XVIII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Martedì 10 novembre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PIANIFICAZIONE DEI SISTEMI DI DIFESA E SULLE PROSPETTIVE DELLA RICERCA TECNOLOGICA, DELLA PRODUZIONE E DEGLI INVESTIMENTI FUNZIONALI ALLE ESIGENZE DEL COMPARTO DIFESA

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Fincantieri.
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 
Bono Giuseppe , amministratore delegato di Fincantieri ... 3 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 8 
Tripodi Maria (FI)  ... 8 
Aresta Giovanni Luca (M5S) , da remoto ... 9 
Losacco Alberto (PD) , da remoto ... 9 
Ferro Wanda (FDI)  ... 9 
Perego Di Cremnago Matteo (FI)  ... 10 
Russo Giovanni (M5S)  ... 10 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 11 
Bono Giuseppe , amministratore delegato di Fincantieri ... 11 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 13 

ALLEGATO: Presentazione informatica depositata dall'Amministratore delegato di Fincantieri, dottor Giuseppe Bono ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare (AP) - Partito Socialista Italiano (PSI): Misto-AP-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANLUCA RIZZO

  La seduta comincia alle 16.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la diretta sulla web-Tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Fincantieri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, in videoconferenza, di rappresentanti di Fincantieri, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla pianificazione dei sistemi di difesa e sulle prospettive della ricerca tecnologica, della produzione e degli investimenti funzionali alle esigenze del comparto Difesa. Saluto e do il benvenuto all'amministratore delegato di Fincantieri, dottor Giuseppe Bono, e ai suoi assistenti il dottor Pelosini, il dottor Autorino e il dottor Tomao, che ringrazio per essere intervenuti e agli altri colleghi che parteciperanno alla seduta, anche secondo le modalità stabilite nella riunione della Giunta per il Regolamento del 4 novembre 2020, ai quali rivolgo l'invito a tenere spenti i microfoni per consentire una corretta fruizione dell'audio.
  Ricordo che, dopo l'intervento del dottor Bono, darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni. Successivamente, il dottor Bono potrà rispondere alle domande poste. A tal proposito, chiedo ai colleghi di far pervenire fin d'ora al banco della presidenza la propria richiesta di iscrizione a parlare. Do la parola all'amministratore delegato di Fincantieri, dottor Giuseppe Bono.

  GIUSEPPE BONO, amministratore delegato di Fincantieri. Grazie per l'invito che ho accettato molto volentieri, perché mi fa sempre piacere parlare in pubblico di Fincantieri, soprattutto in sedi così autorevoli. Vorrei trasferire l'entusiasmo, mio personale e di tutta l'azienda, per questo percorso che abbiamo fatto in questi anni e che, speriamo, continuerà anche in futuro. Vi ho portato una presentazione, che ora vado a integrare, magari con qualche idea o linea strategica non contenuta in essa, per dare anche al presidente e ai commissari la visione degli scenari dove operiamo.
  Siamo un'azienda che due anni fa ha superato i sei miliardi di euro di fatturato (quest'anno siamo leggermente al di sotto). Siamo leader mondiale nella costruzione di navi da crociera e, dopo la vendita di due fregate a un Paese del Mediterraneo e la commessa negli Stati Uniti per dieci navi e fregate simili a quelle che stiamo realizzando per la Marina italiana, credo di poter dire che siamo leader mondiale anche con riguardo alla costruzione di navi militari da superficie.
  È frutto del lavoro di migliaia di persone. Abbiamo tanti cantieri in tutto il mondo e devo dire che, in questo momento, malgrado il virus che, come sapete, non ha risparmiato alcun Paese, i nostri cantieri sono aperti in tutto il mondo, compreso in Italia, dove abbiamo anticipato la chiusura degli stabilimenti e, ad agosto, terminato il lockdown, non abbiamo avuto la necessità di chiudere. Questo ci ha permesso di riprendere agevolmente l'attività, sia pure con una produzione rallentata e ridotta rispetto a prima. Nonostante la dilazione che abbiamo dovuto accordare per le consegne Pag. 4 ai nostri clienti, abbiamo consegnato già due navi da crociera – una a settembre e una ad ottobre – e, adesso, speriamo di avere la possibilità di consegnarne un'altra. L'azienda ha una capacità di mobilitazione e di resistenza come poche in Italia.
  Devo anche dire che siamo un'azienda che occupa molti lavoratori sia operai, che tecnici. Abbiamo dovuto adottare misure molto più stringenti per evitare l'assembramento sul posto di lavoro (su una nave gli spazi sono ridotti) ma, nonostante questo, le misure che abbiamo adottato hanno incontrato l'apprezzamento della stragrande maggioranza dei nostri lavoratori. In un sondaggio da noi fatto, il 91 per cento di essi si è dichiarato soddisfatto. Ad oggi, i contagi che abbiamo avuto, soprattutto di dipendenti di aziende esterne a Fincantieri, sono stati nel complesso, meno del 3 per cento (in questo momento, tra interni ed esterni, superiamo, in Italia, le 20.000 unità di lavoratori) e, di questi, più della metà è già guarito. Ci riteniamo soddisfatti per avere adottato le misure necessarie per salvaguardare la salute dei lavoratori, che – con la loro capacità, esperienza e voglia di fare – rappresentano la ricchezza più importante dell'azienda. Consentitemi, dunque, di ringraziare tutto il personale della Fincantieri in tutto un mondo e, soprattutto, in Italia dove siamo più numerosi. Come abbiamo affrontato la pandemia dal punto di vista strategico? Similmente al settore dei trasporti aerei, uno dei settori più colpiti dalla crisi – non solo da noi, ma in tutto il mondo – è stato quello delle crociere. Per tanto tempo le navi da crociera si sono dovute fermare nei porti perché era complicato e difficile immaginare di potere continuare a viaggiare. A quel punto i nostri clienti, non potendo svolgere le loro attività, si sono trovati nella situazione di non avere nemmeno i soldi per pagare i loro dipendenti. Fincantieri si è detta disposta a qualsiasi sacrificio, ma abbiamo chiesto l'impegno, da parte dei nostri clienti, di non cancellare gli ordini. Ad oggi devo dire che questa politica è stata fruttuosa, perché nessun ordine è stato cancellato. Abbiamo rallentato le consegne e credo che le rallenteremo anche nel 2021. Però tutti sostengono che nel 2022 si riprenderà con la costruzione di importanti navi da crociera, e noi possiamo dimostrare di avere un carico di lavoro che ci porta tranquillamente a mantenere occupati i cantieri fino al 2027-2028; quindi, abbiamo davanti sette-otto anni di lavoro.
  Nel contempo, anche per controbilanciare la riduzione dell'attività delle crociere, abbiamo stipulato contratti per la produzione di navi militari, settore dove abbiamo conseguito successi estremamente importanti per il Paese, anche dal punto di vista geopolitico. L'immediato avvio della realizzazione di queste navi (tra un paio di mesi già cominceremo a tagliare le lamiere, per potere consegnare queste navi nei prossimi anni) ci consente, in qualche modo, di controbilanciare la riduzione, nel 2021, dell'attività relativa alle navi da crociera.
  Potrebbe sembrare che non crediamo più nella costruzione delle navi e facciamo diversificazione, ma non è così. Purtroppo, uno dei mali della nostra economia è che il Paese ha poche piattaforme, come le navi, gli aerei, le centrali e tutti quei prodotti che ne inglobano tantissimi altri e che consentono di dare sfogo a una miriade di piccole e medie imprese. Pensate, per ogni occupato interno ne abbiamo almeno cinque esterni che vengono, però, a lavorare nei cantieri, senza considerare quelli che producono i manufatti.
  È un settore che occupa tanto personale, ma utilizza tante tecnologie diverse. Costruire una nave è una delle cose più complesse al mondo. Fincantieri ha questa capacità di gestire prodotti complessi come le navi da crociera che costano un miliardo di euro, per capire un poco a che livello operiamo. Noi abbiamo sedici clienti al mondo e per ognuno costruiamo il prodotto che vuole, con una capacità di progettazione e di organizzazione che è unica al mondo.
  Anche i processi per costruire una nave sono complessi. Gestire questi processi ci ha fornito un'esperienza i cui frutti sono evidenti a tutti. Abbiamo adottato questa nostra capacità organizzativa anche per costruire il ponte di Genova, e l'Italia, per quello che ha saputo fare in questa circostanza, Pag. 5 è stata citata in tutto il mondo con meraviglia. Di solito in Italia le opere richiedono anni o decenni, invece in questo caso sono stati sufficienti appena due anni. Voglio sottolineare questo, perché molto spesso certi problemi si verificano a causa della scarsa considerazione di quello che è il lavoro organizzato. La nostra azienda dimostra che, anche in Italia, c'è la possibilità di organizzare migliaia di lavoratori e migliaia di aziende, con specializzazioni e competenze diverse, che devono essere in qualche modo armonizzate. Vi lascio immaginare cosa dobbiamo mettere in piedi per organizzare una logistica dei materiali, che è assolutamente indispensabile per costruire le navi.
  Veniamo alla parte militare, che è quella più strettamente di competenza di questa Commissione. Siamo orgogliosi delle scelte che abbiamo fatto e, finora, credo che queste si siano dimostrate indovinate. Abbiamo avuto un periodo di crisi, ma questo mi dà lo spunto per dire che proprio nei periodi di crisi bisogna progettare e avere il coraggio di fare certe cose, perché quando la crisi finisce, chi ha fatto questo riesce a diventare molto più forte e occupa il mercato. Sappiamo che oggi, nella globalizzazione, la ripartizione del lavoro deve essere occupata da imprese efficienti che hanno un'alta qualità e competono con il resto del mondo. È veramente importante avere accanto tutta una serie di aziende che ci consentono di realizzare un prodotto finito.
  È inutile dire che queste navi che stiamo facendo con la Marina italiana, sia pure con investimenti che non sono equiparabili a quelli di altri Paesi europei, a quelli degli Stati Uniti, dell'Australia, della Cina e del Brasile, hanno consentito all'azienda di presentarsi sul mercato internazionale con un numero di prodotti di altissima qualità, che non hanno competizione sul mercato. Quando sono arrivato in azienda, stavamo costruendo due piattaforme che dovevano supportare la portaerei in fase di realizzazione. In quel periodo ci siamo cimentati nella costruzione di portaerei e dei primi sommergibili con le nuove tecnologie e devo dire che entrambe queste avventure si sono rivelate molto positive. L'India volle commissionare a Fincantieri la progettazione dell'apparato motore e l'assistenza per la costruzione ai cantieri locali. È stato uno dei primi successi sul campo internazionale. In Friuli lanciarono un programma italo-francese per la costruzione di 10 fregate multiuso per l'Italia e di 17 per la Francia, le Fremm. Anche in questo caso, la Marina italiana ci chiese di realizzare un mezzo navale con una capacità e una flessibilità tale da soddisfare anche le esigenze di altri Paesi. Tutto questo oggi ci viene riconosciuto in America e, da lì, partiamo per il resto del mondo.
  Prima parlavo della crisi. Nel 2009 Fincantieri ha acquistato in America alcuni cantieri. Gli Stati Uniti sono all'avanguardia nel mondo per quanto riguarda le tecnologie, ma non sul navale. Quello degli Stati Uniti è il mercato più importante del mondo. Rispetto alle nostre tecnologie, nella costruzione e nella progettazione navale – noi italiani in questo campo ci vantiamo di essere campioni europei – gli Stati Uniti sono arretrati almeno di venti anni. Per noi è stato molto facile entrare in un mercato complicato e adesso, nell'ultima acquisizione, siamo l'azienda capocommessa. Posso assicurare che è la prima volta che negli Stati Uniti succede questo per un mezzo militare così importante, come la nave, e ciò ci deve rendere orgogliosi. Qui non parliamo di politica, ma di capacità tecnologica che ci viene riconosciuta da uno dei Paesi che ha investito più di tutti, nel tempo, nelle tecnologie più avanzate. Siamo andati a fare una gara che sembrava quasi impossibile aggiudicarsi senza alleanze con altri produttori nazionali. Alla fine, ci è stato riconosciuto che il prodotto da noi presentato e la capacità di realizzarlo non avevano eguali. Dovevano essere dieci navi, ma sono adesso diventate venti.
  Perché è importante il mercato degli Stati Uniti? Quando abbiamo comprato il cantiere, nel 2009, era ancora in corso la gara e il cantiere partecipava come consorzio, che era presieduto dalla Lockheed, la più importante e la più grande azienda al mondo che produce mezzi di difesa. Nel 2009 c'era la crisi finanziaria, e Fincantieri Pag. 6ha partecipato a quella gara con le sue acquisizioni e con i suoi mezzi finanziari. Abbiamo dovuto ridurre le attività sulle crociere. I bilanci erano stati fatti bene e l'avere ridotto le attività ci aveva fatto liberare delle risorse finanziarie, così comprammo questi cantieri. Nel 2010 siamo andati avanti con il nostro partner, finché, nel 2011, la gara è stata aggiudicata da questo consorzio. All'inizio le navi erano 56, ed erano divise in 28 per ciascun tipo delle due navi. Ad oggi di queste navi – il numero venne successivamente ridotto perché ne hanno costruite altre più grandi – ce ne sono state assegnate 16, di cui 9 consegnate. Però, quello che è importante è che gli Stati Uniti, a loro volta, hanno esportato questa nave, che noi costruiamo in America, in Arabia Saudita. Sono due tranche di quattro navi, quindi arriviamo a venti navi in dieci anni. Circa due navi all'anno, tanto per capire.
  Il più importante lavoro per l'Italia è quello delle Fremm: ci troviamo con dieci navi, con una consegna molto lunga nel tempo. Questa è una cosa che, a nostro avviso, ci deve rendere orgogliosi. Durante la campagna elettorale – sappiamo che è stata fatta per una questione politica – il Presidente degli Stati Uniti è venuto in visita a Fincantieri e questo ci ha fatto molto piacere e credo che l'abbia fatto tutto a il Paese. Abbiamo avuto messaggi di congratulazioni da parte di tutte le forze politiche.
  Questo mi dà anche lo spunto per dire un'altra cosa. Gli investimenti nella Difesa, a mio avviso, vanno considerati sotto un duplice aspetto. Innanzitutto, hanno la capacità di innovazione e di lavoro che altri settori non hanno, quindi la capacità di moltiplicare gli investimenti e il lavoro sui territori è molto elevata. Per esempio, negli Stati Uniti uno dei motori di sviluppo dell'economia del Paese quando l'economia ristagna è quello di fare investimenti nella Difesa.
  In secondo luogo vi è un discorso geopolitico. Noi viviamo in un Paese che si affaccia su tutto il Mediterraneo. Approfittando della crisi, in senso buono, ci dovremmo decidere, finalmente, a imboccare una strada che sono anni che non imbocchiamo. Lo diciamo sempre, ma stavolta la dobbiamo imboccare, perché molti settori continueranno ad essere in crisi e l'economia difficilmente potrà riprendere in tempi rapidi se non troviamo altri settori di sviluppo. Lo dico qui perché è la prima volta che mi capita di venire a parlare in Parlamento, ma abbiamo inviato ai ministri interessati e al Governo dei progetti che non riguardano solo la costruzione delle navi, ma anche questa nostra caratteristica di mettere al servizio del Paese la capacità di gestire le complessità che oggi richiedono tutti i settori. Penso che il nostro primo obiettivo per crescere, ma per davvero e non per finta (sono trent'anni che non cresciamo), non siano le risorse finanziarie. Non bastano i soldi per crescere. Si cresce con le risorse umane, con i nostri figli, ai quali dobbiamo insegnare la dignità del lavoro, educandoli in questo senso. Il lavoro è libertà e dignità.
  Io ho cominciato a lavorare a 18 anni. Erano altri tempi, non voglio fare paragoni. Però, vedere tanti ragazzi per strada che barcollano da una parte all'altra non è un fatto molto positivo. L'appello che io faccio sempre ai governanti, ma anche al mondo accademico e a quello della cultura, è di mobilitare le risorse che abbiamo. Se vogliamo crescere, non ci possiamo permettere di avere il 30 per cento di disoccupazione giovanile. Poi c'è anche il problema dell'occupazione femminile. Spesso la donna è madre e lavoratrice e queste due situazioni devono essere viste, a mio avviso, in modo diverso rispetto al passato. Noi dobbiamo avvicinare i figli ai luoghi di lavoro, perché la madre possa lavorare sapendo che il figlio è vicino, oppure lo va a trovare durante l'ora di pranzo. Sono tutte cose che richiedono anni, ma se vogliamo avere un'Italia come la conosciamo, dobbiamo impostare subito un cambiamento. Senza la natalità, noi rinunciamo al futuro. Senza i figli si rinuncia al futuro. Il mio è quasi un appello disperato, ma fatto con passione. Questa è una delle cose più importanti che io ho detto negli stati generali. L'ho detto a tutti. Ogni tanto mi arrivano delle critiche, perché sembro il Grillo parlante. Sì, sono il Pag. 7Grillo parlante, ma qui si tratta del futuro, non solo del Paese, ma dell'italianità, senza essere né di destra, né di sinistra. Però la nostra capacità di avere dato al mondo tutto (cultura, arte, etc.) non la possiamo perdere. Questi sono i temi fondamentali.
  Tornando al discorso dei settori – scusate se vado un poco a volo d'uccello – noi riteniamo che il settore fondamentale su cui impostare una politica di crescita sia quello dei porti. I porti devono essere messi in condizione di avere, in qualche modo, le infrastrutture migliori d'Europa. Occorre creare accanto ai porti aree economiche dove sviluppare lavorazioni e via dicendo, avere la possibilità che i nostri porti siano degli hub per il trasporto delle merci. Non è solo questo, quando uno parla del porto, può parlare di tutto, di industrie di trasporto.
  Le nostre politiche di sviluppo ferroviario vanno fatte non solo per portare i passeggeri da una parte all'altra, ma anche per portare le merci. Uno dei luoghi in cui arrivano le merci è proprio il porto. Se vogliamo risolvere il problema ambientale, questo è uno dei settori sui quali noi dobbiamo investire. Sapete meglio di me della fila infinita di TIR (Transports Internationaux Routiers), di camion che producono situazioni di inquinamento ambientale che possiamo immaginare e che, secondo alcuni, può essere anche la causa della particolare aggressività dei virus in certe zone. Scusate se mi sono appassionato a questo argomento, ma ci credo.
  Dobbiamo far forza sul Paese, sulle competenze. In questo momento di crisi io sto vedendo tantissime piccole aziende, di due o tre milioni di euro di fatturato, che hanno dei prodotti eccezionali. Stiamo cercando di mettere insieme diversi prodotti per ampliare la catena del loro valore, pur lasciando all'imprenditore la sua capacità inventiva. Il Paese è pieno di queste cose.
  Ecco perché dicevo che, purtroppo, ci mancano le piattaforme. La nostra è una piattaforma e noi l'abbiamo messa al servizio anche di queste cose. Per esempio, abbiamo individuato delle aziende che stanno con noi da un po' di tempo e abbiamo prodotto i termoscanner per l'entrata. Ora, quando andiamo da qualche parte, ci misurano la febbre. In luoghi dove entrano migliaia di persone, misurare la febbre creerebbe davvero un assembramento. Invece, per innovare, abbiamo sviluppato un prodotto che consente alle persone di passare senza fare file e segnalare subito chi ha la febbre affinché sia portato al presidio medico. Così è stato anche per il ponte che abbiamo fatto a Genova, con tutti i più moderni sistemi di monitoraggio che inglobano delle tecnologie molto importanti. Ormai è fondamentale, se vogliamo che accanto all'opera in se stessa ci debba essere anche la sicurezza, perché non si può scherzare sulla vita delle persone.
  Passo a un'altra questione che ci sta particolarmente a cuore e che sembra distante, ma non per chi, come noi, fa le navi, che sono piccole città che hanno tutto dentro. In Italia abbiamo bisogno di riqualificare interi quartieri, interi paesi. Questo è un altro settore di sviluppo. Non possiamo continuare ad avere gli edifici scolastici, gli edifici pubblici nello stato attuale. Li dobbiamo riqualificare. I nostri figli devono andare a scuola in piena sicurezza, ma anche con un minimo di comodità. Lo stesso discorso vale per gli ospedali. È capitato a tutti di andare negli ospedali; abbiamo i medici migliori del mondo, dediti, capaci, però abbiamo degli edifici che sembrano quelli della fine della guerra.
  Queste sono le cose che, a mio avviso, ci danno la possibilità di ripartire, anche perché in molti di questi settori, ci possono lavorare piccole aziende locali riuscendo così a sopravvivere e a dare un contributo importante per queste opere che servono al Paese.
  Poi c'è il tema della ricerca. Ne sento parlare in tutti i modi, però anche qui ci si affida molto alla provvidenza pubblica. Anche noi vorremmo qualche cosa; finora abbiamo avuto poco o quasi niente e l'abbiamo fatto con mezzi nostri. Non c'è dubbio che se una parte, anche minima, delle importanti risorse che investe il Paese in ricerca e sviluppo l'avessimo anche noi, forse potremmo fare qualcosa di più. Secondo Pag. 8 me, qui dobbiamo fare una distinzione. Quando parliamo di ricerca, dobbiamo ricordare che le imprese non fanno ricerca; la fanno le università o gli istituti di ricerca. La «ricerca di base» consente di trasformare quella ricerca in tecnologie e nello sviluppo di mezzi di lavoro innovativi che sono fondamentali per lo sviluppo dell'economia del Paese.
  Mettiamocelo bene in testa quando parliamo dei soldi che dobbiamo dare alla ricerca; io, su questo, sono abbastanza calvinista. I soldi che vengono spesi non sono dello Stato, né di nessun altro, sono i soldi dei cittadini italiani. Quindi, dobbiamo rendere conto a loro e recuperare un'etica, non solo come dicevo prima del lavoro, ma anche un'etica di dare al cittadino quello che gli serve, per cui lui paga le tasse, si sacrifica. Penserete, cosa c'entra questo con il militare? C'entra. Una volta c'era la leva obbligatoria e alla fine della guerra ha contribuito a formare delle persone che non avevano avuto la possibilità e non avrebbero avuto la possibilità di acquisire elementi di cultura e di conoscenza che la vita militare poi gli ha dato, facendoli diventare dei cittadini. Come vedete sono discorsi abbastanza complicati.
  Credo di avere parlato tanto, c'è solo un'ultima cosa che devo dire. Noi non ci siamo fermati agli investimenti negli Stati Uniti. Noi stiamo partecipando al consolidamento dell'industria europea della difesa da protagonisti. Nel nostro settore, quello navale, noi non saremo prede, ma predatori. L'Italia ha una grande opportunità di poter essere leader di un consolidamento europeo. Abbiamo già fatto dei passi avanti con la Francia. Con la Germania stiamo costruendo insieme dei sottomarini. Credo che questa sia la strada giusta per dotare anche l'Europa di una forza che è necessaria se vogliamo competere sul mercato internazionale. Altrimenti non si capisce perché un Paese come l'Australia faccia programmi di investimento faraonici. Lo stesso vale per l'India, il Brasile, la Cina. Oggi il mare è diventato un'altra volta protagonista, perché è finita la cortina di ferro, è finita l'Unione Sovietica e il baricentro della politica internazionale si è spostato, un'altra volta, dalla terra in mare.
  Voglio soltanto ricordare che i grandi imperi, ivi compreso quello romano, si sono affermati e si sono sviluppati sul mare. Finché gli antichi romani non hanno potuto attaccare le navi cartaginesi erano una potenza regionale. Poi sono diventati quello che sono diventati.
  Detto questo, la nave è di per sé un deterrente. Può svolgere tante missioni, comprese quelle umanitarie, ma è un deterrente. Quando noi presentiamo una bella fregata, una bella armata e tutto quanto, ci rispettano e non c'è bisogno di sparare. Altri mezzi sono fatti per la guerra, per sparare. Per quanto riguarda la nave basta la sua presenza.
  Con questo credo di aver dato tanti messaggi, forse troppi. Mi scuso perché mi lascio trascinare spesso dalla foga di poter dire tante cose e, forse, ne dico troppe. Vi ringrazio e spero, comunque, di aver fornito qualche spunto interessante per tutti.

  PRESIDENTE. Grazie per la sua relazione, dottor Bono. Passiamo adesso agli interventi dei colleghi. Ho una prima richiesta da parte della collega Tripodi, a cui do la parola. Prego.

  MARIA TRIPODI. Ringrazio di cuore il dottor Bono per la relazione che ci ha fornito, tra l'altro spaziando su diversi punti, dagli investimenti a tutto quello che concerne l'innovazione. Non posso che congratularmi per la grandissima eccellenza mondiale che Fincantieri, il nostro più importante player per quanto riguarda il settore dell'industria marittima, rappresenta nel mondo.
  Concordo molto, tra l'altro, sull'importanza del sistema industriale e di quello che è il sistema Paese, non solo in termini di fatturato ma anche per quanto riguarda la nostra autorevolezza e il nostro peso nelle relazioni internazionali, all'interno dell'Alleanza atlantica.
  Dottor Bono, le vorrei porre una domanda specifica. Lei ha parlato della capacità riferita alla nave ospedale. In Commissione abbiamo avuto modo di discuterne Pag. 9 recentemente, come il presidente ricorderà, con il Capo di stato maggiore della Difesa. Vorrei chiederle delle delucidazioni sul lato industriale, soprattutto per quanto concerne i tempi di esecuzione e il coinvolgimento nella realizzazione della catena dei fornitori. La ringrazio ancora.

  GIOVANNI LUCA ARESTA, da remoto. Grazie, presidente. Grazie anche a lei, dottor Bono. Ho ascoltato con molta attenzione la sua esposizione. Per parte mia, come rappresentante del popolo, come deputato della Repubblica, credo che non ci siano parole per ringraziarvi del lavoro che avete fatto in questi ultimi anni e anche in questi ultimi mesi: un lavoro svolto con dedizione e con continui e delicati sforzi nonostante gli inediti scenari dei nostri giorni, un chiaro segnale che l'Italia può ripartire, perché è fatta proprio di queste belle e importanti realtà.
  Mi consenta anche di approfittare della circostanza per ringraziare le persone, le maestranze tutte, che hanno lavorato alla gigantesca impresa per la realizzazione del nuovo ponte di Genova. Sono le migliori persone, quelle che formano l'Italia.
  L'industria italiana in generale, ma anche quella della sicurezza e della difesa, si trova a competere in un contesto europeo in evoluzione sui mercati internazionali, che si dimostrano sempre più agguerriti. È ovvio, dunque, che l'industria italiana abbia bisogno di esportare di più, lei lo ha evidenziato, ma soprattutto di esportare meglio, per mantenersi alla frontiera dell'innovazione tecnologica in maniera solida ma anche competitiva, perché come sappiamo i concorrenti si rafforzano costantemente e, quindi, occorre rallentare questa avanzata.
  Volevo rappresentarle il grande lavoro che è stato fatto a livello del nostro Governo, ma anche della nostra Commissione e del Parlamento, per quanto riguarda gli accordi sul G2G (Goverment-to-Government), che consentiranno anche al comparto italiano di godere di quel necessario supporto governativo trasparente, di cui finora hanno pressoché goduto i nostri concorrenti, nel pieno rispetto anche delle norme internazionali.
  Avevo un'unica domanda, che è stata fatta poc'anzi dalla collega Tripodi e sulla quale attendo una sua risposta autorevole, proprio sulla nave ospedale, perché è uno dei contesti che in questo momento ci inducono a una maggiore riflessione. Grazie ancora e buon lavoro. Troverà sempre l'attenzione della nostra Commissione e del Parlamento tutto. Grazie.

  ALBERTO LOSACCO, da remoto. Grazie, presidente. Anch'io ringrazio il presidente Bono per l'ampia relazione. Uno dei temi aperti nell'ambito del dibattito politico istituzionale è sicuramente l'utilizzo delle risorse del Recovery Fund. Si tratta di un ingente flusso di finanziamento che non vedrà coinvolta la Difesa, almeno nel campo dell'acquisizione di nuovi programmi. Considerato, però, che la capacità di spesa di un Paese, per quanto spinta ai massimi livelli, è comunque limitata, questo potrebbe comportare che alcuni capitoli di altri dicasteri finanziati dal cosiddetto «Fondone» possano essere liberati, con un possibile coinvolgimento della Difesa, a quel punto. Volevo chiedere al presidente Bono se l'industria nazionale è pronta e quali potrebbero essere i programmi che Fincantieri potrebbe rendere immediatamente cantierabili, con le conseguenti ricadute sull'economia nazionale. Grazie.

  WANDA FERRO. Grazie, presidente. Ringrazio il dottor Bono, come hanno fatto già i colleghi che mi hanno preceduto, per l'ampia, vasta e puntuale ed oltretutto coraggiosa esposizione, rispetto alla mission di Fincantieri. Lo ringrazio, soprattutto, per aver messo in campo quelle che possono essere le soluzioni importanti per superare la crisi e, attraverso questo gruppo, offrire occupazione ai giovani e alle donne, aiutando, altresì, la ricerca. La Difesa riguarda l'identità nazionale e, al di là dell'appartenenza politica, deve riguardare tutti quanti noi.
  Ho una semplice domanda che pongo al presidente, ringraziando anche le maestranze e questo grande mondo che rappresenta, nel miglior modo possibile, il tricolore. Chiedo se potrebbe risultare importante, Pag. 10 per superare questa crisi e per poter guardare al futuro con maggiore ottimismo – anche perché le risorse del Recovery Fund non saranno destinate alla Difesa – contare su una nuova legge navale. Volevo sapere il suo pensiero in tal senso. Grazie, presidente.

  MATTEO PEREGO DI CREMNAGO. Grazie, presidente. Credo che all'Amministratore delegato, dottor Bono, si debba esprimere il profondo senso di gratitudine da parte del popolo italiano, per come ha saputo trasformare un'azienda come Fincantieri, che attraversava delle difficoltà, in un'azienda leader nel settore cantieristico, con la sua visione e con la sua proiezione internazionale.
  Proprio in riferimento alla proiezione internazionale il ringraziamento è doppio, perché in un'epoca di politica estera, a volte non troppo allineata, ha saputo riaffermare in maniera forte, con la partnership con gli Stati Uniti per le FFG(X), il nostro atlantismo e il nostro valore. Credo che quello sia non soltanto un accordo commerciale, ma anche un accordo, come lei ha detto bene, di natura geopolitica.
  Proprio in riferimento a questo, avevo alcune questioni da porre. Credo che, da parte nostra, si debba fare un maggiore sforzo di moral suasion in sede europea – l'ho detto al presidente Tajani e lo ribadirò – circa l'atteggiamento dell'Antitrust, in riferimento all'accordo tra Fincantieri e STX. Questo alla luce anche del fatto che sembra che l'Antitrust sia preoccupata dal rischio che si generi un monopolio, mentre vediamo dall'altra parte dell'oceano i cinesi costituire la China Shipbuilding Group, con la fusione di due grandi cantieri che rappresentano una minaccia per la nostra industria. Trovo paradossale che l'Europa si preoccupi della competizione interna e dimentichi che cosa accade nel Pacifico, che è il nostro terreno di competizione maggiore. Questo è un altro aspetto sul quale vorrei il suo punto di vista.
  Colgo l'occasione anche di poter sentire la sua opinione in merito a quanto contenuto nel Documento programmatico pluriennale della Difesa per il triennio 2021-2023, perché ci sono alcuni progetti che riguardano specificatamente Fincantieri, in particolare il cacciatorpediniere DDX, per il quale sono allocati 620 milioni di euro.
  Le faccio una domanda pragmatica, da imprenditore a grande dirigente d'azienda qual è lei. Le chiedo se questi fondi siano sufficienti per poter dar seguito a questo programma, così come se lo siano i 163 milioni (ma evidentemente non lo sono, la risposta è già nella domanda) per quanto concerne l'U-212, il Near Future Submarine, se è vero, come ha detto lei, che viviamo nel secolo blu, in cui le maggiori contese geopolitiche si misurano nel Mediterraneo e, nel caso specifico, in profondità.
  Le chiedo, infine, se può dirci qualcosa anche in riferimento alla joint venture Orizzonte Sistemi Navali, proprio nello sforzo di voler fare, mi passi il termine, un cartello fra le grandi industrie della difesa italiana e capire se attraverso questa ci possa essere maggiore affermazione delle nostre eccellenze nel campo internazionale.
  Da ultimo, una domanda sulla nave ospedale. Ci sarebbe un modo per poter costruire una nave ospedale in tempi rapidi e con risorse adeguate, facendo riferimento al MES (Meccanismo europeo di stabilità), i cui fondi si potrebbero perfettamente utilizzare per costruire questa nave che rappresenta sicuramente un asset strategico, vista anche la crisi pandemica che stiamo affrontando? Non saremo preda ma predatori, e io ne sono convinto. Con lei alla guida di questa azienda, credo che l'Italia si toglierà ancora tante soddisfazioni. Buon lavoro.

  GIOVANNI RUSSO. Grazie, signor presidente. Ringrazio il dottor Bono. Per noi è sempre un grandissimo piacere ascoltare dalla sua viva voce quelli che sono i grandi risultati che il gruppo da lei guidato sta raggiungendo in ambito internazionale.
  Abbiamo visto l'importante affermazione sul mercato americano e abbiamo visto quanto l'azienda, sotto la sua curatissima direzione, si stia espandendo anche in Asia e in quei Paesi più delicati. Abbiamo visto anche il recente successo avuto in India. Siamo stati in visita con la Commissione Pag. 11 – per questo ringrazio ancora il presidente Rizzo – presso gli stabilimenti di Riva Trigoso e di Muggiano. Lei prima ha fatto riferimento anche a quella che è la ricerca scientifica in campo militare e navale. So che la vostra azienda investe molto nella ricerca e vorrei chiedere quali sono gli strumenti che lo Stato può mettere in campo per supportare ulteriormente lo sforzo che sta facendo la sua azienda sul consolidamento, sia in ambito europeo, sia a livello mondiale.
  In particolare, vorrei chiedere, quali possono essere gli effetti sul cantiere di Castellammare di Stabia. Una nave importantissima, come il Trieste, è stata varata nel cantiere di Castellammare. Lo chiedo perché la sua azienda sta procedendo a una serie di acquisizioni che permettono non tanto di «diversificare», come lei ha detto prima, che potrebbe sembrare quasi un termine improprio, ma di potenziare i servizi offerti, come per esempio quello legato al campo dell'elettronica, che permette alla sua azienda di potersi ritagliare anche un ruolo di polo aggregante di settori strategici.
  In ambito di sicurezza e difesa, negli ultimi giorni stiamo vedendo come anche altre aziende strategiche italiane stiano soffrendo determinate situazioni. Mi chiedevo, ovviamente se si può sapere quanto in questo momento Fincantieri stia incidendo su questo punto e, soprattutto, quali siano le linee strategiche di questa politica industriale di espansione e quali le prospettive del gruppo.
  La politica estera si fa con le navi, ma si fa anche con l'industria della difesa. Volevo chiederle se ci sono ancora speranze di poter rientrare, non si sa come, nel mercato australiano dopo i successi americani e dopo tutti i ritardi che il programma navale inglese sta manifestando rispetto alla consegna delle piattaforme navali con il Governo australiano.
  La ringrazio e la saluto, portando nel cuore l'emozione che ho visto, che ho provato guardando le lamiere, le sezioni modulari del ponte di Genova che erano state appena tagliate e poi assemblate, in parte, nello stabilimento di Castellammare di Stabia. È stata una grandissima emozione perché ho visto uno sforzo corale dell'intero Paese, che era finalizzato a superare quella che era una grandissima criticità, una grandissima ferita da ricucire, a seguito del crollo del ponte Morandi. Fincantieri, insieme a tante altre partnership strategiche, è stato uno dei fattori che ci ha permesso di superare quel trauma, e io per questo la ringrazio ancora. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Russo. Non ho altre richieste di intervento, pertanto do la parola al nostro ospite per la replica. Prego, dottor Bono. A lei la parola.

  GIUSEPPE BONO, amministratore delegato di Fincantieri. Se siete d'accordo, darei delle risposte cumulative perché mi pare che gli argomenti tocchino diverse questioni che vanno, a mio avviso, messe insieme.
  Cominciamo dalla nave ospedale, perché questo mi dà lo spunto per un'altra considerazione. Gli investimenti, nel nostro Paese, spesso vengono fatti sull'onda degli eventi, delle emozioni, del momento, oppure in base al fatto che bisogna salvaguardare l'occupazione in quella zona in cui c'è la crisi e via dicendo. Questo è importante ovviamente, però se vogliamo avere degli effetti duraturi bisogna dimostrare, nel momento in cui progettiamo e facciamo un investimento, di avere un ritorno economico nel tempo. In alcuni casi il ritorno sarà soltanto per i cittadini che insistono in quella zona, ma – in linea di massima – ci deve essere un ritorno per tutti. Torniamo a quel discorso che facevamo prima sui cittadini che pagano. Sulla nave ospedale abbiamo fatto questa considerazione. Il problema della nave ospedale è che, una volta finita l'emergenza, quella nave non può restare ferma. Se così fosse, avremmo investito male, oppure dobbiamo pensare che le pandemie ci saranno ogni anno e speriamo proprio di no. Nella nostra visione la nave ospedale deve essere una nave multifunzione e multimissione. Ci sarà un momento in cui dovrà essere adattata e, quindi, deve essere progettata e costruita per potersi trasformare in un ospedale moderno. Pag. 12Poi, però, in altre occasioni deve poter essere utilizzata, magari per gli immigrati, per catastrofi naturali, per andare a scuola, per portare i bambini in giro. Una volta andavano in colonia, adesso forse le colonie non ci sono più. Farci restare questi bambini non sarebbe male. Stiamo progettando una nave multifunzione che risponda a dei requisiti economici sostenibili rispetto all'investimento che si deve fare. La nostra è un'ambizione un po' più ampia rispetto a quella di fare solo la nave ospedale, che viene utilizzata, speriamo, per pochissimo tempo. Comunque non sarebbe utilizzata in ogni momento.
  Vorrei passare al discorso dell'onorevole Ferro sulla ricerca. Ho già detto qualche cosa sulla ricerca. La ricerca non deve essere fine a sé stessa. Se ci pensiamo bene, ci stiamo trovando in un periodo storico in cui abbiamo uno sviluppo tecnologico di grandissimo impatto su tutta la vita di tutti i cittadini, in tutto il mondo. Poi è bastata una virgola a metterci nella situazione in cui siamo.
  La domanda che mi sono fatto e che mi faccio è: è proprio vero che abbiamo investito bene nella ricerca? Oppure abbiamo investito in certi campi e ci siamo dimenticati di farlo in altri? Adesso tutti quanti spingono la ricerca sul vaccino. Però tutto il mondo non si è dimostrato in grado di poter assolvere a una delle principali funzioni che ogni Paese deve avere, ovvero tutelare la salute dei cittadini.
  Anche qui secondo me una riflessione va fatta. I soldi del Recovery Fund sono indubbiamente importanti, ma la capacità dell'azienda dipende dall'avere la capacità organizzativa, l'intuizione di mettere insieme tante tecnologie e tante capacità. Il Recovery Fund può diventare di ausilio a certe ricerche e a certe innovazioni, ma serve innanzitutto questa capacità. Questa mi pare sia una cosa molto importante.
  Per quanto riguarda la legge navale, noi stiamo completando i contratti fatti nel 2013 e, quindi, ci aspettiamo continuità, perché abbiamo visto che l'Italia è capace, pur spendendo meno rispetto agli altri Paesi, di progettare e realizzare prodotti che sono a norma. Però, perché la dobbiamo perdere questa capacità? La dobbiamo ampliare, la dobbiamo fertilizzare giorno per giorno, e su questo rispondo anche alla domanda sulla piccola e media impresa.
  Noi sosteniamo moltissimo l'indotto di piccole e medie imprese nel nostro processo di lavoro. In questo momento, in questa fase della pandemia, una gran parte di queste piccole e medie imprese hanno sviluppato importanti tecnologie su specifici segmenti di prodotto, ma non hanno avuto la capacità di sviluppare un prodotto complesso. Purtroppo, come capita in un momento di crisi, una buona parte di queste aziende sono in difficoltà. Sono in crisi per tanti motivi, primo tra tutti il fatto che il mercato, in questo momento, indirizza le risorse per recuperare tutto quello che è attinente alla salute e, quindi, alla pandemia.
  Un altro dei grandi problemi che noi abbiamo come Paese è che l'impresa piccola è un'impresa patrimoniale. Molto spesso l'imprenditore non ha successori, perché i figli per moltissime ragioni non continuano a sviluppare il lavoro del padre, che comunque è un lavoro faticoso (fare impresa è sempre faticoso). Ma noi possiamo perdere quell'azienda? No. Nel nostro piccolo quello che stiamo facendo è riaggregare. Noi cerchiamo di mantenere al comando gli imprenditori che hanno creato l'azienda, perché ciò consente di ampliare le nostre competenze e di far vedere a questi imprenditori, che nel tempo hanno saputo costruire tante belle aziende, che possono essere parte di un'azienda addirittura più ampia; infatti, non c'è dubbio che, se messe insieme alla nostra capacità, quelle aziende avrebbero uno sviluppo anche sui mercati mondiali prima impensabile. Questa è un'altra delle cose che secondo me dobbiamo mettere in evidenza.
  Il Governo e il Parlamento sono sempre stati sensibili al tema dell'esportazione. Sapete che la cultura del Paese, per anni, è stata sempre un po' ambivalente in questo campo. Da un lato vogliamo mantenere i posti di lavoro; dall'altro, però, non vogliamo allargarci nell'acquisizione di mezzi militari, né esportare. Pag. 13
  Per fortuna, devo dire che io sto provando, forse per la prima volta, anche su questo ad affrontare delle questioni spinose. Con la buona volontà di tutti si è capito che quelle esportazioni erano fondamentali non solo dal punto di vista industriale. Una di queste nuove navi che faremo per la Marina italiana, in sostituzione di quelle che abbiamo vendute, verrà fatta a Castellammare, perché al Nord non abbiamo più spazio. Siccome stiamo facendo altre trattative, speriamo di prenderne tante e di poterle costruire a Castellammare, a Palermo, che sono i nostri due cantieri del Sud e devono mantenere la loro capacità. Ci trovavamo in zone dove l'industria praticamente è sparita. Noi ne sentiamo sulle nostre spalle il peso. Dobbiamo assicurare il lavoro a queste aziende, che altrimenti spariscono a causa di stragi sociali del territorio. Sarebbe un fallimento da non augurarci nella nostra avventura.
  Per giunta, è un esempio di come si possono mettere insieme delle competenze che abbiamo. Questo è un altro di quei problemi culturali che spesso abbiamo nel Paese. È difficile mettere insieme. Ognuno vuole la sua propria indipendenza e vuole svilupparsi come vuole. Però, mai come in questo momento dobbiamo essere uniti e avere la capacità di vedere oltre, perché le risorse non saranno mai sufficienti, da sole, a sviluppare tutto e a fare tutto.
  Dobbiamo essere consapevoli che su certe cose dobbiamo raggiungere l'eccellenza. Vi ho detto che siamo i primi al mondo sulle navi da crociera. Siamo i primi al mondo sulle navi militari in superficie e, fra poco, vi dirò che saremo i primi al mondo anche in altri settori. Ci stiamo lavorando. Non dico che l'Italia può essere la prima al mondo su tutto, ma l'ambizione, la capacità, la storia ci portano a dire che su alcune cose ci concentriamo e riusciamo a fare meglio di tutti gli altri. Questo va fatto per i nostri cittadini e per i nostri figli e nipoti.
  Al Ministro australiano dissi: «Se tu vuoi che la nave navighi andando per mare e avere i servizi che vuoi, devi scegliere la nostra nave. Altrimenti scegli quella inglese, ma in mare ci arriverete tra 10-15 anni.». Così sta avvenendo, a costi molto superiori di quelli previsti.
  Ieri abbiamo fatto un comunicato che è uscito stamattina. In Cina, con il nostro partner cinese, abbiamo tagliato la lamiera per la prima nave da crociera per il mercato cinese. Sottolineo «per il mercato cinese» perché noi abbiamo cercato di fare questa alleanza per limitare la loro possibilità di venirci a fare concorrenza da noi. Li stiamo aiutando a fare le navi, ma per il loro mercato. La Cina è un grande mercato, e mi fa piacere dire che, tutto sommato, siamo un esempio di come si possa collaborare, al di là delle divisioni ideologiche. Abbiamo anche qui bisogno di lavorare tutti insieme.
  Infine, vorrei rivolgere il mio augurio e il mio messaggio a voi, al Parlamento. Vedete che quando si parla, poi, alla fine, si trovano sempre dei punti di incontro. Grazie. Spero di essere stato esaustivo. Se avete altre domande siamo sempre a disposizione. Potrei mandare delle risposte scritte che possono essere messe a disposizione di tutti.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Bono, per la sua disponibilità, per la relazione che ci ha voluto esporre e la documentazione che ci ha consegnato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico dell'audizione (vedi allegato). Rinnovo i ringraziamenti a lei, dottor Bono, ai suoi assistenti che sono presenti e ai colleghi che sono intervenuti. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.50

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