XVIII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Martedì 15 ottobre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE CONDIZIONI DEL PERSONALE MILITARE IMPIEGATO NELL'OPERAZIONE «STRADE SICURE»

Audizione del prefetto di Roma,
dottoressa Gerarda Pantalone.

Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 
Pantalone Gerarda , prefetto di Roma ... 3 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 5 
Aresta Giovanni Luca (M5S)  ... 5 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 6 
Deidda Salvatore (FDI)  ... 6 
Ferrari Roberto Paolo (LEGA)  ... 6 
Russo Giovanni (M5S)  ... 7 
Pagani Alberto (PD)  ... 7 
Perego Di Cremnago Matteo (FI)  ... 8 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 8 
Pantalone Gerarda , prefetto di Roma ... 8 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 9 

Audizione del prefetto di Napoli, dottoressa Carmela Pagano:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 9 
Pagano Carmela , prefetto di Napoli ... 9 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 12 
Pagani Alberto (PD)  ... 12 
Boniardi Fabio Massimo (LEGA)  ... 12 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 13 
Iorio Marianna (M5S)  ... 13 
Iovino Luigi (M5S)  ... 13 
Russo Giovanni (M5S)  ... 14 
Pagano Carmela , Prefetto di Napoli ... 14 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANLUCA RIZZO

  La seduta comincia alle 11.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del prefetto di Roma,
dottoressa Gerarda Pantalone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle condizioni del personale militare impiegato nell'operazione «Strade Sicure», l'audizione del prefetto di Roma, dottoressa Gerarda Pantalone. Saluto e do il benvenuto alla dottoressa Pantalone, che ringrazio per la sua presenza all'incontro di oggi. La dottoressa Pantalone è accompagnata dal vice prefetto, Raffaella Moscarella. Ricordo che dopo l'intervento del prefetto Pantalone, darò a parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni; successivamente, il prefetto potrà rispondere alle domande. Chiedo ai colleghi di far pervenire la propria richiesta di iscrizione a parlare.
  Do, quindi, la parola alla dottoressa Pantalone.

  GERARDA PANTALONE, prefetto di Roma. Grazie signor Presidente. Buongiorno a tutti. Vorrei illustrarvi la felice, la definisco così, esperienza romana nell'avvalersi del concorso dei militari per la sicurezza del territorio. È dal 2008 che i militari sono presenti a Roma per le attività dell'operazione «Strade Sicure». Come sapete, nell'ambito delle misure previste dal pacchetto sicurezza, è stato possibile per molte città italiane – fra cui Roma – avvalersi del concorso del personale militare nella lotta alla criminalità. Già prima del 2008, in Italia, vi erano state simili esperienze. Forse l'operazione «Vespri Siciliani» è una di quelle che ricordiamo maggiormente, tuttavia il pacchetto sicurezza del 2008 segna una svolta; infatti, da quel momento si comincia a parlare di avvalersi dei militari non soltanto per un periodo di tempo limitato e per una specifica esigenza in determinati ambiti locali, ma si fuoriesce dalla logica locale per andare verso una logica nazionale. A Roma, fin da subito, fu destinata una parte molto consistente del contingente di militari impiegato per l'operazione. Il primo contingente era di 4.000 unità in tutta Italia e poco più di 1.000 erano schierate nella Capitale. Quindi, l'esperienza di Roma è molto significativa. Il primo decreto fissava a 1.052 le unità impiegate a Roma: 797 per compiti di vigilanza, 60 per la sorveglianza ai centri di espulsione e ai centri governativi di accoglienza e 195 per il concorso nei servizi di pattugliamento. Circa le modalità con cui il pattugliamento era espletato, il modulo adottato era quello a base congiunta, costituito da uno o due appartenenti alle Forze di Polizia e da una pattuglia di due appartenenti alle Forze armate appiedate.
  Fin dalla prima settimana furono registrati risultati assai positivi. I militari vennero distribuiti su 19 obiettivi di natura diplomatica, 7 nodi di scambio e al CIE di Ponte Galeria, consentendo nell'immediato il recupero di 330 elementi delle Forze di Polizia, che furono destinate ai servizi più Pag. 4operativi di contrasto alla criminalità comune e organizzata. Venne poi prevista, fin da subito, la presenza costante di un militare nell'ambito della sala operativa della Questura. Significativa fu una prima analisi di risultati che permise di constatare come le pattuglie realizzate, le persone identificate, i veicoli controllati e quelli sequestrati subirono un notevole incremento rispetto alle settimane precedenti.
  La presenza più significativa e l'impiego più evidente dei militari è stato in occasione del Giubileo della Misericordia, dal dicembre 2015 fino al 30 novembre del 2016. In quell'occasione, legata anche agli episodi di terrorismo che si erano verificati a Parigi, in previsione dell'arrivo a Roma di milioni di turisti e di persone per il Giubileo, il contingente dei militari fu incrementato in modo molto consistente. Sono stati 700 i militari inviati in aggiunta e il contingente complessivo raggiunse le 2.296 unità, di cui 1.296 per servizi di vigilanza ordinari e 1.000 per le specifiche esigenze connesse all'evento Giubileo. Ciò ha consentito di ampliare la sfera degli obiettivi sensibili, presidiati ai fini del contrasto alle azioni di criminalità e di terrorismo. Anche a Roma, da un punto di vista gestionale, fu adottato un sistema binario; questo si basava su un'articolazione che provvedeva all'impiego dei militari per i servizi ordinari di «Strade Sicure» e su un'altra articolazione che, pur facendo anch'essa capo alla Brigata Granatieri di Sardegna, provvedeva all'impiego della task-force per il Giubileo.
  Da allora il numero delle unità del contingente è leggermente aumentato o diminuito nel tempo in relazione ad altre esigenze cui bisognava sopperire in ambito nazionale. Vorrei darvi un dato. Nel momento del Giubileo abbiamo tutelato 199 obiettivi; 104 assegnati alla task-force «Strade Sicure» e 95 assegnati alla task-force «Giubileo». Ricordo che in questi undici anni si sono alternati, alla gestione dei militari, la Brigata meccanizzata Granatieri di Sardegna, la Brigata meccanizzata Sassari e la Brigata Alpina Julia.
  Passiamo alla situazione attuale. Il contingente oggi a disposizione è stato determinato con decreto interministeriale dei Ministri dell'interno e della difesa del 29 luglio 2019 e prevede 1.973 unità complessive; in effetti, la forza messa a disposizione è stata leggermente inferiore (1.912 unità, di cui 1.411 direttamente assegnati alle attività di vigilanza, 326 per attività di comando e supporto, e 157 per compiti amministrativi). Quindi, gli uomini che effettivamente si utilizzano per i servizi di vigilanza, contrasto e controllo sono in realtà molti di meno: 1.411 su un totale di 1.912 assegnati. La restante parte è impiegata nei necessari compiti amministrativi e di supporto e comando.
  Mi fa piacere illustrarvi sinteticamente come sono distribuiti questi militari. I militari sono impiegati essenzialmente in 66 obiettivi diplomatici. Parlo di obiettivi diplomatici molto importanti, dell'Ambasciata d'America, dell'Ambasciata di Israele, dell'Ambasciata turca per riferirci ai nostri giorni; quindi, obiettivi molto sensibili. È stato possibile arrivare a questo, proprio grazie al grado di professionalità e di responsabilità che i militari hanno dimostrato di avere. Poi ci sono 47 obiettivi infrastrutturali, 10 obiettivi giudiziari, 15 obiettivi religiosi, 19 siti monumentali ed aree urbane e 3 residenze di personalità. L'impiego viene rimodulato nel tempo in base alle emergenze e alle esigenze che si manifestano. Oggi vi è l'esigenza di estendere e di tutelare siti che qualche tempo fa non pensavamo affatto di tutelare. Vi faccio un esempio: oggi stiamo tutelando un impianto di trattamento dei rifiuti. Si tratta dell'unico impianto che è rimasto quasi funzionante a Roma. È facile comprendere quali siano le ripercussioni che potremo avere sul ciclo dei rifiuti romani, che è già abbastanza sofferente, se vi fosse un danneggiamento o un semplice attacco a quel sito. Per non parlare della presenza, insieme alla Polizia municipale, presso qualche campo rom. Tra l'altro nel 2008, quando furono impiegati per la prima volta i militari, si è fatta un po’ di attenzione a non impiegarli immediatamente nelle zone di grande afflusso di turisti, di traffico, perché si temeva che non ricevessero una favorevole accoglienza da parte della popolazione. Pag. 5 Devo dire che questi timori si sono rivelati del tutto e assolutamente infondati, perché i militari vengono richiesti a viva voce dai cittadini. Sappiamo bene come il senso di percezione della sicurezza, certamente non reale rispetto ai dati della criminalità, sia abbastanza forte e come il cittadino si senta più protetto se vede la presenza della divisa. Quindi, la vigilanza fissa da parte dei militari e il contrasto più dinamico da parte delle pattuglie delle Forze dell'ordine, contribuiscono a dare un senso di sicurezza partecipata.
  Circa le modalità di impiego dei militari ci tenevo a dire che si è cercato, nel tempo, di rendere sempre più coerente l'impiego dei militari con i diversi siti da tutelare, anche disponendo una modifica dell'equipaggiamento in dotazione. Mi riferisco all'utilizzo dell'arma lunga oppure di quella corta. Nei luoghi più affollati l'arma lunga non si rivela strategica sia per il militare, sia l'impatto che ha sulla cittadinanza: per il militare perché lo rende poco agile; per la cittadinanza perché può dare un brutto impatto, anche se, di fatto, non c'è mai stato. Per tale ragione, a più riprese, sono stati incrementati i servizi con arma corta. La prima volta che è stata disposta, è stata a seguito di una richiesta fatta dall'autorità di Pubblica Sicurezza. Adesso siamo arrivati al punto che il Comando militare, man mano in relazione ai vari servizi espletati, chiede di espletare il servizio con questa modalità.
  Infine, mi soffermo sulla vigilanza. Nelle altre sedi d'Italia si fa più ricorso alle modalità di svolgimento di vigilanza dinamica perché è più coerente con le esigenze di tutela. A Roma questa forma di vigilanza è poco utilizzata. Infatti, i siti da tutelare sono ambasciate e monumenti istituzionali di rilievo strategico. Per queste tipologie di siti la modalità di vigilanza fissa è stata ritenuta la più coerente e molto più congrua e stringente rispetto ad una vigilanza dinamica. Cionondimeno, le richieste dei vertici militari sono sempre state nel senso di estendere le modalità di vigilanza dinamica; ciò anche per poter recuperare personale. Una sperimentazione della vigilanza dinamica è stata fatta in tre siti: il porto di Civitavecchia, la Basilica di San Giovanni in Laterano e la Corte di cassazione. Questo modulo è stato felicemente sperimentato e c'è la richiesta, da parte dei vertici militari, di estenderlo il più possibile. Tuttavia, non riteniamo che possa essere fattibile estendere la vigilanza alle Ambasciate o a San Pietro e ad altri siti, per via della sensibilità di questi obiettivi.
  Ho detto che i cittadini romani e le istituzioni romane hanno accolto favorevolmente i militari e che il loro impiego ha consentito di recuperare unità di personale delle Forze dell'ordine e delle Forze di Polizia da destinare ai compiti più operativi. Nel 2008 erano più di 300 gli uomini delle Forze di Polizia recuperati; oggi siamo quasi a 700 uomini recuperati per le attività di più diretto contrasto alla criminalità comune organizzata. Avevo detto anche che vi era stata un'ottima accoglienza da parte dei cittadini, e tutt'ora è così; devo però dire che si sono registrati, parlo della fine del 2015 e del 2016, degli episodi che hanno visto i militari fatti oggetto di danni o di lesioni. Si è trattato di una ventina di episodi, che sono stati anche analizzati. In alcuni casi era per il tentativo di sottrarre l'arma, in altri perché erano intervenuti in pattugliamento in zona quali la stazione e l'aeroporto per sedare risse o perché vi erano persone in evidente stato di ebbrezza. Da quella data si è riunito più volte il comitato ma, dal 2016, non abbiamo più avuto alcuna notizia di altri accadimenti di questo tipo.
  Le istituzioni richiedono sempre più la presenza di militari e quando, per assecondare altre esigenze in ambito nazionale, vengono sottratte delle unità a Roma, diventa sempre problematico riuscire a garantire la sicurezza per tutti i romani.

  PRESIDENTE. Grazie. Passiamo ora agli interventi dei colleghi. Ci sono già diversi iscritti a parlare; prego i colleghi di contenere i loro interventi intorno ai 2-3 minuti per permettere l'inizio della successiva audizione del prefetto di Napoli.

  GIOVANNI LUCA ARESTA. Grazie Presidente. La ringrazio, Eccellenza, per la Pag. 6chiarezza espositiva. È veramente un onore incontrare alti rappresentanti dello Stato come lei.
  Lei ha reso un'immagine plastica della situazione a Roma delle attività di presidio di «Strade Sicure». Sarò telegrafico. Lei ha elencato una serie di obiettivi sensibili nella città, fra cui, se non vado errato, 10 o forse 15 luoghi di culto, in gran parte legati all'esperienza del Giubileo, conclusasi qualche anno addietro. Le chiedo: vi è mai stata una revisione, una valutazione da parte del comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico, in relazione alla necessità di mantenere il presidio militare in questi luoghi? Potrebbe essere necessario operare una rivalutazione?

  ANTONIO DEL MONACO. Grazie Eccellenza per la sua relazione, nella quale ha fatto percepire che le istituzioni chiedono sempre più di avere il presidio dei militari. Lei ha accennato all'utilizzo sia dal punto di vista statico, sia da quello dinamico e ha affermato che, per certi versi, l'utilizzo statico non può essere mutato nel caso del presidio di ambasciate e altri obiettivi sensibili. Ha detto anche che state valutando la possibilità di poter eventualmente modificare quanto più possibile. Oggi, l'impiego del personale militare è demandato ai prefetti. C'è un'esigenza, che viene stabilita dai prefetti, i quali stabiliscono anche il modo di disporre il servizio. Non sarebbe più opportuno delegare l'impiego a chi ha il controllo sugli uomini? Così facendo si potrebbe alleggerire la parte di responsabilità della Prefettura, ma si avrebbe anche modo di migliorare l'organizzazione dal punto di vista operativo delle forze in campo, rendere ancora più efficiente ed efficace questo strumento.

  SALVATORE DEIDDA. Eccellenza, come Fratelli d'Italia abbiamo sempre guardato con favore all'operazione «Strade Sicure». Siamo stati anche i promotori dell'iniziativa, con il Ministro della difesa pro tempore La Russa, ma in questa legislatura abbiamo sottolineato diverse criticità dell'operazione, soprattutto nelle grandi città. Alcune riguardano la difesa, ossia gli armamenti utilizzati dai militari che sono eccessivamente gravosi, soprattutto quando bisogna operare in una posizione statica per tutto il giorno, o la sorveglianza che, come ha detto lei, in alcuni casi non può essere dinamica per ragioni operative. Ci sembra, inoltre, che l'Esercito a volte sia stato chiamato senza una valida ragione, come ad esempio per sorvegliare un impianto di rifiuti. Per quanto questo impianto sia importante e strategico per la città di Roma, certo l'Esercito non può essere chiamato per coprire le inefficiente dell'Amministrazione comunale. Infatti, l'adeguata protezione dovrebbe essere assicurata dal Comune attraverso gli organi di pubblica sicurezza o i sistemi di guardiania privata. Insomma, a volte l'Esercito è chiamato ad affrontare l'emergenza delle buche nelle strade romane, o quella dell'impianto dei rifiuti, come se fosse un Corpo da impiegare per qualsiasi esigenza, mentre questi compiti non sono di specifica competenza della Forza armata. Lei sa benissimo che le ore di straordinario effettuate dai militari per le attività dell'operazione «Strade Sicure» non vengono del tutto pagate. Dovremmo cercare di aiutare i militari a svolgere meglio il loro lavoro e per fare questo occorre modificare quelle che sono le loro funzioni e cercare di restituire alla Polizia e ai Carabinieri le funzioni proprie di questi Corpi. Quindi, le domando: è veramente necessario dover utilizzare l'Esercito in funzioni che non sono proprie della Forza armata, come il caso dell'impianto dei rifiuti? In più, se non è possibile effettuare la sorveglianza dinamica, possiamo dotare i presidi fissi di sistemazioni più dignitose, anziché collocare un gazebo dove devono stare in piedi tutto il giorno?

  ROBERTO PAOLO FERRARI. Ringrazio il prefetto per la relazione particolarmente esaustiva e che ha toccato tutti gli argomenti che avevano suggerito l'avvio di questa indagine conoscitiva. Come saprà, la sollecitazione è nata da situazioni e lamentele che arrivavano dai militari in relazione al loro impiego nell'operazione «Strade Sicure» e da fatti ancora più gravi che hanno visto atti di autolesionismo da parte Pag. 7dei militari, non si sa se collegati alle modalità di impiego o ad altri fattori. Tutto ciò ha spinto la Commissione a cercare di approfondire. La sua relazione è stata particolarmente interessante, anche perché su circa 8.000 uomini impiegati, quasi un quarto (circa 2.000) sono impiegati nella Capitale. Come è stato sottolineato dai diversi Capi di stato maggiore nelle loro audizioni, uno dei problemi è quello dell'impiego statico, che costituisce la modalità attuativa più ricorrente nei presidi romani. Le chiedo: può essere prevista, stante questa difficoltà che è stata lamentata, una revisione periodica? Attualmente, ogni quanto avviene la revisione periodica delle modalità operative di presidio degli obiettivi che sono sottoposti a tutela? Queste revisioni periodiche possono portare all'eliminazione di alcuni obiettivi sensibili? Non ho ragioni di sapere se il presidio fisso davanti ad alcune rappresentanze diplomatiche possa essere necessario costantemente, ma vorrei che mi dicesse se è possibile prevedere una rimodulazione in riduzione di questi obiettivi.
  Siamo tutti convinti che uno dei fattori che giova alla popolazione è quello della percezione della sicurezza, che spesso non coincide con il reale grado di sicurezza, tendenzialmente più alto rispetto a quello percepito. Le chiedo: se il numero delle unità di militari impiegati per l'operazione «Strade Sicure» venisse ridotto, si potrebbero ridurre anche i presidi pattugliati che a volte, data la disponibilità delle Forze, vengono ampliati continuando a garantire questo livello di sicurezza?

  GIOVANNI RUSSO. Mi associo ai miei colleghi e saluto, anch'io, sua Eccellenza. Volevo chiedere: visto che Roma, oltre ad essere la capitale d'Italia, è anche uno dei centri religiosi più importanti al mondo, in caso di eventi religiosi eccezionali, sono previsti piani di intervento straordinari, anche con incrementi temporanei dal punto di vista numerico degli uomini impegnati? Faccio un esempio: quando ci furono i funerali di Giovanni Paolo II, Roma accolse 4-5 milioni di fedeli al giorno. Questo creò enormi problemi di gestione dei flussi di traffico, e quant'altro; mi chiedo se siano previsti dei piani straordinari in caso di situazioni limite come questa. Infatti, mi rendo conto che è molto difficile gestire l'arrivo improvviso – perché si auspica sempre che determinate cose non succedano, ma la morte di un Pontefice e un conseguente funerale è un evento che può essere anche improvviso – di criticità simili.

  ALBERTO PAGANI. Anche io ringrazio il prefetto per l'illustrazione della felice esperienza, come l'ha definita all'inizio, visto che il termine «felice» è stato piuttosto ricorrente nella sua illustrazione. Siamo contenti che ci sia soddisfazione dell'esperienza, tuttavia il nostro compito è anche quello di tener presente qual è il punto di equilibrio tra le esigenze che vengono manifestate (e coperte) e l'impiego delle risorse che si utilizzano per corrispondere a queste esigenze, e soprattutto – come veniva indicato da alcuni interventi che mi hanno preceduto – la congruità della tipologia di risposta rispetto al tipo di minaccia. Vengo subito alla domanda, che ci serve per capire se e come proporre un'eventuale rimodulazione dell'esperienza di «Strade Sicure». Quali sono le modalità nelle quali e con le quali la Prefettura assume la decisione di impiegare i militari in determinati luoghi e con determinati dispositivi? È una decisione che avviene sulla base di un'analisi tecnica del rischio? Se così fosse, mi piacerebbe sapere quale analisi della minaccia si adotti per capire che la risposta specifica delle Forze armate è la più adeguata. Oppure è una valutazione che miscela elementi tecnici di analisi del rischio con esigenze politiche, per cui c'è una richiesta degli amministratori locali, che magari ritengono che vi sia necessità di presidiare determinati siti e determinate zone, ma non dispongono delle risorse per presidiare direttamente e, quindi, si avvalgono di questa opportunità di potere presidiare con le Forze armate senza tener conto del costo certamente più alto di quello della Polizia municipale, della guardiania privata, eccetera, eccetera. Ci può dare una spiegazione sulle modalità con cui si decide, in modo che comprendiamo meglio se alcuni esempi che sono stati citati Pag. 8corrispondono a un'analisi congrua di un rischio che richiede realmente l'intervento della Forza armata? Ad esempio, per quanto riguarda il presidio di una discarica, è stato valutato che vi sia un rischio di attentato di carattere militare che richiede una risposta militare o è semplicemente un ruolo di guardiania e di controllo che richiederebbe un dispositivo di tipo diverso? Lo dico perché lei ha detto che spesso si è optato per un equipaggiamento con dotazione solamente dell'arma corta, cosa che fa pensare più ad un'attività tipica dell'intervento delle Forze di Polizia ad ordinamento civile o militare, che non delle Forze armate che hanno un addestramento che richiede una reattività e un intervento tipico delle zone di guerra e non di quelle metropolitane.

  MATTEO PEREGO DI CREMNAGO. Grazie Eccellenza per la sua relazione e per il compito difficile che ha, essendo la città di Roma una città molto complessa.
  Venendo all'operazione «Strade Sicure», è evidente che la sorveglianza statica non sia una prerogativa delle Forze armate. Queste, infatti, non sono addestrate per sorvegliare gli edifici in maniera statica e, né tantomeno con l'equipaggiamento di cui sono dotate. La mia domanda però è riferita alle regole di ingaggio. Crede che, considerato che stiamo chiedendo alle Forze armate di svolgere un compito che non è loro prerogativa abituale, le regole di ingaggio attuali applicate siano congrue e tutelino la sicurezza delle Forze armate dispiegate? Ritiene che – come mi era capitato di chiedere nelle precedenti audizioni – sarebbe possibile dotarle del teaser come strumento difensivo?

  PRESIDENTE. Do adesso la parola alla dottoressa Pantalone per la replica. Prego.

  GERARDA PANTALONE, prefetto di Roma. Intanto voglio dire che l'analisi delle misure da adottate e degli obiettivi ritenuti degni di una tutela viene fatta periodicamente e, periodicamente, vi sono anche delle variazioni perché un sito può essere importante e da tutelare in un determinato momento storico, ma si può anche attenuare il rischio. Noi rimoduliamo continuamente le esigenze e, laddove abbiamo una coperta corta, il sito più necessario da tutelare ha la prevalenza rispetto a quello con minore esigenza. Da maggio abbiamo cambiato già una decina di volte, quindi l'analisi viene fatta periodicamente in base alle esigenze che sopravvengono.
  Come viene fatta l'analisi? Su questo voglio tornare al rispetto delle competenze e delle responsabilità tipiche dei vari organi preposti. È chiaro che il livello di rischio non può che essere valutato dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza, il questore (autorità tecnica) e il prefetto (autorità di carattere generale), avvalendosi in seno al comitato ordine e sicurezza pubblica di tutti gli input arrivati anche dalle autorità centrali, in primis dall'autorità centrale nazionale di pubblica sicurezza. Questa è l'individuazione delle esigenze da tutelare. Con riguardo alla modalità con cui tutelarla, livello di rischio e modalità di esecuzione sono estremamente correlati. Compito del referente militare è dire in che modo il servizio può essere svolto, quindi teniamo conto dell'esperienza. Anzi, vi dirò di più: non appena viene individuata una nuova esigenza da tutelare, un nuovo sito, vi è un sopralluogo che viene fatto dalle Forze dell'ordine con l'autorità militare per vedere le migliori modalità di esecuzione del servizio.
  Con riguardo ai siti religiosi, i siti di oggi non sono quelli che venivano tutelati durante il Giubileo. Mi sto riferendo a San Pietro, San Giovanni, Santa Maria Maggiore, Santa Maria in Trastevere, cioè luoghi nei quali vi è l'esigenza della presenza di una tutela. La ratio delle varie norme che hanno portato all'impiego dei militari è stata quella di poter contare su una presenza che concorresse alle attività di vigilanza e controllo, sgravando le Forze di Polizia impiegate in quei settori per poterle destinare ad altre attività che solo loro possono svolgere, in virtù delle qualifiche di Polizia giudiziaria che, a differenza dei militari, solo loro hanno. Quindi non siamo larghi nell'individuare i siti da tutelare perché ci sono i militari. Si tratta, infatti, di siti che devono essere protetti in ogni caso. Pag. 9Se ci possiamo avvalere dell'aiuto dei militari è chiaro che le Forze di Polizia potranno svolgere maggiormente quei compiti che solo loro possono svolgere.
  Quanto all'impianto di rifiuti che ho citato come sito da tutelare, si tratta di una misura temporanea adottata in un momento particolare, che va ad aggiungersi a tutte le altre misure di polizia locale, di guardiania privata, di sistemi di telecamere di videosorveglianza esistenti, proprio perché in questo particolare momento c'è l'esigenza che non si blocchi uno dei pochi impianti funzionanti che aiuta il ciclo dei rifiuti di Roma. È chiaro che è un qualcosa che non deve durare sempre e che sarà oggetto di revisione allo stesso modo in cui lo sono gli altri impianti.
  Circa le modalità, posso anche concordare che non c'è specifico bisogno della Forza armata con l'equipaggiamento suo tipico, tuttavia è la previsione normativa che ci ha messo i militari a disposizione per questo; è la previsione normativa che mi dice che devono essere utilizzati per la vigilanza a siti e obiettivi sensibili; e il contingente messo a disposizione per queste specifiche esigenze è il più consistente. Quindi è chiaro che se un domani non ci dovessero essere, significa che sarà fatta un'analisi per togliere la vigilanza a una determinata ambasciata, a San Pietro o ad un altro sito ultrasensibile, e le Forze dell'ordine dovranno assumere l'ulteriore onere di fare questo, a scapito e a danno di ulteriori servizi. Ecco perché dico che questo concorso è stato pensato per Roma, ma anche per tutte le altre città d'Italia. Sono stata prefetto di Napoli e anche lì ho potuto constatare quanto i militari sono venuti in aiuto, soprattutto quando – per l'esigenza del terrorismo – abbiamo avuto lo specifico input di utilizzarli in zone come quelle degli aeroporti, delle stazioni. Per noi è stato veramente un aiuto che ha avuto, da un lato, l'obiettivo di dare la percezione di sicurezza ai cittadini e, dall'altro, ha consentito di poter svolgere al meglio i servizi e di recuperare un po’ di Forze di Polizia.
  Non ci sono piani straordinari. Quando c'è bisogno, quando c'è la straordinarietà, ci si vede ogni momento. Dovete pensare che a Roma si convocano ad horas 2-3 comitati a settimana e che, in relazione alle singole esigenze che si dovessero verificare, si cerca di rendere al meglio un servizio.
  Mi rendo conto che l'espletamento del servizio in forma dinamica andrebbe verso una giusta esigenza dei militari, però con o senza militari la vigilanza in determinati obiettivi va resa in forma fissa perché le autorità nazionali di pubblica sicurezza ritengono che il servizio vada espletato così.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Pantalone, la dottoressa Moscarella e tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del prefetto di Napoli, dottoressa Carmela Pagano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle condizioni del personale militare impiegato nell'operazione «Strade Sicure», l'audizione del prefetto di Napoli, dottoressa Carmela Pagano. Saluto e do il benvenuto alla dottoressa Pagano, che ringrazio per la sua presenza all'incontro di oggi.
  Ricordo che dopo l'intervento del prefetto, darò a parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni. Successivamente, il prefetto potrà rispondere alle domande poste.
  Do quindi la parola alla dottoressa Pagano.

  CARMELA PAGANO, prefetto di Napoli. Buongiorno a tutti. Con riferimento alla città di Napoli c'è da considerare una particolarità che, al momento, è unica a livello nazionale. Mi riferisco al fatto che il dispositivo di «Strade Sicure» è impiegato da qualche anno anche per il contrasto del fenomeno dei roghi di rifiuti nella cosiddetta Terra dei fuochi, che è tipico della Campania e delle province di Napoli e Caserta. Sono stata anche prefetto di Caserta (ho lasciato Caserta proprio quando entrava in vigore questa norma) quindi conosco bene tutto lo sviluppo delle vicende che hanno portato a questo intervento Pag. 10 normativo e che hanno consolidato questo dispositivo.
  Quindi, oltre al normale dispositivo di «Strade Sicure» che riguarda tutto il territorio nazionale e nel Sud è gestito in piena intesa e con grande spirito di collaborazione (devo dire che con Confsud c'è davvero una grandissima collaborazione e abbiamo riscontrato una grandissima disponibilità a venire incontro anche a esigenze specifiche che si sono poste in momenti molto particolari, come ad esempio per i servizi di vigilanza sull'isola di Ischia dopo il terremoto) a Napoli c'è anche questo particolare tipo di utilizzo.
  Per quanto riguarda il dispositivo «Strade Sicure» di tipo ordinario, a Napoli, come potete immaginare, esistono non pochi obiettivi di estrema delicatezza; l'impiego, quindi, è prevalentemente di vigilanza fissa a obiettivi sensibili. Abbiamo, ad esempio, altissime cariche magistratuali – il Procuratore nazionale Antimafia, c'è stato fino a poco tempo fa anche il Procuratore nazionale Anticorruzione – ci sono gli uffici giudiziari e anche nodi di scambio come stazioni e aeroporti.
  Uno sviluppo specifico degli ultimi due anni si è verificato per quanto riguarda le zone della movida, anche per effetto dell'attentato di Barcellona e della strage sulle Ramblas. Pertanto, anche a Napoli, e in tutto il territorio nazionale, situazioni analoghe sono state sottoposte a una particolare vigilanza. A Napoli naturalmente è la parte del lungomare che è stata oggetto, e lo è attualmente, di questo tipo di presidio, essendo una zona fortemente pedonale, frequentata da turisti e, quindi, potenzialmente esposta a questo tipo di rischio. Per quanto riguarda l'altro profilo, invece mi riferisco alle aree della cosiddetta movida cittadina. A fine 2017, su Napoli si sono verificati, in ambito movida, degli episodi di una certa violenza e anche una sparatoria in cui risultarono implicati personaggi collegati alla criminalità (almeno questo a livello di indagini, perché non abbiamo risultanze definitive giudiziarie). Nell'ottica di rafforzare i servizi, naturalmente anche da parte delle Forze di Polizia ordinarie, c'è stato un coinvolgimento anche dei militari di «Strade Sicure» con un servizio necessariamente appiedato. Chi conosce il contesto e l'orografia del centro storico di Napoli, infatti, capisce facilmente che determinati servizi vengono svolti meglio appiedati, perché in quelle stradine non sempre è possibile spostarsi con mezzi ingombranti. Naturalmente si tratta sempre di pattuglie miste, cioè mai militari da soli, ma in servizio congiunto con la Polizia di Stato e con i Carabinieri e anche con la vigilanza urbana (la Polizia municipale è molto impiegata nei servizi di «anti movida» e per il decoro urbano).
  Un altro servizio, derivato dai fatti di Barcellona, è stata una particolare vigilanza su via Toledo, anche qui in forma fissa, in due punti della via, e nello stesso tempo anche con una pattuglia appiedata. Li ho citati espressamente perché sono i servizi in corso di revisione. Vi posso anche fornire la copia della prima proposta della Questura di revisione di questi servizi, che probabilmente passerà nel comitato di mercoledì prossimo in Prefettura. Questi servizi, come sapete, vengono proposti in sede tecnica, ma poi passano al vaglio del Comitato provinciale per la sicurezza pubblica, dopodiché il prefetto firma le relative consegne. Questo perché, sulla base di intese centrali tra il Ministero della difesa e il nostro Ministero, i Questori hanno ricevuto una direttiva del Capo della Polizia finalizzata a rivedere i servizi di «Strade Sicure», affinché siano svolti sempre sia in forma fissa sia in forma dinamica, ma non con pattuglie appiedate, e tutto questo ci sta portando a rivedere quei dispositivi che vi ho citato – parliamo di via Toledo, di via Chiaia, della zona movida «baretti», di Piazza Bellini – come pure dell'area della stazione centrale, dove c'era anche un servizio appiedato; anche a Capodichino è stata eliminata la pattuglia appiedata. Insomma, in sostanza, d'ora in poi i servizi di «Strade Sicure», sia in forma dinamica che in forma fissa, saranno sempre e comunque automontati e con un minimo di tre elementi per turno. È stata altresì proposta una turnazione «in sesta» che dovrebbe alleggerire i turni di servizio abbastanza pesanti per il personale impiegato. Pag. 11Quindi, avranno un alleggerimento di tipo orario di cui non abbiamo ancora molti dettagli. Li vedrò in sede di Comitato (quando facciamo queste revisioni c'è anche il Comando militare) e lì cercherò di capire meglio come saranno articolati questi nuovi servizi. Comunque, abbiamo già formulato alcune prime proposte per andare incontro a questa esigenza che è stata fatta presente. Per il resto, erano già obiettivi o in forma fissa o in forma dinamica, fissi e naturalmente obiettivi sensibili, che ovviamente rimangono nelle nostre esigenze.
  Vorrei spendere due parole anche sul tema «Terra dei fuochi». È un tema che ha subìto nell'ultimo anno una qualche rivisitazione che giova un minimo sottolineare. In base alla legge n. 6 del 2014, che ha definito il concetto di Terra dei fuochi e da cui è conseguita anche la nomina, a cura del Governo, di un funzionario incaricato del contrasto ai roghi di rifiuti, che è attualmente il viceprefetto Iorio, c'è un contingente fisso di 200 militari di «Strade Sicure», 100 per Caserta e 100 per Napoli. I Comuni che fanno parte della Terra dei fuochi sono 90. Questo dispositivo, man mano perfezionato anche con protocolli definiti in sede regionale, con l'istituzione della cabina di regia che opera presso la Prefettura di Napoli e con il sempre maggior coinvolgimento delle Polizie locali, è stato molto utile in questi anni e credo che l'attività sia risultata di particolare soddisfazione per i militari. Infatti, avendo spesso modo di incontrarli in ambito comitato per varie circostanze, mi hanno mostrato una crescente soddisfazione per i risultati derivati da quest'attività. Se questo è un argomento di specifico interesse vi posso, di intesa col dottor Iorio, far pervenire una puntuale descrizione di tutto il trend dei controlli, i risultati ottenuti, eccetera. Vorrei sottolineare un altro profilo: nell'ultimo anno/anno e mezzo si sono verificati, ma a livello nazionale, incendi in alcuni stabilimenti di materiale plastico, o comunque di rifiuti. Questo fenomeno ha interessato molte regioni e, soprattutto, il Nord. Anche a Napoli, nel luglio 2018, si sono incendiati due stabilimenti contenenti materiale plastico e un altro episodio è accaduto a Caserta. È stato interessato, più volte, anche lo Stir di Casalduni, a Benevento. Comunque, a Napoli quest'evento si è fermato e, nonostante ci sia stato un momento abbastanza difficile perché c'è stato il blocco del termovalorizzatore di Acerra che non ha agevolato il ciclo ordinario dei rifiuti, non abbiamo avuto ulteriori episodi di questo genere. Nel frattempo è sopravvenuto un protocollo di intesa governativo che ha interessato moltissimi ministeri. Parlo, ovviamente, del precedente Governo e del protocollo sottoscritto a Caserta nell'ottobre 2018 da nove Ministri, che ha un po’ ampliato il concetto di Terra dei fuochi, quantomeno a tutta la Campania. Comunque, nelle analisi che abbiamo fatto in conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza con i prefetti delle altre province, ci atteniamo alla definizione classica che riguarda Napoli e Caserta. Al di là dell'incendio allo Stir, i fenomeni registrati a Avellino e Benevento hanno altre motivazioni, diverse da quelle classiche della Terra dei fuochi di abbandono indiscriminato di rifiuti derivanti sia da uno scarso senso civico, sia da contraffazione, produzione arbitraria di beni che portano necessariamente ad uno smaltimento illegittimo. Le cause della Terra dei fuochi sono abbastanza note e non si rinvengono tutte nelle altre provincie. Comunque, con questo protocollo si è messa insieme un'azione più strutturata e, forse, più complessiva che sta interessando specificamente anche tutta l'attività di sensibilizzazione sulle merci contraffatte. Per quanto riguarda le ditte che detengono materiale a rischio incendio c'è una previsione di piani di emergenza esterni a quelli che fa il prefetto. Infine, con il decreto sicurezza è stato previsto che i prefetti debbano provvedere ai piani di emergenza esterna per il rischio di incidenti rilevanti per queste aziende. È stata istituita tra l'altro una cabina di regia nazionale a Palazzo Chigi che cura anche questi profili normativi e di evoluzione normativa.
  Quello che volevo sottolineare è che, per quanto riguarda il dispositivo tradizionale di «Strade Sicure», il servizio dei militari Pag. 12è dinamico: c'è un primo livello che riguarda il pattugliamento delle aree di interesse in 90 comuni complessivamente tra Napoli e Caserta; c'è poi un secondo livello che prevede uno stretto tutoraggio nei confronti delle Polizie locali, quindi sono sempre servizi dinamici svolti in forma automontata, ma con le pattuglie delle Polizie locali; c'è poi un terzo livello che comporta ogni tanto una specie di «Action day», a cui partecipano tutte le Forze di Polizia e che porta a dei risultati molto consistenti. Voi avrete sentito parlare nei giorni scorsi di Casalnuovo, dove è stato rinvenuto quel deposito che conteneva un po’ di tutto. È proprio il frutto di una di queste operazioni che vi ho appena descritto. Quello su cui voglio porre l'accento in questa sede è che, nelle more del perfezionamento dei piani di sicurezza interni ed esterni, per evitare conseguenze peggiori, abbiamo dovuto distogliere i due terzi dei 200 militari destinati a «Strade Sicure» su questi servizi, sempre in forma dinamica, indebolendo però il meccanismo su tre livelli che vi ho appena descritto. Dunque, quello che era un trend decisamente in progress di risultati con i soliti meccanismi di «Strade Sicure», si è un po’ affievolito in termini di risultati proprio perché abbiamo dovuto dedicare grande attenzione a queste strutture.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il deputato Pagani.

  ALBERTO PAGANI. Ringrazio il signor prefetto. Cercherò di essere sintetico. Ho una domanda da fare e una breve premessa. È mia opinione che quando si appronta un dispositivo di sicurezza, qualunque esso sia, si parta sempre dall'analisi del rischio della minaccia che si deve affrontare e, poi, si cerchi di adottare il dispositivo più adeguato a quel rischio, sapendo che ogni soluzione ha un costo diverso dall'altra. Ora, sappiamo che il costo dello strumento militare è abbastanza significativo, in quanto prevede l'accasermamento, la formazione e altre voci onerose. La domanda mi è stata ispirata dalla relazione del prefetto di Roma, la quale ci ha spiegato che, poiché la norma fu pensata a suo tempo per liberare Forze di Polizia ordinamento civile e militare da compiti di sorveglianza al fine di poterle impiegare in compiti più specifici di Polizia, per i compiti di sorveglianza si utilizza la Forza armata. Tuttavia, la Forza armata costa di più. Infatti, il costo di un militare rispetto a quello di un carabiniere o di un poliziotto è più alto, per cui la collettività paga di più per avere lo stesso tipo di servizio. Ora, la domanda è questa: sulla valutazione della sua esperienza – prima a Caserta e poi a Napoli – è possibile garantire, con adeguata rispondenza al rischio e alla minaccia, la sicurezza dei cittadini e degli obiettivi che sono prefissati con le Forze di Polizia anziché con Forze armate, se quella minaccia o quel rischio non richiede l'intervento e la presenza dei militari?
  A suo parere, per poter ripensare a rimodulare il dispositivo è necessario che venga ripensata e modificata la norma, oppure con la norma attuale si può ripensare l'utilizzo del dispositivo e impiegare le Forze per i compiti cui sono addestrate e preparate, e non sulla base delle esigenze che si manifestano per sostituire altre che vanno a fare altri lavori?

  FABIO MASSIMO BONIARDI. Innanzitutto un ringraziamento alla dottoressa Pagano, la quale ci ha esposto la realtà della sua provincia, molto incentrata sulla Terra dei fuochi per ovvie motivazioni. Ho ascoltato con curiosità il suo appello affinché la Polizia locale venga impiegata di più nelle operazioni per la tutela dell'ambiente; e qui faccio una piccola polemica. La riforma Del Rio, soprattutto in realtà come Napoli che si è trasformata da provincia in città metropolitana, ha fatto sparire la Polizia provinciale, che era il nucleo utilizzato dalle province con lo specifico compito di individuare i reati ambientali. In parte, adesso questi compiti sono stati trasferiti ai Carabinieri, ma abbiamo perso il background di una professionalità che da parecchi anni era attiva nelle province e che poteva utilizzare l'esperienza maturata per poter contrastare questo tipo di reati.
  «Strade Sicure» era uno strumento che doveva essere temporaneo, ma oramai è Pag. 13diventato strutturale, con lamentele da parte dei militari – che nella maggior parte sono dell'Esercito – impiegati in attività che non sono di loro stretta pertinenza e che vengono coordinate da altre Forze di Polizia, Polizia locale e Carabinieri. Infatti, oggi il comitato interprovinciale di sicurezza si avvale dell'operazione «Strade Sicure» per dare una risposta ai sindaci che si trovano in forte difficoltà poiché gli organici della Polizia locale sono sempre più esigui.
  A mio parere, le Prefetture dovrebbero stimolare il legislatore a fare una riforma dei Corpi di Polizia locale, perché c'è una necessità enorme di disporre di tali Corpi in maniera efficiente. Gli enti locali hanno sempre meno unità e occorre escludere la Polizia locale dal blocco del turnover. Ci sono molti enti che hanno la possibilità di assumere, ma non possono farlo a causa del patto di stabilità. Ovviamente, su un tema come quello della sicurezza bisogna fare tutta una serie di valutazioni, oltre a quella di fare dei bandi a livello regionale. Questo è l'auspicio che faccio e mi auguro che venga preso in considerazione.

  ANTONIO DEL MONACO. Grazie prefetto per la sua relazione. Volevo chiederle alcune cose: in primis quanti sono i militari impiegati nella provincia di Napoli, sia per «Strade Sicure» sia per la Terra dei fuochi? Lei ha parlato anche di uno sviluppo dell'impiego dinamico; quindi, si va verso questa modalità. Visto che lei è stata anche prefetto di Caserta e adesso lo è di Napoli, che idea si è fatta di questo strumento? Lei ha citato il protocollo di intesa firmato a Caserta. Visto che lei lo vive nell'ambito della quotidianità, cosa è cambiato dopo il protocollo di intesa? Siccome «Strade Sicure» è uno strumento di emergenza, che cosa accadrebbe nel momento in cui il Parlamento dovesse mettere fine a «Strade Sicure»?
  Purtroppo la questione dei rifiuti è ancora grave nella mia terra e vedere le immagini di qualche giorno fa (ce l'ho davanti a me), di Viale della Resistenza a Scampia, davanti alla scuola Ilaria Alpi, dove c'erano cumuli di immondizia, o quelle del Vesuvio che sta diventando una cloaca, mi rattrista un po’.

  MARIANNA IORIO. Ringrazio il prefetto per la sua relazione. Abbiamo parlato della Terra dei fuochi. Volevo ricollegarmi alla questione dei roghi. Infatti, abbiamo visto che gli Stir ormai sono abbastanza protetti e, quindi, riusciamo in qualche modo a gestire la situazione; per quanto riguarda invece il pattugliamento mobile, i roghi per strada e le zone oltre gli ingressi, che cosa si può fare?

  LUIGI IOVINO. Grazie signora prefetto per essere qui oggi. Vengo da Nola, da quella zona che è stata chiamata il triangolo della morte (Acerra – Marigliano – Nola) ed ero presente quando l'anno scorso, a luglio, si incendiò lo Stir. Erano presenti anche il Ministro Costa e il Sottosegretario Micillo e ho apprezzato il protocollo di intesa che è stato stipulato dai Ministeri della Difesa e dell'Ambiente per il pattugliamento in ottica di prevenzione dei roghi tossici. Le volevo fare una domanda, alla luce della sua esperienza e di quello che ha significato «Strade Sicure» e questo progetto per la Campania, in particolare per Napoli che è il territorio in cui vivo, ho vissuto e spero ancora di poterci vivere. A mio avviso, i militari hanno fatto un ottimo lavoro, anche in sinergia con le Forze di Polizia; hanno lavorato davvero in maniera scrupolosa e gli va dato atto e merito di questo. Vorrei conoscere il suo punto di vista su quello che ha significato quest'operazione in un'ottica di prevenzione, sia per i roghi tossici, sia per il contrasto al crimine organizzato. Inoltre volevo chiederle se nel cuore della città di Napoli, in quei vicoli molto stretti dove 4-5 persone hanno difficoltà a passeggiare tranquillamente da soli, non fosse il caso di operare con un'arma corta. Infatti, un'arma lunga oltre a causare un problema di viabilità, può provocare anche spavento nei confronti delle persone e dei turisti. Infine, volevo sapere se ritiene necessario ampliare questo progetto oppure ridurlo, vedere in che modo i militari possono collaborare con le Forze di Polizia e magari darci qualche consiglio su qualche iniziativa da intraprendere sotto il profilo legislativo.

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  GIOVANNI RUSSO. Volevo chiedere al prefetto, per quanto riguarda la tematica connessa alla Terra dei fuochi, se sono state fatte delle statistiche dalle quali si possa evincere una maggiore incidenza dei roghi, ed in quale zona?

  CARMELA PAGANO, Prefetto di Napoli. Premesso che, a mio avviso, entrambe le attività dell'operazione «Strade Sicure», quella ordinaria e quella per il contrasto dei roghi di rifiuti nella Terra dei fuochi, hanno un'origine comune, cioè sopperire ad esigenze straordinarie, la stessa norma che ha istituito «Strade Sicure» prevede che, dove ci sono grandi minacce derivanti da criminalità organizzata, bisogna sollevare le Forze dell'ordine da determinati servizi statici, per dedicarle ad attività investigative. È chiaro che questa esigenza è tanto più avvertita quanto più permangono determinate situazioni di carenza degli organici delle Forze di Polizia ordinarie. Credo che sia intendimento del Governo toccare il tema della Polizia locale, anche perché i sindaci, in base agli ultimi sviluppi normativi, sono ormai il fulcro e i responsabili diretti della cosiddetta sicurezza urbana. Per cui è chiaro che a ogni responsabilità debba corrispondere anche un'adeguatezza di mezzi. Peraltro ci sono dei comuni dove gli organici sono davvero carenti. Se nelle grandi città ho potuto notare che i Corpi di Polizia municipale hanno acquistato un'identità più precisa rispetto ai propri compiti, è chiaro che quando andiamo a parlare di piccoli comuni è molto complesso far fronte a tutti i compiti necessari. Ecco perché nel comitato provinciale della sicurezza pubblica interloquiamo con 2-3 sindaci a settimana, che vengono a chiedere sempre maggiore collaborazione e sempre più presenza delle Forze dell'ordine. Per rispondere alla prima domanda, c'è da considerare che ci sono zone – e sicuramente il napoletano è tra queste – che non possono essere private di questa risorsa; d'altra parte lo Stato è uno, ha degli obiettivi fondamentali che devono essere unitariamente assolti e, quindi, se deve far fronte a determinate esigenze di sicurezza di obiettivi particolarmente sensibili, è chiaro che deve immaginare anche come. Può essere vero che il servizio dei militari costa di più, però costa anche non avere un'indagine di Polizia giudiziaria, che invece serviva avere; insomma, il controllo dei costi va fatto in modo sistematico, come certamente potete facilmente immaginare.
  A me risulta che sono in corso iniziative molto concrete per incrementare i numeri dei ruoli delle Forze dell'ordine; per esempio, a Napoli avremo 200 unità in più – di cui 104 già arrivate l'anno scorso, 20 arrivate a luglio scorso e altre ne arriveranno entro aprile – però è chiaro anche che c'è in piedi tutto un progetto di riordino organizzativo delle Questure, soprattutto quelle più critiche delle grandi città, che prevede un notevole salto di qualità proprio in termini di organici. Per Napoli, ne ha parlato pubblicamente anche il Capo della Polizia e quindi sono cose abbastanza note, si parla di 500 unità in più, che fanno la differenza su Napoli. Naturalmente adesso non vi so dire i tempi di realizzazione di questo progetto, però è chiaro che sono intenzioni concrete di andare a migliorare le situazioni.
  È chiaro che man mano, nel momento in cui ciò si realizza, si può pensare anche a un affievolimento dell'impegno «Strade Sicure», anche se devo sottolineare che, almeno per quanto riguarda Napoli, in questo spirito di grandissima collaborazione che c'è con i militari, ho notato che l'Esercito tende molto ad avere un collegamento con la popolazione. Abbiamo fatto delle manifestazioni in piazza con il loro supporto che hanno suscitato una grande partecipazione della gente e loro hanno piacere a entrare in un rapporto più diretto e non a mantenersi in una visione di Forza militare da impiegare quasi più all'estero che non in Patria, al di là del tema dei soccorsi, che pure non mancano in Italia (terremoti eccetera). Questo per quanto riguarda il come bilanciare i due strumenti.
  Sul tema del dispositivo volevo precisare alcune cose sul protocollo e su quello che ne è derivato. Il dispositivo Terra dei fuochi per me deve essere inteso in senso molto transitorio, perché non è pensabile che in una certa zona del Paese si debba supporre che il corretto esercizio del ciclo dei rifiuti Pag. 15richieda per sempre la presenza dell'Esercito. Già questo mi sembra una cosa abbastanza abnorme, però sappiamo bene che alla base ci sono state delle influenze non trascurabili della criminalità, ci sono dei profili di scarso senso civico, perché alcune cose vanno pure chiamate col loro nome. Amo molto la Campania e la trovo una terra di potenzialità notevoli, su alcune cose però bisogna anche essere molto chiari: il discorso del corretto esercizio del ciclo dei rifiuti, il corretto esercizio da parte del singolo cittadino di quelli che sono i compiti di collaborazione al decoro urbano sono cose che vanno affermate a voce alta da tutte le autorità, a prescindere dalle loro appartenenze, e che vanno dette una volta per tutte. È uscita un'intervista domenica scorsa proprio del Comandante interregionale dell'Arma dei Carabinieri, Generale Tommasone, che insiste molto su questo tema del rispetto delle regole in generale. In quella intervista si parlava della movida violenta nella zona del Vomero, (a volte un po’ dappertutto, e non soltanto a Napoli, ci scappa l'accoltellamento, la rissa eccetera), però il fatto che vi siano dodicenni, tredicenni che girano di notte con il coltello in tasca chiama in causa anche una responsabilità un po’ di tutti, a partire dall'ambiente familiare. La stessa cosa vale un po’ per tutto quello che succede; non esiste che ci si sposta ancora in macchina buttando il sacchetto dei rifiuti nel comune vicino oppure nella strada vicina semplicemente perché o non c'è una regola – e questo va a detrimento di chi quella regola doveva porre – o non c'è osservanza di una regola che dovrebbe essere giustamente sanzionata.
  Quindi è chiaro che il dispositivo Terra dei fuochi dovrebbe avere un termine preciso e va legato all'aumento di determinate buone pratiche. L'ultima piccola battuta d'arresto, determinata dalla necessità di destinare un contingente alla vigilanza specifica di stabilimenti che gestiscono o fasi importantissime del ciclo dei rifiuti – tipo gli Stir – ovvero sono comunque a rischio di incendio con conseguenze temibili per l'ambiente, il mio auspicio è che possa essere temporanea, fa sì che abbiamo dovuto un po’ attenuare l'impatto di quel dispositivo che stava producendo veramente degli ottimi risultati. Su questo mi riservo nel giro davvero di qualche giorno di farvi avere anche tutto il trend dei risultati nel tempo e, naturalmente, di quello che è successo nell'ultimo anno, che è molto significativo, fermo restando che il dispositivo andrà inteso necessariamente in senso che deve avere un termine, investendo la responsabilità di tutti, amministratori locali e centrali.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Pagano e tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.20.