XVIII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 22 ottobre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ruocco Carla , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI SISTEMI TRIBUTARI DELLE REGIONI E DEGLI ENTI TERRITORIALI NELLA PROSPETTIVA DELL'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE E DELL'AUTONOMIA DIFFERENZIATA

Audizione del Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, Giampaolo Arachi.
Ruocco Carla , Presidente ... 3 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 3 
Centemero Giulio (LEGA)  ... 10 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 10 
Ruocco Carla , Presidente ... 10 
Paternoster Paolo (LEGA)  ... 10 
Ruocco Carla , Presidente ... 11 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 11 
Pagano Alessandro (LEGA)  ... 12 
Arachi Giampaolo , presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 12 
Pagano Alessandro (LEGA)  ... 12 
Mancini Claudio (PD)  ... 13 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 13 
Mancini Claudio (PD)  ... 13 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 13 
Mancini Claudio (PD)  ... 13 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 13 
Mancini Claudio (PD)  ... 13 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 13 
Mancini Claudio (PD)  ... 13 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 13 
Mancini Claudio (PD)  ... 14 
Arachi Giampaolo , presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 14 
Ungaro Massimo (IV)  ... 14 
Ruocco Carla , Presidente ... 14 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 14 
Pagano Alessandro (LEGA)  ... 14 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 14 
Pagano Alessandro (LEGA)  ... 14 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 15 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 15 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 15 
Ruocco Carla , Presidente ... 15 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 15 
Ruggiero Francesca Anna (M5S)  ... 15 
Ruocco Carla , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal professor Arachi ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
CARLA RUOCCO

  La seduta comincia alle 12.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, Giampaolo Arachi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui sistemi tributari delle regioni e degli enti territoriali nella prospettiva dell'attuazione del federalismo fiscale e dell'autonomia differenziata, l'audizione del Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, Giampaolo Arachi, che saluto e al quale do il benvenuto.
  Quella di oggi è la prima audizione nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui sistemi tributari delle regioni e degli enti territoriali, nella prospettiva dell'attuazione del federalismo fiscale e dell'autonomia differenziata. Abbiamo deciso di iniziare il nostro lavoro di indagine proprio dalla Commissione che lei presiede, professor Arachi, perché il lavoro di analisi che la Commissione Finanze intende svolgere non può prescindere da una riflessione sulla modalità di definizione delle capacità fiscali e dei fabbisogni standard delle regioni e degli enti territoriali, al fine di individuare l'orizzonte di riferimento all'interno del quale collocare gli interventi in tema di federalismo fiscale e di autonomia differenziata, tenendo ben presenti i canoni di solidarietà economica, di garanzia delle prestazioni pubbliche essenziali e di inviolabilità dei diritti fondamentali della persona. Ciò al fine di consentire l'effettivo passaggio a un modello istituzionale in grado di contemperare le istanze di autonomia con le esigenze di perequazione.
  Non rubo ulteriore tempo ai nostri lavori e cedo subito la parola al professor Arachi, al quale chiederei, se è possibile, di limitare l'intervento in una ventina di minuti in modo da dare spazio al dibattito successivo. Prego.

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Grazie, Presidente. In questa relazione cercherò di trarre alcune indicazioni per l'evoluzione del federalismo fiscale simmetrico e del federalismo fiscale asimmetrico, partendo dall'esperienza maturata negli ultimi anni nell'attuazione della legge delega n. 42 del 2009. Come Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard mi concentrerò in particolare sui meccanismi perequativi.
  È noto che il quadro disegnato dalla legge n. 42 del 2009, a dieci anni di distanza, è ancora ampiamente incompleto, nonostante siano stati emanati dei decreti attuativi. In alcuni casi, come per le regioni, l'applicazione del decreto attuativo è stata rinviata; in altri casi, come per le Province e le Città metropolitane, si sono sovrapposti interventi di riordino legati anche alla prospettiva di riforma costituzionale – che poi è stata bocciata dal referendum – che non hanno portato ancora ad una situazione definitiva. Nell'ambito comunale si è giunti invece a definire un quadro di riferimento per il finanziamento Pag. 4e la perequazione, che tuttavia presenta ancora una serie di criticità e che pare, sotto molti aspetti, distante dal disegno originario. Nonostante questi limiti, ritengo che, proprio dall'esperienza dell'attuazione della legge n. 42 sul federalismo fiscale per gli enti locali, si possano evidenziare alcuni snodi fondamentali e alcune problematiche che dovranno essere affrontati sia nella realizzazione del federalismo fiscale simmetrico che in quello dell'eventuale attribuzione di autonomia differenziata, ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione.
  Come è noto, con riferimento ai sistemi perequativi, la legge n. 42 prevedeva che la perequazione fosse indirizzata su due obiettivi distinti: la perequazione dei fabbisogni per le funzioni fondamentali degli enti locali e per le funzioni per cui siano definiti dei livelli essenziali delle prestazioni e poi la perequazione della capacità fiscale per il resto delle funzioni di competenza delle amministrazioni locali. La realizzazione di questo modello di perequazione, fabbisogni e capacità fiscali passa attraverso tre snodi fondamentali, che sono i tre punti che tratterò nella prima parte di questa relazione.
  Il primo passaggio è la definizione di fabbisogni standard e la definizione del ruolo che devono giocare all'interno della perequazione; il secondo è la definizione del livello complessivo delle risorse e la struttura dei fondi perequativi; il terzo è la determinazione delle capacità fiscali standard e all'interno di queste il trattamento del cosiddetto tax gap. Nella seconda parte della relazione, dopo aver trattato questi temi, cercherò di fornire qualche elemento informativo – molto sintetico – e qualche elemento di valutazione – anche qui molto limitato – relativamente alle prospettive di realizzazione del federalismo simmetrico e dell'autonomia differenziata.
  Parto dai problemi relativi alla determinazione dei fabbisogni e del ruolo che i livelli essenziali delle prestazioni hanno per la determinazione dei fabbisogni. Nel disegno della legge n. 42 i fabbisogni standard dovevano servire a realizzare diverse finalità: dovevano fornire un riferimento per valutare se le risorse assegnate ad un livello di governo sono sufficienti e coerenti con le funzioni fondamentali e la copertura dei LEP; dovevano fornire un indicatore rispetto al quale comparare e valutare l'azione dei singoli enti al fine di consentire il recupero di eventuali sacche di inefficienza; dovevano servire come criterio per ripartire le risorse tra enti, superando le irrazionalità cristallizzate nella spesa storica; infine dovevano dare degli incentivi per ridurre le eventuali inefficienze nell'uso delle risorse. Tutte queste finalità potrebbero essere conseguite qualora il fabbisogno standard fosse definito come il costo necessario per fornire un livello di riferimento dei servizi in condizioni di efficienza.
  Per calcolare un fabbisogno standard definito in questo modo sono necessari due elementi fondamentali, due prerequisiti. Il primo è di ordine tecnico e riguarda la possibilità di misurare il livello dei servizi offerti, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo; il secondo invece riguarda il quadro normativo. Per poter individuare un livello di servizi di riferimento sarebbe necessario avere una chiara definizione dei livelli essenziali delle prestazioni.
  In realtà la Commissione tecnica sui fabbisogni standard negli ultimi anni si è mossa definendo i fabbisogni, ma in assenza di entrambe queste condizioni. Infatti, in molti casi, non è possibile tecnicamente quantificare il livello dei servizi offerti, come accade ad esempio per la gran parte delle funzioni fondamentali dei comuni, in particolare per gli Affari generali. Inoltre, anche quando è possibile misurare il livello dei servizi offerti, può essere molto complicato o impossibile valutare il livello qualitativo di questi servizi. Quindi c'è in primo luogo un problema tecnico che ha portato la Commissione tecnica per i fabbisogni standard a interpretare il concetto di fabbisogno in un modo diverso: il fabbisogno standard all'interno del Fondo di solidarietà comunale è stato interpretato come spesa media sostenuta da enti che condividono le stesse caratteristiche.
  In particolare, nei Settori degli affari generali, polizia locale, viabilità e trasporto, il fabbisogno è stato calcolato identificando, Pag. 5 attraverso un'analisi statistica, le variabili che in passato hanno avuto un impatto sui livelli di spesa: quelle caratteristiche demografiche, economiche, sociali che influenzano la domanda di servizi e quelle caratteristiche – come la remunerazione dei fattori, la presenza di economie di scala – che hanno un effetto sui costi. Una volta individuate queste caratteristiche, la spesa degli enti locali è stata individuata come il livello medio che comuni con caratteristiche simili hanno storicamente erogato in passato, ad un costo che è il costo medio sostenuto da questi comuni. In altri termini, questa operazione di calcolo del fabbisogno come spesa media standardizzata implicitamente identifica i livelli essenziali delle prestazioni come il livello dei servizi che in media è stato conseguito in passato. Quindi si deduce dall'analisi statistica un livello medio di servizi, e questo implicitamente viene assunto essere pari ai LEP.
  Questo approccio presenta due limiti: il primo è quello della minore trasparenza rispetto ad un approccio che vedesse determinato un livello di riferimento esterno ai servizi e la valorizzazione di questo livello di servizi con un costo efficiente. La minore trasparenza deriva dal fatto che in questo caso i LEP implicitamente stimati nel modello non possono essere esplicitati e, di fatto, vengono anche influenzati, determinati dalle scelte che si fanno riguardo alle variabili che si ritiene siano rilevanti per spiegare la spesa media. Quindi c'è un problema di minore trasparenza.
  Il secondo limite è che il livello medio di servizi erogato in passato dipenderà ovviamente dalle risorse rese disponibili in passato, quindi c'è un problema di endogeneità, che potrebbe portare a dei circoli viziosi. Ad esempio una riduzione della spesa, causata da una riduzione delle risorse, porterebbe a stimare fabbisogni più bassi, che poi potrebbero giustificare una ulteriore riduzione delle risorse. Quindi questa stima endogena presenta anche questo ulteriore rischio.
  Nonostante questi due limiti, tuttavia, questo ricorso alla spesa media standardizzata non è irragionevole, anzi: è un'opzione probabilmente efficace quando effettivamente la natura multidimensionale dei servizi – funzioni che erogano contemporaneamente più servizi oppure servizi indivisibili (si pensi di nuovo agli Affari generali o alla polizia locale) – rendono oggettivamente difficile definire esplicitamente i LEP. In questi casi definirli esplicitamente potrebbe essere complicato.
  Questi problemi tecnici non sono stati rilevanti in tutte le funzioni: per alcuni servizi, ad esempio quelli relativi alla funzione dell'istruzione e all'interno della funzione del sociale (gli asili nido), è stato invece possibile identificare distintamente costi e quantità. In questi casi la Commissione è giunta ad esempio ad una stima del costo unitario standardizzato e il fabbisogno è stato ottenuto moltiplicando questo costo standardizzato per un livello di servizio. Il problema qual è stato? Che mancando una chiara definizione normativa dei LEP, il sistema è stato privato di un riferimento cruciale per identificare questo livello di servizio da valorizzare al costo unitario standardizzato e ciò ha giustificato, nella prima applicazione dei fabbisogni, una scelta conservativa che è stata quella di valorizzare il fabbisogno partendo dai livelli storici di fornitura in ogni Comune. Quindi, in assenza di LEP, si è proceduto valorizzando il fabbisogno sulla base dei servizi effettivamente erogati in passato.
  Nonostante questi limiti, però, vorrei far notare che in effetti i fabbisogni standard che sono stati elaborati per la ripartizione del Fondo di solidarietà comunale appaiono comunque in grado, almeno potenzialmente, di correggere in modo significativo la distribuzione delle risorse rispetto alla spesa storica. Nonostante l'endogeneità e nonostante il riferimento ai livelli dei servizi passati, l'applicazione dei fabbisogni standard produce degli effetti significativi sulla ripartizione delle risorse.
  A questo proposito, SOSE Spa ha elaborato delle simulazioni – riportate nella tabella 1 e nella tabella 2 – nelle quali si calcolano gli effetti che derivano dall'applicazione del Fondo di solidarietà comunale rispetto alle risorse storiche. Nella Pag. 6prima colonna sono riportati i valori pro capite delle risorse storiche; nelle colonne successive sono riportate le variazioni che sarebbero determinate dall'applicazione, attraverso il Fondo di solidarietà comunale, dei fabbisogni standard. Nelle tre colonne che seguono le risorse storiche, sono riportate tre simulazioni: la prima si riferisce all'applicazione del Fondo di solidarietà comunale con il target perequativo attualmente in vigore (il 50 per cento) e con un peso della componente dei fabbisogni pari al 45 per cento, e la situazione attuale. Tuttavia queste variazioni sono state stimate utilizzando gli ultimi fabbisogni e le ultime capacità fiscali approvate dalla Commissione per i fabbisogni standard. La seconda colonna mostra le variazioni che si avrebbero con la transizione al 100 per cento, ossia l'applicazione integrale della perequazione sui fabbisogni, ma mantenendo il target perequativo al 50 per cento. L'ultima colonna è quella che si verificherebbe al termine della fase di transizione con un target perequativo al 100 per cento.
  Se si guarda l'ultima colonna (nella tabella 1 i comuni sono aggregati per fascia di popolazione, nella tabella 2 sono aggregati invece per regioni), si vede che potenzialmente, al termine della fase di transizione e con un target perequativo al 100 per cento, l'applicazione dei fabbisogni standard attuali comporterebbe variazioni significative delle risorse, che in termini percentuali variano tra il 23 e il 3 per cento, quando i comuni sono aggregati per fasce dimensionali e, quando sono aggregati per regione, tra il 18,2 e l'1,6 per cento. Si può vedere che, nel caso dell'aggregazione per dimensione, i comuni che vedrebbero ridurre le proprie risorse sono tendenzialmente i piccoli e i grandi, mentre quelli di dimensioni medie e le grandi città sono coloro che ne guadagnerebbero. Mentre dal punto di vista regionale tendenzialmente la distribuzione è tra regioni del Centronord, che vedrebbero ridotte le risorse, e regioni del Centrosud, che invece le vedrebbero aumentare, con l'eccezione della Campania.
  Questo accadrebbe se il sistema fosse applicato a regime con un target perequativo del 50 per cento. Come si può osservare, gli effetti attuali invece sono molto più attenuati, per il fatto che la componente perequativa non è applicata al 100 per cento, ma al 45 per cento, e che il target perequativo è il 50 per cento.
  Quindi gli effetti sono significativi con il sistema a regime e, siccome gli effetti sono significativi, occorre porre attenzione anche alla gradualità, al processo attraverso il quale si giunge al regime. In particolare bisognerebbe intervenire sulla gradualità attualmente prevista dalla legge, perché sulla base della legislazione vigente il peso della componente perequativa (oggi al 45 per cento) dovrebbe passare l'anno prossimo, con un salto che appare eccessivo, all'85 per cento, per poi raggiungere il 100 per cento nel 2021. Questa scansione temporale merita di essere rivalutata, perché appare effettivamente un po' troppo drastica.
  Da questa breve sintesi dell'esperienza della determinazione dei fabbisogni standard si possono trarre, secondo me, due indicazioni fondamentali sul ruolo che i livelli essenziali delle prestazioni possono svolgere nell'ambito dei meccanismi perequativi. Il primo è che, in molte circostanze, la definizione dei LEP è essenziale se si vuole che i fabbisogni si discostino in maniera razionale e significativa dalla spesa storica. Come ho evidenziato poc'anzi, l'assenza dei LEP ha portato a confermare i livelli storici di servizio nel calcolo dei fabbisogni nella prima applicazione. Questa distorsione è stata in parte corretta nelle ultime applicazioni dei fabbisogni standard, in cui la Commissione ha proposto delle soluzioni per attenuare questa distorsione verso i valori storici. E tuttavia, per avere un completo superamento di questo problema, occorre avere un riferimento nei LEP.
  L'altra conclusione che si può trarre è che in realtà non bisogna guardare i LEP soltanto come le modalità attraverso le quali si valorizzano i fabbisogni: i LEP possono svolgere un ruolo più ampio. Nei casi in cui è tecnicamente infattibile misurare il costo unitario standard e poi moltiplicarlo per il livello di servizio, perché il livello di servizio non è misurabile, in quei Pag. 7casi comunque la definizione di LEP, magari definiti anche parzialmente su specifici obiettivi di servizio, potrebbero essere utilizzati (come accade per i LEA in sanità) sia all'interno di meccanismi di verifica dei livelli e della qualità dei servizi offerti sia per valutare e favorire una graduale convergenza verso livelli obiettivo di fornitura uniformi. Quindi il LEP non deve essere letto semplicemente come lo strumento per calcolare il fabbisogno, ma ha una valenza più ampia.
  Passo ora a svolgere qualche riflessione sul livello delle risorse e la struttura dei fondi perequativi. Un ulteriore elemento fondamentale nel disegno dei sistemi perequativi è rappresentato dalla necessità di un coordinamento tra i vincoli di finanza pubblica e la garanzia di risorse sufficienti per finanziare i LEP e le funzioni fondamentali. Infatti la legge n. 42 richiede, da un lato, che le risorse siano sufficienti per il finanziamento integrale di fabbisogni standard, dall'altro segnala che questo finanziamento deve essere compatibile con gli obiettivi di finanza pubblica, in relazione ai livelli di pressione fiscale e di indebitamento. In maniera coerente la stessa legge prevede che ci siano delle verifiche periodiche dell'adeguatezza delle risorse finanziarie di ciascun livello di governo rispetto alle funzioni svolte.
  Questa attività di verifica sulla congruità delle risorse negli ultimi anni non è stata realizzata. In particolare nell'ambito dei comuni, quello in cui i nuovi meccanismi perequativi hanno trovato una più compiuta realizzazione con l'istituzione del Fondo di solidarietà comunale, la determinazione delle risorse è stata principalmente dettata dalle esigenze di consolidamento della finanza pubblica. Questa preminenza dei vincoli finanziari rispetto all'obiettivo di garantire, invece, un adeguato finanziamento delle funzioni fondamentali dei LEP, si osserva nel modo in cui è calcolato il Fondo di solidarietà comunale. Infatti nel Fondo di solidarietà comunale il totale delle risorse destinate al finanziamento dei fabbisogni è predeterminato: deve essere necessariamente pari al livello delle entrate standardizzate, che definisce i limiti entro i quali possono essere finanziati i fabbisogni.
  A seguito del percorso di consolidamento della finanza pubblica, a cui gli enti locali hanno contribuito in modo molto rilevante, il totale delle entrate standardizzate nel Fondo è oggi pari a circa 26 miliardi di euro; il valore complessivo dei fabbisogni standard che vengono stimati con le metodologie che ho descritto precedentemente è pari a circa 35 miliardi di euro Siccome il valore dei fabbisogni è superiore al valore delle risorse messe in campo nel Fondo di solidarietà comunale, nel calcolo delle dotazioni nette del Fondo i fabbisogni devono essere riproporzionati al totale delle risorse. Quindi i fabbisogni di fatto si traducono, in termini percentuali, in coefficienti di riparto. Questo scarto tra i 35 miliardi dei fabbisogni e i 26 miliardi delle entrate standardizzate segnala che potenzialmente può esserci un problema. Non lo dimostra, perché occorre tenere conto di una serie di elementi.
  Innanzitutto nel Fondo di solidarietà comunale si affiancano, alla componente perequativa orizzontale basata sui fabbisogni, dei flussi verticali, alcuni in aumento come i ristori dell'IMU e della TASI sull'abitazione principale per circa 3,584 miliardi – che è in diminuzione per tagli e rettifiche puntuali per circa 1,7 miliardi. Quindi ci sono dei flussi verticali verso i comuni che non transitano attraverso la perequazione, che non sono perequati. Questi flussi da un lato riducono lo scarto a livello aggregato tra fabbisogni e risorse; però il problema che creano è che alterano la distribuzione delle risorse a disposizione dei comuni rispetto ai fabbisogni. Quello che può accadere è che alcuni comuni vedono aumentare la probabilità di coprire i propri fabbisogni standard, altri invece la vedono diminuire.
  Per comprendere questi effetti, si vedano le tabelle da 3 a 8: come in precedenza, c'è prima una aggregazione dei comuni per fasce di popolazione e, successivamente, una aggregazione per fasce di regioni. Ogni tabella rappresenta una simulazione, che vede in primo luogo la situazione attuale, con un target perequativo Pag. 8 del 50 per cento e una transizione del 45 per cento; uno scenario intermedio in cui la transizione è finita, ma il target perequativo resta al 50 per cento; e, da ultimo, la simulazione di cosa accadrebbe al termine della transizione con un target perequativo portato al 100 per cento. In queste tabelle vengono riportate la stima pro capite del fabbisogno standard e le risorse a disposizione dei comuni per coprire questo fabbisogno standard. Le risorse sono date dalla somma della capacità fiscale per abitante più la dotazione netta di solidarietà del Fondo comunale. La capacità fiscale è data dalle entrate dei tributi propri comunali standardizzate.
  Il punto fondamentale è che nell'ultima colonna si vede lo scarto esistente in termini percentuali tra la stima del fabbisogno e le risorse messe a disposizione dell'ente. Abbiamo già detto che c'è uno scarto, che in tutte le tabelle è tra il 16 e il 18 per cento (scarto medio); noi dovremmo osservare che questo scarto è uniformemente distribuito tra comuni e regioni: se il Fondo perequativo operasse in maniera corretta, questo scarto tra risorse e fabbisogni a livello globale si dovrebbe riflettere in modo uniforme su tutti i comuni. Le tabelle invece mostrano che così non è: che ci sono comuni che sono più lontani dalla copertura del fabbisogno e comuni che sono più vicini. Questo è dovuto al fatto che, oltre alla componente perequativa, ci sono questi flussi verticali, che non sono perequati e che, quindi, distribuiscono le risorse al di fuori della perequazione, determinando queste differenze tra i vari comuni.
  L'altro elemento che mostrano le tabelle è che queste differenze si attenuerebbero, se il Fondo fosse distribuito per il 100 per cento con il target perequativo e fosse completata la transizione. Quindi queste tabelle suggeriscono, da un lato, che sia opportuno riportare questi flussi verticali all'interno della perequazione – quindi i rimborsi IMU e TASI andrebbero riportati all'interno del Fondo nella componente perequativa; inoltre suggeriscono che sia opportuno aumentare la quota di perequazione attualmente al 50 per cento, portandola al 100 per cento. Questo consentirebbe di evitare queste distorsioni nello scarto tra fabbisogni e risorse.
  Lo scarto tra i 35 miliardi di fabbisogni e i 26 miliardi di entrate standardizzate non misura necessariamente un deficit perché, per valutare i fabbisogni in termini assoluti, occorrerebbe superare una serie di problemi. Innanzitutto bisognerebbe avere una chiara definizione dei LEP. Noi calcoliamo i 35 miliardi di fabbisogni standard in assenza di un chiaro riferimento ai LEP, quindi la definizione dei LEP potrebbe portare ad una rivalutazione di questi 35 miliardi. Inoltre, bisognerebbe depurare queste stime di fabbisogni dagli effetti dello sforzo fiscale autonomo. Queste stime, basate su dati storici, incorporano lo sforzo fiscale autonomo degli enti locali, che andrebbe invece sterilizzato, e occorrerebbe individuare eventuali possibili recuperi di efficienza, perché attualmente il costo a cui vengono valorizzati i fabbisogni è un costo medio, non un costo efficiente. Si tratta, in altri termini, di avviare un processo molto complesso e delicato di valorizzazione in termini assoluti di questi fabbisogni, che dovrebbe affrontare tutti questi temi. Al termine di questo processo, il risultato potrebbe consentire di chiarire se il mantenimento dei livelli storici delle prestazioni richiede un'integrazione delle risorse messe a disposizione dei comuni, quindi se c'è bisogno di aumentare le risorse complessivamente a disposizione del comparto, oppure, nel caso in cui questa integrazione fosse necessaria ma non sostenibile, portare ad una trasparente ridefinizione dei LEP che dovrebbero essere ridotti.
  C'è un altro tema che si collega al discorso della coerenza tra risorse e fabbisogni, e riguarda le caratteristiche specifiche con cui sono costruiti i fondi perequativi. Nel caso dei comuni queste entrate standardizzate, che definiscono il limite massimo per il finanziamento dei fabbisogni, coincidono sostanzialmente con la capacità fiscale standardizzata: coincidono con le risorse che i comuni possono trarre dai loro tributi, standardizzata alle aliquote standard e corretta in parte per l'evasione. Pag. 9
  Il fatto che il finanziamento derivi dai tributi propri dei comuni significa che il Fondo è fondamentalmente orizzontale. Ci sono comuni che hanno una capacità standardizzata più alta dei fabbisogni, che cedono proprie risorse per finanziare i comuni che hanno un livello più basso. Questo significa che nel Fondo non solo le risorse sono predeterminate rispetto ai fabbisogni, ma seguono anche l'evoluzione della capacità fiscale. Questo crea due problemi.
  Il primo. Come si può vedere nella tabella 9, dove vengono riportate le componenti della capacità fiscale dei comuni, la capacità fiscale è fondamentalmente formata dall'IMU; dalla TASI; dall'addizionale comunale IRPEF; poi c'è una componente, il tax gap, che cerca di correggere le mancate entrate derivanti dall'evasione; le entrate relative alla TARI per i rifiuti; e una serie di tributi minori raggruppati sotto la voce «capacità fiscale residuale». Nella tabella sono riportati gli importi. Il punto fondamentale da osservare è innanzitutto che la gran parte della capacità fiscale deriva da IMU e TASI: se si lascia da parte la componente rifiuti, che all'interno del Fondo è in realtà sterilizzata, il 63 per cento della capacità fiscale deriva dall'IMU e dalla TASI, che sono tributi con basi imponibili catastali che non evolvono nel tempo. Questo vuol dire che il Fondo ha una dotazione di risorse che, in termini nominali, è praticamente fissa e che quindi, con il passare del tempo, si riduce in termini reali. Il secondo problema evidenziato nella tabella è che queste capacità fiscali standard variano (sono indicati gli anni in cui ci sono state le variazioni più significative) a seguito di variazioni normative e anche a seguito di revisioni della metodologia di calcolo. Dal 2015 al 2019, a seguito di queste variazioni, anche metodologiche, la capacità fiscale si è ridotta di circa 4 miliardi, che sono la differenza tra 30 e 25, meno la variazione dei rifiuti. Ho tenuto fuori la parte dei rifiuti che all'interno del Fondo è sterilizzata. Quindi l'ammontare delle risorse complessive a disposizione del finanziamento di tutti i fabbisogni si è ridotta di 4 miliardi. Si è ridotta per variazioni anche metodologiche.
  Sulla base di queste osservazioni quali conclusioni si possono trarre? Innanzitutto sono necessari momenti di verifica della congruità tra fabbisogni e risorse. Andrebbe in questo senso, a mio avviso, valorizzato il ruolo della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica secondo quanto già previsto dalla legge n. 42. La definizione dei LEP è necessaria, ancora una volta, in questo caso per dare un riferimento robusto per quantificare in maniera assoluta i fabbisogni; è auspicabile che nei fondi perequativi ci sia anche una componente verticale che possa compensare variazioni della capacità dovuta a variazioni metodologiche o di innovazioni normative. Infine è auspicabile che fabbisogni, capacità e meccanismo dei fondi perequativi siano definiti e valutati congiuntamente. Attualmente il processo decisionale è un pochino disperso, perché i fabbisogni vengono approvati indipendentemente dall'approvazione delle capacità fiscali e indipendentemente da una valutazione complessiva del Fondo.
  Per quanto riguarda la capacità fiscale standard, questa viene realizzata con tecniche diverse, ma in linea con le indicazioni che vengono dalla letteratura internazionale.
  Ci sono due punti che vorrei sottolineare. Il primo è il calcolo del tax gap. La capacità fiscale standard dovrebbe essere il gettito che si riesce ad ottenere da aliquote standard, dato un livello medio di evasione. Quindi, se il gettito è più basso perché l'evasione è più alta, questa diminuzione di gettito non dovrebbe essere riconosciuta. Per calcolare il tax gap sono state effettuate delle stime che vengono riportate (le ultime) nella relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva: per l'ultimo anno, relativamente alle regioni a Statuto ordinario, si attesta intorno a 3 miliardi di euro. Nell'ambito del Fondo (come si può vedere nella tabella 9) soltanto il 10 per cento di questa capacità fiscale è inclusa nel Fondo perequativo, quindi la correzione vale soltanto per il 10 per cento. Questo però credo sia giustificabile e ragionevole, perché la stima del tax gap, nel caso dei tributi immobiliari, ha Pag. 10una serie di problematiche di tipo tecnico (non osservate sull'evasione fiscale contributiva), che consigliano molta prudenza nell'utilizzo di questo tax gap all'interno del Fondo perequativo.
  Un ultimo problema invece è dato dalla discrepanza che esiste tra i valori della capacità fiscale che si basano sulle rendite catastali e i valori di gettito che si otterrebbero qualora le imposte fossero commisurate ai valori di mercato. È noto che c'è una differenza molto ampia tra le rendite catastali e i valori di mercato. Non solo c'è una differenza ampia, ma questa differenza è distribuita in maniera non uniforme sul territorio in relazione alle caratteristiche dei comuni: i comuni turistici tendono ad avere valori degli immobili superiori alle rendite catastali, i comuni in cui gli immobili sono stati costruiti più di recente hanno valori più allineati.
  Nella figura 2 del documento che vi è stato distribuito è descritto l'andamento territoriale, lo scostamento tra il gettito IMU reale e quello che si otterrebbe, invece, applicando eventualmente l'imposta ai valori di mercato. Si vede che tendenzialmente i valori di mercato sono più alti dei valori registrati dalle rendite del Nord Italia e più bassi nel Sud, poi ovviamente ci sono delle variazioni regionali che hanno a che vedere con le caratteristiche dei centri. Questa sperequazione crea un problema di equità orizzontale tra i contribuenti che risiedono nei vari territori e sarebbe opportuno, per garantire l'equità orizzontale anche del Fondo perequativo, che ci fosse un allineamento tra le rendite catastali e i valori di mercato. Ovviamente questo allineamento richiederebbe la riforma del sistema estimativo catastale, che era prevista dall'articolo 2 e che non è mai stata attuata.

  GIULIO CENTEMERO. Prendiamo ad esempio la Sardegna, regione che nella prima rappresentazione grafica è tutta di colore rosso: significa che il valore di mercato è molto più alto?

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. La figura n. 1 rappresenta la distribuzione territoriale del tax gap. Il colore rosso sta a indicare che l'evasione è più alta, l'azzurro che è più bassa. Il rosso indica valori di mercato più elevati della rendita catastale, il blu (o il bianco) indicano valori più bassi.
  Se si tenesse conto dei valori di mercato piuttosto che dei valori catastali, ci sarebbero alcuni comuni che vedrebbero aumentata la propria capacità fiscale, quindi riceverebbero meno trasferimenti. I comuni che invece hanno livelli di mercato più bassi vedrebbero aumentati i propri trasferimenti.
  Concludo fornendo alcuni elementi informativi sul federalismo regionale.
  Come sapete, l'applicazione del decreto legislativo n. 68 del 2011 è stata rinviata, tuttavia la Commissione tecnica per i fabbisogni standard ha iniziato il percorso per definire i fabbisogni per le funzioni regionali diverse dalla sanità. Il punto di partenza è una ricognizione che ha effettuato SOSE Spa delle spese sulle funzioni da standardizzare. La Commissione tecnica sui fabbisogni standard ha iniziato a ragionare sulla possibile standardizzazione di queste risorse. Il primo passo che realizzeremo nei prossimi mesi sarà la definizione delle funzioni che dovranno rientrare nella stima del fabbisogno standard e di quelle che invece dovranno essere perequate con la capacità fiscale.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLO PATERNOSTER. Ringrazio il presidente Arachi per l'illustrazione molto dettagliata e per il lavoro svolto fino ad ora.
  Ho visto che domani è prevista l'audizione del ministro Boccia. È un anno e mezzo circa che siamo stati eletti, quindi è un anno e mezzo che, bene o male, abbiamo iniziato a lavorare con il Governo. Per un anno e due mesi c'è stato il nulla, se non una presa in giro – parliamoci chiaro – per quanto riguarda il tema dell'autonomia.
  Questo nuovo Governo è partito, secondo me, con delle premesse peggiori del Pag. 11Governo precedente e vorrei capire – giusto per procedere con le audizioni – se ha intenzione di fare le cose seriamente, oppure se, come al solito, stiamo facendo melina da un anno e mezzo. Se così fosse, basta dirlo chiaramente, che facciamo dell'altro.

  PRESIDENTE. Tengo a specificare che fortunatamente in Italia vige ancora la separazione dei poteri, e questo è il Parlamento; la nostra attività, come parlamentari, può essere tranquillamente parallela a quella del Governo che, se domani mattina vuole intraprendere una qualsiasi attività, la può fare. Il nostro ragionamento all'interno della Commissione prescinde assolutamente dall'azione di Governo.
  Peraltro il Presidente Arachi non credo abbia la possibilità di rispondere alle domande rivoltegli dal collega Paternoster; ha fornito dei dati, dei numeri concreti, che se confrontati possono contribuire a definire una view complessiva che, al di là degli slogan, potrà essere di aiuto a qualunque tipo di Governo – di destra, di sinistra o di centro – per fare le cose perbene. Ciò che emerge da questa relazione è che purtroppo sinora, sin dalla legge n. 42 del 2009, le cose sono state fatte male, non sono state portate a compimento e oggi tutta l'Italia si trova a dover fare i conti con questa riforma mancata, se non addirittura la guerra tra poveri. Quindi cerchiamo ora di porre rimedio alla situazione, accontentando tutti.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Torno alle questioni più tecniche, anche perché noi in quest'ultimo anno, specialmente in sede di Commissione bicamerale per il federalismo, abbiamo atteso quasi un anno la sua nomina; non avevamo neanche il presidente della Commissione dei fabbisogni. Ancora oggi stiamo spingendo perché ci sia l'incarico per la stesura dei LEP. Quindi siamo i primi a volere dei numeri, dei dati, per discutere serenamente di autonomia differenziata.
  Quello che esprimerò adesso non è una critica nei suoi confronti, però mi permetta di capire meglio. Lei giustamente ha rielaborato dei dati fondamentali rispetto ai fabbisogni standard, alle capacità fiscali e quindi al calcolo del Fondo perequativo, che è sostanzialmente una differenza tra capacità fiscali e fabbisogni standard, riaggregando il dato per singolo Comune, arrivando quindi a un dato regionale. È chiaro che l'ambizione di questa indagine conoscitiva non è solo quella di fermarsi – con i limiti che lei ha giustamente evidenziato – al calcolo dei fabbisogni standard in quanto spesa standardizzata e quindi non corrispondente al reale fabbisogno di servizi. Tuttavia vorremmo anche capire – premesso anche che aspettiamo che SOSE Spa abbia l'incarico per darle i numeri e per permetterle di fare il suo lavoro di Presidente di una Commissione molto importante – quali sono le funzioni che si stanno discutendo, che possono rientrare nell'autonomia differenziata, che sono circoscritte e non riguardano la totalità dei servizi comunali, aggregati su base regionale. Le stesse capacità fiscali, nel caso dell'autonomia differenziata regionale, oggi sono esclusivamente calcolate su base comunale, quindi noi vorremmo capire, in base alla capacità fiscale regionale, cosa comporterebbe la costituzione di un Fondo perequativo nell'autonomia differenziata. Chiaramente i numeri sarebbero diversi, anche con riferimento al tema dell'evoluzione delle compartecipazioni. Però, senza entrare troppo nel tecnico, a suo avviso la definizione dei LEP è la cosa fondamentale da fare subito, perché ci permette poi di fare un reale calcolo dei fabbisogni standard sull'autonomia differenziata? E se è così, questo non potrebbe favorire anche il processo di rielaborazione del fabbisogno standard comunale non più standardizzato, non più quindi calcolato quale forma di correttivo ma quale fabbisogno reale? Perché una volta che ho ridefinito anche i fabbisogni standard regionali, posso anche correggere quelli comunali e relativi alle realtà comunali. La cosa evidente e che mi sembra chiara – come lei stesso ha ribadito – è che il ruolo dei LEP è molto più ampio di quello della sola finalità di darci un quadro dei fabbisogni, ma ci serve anche per capire gli effetti finali della riforma. Non è una Pag. 12notizia nuova che ci sono delle regioni del Sud che hanno un calcolo dei fabbisogni standard più limitato e hanno capacità fiscali più limitate e, conseguentemente, hanno più bisogno di un Fondo perequativo; ma rispetto ai servizi regionali dell'autonomia differenziata questa situazione secondo lei si riproporrà? Le capacità fiscali delle regioni meridionali sono sicuramente inferiori e i fabbisogni dei servizi erogati sono sicuramente inferiori rispetto a quelli che vengono erogati al Nord, quindi alla fine il Fondo sarebbe molto importante.
  Io sono convinto che il Fondo possa essere alimentato, come giustamente chiedono molte regioni del Nord, attraverso un efficientamento della spesa (è uno dei due pilastri per la costituzione del Fondo); vorrei capire se c'è un pensiero rispetto all'altro «pilastro».
  Il trend di aumento delle compartecipazioni comunque ci sarà, perché, mentre sulle entrate comunali lei ci ha detto in modo molto chiaro e netto che non c'è un aumento, perché non c'è stato l'aggiornamento del catasto – quindi abbiamo sempre lavorato su dei dati che sono nominalmente fissi, perché il 7,6 su una rendita che è fissa, se non aumento l'aliquota, rimarrà sempre un'entrata fissa –, per le regioni il dato è molto diverso perché, se introduciamo delle compartecipazioni IVA sull'istruzione o su altri servizi che rientrano nell'autonomia differenziata, il trend di crescita sarebbe molto più impegnativo, perché legato anche all'entrata dell'IVA che invece è diversa e non nominale.
  Quindi cosa pensa lei del fatto che nel Fondo perequativo bisognerebbe lavorare anche su questo secondo aspetto – premesso che secondo me l'efficientamento deve andare a beneficio di chi lo attua –, prevedendo tuttavia che il Fondo sia precipuamente alimentato anche dalla partecipazione o comunque da una quota di compartecipazione IVA, che dovesse essere trasferita con il trasferimento delle funzioni?

  ALESSANDRO PAGANO. Cercherò di porre domande che abbiano un profilo tecnico, perché l'intervento del professore è andato in questa direzione.
  La riduzione della spesa porta inevitabilmente alla diminuzione dei servizi. Questo è un punto essenziale. Poi, altro elemento che in maniera molto chiara lei ha definito, è che non tutti i servizi sono misurabili. Alcuni sono misurabili (ad esempio dell'asilo nido è facilissima la valutazione), altri no. Mi interessa questo dato, questa premessa quasi lapalissiana, perché alla fine dobbiamo anche capire che cosa sta succedendo.
  Le valutazioni fatte sono date per aggregazioni per numero di abitanti: io penso che questo sia un dato utile, tuttavia ci aspettavamo le stesse valutazioni su base regionale e su base territoriale, non per numero di abitanti.

  GIAMPAOLO ARACHI, presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Ho presentato dei dati aggregati sia per fasce che per regioni. La stessa tabella è ripetuta anche per le regioni. La tabella n. 2 è sulle regioni. La prima colonna sono le regioni. Sono tutte costruite così: c'è il dato per fasce e il dato per regioni.

  ALESSANDRO PAGANO. A maggior ragione mi può rispondere. Il ragionamento è il seguente: se i LEP in questo momento non ci sono – abbiamo visto la grande difficoltà nel definirli; dal 2009 al 2005 abbiamo assistito ad un crollo delle entrate in alcune regioni (perché l'evasione bisogna leggerla così: nessuno si diverte ad evadere, magari ci sono stati fenomeni migratori oppure i fatturati delle aziende sono andati male quindi il reddito pro capite è diminuito) – quante di queste risorse dal 2009 al 2019, che complessivamente ammontano, se ho capito bene, ad un'entrata standardizzata di 26 miliardi con un fabbisogno di 35 miliardi, si sono caratterizzate per condizioni territoriali? Questo dato mi è sfuggito o non sono stato capace di leggerlo.
  In altre parole, se 26 miliardi sono la standardizzazione delle entrate, ma i fabbisogni sono pari a 35 miliardi e contemporaneamente ci sono alcune regioni dove il crollo delle entrate è stato più che evidente, dal 2009 al 2019, cosa è successo da Pag. 13un punto di vista territoriale? Alla fine il fabbisogno è rimasto lo stesso. Quindi, in alcune aree del Paese è tutto rimasto immutato, in altre invece c'è stato un crollo.
  Vorrei porle un'altra domanda, o meglio vorrei la sua conferma circa il fatto che io abbia intuito bene. Se tutto è misurato sulla spesa storica, e la spesa storica nel 2009 era X per alcune zone e Y per altre e dopo dieci anni c'è stato il crollo, significa che la spesa storica è rimasta la stessa qualunque essa sia; nello stesso tempo però questo gap macro territoriale ha comportato un crollo di servizi.
  Se ci sono paesi della Campania che nel 2009 non avevano asili nido, quindi la spesa storica era zero; dopo dieci anni, in assenza di perequazione e in assenza di LEP, continua ad essere zero. Infatti in queste aree gli asili nido sono pari a zero. Allora, se ho capito bene, questi dieci anni hanno comportato un peggioramento complessivo in termini di trasferimento di risorse. Posto che, così come lei l'ha descritta, in partenza i trasferimenti erano pari a 100 per una regione e 80 per un'altra, per effetto dell'assenza di perequazione la regione che aveva 100 è rimasta allo stesso livello e quella che aveva 80, probabilmente è scesa a 75; questi 5 miliardi dove sono andati a finire, visto che la spesa storica è rimasta sempre la stessa? Non so se sono stato chiaro. Ho bisogno di avere elementi di valutazione tecnica, non politica, perché dobbiamo tutti comprendere questi fenomeni.

  CLAUDIO MANCINI. Grazie, Presidente, anche per l'iniziativa dell'indagine conoscitiva che già da questa prima riunione dimostra la sua utilità. È peraltro anche l'occasione tra di noi per un confronto di merito meno politicizzato.
  Io, che mi avvicino per la prima volta alla materia, vorrei capire: le tabelle n. 1 e n. 2, nell'ultima colonna del 100 per cento, definiscono l'effettiva perequazione nel trasferimento dei fondi ai comuni?

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Le tabelle definiscono quello che sarebbe il trasferimento ai comuni, qualora tutto il Fondo fosse basato sulla componente perequativa sui fabbisogni (attualmente non lo è, perché c'è un 50 per cento del Fondo distribuito con i criteri perequativi) e se fosse portata a regime la transizione.

  CLAUDIO MANCINI. Scusi il campanilismo, essendo un eletto del Lazio: per questa Regione la cifra 62 indica gli euro per abitante?

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Sì, nella media, poi all'interno del Lazio i valori oscillano tra 88 euro e 36 euro.

  CLAUDIO MANCINI. Quindi, letta assieme all'ultima colonna della tabella n. 1, che riguarda i comuni del Lazio tra i cinque e i sessantamila abitanti, che realisticamente hanno la forbice più alta, questi comuni stanno intorno agli 88 euro ad abitante?

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Sì, hanno la forbice più alta. Nel Lazio probabilmente l'effetto è dovuto agli oltre cinquecentomila abitanti di Roma.

  CLAUDIO MANCINI. Quindi i minori trasferimenti su Roma?

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Nel Lazio siamo a 62 euro di media...

  CLAUDIO MANCINI. Perché poi il dato regionale va «calato».

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Il dato regionale dipende dalla composizione dei comuni che sono nella regione. E, se uno guarda la distribuzione per comuni, vede che probabilmente nel Lazio pesano di più i comuni oltre cinquecentomila abitanti (Roma) ed evidentemente altri Pag. 14 comuni di taglia media che, quindi, hanno un trasferimento più alto.

  CLAUDIO MANCINI. Tipicamente i comuni dell'area metropolitana, che hanno avuto una crescita di popolazione negli ultimi quindici anni, non compensata dai trasferimenti.

  GIAMPAOLO ARACHI, presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Il dato regionale dipende anche dalla composizione dei comuni.

  MASSIMO UNGARO. Grazie per la relazione molto utile e molto interessante, soprattutto nel mostrarci i limiti dello strumento del fabbisogno standard, che quindi diventano una media storica ponderata, ben scollegata dai LEP – mi corregga se sbaglio –, una fotografia del passato e non una visione veramente proiettata nel futuro. Mi chiedo quindi se ci sono dei piani per poter includere i LEP nella proiezione dei fabbisogni standard in futuro.
  Lei poi ci dice che il Fondo di solidarietà comunale è praticamente sotto finanziato da qui agli anni a venire; ci dice che la funzione perequativa che avrà la legislazione vigente sarà a beneficio dei comuni medi, sarà a beneficio del meridione, un meridione che chiaramente paga più tasse reali di quelle che dovrebbe e infatti, quando può, cerca di evaderle. Quindi le chiedo se può darci una sua considerazione su queste tre cose che ho detto e se ci può dare in assoluto il valore a regime della funzione perequativa in miliardi di euro.

  PRESIDENTE. La parola al dottor Arachi per le repliche.

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Parto dal primo intervento – se ho ben compreso la domanda – volto a capire se l'IVA è un buono strumento per pensare al finanziamento dell'autonomia differenziata e quali dovrebbero essere, nella dinamica, gli interventi da fare.
  Sulla base di quello che ho detto ribadisco che, nel momento in cui si definiscono dei LEP e questi vengono utilizzati per calcolare di fabbisogni, si pone il problema della valutazione della congruità delle risorse perché, se ci sono dei LEP, se ci sono dei fabbisogni, questa congruità non può essere determinata una volta per tutte. Quindi è incoerente con il concetto di LEP che si valuti, ad esempio al momento del passaggio, un ammontare di risorse e poi queste risorse siano fissate per sempre in termini di percentuale di compartecipazione. Sarebbero necessarie, come prevede la legge n. 42 del 2009, delle verifiche periodiche per valutare la congruenza.
  Occorrerebbe cercare tributi capienti che siano distribuiti in maniera sufficientemente correlata con le funzioni; l'IVA può essere un ottimo tributo. Però rispetto a ipotesi che ho visto in passato, in cui si pensava di stabilire un'aliquota di compartecipazione e poi lasciarla fissa nel tempo, mi sembra che questo approccio sia incoerente con l'idea di fissare dei LEP e di quantificare dei fabbisogni. Una volta che si fa questo, occorre prevedere anche dei meccanismi di controllo.
  Vengo alla domanda sugli effetti che può avere avuto la riduzione delle risorse degli ultimi anni in termini dinamici all'interno della perequazione. La riduzione delle risorse avrebbe comportato degli effetti ancora più sperequati, se non ci fosse stato il Fondo di solidarietà. Per quanto limitato, il Fondo corregge queste disparità. Non ho dei dati su quale sia stata l'evoluzione in questi anni dei fabbisogni, l'evoluzione delle risorse, quindi la riduzione dello scarto.

  ALESSANDRO PAGANO. Il Fondo è perequato, ma non mi ha detto di quanto è perequato: al 100, al 60 o al 10 per cento?

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. I 26 miliardi è la dimensione, questa dimensione della perequazione si è ridotta, e sicuramente lei mi chiederà qual è stata l'incidenza sui vari territori...

  ALESSANDRO PAGANO. Sa perché faccio questa domanda? Perché a naso abbiamo visto un impoverimento complessivo Pag. 15in questi dieci anni, quindi automaticamente anche in questo ambito. Il problema è che, anziché averla a spanne, questa valutazione la vorremmo precisa. È possibile che il Comitato tecnico che lei presiede elabori con più precisione questo tipo di dati?

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. La Commissione tecnica per i fabbisogni standard sta preparando la relazione da presentare al Parlamento sull'attuazione del federalismo fiscale; proporrò alla Commissione di fare anche un approfondimento su questo aspetto.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. La riduzione dei trasferimenti statali ha inciso?

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Certamente. Mi sembra che la domanda sia «come» ha inciso, se ci sia stato un effetto differenziale, e, per valutarlo, bisognerà fare delle simulazioni.
  Da ultimo il sotto finanziamento. Quello che ho cercato di dire è che ci sono degli indizi che fanno pensare al sotto finanziamento e tuttavia, per avere una valutazione solida dell'esistenza di questo sotto finanziamento e del suo ammontare, occorrerebbe quel processo molto lungo che ho descritto, per cui sarebbe necessario avere i LEP come riferimento, sarebbe necessario depurare i dati dalla componente dello sforzo fiscale e, infine, individuare delle tecniche per valutare eventuali guadagni di efficienza. Quindi attualmente questo scarto tra 35 e 26 miliardi di euro suggerisce la possibilità di una sofferenza. Per avere però una valutazione definitiva si richiede un'analisi un po' più approfondita.

  PRESIDENTE. Due notazioni. A lume di naso, il criterio del costo storico è sicuramente penalizzante e confliggente con un criterio di efficientamento delle risorse, nel senso che un Comune, un ente locale che si vedesse sottratte le risorse, perché magari ha efficientato le proprie spese, non sarebbe neanche incentivato a un'operazione del genere. Oltre al fatto che qualunque criterio ispiratore rispetto al costo storico sarebbe fuorviante dal punto di vista della perequazione, perché poi chi più ha più spende, e quindi si genera confusione.
  Dalla relazione, molto interessante, si desume che la strada della perequazione è ancora molto lontana da realizzarsi, nel senso che il Fondo interviene in maniera molto parziale e, anche per esigenze di finanza pubblica, ci si deve adeguare. Dalla sua relazione sembra di capire che, se si applicassero criteri di verticalizzazione relativamente ai criteri di perequazione di alcuni gettiti, si potrebbe realizzare maggiormente questo criterio perequativo. È così?

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. La verticalizzazione ha due effetti. In primo luogo esistono già delle componenti verticali, ma c'è un problema di costruzione del Fondo. Il Fondo ha più componenti e la parte perequativa è solo una di queste. Poi ci sono dei flussi che vengono distribuiti attraverso il Fondo perequativo, senza essere perequati. Questi flussi sono verticali, questi andrebbero perequati.
  Poi c'è il tema dell'ammontare complessivo delle risorse, e su questo sarebbe opportuno avere un'integrazione verticale del Fondo che potrebbe consentire, nel momento in cui c'è una revisione della base imponibile, quindi una revisione della capacità fiscale standard, di assorbire l'impatto finanziario di queste revisioni.
  Quindi, da un lato i trasferimenti verticali devono essere incorporati nella componente perequativa, ma sarebbe auspicabile che comunque restassero a livello di alimentazione del Fondo per gestire meglio le variazioni della capacità fiscale.

  FRANCESCA ANNA RUGGIERO. Grazie, Presidente Arachi, per essere tornato, perché noi abbiamo avuto modo di ascoltarla a giugno scorso nella Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale e sono contenta di vedere che si sta andando avanti.
  Sono soddisfatta per diversi motivi: in primo luogo, perché finalmente abbiamo Pag. 16capito che c'è stata una crisi economica in Italia che ha portato, dal 2009 ad oggi, quindi in dieci anni, ad un accentramento di risorse e ha lasciato i territori sguarniti delle risorse necessarie per permettere ai cittadini di avere i servizi essenziali.
  Sono soddisfatta perché finalmente abbiamo capito che legarsi al costo storico è assurdo e che invece bisogna definire quali sono i livelli essenziali, quindi quelle prestazioni che vogliamo uniformare su tutto il territorio nazionale, per rendere tutti i cittadini italiani uguali, almeno nei livelli essenziali.
  Sono infine estremamente soddisfatta perché tutte le volte che lei parla di verifica, significa che stiamo andando verso l'attuazione dell'articolo 120 della Costituzione. Quindi, una volta definiti questi livelli essenziali e ripartite le risorse tra le regioni, lo Stato potrà verificare se le regioni veramente attuano quei livelli essenziali e «commissariarle», nel caso in cui questi non dovessero essere eseguiti e forniti ai cittadini.
  Nella Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale abbiamo finito il primo ciclo di audizioni, e spero che – se questa settimana si approverà la prima relazione semestrale, anche se in fortissimo ritardo – potremo avviare un secondo ciclo di incontri.
  Non v'è dubbio che la riforma del 2009 è una riforma incompiuta; il decreto del 2011 delle regioni è stato poi dimenticato e messo nel cassetto, e ci è stato lasciato un grossissimo lavoro da fare; però siamo felicissimi di farlo partendo da zero e ripartendo dai principi costituzionali che sono scritti talmente bene, che è impossibile non riconoscerli.
  Chiudo il mio intervento ringraziandola per la sua presenza oggi qui.

  PRESIDENTE. Mi unisco ai ringraziamenti e saluto il Presidente Arachi. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal Presidente Arachi (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.20.

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