XVIII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 29 ottobre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ruocco Carla , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI SISTEMI TRIBUTARI DELLE REGIONI E DEGLI ENTI TERRITORIALI NELLA PROSPETTIVA DELL'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE E DELL'AUTONOMIA DIFFERENZIATA

Audizione di rappresentanti di SOSE S.p.A.
Ruocco Carla , Presidente ... 3 
Atella Vincenzo , amministratore delegato e direttore generale di SOSE S.p.A ... 3 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 8 
Stradiotto Marco , responsabile analisi della finanza pubblica di SOSE S.p.A ... 8 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 9 
Stradiotto Marco , responsabile analisi della finanza pubblica di SOSE S.p.A ... 9 
Ruocco Carla , Presidente ... 10 
Stradiotto Marco , responsabile analisi della finanza pubblica di SOSE S.p.A ... 10 
Ruocco Carla , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal professor Atella ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
CARLA RUOCCO

  La seduta comincia alle 13.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di SOSE S.p.A.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di SOSE - Soluzioni per il sistema economico S.p.A., nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui sistemi tributari delle regioni e degli enti territoriali, nella prospettiva dell'attuazione del federalismo fiscale e dell'autonomia differenziata, che saluto e ai quali do il benvenuto a nome di tutta la Commissione.
  Ricordo che la SOSE S.p.A. è una società partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalla Banca d'Italia e rappresenta il partner metodologico del Ministero per l'analisi strategica dei dati in materia tributaria e di economia d'impresa. Nell'ambito di tali funzioni si occupa anche della determinazione dei fabbisogni standard, in attuazione del federalismo fiscale, al fine di controllare la spesa pubblica e determinare gli indicatori che stimano statisticamente il fabbisogno finanziario di un ente in base alle caratteristiche territoriali e agli aspetti sociodemografici della popolazione residente.
  Nel ringraziarlo per la disponibilità dimostrata, cedo la parola all'amministratore delegato e direttore generale Vincenzo Atella, al quale chiederei di limitare il proprio intervento, se possibile, ad una ventina di minuti al massimo, al fine di lasciare poi adeguato spazio al successivo dibattito.

  VINCENZO ATELLA, amministratore delegato e direttore generale di SOSE S.p.A.. Grazie, presidente. Molto rapidamente due informazioni aggiuntive su quello che è stato detto rispetto a SOSE. Siamo una società in house, siamo a Roma, operativi dal 1999 e siamo un gruppo di persone che principalmente ha al suo interno statistici, economisti e informatici di sostegno all'attività metodologica sia per quanto riguarda la parte fiscale che quella dei fabbisogni standard. Abbiamo tutta una serie di skill al nostro interno che vanno dall'information technology alla comunicazione, analisi statistica, analisi economica, analisi normativa e fiscale, oltre che - cosa fondamentale - analisi strategica dei dati. Lavoriamo su diversi settori: siamo responsabili per gli indici sintetici di affidabilità relativamente alle modalità di pagamento delle tasse da parte delle imprese italiane (quelle sotto i 5,16 milioni di euro) e per i costi e fabbisogni standard. Abbiamo costituito un centro studi che ci permette di sviluppare tutte quante queste metodologie. Facciamo sostegno e servizi di supporto alla Ragioneria generale dello Stato relativamente al tema dei costi e fabbisogni standard.
  Ciò detto vorrei presentare il problema e da dove partiamo, per far capire meglio il nostro ruolo. Il problema di partenza è quello di avere avuto negli anni una situazione che, man mano, ha creato grosse differenze o grosse iniquità tra il livello dei servizi erogati dai diversi enti a livello locale e la spesa storica. In sostanza, negli Pag. 4anni si è creato un forte disequilibrio tra quanto erogato in termini di servizi e quello che invece gli enti locali ricevevano sotto forma di finanziamento, definito dalla spesa storica. Chiaramente questo negli anni ha sempre più rappresentato un grosso problema fino al momento in cui, con la legge n. 42 del 2009, il legislatore ha pensato di cambiare completamente questo stato di cose cercando di rendere molto più equo il sistema, in particolare mettendo in condizione tutti gli enti locali di partire da uno stesso livello e da lì riuscire a valorizzare le risorse da assegnare in base ai servizi che riuscivano a fornire, condizionatamente alle esigenze del territorio sul quale gli enti stessi risiedevano.
  A seguito della legge n. 42 del 2009 a SOSE sono state affidate una serie di competenze che vengono qui riassunte: la stima dei fabbisogni standard di province, città metropolitane, comuni e regioni a statuto ordinario (questo è previsto dal decreto legislativo n. 216 del 2010, dal decreto-legge n. 50 del 2017 e da una norma specifica per la Sicilia, l'unica regione a statuto speciale per la quale stiamo lavorando). Inoltre ci è stato affidato il monitoraggio della spesa delle province e delle città metropolitane (in base alla legge n. 190 del 2014). Infine a noi compete la ricognizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) per le regioni a statuto ordinario, relativamente alla spesa sociale per l'istruzione e i trasporti pubblici locali (decreto legislativo n. 68 del 2011).
  Questa è un'attività molto complessa e laboriosa che ha visto SOSE impegnata con la collaborazione dell'Istituto per la finanza e l'economia locale - IFEL, dell'Unione delle province italiane, del Centro interregionale studi e documentazione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome - CINSEDO e con il coordinamento di quella che prima era COPAFF, poi diventata Commissione tecnica per i fabbisogni standard - CTFS.
  Potete immaginare che la quantità di lavoro fatto è stata grandissima: abbiamo lavorato su oltre 7.200 comuni; abbiamo effettuato una ricognizione del livello dei servizi svolti da questi enti per ogni singola funzione; abbiamo mappato tutti i servizi che rientravano nelle funzioni fondamentali, separandoli da quelli che non ne facevano parte. Inoltre c'è stata la problematica del livello del servizio da riconoscere per i fabbisogni standard – il punto forse più importante – perché c'erano dei servizi molto importanti che però ancora oggi non vengono considerati obbligatori dalla legislazione vigente, in quanto definiti servizi a domanda individuale (quali ad esempio gli asili nido) o i servizi a supporto dell'istruzione (ad esempio le mense scolastiche). In più l'altro lavoro fatto ha riguardato la standardizzazione del livello dei servizi per funzioni fondamentali e a seguire, dopo tutto questo lavoro, la stima dei costi e fabbisogni standard.
  Per capire di quanto stiamo parlando, la slide che vedete ci mostra che stiamo parlando di circa 36 miliardi che afferiscono alla spesa dei comuni; un po' meno di 3 miliardi – i numeri precisi li vedremo tra poco – per le province e città metropolitane e 15 miliardi per le regioni. Nel complesso sono 54 miliardi, che rappresentano l'ammontare di risorse sul quale abbiamo lavorato e che ha a che fare con costi e fabbisogni standard.
  La successiva slide mostra una tabella abbastanza interessante, perché è una matrice nella quale per riga sono riportate le voci di spesa e per colonna la provenienza dei finanziamenti o la spesa effettuata da regioni, comuni e città metropolitane. Questo è stato un grosso lavoro di ricostruzione di tutti questi dati che prima non esisteva ed è stato reso possibile grazie al lavoro di SOSE.
  Adesso veniamo agli strumenti previsti dalla legge n. 42. La prima cosa sulla quale vorrei soffermarmi sono i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), che servono a definire le prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti alla popolazione. In altri termini, i LEP non fanno altro che riconoscere un diritto alla prestazione, e gli enti si rivedranno riconosciute le risorse sulla base della quantità di diritti che riescono a riconoscere con l'erogazione di questi LEP. Altro strumento importante sono i costi standard. Tutte le Pag. 5prestazioni che vengono fornite devono essere fornite a un costo standardizzato e uguale tra tutti gli enti coinvolti. Chiaramente ci sono delle variazioni sulla base di una serie di informazioni, in particolare la dimensione in termini di abitanti dell'ente coinvolto. Questo dato è importante, perché attraverso di esso i cittadini possono capire quanto viene a costare il servizio erogato. L'ultima cosa importante è relativa ai fabbisogni standard: cercare di capire qual è il livello di fabbisogni che a livello locale esiste.
  Questi sono tre oggetti sui quali noi siamo stati coinvolti, adesso vi faremo vedere una serie di risultati relativamente in particolare a fabbisogni e costi standard, e poi diremo qualche cosa sui livelli essenziali delle prestazioni.
  Sui fabbisogni standard più o meno vi ho già raccontato cosa sono: stimano statisticamente il fabbisogno finanziario di un ente. Ovviamente i fabbisogni standard non sono qualcosa che si misura e si raccoglie attraverso un questionario: vanno stimati attraverso dei metodi statistici ed econometrici. La cosa importante è che nella stima di questi fabbisogni standard bisogna capire che i comuni sono diversi tra loro in molti aspetti; quello che noi vogliamo fare è trovare un metro di misurazione che possa tenere conto o possa nettare tutte le differenze di carattere demografico, sociodemografico, altimetrico e altro, che possono rendere più o meno diversi i livelli dei fabbisogni tra i vari enti locali. Nel caso particolare, i modelli che abbiamo usato utilizzano circa settanta variabili, che aiutano a tenere conto delle diversità tra i vari enti locali. Nella slide ne vedete alcune, le più significative, che impattano maggiormente sul cambiamento del livello dei fabbisogni.
  Nella slide successiva – parliamo sempre dei comuni e delle regioni a statuto ordinario - la tabella ci racconta un'altra cosa interessante: avete il livello della spesa per funzioni o servizio (nella colonna A); nella colonna B, l'incidenza dei servizi a domanda individuale, ad esempio l'incidenza per quanto riguarda l'istruzione pubblica su 4,645 miliardi; e nell'ultima colonna, la C, le percentuali. Per cui, nel caso degli asili nido, servizi a domanda individuale, il valore finale che vedete nella terza colonna è 100 per cento. Nel complesso della spesa possiamo dire che i servizi a domanda individuale rappresentano l'11,32 per cento del totale della spesa dei comuni (pari a circa 35,5 miliardi).
  Guardiamo ora ai risultati nei comuni delle regioni a statuto ordinario. La prima cosa che vediamo dal grafico mostrato è, in blu, la spesa storica (espressa in euro/abitante); in verde la spesa standard (ricalcolata con le nostre metodologie, sempre espressa in euro/abitante); la linea rossa rappresenta la media nazionale di spesa, in euro/abitante. Questo grafico non fa altro che mostrare come spesa storica e spesa standard possono variare, a seconda della dimensione dei comuni. Questa classica forma a U ha una sua ragion d'essere e ci dice che nei piccoli comuni quello che osserviamo spesso sono delle diseconomie di scala, perché ci sono pochi utenti, ma una serie di servizi devono essere comunque attivati, ciò che porta a un costo maggiore e a una spesa maggiore per abitante; dal lato opposto, nei comuni con molti abitanti, c'è la complessità dei servizi che vengono offerti e che, quindi, richiedono l'organizzazione di servizi a costi maggiori, semplicemente perché c'è bisogno di una maggiore quantità di servizi. Un caso per tutti – come potete immaginare – è il trasporto pubblico locale, che nei piccoli paesi non c'è, nei piccoli comuni non c'è, nei grandi comuni invece è necessario. La linea rossa ci dice che, se noi utilizzassimo un livello medio nazionale, commetteremmo un grosso errore nell'allocazione di queste risorse. Il differenziale tra le colonnine blu e verde rappresenta come la correzione rispetto alla dimensione del comune aiuti a tarare meglio la quantità di risorse che deve essere fornita a un particolare ente.
  Nella slide successiva vediamo le stesse informazioni per regione: il blu è sempre la spesa storica; la linea verde rappresenta la spesa standardizzata da cui si ricava come ci siano alcuni comuni all'interno delle regioni che dovrebbero ricevere di più, e Pag. 6altri che invece dovrebbero ricevere di meno. Quella mostrata è la media dei comuni a livello regionale. Chiaramente dentro le regioni questi comuni hanno ulteriore variabilità ed eterogeneità, ma questo è il quadro che viene fuori.
  Mi avvio a concludere, così cerco di lasciare un po' di tempo per eventuali domande. Quello di cui adesso voglio parlare è la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, quello che noi adesso definiamo lo stato dell'arte (quello che è stato fatto fino adesso) e in che direzione stiamo andando. Nel 2017 abbiamo completato la ricognizione dei livelli essenziali delle prestazioni effettivamente erogate dalle regioni a statuto ordinario relativamente a spesa sociale, istruzione e trasporto pubblico locale, con i relativi costi. Questo incarico è stato svolto in attuazione del decreto legislativo n. 68 del 2011. A questo punto spetta al decisore politico la definizione dei diritti sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (decidere cosa deve essere garantito e cosa non deve esserlo); la definizione dei livelli di governo che devono garantire i diversi LEP; infine la definizione delle risorse disponibili ed eventualmente necessarie per poter garantire quegli standard, perché un conto è fissare un'asticella, un conto è verificare che a questa asticella ci sono o meno le risorse sufficienti. Il contributo di SOSE è dare questa fotografia e far capire al decisore politico quanto è disponibile e fin dove si può arrivare, e dove invece bisogna, per così dire, rendere la torta ancora più grande.
  Dal punto di vista del decisore politico quello che bisognerà cercare di fare è, per alcune funzioni, definire i LEP; per altre funzioni, per le quali i LEP non possono essere definiti, perché non si può parlare di un diritto sociale o civile per l'individuo, bisognerà forse parlare di obiettivi di servizio. In questa slide vedete quelle che possiamo definire (a sinistra) le funzioni e le materie che incidono sui diritti civili e sociali, per cui è necessario definire un LEP; quelle a destra sono tutte le funzioni in materia che non incidono direttamente sui servizi civili e sociali, per i quali sarebbe forse necessario immaginare degli obiettivi di servizio. Per darvi un'idea: bisogna ad esempio definire se dare o non dare la mensa scolastica in un comune (per la definizione dei LEP), mentre per gli obiettivi di servizio vanno individuati gli obiettivi che l'ente decide di raggiungere (per esempio il numero di carte d'identità che vengono rilasciate in un anno, nel caso dell'Anagrafe).
  Per chiarezza, abbiamo aggiunto (alla fine della colonna in verde) la sanità (dove ci sono i cosiddetti LEA), ma preciso che SOSE non è assolutamente coinvolta in questa materia. Per completezza l'abbiamo messa.
  Vorrei farvi a questo punto un esempio, che in queste ultime settimane e mesi è stato all'attenzione dei media, ovvero il servizio per gli asili nido. La situazione degli asili nido è quella che vedete riportata nella slide. Ad oggi non è un servizio obbligatorio, incide sulla popolazione 0-2 anni, e il grado di copertura dei fabbisogni è sul livello del servizio storico, per cui chi lo ha avuto in passato registrava una spesa, chi non ha mai attivato un asilo nido non registrava alcuna spesa, cosa che ha creato il grosso problema della «spesa zero» per gli asili nido. Il valore complessivo della spesa di cui stiamo parlando è 1,391 miliardi circa, che rappresenta il 3,99 per cento della spesa complessiva dei comuni. Questo è per caratterizzare l'ambito di cui stiamo parlando.
  Se guardiamo alla distribuzione degli asili nido nei comuni, per dimensione in termini di abitanti, quello che potete vedere sull'asse verticale è la spesa per abitante. È ovvio immaginare che nei piccoli comuni la funzione dell'asilo nido è forse meno necessaria, per tutta una serie di reti di protezione sociale che esistono, mentre invece diventa sempre più necessaria, e, quindi c'è maggiore presenza di asili nido, nei comuni con un numero di abitanti superiore a centomila. Se avessimo continuato con i comuni fino a mezzo milione di abitanti, avreste visto che questa barra sarebbe aumentata ancora di più.
  Da un punto di vista regionale qui abbiamo una visione diversa: la spesa per asili Pag. 7nido a livello regionale mostra una grossa differenza tra le varie regioni a statuto ordinario in Italia – la linea tratteggiata è la media nazionale – in termini di percentuali di copertura. Questa è la storia, la fotografia dell'attuale.
  Nel luglio del 2019 ci sono state una serie di novità e, per risolvere il problema della spesa zero degli asili, SOSE, con la Commissione tecnica per i fabbisogni standard, ha creato una nota metodologica per i riparti delle risorse con l'inserimento di voucher. Provo a spiegarmi più semplicemente. A parità di risorse disponibili, quello che si è cercato di fare è di sottrarre risorse dove c'è un livello di copertura più alto di un certo limite e ripartire questa somma sui comuni con spesa zero. Ovviamente in quei comuni dove la spesa era zero, quindi dove probabilmente non era già attivato un servizio di asilo, si è pensato di risolvere il problema assegnando un voucher. Le famiglie avrebbero poi potuto utilizzare questo voucher come meglio avrebbero creduto.
  Nella slide si vede la composizione dei fabbisogni standard degli asili, che rappresentano una quota residuale abbastanza minima. In questa slide invece potete vedere che nei casi in cui non era presente un asilo, per dimensione del comune, sono state individuate delle soglie minime di copertura del servizio. La colonnina con il 25 per cento vi dice che nei comuni fino a cinquemila abitanti si cerca di arrivare al 7,69 per cento, poi, man mano che gli abitanti crescono e che il fabbisogno è maggiore, la copertura cerca di salire. Dall'altro lato, per tutti coloro che erano al di sopra del 28,88 di percentuale di copertura, quelle risorse sono state sottratte per riportarle a 28,88 e riassegnate, in modo tale da garantire la disponibilità anche in quei comuni dove invece la spesa era zero. Tutto questo ha portato (in simulazione) a una situazione di questo genere: nel confronto tra le percentuali di copertura storica e standardizzata, la copertura storica è quella in azzurro; la copertura normalizzata (quella che abbiamo fatto in simulazione) è quella in verde. In base ai vincoli di bilancio, partendo dalle risorse attuali disponibili per gli asili, abbiamo spostato una quota di bilancio da chi aveva una copertura oltre il 28,88 per cento verso chi non aveva copertura – comuni piccoli dove non sono organizzati questi asili – e abbiamo notato che con i voucher si riesce ad alzare la loro percentuale di copertura. Allo stesso modo, questo aumenta di molto la copertura nelle regioni del Sud (quelle che non avevano organizzato il servizio).
  Quello che vediamo nella ulteriore slide è il fabbisogno standard pro capite per fasce di popolazione (mostrato in misura di euro/abitante): ci sono delle piccole differenze che testimoniano il fatto che comuni con pochi abitanti aumentano di pochi euro o, in alcuni casi, di pochi centesimi per numero di abitante, invece si riducono sulla quota più alta della popolazione. Questo sia per dimensione di abitanti che per regioni. Quello che abbiamo visto prima erano le coperture, questi altri grafici rappresentano invece il trasferimento in euro pro capite per dimensione dei comuni e per regioni. Questo è un esempio che permette di farvi capire in che modo si può agire.
  Abbiamo visto come può cambiare la percentuale di copertura degli asili. La politica avrebbe potuto dire «io voglio per tutti una percentuale di copertura al 15 per cento, al 20 per cento o al 25 per cento» – legittimamente, è una scelta politica che bisogna fare. Il problema è che con l'esercizio che abbiamo fatto qui, abbiamo rispettato il vincolo di bilancio; se qualcuno dovesse chiedere una copertura per tutti al 25 per cento, questo implicherebbe un aumento delle risorse da mettere in bilancio, ecco perché è una scelta politica. Si sarebbe potuto stabilire il 10 per cento per i comuni con meno di cinquecento abitanti, per poi arrivare al 30 per cento per i comuni oltre cinquecentomila abitanti, aumentando in maniera costante, ma avrebbe significato essere sopra le disponibilità attualmente esistenti e si sarebbe dovuto decidere come farlo e come finanziarlo.
  Lo strumento che vi abbiamo proposto vi fa capire che SOSE ha sviluppato, con la Commissione tecnica e con tutte le persone che lavorano in tale ambito, una metodologia che è stata condivisa, che permette di fare analisi e simulazioni tali per cui poi il Pag. 8decisore politico può essere più informato e decidere cosa è meglio fare. Mi fermo qui per non rubare altro tempo.
  Nella presentazione ci sono molte più tabelle e informazioni, molte di queste però sono già state presentate in altre audizioni, quindi non prenderei altro tempo. Quella esposta mi sembra la novità e il succo del discorso.
  Altra cosa fondamentale: tutte queste informazioni sono disponibili su OpenCivitas, il portale di dati che abbiamo realizzato, a supporto del decisore politico.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Molte delle questioni che avete affrontato le abbiamo in parte discusse anche con il professor Arachi, perché il tema dei fabbisogni standard, con particolare riferimento al lavoro che avete fatto rispetto alla finanza locale dei comuni, è un tema che abbiamo approfondito. Oggi voi aggiungete alcuni elementi importanti rispetto alle funzioni e materie regionali, su cui vorremmo capire qualcosa in più. La definizione dei LEP sappiamo tutti essere fondamentale, abbiamo sentito qualche volta parlare anche di tempistiche da parte di SOSE per fare i LEP a monte, per poi meglio definire anche i fabbisogni standard riguardo all'autonomia differenziata; vorrei capire se questo lo possiamo considerare un inizio di rielaborazione sulla spesa storica di molte funzioni regionali, dove vedo delle cifre abbastanza sperequate tra alcune funzioni – ma non voglio oggi dare giudizi particolari. Vorrei capire cosa pensate voi rispetto alla tempistica di arrivare a costruire dei LEP, che è la questione che ci interessa di più, per poi procedere in modo più puntuale a un esame sull'autonomia differenziata. E capire come incrementiamo questi obiettivi di servizio. Giustamente voi avete indicato le materie su cui i LEP si possono costruire e in una tabella avete individuato quattro forme di obiettivi di servizio, che mi sembrano un po' poche. Penso sia chiaro a tutti che noi possiamo dire che misuriamo i servizi sociali sul territorio regionale, quali l'istruzione e via dicendo, ma poi se gli uffici tecnici autorizzativi non raggiungono determinati livelli – anche in tema di attività di manutenzione di altri servizi, come può essere quello del trasporto – mi sembra che le questioni si incrocino tra loro. Quindi chiedo se considerate esaustivi solo questi cinque obiettivi o se in qualche modo pensate anche di incrementarli, in sintesi.
  La domanda principale rimane quella sui LEP. Noi vogliamo capire la tempistica, vogliamo iniziare a discutere di autonomia differenziata, sapendo dove possiamo andare a evidenziare tutte le criticità del caso e vogliamo che SOSE, come braccio operativo e braccio tecnico, ci dia degli strumenti per «navigare», sapendo che lo strumento che abbiamo è corretto. Io ho sentito parlare sui giornali di un anno, vorrei capire se questo tempo è comprimibile o non lo è, anche perché il Ministro Boccia è venuto in Commissione solo la settimana scorsa e ci ha parlato di tempi un po' diversi rispetto all'evoluzione delle prime proposte che si vogliono fare, seppur circoscritte ad alcune materie, per poi eventualmente ampliarle, però è chiaro che prima di decidere vorremmo capire anche voi come sarete pronti a raccogliere questa sfida.

  MARCO STRADIOTTO, responsabile analisi della finanza pubblica di SOSE S.p.A.. Relativamente alla questione dei LEP e obiettivi di servizio nella slide presentata, noi ci siamo limitati a indicare le funzioni. Quindi, se andiamo ad esempio sui servizi generali, potremmo trovare dieci obiettivi di servizio; si tratta di un'analisi macro. È chiaro che noi oggi non potevamo approfondire di più relativamente a questi temi, però, per quanto riguarda le materie da noi analizzate, possiamo fornire al decisore politico tutte le informazioni per metterlo nelle condizioni di poter decidere i LEP.
  Rispetto alle materie dell'autonomia differenziata, che abbiamo solo viste elencate, devo dirvi che si tratta di una situazione completamente diversa, intanto perché sono coinvolti una decina di Ministeri. Inoltre – sentivo l'altro giorno la relazione del professor Zanardi dell'UPB – si tratta di materie già standardizzate, per le quali non c'è il problema della Pag. 9spesa zero, come sugli asili nido. Quindi noi riteniamo che, per definire i costi standard e i fabbisogni standard, serva del tempo, ma la standardizzazione o eventualmente definire un LEP su quelle materie – ammesso che siano bisognose di un LEP e che intacchino veramente i diritti sociali e civili, anche questo va verificato – potrà molto probabilmente essere fatto dal decisore politico anche senza il nostro aiuto. Ovviamente per definire un costo standard, un fabbisogno, serve del tempo, quindi l'indicazione dell'anno era riferita all'insieme del ragionamento, non al fatto se sia possibile o no definire un LEP.
  La questione vera riguarda invece le materie che abbiamo già analizzato. Vi abbiamo fatto l'esempio dell'asilo nido proprio per evidenziare che tecnicamente non si poteva fare diversamente. Né la COPAFF prima, né la CTFS poi, né noi, che siamo un braccio operativo della Ragioneria, potevamo immaginare di risolvere diversamente il problema della spesa zero a risorse invariate e abbiamo cercato di standardizzare il servizio. La differenza è importante fra fabbisogni standard e LEP: il fabbisogno standard riconosce al comune, alla regione o alla provincia le risorse sufficienti in teoria per erogare quel servizio, ma non è certo che quel servizio venga erogato, a differenza del LEP, perché, se quello diventa LEP, a quel punto vengono riconosciute all'ente sia le risorse per erogare quel servizio, ma nello stesso tempo viene riconosciuto come un diritto. Sappiamo che i soldi che arrivano agli enti territoriali sono senza vincoli di destinazione, per cui ogni comune, ogni regione e ogni provincia di quelle risorse può fare quello che vuole, fatti salvi ovviamente i servizi obbligatori; nel momento in cui c'è il LEP, invece, poiché è il cittadino a cui viene riconosciuto un diritto, a quel punto indirettamente – si pensi al caso del servizio di asilo nido, con risorse limitate, in cui però si riconosce la possibilità per gli enti di concedere un voucher ad un certo numero di bambini, anche in assenza della struttura vera e propria, la cui realizzazione è ovviamente troppo complessa e onerosa – tutto spetta al decisore politico.
  Dal 2001 ad oggi non sono stati fatti LEP e devo dire che era pressoché impossibile farli prima, perché non si sapeva neanche quale fosse il livello storico dei servizi.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Il tema è collegato alle risorse. Noi sappiamo che voi non siete stati in grado di fare – ma non per colpa vostra – dei fabbisogni standard che non fossero la fotografia dell'esistente per i comuni, è chiaro che da questo punto di vista sulle regioni non è che possiamo fare il libro dei sogni e prevedere dei LEP che poi non hanno un fondamento rispetto alla compartecipazione finanziaria, a come decidiamo di finanziarla, a come costruiamo il fondo perequativo.
  Il lavoro che vi si chiede è quello di stare sulla Terra e non sulla Luna rispetto alla definizione di LEP, che in un contesto di finanza regionale, di finanza derivata e via dicendo possa arrivare a definire dei LEP su tutto il territorio nazionale di un certo tipo. Altrimenti ci mettiamo qui e scriviamo che vogliamo tutto e di più, cosa che non si è fatta per i comuni e penso che non si possa fare neanche per le regioni. Quindi lo strumento che chiediamo è anche capire come diventa sostenibile.

  MARCO STRADIOTTO, responsabile analisi della finanza pubblica di SOSE S.p.A.. Noi possiamo fornire il supporto; la definizione del LEP, in assenza di risorse, può anche essere un livello più basso del livello storico. Perché una scelta politica non può essere tecnica? A risorse invariate il decisore politico può dire che il LEP per quanto riguarda l'asilo nido è il 5 per cento in tutti i comuni. Ma non il 5 per cento di voucher, il 5 per cento dei servizi. Ma questa è una scelta del decisore politico, perché ovviamente a risorse invariate comunque questa scelta comporta una variazione delle risorse in campo. È chiaro che in quel caso i comuni, che oggi danno il servizio, si vedrebbero riconosciutaPag. 10 qualche risorsa in meno. È sempre necessaria una maggiore disponibilità di risorse, anche perché ovviamente il ciclo economico decide quante risorse sono in campo. Da questo punto di vista, però, la scelta non può essere tecnica: deve essere politica.
  Quello che stavo dicendo è che per quanto riguarda comuni, province e funzioni oggi svolte dalle regioni, le informazioni sono a disposizione del decisore politico. Tutto il supporto che noi diamo, attraverso la Ragioneria generale dello Stato, ha proprio la finalità di mettere il decisore politico nelle condizioni di poter determinare un livello che a quel punto può essere uguale su tutto il territorio nazionale o può essere differenziato, ad esempio per classi di popolazione. Anche perché ovviamente su determinati servizi sarebbe, secondo noi, non proprio corretto immaginare un livello uniforme su tutto il territorio nazionale. Sto pensando alle classi di abitanti, ovviamente, non ad una contrapposizione Nord/Sud, ma si tratta comunque sempre di una decisione che spetta al decisore politico.

  PRESIDENTE. Ringraziamo per la spiegazione. Desumiamo che il discorso che spesso si sente sull'autonomia richiesta da alcune regioni ricche, perché allo stato attuale possono rimetterci, è sconfessato dai dati, perché è molto semplicistico confondere il surplus fiscale con quella che è l'erogazione di servizi e trasferimenti. Questo non significa che non debbano essere ascoltate le istanze – e per questo siamo qui – delle regioni, che chiedono un'efficienza complessiva, però è pure bene affrontarlo in maniera un pochino più analitica, in modo da fare bene in generale a tutti i cittadini indistintamente, perché è giusto che sia così.

  MARCO STRADIOTTO, responsabile analisi della finanza pubblica di SOSE S.p.A.. Mi scuso perché non ho risposto relativamente ai tempi. Quando dico che spetta al decisore politico e dico che gli elementi ci sono tutti, vuol dire che il decisore politico può decidere nei prossimi mesi quali sono i LEP. È chiaro che le risorse ci sono o non ci sono, oppure si mettono dei livelli più bassi, oppure si fissa un obiettivo di servizio, perché può diventare un LEP fra qualche anno. Ritengo che il decisore politico abbia tutti gli elementi per poter definire questo aspetto.
  L'obiettivo dei fabbisogni standard insieme ai LEP e insieme ai costi standard permette di mettere tutti i cittadini sullo stesso piano, che abitino in Campania, in Veneto, in Emilia, in Lombardia o nel Lazio, perché viene garantita a ogni ente la risorsa necessaria per soddisfare quel livello di servizio, a costo standard ovviamente, ovvero a costo efficientato. Ciò significa che, se quella regione, quel comune vuole dare un servizio aggiuntivo, in quel momento parte lo sforzo fiscale. In quel senso tutti i cittadini vengono messi allo stesso nastro di partenza e ovviamente tutti gli enti. È chiaro che, se si è un comune di montagna dove si spende di più per il riscaldamento, il fabbisogno standard ne deve tenere conto. Così come se su una certa attività c'è del personale più anziano, è chiaro che il fabbisogno standard ne deve tenere conto. Sto facendo un'ipotesi, perché non stiamo ancora analizzando le materie legate all'autonomia differenziata, ma, se su una materia si riscontra che lo Stato in quella regione ha personale più anziano rispetto a un altro, è chiaro che il fabbisogno standard ne deve tenere conto, perché, quando quella funzione viene delegata alla regione, non si potrà licenziare quel personale e assumerne di più giovane per risparmiare. Il fabbisogno standard deve cogliere queste peculiarità, che sono esogene e che non dipendono dalla volontà dell'amministratore – nel caso citato di quel sindaco, di quel presidente di regione o di quel presidente di provincia. E l'obiettivo è proprio l'equità.
  È chiaro che servono tutti e tre gli elementi. Prima arrivano e prima riuscirà il decisore politico ad avere la possibilità di garantire che su tutto il territorio nazionale tutti i cittadini siano nelle stesse condizioni.

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  PRESIDENTE. Grazie. Ringraziamo i rappresentanti della SOSE.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal professor Atella (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.35.

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ALLEGATO

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