REGIONI E DEGLI ENTI TERRITORIALI NELLA PROSPETTIVA DELL'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE E DELL'AUTONOMIA DIFFERENZIATA

Audizione del direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizia Lapecorella.
Ruocco Carla , Presidente ... 3 
Lapecorella Fabrizia , direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 3 
Ruocco Carla , Presidente ... 10 
Lapecorella Fabrizia , direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 10 
Bitonci Massimo (LEGA)  ... 10 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 11 
Topo Raffaele (PD)  ... 12 
Gusmeroli Alberto Luigi (LEGA)  ... 12 
Ruocco Carla , Presidente ... 12 
Lapecorella Fabrizia , direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 13 
Bitonci Massimo (LEGA)  ... 14 
Lapecorella Fabrizia , direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 14 
Rotunno Claudia , dirigente dell'Ufficio XII della direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale ... 14 
Lapecorella Fabrizia , direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 14 
Ruocco Carla , Presidente ... 14 
Lapecorella Fabrizia , direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 14 
Gusmeroli Alberto Luigi (LEGA)  ... 15 
Lapecorella Fabrizia , direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 15 
Gusmeroli Alberto Luigi (LEGA)  ... 15 
Lapecorella Fabrizia , direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 15 
Ruocco Carla , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
CARLA RUOCCO

  La seduta comincia alle 14.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizia Lapecorella.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizia Lapecorella, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui sistemi tributari delle Regioni e degli enti territoriali, nella prospettiva dell'attuazione del federalismo fiscale e dell'autonomia differenziata.
  Saluto la professoressa Lapecorella e le do il benvenuto a nome di tutta la Commissione. La professoressa è accompagnata dal dottor Giovanni Spalletta, dalla dottoressa Claudia Rotunno, dalla dottoressa Maria Teresa Monteduro e dal dottor Marco Carotenuto.
  Cedo subito la parola alla professoressa Lapecorella, alla quale chiederei di limitare il proprio intervento, se possibile, ad una ventina di minuti al massimo al fine di lasciare adeguato spazio al dibattito successivo.

  FABRIZIA LAPECORELLA, direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Grazie, Presidente. Con la legge delega n. 42 del 2009 è stato avviato il percorso di attuazione del federalismo fiscale, con alcuni precisi obiettivi: innanzitutto attribuire una maggiore autonomia agli enti decentrati, in modo da responsabilizzare gli amministratori nell'assicurare la corrispondenza tra oneri tributari imposti e quantità e qualità dei servizi erogati; superare i modelli di finanziamento fondati sulla spesa storica mediante la definizione di meccanismi perequativi, volti a regolare l'assegnazione di risorse agli enti locali dotati di minori capacità di autofinanziamento.
  L'effettiva realizzazione dei princìpi disegnati dalla legge n. 42 è stata affidata ai decreti legislativi delegati. Questo processo, per molti aspetti lungo e complesso, è stato condizionato, a partire dal 2011, da numerosi interventi di consolidamento della finanza pubblica, adottati a seguito della crisi economico-finanziaria, dagli sgravi tributari finalizzati, sempre nel contesto di congiuntura economica difficile, a sostenere la domanda interna per favorire la ripresa dell'economia, dalla riforma istituzionale che intendeva ridisegnare la ripartizione delle funzioni tra Governo centrale ed enti locali, rivedendo in particolare l'assetto delle Province.
  Con riferimento alla finanza regionale, il decreto legislativo n. 68 del 2011 ha posto le basi per un modello di finanziamento che prevede la copertura integrale della differenza tra le entrate e le spese standardizzate per le funzioni fondamentali (sanità, assistenza e istruzione). I livelli essenziali delle prestazioni (LEP), cui corrispondono i fabbisogni standard necessari alla loro copertura, devono essere definiti Pag. 4dallo Stato e garantiti su tutto il territorio nazionale. Tale sistema, nel quale è riconosciuta alle Regioni una più ampia possibilità di attuare politiche economiche e sociali assicurando spazi di manovrabilità tramite tributi propri derivati, ad oggi non ha ancora trovato compiuta attuazione.
  Per le Province e le Città metropolitane i decreti sono stati superati da interventi di riordino del comparto (anche elaborati nella prospettiva di riforma costituzionale, poi non approvata a seguito dell'esito negativo del referendum nel dicembre 2016), che non hanno ancora determinato un assetto stabile e definitivo. Infine, nell'ambito comunale è stato definito un nuovo quadro di riferimento per il finanziamento e la perequazione, che tuttavia continua a presentare una serie di criticità e appare, per molti aspetti, distante dal disegno originario.
  In questo quadro si inseriscono i temi del riordino dei tributi locali e dell'autonomia tributaria e il tema della definizione dei meccanismi perequativi, su cui mi concentrerò nella prima parte di questa audizione, anche alla luce delle importanti novità introdotte dal disegno di legge di bilancio per il 2020. Nella seconda parte di questo intervento, invece, fornirò alcuni elementi informativi sullo stato di attuazione del federalismo regionale e provinciale.
  Nel processo di attuazione della delega sul federalismo fiscale, il comparto dei Comuni è stato interessato da numerosi interventi sui principali tributi locali. Con il decreto legislativo n. 23 del 2011 è stato semplificato in modo significativo l'assetto del prelievo tributario municipale. Si prevedeva, a partire dal 2014, l'introduzione dell'imposta municipale propria (IMU) che unificava in un'unica imposta l'ICI e la quota IRPEF dovuta in relazione ai redditi fondiari. Il disegno originario prevedeva anche l'istituzione dell'imposta municipale secondaria, che accorpava un numero di tributi minori (TOSAP, COSAP, imposta sulla pubblicità e CIMP), e la revisione dei principali tributi indiretti immobiliari (imposta di registro, imposte ipotecarie e catastale e diritti).
  In un contesto economico caratterizzato da una recessione profonda, il decreto cosiddetto «Salva Italia» di fine 2011 e gli interventi legislativi successivi sono intervenuti sui tributi immobiliari compromettendo la coerenza di quello che si presenta oggi come l'assetto della finanza municipale rispetto ai princìpi della legge n. 42 e hanno ridotto i margini di autonomia per gli enti locali.
  Nella relazione che vi ho consegnato, si ripercorre l'evoluzione normativa del fisco municipale. Credo sia utile rivedere tale tema, perché emerge chiaramente come ci si è staccati nel tempo e nel contesto economico e finanziario degli anni successivi al 2011 da alcuni princìpi originari sanciti nella legge n. 42.
  Gli interventi di revisione del prelievo sugli immobili non hanno finora perseguito un disegno coordinato e compiuto. In una certa misura si sono amplificati i problemi di coordinamento tra la finanza locale e la finanza statale e si è indebolita la correlazione tra il prelievo e i servizi resi dalle amministrazioni locali ai cittadini residenti.
  Per assicurare maggiore coerenza al sistema tributario, il disegno di legge di bilancio per l'anno 2020 interviene sulla tassazione immobiliare – attraverso l'abolizione della TASI e una nuova disciplina dell'IMU, nonché attraverso l'unificazione di alcuni tributi minori – e attua una rivisitazione delle norme della legislazione vigente in materia di riscossione spontanea e coattiva delle entrate locali. In particolare l'articolo 95 del disegno di legge di bilancio disciplina l'abolizione dell'imposta unica comunale (IUC), ad eccezione delle disposizioni relative alla tassa sui rifiuti (TARI) il cui regime viene confermato (lo stesso articolo disciplina l'abolizione della TASI e la nuova disciplina dell'IMU, che unifica l'IMU e la TASI); l'articolo 96 rivisita le norme sulla riscossione delle entrate degli enti locali; l'articolo 97, infine, introduce misure volte a unificare i tributi e i canoni collegati a legislazione vigente all'occupazione del suolo pubblico. Questi sono i tre articoli fondamentali del disegno di legge di Pag. 5bilancio che intervengono in materia di fisco municipale.
  Il riordino del prelievo sugli immobili persegue l'obiettivo di una sistemazione organica della disciplina dei tributi locali attraverso l'unificazione dell'IMU e della TASI in un unico tributo. In questa Commissione abbiamo parlato a lungo, in precedenti occasioni, del progetto di unificazione di IMU e TASI che ora vede la luce nel disegno di legge di bilancio. L'unificazione trova giustificazione nella circostanza che, a seguito dell'esenzione dell'abitazione principale dalla TASI, i due tributi immobiliari essenzialmente gravano su basi imponibili sovrapponibili.
  Con le norme introdotte nel disegno di legge di bilancio si avvia inoltre un processo importante di semplificazione e riduzione dei costi di adempimento per gli operatori (intermediari, CAF, commercialisti, consulenti del lavoro, software house), che affrontano concretamente le difficoltà applicative che derivano da un sistema tributario caratterizzato dalla coesistenza dei due tributi con sovrapposizioni non più giustificabili alla luce della più recente evoluzione normativa.
  La nuova disciplina dell'IMU assicura l'immediata fruibilità delle aliquote applicabili per il calcolo dell'imposta e per il contribuente si concretizza la possibilità di avere a disposizione una procedura assistita da parte dell'amministrazione centrale per pervenire, in via semplificata e più immediata, alla determinazione del tributo.
  Il presupposto d'imposta nella nuova disciplina dell'IMU resta immutato: il possesso di immobili ovvero di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli. In linea con quanto previsto a legislazione vigente ai fini IMU e TASI, il possesso dell'abitazione principale o assimilata costituisce presupposto d'imposta solo nel caso in cui si tratti di unità abitativa classificata nelle categorie catastali A1, A8, A9 (cd. abitazioni di lusso).
  Risultano sostanzialmente recepite nella disciplina del disegno di legge di bilancio le normative che disciplinano IMU e TASI senza effetti di natura finanziaria sulla tassazione degli immobili, in particolare per ciò che riguarda le disposizioni che regolano la base imponibile, quindi le esenzioni e le riduzioni di imposta. In particolare resta confermata la riserva allo Stato del gettito IMU derivante dai fabbricati ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato all'aliquota dello 0,76 per cento. La riforma prevede l'invarianza di gettito ed esclude, quindi, un aumento della pressione fiscale (dettagli sull'andamento del gettito li potrete trovare nelle tabelle da A1 a A4, contenute nell'appendice al documento che vi è stato consegnato).
  Nel disegno di legge di bilancio l'aliquota di base prevista per ciascuna categoria di immobili è costituita dalla somma delle aliquote di base vigenti per IMU e TASI. Ad esempio per gli immobili diversi dall'abitazione principale, che rappresentano la categoria di maggiore rilevanza ai fini del gettito, l'aliquota di base (pari allo 0,86 per cento) è costituita dalla somma delle vigenti aliquote di base IMU (0,76 per cento) e TASI (0,1 per cento). Questa scelta è stata motivata dall'esigenza di non incidere sulla capacità fiscale dei Comuni, calcolata a partire dal gettito ad aliquota di base, in modo da non determinare variazioni nelle risorse assegnate agli stessi attraverso il fondo di solidarietà comunale, che avrebbero generato effetti redistributivi.
  Si deve segnalare che per valutare effettivamente la pressione fiscale sugli immobili non rileva l'aliquota di base ma lo spazio di manovrabilità concesso ai Comuni, perché per valutare la pressione fiscale rileva l'aliquota massima applicabile. In questo senso l'articolo 95 del disegno di legge di bilancio prevede la completa manovrabilità al ribasso da parte dei Comuni (che possono anche azzerare l'aliquota) e una manovrabilità al rialzo (identica a quella vigente), con l'eccezione dei fabbricati produttivi di categoria D, per i quali i Comuni non possono diminuire l'aliquota al di sotto del limite dello 0,76 per cento, aliquota che spetta allo Stato come riserva erariale. L'aliquota massima prevista a decorrere dall'anno 2020 per ciascuna categoria di immobili riflette i limiti che sono già indicati a legislazione vigente: l'unificazione di IMU e TASI quindi non modifica il potenziale Pag. 6fiscale dei Comuni che, disciplinando opportunamente le aliquote, potranno ottenere per la nuova IMU un ammontare di gettito equivalente alla somma dell'attuale gettito riscosso a titolo di IMU e TASI.
  Le nuove disposizioni contenute nel disegno di legge di bilancio mantengono la facoltà per gli enti locali che hanno scelto di incrementare l'aliquota della TASI fino all'anno 2019, applicando la maggiorazione dello 0,08 per cento, di continuare ad applicarla. Quindi anche in questo caso non si determina un incremento della pressione fiscale sugli immobili rispetto all'attuale andamento del gettito. La disposizione normativa inserita nel disegno di legge stabilisce espressamente che, se i Comuni che hanno esercitato questa facoltà riducono o azzerano, questa volta sfruttando il nuovo limite massimo della manovrabilità, l'incremento dell'aliquota, poi non possono più ripristinarlo.
  Infine vale la pena di ricordare che il disegno di legge di bilancio anticipa al 2022 la deducibilità integrale dell'IMU dal reddito di impresa e di lavoro autonomo, mentre conferma l'indeducibilità dell'IMU dalla base imponibile IRAP, già prevista a legislazione vigente. Ricordo che il decreto cosiddetto «Crescita» aveva stabilito che la deducibilità integrale dell'IMU dalle imposte sui redditi si realizzasse nel 2023, quindi il bilancio anticipa questa disposizione di un anno.
  Nel disegno di legge di bilancio si rivede anche l'assetto della riscossione degli enti locali. Le norme sulla riforma della riscossione degli enti locali si giustificano in base all'esigenza di dare una risposta alle problematiche urgenti che originano dall'attuale assetto del governo delle entrate agli enti locali.
  In particolare è stato previsto che tutte le somme, a qualsiasi titolo riscosse (non solo quelle riscosse spontaneamente), devono affluire direttamente alla tesoreria degli enti.
  Si aggiunge agli strumenti a disposizione del soggetto passivo per il versamento delle somme dovute anche quello relativo alla piattaforma PagoPA, prevista dal codice dell'amministrazione digitale. Per quanto riguarda in particolare l'IMU, le cui modalità di versamento sono esclusivamente quelle previste dalla legge (l'F24 e il bollettino di conto corrente postale compatibile con questo tipo di versamento), l'estensione alla piattaforma PagoPA avverrà a seguito dell'emanazione di un decreto ministeriale che assicurerà la fruibilità immediata delle risorse e dei relativi dati di gettito con le stesse informazioni desumibili a legislazione vigente dagli altri strumenti di versamento e l'applicazione dei recuperi a carico dei Comuni, ivi inclusa la quota di alimentazione del fondo di solidarietà comunale.
  Per quello che riguarda il canone patrimoniale di concessione per l'occupazione nei mercati, la riscossione degli importi dovuti potrà invece avvenire esclusivamente utilizzando la piattaforma PagoPA. La riforma prevede l'estensione al settore degli enti locali delle disposizioni già vigenti per alcuni tributi erariali in materia di predisposizione degli atti inerenti al procedimento di riscossione delle entrate. Si individua un unico atto suscettibile di diventare titolo esecutivo per la riscossione forzata delle entrate degli enti locali: si tratta del cosiddetto atto di accertamento esecutivo, che riguarda non solo le entrate tributarie ma anche quelle di carattere patrimoniale.
  Il disegno di legge di bilancio estende le disposizioni di potenziamento delle attività di riscossione sia agli avvisi di accertamento sia agli atti relativi alle entrate patrimoniali. Questa estensione decorre a partire dal 1° gennaio 2020 e riguarderà tutti gli atti relativi alle annualità ancora pendenti a tale data; essa ha l'obiettivo di razionalizzare la procedura attraverso l'eliminazione dei diversi atti finalizzati allo stesso procedimento, che attualmente rendono problematica l'individuazione degli atti esecutivi, dal momento che in realtà allo stato esiste una differenziazione degli atti esecutivi collegata al soggetto che li emette. Infatti nel caso in cui la riscossione coattiva sia affidata all'Agenzia delle entrate-Riscossione, l'atto esecutivo si individua nella cartella di pagamento emessa a seguito della formazione del ruolo; nel caso Pag. 7invece in cui l'ente locale proceda direttamente alla riscossione o l'abbia affidata a un soggetto iscritto nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, occorre emettere un'ingiunzione fiscale che segue la procedura prevista dal regio decreto n. 639 del 1910.
  La riforma introduce anche diverse tutele a favore dei contribuenti: per esempio prevede il limite minimo di 10 euro al di sotto del quale l'atto non acquista efficacia di titolo esecutivo; prevede l'obbligo di invio di un sollecito di pagamento per il recupero di importi fino a 10 mila euro prima dell'attivazione di una procedura esecutiva e cautelare; prevede, infine, la regolamentazione espressa della dilazione del pagamento delle somme dovute.
  La razionalizzazione della disciplina della riscossione permette anche di contenerne i costi e di concentrare risorse su attività più incisive e più funzionali alla riscossione stessa, assicurando quindi maggiore efficienza nell'attività di contrasto all'evasione, garantendo, conseguentemente, il recupero di margini più ampi di gettito, anche in considerazione della maggiore compliance del soggetto passivo dell'entrata tributaria e patrimoniale.
  È importante sottolineare infine la circostanza (affrontata nel disegno di legge di bilancio) relativa alla sistematizzazione dell'accesso ai dati anche da parte degli enti e dei soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997. L'accesso ai dati da parte dei concessionari privati della riscossione è indispensabile per assicurare efficienza ed economicità all'attività di riscossione degli enti locali. Al fine, infatti, di facilitare lo svolgimento di queste attività, sono autorizzati ad accedere gratuitamente alle informazioni presenti nell'anagrafe tributaria relative ai debitori non solo gli enti locali, ma anche, per il tramite degli enti locali, i concessionari privati della riscossione e quelli a cui Comuni hanno affidato, fino alla scadenza del relativo contratto, la riscossione della TARI e della TARES, nel caso in cui gli stessi risultino già affidatari di una delle forme di prelievo relative ai rifiuti.
  Nel rispetto dei principi costituzionali di solidarietà, riequilibrio territoriale e coesione sociale, il processo graduale di transizione al federalismo doveva essere accompagnato da un sistema di relazioni finanziarie, funzionali a ridurre le disparità fiscali in senso orizzontale tra i vari enti territoriali.
  Il processo delineato dalla legge n. 42, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, prevedeva il passaggio in forma graduale dal sistema dei trasferimenti fondato sulla spesa storica a quello di attribuzione di risorse incentrato sull'individuazione dei fabbisogni standard necessari a garantire il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni e, al fine di superare la distribuzione delle risorse basata sulla spesa storica, il decreto legislativo n. 23 del 2011 aveva previsto la fiscalizzazione dei trasferimenti erariali con carattere di continuità e generalità e un sistema di riparto basato su fabbisogni standard e capacità fiscali.
  Il fondo di solidarietà comunale è stato istituito nel 2013 ed ha le seguenti caratteristiche: un vincolo di bilancio chiuso, per cui attualmente la dotazione del fondo, al netto delle riduzioni operate dal legislatore, ammonta a 6,2 miliardi di euro, includendo i Comuni delle regioni a statuto ordinario, la Sicilia e la Sardegna; prevede una quota di alimentazione a carico dei Comuni pari al 22 per cento del gettito IMU da aliquota di base, per un ammontare complessivo di 2,8 miliardi di euro; prevede una componente perequativa per i soli Comuni delle regioni a statuto ordinario di importo, crescente nel corso degli anni, distribuito in base alla differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscali.
  I Comuni con una differenza positiva (fabbisogni standard maggiori della capacità fiscali) ricevono risorse dal fondo, mentre i Comuni con una differenza negativa trasferiscono risorse al fondo. L'impatto di questi trasferimenti è illustrato nelle tabelle A10 e A11 nell'appendice della relazione. Il fondo ha anche una componente storica che invece decresce nel corso degli anni, finalizzata a compensare i Comuni in relazione ai livelli di spesa storica. Per i Pag. 8Comuni della Sicilia e della Sardegna le risorse sono attribuite esclusivamente in base a questo criterio. Infine il fondo ha una componente compensativa, pari a 3,8 miliardi di euro, che è stata quantificata per ristorare il minor gettito che deriva ai Comuni a seguito dell'introduzione (con leggi statali) di agevolazioni in materia di IMU e TASI. In particolare si tratta delle agevolazioni previste dalla legge n. 208 del 2015 (l'esenzione delle abitazioni principali non di lusso dalla TASI). I trasferimenti di natura compensativa sono attribuiti ovviamente in misura puntuale ai Comuni. Quindi le risorse di questa componente (3,8 miliardi di euro) non partecipano al meccanismo perequativo.
  A legislazione vigente il fondo per l'assegnazione delle risorse ai Comuni si caratterizza per la sua natura prevalentemente orizzontale, per cui, al netto della quota destinata ai ristori, le assegnazioni del fondo di solidarietà comunale sono sostanzialmente finanziate dagli stessi Comuni.
  Il passaggio dal criterio della spesa storica ai criteri perequativi è graduale. Secondo il comma 499 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016, prima della modifica operata dall'articolo 57 del decreto fiscale collegato al disegno di legge di bilancio (decreto-legge n. 124), la quota del fondo da ripartire con finalità perequative prevede una evoluzione progressiva fino al 100 per cento nel 2021. La quota quindi era il 20 per cento nel 2015, il 30 nel 2016, 40 nel 2017, 45 nel 2018, 60 nel 2019 e 85 nel 2020.
  I meccanismi di perequazione individuano anche il target perequativo, che identifica il livello massimo delle entrate standardizzate di ciascun Comune che rientrano nel meccanismo della perequazione e determinano così l'effettiva dimensione delle risorse perequate. Il target perequativo era fissato al 50 per cento della capacità fiscale complessiva (comma 449 della legge n. 232): con questa previsione a regime, anche nell'ipotesi di una quota perequativa del fondo pari al 100 per cento, la metà del fondo sarebbe stata comunque attribuita in base a criteri basati sulla spesa storica. Infatti solo la metà della capacità fiscale dei Comuni sarebbe stata utilizzata in perequazione. Questo è il dato più importante per capire qual è la portata del meccanismo di attribuzione delle risorse attraverso il fondo di solidarietà comunale.
  In relazione al passaggio graduale dal sistema dei trasferimenti fondato sulla spesa storica a quello di attribuzione delle risorse del criterio perequativo, la legge n. 145 del 2018 ha confermato per l'anno 2019 gli importi attribuiti a titolo di fondo di solidarietà comunale 2018 arrestando la progressione prevista. La modifica dello scorso anno avrebbe generato un brusco salto nella progressione verso la piena perequazione (dal 45 per cento del 2019 all'85 per cento del 2020 al 100 per cento del 2021), comportando quindi l'esigenza di introdurre una rimodulazione della progressione per attenuare gli effetti distributivi troppo penalizzanti per i Comuni che contribuiscono al meccanismo perequativo (essenzialmente orizzontale).
  Per attenuare gli effetti indesiderati di queste revisioni, il decreto fiscale collegato alla manovra di bilancio ha introdotto due importanti innovazioni a decorrere dal 2020: una nuova rimodulazione delle percentuali (in particolare un incremento del 5 per cento annuo della quota del fondo che viene ripartita in base alla differenza tra capacità fiscale e fabbisogni standard per raggiungere il 100 per cento nel 2030) e un incremento del 5 per cento annuo del target perequativo, che raggiungerà il 100 per cento nel 2029. Quindi, in assenza di questa modifica, il target perequativo sarebbe rimasto fisso nella misura del 50 per cento. Nel 2030 nessuna quota del fondo sarà ripartita in base alle risorse storiche.
  Queste modifiche generano effetti distribuiti sui Comuni delle regioni a statuto ordinario esposti nella Tabella 4, dove sono riportate le simulazioni effettuate sul riparto del fondo di solidarietà comunale dal 2020, che sono state discusse nel corso della seduta del 7 novembre nella Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali. È necessario però segnalare che al momento non è ancora stato definito un accordo con l'ANCI. Quindi la tabella 4 riepiloga la Pag. 9distribuzione per regione delle risorse del fondo di solidarietà comunale.
  La tabella 5 invece fornisce un'informazione importante, perché distribuisce per regione la differenza tra le risorse del fondo di solidarietà comunale per il 2020 e quelle per il 2019, per i Comuni delle regioni a statuto ordinario. Nella distribuzione per regione di questa differenza tra il 2019 e il 2020 emerge che, a seguito delle modifiche introdotte, beneficiano di maggiori risorse i Comuni della Puglia e del Lazio (con un aumento pro capite nel 2020 pari rispettivamente a 4,60 euro e a 4,00 euro rispetto agli importi assegnati nel 2018). Una maggiore riduzione di risorse pro capite si registra invece per i Comuni dell'Emilia-Romagna (che vedono meno 3,50 euro per abitante), ridistribuzione che equivale a un minor trasferimento complessivo di 15,5 milioni di euro.
  In questa circostanza, Presidente, se lei è d'accordo, avremmo pensato di riportare nel testo di questa relazione una simulazione sugli effetti dei meccanismi di perequazione a regime – quindi il 100 per cento della perequazione – assumendo che rimanga invariato il quadro normativo della finanza locale e del meccanismo di perequazione. Sulla base di questa assunzione gli effetti distributivi a regime, a partire dal 2030 e a risorse invariate, che deriverebbero dalla rimodulazione della quota del fondo di solidarietà comunale, che verrà ripartita con finalità perequative, sono illustrati nella tabella 6. La tabella 6 mostra chiaramente che la distribuzione delle risorse è basata solo su criteri perequativi, quindi sulla base di capacità fiscale e fabbisogni standard, e che ne beneficiano in misura significativa i Comuni del Centro-Sud, con la sola eccezione dei Comuni della Campania. In termini pro capite si passa da una riduzione di risorse di 70,00 euro per abitante in Liguria a un aumento di risorse di 62,00 euro pro capite per i Comuni del Lazio.
  Il flusso redistributivo che si materializzerebbe nel 2030 dal Nord al Centro-Sud è giustificato sia dai livelli di capacità fiscale superiori a quelli dei fabbisogni standard, che contraddistinguono le regioni del Nord, sia dalla circostanza che il confronto viene effettuato rispetto alle risorse attribuite ai Comuni sulla base del criterio storico. Quest'ultima circostanza spiega la riduzione delle risorse che si osserva per i Comuni della Campania, ai quali venivano attribuite risorse sulla base della spesa storica ancora superiori a quelle (pur positive) che si determinerebbero in base ai criteri perequativi.
  Aggregando i Comuni per classe di ampiezza demografica, si vede chiaramente che della perequazione integrale delle risorse a regime, rispetto alle risorse attribuite in base al criterio storico, beneficiano i Comuni di medie dimensioni (i Comuni tra cinquemila e sessantamila abitanti), mentre penalizza gli altri Comuni, in particolare i più piccoli. I Comuni di maggiori dimensioni, con popolazione oltre i 250 mila abitanti, vedono aumentare le risorse di 4,00 euro per abitante nel passaggio dal criterio delle risorse storiche a quello della perequazione integrale, in base alla differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscali.
  In definitiva, quindi, l'evoluzione del percorso attuativo del federalismo fiscale ha fatto dei passi importanti in questi ultimi anni e deve confrontarsi ancora con alcuni nodi da sciogliere. L'avvio del sistema perequativo è senz'altro la novità più importante degli ultimi anni, l'attuazione di questo percorso però consente di evidenziare alcuni elementi di disallineamento rispetto ai principi che erano stati delineati originariamente nella legge n. 42.
  In primo luogo, infatti, una lettura attenta ai principi della legge n. 42 deve considerare i vincoli di bilancio, di cui all'articolo 28 della Costituzione, e la compatibilità dell'attuazione della legge-delega con gli impegni finanziari assunti con il Patto di stabilità e crescita, con particolare riferimento alla definizione dei livelli essenziali di prestazioni. Tuttavia la riduzione di risorse necessarie per contenere la spesa e per assicurare il concorso alla finanza pubblica degli enti locali non ha consentito fin qui di avere a disposizione le leve necessarie per assicurare la copertura integrale della differenza tra le entrate e le Pag. 10spese standardizzate per le funzioni riconosciute come fondamentali.
  L'attuale fondo ha natura orizzontale, la quota di alimentazione a carico dello Stato è quasi nulla, con il risultato che il meccanismo prevede di fatto una ridistribuzione di risorse dai Comuni che hanno una capacità fiscale superiore ai fabbisogni standard a quelli che hanno invece una capacità fiscale inferiore ai fabbisogni standard. E non potrebbe che essere così.
  A regime, la ripartizione delle risorse del fondo di solidarietà comunale sarà basata su questa differenza. Una prima riflessione, quindi, non può che essere collegata alla necessità di individuare i livelli essenziali delle prestazioni, quindi anche di rideterminare le capacità fiscali e i fabbisogni standard in termini assoluti, prevedendo un'integrazione delle risorse a carico della fiscalità generale. Il secondo nodo politico da sciogliere – a nostro avviso importante – prende le mosse dal disallineamento dell'attuale fondo di solidarietà comunale dal fondo perequativo, così come era stato disegnato dalla legge n. 42, che prevedeva in origine che la ripartizione delle risorse tenesse conto, oltre che di un indicatore di fabbisogno finanziario, anche di un indicatore di fabbisogno infrastrutturale e della necessità di finanziare parzialmente le spese per le funzioni diverse da quelle fondamentali.
  Presidente, se lei è d'accordo, io avrei ancora qualche argomento da affrontare.

  PRESIDENTE. Questa parte è estremamente interessante, purtroppo il tempo è passato, se vuole farne un'estrema sintesi.

  FABRIZIA LAPECORELLA, direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Nella parte finale di questa relazione voi troverete riepilogati lo stato di attuazione del federalismo provinciale e regionale.
  Il federalismo provinciale ha subito una battuta d'arresto per effetto delle riforme istituzionali che sono state avviate sulle Province e poi sono state bloccate, mentre il federalismo regionale adesso si misurerà con la sfida dell'autonomia differenziata, ma su questo non c'è niente che allo stato possiamo dire, perché si tratta di un percorso di cui ancora non si può prefigurare la fine.
  Direi che le novità più importanti sono quelle che si registrano sul fronte del federalismo municipale, che è interessato dalle risorse di bilancio, che impattano sulla ripartizione delle risorse tra i Comuni effettuata attraverso il fondo di solidarietà comunale.

  MASSIMO BITONCI. Ringrazio la professoressa Lapecorella per l'esaustiva illustrazione. Io penso, Presidente, che dovremmo approfondire alcuni temi estremamente importanti, perché la professoressa sa benissimo che dalla legge n. 42 sul federalismo fiscale e dai decreti attuativi, tra cui quello molto importante – però rimasto ad uno stadio concettuale – del federalismo municipale sarebbe dovuta derivare l'introduzione di tutta una serie di criteri di virtuosità che avrebbero in maniera estremamente chiara indotto un efficientamento anche nella pubblica amministrazione e nei Comuni.
  Nel momento in cui si considerano tutti i criteri che lei ha descritto (tra i quali il numero dei dipendenti di un Comune in relazione al numero degli abitanti, la capacità fiscale, eccetera), si può rappresentare la virtuosità di un ente rispetto ad un altro. Sappiamo che nel momento in cui si introducono questi criteri di virtuosità, pur tenendo conto dei criteri di carattere perequativo e di solidarietà tra Comuni, il fondo di solidarietà, che attualmente viene ripartito tra le municipalità, presenta delle evidenti discrepanze: penso ad esempio al Comune dove sono stato Sindaco, il Comune di Padova, che, come lei saprà, fece ricorso al TAR del Lazio – ottenendo soddisfazione – sulla ripartizione del fondo di solidarietà, anche in considerazione di quello che molti Comuni hanno fatto e altri no, come ad esempio l'aggiornamento delle rendite catastali. Se vogliamo tenere conto anche di questo criterio, ci sono Comuni che, in maniera estremamente corretta, hanno aggiornato le rendite catastali e sono quelli maggiormente colpiti nella ripartizione del fondo di solidarietà. Quindi sappiamo Pag. 11 che nel caso di un'eventuale ripartizione secondo dei criteri che noi conosciamo bene (e sono dei criteri certi), ci sarebbe una diversa ridistribuzione del fondo di solidarietà che tiene conto anche dei Comuni che portano avanti un'azione di efficientamento e quelli che non lo fanno, perché è questa poi la natura, la base e la ratio del federalismo fiscale, rapportato a quello municipale e a quello regionale. Questa è l'idea di come dovrebbe funzionare la pubblica amministrazione.
  Vengo alla domanda. Abbiamo visto che c'è questa volontà di bypassare il criterio della spesa storica e arrivare nel tempo, pur tenendo conto dei criteri di solidarietà, tenendo conto dell'effettiva virtuosità e di chi opera un efficientamento all'interno della pubblica amministrazione, perché, se noi continuiamo sempre a ripartire il fondo tenendo conto del criterio della spesa storica, sappiamo che non ci sarà mai nel tempo una riduzione della spesa e un efficientamento della pubblica amministrazione. Quindi è uno di quegli obiettivi a cui deve tendere assolutamente anche il Comune meno virtuoso, in particolare alcuni Comuni del Sud che sono meno efficienti anche in termini di servizi. Abbiamo visto la ripartizione, per esempio, degli asili nido, come sono ripartiti anche dal punto di vista geografico, chi effettua il servizio, chi no, chi contribuisce dal punto di vista municipale, chi no. Quindi lo sappiamo. Tutto ciò chiaramente se vi è la volontà di giungere a questo, perché la volontà deve essere di carattere politico, spiegando però ai colleghi che questo significa efficienza. Non è detto che il federalismo municipale consista nel togliere risorse; piuttosto si tratta di dire ai municipi: «Dovresti rendere più efficiente la tua organizzazione e magari riusciresti anche a fornire servizi migliori sul territorio, servizi che attualmente, nonostante le risorse che ricevi, non riesci a fornire. Anzi, magari ad oggi ricevi molto di più, ma non offri ai cittadini servizi analoghi a quelli che vengono offerti altrove sul territorio nazionale».
  La seconda domanda è: quei Comuni che hanno avuto soddisfazione in primo grado al TAR vedranno riconosciuti i ristori delle somme e quindi un maggior riequilibrio del fondo di solidarietà?

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Innanzitutto grazie per la prima parte della sua relazione, perché ci ha fornito un'anticipazione rispetto a quello che avverrà con la legge di bilancio. Vorrei partire dalla fusione IMU-TASI, per capire una questione che non mi è ancora chiara. In merito alla fusione IMU-TASI, rimaniamo nell'alveo dell'autoliquidazione? Non introduciamo alcuna forma di bollettazione?
  Sono state presentate una serie di proposte di legge alla Camera dove abbiamo parlato di questa fase successiva di passaggio alla bollettazione ed io ho evidenziato in diverse sedi la problematica legata a come collegare e uniformare i rapporti tra le banche dati comunali e i dati in possesso dell'Agenzia delle entrate, che sappiamo essere leggermente divergenti in alcuni periodi, ma che sono oggettivi. Quindi alla scadenza, sia della rata di acconto che di saldo, avremo dei periodi in cui, se il Comune dovesse fare la bollettazione e non l'autoliquidazione, dovrebbe uscire qualche giorno prima delle scadenze del 16 giugno e del 16 dicembre, e noi dovremmo prevedere delle formule che non siano dei ravvedimenti onerosi per il cittadino. È chiaro che, se io modifico la mia abitazione con un intervento di ristrutturazione, mi arriva un nuovo DOCFA (Documenti Catasto Fabbricati), e quando è uscito il bollettino, ho un problema di adeguamento e, ancor di più, a saldo. Quindi c'era un tema più tecnico. Però vorrei capire se siamo fermi all'autoliquidazione, perché vorremmo andare avanti rispetto a questa ulteriore semplificazione legata alla bollettazione.
  Vi è un'altra questione che vorrei sottoporle. La Commissione Finanze l'altro giorno ha svolto l'audizione del dottor Arachi, il Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, il quale ha giustamente sottolineato il problema di una perequazione che ha i suoi limiti; sappiamo tutti che, a fronte di fabbisogni standard che ammonterebbero a 35 miliardi di euro, abbiamo una forma di perequazione che va sulle capacità fiscali e sull'effettiva messa a regime di 26 miliardi; abbiamo cioè ben 9 Pag. 12miliardi che «ballano». Tutti i giorni affrontiamo questa situazione, perché vi è un problema legato alla diversa distribuzione delle capacità fiscali tra i Comuni vi è un altro problema relativo al fondo.
  Vengo all'autonomia differenziata nella seconda domanda. Voi state pensando o comunque state iniziando a studiare – oggi abbiamo sentito il ministro Boccia in Commissione bicamerale per il federalismo e abbiamo visto i due articoli dell'impianto di questa legge cornice – le formule dei fondi perequativi a livello regionale? Perché sarà il tema che dovremo affrontare. Tutti sappiamo che anche nel decreto fiscale abbiamo rinviato l'entrata a regime delle compartecipazioni e quindi l'autonomia finanziaria da parte delle Regioni; andiamo avanti con una finanza più derivata, però arriveremo al dunque nel capire come – rispetto a quel che diceva prima il collega Bitonci su come misuriamo l'efficientamento e come valorizziamo l'efficientamento della spesa – diamo il via all'autonomia regionale. Anche questo è un tema che segue quello della perequazione. Quindi c'è qualcosa allo studio, oltre ai LEP, che sono importantissimi? Voi come Dipartimento delle finanze per questa autonomia differenziata state lavorando sul tema delle entrate e sulla criticità che comporterà l'autonomia differenziata oppure no?

  RAFFAELE TOPO. Io ringrazio la professoressa per la relazione, soprattutto per le anticipazioni, ma anche per aver detto in modo esplicito che, dopo la riforma della legge n. 42, c'è stato un processo di arresto della riforma delle autonomie; ma c'è stato ancora di più un intervento, a partire dal decreto n. 78, che ha messo gli enti locali in una situazione di estrema difficoltà.
  È stato ricordato qualche giorno fa il tema della spesa del personale che nel sistema delle autonomie è scesa mentre nello Stato è aumentata; il tema della spesa corrente; la spesa per beni e servizi: c'è stato uno iato tra il sistema di governo del Paese con un'evidente penalizzazione del sistema delle autonomie. È evidente che questa diventa un'opportunità. Abbiamo certamente bisogno di rafforzare il sistema delle autonomie, ma anche quello di garantire un adeguato livello di servizi nel Paese. Noi abbiamo un Paese lungo, piuttosto che dividerlo in due proviamo a tenerlo insieme, perché questa è la sfida. Ovviamente abbiamo un tema che riguarda la perequazione, ma c'è anche quello di garantire un livello di servizi più o meno standard nel Paese. Comincia il Governo adesso con gli asili nido; segnalo che il tema degli asili nido è figlio della spesa storica: ne hai cento in un comune di centomila abitanti e zero in un altro comune di centomila abitanti (per esempio Casoria).
  Vorrei porre la seguente domanda: sulla base del disegno di legge di cui parliamo e delle scelte che si stanno prefigurando nella legge di bilancio, quali tempi abbiamo per realizzare, sia pure con la gradualità che è stata accennata, i livelli essenziali delle prestazioni attraverso le scelte che Governo e Parlamento stanno assumendo in questo ambito?

  ALBERTO LUIGI GUSMEROLI. Il Presidente Conte ha detto: «Mi impegno a destinare pressoché integralmente le somme recuperate dall'evasione fiscale ad un fondo per ridurre la pressione fiscale, che è diventata insostenibile soprattutto per alcune categorie. Pagare tutti per pagare meno». Nella manovra finanziaria ci sono dei fondi destinati alla riduzione della pressione fiscale?

  PRESIDENTE. Collega Gusmeroli, questa però non è una domanda attinente all'indagine odierna.
  Io non ho ricevuto ulteriori richieste di intervento.
  Facendo il punto della situazione, mi pare di capire che il criterio della spesa storica sia veramente nefasto sotto tutti i punti di vista, perché basare i trasferimenti sulla spesa storica significa, anche sulla base di quello che diceva il collega Bitonci, fare due errori madornali: o penalizzare i più poveri perché, in quanto poveri, storicamente spendono meno e quindi hanno uno storico più esiguo (come avviene per la questione dei nidi, che non farei assurgere a una questione di efficienza, ma purtroppo Pag. 13 talvolta a una questione anche di percorso storico da parte di alcune comunità, che vanno assolutamente allineate); e, dall'altra parte, magari penalizzare Comuni che possono spendere, ma spendono con maggiore morigeratezza, perché sono più efficienti. Quindi vi è un doppio livello di errore.
  Mi associo assolutamente alla linea della relazione che auspica l'applicazione di criteri che tengano conto proprio dei livelli essenziali di prestazioni e dei fabbisogni standard.
  Lascio la parola alla professoressa per le risposte. Prego.

  FABRIZIA LAPECORELLA, direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Grazie, Presidente.
  Direi che l'intervento dell'onorevole Bitonci e dell'onorevole Topo alla fine vanno nella stessa direzione: il processo di attuazione del federalismo si è allontanato progressivamente da quanto previsto nello schema originario della legge n. 42, che aveva l'obiettivo di incentivare i Comuni all'efficienza e di assicurare allo stesso tempo una perequazione tra le risorse dei Comuni, prevedendo che il meccanismo perequativo non fosse esclusivamente orizzontale ma anche verticale. Quindi noi ci troviamo davanti a dei vincoli che sono esterni.
  Di fatto il processo di attuazione del federalismo ha iniziato a muovere i suoi primi passi nella congiuntura economica più sfavorevole possibile, quindi il risultato del disallineamento tra l'attuazione e i principi dell'attuazione si spiega soltanto con i tagli delle risorse effettuati attraverso le diverse manovre di spending review e, se non avessimo avuto quei vincoli, io immaginerei che la componente verticale del fondo non sarebbe scomparsa, e sarebbe stata molto importante.
  Quindi il meccanismo di perequazione è monco, perché gli manca il pezzo della perequazione verticale, perché ha le risorse congelate a quei 6,2 miliardi dai quali ci si dovrebbe staccare per poter invece riflettere quello che la legge n. 42 voleva che si realizzasse attraverso il federalismo municipale.
  L'altro profilo rispetto al quale è molto importante il disallineamento è quello dell'efficienza, del fatto che non ci siano nell'attuazione degli incentivi efficaci per efficientare l'attività dei Comuni nell'uso delle risorse e nella produzione e nell'erogazione dei servizi. Ovviamente non ci dimentichiamo che, sempre per ragioni riconducibili a vincoli di risorse, i fabbisogni standard (che adesso vengono utilizzati per la ripartizione della quota perequativa del fondo) funzionano come criteri di ripartizione della spesa. I fabbisogni standard potrebbero invece funzionare come meccanismi di incentivazione all'efficientamento della spesa, se fossero definiti i livelli essenziali delle prestazioni. Il motivo per cui i fabbisogni standard funzionano come parametri di riparto della spesa è perché purtroppo non è stato possibile attribuire maggiori risorse da destinare al meccanismo di perequazione. Quindi quello che si è dovuto accettare è un quantum di risorse da ripartire tra i Comuni e individuare un criterio per ripartirle il più vicino possibile ai criteri della legge n. 42. In questo senso la differenza tra capacità fiscale e fabbisogni standard, per la parte per cui opera, adesso cerca di rimanere vicina a quel principio, ma noi non possiamo negare che l'attuazione effettiva di quel principio richiederebbe maggiori risorse per la perequazione verticale (oltre che per quella orizzontale); richiederebbe la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e a quel punto sì i fabbisogni standard diventerebbero indicatori di efficienza e non indici per il riparto delle risorse, rispetto alla spesa effettivamente sostenuta dai Comuni. Per i Comuni il fabbisogno standard, così come è calcolato adesso, incorpora il fatto che ci sono alcuni Comuni che non offrono quel servizio, sono inefficienti. Detto questo, l'auspicio è che si possa andare avanti.
  Io ritengo che sia un ottimo passo avanti quello di aver delineato il percorso per l'incremento progressivo del target perequativo e per l'incremento progressivo per arrivare al 100 per cento della ripartizione, Pag. 14con la consapevolezza che i limiti degli strumenti che oggi sono utilizzati per attuare la ripartizione delle risorse del fondo di solidarietà comunale sono quelli che conosciamo, che dovranno essere superati. Ma potranno essere superati soltanto quando saremo in condizioni di utilizzare in maniera più o meno vincolata le risorse del bilancio dello Stato.
  Per ciò che riguarda la questione che mi poneva l'onorevole Fragomeli, nell'audizione precedente avevamo parlato della prospettiva importante della standardizzazione della manovrabilità dei Comuni: questo allo stato non si è realizzato. È stato avviato un percorso di semplificazione, la nuova IMU sarà autoliquidata, dando però la possibilità ai contribuenti di disporre, attraverso il portale del federalismo fiscale, di tutte le informazioni che saranno utili per poter autoliquidare il tributo. Quindi ci saranno sul portale aliquote IMU, dati catastali e tutte le altre informazioni fiscali rilevanti per l'autoliquidazione del tributo. Il portale del federalismo fiscale diventa, quindi, una sorta di cassetto fiscale per i tributi a disposizione dei contribuenti per autoliquidare i tributi locali.
  Per quello che riguarda il federalismo regionale, devo dire che allo stato non siamo ancora entrati in gioco nelle discussioni per la sua attuazione, quindi non ho risposte da darle.
  Per i rimborsi ai Comuni, noi ottemperiamo alle sentenze e, in particolare, il riconoscimento per il Comune di Padova in questo momento è all'attenzione dell'Ufficio legislativo del Ministero dell'Economia e delle Finanze.

  MASSIMO BITONCI. Il tema è delicato, perché ci sono una trentina di Comuni del Trevigiano, più il Comune di Padova, più altri Comuni che successivamente si sono agganciati.

  FABRIZIA LAPECORELLA, direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Darei la parola alla dottoressa Rotunno, della Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del MEF, che segue direttamente i ricorsi.

  CLAUDIA ROTUNNO, dirigente dell'Ufficio XII della direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale. Buonasera. Conosciamo il contenzioso e ne conosciamo l'esito. Il Consiglio di Stato – quindi abbiamo una sentenza definitiva del contenzioso – ha stabilito che il DPCM è stato emanato formalmente in ritardo, quindi non ha potuto svolgere i propri effetti, per cui ha «condannato» l'amministrazione al rimborso di quelle quote del fondo. Quindi sappiamo che dobbiamo ottemperare a una sentenza, però la questione è in mano al nostro Ufficio legislativo. La situazione è all'attenzione dei nostri uffici.

  FABRIZIA LAPECORELLA, direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Mi permetto di aggiungere che ottemperare a una sentenza è un'attività amministrativa e questo spiega per quale ragione la questione è all'esame dell'ufficio legislativo; anche perché nel passato, per analoghi tipi di ricorsi, sono state poi riconosciute ad alcuni Comuni le somme dovute in ottemperanza alla sentenza attraverso specifiche disposizioni delle leggi di bilancio. Sono state stanziate le somme attraverso le leggi di bilancio. È stato il caso del Comune di Lecce e anche del Comune di Torino. Per cui il senso di far esaminare la questione all'Ufficio legislativo è quella di consentire eventualmente di provvedere allo stanziamento delle somme con il bilancio del 2020.

  PRESIDENTE. Ricordo alla professoressa la domanda del collega sulla manovra, in particolare sul fondo per la riduzione della pressione fiscale.

  FABRIZIA LAPECORELLA, direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Per il fondo per la riduzione della pressione fiscale quest'anno la legge di bilancio ha stanziato 370 milioni. Il fondo può essere alimentato soltanto dalla parte delle entrate che derivano dalla lotta all'evasione che può essere considerata come strutturale e quindi per questa ragione essere acquisita al bilancio dello Stato. Pag. 15
  Per attribuire il carattere della strutturalità alle somme che derivano dal recupero dell'evasione, si applica una metodologia – con il tempo condivisa con la Ragioneria dello Stato – che quest'anno ha consentito di assegnare a quel fondo 370 milioni, che non sono le entrate che derivano dal contrasto dell'evasione, sono una parte delle entrate che derivano dall'attività di contrasto all'evasione, che può essere considerata come strutturale in base ad una metodologia estremamente prudenziale.

  ALBERTO LUIGI GUSMEROLI. Questi 370 milioni sono per il 2020? Il presidente Conte ha detto che le entrate da recupero dell'evasione sarebbero state destinate ad un fondo per la riduzione della pressione fiscale nel 2020: nel 2020 a quanto ammonta il finanziamento di questo fondo?

  FABRIZIA LAPECORELLA, direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Non ho sentito il presidente Conte, e avrei dovuto sentirlo, però mi permetto di interpretare. Credo che quello che intendesse dire è che le entrate che deriveranno nel 2020 dalle attività di recupero dell'evasione, anche tenendo conto del fatto che nel bilancio 2020 ci sono una serie di misure che si ritiene potranno fortemente agevolare il recupero dell'evasione, ma per le quali il recupero dell'evasione non è stato quantificato...

  ALBERTO LUIGI GUSMEROLI. Quindi non c'è nessun fondo.

  FABRIZIA LAPECORELLA, direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. No. Ma le faccio un esempio: le misure che prevedono una riduzione del limite all'uso del contante, le misure che prevedono l'incentivazione dell'uso dei pagamenti tracciabili sono tutte misure per le quali non sono state quantificate risorse, maggiori entrate dal recupero dell'evasione, ma ci si attende comunque che quelle misure contribuiscano, facilitino il recupero dell'evasione e, nella misura in cui sarà possibile quantificare in corso d'anno il recupero dell'evasione, quelle maggiori entrate potranno essere destinate al fondo per la riduzione della pressione fiscale e non utilizzate per finanziare altre spese.

  PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Lapecorella e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.