XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 38 di Martedì 19 ottobre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Boldrini Laura , Presidente ... 3 
Mahfud Fatima , rappresentante saharawi in Italia ... 5 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Conti Nadia , Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 7 
Sanvitale Costanza , Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi ... 7 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Incerti Antonella (PD)  ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Olgiati Riccardo (M5S)  ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Olgiati Riccardo (M5S)  ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Migliore Gennaro (IV)  ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Sarli Doriana (Misto)  ... 11 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 11 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Mahfud Fatima , rappresentante Saharawi in Italia ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 13 
Olmi Giulia , Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi (intervento da remoto) ... 13 
Boldrini Laura , Presidente ... 14 
Lusuardi Caterina , Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi (intervento da remoto) ... 14 
Boldrini Laura , Presidente ... 14 
Lusuardi Caterina , Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi ... 14 
Boldrini Laura , Presidente ... 15 
Milesi Elisa , Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi (intervento da remoto) ... 15 
Boldrini Laura , Presidente ... 15 
Doria Francesca  ... 15 
Boldrini Laura , Presidente ... 15 
Doria Francesca  ... 16 
Boldrini Laura , Presidente ... 16 
Doria Francesca  ... 16 
Boldrini Laura , Presidente ... 16 
De Padova Francesca , Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi (intervento da remoto) ... 16 
Boldrini Laura , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 11.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la diretta sulla web-tv e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi (Solidarietà Italiana con il popolo Saharawi) e della rappresentante Saharawi in Italia, Fatima Mahfud.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione di rappresentanti del Gruppi Diritti Umani della Rete Saharawi (Solidarietà italiana con il popolo sarahawi) e della rappresentante saharawi in Italia, Fatima Mahfud.
  Anche a nome dei componenti del Comitato mi scuso per l'improvvisa sconvocazione che c'è stata per la riunione prevista per il 7 ottobre.
  Saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori la dottoressa Mahfud, rappresentante saharawi in Italia, la dottoressa Nadia Conti e la dottoressa Costanza Sanvitale, che sono rappresentanti del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi.
  Do il benvenuto anche a chi è collegato da remoto, come la dottoressa Francesca Doria che è coordinatrice del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi e presidente dell'associazione «Tiris» di Napoli; la dottoressa Caterina Lusuardi, presidente di «Jaima Saharawi» di Reggio Emilia; il dottor Gianfranco Fattorini, coordinatore del gruppo di Ginevra per la protezione e la promozione dei diritti umani nel Sahara occidentale; la dottoressa Elisa Milesi, rappresentante dell'associazione «El Ouali» di Bologna; la dottoressa Giulia Olmi, rappresentante del Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli nei campi saharawi; e la dottoressa Francesca De Padova, rappresentante dei «Piccoli ambasciatori di pace» di Agropoli.
  Do qualche cenno sull'organizzazione di volontariato Rete Saharawi-Solidarietà Italiana con il Popolo Saharawi, che risulta costituita dal gennaio 2020. La Rete rappresenta l'Italia nel coordinamento europeo di solidarietà per il popolo saharawi, impegnato in progetti a supporto della popolazione saharawi nei territori in cui è presente, ma anche a sostegno della diaspora.
  In Italia la Rete promuove, in particolare, l'accoglienza di minori, cure mediche, corsi di studio pubblicazioni ed eventi divulgativi, coinvolgendo anche enti locali, scuole e università.
  Ricordo che il Comitato dei diritti umani, sempre in sede di indagine conoscitiva, ha audito, da ultimo, rappresentanti del Fronte Polisario in Italia nella seduta dell'8 maggio del 2019.
  La controversia sulle condizioni del popolo saharawi costituisce tradizionalmente oggetto di attenzione presso la Commissione esteri della Camera dei Deputati e presso questo Comitato.
  Oltre alle audizioni, in questa legislatura sono stati trattati anche atti di sindacatoPag. 4 ispettivo, tra cui rileva citare un'interrogazione del collega Battilocchio relativa ai negoziati sotto egida ONU tra il Regno del Marocco e il Fronte Polisario. In quella sede il Governo italiano – citando testualmente – ha ribadito che: «Per l'Italia l'unica strada percorribile per raggiungere una soluzione definitiva della controversia sul Sahara occidentale è quella del dialogo fra il Regno del Marocco e il Fronte Polisario, garantendo pieno sostegno alle azioni delle Nazioni Unite».
  Al riguardo, mi fa piacere segnalare che il 7 ottobre scorso il Segretario Generale dell'ONU Antonio Guterres ha annunciato la nomina di un nuovo Inviato Personale, nella persona dell'Ambasciatore Staffan de Mistura, che noi conosciamo bene. Si tratta di un passaggio importante anche in vista del rinnovo della missione delle Nazioni Unite per il referendum del Sahara occidentale, il cui mandato scade il prossimo 31 ottobre.
  Proprio il Segretario Antonio Guterres, nell'ultimo rapporto al Consiglio di Sicurezza dell'ONU del 1° ottobre scorso, pur sottolineando che la ripresa delle ostilità tra il Marocco e il Fronte Polisario rappresenta una grave battuta d'arresto nel processo negoziale, esprime fiducia circa la possibilità di trovare una soluzione giusta, duratura e reciprocamente accettabile che preveda l'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, in conformità con le risoluzioni delle Nazioni Unite.
  Bisogna ricordare che una posizione analoga è stata espressa anche dal Parlamento europeo in una risoluzione approvata il 20 giugno scorso. Tra le altre cose il Parlamento europeo ribadisce: «La posizione consolidata dell'UE in merito al Sahara occidentale si basa sul pieno rispetto del diritto internazionale conformemente alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e sul processo politico guidato dalle Nazioni Unite per raggiungere una soluzione negoziata, equa, duratura, pacifica e reciprocamente accettabile per entrambe le parti.».
  Sul piano giuridico significativa è la sentenza con la quale la Corte di giustizia dell'Unione europea, il 29 settembre scorso, ha annullato ben due decisioni del Consiglio in merito alle conclusioni di accordo tra l'UE e il Regno del Marocco, relative alle preferenze tariffarie concesse ai prodotti originari del Marocco ed esportati nell'Unione europea e anche alla pesca sostenibile. La Corte ha stabilito che tali Accordi sono stati approvati senza il consenso del popolo del Sahara occidentale. Secondo la Corte, la norma di diritto internazionale, in base alla quale il consenso di un terzo ad un accordo internazionale si può presumere quando tale accordo conferisce diritti, non è applicabile nel caso di specie, poiché gli accordi in questione non mirano a conferire diritti al popolo del Sahara occidentale, bensì ad imporre loro obblighi.
  Segnalo anche che in un recente documento della sezione americana statunitense di Amnesty International si sollecita l'Amministrazione Biden ad utilizzare tutte le leve diplomatiche per far pressione sulle autorità marocchine affinché pongano fine ad arresti arbitrari, procedimenti giudiziari e torture di dissidenti e tutti gli altri abusi sistematicamente compiuti contro attivisti saharawi, manifestanti, critici, giornalisti e difensori dei diritti umani.
  Nel contempo, secondo Amnesty sarebbe opportuno ampliare il mandato della missione delle Nazioni Unite MINURSO (United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara) in vista del suo rinnovo previsto per il mese di ottobre, includendo anche un efficace meccanismo di monitoraggio dei diritti umani.
  Faccio un ultimo cenno al ruolo dell'Italia nel campo dell'assistenza umanitaria: a tale riguardo, segnalo le attività svolte a favore dei rifugiati saharawi nei campi di Laayoune e Aswerd presso Tindouf, in Algeria, sostenendo il lavoro delle Agenzie delle Nazioni Unite UNHCR, WFP (World Food Programme) e UNICEF, impegnate a garantire la sicurezza alimentare e l'accesso ai servizi educativi e sanitari. Circa 90 mila rifugiati saharawi rimangono nei campi algerini in condizione di povertà cronica. Si tratta a tutti gli effetti di una delle crisi di rifugiati più dimenticate al mondo.Pag. 5
  Dall'ultimo studio pubblicato dal Dipartimento affari umanitari della Commissione europea – il Dipartimento ECHO (European Community Humanitarian Office) – emerge che la situazione del popolo saharawi è poco conosciuta e che a livello internazionale non vengono raccolti sufficienti contributi per poter garantire loro una vita dignitosa. I rifugiati vivono perlopiù in campi dislocati nel deserto pietroso, dove la vegetazione è assente, e tale contesto ha generato una situazione di quasi totale dipendenza dagli aiuti umanitari, rendendo limitate le possibilità di autosostentamento.
  Forniti tutti questi elementi di contesto, mi fa molto piacere dare la parola alla dottoressa Mahfud affinché svolga il Suo intervento. Prego, Fatima.

  FATIMA MAHFUD, rappresentante saharawi in Italia. Grazie davvero, presidente. Ringrazio la Camera dei deputati e i deputati della Commissione esteri per voler ascoltare noi saharawi. Ringrazio la rete Solidarietà Italiana con il popolo Saharawi, che fa un lavoro straordinario vicino ai saharawi, che partecipa, come ha detto la presidente, in quelle che sono le migliorie per sollevare i saharawi da moltissime difficoltà causate dalla guerra e della mancata realizzazione di un referendum per l'autodeterminazione.
  Noi qui siamo ospiti del Comitato diritti umani ed è di questo che vorremmo davvero parlare perché è una priorità assoluta per noi e per poterlo fare bisogna assolutamente fare una premessa che riguarda lo stato giuridico del mio territorio. Qual è il diritto del mio popolo che gli è stato riconosciuto sia dalla comunità internazionale sia dal diritto internazionale?
  Il Sahara occidentale è un territorio non autonomo, è iscritto nel registro delle Nazioni Unite dal 1963. Le Nazioni Unite riconoscono che quello è un territorio non autonomo e che per poter definire lo stato definitivo del territorio devono essere i saharawi a votare un referendum per l'autodeterminazione. Dopodiché c'è la giustizia, sulla quale si basa la decisione politica: le nostre ragioni, le ragioni dei militanti saharawi, vittime degli abusi e della mancanza del rispetto dei diritti umani, sono basate sulle decisioni giuridiche.
  Come ha detto la presidente poco fa, l'Alta Corte europea in due sentenze storiche molto chiare ha deciso due cose fondamentali: che il Sahara non è un territorio diverso da quello del Marocco e che il legittimo rappresentante del popolo saharawi è il Fronte Polisario, che poi siede con il Marocco per negoziare il destino di quel territorio. La Corte dell'Aja aveva già detto che il Sahara occidentale non appartiene al Marocco e che il destino di quel territorio lo deve decidere il popolo Saharawi.
  Perché dico tutto questo? Perché tutte le persone per le quali noi oggi rivendichiamo la libertà – che sono i prigionieri politici saharawi, di cui avete l'elenco trasmesso dalla rete di Solidarietà Italiana – e il diritto di Sultana Khaya a manifestare a mani nude con una bandiera dal tetto di casa sua sono sostenuti dalle sentenze delle Corti e dalla comunità internazionale. Sultana dice che il Sahara non appartiene al Marocco e per questo è segregata in casa. I prigionieri politici saharawi, a mani nude, hanno manifestato chiedendo migliori condizioni socioeconomiche e politiche della popolazione saharawi sotto l'occupazione marocchina e per questo sono stati condannati a pene severissime, alcuni addirittura all'ergastolo e da civili disarmati sono portati davanti a un tribunale militare. Tutto questo è avvenuto in tempi di pace, a beneficio della soluzione pacifica del conflitto. Tutto questo è accaduto in questi ultimi trent'anni in cui noi abbiamo una missione delle Nazioni Unite, cioè MINURSO, che sta per «Missione delle Nazioni Unite per un Referendum nel Sahara occidentale».
  Cosa non accetta il popolo saharawi? Perché sono tornate le ostilità? Perché i saharawi non accettano più un'attesa così ingiusta e ingiustificata, visto che ci sono tutte le condizioni per poter portare un giorno i saharawi a votare e decidere definitivamente il destino del territorio del Sahara occidentale.
  Quello che noi chiediamo alla comunità internazionale, quello che noi chiediamo a Pag. 6questo Comitato che ci ascolta con pazienza e con generosità è che vogliamo che chiunque abbia il potere politico lavori affinché, prima che accada qualunque cosa – su questo il popolo che rappresento non accetta più nessuna timidezza –, i diritti umani siano rispettati. Su questo non può esserci nessun compromesso.
  Io mi auguro che il primo passo del mandato del nuovo Inviato, che salutiamo con molto piacere – siamo molto contenti della nomina di Staffan de Mistura e mi auguro davvero che riesca nel suo lavoro, consapevole che non lo potrà fare se non c'è un grande sostegno della comunità internazionale, un grande coraggio da parte di chi ha la decisione politica – sia quello di un cambiamento reale nelle condizioni dei diritti umani, perché quello che accade nel Sahara occidentale non è più tollerabile.
  I saharawi hanno da parte loro la giustizia, che si esprime più volte sul loro diritto a sfruttare le proprie risorse, e non devono più aspettare gli aiuti umanitari. In qualche modo i saharawi devono beneficiare delle risorse del loro territorio, l'incolumità delle persone va difesa e mi auguro davvero che le parti riescano a mettersi seduti intorno a un tavolo e negoziare e l'avvio di un referendum che preveda l'autodeterminazione del popolo saharawi, ma questo può accadere solo se c'è una politica chiara senza nessuna ambiguità da parte di chi ha la decisione, cioè il Consiglio di Sicurezza e dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
  Mi auguro davvero che ci sarà una pace in Nord Africa in cui noi saharawi faremo la nostra parte. Noi siamo pronti per essere un attore che assolutamente contribuisca alla prosperità, alla pace e alla stabilità nella regione del Nord Africa. I saharawi vogliono – e sono già – un'opportunità per la pace e nella loro costituzione vogliono essere parte integrante di questo mondo e contribuire in maniera positiva. Io vi ringrazio davvero.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Mahfud. Adesso chiedo alla dottoressa Nadia Conti e Costanza Sanvitale se vogliono aggiungere altri elementi di discussione. Prego.

  NADIA CONTI, Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi. Buongiorno a tutti e grazie di questa opportunità. Il mio intervento è teso a far conoscere una campagna del Gruppo di lavoro dei Diritti Umani della Rete Saharawi. La campagna è «Ora Liberi» ed è nata dalla convinzione che è stata dimenticata – come detto anche dalla presidente Boldrini – la causa saharawi relativa all'autodeterminazione, perché sono oltre quarant'anni che questo tipo di diritto nel Sahara occidentale viene disatteso dalla comunità internazionale.
  Altrettanto sono resi invisibili anche quegli attivisti saharawi che vivono nei territori che sono stati occupati dal Regno del Marocco e che sono stati imprigionati proprio perché avevano come obiettivo il diritto di salvaguardare la propria autodeterminazione.
  Per questa motivazione è nata questa campagna, volendo essere vicini ai prigionieri e anche per far conoscere le motivazioni per le quali sono stati imprigionati, ma anche ai loro familiari, che come tali sono stati isolati ed emarginati, in qualche maniera soli, in un territorio che dovrebbe appartenergli o che dovrebbe essere autonomo nel dover dire di poterci risiedere o meno, ma invece viene isolato ed emarginato, come anche l'attivista Sultana Khaya.
  Abbiamo iniziato il nostro rapporto con dei custodi. Chi sono i custodi? Sono oltre sessanta associazioni del territorio nazionale, ma anche del territorio internazionale. Non arriviamo ancora ai settanta, ma abbiamo già delle adesioni da parte di associazioni svizzere, del Belgio e della Francia e aspettiamo le risoluzioni delle associazioni francesi.
  Si tratta di intrattenere della corrispondenza per verificare che il diritto minimo di riceverla sia garantito. Qui ho una raccomandata tornata indietro, ma ne potevo portare molte altre, perché la mia associazione e altre della Rete stanno spedendo delle raccomandate che però non vengono assolutamente consegnate nelle carceri del Marocco.Pag. 7
  Le associazioni riuniscono persone accomunate da uno scopo comune di natura ideale, sono no-profit e sono realtà partecipative molto importanti in Italia. Inoltre, rappresentano uno degli strumenti essenziali per ogni atto di solidarietà e di impegno nella difesa dei diritti umani.
  Nella campagna «Ora liberi» le associazioni sono: il 42 per cento si occupa prevalentemente della questione saharawi e appartiene al nostro movimento di solidarietà; l'8 per cento è costituito dall'Associazione nazionale partigiani, ente morale che si è costituito, come sapete bene, dopo la liberazione dell'Italia e che ancora adesso testimonia attraverso la memoria i valori di coloro che liberarono il mondo dal nazifascismo, per cui hanno aderito alla lotta del Fronte Polisario; il 5 per cento è relativo agli enti locali, che in Italia sono circa trecento, che hanno in corso un patto di amicizia con il popolo saharawi, con le varie tendopoli; l'11 per cento è costituito da associazioni che si impegnano nei diritti umani, a livello sia nazionale sia internazionale, e tra le più importanti vi sono l'ARCI e la UISP (Unione italiana sport per tutti); il 18 per cento è costituito da associazioni e sindacati dei lavoratori, da sempre impegnati nella difesa dei diritti civili e umani.
  Abbiamo voluto fare questo tipo di specchietto per farvi comprendere che il mondo variegato che viaggia intorno alla solidarietà e al rispetto dei diritti umani dei saharawi è un impegno, una miscellanea di valori con l'unico obiettivo di garantire il diritto internazionale all'autodeterminazione dei popoli.
  I singoli che hanno aderito sono l'8 per cento e per la maggior parte sono ricercatori universitari. Alcuni dei loro nomi sono molto conosciuti e altri meno, ma questi meno conosciuti sicuramente dedicano a questa causa passione ed entusiasmo per poterla continuare.
  Volevamo presentarvi noi e il nostro lavoro e spero che questo sia utile. Siamo a disposizione per ogni tipo di chiarimento o domanda vogliate farci. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, anche per il lavoro che fate. Non so se nella delegazione c'è qualcun altro che vuole intervenire. Dottoressa Sanvitale, prego.

  COSTANZA SANVITALE, Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi. Ringrazio la presidente del Comitato che ci dà la possibilità di portare la nostra testimonianza a sostegno del popolo saharawi.
  Io sono di un'associazione di volontariato e conosco i campi profughi da venticinque anni. Per noi è difficilissimo entrare nel Sahara occidentale per visitare i nostri amici. Vi riporto una relazione della giornalista Laudadio Valentina, che collabora con la Rete, che aveva preparato, ma non è potuta essere presente oggi. Perciò ve la leggerò.
  Parlerò della violazione del diritto alla libertà d'espressione, attuata dal Marocco nel Sahara occidentale occupato. Un recente report redatto da un team di ricerca dell'Università di Maastricht tratta il tema del diritto di libertà di espressione persino dei bambini che vivono nel Sahara Occidentale occupato. In queste pagine si legge che in teoria i bambini hanno libertà di espressione, come afferma la Costituzione marocchina, ma nella pratica ci sono argomenti tabù che, se sollevati, portano alla punizione da parte dei genitori e dei maestri.
  Tra questi troviamo il seguente: mettere in discussione la sovranità marocchina sul Sahara occidentale. In realtà non è illegale discutere sul Sahara occidentale, ma è illegale dire qualcosa che possa danneggiare l'integrità territoriale del Regno, il che significa, in altre parole, che non si può mettere in discussione la sovranità marocchina sul Sahara occidentale. Non è un mistero che le autorità facciano tutto il possibile per distruggere e silenziare il dissenso degli attivisti saharawi e della società civile con frequenti casi documentati di tortura, di detenzione arbitraria, assalti e accuse falsificate.
  Già prima della rottura del cessate il fuoco del 13 novembre 2020 le forze di occupazione avevano avviato una campagna contro i giornalisti, in particolare contro i membri delle istanze saharawi contro l'occupazione marocchina, un'organizzazionePag. 8 che si chiama Instancia Saharawi contra la Ocupación Marroqui (ISACOM).
  Vari sono i giornalisti sarahawi detenuti arbitrariamente nelle carceri marocchine: Walid Salek, detto El Batal, condannato a due anni di carcere, giornalista associato con Smara News e difensore dei diritti umani, è stato aggredito dalla polizia e dai servizi segreti marocchini all'interno della sua auto.
  Jatri Bujama Faraji, detto Ded, è stato condannato in appello a venti anni di carcere nel 2020: al suo arresto dovette affrontare accuse inventate sulla base del fatto che avrebbe aggredito agenti di polizia.
  Abdalahi El Wali, condannato all'ergastolo il 17 febbraio del 2013, è un giornalista di Équipe Media, un collettivo di giornalisti saharawi: dopo il suo arresto è stato sottoposto a torture e vari tipi di abusi, a volte così dolorosi da farlo svenire. Inoltre, è stato costretto a spogliarsi ed è stato appeso a testa in giù e picchiato con bastoni, è stato stuprato da un poliziotto ed è stato bruciato con delle sigarette. Tutto questo è stato fatto mentre era bendato e deprivato di cibo e acqua.
  Bachir Abd El Mujtar, detto Khadda, condannato a venti anni il 17 febbraio del 2013, è un membro fondatore di Équipe Media e il 2 novembre del 2018 ha terminato quarantatré giorni di sciopero della fame. Infatti, rifiutare il cibo è diventato uno dei metodi di protesta più usato dai prigionieri e attivisti saharawi.
  Mohamed Lamin Ahmedsalem Abdi, detto Hadi, condannato a venticinque anni nel 2013, è stato arrestato dai servizi segreti marocchini, poiché aveva lavorato con i medici belgi Marie-Jeanne Wuidat e Anne Collier, che stavano fornendo aiuti umanitari. I medici sono stati espulsi dal Marocco e Mohamed Lamin è andato in coma durante il suo ultimo sciopero della fame, tra il settembre e l'ottobre del 2018, e nuovamente ha iniziato lo sciopero della fame il 13 gennaio del 2021. La sua famiglia non lo sente dal 9 aprile 2021, giorno in cui ha raccontato di ulteriori minacce delle autorità di spostarlo in una cella sotterranea.
  Mohamed Abdlahi Jalil, detto El-Bambary, condannato a sei anni, era stato arrestato nel 2015 mentre cercava di rinnovare la sua carta di identità. Prima dell'arresto El-Bambary era un giornalista affiliato a Équipe Media. Durante la detenzione ha dichiarato di essere stato sottoposto a torture volte ad indurre la sua falsa confessione. Il suo sciopero della fame più recente risale al marzo del 2016.
  Nel maggio del 2017 Freedom Now e Robert F. Kennedy Human Rights hanno inviato una petizione al Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria delle Nazioni Unite. Il 1° luglio del 2021 un appello viene lanciato da Mary Lawlor, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani. Si legge: «Il Marocco deve smettere di prendere di mira i giornalisti che difendono le questioni relative ai diritti umani nel Sahara occidentale e deve consentire di lavorare senza rappresaglie».
  Questo è il nostro contributo riguardo alla situazione dei giornalisti e dei diritti umani nel Sahara occidentale. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Sanvitale. Ci ha fornito la galleria degli orrori ed è bene sapere le cose fino in fondo in questa sede, visto che ci occupiamo dei diritti umani. Adesso io darei la parola a colleghi e colleghe che sono in collegamento. Lia Quartapelle Procopio è iscritta a parlare. Prego, collega.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO(intervento da remoto). Grazie, presidente. In realtà io interverrei dopo la collega Incerti, che per noi da tanto tempo, anche nei territori, segue questo tema. Darei prima la parola alla collega e poi in coda io, se non è un problema.

  PRESIDENTE. La collega Incerti non mi ha chiesto di intervenire, ma se lo vuol fare, con molto piacere. Prego, collega Incerti.

  ANTONELLA INCERTI(intervento da remoto). Grazie, presidente, per la sensibilità di aver convocato questa audizione, che sappiamo essere attesa da tempo. RingrazioPag. 9 naturalmente Fatima e tutti gli attivisti della Rete anche per questa iniziativa di grande importanza, perché rimette l'accento su una questione che a noi come intergruppo parlamentare sta molto a cuore.
  Voglio ricordare l'attività dell'intergruppo, che raccoglie l'espressione di tutti i gruppi parlamentari, che dall'inizio della legislatura pone l'attenzione su un tema fondamentale dei diritti umani ma anche su altri, presentando risoluzioni e ci attendiamo che prima o poi possano avere una maggiore rilevanza.
  Ringrazio anche per l'audizione e gli auditi e coloro che nella Rete stanno facendo questa operazione di informazione e di conoscenza sul tema dei diritti umani e delle violazioni nelle carceri marocchine. D'altronde questo si aggiunge a dei rapporti che continuiamo ad avere da varie organizzazioni – avete fatto l'accenno ad Amnesty International, ad esempio, ma anche a Human Rights Watch, all'Organizzazione mondiale contro la tortura, all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani e alla Fondazione Robert Kennedy – che da tempo sottolineano la grande preoccupazione per l'aumento delle violenze nei confronti del popolo saharawi, come d'altronde avviene quasi quotidianamente rispetto ai civili saharawi all'interno dei territori occupati del Marocco, che sono privati dei diritti più elementari, i diritti all'espressione, alla manifestazione e all'associazione.
  Questa audizione è importante perché ci dà ulteriori informazioni e pone l'attenzione all'attività della Rete saharawi, che sta facendo un enorme lavoro da questo punto di vista per tenere viva l'attenzione.
  Nelle nostre risoluzioni continuiamo a ribadire – lo faccio ancora oggi, salutando finalmente la decisione dell'ONU di nominare de Mistura come Inviato Personale – che ci auguriamo che i colloqui possano riprendere al più presto e che attraverso questa operazione sia garantito quello che chiede la risoluzione dell'ONU – ormai di decenni fa – ovvero il diritto del popolo saharawi all'autodeterminazione con l'indizione del referendum atteso da tanto tempo.
  Intanto vi ringrazio di questo momento. Noi continuiamo in questa operazione anche di aiuto rispetto al campo profughi. Da questo punto di vista devo dire che la situazione del popolo saharawi è molto poco conosciuta nel mondo, ma in realtà può avvalersi della capacità che hanno avuto in tutti questi decenni di tenere viva una rete di relazioni praticamente in tutto il mondo, che in qualche modo ha anche consentito di poter continuare questa loro battaglia.
  Voglio ribadire di continuare l'attività anche perché, come avete ricordato, è un popolo che vive quasi esclusivamente di aiuti umanitari. Chi ha avuto la possibilità di andare nei campi profughi si è reso conto della situazione ormai invivibile. È una situazione in cui aumenta l'instabilità perché ci dobbiamo rendere conto che ormai ci sono delle generazioni che sono nate in quei campi e che non hanno mai potuto assaporare la libertà o vedere la loro terra.
  Faccio poi riferimento al fatto, come avete ricordato, che le sentenze – come quelle dell'Alta Corte di giustizia europea – ribadiscono che vengono anche violati i diritti commerciali che spetterebbero al popolo. Noi continuiamo la nostra azione e vi ringrazio moltissimo. Ringrazio la presidente e tutti i componenti del Comitato per questo momento, sperando di poter continuare anche in un'operazione di sensibilizzazione di tutta la Camera. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Onorevole Incerti. Passerei la parola all'Onorevole Olgiati, che so essere in treno e non so se ci sta seguendo.

  RICCARDO OLGIATI(intervento da remoto). Purtroppo io sono in treno, se posso evitare di accendere la camera lo preferisco, perché ho una pessima connessione e non vorrei rubare tempo.

  PRESIDENTE. Facciamo questa eccezione, che normalmente non bisognerebbe fare. Onorevole Olgiati, prego.

  RICCARDO OLGIATI(intervento da remoto). Grazie. Volevo innanzitutto ringraziarePag. 10 tutte le persone audite, sia della Rete sia i rappresentanti del popolo saharawi. Vorrei dire che ogni volta che riascolto la loro storia mi chiedo veramente come sia possibile che a quasi cinquanta anni siamo qui a parlare ancora di questo referendum, però dobbiamo prendere atto che la situazione è questa e ragionare sul presente.
  A tal proposito, legato al fatto che ho perso buona parte dell'inizio dell'audizione, faccio parte con Antonella Incerti dell'intergruppo «Amici del popolo Saharawi», in cui cerchiamo di portare avanti qualche iniziativa politica che possa essere d'aiuto e sicuramente ho capito una cosa in questi quasi quattro anni: non sarà il Parlamento italiano a risolvere questo problema. Tuttavia, noi possiamo fare la nostra parte e stiamo cercando di farla nel nostro piccolo, portando avanti quelle azioni di cui parlava già prima Antonella.
  Vorrei chiedere una cosa legata all'ultima notizia relativa alla nomina di Staffan de Mistura come nuovo Inviato Personale del Segretario Generale dell'ONU. Volevo capire innanzitutto se voi come rappresentanti del popolo saharawi avrete già avuto contatti con lui e che cosa vi aspettate da lui come prime mosse politiche per cercare di normalizzare la situazione nel Sahara occidentale.
  Passando alla seconda questione che volevo porre, è evidente a tutti che in coda del mandato di Donald Trump c'era stato il famoso riconoscimento, per la prima volta, da parte degli Stati Uniti della sovranità marocchina sul popolo saharawi. Questo era stato un grosso incidente politico per il popolo saharawi.
  Quello che volevo chiedere è se con l'Amministrazione Biden le cose stanno cambiando, anche se non mi risulta che ci sia stato un passo indietro rispetto al decreto presidenziale che aveva firmato Trump, ma volevo capire se quantomeno i rapporti con l'Amministrazione americana si sono un po' normalizzati e se vi è la possibilità che questa situazione cambi, perché giustamente Fatima diceva che deve intervenire chi ha il potere politico di farlo e in questo caso è sicuramente l'ONU ad essere il principale attore in campo e sappiamo che avere gli Stati Uniti che la vedono in un certo modo è sicuramente un primo passo molto influente in questo senso. Volevo porre queste due questioni agli auditi. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Bene, la ringrazio. Passerei la parola all'Onorevole Migliore, da remoto. Prego.

  GENNARO MIGLIORE(intervento da remoto). Grazie, presidente. Anch'io ringrazio gli auditi, in particolare per la dettagliata rappresentazione delle condizioni relative ai diritti umani. Credo che questo Comitato abbia un preciso compito di sollecitare un monitoraggio e un'azione incisiva in questo senso.
  Come i colleghi hanno detto precedentemente, ritengo che il tema vada affrontato attraverso una definizione – con un impegno del Parlamento italiano – di una posizione sempre più cogente da parte delle Nazioni Unite. Nella sua ultima relazione il Segretario Generale Guterres ha richiamato le diverse risoluzioni delle Nazioni Unite in merito alla questione del Sahara occidentale.
  Credo che sia assolutamente necessario, vista anche l'evoluzione conflittuale che si è determinata nel corso dell'ultimo anno, riprendere i negoziati, che spero possano essere affrontati con efficacia e forza anche dall'Inviato Personale del Segretario Generale.
  Si tratta di un elemento che è stato sottolineato anche dalla dottoressa Mahfud ed è imprescindibile. Il protrarsi per decenni di una situazione come questa certamente ha visto la maggiore penalizzazione proprio di quei profughi che in questo momento versano nella condizione più difficile, una delle condizioni di profughi più dimenticata anche dall'opinione pubblica. Per questo motivo ritengo opportuno ribadire con forza, come ha fatto l'Italia nel corso di questi anni, la posizione di negoziato e di una soluzione politica duratura e capace di interpretare quelle che sono le esigenze del riconoscimento che vengono portate avanti, e in questo devo dire che il contributo del Segretario Generale Guterres è stato assolutamente fondamentale.Pag. 11
  Per questo chiedo anche agli auditi quale sia l'orientamento che hanno riscontrato, così come diceva prima il collega, da parte dell'Inviato Personale. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Adesso è iscritta a parlare la deputata Sarli. Prego.

  DORIANA SARLI. Grazie, presidente, per questa audizione. Ringrazio gli auditi anche in rappresentanza del gruppo «Amicizia con il popolo saharawi» di cui faccio parte. A parte tutte le cose che già sono state dette, volevo ringraziarvi anche per aver messo in evidenza con quest'ultimo lavoro la condizione dei prigionieri politici, che sicuramente, nell'ambito della situazione già poco considerata del popolo saharawi, è forse quella spesso più dimenticata.
  Volevo porre questa domanda: voi dite che tornano indietro le raccomandate e che addirittura non c'è la corrispondenza e so quanto lavoro hanno fatto anche gli avvocati e gli osservatori internazionali per cercare di partecipare ai processi fatti a carico dei prigionieri. Quindi non c'è nessun contatto diretto, nessuna possibilità anche di andare a visitare le loro condizioni – come si potrebbe fare in molti posti del mondo – per verificare le condizioni dei prigionieri da parte delle associazioni in sostegno dei diritti umani?
  Per quanto riguarda l'altra domanda, sempre nel rispetto di quell'importante sentenza della Corte europea del 29 settembre rispetto alla commercializzazione dei prodotti, del popolo saharawi e delle risorse, volevo sapere se vi risultava che ENEL Green, che adesso ha intenzione di mettere dei campi eolici nel Sahara occidentale, ha seguito la procedura, in rispetto di questa sentenza, di avere un'approvazione da parte del popolo saharawi, che rischia anche di essere un'ulteriore militarizzazione dell'area. Volevo sapere se ci sono stati dei contatti e anche delle interlocuzioni in tal senso.
  Ringrazio nuovamente la presidente Boldrini per la sensibilità mostrata autorizzando questa audizione e chiaramente tutti gli auditi e Fatima Mahfud. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Onorevole Sarli. Adesso ci riprovo con l'onorevole Quartapelle, prego.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO(intervento da remoto). Grazie mille, presidente. Ringrazio anche io Fatima Mahfud, la rappresentante del popolo saharawi in Italia e la rete di attivisti che, come diceva Antonella Incerti, sono la testimonianza di una solidarietà diffusa degli enti locali e dei territori nei confronti della vicenda saharawi che in Italia – soprattutto in alcune regioni come l'Emilia Romagna, la Toscana, il Piemonte, ma non solo – ha davvero permesso di creare dei reali legami di solidarietà e di vicinanza tra i cittadini comuni e il popolo saharawi.
  Credo che questa sia una delle esperienze più forti, più vere e più continuative che la cooperazione decentrata in Italia possa raccontare ed è davvero merito di chi ha tenuto in vita questa solidarietà in tutti questi anni.
  Ho una domanda abbastanza rapida e specifica. Quali sono le questioni che il Parlamento può continuare a tenere vive? Alcune ce le avete sottoposte oggi, come il tema dei detenuti, il tema dei giornalisti, il tema più generale del rapporto tra la vicenda saharawi e le Nazioni Unite. Come sapete, l'Italia è una Repubblica parlamentare, in cui il Parlamento ha un ruolo anche di accompagnamento di un percorso più generale e più governativo sulla politica estera.
  L'audizione di oggi è particolarmente importante perché esprime un interesse parlamentare su questa questione e proprio per dare seguito all'audizione di oggi e all'impegno che tanti colleghi e colleghe hanno messo anche nell'essere presenti oggi, vorrei capire se ci sono delle tematiche specifiche sulle quali voi ritenete che il Parlamento possa intervenire. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Onorevole Quartapelle. Non ci sono altri interventi, dunque aggiungerei anch'io qualche considerazione. Intanto vorrei ringraziarvi per la capacità di interloquire con le istituzioni, come avete sempre fatto. Infatti, da Presidente della Pag. 12Camera quando organizzammo una bellissima iniziativa con i bambini, mi ricordo la capacità di interloquire con le istituzioni nazionali, ma anche con gli enti locali. Questo è importante per cercare di diffondere un'informazione che non passa nei media mainstreaming.
  Volevo avere qualche informazione sui prigionieri politici. Abbiamo capito chi sono: giornalisti, militanti, attivisti e rappresentanti delle ong. Tuttavia, vorrei capire quanti sono i prigionieri politici. Di che fenomeno stiamo parlando? Credo che capire anche l'entità del fenomeno sia un elemento importante.
  Mi ricordo di un'esperienza molto utile quando lavoravo all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ovvero i voli organizzati dall'UNHCR per le famiglie che erano state divise, quelle che erano nel Sahara occidentale e quelle che erano nei campi di Tindouf. A un certo punto seppi dai miei ex colleghi che quel progetto era stato sospeso per mancanza di fondi. Vorrei capire se quel progetto è stato ripreso e, se non è stato ripreso, che impatto ha avuto sull'unità familiare, perché le famiglie non possono incontrarsi stando in una situazione dove c'è anche una difficoltà nell'attraversare la frontiera, perché la frontiera è chiusa.
  L'ultima cosa che vorrei dire è questa: ho chiesto alla dottoressa Piazza di verificarmi quand'è l'ultima volta che c'è stato una mozione su questo tema e la mozione va indietro al 2007. Penso che forse sarebbe tempo utile che questo Parlamento riprenda in mano questa crisi, che abbiamo visto avere degli aspetti veramente di longevità ma anche di caratterizzazione inquietanti, e si possa esprimere con una mozione d'Aula come avvenne nel 2007. Qui ho il testo di quella mozione.
  Spero che, così come anche sollecitava il collega Migliore, questo Parlamento riesca a fare un passo in avanti rispetto a quanto sta avvenendo, perché dal 2007 ad oggi la situazione non è sicuramente cambiata in meglio: c'è lo stallo di prima e, se è possibile, dal punto di vista dei diritti umani è anche peggiorata.
  Adesso vi darei la parola in modo che voi possiate replicare. So anche che c'è Giulia Olmi che ha alzato la mano. Prima però darei la parola a Fatima Mahfud e poi passerei anche la parola alla dottoressa Olmi. Prego.

  FATIMA MAHFUD, rappresentante Saharawi in Italia. Grazie, presidente. Ringrazio moltissimo l'Intergruppo parlamentare «Amicizia con il popolo saharawi» e ringrazio i parlamentari per il loro interesse e ascolto, e anche per le domande. Cerco di rispondere molto brevemente alle cinque domande che sono state poste dai parlamentari.
  La prima domanda era se l'Inviato Personale recentemente nominato ha incontrato già le parti, anche se inizierà ufficialmente il suo mandato il 1° novembre. Ha già incontrato il rappresentante del Fronte Polisario, il dottor Sidi Omar a New York. Gli possiamo solo augurare buon lavoro e auguriamo anche alla politica di essere davvero molto presente questa volta, che non lasci da solo l'Inviato Personale e che ci sia davvero un incoraggiamento, perché abbiamo tutti bisogno di una pace in Nord Africa.
  La seconda domanda riguardava la proclame del Presidente Trump dieci giorni prima di lasciare il suo mandato. Credo che la risposta si può trovare nel coraggio dei rappresentanti del Senato americano, di tutti gli schieramenti politici negli Stati Uniti, che hanno qualificato quel proclame insensato e inutile in funzione di qualunque accordo positivo o cancellazione dell'odio e del rancore, anzi è uno stimolo all'odio e al rancore, anche perché la decisione non spetta a un Presidente, bensì a un referendum per l'autodeterminazione. La sovranità di quel territorio può essere decisa solo attraverso un referendum per l'autodeterminazione, come sancito dal diritto internazionale.
  Sono due o tre giorni che è arrivata una lettera capeggiata da due senatori molto stimati nel Senato americano, James Inhofe e Bernie Sanders, che chiedono coraggio all'Amministrazione Biden per quanto riguarda la questione saharawi.Pag. 13
  Per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali del Sahara occidentale, credo che ci debba essere prudenza in questo momento in cui la nostra regione è davvero molto agitata intorno al controllo esterno e la politica che bypassa il diritto internazionale. Non può essere la politica a decidere o ad avere la meglio sul diritto, ma deve essere sempre il diritto a guidare tutte le nostre azioni. Bisogna fare una verifica. La sentenza è del 29 e noi stiamo lavorando. La Western Sahara Resource Watch, una ong con sede in Norvegia che fa un lavoro straordinario sul monitoraggio della risorse naturali del Sahara occidentale, sta facendo un buon lavoro. Mi auguro davvero che anche l'ENEL rientri nel rispetto di quelle che sono le regole del diritto internazionale.
  La quarta domanda era dell'onorevole Quartapelle su cosa può fare il Parlamento italiano: può fare quello che sempre ha fatto, ovvero mai uscire da una posizione corretta. Fino ad adesso chiediamo solo una correttezza. Devo riconoscere che le istituzioni italiane hanno sempre agito in modo corretto per quanto riguarda quello che chiedono le Nazioni Unite e il diritto internazionale. Chiedo più sostegno alla questione saharawi, più visibilità e un po' più di spazio. Capisco che ci sono molte problematiche e molte emergenze nel mondo, ma i saharawi hanno atteso moltissimo e credo che vada data un'opportunità alla pace, anche con un impegno più attivo da parte delle istituzioni italiane.
  Rispondo alla quinta domanda, che è quella della presidente Boldrini, che chiede dei voli, che erano molto importanti. I voli erano l'unico gesto che faceva la missione delle Nazioni Unite che riguardava la questione dei diritti umani e il diritto alla riunione, al congiungimento familiare dopo tantissimi anni di separazione. Bisogna ricordare che la missione MINURSO è l'unica missione che non ha il mandato della protezione e promozione dei diritti umani nel Sahara occidentale. Mi auguro che in qualche modo la missione allarghi il suo mandato anche per quanto riguarda la protezione dei diritti umani. Non ci sono i voli, ma mi auguro che con l'arrivo di de Mistura arrivi anche un po' di sollievo per quanto riguarda la questione diritti umani. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa. Adesso passo la parola alla dottoressa Giulia Olmi, prego.

  GIULIA OLMI, Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi (intervento da remoto). Grazie. Per le questioni riguardanti i prigionieri lascio la parola alle mie colleghe e amiche che si occupano della campagna.
  Personalmente coordino il Gruppo della Rete sulle relazioni internazionali ed europee, poiché la rete è molto vasta, non solo in Italia ma anche in Europa, dove da anni c'è un forte movimento che coordina le azioni dei singoli intergruppi parlamentari nazionali con il lavoro dell'intergruppo parlamentare europeo. Per questo motivo sono assolutamente d'accordo sul fatto che il collegamento con le istituzioni sia fondamentale. Questo si ricollega al mio intervento, visto che appartengo ad una ong, al CISP (Comitato internazionale sviluppo dei popoli) che lavora dal 1984 e che segue la vicenda del Sahara occidentale sia dal punto di vista proprio dell'autodeterminazione, ma anche degli aiuti umanitari nei campi dei rifugiati, dove da oltre quaranta anni dispone di una di una sede permanente con proprio personale.
  Mi interessava fare ancora ancora più luce, visto è stato già stato menzionato, al fatto che esiste un diritto alla sopravvivenza per i bambini, un diritto all'educazione, un diritto alla salute, al fatto che questi rifugiati da quasi cinquanta anni sono in attesa di un referendum e che la diplomazia abbia il suo seguito, ma la popolazione vive nel deserto, di generazione in generazione, da quasi cinquanta anni.
  Mi preme sottolineare che la popolazione saharawi vulnerabile include sia i rifugiati che sono nei campi di rifugiati a Tindouf – nel 2018 l'UNHCR ha censito 173.600 rifugiati e attualmente le razioni sono distribuite per 133.560 persone, un Pag. 14numero inferiore rispetto al censimento dell'UNCHR – sia la popolazione del territorio del Sahara occidentale sotto il controllo del Fronte Polisario. Questa popolazione che esiste – esistono bambini, donne, malati, uomini e persone vulnerabili – è esclusa dagli aiuti umanitari, perché non si tratta di rifugiati. Volevo far luce su questo.
  Come diceva la presidente Boldrini, c'è un importante impegno degli enti locali italiani, europei e spagnoli, ma in Italia è veramente molto forte. Molto importante è, ad esempio, la scelta che hanno fatto alcuni enti locali, come la regione Emilia Romagna, di voler proprio arrivare anche a questi ultimi «vulnerabili dei vulnerabili» nei territori del Sahara occidentale, sostenendo le scuole e il contrasto all'abbandono scolastico.
  Posso aggiungere una cosa alla risposta su che cosa può fare il Parlamento, oltre a ringraziare ancora una volta l'Intergruppo e la presidente Boldrini che ha ricordato che l'ultima mozione è stata nel 2007. Ritengo importante che il Parlamento sostenga e continui a sostenere la necessità dell'impegno italiano, che si è sempre distinto e non si è tirato indietro. Ad esempio, nel confermare il contributo aggiuntivo di un milione di euro che negli ultimi anni ha erogato, andando a beneficio dei programmi del WFP e dell'UNICEF, chiediamo che questo contributo continui ad essere erogato per il quarto anno e chiediamo che il Governo si adoperi nelle sedi europee e internazionali per ribadire l'impegno umanitario affinché vengano effettivamente coperti i bisogni della popolazione, poiché vi sono dei piani di aiuto concordati delle Agenzie che vanno dai 30 ai 40 milioni annui, ma ogni volta si incorre in gravi rischi di emergenza perché non si riescono a coprire queste necessità o mancano soldi, incorrendo sempre in emergenze molto gravi. Ad esempio, a luglio non si sapeva cosa distribuire. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Bene, grazie. Passo la parola alla dottoressa Caterina Lusuardi con preghiera di essere breve. Grazie, dottoressa, prego.

  CATERINA LUSUARDI, Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi (intervento da remoto). Buongiorno a tutti e a tutte. Grazie per questo incontro.
  Rispondo brevemente alla domanda su chi sono i prigionieri politici. Come campagna «Ora liberi», di cui vi ha parlato prima la dottoressa Nadia Conti, oltre ai prigionieri giornalisti di cui ha parlato Costanza, noi abbiamo preso in carico trentacinque prigionieri politici, rinchiusi nelle carceri marocchine e in quelle del Sahara occidentale, studiando le sentenze e confrontandoci con gli avvocati e con i rappresentanti saharawi per avere biografie e dati corretti e direi che la relazione sui giornalisti ha dato uno sguardo abbastanza approfondito.
  Di questi trentacinque ore ne sono stati liberati tre, ma ancora vengono arrestati, anche in quest'ultimo periodo, e sono prigionieri in casa come Sultana Khaya, che è prigioniera nella propria abitazione, e che tra l'altro aveva perso un occhio durante un arresto di qualche anno fa, mentre protestava nell'università del Marocco. Abbiamo avuto anche modo di conoscerla personalmente, in quanto un'attività che facciamo come associazione è quella di invitare in Italia ex prigionieri politici.
  Occorre conoscere chi sono effettivamente questi prigionieri e la loro storia personale che spesso è la causa principale del loro arresto. Diciannove di questi prigionieri vengono dal gruppo della manifestazione pacifica del luglio del 2010 a 20 chilometri dalla capitale di El Aaiún nel Sahara occidentale, quando un campo di tende saharawi con un'organizzazione amministrativa temporanea viene smantellato violentemente dopo un mese. La Special Procedures delle Nazioni Unite del 2017 sottolinea che il gruppo di difensori dei diritti umani saharawi è stato arrestato e detenuto a seguito della libertà di espressione e di riunione esercitata nell'accampamento.

  PRESIDENTE. Dottoressa, la devo la devo invitare a concludere, per favore.

  CATERINA LUSUARDI, Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi.Pag. 15 Questi prigionieri, come tanti altri, sono condannati dalla Corte militare, accusati da parte loro di essere un'organizzazione criminale terroristica e di aver commesso omicidi. Testimonianze di accusa, registrati e atti sono falsi o addirittura, in un caso, presentati sette anni dopo. Le confessioni sono state ottenute con la tortura fisica e psicologica, torture che continuano a subire anche dopo le condanne con la totale mancanza di assistenza medica, nonché di sostegno morale dei parenti, che spesso si trovano a centinaia di chilometri di distanza.
  Come abbiamo già sentito, le condanne sono ergastolo, trenta, venticinque o venti anni di carcere. Alcuni di loro sono attivisti, ma molti erano anche i partecipanti alla manifestazione che chiedevano semplicemente lo sgombero dell'occupazione marocchina. Uno di questi è un giovane sceso in piazza cantando per il diritto all'autodeterminazione.
  Poi vi è l'arresto di cinque membri per aver manifestato in diverse città e università del Marocco e per il loro impegno costante per il diritto all'autodeterminazione, come ben documentato ancora una volta dal gruppo delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria: quattro condanne a dieci anni e una a dodici. Questo è un po' il quadro. Grazie e buon lavoro.

  PRESIDENTE. Grazie. È iscritta a parlare la dottoressa Milesi, a cui chiedo di essere veramente breve perché dobbiamo lasciare quest'aula.

  ELISA MILESI, Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi (intervento da remoto). Buongiorno a tutte e a tutti. Io sono membro del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi e volevo soltanto aggiungere qualcosa riguardo ad un'attivista saharawi che è già stata menzionata più volte oggi, che è Sultana Khaya. Riteniamo che sia particolarmente importante parlare di questa attivista e adesso cercherò di farvi capire perché.
  Sultana Khaya è un'attivista saharawi che vive in Sahara occidentale, difensora dei diritti umani e in particolare il suo lavoro si concentra sulla difesa dei diritti delle donne e sul sostegno alla lotta per il diritto all'autodeterminazione del popolo Saharawi. Come è già stato detto da Caterina Lusuardi, Sultana Khaya ha iniziato la sua militanza come attivista per la difesa dei diritti umani quando frequentava l'università a Marrakech e a causa del suo coinvolgimento nell'attivismo studentesco ha perso un occhio nel 2007 durante degli scontri con le forze di sicurezza marocchine.
  Dal 19 novembre 2020 – quindi da quasi un anno – Sultana Khaya è sottoposta a uno stato di arresto domiciliare de facto. Lei e tutta la sua famiglia vivono costantemente sorvegliati dalla polizia marocchina, anche se non sono ancora state presentate accuse formali nei suoi confronti. Questa situazione è stata denunciata da numerose organizzazioni internazionali: Amnesty International, Human Rights Watch, Frontline Defenders.
  In particolare, Amnesty International ha denunciato che a Sultana Khaya è negato il diritto di associazione, di espressione e di movimento e che è sottoposta ad una detenzione illegale. Oltre a essere sottoposta a questo tipo di detenzione, ogni giorno Sultana Khaya e la sua famiglia subiscono abusi che vanno da aggressioni verbali ad aggressioni fisiche e sessuali.
  Concludo il mio intervento con una dichiarazione rilasciata di recente dall'attivista stessa, che penso possa essere un messaggio importante. Sultana Khaya ha dichiarato che: «La sofferenza che io e la mia famiglia sopportiamo è un test sulla capacità della comunità internazionale e del sistema giuridico di dare protezione civile al Sahara occupato.» Questo è il suo messaggio. Vi ringrazio per l'attenzione e spero di essere stato di aiuto.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Milesi. Dottoressa Doria, prego.

  FRANCESCA DORIA. Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi (intervento da remoto). Presidente, sono mortificata di non poter attivare il video.

  PRESIDENTE. Non La sentiamo bene. Non riusciamo a seguirLa.

Pag. 16

  FRANCESCA DORIA. Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi. Volevo rispondere ad una domanda dell'Onorevole Sarli relativa alla possibilità di verificare la situazione dei prigionieri politici. Vorrei dire che, di fatto, dal 2014 non riescono ad entrare nel Marocco delegazioni di stranieri, di europarlamentari, di magistrati e di giudici. Queste delegazioni sono state espulse dal Marocco.

  PRESIDENTE. Va bene. Ha terminato il suo intervento? Non la sentiamo più.

  FRANCESCA DORIA. Mi sente? Sono stata «espulsa» anche dalla Camera, non so perché ma sono stata «espulsa»...

  PRESIDENTE. Abbiamo capito il messaggio, La ringraziamo molto. Passerei la parola alla dottoressa De Padova.

  FRANCESCA DE PADOVA, Rappresentante del Gruppo Diritti Umani della Rete Saharawi (intervento da remoto). Buongiorno. Grazie mille, sarò brevissima. Ci tenevo a porre l'attenzione anche su quelli che sono i diritti umani dei bambini saharawi, sia in quanto membro della Rete Solidarietà Italiana con il popolo Saharawi sia come membro dell'Associazione «Piccoli ambasciatori di pace» di Agropoli.
  Noi ci occupiamo principalmente di accoglienza di bambini saharawi, quindi abbiamo molto a cuore il destino di questi bambini ed è fondamentale tutelarli non solo perché sono una della parti più fragile della società, ma soprattutto perché nelle loro mani noi affidiamo quello che è il destino di questo popolo.
  Infatti, come viene affermato nella Convenzione sui diritti umani del fanciullo di New York del 1989: «Tutti i bambini hanno diritto alla libertà, senza nessuna distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione od opinione politica.»
  Quando ospitiamo questi bambini in Italia, noi associazioni forniamo loro l'assistenza medica necessaria, che molto spesso è carente nei campi profughi, nonostante anche questo sia uno dei diritti sanciti dalla Convenzione; ma soprattutto noi ci impegniamo affinché loro possano raccontare la loro storia, perché possano richiedere quel referendum che gli è stato molto spesso promesso, ma che non è mai stato celebrato, e possano esprimere senza alcuna paura – né per loro né per i loro familiari – il desiderio di tornare in quella terra, di tornare a casa loro, dove i genitori e i nonni giocavano ed erano uomini liberi.
  Ritengo indispensabile tutelare i bambini presenti nei territori occupati, perché anche a loro sia garantito il diritto ad un livello di vita sufficiente per consentire lo sviluppo fisico, mentale, spirituale e morale di questi bambini.
  Ritengo disumano che i figli dei prigionieri politici saharawi non abbiano la possibilità di mantenere i rapporti con i genitori detenuti, cosa che invece è garantita dalla Convenzione nell'articolo 9, al comma 3, che recita: «Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i suoi genitori, a meno che ciò non sia contrario all'interesse preminente del fanciullo.»
  Inoltre, noi non sottovalutiamo l'importanza dei mass media e l'influenza che possono avere su quelle giovani menti. Infatti, riteniamo che tutte le informazioni che vengono divulgate debbano essere sempre verificate. Per noi è necessario che la politica si impegni a tutelare i diritti di questi bambini, che vivono in condizioni particolarmente difficili. È fondamentale prestare loro particolare attenzione. Per questo chiediamo che queste problematiche vengano affrontate con la massima urgenza, ma sempre con diligenza e umanità. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Bene. Ringrazio tutte e tutti voi. È stata un'audizione ricca, con molte informazioni, e ci sono anche delle proposte. Vi ringrazio e spero che ci sentiremo presto, anche per l'elaborazione della possibile mozione, che sottoporremo e a cui lavoreremo. Speriamo di riuscire nell'intento, perché è troppo tempo che il Parlamento non prende una posizione dopo Pag. 17gli sviluppi, anche più problematici, di quello che sta accadendo nel Sahara occidentale e anche nei campi a Tindouf.
  Vi ringrazio per tutto quello che fate, per il vostro impegno e ci risentiremo presto. Dichiaro chiusa questa audizione.

  La seduta termina alle 12.25.