XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 33 di Lunedì 14 giugno 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Boldrini Laura , Presidente ... 3 
Cirant Eleonora , rappresentante di ... 5 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Donadio Irene , rappresentante dell' ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Donadio Irene , rappresentante dell' ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Onofri Laura , Presidente del Comitato SeNonOraQuando? di Torino ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 11 
Boldrini Laura , Presidente ... 12 
Cirant Eleonora , rappresentante di Pro-choice – Rete italiana contraccezione aborto ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 12 
Cirant Eleonora , rappresentante di Pro-choice – Rete italiana contraccezione aborto ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 13 
Donadio Irene , rappresentante dell' ... 13 
Boldrini Laura , Presidente ... 13 
Onofri Laura , Presidente del Comitato SeNonOraQuando? di Torino ... 13 
Boldrini Laura , Presidente ... 14 
Onofri Laura , Presidente del Comitato SeNonOraQuando? di Torino ... 14 
Boldrini Laura , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-MAIE-PSI: Misto-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 16.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Buon pomeriggio a tutte, mi fa immenso piacere vedervi in collegamento, mi fa piacere che abbiate accettato il nostro invito su un tema che per noi è molto rilevante.
  Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  L'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto, oltre che delle personalità audite, anche dei deputati e delle deputate, secondo le modalità che sono state stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'associazione Pro-choice – Rete Italiana Contraccezione Aborto, dello International Planned Parenthood Federation European Network (IPPF EN) e del Comitato SeNonOraQuando? di Torino, con particolare riferimento ai diritti delle donne in Polonia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno del giorno reca, nell'ambito della indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione in videoconferenza di rappresentanti della società civile che potranno riferire in merito alla situazione dei diritti delle donne e, in generale, del diritto alla protesta pacifica in Polonia. A tal fine sono stati invitati i rappresentanti dell'associazione Pro-choice – Rete italiana contraccezione aborto, dell'International Planned Parenthood Federation European Network (IPPF EN) e del Comitato SeNonOraQuando? di Torino.
  Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori le personalità collegate da remoto, che sono: la dottoressa Eleonora Cirant, rappresentante di Pro-choice; la dottoressa Irene Donadio, che è la rappresentante dell'International Planned Parenthood Federation European Network; e la dottoressa Laura Onofri, che è la presidente del Comitato SeNonOraQuando? di Torino. Se ho ben capito, sono collegate anche la dottoressa Stefania Graziani e la dottoressa Gabriella Congiu, che sono rappresentanti del Comitato SeNonOraQuando?.
  Prima di darvi la parola, vorrei dare qualche cenno sulle associazioni che rappresentate. Pro-choice – Rete italiana contraccezione aborto difende il diritto alla scelta, all'aborto sicuro e alla salute riproduttiva, operando per rimuovere gli ostacoli che ancora oggi vi sono in Italia.
  L'International Planned Parenthood Federation European Network è una delle sei reti regionali della più ampia organizzazione a livello globale che opera per consentire a tutti, in particolare ai soggetti più vulnerabili, di avere accesso alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi.
  Il Comitato SeNonOraQuando? di Torino, che si è costituito in associazione nel luglio 2012, fin dalla sua fondazione opera per cambiare i modelli culturali e contrastare i pregiudizi di genere, anche attraverso campagne di advocacy volte a promuovere Pag. 4 norme antidiscriminatorie e a monitorare l'impatto di genere delle politiche pubbliche.
  Le tre associazioni che oggi ospitiamo sono da tempo impegnate nella denuncia della grave violazione dello Stato di diritto in Polonia conseguente all'entrata in vigore, nel gennaio scorso, della nuova normativa in materia di interruzione di gravidanza, basata su una sentenza del Tribunale costituzionale polacco del 22 ottobre 2020. Tale disciplina vieta l'interruzione volontaria di gravidanza, salvo in casi di incesto o stupro, accertato peraltro da un giudice, oppure in caso di pericolo per la vita della madre. Quindi le donne sono costrette a portare avanti forzatamente le gravidanze anche in presenza di feti con anomalie congenite e con malformazioni gravissime, per questo, dunque, esposti a una quasi certa mortalità post partum.
  Le donne polacche hanno reagito con forza, organizzandosi e organizzando imponenti e pacifiche manifestazioni di protesta, a cui le autorità hanno risposto con una repressione attuata anche attraverso abusi da parte delle forze dell'ordine.
  La mobilitazione si è ben presto estesa a livello continentale: le deputate ed eurodeputate aderenti all'European Parliamentary Forum for Sexual and Reproductive Rights (EPF) hanno redatto un manifesto di sostegno alle donne polacche, che io stessa ho sottoscritto insieme alla collega Lia Quartapelle Procopio. Su questi eventi ho personalmente presentato nel novembre scorso un'interpellanza urgente al Governo.
  Peraltro, già il 26 novembre 2020 – a distanza di un mese dalla citata sentenza del Tribunale costituzionale polacco – il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione nella quale si sottolinea che rendere illegale l'aborto nei casi di gravi e irreversibili difetti fetali mette a rischio la salute e la vita delle donne, poiché la maggior parte degli aborti legali nel Paese viene seguita per questi motivi. Vietare tale opzione, che ha rappresentato il 96 per cento delle interruzioni illegali di gravidanza in Polonia nel 2019 – parliamo di 1.074 su 1.110 – comporterebbe un aumento degli aborti clandestini, pericolosi per la vita.
  Nella risoluzione si rileva, altresì, in linea con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che l'accesso tempestivo e senza ostacoli ai servizi di salute riproduttiva e il rispetto dell'autonomia riproduttiva e del processo decisionale delle donne sono fondamentali per proteggere i diritti umani delle donne e l'uguaglianza di genere.
  In Polonia, al contrario, i medici invocano sempre più spesso l'obiezione di coscienza, anche quando viene chiesto loro di prescrivere contraccettivi o di accedere allo screening prenatale. Di conseguenza, migliaia di donne polacche – circa 30 mila ogni anno – sono costrette a recarsi all'estero per ricevere l'assistenza sanitaria di cui necessitano per procedere all'interruzione di gravidanza, mettendo ulteriormente a rischio la loro salute. Secondo il Parlamento europeo questa sentenza è l'ennesimo esempio del collasso sistematico dello Stato di diritto in Polonia.
  Nella risoluzione, inoltre, si chiede alla Commissione europea di valutare la legittimità e l'imparzialità del Tribunale costituzionale, composto da giudici eletti dalla coalizione di Governo guidata dal partito Diritto e Giustizia. Il Consiglio dell'UE dovrebbe affrontare queste e altre accuse di violazione dei diritti fondamentali in Polonia nel quadro del procedimento già in corso ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea, perché non si può più attendere.
  La Polonia è peraltro al centro dell'attenzione delle maggiori realtà della società civile internazionale in ragione del deterioramento della situazione interna al Paese, tanto più grave se si considera che si tratta di un Paese membro dell'Unione europea. Ci sono stati dei recenti segnali positivi rispetto a decisioni assunte da significative componenti della magistratura giudicante polacca, intervenuta a sostegno dei diritti alla libertà di espressione e alla riunione pacifica e anche dei diritti delle donne e contro la campagna mediatica promossa da media governativi per la dichiarazione di porzioni di territorio, quali zona libera da Pag. 5LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender), che è veramente una vergogna senza precedenti.
  Segnalo, infine, che Pro-choice, insieme ad altre duecento organizzazioni di venti Paesi europei, il 19 aprile scorso ha inviato una lettera alla presidenza portoghese dell'UE per sollecitare, nell'ambito della citata procedura ex articolo 7, la ripresa delle audizioni della controparte polacca. Ricordo che le ultime audizioni sono state svolte alla fine del 2019 e sono state poi sospese a causa della pandemia del COVID-19.
  Sotto questo profilo mi fa piacere segnalare alle nostre ospiti che nell'ordine del giorno della prossima riunione del Consiglio Affari generali, prevista per il 22 giugno, è stata inserita come quarto punto all'ordine del giorno – speriamo che ci arrivino – un'audizione sullo Stato di diritto in Polonia.
  Segnalo, infine, che le associazioni qui rappresentate hanno avviato una raccolta firme sulla piattaforma change.org, che ha raggiunto oltre 30 mila adesioni, con la quale si chiede di richiamare l'Ambasciatore italiano in Polonia per chiarimenti sullo Stato di diritto in questo Paese.
  Forniti tutti questi elementi di contesto, sono contenta di dare la parola alle nostre ospiti, ciascuna delle quali, purtroppo, dovrà svolgere il proprio intervento in cinque minuti.
  Cominciamo con la nostra ospite, la dottoressa Eleonora Cirant, che è rappresentante di Pro-choice – Rete italiana contraccezione aborto. Prego, dottoressa.

  ELEONORA CIRANT, rappresentante di Pro-choice – Rete italiana contraccezione aborto. Grazie, onorevole Laura Boldrini. Grazie a questo Comitato. Come ha anticipato, in Pro-choice – Rete italiana contraccezione aborto siamo in tante e abbiamo a che fare tutti i giorni con le limitazioni del diritto dell'accesso all'aborto e alla contraccezione. Anche in Italia, purtroppo, ancora esistono queste limitazioni e quindi ci rendiamo conto della sofferenza e del trauma generato alle donne, quando non riescono a portare avanti la loro decisione e ad abortire in modo sicuro.
  Siamo molto sensibili alla richiesta di aiuto e di sostegno che ci arriva dalle donne polacche – e non solo dalle donne – più che una richiesta direi un grido, che abbiamo raccolto fin dal 22 ottobre scorso, quando è stata annunciata la sentenza del Tribunale costituzionale polacco, prefigurando un'ulteriore restrizione dell'accesso ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza, quando già più di 150 mila donne all'anno si rivolgevano all'estero per abortire in sicurezza.
  Questa decisione, entrata in vigore il 27 di gennaio, apre la strada a potenziali ulteriori divieti in caso di stupro e incesto e questo è contrario a quanto è scritto nel Trattato sull'Unione europea. Questa decisione è stata imposta con la forza: le segnalazioni fatte sia da parte delle organizzazioni dei diritti umani sia da parte della stampa indipendente polacca sono state segnalazioni di eccesso di coercizione durante le manifestazioni pubbliche e di minacce fatte le attiviste e gli attivisti o di azioni volte ad intimidire chi continua a manifestare in Polonia; queste segnalazioni ci dicono che c'è una sospensione del diritto di manifestare e di difendere quelli che sono i diritti scritti nei trattati.
  Inoltre, i nostri trattati prevedono il diritto della libertà dalla tortura, dal subire trattamenti inumani, crudeli e degradanti, il diritto ad ottenere standard più elevati di salute e il diritto alla non discriminazione. Tutti questi diritti sono messi in discussione in Polonia per decisioni che, nel caso specifico di cui stiamo parlando – la sentenza del Tribunale costituzionale polacco –, sono state prese da un organo la cui indipendenza è stata è stata messa in dubbio. Infatti, diverse testimonianze riportano il fatto che il presidente e tre dei giudici del Tribunale costituzionale sono stati nominati illegalmente e politicamente.
  Questa sentenza del Tribunale costituzionale è un pezzo di un progetto più ampio, descritto in un documento che si chiama Agenda Europa, che fa parte di un progetto complessivo che sostanzialmente vorrebbe instaurare in Europa uno Stato, un Governo teocratico di matrice fondamentalista cattolica, basato sul divieto delle Pag. 6libertà civili e sul ripristino di un rigido ordinamento patriarcale, sull'abolizione dello Stato di diritto e su una rigida divisione di classe. Questi obiettivi sono scritti in documenti pubblici e accessibili. Uno dei segnali del tentativo di andare in questa direzione si è anche concretizzato nell'annuncio da parte della Polonia di volersi ritirare dalla Convenzione di Istanbul e di voler instaurare, realizzare e ratificare al posto di questo documento – trattato di riferimento per il contrasto alla violenza di genere –, un documento intitolato Sì alla famiglia, no al gender.
  Andando in chiusura, proprio in vista della riunione del Consiglio Affari generali dell'Unione europea in cui si discuterà il tema del procedimento contro la Polonia e l'Ungheria per sospette violazioni del Trattato europeo – un'azione che è stata prefigurata dall'attuale Presidente del Consiglio dell'Unione europea, il Ministro degli Affari esteri portoghese –, noi portiamo un pezzo di voce dell'opinione pubblica che in tutti questi mesi si è fatta sentire con forza perché l'Italia faccia pressione affinché l'Unione europea contrasti questo progetto, questo piano e fermi le forze reazionarie che mirano ad andare in questa direzione, insediandosi nelle nostre istituzioni.
  Cogliamo, quindi, l'occasione di questo invito e dello spazio che ci state dando anche per portare la voce di quelle più di 30 mila persone che hanno sottoscritto la petizione a cui l'onorevole faceva riferimento prima e anche di tutte quelle che attraverso i più disparati mezzi di comunicazione si stanno facendo sentire come donne, come cittadine e cittadini europei.
  Chiediamo a questo Comitato di testimoniare la nostra richiesta che l'Italia faccia la sua parte e che in queste sedi, grazie alla possibilità di manifestare il punto di vista dell'opinione pubblica, si costruisca una solida democrazia.
  Per chiudere, vorrei ringraziarvi e ringraziare l'onorevole Lia Quartapelle Procopio per averci chiamato a portare un punto di vista, la IPPF EN per tenerci informate e legate alle nostre concittadine polacche. La loro battaglia è anche la nostra, non soltanto perché facciamo parte dello stesso progetto che è l'Unione europea, ma anche perché l'Italia non è così lontana da quello che sta succedendo nelle istituzioni polacche. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Cirant. La ringrazio per il lavoro di sensibilizzazione che la sua Associazione sta facendo. Anche per la raccolta di queste firme: mi faccio carico di dare seguito e dare notizia di questo deposito che simbolicamente Lei oggi ha voluto fare di questa raccolta di firme. È giusto riuscire ad avere più consapevolezza in merito a questo tema, poiché è interesse di tutti gli Stati membri che ci sia osservanza verso i diritti delle donne, perché se questo non accade negli Stati membri, poi noi non potremo più andare in giro nel mondo a dire che i diritti delle donne devono essere osservati, perché non lo facciamo neanche al nostro interno. È assolutamente importante perorare questa causa.
  Passo la parola alla dottoressa Irene Donadio, che è la rappresentante dell'International Planned Parenthood Federation European Network. Prego, dottoressa.

  IRENE DONADIO, rappresentante dell'International Planned Parenthood Federation European Network. C'è un problema, perché il proprio in questo momento ricevo un messaggio nel mio computer che mi dice che il mio computer è stato infettato da un virus. Non so se voi sentite una voce di sottofondo...

  PRESIDENTE. Noi la sentiamo benissimo, senza interferenze.

  IRENE DONADIO, rappresentante dell'International Planned Parenthood Federation European Network. Perfetto. Questa è una grande notizia. Ringrazio molto la presidentessa e il Comitato sui diritti umani per questo invito. La nostra preoccupazione per la Polonia è veramente sterminata. Sono già state ricordate più volte le gravi violazioni sui diritti umani, in particolare i diritti delle donne e i diritti sessuali e riproduttivi, come i diritti fondamentali a vivere in un Paese in cui le forze dell'ordine Pag. 7non fanno violenza, in cui i giudici possono fare il loro lavoro e in cui i cittadini non devono avere paura dello Stato.
  Oltre al contesto dei diritti sessuali e riproduttivi – su cui ritornerò –, volevo anche sottolineare le condizioni generali, perché sappiamo che, per esempio, in Polonia la libertà di stampa e la libertà di espressione ormai sono state compromesse in maniera ultra-drammatica, a cominciare dagli ultimi mesi, perché non solo il Governo già controllava la gran parte della stampa e dei media nazionali, ma attraverso un'operazione «alla ungherese» – ovvero attraverso l'acquisizione da parte della compagnia petrolifera statale, quindi con i soldi dei cittadini polacchi – ha acquisito Polka Press, che era proprietà di una compagnia tedesca, riportandola completamente sotto il controllo del Governo; questo vuol dire 17 milioni di telespettatori in più e un sistema di propaganda che si è acutizzato.
  Parliamo anche della questione dei giudici: tutti sapete della questione del Tribunale costituzionale, che è stato oggetto di critiche molto pesanti da parte della Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa, da parte del Commissario dei diritti umani e da parte della Commissione europea; sapete benissimo che la Commissione europea ha chiesto alla Corte di giustizia di intervenire per mettere fine alle azioni assolutamente legali della Commissione disciplinare contro i giudici e che queste disposizioni sono costantemente ignorate dalle autorità polacche, al punto che il Governo adesso ha chiesto al Tribunale costituzionale di esprimersi sulla supremazia della legge e del sistema di giustizia polacco rispetto a quello europeo. Questo vuol dire dare mano libera e completa alle autorità polacche per disattendere e ignorare qualsiasi tipo di misura giuridica proveniente dall'Unione europea.
  Abbiamo già parlato dell'articolo 2, ma vorrei semplicemente ricordarvi cosa c'è scritto, perché mi sembra molto importante. L'articolo 2 ci parla di un'Unione che si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Abbiamo già sottolineato la drammatica questione delle zone chiamate LGBT free, che sono state criticate dalla presidentessa della Commissione europea e a più riprese da tantissime fonti, incluso dalla presidentessa oggi.
  Volevo ricordarvi che tre attiviste del movimento LGBT hanno rischiato due anni di prigione per aver atteso semplicemente dei poster con la bandiera LGBT; vorrei ricordare che adesso al Parlamento polacco c'è una legge che mira a vietare tutti i raduni, quindi i Gay Pride, così come un'altra legge che si chiama Stop Pedophilia che vuole criminalizzare l'educazione sessuale e minaccia di prigione fino a tre anni, se non cinque anni di prigione, a chiunque osi parlare di vita affettiva e sessuale con i giovani. Parliamo anche di un'altra proposta di legge che è stata presentata da poco, la famosa «Sì alla famiglia, no al gender» che mira a uscire dalla Convenzione di Istanbul e a smantellare la protezione della contro la violenza fatta sulle donne.
  Ricordo anche che a luglio dell'anno passato il Primo Ministro Morawiecki ha detto che il Governo voleva chiedere a questo terribile Tribunale costituzionale, altamente politicizzato, di esprimersi sulla costituzionalità della Convenzione di Istanbul, come già fatto drammaticamente per quanto riguarda la questione dell'eccezione relativa all'interruzione delle gravidanze sulla questione della malformazione.
  Volevo ricordare che c'è già un'altra iniziativa fondamentalista per raccogliere le firme per fare un'altra legge ancora più tragica di quella precedente, perché non vuole solo smantellare l'interruzione di gravidanza nel caso di incesto e di stupro, ma vuole anche rendere l'aborto un crimine paragonabile all'omicidio aggravato. Stiamo parlando di una proposta di legge stile quella salvadoregna, che potrebbe mandare le donne in prigione per venticinque anni.
  Parliamo ancora di tutte le altre misure che sono state prese contro le persone che hanno organizzato le proteste, inclusi minori, così come i genitori di persone che hanno partecipato alle proteste. Volevo ricordare Pag. 8 che ci sono le leader del movimento delle donne Women strike che rischiano otto anni di prigione per aver organizzato delle proteste al momento del dibattito sulla decisione del Tribunale costituzionale, mentre le persone che hanno partecipato a queste proteste rischiano cinque anni di prigione e delle ammende gravissime. Le persone che fanno parte dei movimenti – prima di tutto quello delle donne, che è riuscito anche a coagulare tanti altri movimenti quello dei giovani, quello dell'ambiente, della cultura, degli insegnanti, dei medici e addirittura dei contadini – e che hanno voluto protestare per i loro diritti ora sono perseguitate.
  Anche la questione della libertà di stampa è una macchina di propaganda e di odio contro i difensori dei diritti umani, perché vuol dire controllare le forze dell'ordine e quindi violenza durante e dopo le proteste, detenzioni assolutamente illegali e pestaggi durante e dopo le manifestazioni.
  Se a qualcuno è sfuggito, ricordo che Kaczyński – la figura chiave del partito Diritto e Giustizia – aveva chiesto al movimento neonazista per l'indipendenza della Polonia di armarsi contro il movimento delle donne per proteggere le chiese ad ogni costo rispetto alle proteste di liberi e libere cittadine al momento della decisione del Tribunale costituzionale sull'aborto. Stiamo parlando praticamente della creazione di una semi-milizia privata che rispondeva a Kaczyński.
  Di fronte a questo scempio dello Stato di diritto, di fronte a queste violazioni assolutamente gravissime dei diritti umani, dei diritti delle donne e delle persone LGBT e di tantissime altre persone, vediamo che l'Unione europea ha iniziato a prendere delle misure forti, di cui siamo felici. L'8 aprile c'è stato l'intervento della Commissione europea, che ha chiesto alla Corte di giustizia di imporre delle misure immediate per sospendere l'azione della Commissione disciplinare all'interno della Corte suprema. Sappiamo che ci sono tanti avvocati e tanti giudici in Polonia che vorrebbero un'altra infringement procedure sul Tribunale costituzionale. Ma soprattutto sappiamo che ci sarà questa audizione il 22 giugno e vorremmo veramente vedere l'Italia prendere una posizione forte, parlare e dire che non è possibile tollerare un comportamento del genere all'interno di uno Stato dell'Unione europea; tanto più nel momento in cui si sta discutendo e negoziando un pacchetto di aiuti finanziari enorme e strabiliante e nel momento in cui si è adottata una clausola sul rispetto dello Stato di diritto come condizione primaria per l'erogazione dei fondi, che deve assolutamente essere messa in atto, oggi. Infatti, il Parlamento europeo a larghissima maggioranza si è espresso su questo punto, minacciando addirittura la Commissione europea di portarla in tribunale, se non fa un'azione immediata.
  Vediamo che tutti elementi sono già stati riconosciuti e che non si tratta più di un sospetto di violazione dell'articolo 2; i valori dell'Unione sono stati sbeffeggiati in Polonia.
  Quindi, vorremmo che Draghi e il suo Governo, e naturalmente il Sottosegretario agli Affari dell'Unione europea, il 22 giugno si esprimessero per appoggiare un'azione forte, necessaria da parte dell'Unione europea per venire finalmente incontro alle persone che con tanto coraggio stanno rischiando tutto per difendere la democrazia, lo Stato di diritto e i diritti delle donne, ma anche i diritti umani di tutti nell'Unione europea. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Donadio, per questo quadro che non credo di esagerare a definire inquietante. Giustamente Lei sollecita le autorità italiane a prendere parola rispetto a questa situazione e cercheremo di fare la nostra parte in questo ambito, glielo assicuro.
  Adesso passo la parola alla dottoressa Laura Onofri, da sempre impegnata sul fronte dei diritti civili e Presidente del Comitato SeNonOraQuando? di Torino. Prego, dottoressa.

  LAURA ONOFRI, Presidente del Comitato SeNonOraQuando? di Torino. Grazie. Buongiorno, presidente. Ringrazio anche io per questo invito a questa audizione da parte del Comitato dei diritti umani all'interno della Commissione Affari esteri. Pag. 9
  SeNonOraQuando? di Torino è fra le duecento organizzazioni della società civile che hanno inviato la lettera – che Lei ricordava all'inizio – alla Presidenza portoghese del Consiglio dell'Unione europea a ridosso del Consiglio Affari generali del 20 aprile, esprimendo una forte preoccupazione per il deterioramento della situazione in Polonia.
  Le organizzazioni si sono mobilitate per chiedere all'Unione europea di affrontare le violazioni dello Stato di diritto, le violazioni dei diritti delle donne e del diritto alla protesta pacifica, nonché di condannare le persecuzioni delle organizzazioni per i diritti delle donne in Polonia, come è già stato detto dalle colleghe Cirant e Donadio.
  Vorrei approfondire di più alcuni aspetti della violazione dello Stato di diritto in Polonia, in generale. Il nuovo meccanismo dei giudici presso la Corte suprema polacca è passibile di violazione del diritto comunitario, così come affermato dalla Corte di giustizia europea. Già dal 2017 il Governo polacco ha introdotto nuove regole disciplinari per i giudici della Corte suprema del Paese e anche dei tribunali ordinari.
  Questa riforma ha istituito all'interno della Corte suprema polacca una nuova Camera, la Camera disciplinare, che secondo la Commissione europea non garantisce assolutamente il principio di imparzialità e di indipendenza dei giudici, innanzitutto per le modalità con cui i giudici sono scelti. Infatti, i giudici di questo organismo sono prescelti dal Consiglio nazionale della magistratura, determinando una forte politicizzazione del potere giudiziario e minando l'indipendenza che un tale potere deve assolutamente avere.
  Riscontrata questa violazione dello Stato di diritto, la Commissione europea ha preteso due provvedimenti provvisori: la sospensione delle nuove regole disciplinari fino al pronunciamento della Corte sulla causa pendente e una relazione da Varsavia in merito alle misure adottate per risolvere questa situazione.
  Un anno fa, ad aprile del 2020, la Corte di Lussemburgo ha accolto la richiesta della Commissione, sottolineando che, nonostante l'organizzazione della giustizia negli Stati membri rientri nelle competenze di ogni singolo Stato, nell'esercizio di tale competenza gli Stati sono tenuti a rispettare i loro obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea. In questo caso si ritiene che la Polonia abbia omesso di adempiere all'obbligo di garanzie inerenti a un'efficace protezione giudiziaria, compresa quella di indipendenza.
  Ricordo anche i rischi per il libero esercizio della professione legale e forense che è stato rilevato da tutti gli ordini degli avvocati aderenti all'UIA (Unione internazionale degli avvocati) – la più antica e multiculturale associazione di avvocati nel mondo – che ha sottolineato gravi preoccupazioni in merito all'incitamento all'odio verso la classe forense, per le azioni disciplinari contro gli avvocati che hanno pubblicamente criticato le riforme e le conseguenze negative della riforma giudiziaria in Polonia. Questa riforma è arrivata a erodere l'indipendenza della magistratura e a minare lo Stato di diritto. Molteplici sono ancora oggi gli attacchi contro giudici e pubblici ministeri, con campagne diffamatorie contro coloro che si oppongono alle riforme sul sistema giudiziario, procedimenti disciplinari e sanzioni sempre contro questi giudici e anche licenziamenti e sostituzioni di centinaia di giudici e pubblici ministeri che non si uniformano.
  Tutte queste sono violazioni dei principi di inamovibilità e indipendenza dei magistrati, che sono un caposaldo dell'Unione, cristallizzato nell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali – che prevede il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale – e nello stesso Trattato, all'articolo 19. Queste riforme rafforzano il diretto controllo dell'Esecutivo sul potere giudiziario e sviliscono l'autonomia della magistratura e degli organi inquirenti e hanno avuto delle prime importanti ripercussioni sui diritti delle donne, sui diritti sessuali e riproduttivi e sui diritti delle persone LGBT.
  Tutte voi avete ricordato la sentenza del 22 ottobre 2020 emessa del Tribunale costituzionale che ha dichiarato l'aborto contrario alla Costituzione, anche nei casi di grave malformazione del feto, e che deriva proprio da questo stato in cui si pone la Pag. 10magistratura non indipendente. Come avete già ricordato, questo provvedimento è arrivato in un clima diffuso di crescente ostilità verso le rivendicazioni di pari dignità sociale delle donne, accompagnata da una significativa riduzione delle più elementari garanzie dello Stato di diritto. I cittadini e le cittadine polacche sono scesi, come è stato già ricordato, pacificamente in piazza, più e più volte, per protestare contro la violazione dei loro diritti, il Governo polacco ha inviato la polizia per reprimere le proteste e per sciogliere queste manifestazioni, anche con cariche pesanti, che non hanno però fatto desistere i manifestanti.
  Da anni il Governo polacco prova a togliere alle donne anche il minimo diritto all'aborto, un diritto già quasi inesistente, che è consentito solo nei casi di violenza sessuale, incesto, gravi anomalie del feto o se la vita della madre è in pericolo. Già quattro anni fa il Governo ha provato a cancellare completamente questo diritto con un progetto di legge supportato dalle organizzazioni antiabortiste, con la compiacenza della Chiesa cattolica. Non ci è riuscito perché, come ricorderete, c'è stata quella grande manifestazione delle donne polacche nell'ottobre del 2016 che ha respinto questa iniziativa.
  Vorrei sottolineare come a influenzare le scelte del Governo polacco in prima linea troviamo Ordo Iuris; lo ha ammesso il leader del PIS Kaczynski, che è l'attuale Vicepremier: ha ammesso che ad ispirare queste riforme è stata questa organizzazione antiabortista, la stessa che ha fomentato la crociata contro le comunità LGBT. Ricordiamo che Ordo Iuris fa parte di quelle organizzazioni contro i diritti umani, delle donne e delle persone LGBT attive in più di trenta Paesi che hanno messo a punto questa strategia chiamata a ristabilire l'ordine naturale: si tratta di Agenda Europa, di cui ci hanno già parlato le colleghe. Non è tutto: il Tribunale costituzionale che ha assecondato questa impostazione è a sua volta controverso per lo stretto legame tra giudici ed Esecutivo. Già a novembre del 2019 i parlamentari del PIS hanno eletto come membri del Tribunale due loro ex colleghi, ma la commistione con il Governo dura da anni, non è una cosa recente; nel 2015 il Presidente polacco Duda rimpiazzò tre giudici scelti dal precedente Governo con tre nomi graditi al PIS.
  Dal 2004 la Polonia è uno Stato membro dell'Unione europea e come tale vincolata agli articoli 2 e 7 del Trattato sull'Unione. La Polonia è vincolata al rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri, in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini. Le ulteriori limitazioni imposte dalla sentenza del Tribunale costituzionale creano una forte discriminazione sociale ed economica e rappresentano un ulteriore passo verso l'autoritarismo e la limitazione dell'autodeterminazione delle donne. Tra le 100 mila e le 200 mila donne polacche ogni anno sono infatti costrette a ricorrere all'aborto clandestino o ad andare all'estero per poterne avere accesso. La condotta della Polonia in relazione al diritto dell'interruzione volontaria della gravidanza e, più in generale, in relazione alla tenuta stessa della democrazia e dello Stato di diritto appare – come avete già detto – sempre più preoccupante e suscettibile di minare alla radice lo standard di protezione dei diritti umani fondamentali richiesto dalla comune appartenenza all'Unione europea.
  Tenendo ben presente che la Polonia è membro dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa, chiediamo quindi con urgenza al nostro Governo di farsi portavoce – sia all'interno dell'Unione, sia con le autorità polacche – di istanze che ribadiscano la necessità di un pieno rispetto degli obblighi internazionali ed europei della Polonia, dando immediata esecuzione alle sentenze vincolanti della Corte di giustizia dell'Unione europea e della Corte europea dei diritti dell'uomo. Chiediamo anche noi, nello specifico, che, in vista delle audizioni dell'articolo 7 sullo Stato di diritto in Polonia Pag. 11 che ci saranno il 22 giugno, il nostro Paese chieda un'azione concreta da parte del Consiglio dell'Unione europea che imponga al Governo polacco di cessare politiche che minano gravemente lo Stato di diritto e i diritti umani delle persone in Polonia.
  Per noi è molto importante questa audizione con il Governo polacco, perché è un primo passo fondamentale, ma questo dovrebbe essere solo l'inizio. È necessario proseguire con il processo dell'articolo 7, comma 2, del Trattato sull'Unione europea, ma ci sono altri passi importanti che il Consiglio può fare, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, per indicare un forte impegno a sostenere lo Stato di diritto e a sostenere coloro che cercano di difenderlo in Polonia: per esempio, adottare raccomandazioni sullo Stato di diritto e determinare che in Polonia esiste un rischio evidente di una grave violazione dei valori di cui all'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea.
  Per ultimo, e non da ultimo, ricordiamo che la Polonia è vincolata dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, dalla Convenzione europea sui diritti umani e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea a rispettare, proteggere e realizzare il diritto alla libertà di espressione.
  Io ringrazio ancora molto la presidente Boldrini e la deputata Lia Quartapelle Procopio, che si sono prodigate per questa audizione e che sono sempre in prima linea su questi temi. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Onofri, anche per la precisione con cui ha fatto le richieste rispetto alle autorità di Governo. Io chiedo se ci sono colleghi o colleghe che vogliono intervenire. Vedo la collega Quartapelle Procopio che chiede la parola. Prego, collega.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie mille. Ringrazio tutte le intervenute perché ciascuna ha detto delle cose molto puntuali e utili. Prima faccio un commento, poi c'è una seconda domanda. Da quanto voi avete esposto emerge quello che diceva Hillary Clinton alla Conferenza di Pechino: i diritti umani sono diritti delle donne e i diritti delle donne sono diritti umani.
  I temi della compressione dei diritti delle donne sono collegati più in generale con il tema dei diritti e delle libertà di un Paese, di una società. Avete parlato della repressione degli avvocati, avete parlato della qualità dello Stato di diritto, avete parlato dei problemi della libertà di stampa. È molto evidente come questa situazione sia così compromessa in un Paese dell'Unione europea e tutte queste cose siano unite. La battaglia che stanno facendo le donne polacche sul tema del diritto dell'aborto non è solo relativa a un diritto fondamentale dell'autodeterminazione delle donne sul proprio corpo e sulla propria vita, ma più in generale sulla qualità della libertà nel proprio Paese.
  La seconda domanda in parte emergeva – ma credo sia importante che rimanga agli atti della Commissione – e riguarda i legami tra quanto sta avvenendo in Polonia e movimenti internazionali. Da un lato colpisce come ci siano delle somiglianze da brivido tra quanto sta accadendo in Polonia e per esempio quanto sta accadendo in Turchia; credo che a nessuno dei politici polacchi possa far piacere essere comparato con un politico che fa del ritorno all'Islam delle origini una delle sue cifre. Però è evidente che quello che sta avvenendo in Polonia è la stessa cosa, solo con un'altra religione; la religione è uno strumento per nascondere in realtà una volontà patriarcale. In generale vorrei capire quanta connessione voi avete trovato tra i movimenti attivi in Polonia e i movimenti internazionali della destra reazionaria e conservatrice attivi in tanti altri Paesi della sfera occidentale.
  Credo che questo sia molto importante anche rispetto a quanto dicevate per le prossime scadenze. Infine credo – poi lo dirà anche la presidente – che da parte nostra, da parte mia c'è tutto l'interesse a cercare di premere sul Governo italiano perché prenda una posizione ferma su tutti i temi che voi avete sollevato, anche in vista dell'appuntamento del 22 di giugno. Già in altri contesti il Governo italiano si è espresso Pag. 12con chiarezza e credo che faremo di tutto perché anche il 22 di giugno il Sottosegretario Amendola e i rappresentanti del Governo Draghi, in sede europea, dicano la propria senza mezze parole. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Quartapelle Procopio. aggiungo anch'io qualche considerazione. Mi chiedevo, mentre parlavate e mentre parlava la collega, se si riuscirà – visti i tempi ristretti, ma almeno bisogna provarci – a fare una risoluzione. Una risoluzione in cui noi andiamo a chiedere al Governo, con gli strumenti parlamentari di cui disponiamo, di dare seguito a queste istanze, perché penso che quello che avete detto è di enorme gravità.
  Avete messo in luce quello che si sapeva, ma con una precisione tale per cui ognuno di noi – sia a livello politico sia anche di coscienza individuale – non può in alcun modo non mettere in campo tutti gli strumenti di cui dispone. Oltre a fare pressione, magari individuale con i contatti informali che abbiamo, io penso che dovremmo forse anche tentare di fare una risoluzione in tempo utile per il 22. Una risoluzione che va impostata con quanto voi ci avete espresso oggi. Sono sicura di poter interpretare il sentire dei colleghi e delle colleghe quando dico che quello che sta accadendo è talmente grave che una democrazia completa non può non esercitare tutta la sua capacità per riuscire a porre fine a questa deriva. È una vera deriva e come lo è in Polonia sappiamo che lo è anche in Ungheria. Sappiamo anche che se noi non arginiamo all'interno dell'Unione questa deriva, non avremo più l'autorevolezza al G7, al G20 e in tutti i consessi internazionali, per sostenere l'importanza dei diritti umani; non avremo più le carte in regola per poterlo fare.
  Io vi ringrazio del vostro impegno, adesso ci confronteremo con i colleghi e le colleghe per capire se riusciamo a fare questa risoluzione e chiaramente sarete informate, sarete le prime a saperlo.
  Vi ringrazio e vi auguro buon lavoro. Arrivederci, grazie. Dichiaro conclusa l'audizione, grazie.

  ELEONORA CIRANT, rappresentante di Pro-choice – Rete italiana contraccezione aborto. Non è prevista una risposta alla domanda...

  PRESIDENTE. Non so se con i tempi se ce la facciamo, dottoressa, perché mi facevano segnale... Va bene. Se la facciamo breve, ce la facciamo.

  ELEONORA CIRANT, rappresentante di Pro-choice – Rete italiana contraccezione aborto. Rispetto alla richiesta che ha fatto l'onorevole Lia Quartapelle io vorrei ricordare che in Italia nessuno ha messo in discussione la Convenzione di Istanbul. Però a marzo scorso la Rete umbra per l'autodeterminazione ha prodotto una mobilitazione diffusa non solo per la difficoltà ad abortire in questa regione, ma anche per la prospettiva di un'ulteriore spinta verso l'imposizione della cosiddetta «famiglia naturale». Questo slogan, questo obiettivo è contenuto anche in testi in materia di sanità e servizi sociali che riguardano le politiche per la famiglia. Questo tipo di approccio è presente in proposte di legge come quella del senatore Pillon e quindi anche nel nostro Paese ci sono dei movimenti che sono collegati esplicitamente con questa rete, questo network internazionale che ha una visione del rapporto tra uomini e donne in cui il dominio di un sesso sull'altro è assicurato anche tramite il controllo del corpo femminile, l'organizzazione familiare e le leggi sulla famiglia.
  Come avete detto, questo si collega a tutti gli altri aspetti della vita democratica e della convivenza comune. Aggiungo solo un piccolo elemento: la petizione è stata promossa da un gruppo che si chiama «La violenza sulle donne ci riguarda», formato per lo più da uomini, che noi stiamo portando alla vostra attenzione avendo avuto audizione presso il Comitato. Da parte maschile loro contestano e rifiutano il dominio degli uomini sulle donne, che ha radici storiche ed è proprio uno dei punti da cui parte la stessa Convenzione di Istanbul; forse per questo fa così paura e forse per questo è così attaccata dai reazionari che stiamo cercando di contestare e di arginare. Grazie per questo ulteriore spazio.

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  PRESIDENTE. Grazie. A questo punto per par condicio mi chiedo anche se le nostre altre ospiti vogliono replicare, quindi do la parola alla dottoressa Donadio e poi alla dottoressa Onofri, prego.

  IRENE DONADIO, rappresentante dell'International Planned Parenthood Federation European Network. Volevo effettivamente sottolineare l'importanza di vedere quello che sta succedendo come un laboratorio di quello che può succedere nel resto d'Europa, perché è una tendenza molto forte e perché ci sono questi collegamenti internazionali. Un esempio di questo è stato la data in cui il c'è stata la discussione sul progetto di legge «No al gender, sì alla famiglia» che mira chiaramente a smantellare la protezione fornita dalla Convenzione di Istanbul. Rispetto al ritiro della Turchia volevo anche ricordare che allo stesso tempo il Governo e le autorità polacche hanno scritto alle autorità in Slovenia, in Slovacchia, in Croazia e in Ungheria, stanno tessendo la loro tela anche con la Lituania e l'Ungheria, per cercare di favorire una Convenzione che dovrebbe soppiantare, rimpiazzare la Convenzione di Istanbul per la protezione delle donne con una fantomatica Convenzione per i diritti della famiglia che in realtà sopprime i diritti dei membri della famiglia, chiaramente in versione omofoba e contro le donne.
  Dobbiamo stare molto attenti, ricordiamo che avevano anche cercato di piazzare un giudice della Corte dei diritti umani a Strasburgo, che per fortuna non è stato nominato. Abbiamo parlato di Ordo Iuris e di queste fondazioni fondamentaliste. C'è un movimento che si chiama «Tradizione, famiglia e proprietà» che è nato nel Brasile della dittatura militare e che ha in Polonia un centro fortissimo, che si sta espandendo e sta portando finanziamenti in Estonia, in Croazia e da altre parti. Rendiamoci conto che se l'Unione europea non riesce ad agire contro le dittature in divenire, oggi abbiamo un problema con l'Ungheria e la Polonia, ma domani rischiamo di avere un problema con molti altri Paesi con tendenze populiste e ultranazionaliste, che vanno al di là.
  Di nuovo vorrei reiterare il nostro appello: speriamo veramente in una raccomandazione da parte del Parlamento italiano, in domande precise durante l'audizione sull'articolo 7 e in una volontà ferrea di intervento per proteggere i diritti di tutti. Non si tratta solo dei diritti dei poveri e delle povere cittadine polacchi e ungheresi che finora sono stati calpestati senza troppa solidarietà da parte del mondo politico e istituzionale.

  PRESIDENTE. Grazie. Sì, chiaramente questo va messo nel quadro di una minaccia che definirei globale. Se mi consentite, io ho visto in azione CitizenGo in Kenya: ero insieme a Lia Quartapelle e abbiamo visto come questi movimenti facevano una terrorismo rispetto ai temi di cui noi parlavamo con dei bambolotti pieni di vernice rossa per dire che noi avevamo le mani sporche di sangue. C'è una rete che non lascia fuori nessun angolo del mondo e dall'altra parte noi dovremmo riuscire a confutare questa tendenza mettendo in atto gli strumenti di cui disponiamo. Dottoressa Onofri, a Lei la parola per chiudere il giro.

  LAURA ONOFRI, Presidente del Comitato SeNonOraQuando? di Torino. Grazie. Brevemente voglio anch'io dire che ci sono sicuramente dei collegamenti anche nel nostro Paese e li vediamo in atto in questi giorni, in questi ultimi mesi specialmente. Ci sono regioni come il Piemonte, ma altre come la Liguria che seguirà a breve, che hanno delibere per fare accedere i movimenti antiabortisti nei consultori. Ci sono altre regioni dove il diritto all'aborto non è consentito: non c'è un diritto libero, accessibile all'aborto perché ci sono percentuali di medici obiettori di coscienza che non assicurano questo diritto, per non parlare di disegni di legge presentati; non c'è solo il già citato disegno di legge Pillon, ma ricordiamo per esempio il disegno di legge Gasparri, che mi risulta ancora non ritirato e presente in Commissione. Di fatto, questo disegno di legge non colpisce la legge 22 maggio 1978, n. 194, ma vuole cambiare l'articolo 1 del codice civile, che stabilisce che la capacità giuridica si acquista al Pag. 14momento della nascita; il disegno di legge vuole cambiarlo affinché questa capacità giuridica si acquisisca al momento del concepimento: capite che, di fatto, è abolire la legge 194.
  Potrei parlare per ore, per esempio c'è il cimitero dei feti... Ci sono tantissimi attacchi ai diritti sessuali e riproduttivi anche nel nostro Paese. Fortunatamente noi abbiamo una legge buona che è la 194, ma molto spesso non accessibile. Tutto questo secondo me è riconducibile anche a una... Abbiamo visto chiaramente che cosa è successo a Verona – perché noi c'eravamo in quei giorni – quando al Governo c'erano delle forze di centro-destra; sono forze assolutamente non progressiste che sono molto collegate a queste organizzazioni così ben rappresentate nel documento teso a ristabilire l'ordine naturale Agenda per l'Europa.

  PRESIDENTE. Io veramente vi ringrazio per queste presentazioni molto arricchenti. Il Comitato non sarà indifferente: con i colleghi e le colleghe cercheremo di dare un seguito parlamentare, una risoluzione o un'interpellanza urgente in Aula. Valuteremo lo strumento più efficace e più veloce. Vi ringrazio per averci sollecitato anche da questo punto di vista. È una modalità in cui credo molto quella per cui la società civile entra nelle istituzioni e in qualche modo dà alle istituzioni input importanti per portare avanti istanze che direi non sono più rimandabili.
  Vi ringrazio, sicuramente avremo occasione anche in altre circostanze di ascoltare i vostri suggerimenti. Arrivederci, dichiaro chiusa questa seduta.

  LAURA ONOFRI, Presidente del Comitato SeNonOraQuando? di Torino. Noi manderemo la relazione e anche la lettera con l'elenco delle associazioni, perché forse può essere utile.

  PRESIDENTE. Questo è sempre utile. Un contributo scritto ci aiuta anche nella stesura del documento che andremo a fare. Grazie, arrivederci. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.