XVIII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 6 di Mercoledì 17 aprile 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DEL RECLUTAMENTO NELLE CARRIERE INIZIALI DELLE FORZE ARMATE:

Audizione del Capo di stato maggiore della difesa, Generale Enzo Vecciarelli.
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 
Vecciarelli Enzo , Capo di stato maggiore della difesa ... 3 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 7 
Deidda Salvatore (FDI)  ... 7 
Russo Giovanni (M5S)  ... 8 
Tondo Renzo (Misto-NcI-USEI)  ... 8 
Perego Di Cremnago Matteo (FI)  ... 9 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 10 
Vecciarelli Enzo , Capo di stato maggiore della difesa ... 10 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 12 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata dal Capo di stato maggiore della difesa, Generale Enzo Vecciarelli ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANLUCA RIZZO

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Capo di stato maggiore della difesa, Generale Enzo Vecciarelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato del reclutamento delle carriere iniziali delle Forze armate, l'audizione del Capo di stato maggiore della difesa, Generale Enzo Vecciarelli.
  Saluto e do il benvenuto al Generale Vecciarelli, che ringrazio per la sua presenza all'incontro di oggi.
  Il Generale Vecciarelli è accompagnato dal Generale di divisione aerea Francesco Presicce, dall'Ammiraglio di divisione Giacinto Ottaviani, dal Maggiore Nico Blanco e dal Tenente colonnello Gianluigi D'Ambrosio.
  Ricordo che dopo l'intervento del Generale Vecciarelli darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni. Successivamente, il Generale potrà rispondere alle domande poste. Chiedo ai colleghi di far pervenire fin da ora al banco della presidenza la propria iscrizione a parlare.
  Do quindi la parola al Generale Vecciarelli.

  ENZO VECCIARELLI, Capo di stato maggiore della difesa. Rivolgo il mio saluto e il mio sincero ringraziamento al presidente Rizzo e a tutti voi, onorevoli deputati, per aver inteso approfondire attraverso la presente indagine conoscitiva la delicata tematica dello stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate.
  Nel corso del mio intervento, fornirò un sintetico punto di situazione sull'attuale modello di reclutamento, evidenziandone le criticità in termini di calo dell'attrattività; delineerò le possibilità offerte al termine della ferma in termini di permanenza nelle Forze armate, ovvero di ricollocamento nelle Forze di polizia o in altre amministrazioni; traccerò una disamina dei provvedimenti finora adottati per rendere più attrattivo il servizio nelle Forze armate, formulando infine alcune proposte per il futuro.
  Lo scopo è, quindi, in linea con gli obiettivi finali dell'indagine conoscitiva, di portare alla loro attenzione un chiaro ed esaustivo quadro dell'attuale stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate, che possa consentire l'eventuale adozione di provvedimenti normativi tesi a garantire una scrupolosa selezione del personale quale presupposto essenziale per assicurare un agile ed efficace strumento militare.
  Nel corso dell'illustrazione delle linee programmatiche alle Commissioni difesa riunite di Camera e Senato dello scorso 14 febbraio, ho evidenziato che ci muoviamo oggi in un contesto di sicurezza che richiede sempre più un approccio strategico collettivo per fronteggiare le minacce ibride. In questo nuovo contesto, fortemente discontinuo rispetto al passato, le Forze armate, grazie all'elevata qualità della propria componente umana, continuano a svolgere Pag. 4 il loro primario compito di garantire la difesa del Paese e dei suoi interessi.
  Assume, pertanto, un valore cruciale la capacità della Difesa di reclutare personale adeguato in termini di quantità e qualità da affiancare alla componente con maggiore esperienza, quella a tempo indeterminato, per affrontare le sfide future imposte dai moderni scenari.
  Invero, nel nostro modello la fattispecie dei volontari rappresenta un elemento strutturale fondamentale, in quanto, se da un lato costituisce il bacino di alimentazione delle categorie superiori secondo una dinamica di progressione interna tesa a valorizzare l'esperienza e la professionalità acquisita sul campo, dall'altro rappresenta la componente preponderante nelle operazioni all'estero e in quelle sul territorio nazionale, quale l'operazione «Strade sicure».
  Dal 2005, anno di entrata in vigore della legge n. 226 del 2004, le Forze armate italiane hanno vissuto un processo di rapida trasformazione in termini di professionalizzazione. In concomitanza con la sospensione della coscrizione obbligatoria, sono state introdotte le nuove figure del volontario in ferma prefissata di 1 e di 4 anni, la cui dotazione organica complessiva di legge è pari a 34.700 unità per l'Esercito, la Marina e l'Aeronautica, escluso il Corpo delle capitanerie di porto.
  Il servizio svolto quale volontario in ferma prefissata costituisce la premessa e il presupposto indefettibile per transitare tramite concorso per titoli ed esami in servizio permanente. Questo passaggio è molto selettivo, posto che in media solo un volontario in ferma prefissata su cinque reclutati ogni anno riesce ad accedere al rapporto a tempo indeterminato; questo in ragione del limitato numero di posti disponibili.
  La ferma prefissata è strutturata su base modulare, annuale con possibilità di due proroghe di un anno ciascuno a domanda dell'interessato; quadriennale, alla quale accede soltanto il 20 per cento dei citati volontari in ferma annuale, con possibilità di due proroghe biennali sempre a domanda dell'interessato.
  È un sistema fondato su base premiale, ove solo il 20 per cento dei VFP1 (volontari in ferma prefissata di un anno) può aspirare alla successiva ferma quadriennale. Tutti i VFP4, ovvero i volontari in ferma prefissata di quattro anni, transiteranno poi nel servizio permanente, ma in tempi differenti, variabili dai cinque agli undici anni, in base agli esiti concorsuali e ai meriti acquisiti durante il servizio. Emerge, pertanto, che quattro VFP1 su cinque reclutati ogni anno non troveranno collocazione nei graduati delle Forze armate dopo un periodo di servizio di durata massima di tre anni.
  In termini numerici, con riferimento alle esigenze del 2018 e al netto delle esigenze del Corpo delle capitanerie di porto, su 10.000 posti a concorso per VFP1, soltanto 2.000 circa accedono successivamente alla ferma quadriennale, e quindi al servizio permanente. Per il restante personale, l'attuale quadro normativo prevede appositi strumenti per il ricollocamento nel mercato del lavoro, tra i quali ad esempio la riserva di posti per l'accesso alle carriere iniziali delle Forze di polizia, che certamente è la soluzione più ambita tra i volontari in ferma.
  La riserva dei posti nelle Forze di polizia, a differenza del passato, oggi consente, considerando la media delle assunzioni annue operate negli ultimi anni, di stabilizzare solo un ulteriore 30 per cento, dato stimato, dei volontari in ferma prefissata. Ne consegue che il 50 per cento dei VFP1 non riesce a trovare un adeguato sbocco professionale all'interno del comparto difesa e sicurezza.
  Oltre alle citate riserve nei concorsi per le Forze di polizia, nell'ambito della pubblica amministrazione sussistono ulteriori occasioni per ricercare un utile impiego. Rammento le disposizioni normative che prevedono la riserva del 20 per cento per l'accesso alle carriere iniziali dei Corpi di polizia provinciale e municipale, del 30 per cento per l'assunzione di personale non dirigente della pubblica amministrazione, percentuale che sale al 50 per cento per l'assunzione di personale civile non dirigente del Ministero della difesa. Pag. 5
  Nel settore privato, ad esempio, il servizio da volontario è indicato quale requisito minimo per l'accesso alla professione di guardia particolare giurata, ovvero integra il requisito formativo per l'accesso alla professione di addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico.
  È, dunque, interesse prioritario della Difesa garantire una possibilità concreta di inserimento nel mondo del lavoro a tutti i giovani che servono il Paese in uniforme, sia attraverso l'ingresso nelle Forze di polizia a ordinamento militare e civile, sia attraverso il concreto ricorso agli strumenti di ricollocamento già previsti dal quadro normativo vigente.
  Pertanto, è auspicabile un'azione incisiva a supporto delle politiche di ricollocamento dei volontari in ferma prefissata congedati senza demerito.
  Non vi è dubbio che, nell'ambito di tale ventaglio di opportunità, per il volontario in ferma prefissata delle Forze armate il collocamento nelle Forze di polizia, soprattutto nell'attuale fase di congiuntura economica, costituisca la possibilità più concreta di chance occupazionale, e quindi l'aspirazione prevalente.
  Di fatti, l'esperienza di questi anni insegna come i meccanismi di ricollocamento previsti dall'ordinamento al di fuori del comparto difesa e sicurezza abbiano avuto un ruolo del tutto residuale rispetto alle esigenze del comparto.
  Tuttavia, dal 1° gennaio 2016, col venir meno della riserva assoluta nelle carriere iniziali delle Forze di polizia, si sono ridotte le opportunità di trovare un lavoro certo per i volontari in ferma e ciò ha determinato un calo immediato e diretto dell'attrattività della professione militare per le giovani generazioni.
  Al riguardo, il Direttore generale per il personale militare, nella sua audizione del 16 gennaio 2019, ha presentato un dettagliato quadro statistico degli ultimi anni, rilevando come proprio a partire dal 2016 si sia registrato un trend negativo negli arruolamenti di personale volontario, che non ha consentito di centrare pienamente gli obiettivi di reclutamento; un trend che è apparso in graduale peggioramento e che desta preoccupazione in termini quantitativi per il raggiungimento del numero degli arruolamenti pianificati e, in termini qualitativi, per il rischio di non poter disporre di un congruo bacino di candidati per operare un'adeguata selezione del personale e, conseguentemente, essere nell'impossibilità di esprimere le capacità che il Paese e le alleanze ci richiedono.
  Lo stato maggiore della Difesa ha colto sin da subito questa criticità e ha avviato specifici approfondimenti volti a investigare le possibili cause del fenomeno. Da tale indagine sono seguite mirate linee di azione indirizzate nelle seguenti direzioni.
  È stata interessata la direzione generale per il personale militare per perseguire una maggiore semplificazione dei bandi di concorso al fine di incontrare le esigenze di tutte le classi sociali dei potenziali partecipanti al concorso. In questo senso, tra le molteplici iniziative adottate, annovero primariamente l'obiettivo di ridurre i titoli di merito valutabili, non essenziali ai fini della professionalità richiesta, per non penalizzare i candidati che non hanno frequentato specifici corsi formativi, talvolta molto onerosi.
  Sul fronte del contenimento dei costi per i candidati, si è proceduto alla standardizzazione dei protocolli sanitari e all'introduzione della certificazione sanitaria unica, valida per un anno in via sperimentale per l'anno 2019 per tutti i concorsi VFP delle Forze armate. L'iniziativa è stata già adottata in termini concreti ed è al momento in fase di sperimentazione, al termine della quale sarà possibile valutare i conseguenti riscontri sotto il profilo del risparmio per il candidato e dello snellimento procedurale.
  Nutro molte aspettative in tale iniziativa e sono peraltro particolarmente soddisfatto e orgoglioso che questa abbia suscitato l'interesse di alcuni onorevoli membri di questa Commissione al punto di presentare la risoluzione n. 7-00160, accolta dal Governo nella seduta dello scorso 3 aprile.
  È stata, inoltre, introdotta la possibilità di fruire gratuitamente del vitto presso i centri di selezione, così come è stato costituito Pag. 6 il Centro di selezione per VFP1 dell'Esercito di Milano, che raccoglie i candidati delle regioni settentrionali.
  Accanto a tali azioni già intraprese ce ne sono altre in fase di sviluppo. Da sempre convinti che l'istituzione debba essere accanto al cittadino per captarne i bisogni, le aspirazioni e le aspettative, ci siamo posti un interrogativo tanto semplice e banale quanto di portata basilare. Stiamo comunicando in maniera efficace e corretta i valori, le possibilità formative e di impiego offerte dalle Forze armate a una generazione nuova, completamente diversa dalle altre, la cosiddetta generazione «zeta»? Che cosa si può fare per avvicinare le Forze armate ai giovani per farle conoscere meglio?
  Abbiamo dato, quindi, avvio a un'indagine sociologica su base statistica che, tenendo conto anche delle caratteristiche motivazionali e valoriali delle nuove generazioni, riuscisse a intercettare e comprendere le aspettative dei giovani italiani verso le carriere militari.
  I risultati della ricerca, attesi tra poche settimane, permetteranno alla Difesa di definire in maniera più aderente la politica dei reclutamenti e una mirata strategia comunicativa, pur nella consapevolezza che sussistono numerose variabili in gioco, come ad esempio le politiche sociali e le offerte di lavoro nelle aree di residenza, che possono cambiare in breve tempo lo scenario di riferimento.
  Peraltro, non mancano ulteriori interrogativi legati a fenomeni che ormai si rivelano in trend crescente. Mi riferisco al progressivo calo demografico in ragione della riduzione del tasso di natalità registrato già a partire dagli anni 2000 e al fenomeno sempre più consistente del trasferimento all'estero dei giovani italiani alla ricerca di un lavoro. Non c'è dubbio che dovremo affrontare sfide sempre più ardue e ritengo che il primo passo debba sempre essere la conoscenza del contesto socioeconomico nel quale si opera.
  Un'ulteriore azione che reputo vada necessariamente perseguita è quella della reintroduzione della riserva assoluta a favore dei volontari in ferma nei concorsi per l'accesso alle carriere iniziali delle Forze di polizia.
  Ho accennato prima ai segnali negativi emersi negli ultimi due o tre anni nei concorsi per VFP1, ove, a fronte di un numero di domande presentate in linea con il passato, si è registrata una scarsa adesione al concorso, che ha comportato la mancata presentazione di più della metà dei candidati alle fasi concorsuali, e di conseguenza la mancata copertura di un'aliquota dei posti disponibili.
  La concomitanza di questi elementi con il venir meno della riserva assoluta a partire dal 2016 conferma che tali fattori sono in una relazione di causa-effetto. D'altronde, il modello professionale congegnato nel 2000 si basava proprio sulla considerazione che la sospensione del servizio di leva obbligatorio poteva essere sostenuta soltanto prevedendo l'obbligo di effettuazione del servizio di volontari in ferma prefissata di un anno quale requisito per l'accesso alle carriere iniziali delle Forze di polizia.
  Perdere la consapevolezza di questo dato storico alla base del modello professionale significa rischiare di compromettere l'architettura del sistema, che difficilmente riuscirebbe a essere competitivo con il mercato del lavoro a causa della presenza di un servizio temporaneo a tempo determinato, che trova la sua ratio nell'assicurare la sostenibilità di impieghi operativi prolungati e logoranti, i quali richiedono resistenza e prestanza fisica, caratteristiche direttamente correlate alla giovane età.
  Questo gap di alimentazione dei volontari rappresenta ineludibilmente un fatto inedito per la Difesa per le dimensioni che ha assunto. Storicamente, le Forze armate in regime di coscrizione obbligatoria hanno selezionato, addestrato, formato e impiegato consistenti flussi di giovani leve, non vivendo mai di fatto una crisi di reclutamenti. Il calo di attrattività per i ruoli iniziali delle Forze armate evidenzia che il servizio in ferma prefissata introdotto dal modello professionale deve trovare un solido sostegno in adeguate forme di incentivazione, prima tra tutte quella di essere presupposto necessario per l'accesso alle Pag. 7carriere iniziali delle Forze di polizia, come è avvenuto dal 2005 al 2015, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
  Il modello professionale è incentrato sull'ampia disponibilità di risorse umane giovani, delle quali solo una parte può essere stabilizzata in ambito delle Forze armate. Pertanto, la sfida della Difesa è quella di valorizzare il servizio a tempo determinato prestato dai giovani italiani, assicurando alla totalità un futuro occupazionale concreto. Diversamente, lo stato di precarietà dei giovani volontari comporterà inevitabilmente un ridotto appeal verso le carriere militari.
  Ciò posto, mi preme infine rimarcare il mio personale e forte intendimento di ricercare anche in questo settore ogni possibile tentativo per realizzare sinergie interforze nella finalità di economizzare risorse, di semplificare i processi e di ottimizzare l'uso di mezzi e materiali. Ritengo che anche nell'ambito del reclutamento dei volontari vi sia spazio per intervenire in questa direzione. Nel 2018 abbiamo, ad esempio, sperimentato in più occasioni una maggiore permeabilità tra le Forze armate, consentendo all'Esercito, per contenere i mancati i reclutamenti, di acquisire nei propri ruoli il personale risultato idoneo e non vincitore nei concorsi indetti per le altre Forze armate.
  L'adozione della citata certificazione sanitaria unica è un altro esempio di questo indirizzo interforze che intendo infondere.
  Riuscendo a cogliere tali opportunità, si creano le condizioni per uno strumento militare flessibile e resiliente rispondente alle sfide presenti e future.
  Onorevole presidente, onorevoli deputati, ringrazio loro per l'attenzione e sono a disposizione per fornire ulteriori informazioni di specifico interesse ritenute utili e a rispondere a eventuali domande.

  PRESIDENTE. Grazie, Generale.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni

  SALVATORE DEIDDA. Generale, ha portato alla nostra attenzione una relazione molto veritiera. Ci fa molto piacere che abbia ben presenti i problemi del reclutamento nelle Forze armate. Non avevo dubbi, ma li ha affrontati tutti. Girando un po’ in tutte le regioni italiane – sono stato in varie regioni, dal Trentino al sud, al centro, per visitare anche le strutture militari – l'idea che mi sono formato è che c'è un fattore di primaria importanza, che è quello della precarietà.
  Oggi accade che un giovane che vuole entrare nelle Forze armate – entra in ferma volontaria un anno, poi altri tre, quattro, nel frattempo vive le Forze armate, va in missione, affronta le sfide su cui siete chiamati a operare – quando arriva al quinto o sesto anno e ha già 28, magari quasi 29 anni, può sentirsi dire che ha scarsa attitudine militare.
  Al di là del fatto che costui cercava lavoro nelle Forze armate, perché gli piaceva lavorare in questo mondo – tanti ragazzi sono stati fatti uscire con loro rammarico – occorre tenere presente, quando si parla della quota di riserva, che ormai i comuni o gli enti pubblici non la rispettano più. Non è per polemica, ma anche la quota riservata ai militari nell'ultimo concorso di Polizia non è stata rispettata. Perché? Non si capisce perché. È quasi come se fare il militare non fosse un beneficio, come se non si fosse meritevoli ad avere un punteggio superiore, ma fosse anzi un demerito. A volte si dice malignamente che questi giovani «hanno una formazione militare». Magari ne avessimo molti così.
  Ci sono poi le condizioni in cui purtroppo operano, ma non per colpa dell'amministrazione attuale cui state cercando di mettere delle pezze, bensì degli alloggi, delle strutture militari, che purtroppo risalgono a molti anni fa e hanno bisogno di interventi, anche se non è di quello che si lamentano.
  Come ho rimarcato in una recente interrogazione, all'inizio «Strade Sicure» era un'operazione meritevole, che portava anche dei benefici economici alla Difesa. Oggi, la politica ne ha abusato. I militari sono impiegati tutte le ore. Si promette un riposo in ore anziché pagare lo straordinario perché non ci sono i soldi, ma poi di quel Pag. 8riposo non si può usufruire perché ci sono esigenze di servizio. Inoltre, se devono andare in missione, c'è bisogno dell'addestramento, quindi non possono andare.
  Non sono d'accordo con quanto ha detto sull'età. È vero che i giovani sono più forti e resistono di più, ma oggi abbiamo la prova certa che i nostri soldati anche a 30, 35, 40 anni, rispondono bene alle missioni.
  Quello che vi chiedo è di lavorare per eliminare la precarietà. È stato detto che due i, tre anni possono essere sufficienti per capire se un uomo o una donna sono idonei alla vita militare, ma poi non ci può essere altra precarietà. A me dispiace che un ex ministro, che era un militare, abbia fatto la riforma basata sulla razionalizzazione degli organici. Mi appello ai colleghi: all'esito di quest'indagine conoscitiva, quella legge dovrebbe essere il primo provvedimento che dovremmo cancellare. Basta mettere il tetto agli organici delle Forze dell'ordine o prevedere riduzioni agli organici, perché lì si combatte la precarietà e i giovani ritrovano finalmente nelle Forze armate un posto sicuro.
  Non mi sono mai vergognato di dire che, se un giovane va nelle Forze armate, è per combattere la disoccupazione. È un'esigenza. Molti lo fanno, combattono l'esigenza, ma hanno anche un lavoro che gli piace, che amano.
  Purtroppo, queste sono le uniche pecche che vedo e che sento girando anche tra i giovani che vorrebbero provare a diventare militari. Mi piange il cuore quando sento quei ragazzi, di cui alcuni lavorano ancora, ma altri sono stati scartati per scarsa attitudine militare dopo che hanno vissuto anni dentro le Forze armate. Qualche volta si sentono dire che è per via del colesterolo alto. Generale, come si fa a scartare una persona per il colesterolo alto? Ormai, ci sono le medicine. Scartavano i sardi perché erano fabici. Ci sono dei rimedi. Cerchiamo di combattere, così veramente le Forze armate riavranno tutti quei ragazzi che vogliono lavorare.

  GIOVANNI RUSSO. Grazie al Generale per la sua analisi molto puntuale.
  Sì, combattere la precarietà nel mondo militare deve diventare uno degli obiettivi di questa Legislatura e del Governo. È molto importante permettere a quei ragazzi che veramente tengono a vestire la divisa di dimostrare il loro attaccamento e il loro amore per le istituzioni.
  Sono in attesa con grandissimo interesse dei risultati dell'indagine sociologica promossa, perché veramente lì potremo scoprire quali sono le altre cause che oggi fanno sì che la vita militare risulti meno attrattiva. Io mi permetto di azzardare, tra le varie cause, anche una che ho ipotizzato.
  Una volta, il mondo militare era visto, spesso da chi faceva il contadino, come un momento di promozione sociale, perché appunto il mondo militare era visto come qualcosa di estremamente prestigioso. Anche avere un semplice graduato o un sottufficiale all'interno della propria famiglia conferiva a quella famiglia un enorme prestigio sociale. Ovviamente, nel caso in cui ci fossero anche degli ufficiali, questo aveva un effetto moltiplicatore ancora più importante.
  Forse, oggi la società è cambiata, e anche questo può essere uno dei motivi per cui i giovani si sentono poco attratti. Quello di rilanciare l'immagine delle Forze armate è un altro obiettivo che dovremmo porci in questa Legislatura. Si tratta di un'attività che è già in atto, ma occorre fare in modo che veramente sempre di più le Forze armate siano a contatto con la gente e siano sentite come una componente importantissima della società italiana.
  La ringrazio per gli indirizzi e i suggerimenti che ha fornito, che cercheremo di assorbire e di fare nostri, in maniera da poter dare una risposta. Soprattutto, le iniziative già poste in essere, come la possibilità di ospitare i ragazzi che si apprestano a sostenere il concorso, sono ottime.

  RENZO TONDO. Provo a inserire le apprezzate considerazioni del Capo di stato maggiore della Difesa in un contesto generale. Qual è l'obiettivo che dobbiamo porci come sistema Paese? Quello di avere una Difesa più preparata, più qualificata dal punto di vista qualitativo, e possibilmente più numerosa dal punto di vista quantitativo? Mi pare banale, ma forse è meglio sottolinearlo. Pag. 9
  In questo quadro, trovo difficile coniugare – lei, giustamente, deve porle al sistema politico e a chi deve decidere – le due considerazioni che ci ha posto.
  Da un lato, nelle prime slide giustamente ci ha parlato di un sistema comunicativo sufficientemente apprezzato per fare in modo che i giovani aderiscano in maggiore misura al progetto di carriera e di vita militare; dall'altro, la precarietà rende di fatto non percepibile questo desiderio di andare avanti. Da un lato, quindi, chiediamo di allargare la base delle possibilità, ma dell'altro siamo consapevoli che questa base non può essere allargata.
  Le chiederei ulteriori spiegazioni in merito a quando dice, per esempio, che dobbiamo tendere alla riduzione dei titoli di merito nei bandi dei concorsi. Francamente, trovo un elemento di contraddizione in questo. Se dobbiamo allargare la base, ma i posti sono sempre quelli, rischiamo di scontentare più persone per non cambiare nulla. Alla fine, rischiamo di introdurre elementi di insicurezza perché si può pensare che rispetto ai titoli di merito prevalgono altre logiche. In questo Paese, purtroppo tali logiche sono presenti dappertutto, compreso il sistema militare.
  Io, invece, credo che – è una mia considerazione, ma sono pronto a cambiare idea di fronte a considerazioni supportate da elementi di logica – la selettività debba essere ulteriormente aumentata, proprio perché abbiamo bisogno di qualità sempre maggiore. Avendo bisogno di qualità sempre maggiore, purtroppo con disponibilità non dico sempre minore, ma non sufficiente per dare delle prospettive di carriera, dovremo per forza fare in modo che ci sia una selezione dei migliori, a meno che il Governo non sia in grado di dare una risposta aumentando le risorse a disposizione. Evidentemente, è il tema centrale che lei con delicatezza ha evitato di porre, ma che sta alla base di tutto questo.
  Se lei vuole coniugare il giusto elemento di ampliamento della platea di chi vuole avvicinarsi alla carriera militare con la necessità di qualità, è evidente che dobbiamo mettere più risorse di quante ne abbiamo per prevedere, soprattutto negli scenari che ci stanno di fronte, un Esercito sempre più qualificato.

  MATTEO PEREGO DI CREMNAGO. Grazie, Generale, per l'ampia riflessione.
  Faccio alcune considerazioni. Intanto, sono felice che il nostro Gruppo si sia fatto promotore di una proposta di legge approvata alla Camera e che mi auguro sia approvata in tempi brevi al Senato, che vuole proprio riavvicinare i giovani alle Forze armate. In questo senso, vorrei portarle una riflessione.
  Credo che un elemento fondamentale sul quale si deve lavorare come Commissione, e non soltanto come Commissione, ma come forze politiche, sia quello di riportare le Forze armate all'interno di un quadro della nostra società di rilevante importanza. Oggi penso che manchi nel dibattito collettivo sulla società in una generazione – che potremmo definire «zeta» o «x», che forse sa più di incognita – forse anche per il disgregarsi di certi valori, una ben chiara idea dell'importanza dello strumento militare e dell'importanza che i militari rivestono nella tenuta delle nostre istituzioni dello Stato, e soprattutto nelle funzioni che svolgono nelle missioni internazionali.
  Io penso che serva uno sforzo di maggiore comunicazione, mi passi, se mi posso permettere, il termine. Vengo dal mondo delle aziende e del marketing, non vorrei svilire la materia, ma in realtà nobilitarla dicendo che credo serva un maggiore sforzo nell'ambito della comunicazione nel diffondere questo messaggio di rilevanza delle Forze armate anche in ambiti come le scuole o come i luoghi in cui i giovani recepiscono le informazioni, quindi la rete.
  Io vedo, onestamente, poca comunicazione da parte delle Forze armate. Lo dico da cittadino prima che da politico. Sto banalizzando, ma per farle capire proprio che penso che tanti giovani magari sarebbero attratti da questo mondo, ma lo conoscono poco.
  Purtroppo, viviamo anche in una cultura in cui le Forze armate sono state spesso osteggiate da alcune forze politiche; sono state viste come una forza di offesa e Pag. 10non solo di difesa, come è invece nella vostra prerogativa.
  Cerchiamo di lavorare tutti a un dibattito culturale per riportare le Forze armate al centro. È anche il motivo per cui abbiamo speso tante energie per redigere questa proposta di legge, che poi ha avuto ampio consenso anche da parte della maggioranza e di ciò ne siamo felici. Siamo consapevoli di quanto il vostro lavoro sia fondamentale nella nostra società, al di là della precarietà, al di là delle giuste osservazioni del collega Tondo sul fatto che sia necessario comunque rendere più efficienti e più professionalizzate le Forze armate, dotarle dei giusti strumenti. È soprattutto un tema culturale, secondo me. Se non capiamo questo, penso che il divario tra i giovani e le Forze armate sarà sempre marcato ed evidente.

  PRESIDENTE. Do la parola al Generale Vecciarelli per la replica.

  ENZO VECCIARELLI, Capo di stato maggiore della difesa. Vi ringrazio per l'attenzione che sempre prestate alle nostre tematiche, anche in questo caso che riguarda il reclutamento dei volontari in ferma prefissata.
  Ho visto che ci sono elementi in comune, e quindi li tratterò tutti insieme.
  Voglio iniziare con l'onorevole Tondo, che ci fa notare come la tutela del merito dovrebbe costituire uno dei primi obiettivi. In questo caso, ho avuto la stessa sua reazione quando mi hanno prospettato quello di cui stiamo parlando. In realtà, si verifica per questi ragazzi che si siano costituite delle vere e proprie scuole di formazione per avere dei patentini – così si chiamano – o brevetti di alpinista, di subacqueo, di guida alpina, strumentali a questi concorsi che non tutti si possono permettere, quando invece questi brevetti o questi patentini nell'ambito dell'addestramento militare vengono realizzati in poche settimane.
  Se la spiegazione può avere avuto un senso per me, spero lo abbia anche per lei. Il merito è quello che andiamo cercando. Questo è per dire che a volte si sviluppano dei percorsi paralleli incontrollati, per cui bisogna poi porre rimedio.
  Emerge poi dagli interventi di tutti, e ve ne sono grato, perché è stata una mia priorità quando sono stato, prima di quest'incarico, il Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare, quella di ricercare le condizioni di adeguatezza della vita di questi ragazzi. Come metteva in evidenza l'onorevole Deidda, non sempre queste condizioni possono essere assicurate in tutte le aree in cui questi ragazzi prestano servizio. Come intendiamo affrontare tale tema?
  Stiamo innanzitutto facendo emergere il problema. Senza avere cognizione e informazioni non si possono poi prendere provvedimenti, ma certamente si può incidere fino a un certo punto, sempre compatibilmente con tutti gli altri settori a cui porre rimedio.
  Gli alloggi a volte non sono adeguati. Purtroppo, lo devo ammettere; alcune situazioni operative non consentono di disporre degli alloggi come dovrebbero essere, per esempio col numero adeguato alla permanenza in camera di poche unità piuttosto che di decine di unità; si ricorre a servizi provvisori, come le tende o simili. Probabilmente, un sistema meglio attrezzato sotto il profilo finanziario avrebbe reagito nel tempo in misura diversa.
  Recuperare alloggi, riqualificarli, renderli allo stato di quella considerata l'arte alloggiativa è tra gli obiettivi da conseguire. Speriamo che nei prossimi anni parta un piano, che è già stato elaborato, ma questo riguarda la riqualificazione di molte caserme, di molti reparti per qualche miliardo di spesa, di questo stiamo parlando. Se oggi non possiamo assicurarlo, il trend è questo, confidando che poi i finanziamenti arrivino nella misura necessaria.
  Quello principale, però, è il tema culturale, il tema di come le Forze armate vengano viste dal Paese.
  Certamente, è un lavoro di necessità spiegare meglio, di più, probabilmente, e in forme che fino a oggi non sono state efficaci, quello che fanno le Forze armate, a che cosa si ispirano, con quali fini. Ci siamo, invece, sempre limitati a guardare a effetti magari settoriali di alcune operazioni Pag. 11 piuttosto che all'intero quadro del sistema Difesa, che – lo voglio ricordare ancora una volta – si ispira interamente alla Costituzione, e in particolare all'articolo 11, del quale possiamo andar fieri come militari italiani che vanno a portare la pace nel mondo, certamente non la guerra.
  Quello che sto dicendo oggi, avremmo potuto dirlo nei 70 anni che ci separano dalla Costituzione, eppure non l'abbiamo fatto. Recuperare questo mancato passo in avanti, non possiamo farlo tutto in un solo giorno, ma certamente è importante che tutti quelli che si pongono il problema ci aiutino a risolverlo.
  Io vedo nelle Forze armate una grande risorsa per il Paese. Lo vedo come uno strumento di politica internazionale. Penso che chi arriva a cariche di Governo, se ne renda conto tutti i giorni, quando si trova a dialogare con i rappresentanti degli altri Paesi. Ritengo che sia forse il miglior strumento di politica estera che l'Italia ha nelle mani proprio per l'equilibrio con cui viene espresso quest'uso della forza per ripristinare, per portare pace, stabilità e sicurezza.
  Dobbiamo recuperare, però, un gap dialettico, che non abbiamo intrapreso nel tempo con il Paese. Certo, questo cambierebbe la visione di quello che i ragazzi verrebbero a fare, al di là di quella che può essere la ricompensa economica a fine mese, sempre normalmente molto bassa, e mostrerebbe una maggiore attrattiva per personale di maggiore qualità, senza nulla togliere alla distribuzione fisica sul territorio.
  Ricordo a me stesso che i ragazzi in ferma prefissata annuale provengono al 70 per cento dal sud. Quest'attrattiva è dettata, sostanzialmente, dalla ricerca di un posto di lavoro, oltre che dallo spirito di fare un servizio che abbia un senso di utilità per il Paese. Non a caso, chi vive nelle regioni del nord, sente meno l'attrazione verso un lavoro di questo genere, che comunque è faticoso, richiede sacrifici. A volte, buttandola sul pratico, a parità di corrispettivo economico, si trovano altre soluzioni nella vita comune. A maggior ragione, quindi, chi entra in questo percorso, dovrebbe essere garantito e non dovrebbe ritrovarsi ad essere un precario.
  Tutto quello che abbiamo escogitato fino a oggi si è rivelato sufficiente a offrire, come abbiamo detto, soltanto al 50 per cento dei ragazzi questa garanzia di un lavoro a tempo indeterminato. Del resto, la nostra dinamica è tale per cui non possiamo portarli tutti avanti. A mio avviso, si tratta di continuare a ricercare compromessi e soluzioni che in maniera sinergica, alla fine, portino a incrementare questo 50 per cento a valori più elevati. Non penso di avere la bacchetta magica né di trovarla, ma soltanto dalla somma di correttivi potrà risultare il recupero di questa stabilità nel personale, di soddisfazione nel lavoro che questi ragazzi si troveranno a fare.
  Dobbiamo anche contemperare le esigenze delle altre Forze di polizia, quindi sarà importante per noi qualificare meglio il personale; ma sono tutti correttivi già embrionalmente esercitati e posti in essere. Sicuramente accolgo i vostri commenti in maniera propositiva. Ci adopereremo per elaborare delle soluzioni.
  Ci sono poi dei temi specifici: come si rileva la scarsa attitudine militare? Probabilmente, in quella disaffezione a un lavoro in cui si credeva, ma poi magari si è scoperto essere routinario, o comunque di grande difficoltà. La scarsa attitudine militare è una non disponibilità al servizio, o comunque il palesarsi di manifestazioni non in linea con le aspettative.
  Creare situazioni in cui a chi svolge lavori gravosi venga corrisposto lo straordinario o delle ricompense particolari sarebbe un metro che cambierebbe la misura del problema, ma non ci è sempre possibile metterlo in atto, e quindi ci troviamo con del personale che ha molte giornate – non parlo di ore – di recupero. A volte, si accumulano mesi interi di recupero.
  Un'azione realistica che sto tentando di imporre all'interno delle Forze armate è di accettare certe incombenze fino a un limite effettivamente accettabile, di non spingerci, sempre per questa voglia di soddisfare tutto il possibile, a soluzioni in cui invece mettiamo a rischio dei fondamentali del sistema. Pag. 12
  L'onorevole Russo si era riferito a un'indagine sociologica. Anche questa è un'azione che stiamo ponendo in essere, ma non ci vuole una laurea in psicologia per vedere gli elementi che stanno emergendo. Li conosciamo. Speriamo di poter agire di conseguenza.
  A me sembra che il problema rimanga. Lo affrontiamo con correttivi e aggiustamenti che, di volta in volta, speriamo siano sempre più efficaci.

  PRESIDENTE. Non essendoci ulteriori richieste di intervento, rinnovo i ringraziamenti al Generale e a tutti gli intervenuti.
  Ringrazio il Generale anche per la presentazione informatica che ci ha illustrato e di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico dell'audizione (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.

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