XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 31 di Lunedì 24 maggio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Boldrini Laura , Presidente ... 3 
Ramigni Marco , rappresentante dell'Associazione Papa Giovanni XXIII ... 5 
Boldrini Laura , Presidente ... 6 
Zuluaga Juan Camilo , rappresentante delle famiglie dei ... 6 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Fraudatario Simona , rappresentante del Tribunale Permanente dei Popoli ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Martelli Giovanna , attivista e difensora dei diritti umani ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Martone Francesco , Coordinatore Rete «In difesa di» ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 12 
Sarli Doriana (Misto)  ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 12 
Olgiati Riccardo (M5S)  ... 12 
Boldrini Laura , Presidente ... 13 
Comencini Vito (LEGA)  ... 13 
Boldrini Laura , Presidente ... 13 
Martelli Giovanna , attivista e difensora dei diritti umani ... 13 
Boldrini Laura , Presidente ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Cambiamo!-Popolo Protagonista: Misto-C!-PP;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-MAIE-PSI: Misto-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 16.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  L'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto, oltre che delle persone audite, anche di deputati e deputate, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Comunità Giovanni XXIII, con particolare riferimento alla situazione dei diritti umani in Colombia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione Comunità Giovanni XXIII, con particolare riferimento alla situazione dei diritti umani in Colombia.
  Anche a nome dei componenti e delle componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori Giovanna Martelli, ex collega, già deputata nella scorsa legislatura, attivista e difensora dei diritti umani, che è qui in presenza; Silvia De Munari e Marco Ramigni, che sono in presenza, dell'Associazione Papa Giovanni XXIII; poi, da remoto, dovremmo avere Juan Camilo Zuluaga, che è rappresentante di Nodo Italia; e partecipano anche, collegati sempre in videoconferenza, Francesco Martone, anche lui già parlamentare e senatore della Repubblica e coordinatore della Rete «In difesa di,» e Simona Fraudatario, del Tribunale Permanente dei Popoli.
  Do il benvenuto ai nostri ospiti. Prima di dare loro la parola mi preme svolgere qualche considerazione rispetto a una situazione assai allarmante. Questo lo faccio soprattutto per chi ci segue e che magari non è aggiornato sugli ultimi sviluppi. Nelle scorse settimane è divampata in Colombia una vasta protesta contro il Governo, ritenuto responsabile di una controversa riforma fiscale, giustificata dalla necessità di riempire le casse dello Stato svuotate a causa della crisi economica dovuta alla pandemia, ma che prevedeva misure draconiane devastanti per i piccoli risparmiatori e soprattutto per il ceto medio, già fortemente penalizzato dagli effetti del COVID.
  Tra le altre cose, il disegno di legge governativo si prefiggeva di tassare i prodotti di base del paniere familiare, aumentare anche il costo della benzina, espandere la base imponibile dell'imposta sul reddito e imporre una solidarietà fiscale per gli alti salari. Tale riforma è stata denominata «legge di solidarietà sostenibile». Secondo il Ministro delle Finanze, Alberto Carasquilla, sarebbe dovuta servire per ottenere quei quasi 7 miliardi di dollari l'anno necessari al proseguimento dei programmi sociali di assistenza alle fasce più povere della popolazione.
  La reazione dei cittadini colombiani è stata tutt'altro che favorevole a questa proposta. A partire dal 28 aprile centinaia di Pag. 4migliaia di persone – le avete viste anche voi nelle riprese televisive – sono scese nelle strade, nelle piazze delle città, da Bogotà a Medellín, a Cali. Le proteste, inizialmente pacifiche, avevano lo scopo di ottenere il ritiro della riforma, ma ben presto, a seguito degli accesi scontri con le forze di polizia e a causa dell'intervento dell'esercito, si sono trasformate in una sommossa popolare contro il Governo di Duque, che purtroppo ha provocato decine di vittime, ma anche persone scomparse di cui non si sa niente e centinaia di feriti.
  La situazione non è sembrata migliorare neanche quando l'Esecutivo ha annunciato il ritiro della riforma – questo è avvenuto lo scorso 2 maggio – a cui sono seguite le dimissioni del Ministro Carasquilla. Nonostante il Presidente Duque abbia affermato di essere disposto a ridiscutere la riforma con l'apporto di tutte le parti sociali, gli scontri e le proteste non hanno accennato a diminuire, ma al contrario hanno trovato nuovo combustibile nella violenza delle forze governative e nel suo coordinatore, il Ministro della difesa Diego Molano, oggetto anche di una mozione di censura per violazione dei diritti umani presentata al Congresso colombiano dai partiti di opposizione.
  Da questo punto di vista, però, il Governo sembra intenzionato a mantenere la linea dura. Duque, ha fatto sapere che manterrà il dispiegamento dell'esercito e ha emesso un atto che prevede una ricompensa di 10 milioni di dollari per tutti coloro che aiuteranno a identificare i cosiddetti «vandali criminali», responsabili di atti violenti commessi durante le proteste. Il Presidente colombiano ha decretato, inoltre, la militarizzazione di alcune città per fronteggiare la situazione.
  Di fronte all'escalation degli scontri e della violenza delle forze di sicurezza colombiane, le Nazioni Unite, attraverso l'ufficio in Colombia dell'Alto Commissariato per i diritti umani, hanno avviato indagini sui fatti di Cali per stabilire le dinamiche dell'azione della polizia, che avrebbe aperto il fuoco sui manifestanti causando vittime. Anche l'Alto Rappresentante per la politica estera dell'UE, Borrell, in una conversazione telefonica con il Presidente Duque ha sottolineato l'importanza del rispetto e della tutela dei diritti umani, compreso il diritto alla protesta pacifica. Ribadendo le sue preoccupazioni riguardo all'uso eccessivo della forza, ha esortato Duque a trovare una soluzione per superare l'attuale crisi attraverso il dialogo e i negoziati, nonché attraverso un'agenda inclusiva per i giovani. Accogliendo con favore le iniziative lanciate dal Governo per impegnarsi con tutte le parti interessate, ha ribadito il sostegno dell'UE, compreso il suo impegno personale, per disinnescare le tensioni, rafforzare la fiducia e promuovere il dialogo inclusivo.
  In tutto ciò, però, il 20 maggio scorso il Comitato nazionale dello sciopero della Colombia ha convocato due nuove giornate di protesta nazionale, il 26 e il 28 maggio, chiedendo all'Esecutivo di consentire una visita in Colombia della Commissione interamericana per i diritti umani, in modo che possa verificare le gravi violazioni dei diritti umani di alcuni membri della forza pubblica. Sulla vicenda mi preme evidenziare che, oltre a provvedere all'immediata convocazione del Comitato – questa di oggi è la prima convocazione –, ho presentato anche un'interrogazione firmata dalla collega Sarli – che dovrebbe essere in collegamento con noi – finalizzata a chiedere al Governo italiano l'assunzione di iniziative urgenti volte a fermare la repressione, a garantire il diritto alla libertà di riunione pacifica come sancito dalla Costituzione colombiana, e a creare le condizioni politiche per il superamento della grave crisi umanitaria in atto. Un'analoga interrogazione è stata presentata anche dai colleghi Lia Quartapelle Procopio e Graziano Delrio.
  Infine, segnalo un'informazione che può essere utile: l'Operazione Colomba è il corpo non violento di pace della comunità Papa Giovanni XXIII. Nasce nel 1992 durante il conflitto in ex Jugoslavia. Permettetemi di dire che ho visto direttamente nascere questa missione, e in particolare nell'ex Jugoslavia, in Kosovo. Nasce dal desiderio di alcuni volontari obiettori di coscienza di vivere concretamente la non violenza in Pag. 5zone di guerra per costruire ponti di dialogo e lenire le ferite dell'odio. Gli operatori di pace, attraverso concrete azioni non violente, proteggono i civili indifesi e creano spazi di dialogo e riconciliazione fra le parti.
  Dal 1992 ad oggi Operazione Colomba ha operato in numerosi conflitti nel mondo, coinvolgendo tra volontari e obiettori di coscienza oltre 1.500 persone. Attualmente Operazione Colonna è presente in modo stabile, oltre che in Colombia, in Albania, Libano, Palestina e Israele. In particolare, in Colombia i volontari accompagnano i membri delle comunità di pace di San José de Apartadò nella scelta di rimanere neutrali e resistere in maniera non violenta al conflitto, proteggendoli da violenze e sfollamenti.
  Fatta questa premessa, sono molto felice di dare la parola ai nostri ospiti, ciascuno dei quali, visto che sono abbastanza, dovrà svolgere un intervento introduttivo di non oltre cinque minuti, così da consentire poi anche ai colleghi e alle colleghe di poter interloquire e fare domande. Ditemi voi in quale ordine intendete procedere. Diamo la parola a Marco Ramigni, dell'Associazione Papa Giovanni XXIII. Dottor Ramigni, prego.

  MARCO RAMIGNI, rappresentante dell'Associazione Papa Giovanni XXIII. Buongiorno a tutti e a tutte. Permettetemi un ringraziamento alla presidente del Comitato diritti umani, l'onorevole Laura Boldrini, per questo importante spazio che ci dà la possibilità di esporre la situazione dei diritti umani per quanto riguarda la Colombia. Come diceva Lei introducendo Operazione Colomba, che è il corpo non violento di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, attraverso la condivisione con le vittime del conflitto e attraverso la scelta imprescindibile della nonviolenza i volontari italiani sul campo sono impegnati come civili in Colombia nell'attività di accompagnamento protettivo internazionale a difensore e difensori dei diritti umani e dell'ambiente. Accompagnamento protettivo internazionale prevede altresì azioni di advocacy verso attori politici ed enti locali, azioni singole o all'interno di reti con cui da anni collaboriamo, e sto a citare qui la Rete «In difesa di».
  La Colombia sta attraversando una crisi che purtroppo non è nuova, fatta spesso di diritti umani negati, di un indice di povertà che ha raggiunto il 42 per cento della popolazione, di un aumento della violenza, di una lenta e difficile implementazione dell'Accordo di pace. Per dare delle cifre, nei primi quattro mesi del 2021 sono sessantacinque i leader e i difensori dei diritti umani assassinati in Colombia, trentacinque i massacri, ventitré i firmatari dell'Accordo di pace assassinati. Durante l'anno 2020, la ONG internazionale Front Line Defenders, nella sua analisi globale sui difensori dei diritti umani, segnala che il 53 per cento degli omicidi commessi contro i difensori dei diritti umani nel mondo è avvenuto in Colombia. Vorrei essermi sbagliato su questa cifra, ma è il 53 per cento degli omicidi avvenuti in Colombia. Sono cifre che parlano di un anno nefasto e che si aggiungono a quelle terrificanti dalla firma dell'Accordo di pace che – ricordiamo – è avvenuta nel novembre 2016. Dalla firma si contano 248 firmatari dell'Accordo e più di 1.103 leader difensori dei diritti umani assassinati.
  La situazione si è infine aggravata nell'ultimo anno a causa della pandemia da COVID-19, non solo dal punto di vista economico, ma anche per quanto riguarda le gravi violazioni dei diritti umani, che paradossalmente non sono diminuite nonostante le misure di confinamento adottate. Preoccupa vedere l'assenza di garanzie da parte dello Stato colombiano sul diritto di difendere i diritti umani. Le comunità indigene, le comunità contadine, come la Comunità di pace di San José de Apartadò, che accompagniamo anche fisicamente, ma in generale tutte quelle comunità e organizzazioni che portano avanti i processi non violenti in difesa della vita e della terra, sono diventati i soggetti più vulnerabili e le principali vittime.
  È un punto di vista privilegiato il nostro, quello di chi si è messo a fianco delle vittime delle comunità colombiane che lottano, resistono e costruiscono giorno per giorno un cammino di pace basato sulla Pag. 6non violenza, sulla verità, sulla giustizia, ma soprattutto sulla dignità dell'essere umano. Come volontari italiani impegnati da molti anni nel Paese, conosciamo l'angoscia di chi ancora oggi è costretto a vivere sotto costante minaccia di morte, l'angoscia di madri e padri per il reclutamento forzato di tanti giovani e minori di età che, in assenza di reali prospettive di vita, diventano facili prede di gruppi armati illegali che, dopo la firma dell'Accordo di pace, hanno in molti casi occupato le zone precedentemente controllate dalla guerriglia delle FARC (Forze armate rivoluzionarie della Colombia).
  Gli sfollamenti, dovuti nella maggior parte dei casi a scontri armati tra i diversi gruppi armati – legali e illegali – o a causa delle minacce nei confronti di contadini e contadine, popolazioni indigene, comunità afro, leader comunitari, obbligano ancora migliaia di persone ad abbandonare la propria casa, la propria terra e i propri beni per fuggire. Secondo gli ultimi dati di Human Rights Watch, tra gennaio e aprile di quest'anno lo sfollamento ha avuto un incremento del 33 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020, e ricordiamo che la Colombia è il Paese al mondo con il più alto numero di sfollati interni. Siamo a più di otto milioni di persone.
  Le manifestazioni che dal 28 aprile stanno riempiendo le strade del Paese sono il grido che si unisce a quello nelle aree rurali e più remote del Paese di chi continua a soffrire la violenza del conflitto. Quanto sta avvenendo in queste ultime settimane è solo la punta dell'iceberg del malessere e della disillusione vissuti da chi, dopo anni di conflitto armato, sperava nel raggiungimento di una pace vera e nell'implementazione dell'Accordo per poter risolvere i tanti problemi sociali ed economici che affliggono il Paese, primo fra tutti l'accesso alla terra.
  In Colombia non c'è ancora stata una vera riforma agraria come auspicato nell'Accordo, né un'efficace strategia di sostituzioni delle coltivazioni illecite. Preoccupa, inoltre, la firma del decreto da parte del Governo colombiano, che riattiverebbe la tanto contestata fumigazione con glifosato delle coltivazioni illecite. Sono stati ampiamente evidenziati gli impatti negativi che questa pratica causerebbe alla salute delle persone e all'ambiente.
  Riconosciamo il grande e prezioso lavoro che realizzano i difensori dei diritti umani in Colombia in un contesto, purtroppo, spesso di violenza. È di fondamentale importanza che siano rispettati i loro diritti e che siano date le dovute garanzie per lo svolgimento delle loro attività. Sono fondamentali il rispetto per la vita e il diritto alla protesta pacifica.
  Il popolo colombiano reclama giustizia e verità. Ciò che da oltre dieci anni quel popolo ci dice, giorno dopo giorno, è che, nonostante tanta violenza, le persone da cui è composto sono disposte a donare la vita per difendere la dignità dei propri fratelli e sorelle. Ci dicono che nessuno potrà togliere loro questa forza di resistenza pacifica e questa immensa sete di giustizia. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Ramigni. Sentiamo il dottor Zuluaga, se è in collegamento. Prego.

  JUAN CAMILO ZULUAGA, rappresentante delle famiglie dei desaparecidos in Italia. Buon pomeriggio. Innanzitutto, onorevole Boldrini, La ringrazio. Ringrazio Lei, la Commissione, i presenti, per questa dimostrazione di solidarietà e di interessamento con quanto sta avvenendo in Colombia. Dovremmo aggiungere magari altre cifre, altri dati, a quello che Lei ha già detto all'inizio, che è quello che ha detto il collega dell'Operazione Colomba.
  Il momento storico che sta attraversando il popolo colombiano, la società colombiana – sia chi è dentro il Paese sia chi, come me, vive al di fuori – è un momento di lunga e lenta transizione verso una democratizzazione del conflitto sociale. Se volessimo trovare un momento della storia della Colombia dove si possa dire che è iniziata la violenza o l'origine di questa violenza, penso che ci perderemmo nel tempo, ma posso dire che c'è un momento nel quale la società colombiana ha visto il futuro con una maggiore speranza e con il Pag. 7sogno che quella storia endemica, quella violenza endemica, fosse parte del passato.
  Questo momento è stato la firma degli Accordi di pace tra il Governo in quel momento, il Presidente Santos, e la guerriglia delle FARC. Come società colombiana, quel contesto, quel momento, quella firma, ha incluso per la prima volta le vittime, quindi la società colombiana nel suo insieme, dentro agli Accordi. In qualche modo tutti quanti noi colombiani abbiamo avuto la possibilità di sederci a tavola a sostenere questa pace e a essere parte di questo processo. Questo non per dire che con una firma si mette fine alle differenze sociali, ai conflitti che ci sono, alle problematiche di un Paese come la Colombia con oltre cinquanta anni di violenza che si porta dietro, ma ciò apriva la speranza, o apre la speranza – che per fortuna ancora non è svanita – a una maggiore partecipazione politica della società.
  Questo è uno dei problemi grandi del sistema colombiano. Le lotte che ci sono state dagli anni Settanta ad oggi, così come la riforma della terra, sono richieste di una maggiore partecipazione della società, delle diverse fasce della popolazione e della società nel suo insieme. Non posso fare a meno di citare le parole del portavoce del Centro democratico, l'attuale partito del Presidente Duque, che nel 2017, in piena campagna presidenziale, ha detto che la prima sfida del Centro democratico sarebbe quella di stracciare gli Accordi di pace, di stracciare quella maledetta carta firmata insieme alle FARC; e in qualche modo questo è quello che sta avvenendo.
  È un continuo soffiare sul fuoco di un conflitto che sembrava avere la possibilità di andare avanti, e questo in un Paese che si vanta di essere la democrazia più antica dell'America Latina. Purtroppo devo dire che la risposta che ha dato il Governo a questa manifestazione – che è iniziata in modo pacifico e anche legittimo in quella che è una dialettica nelle democrazie –, la repressione militare che c'è stata con il numero di feriti, di detenuti, ma anche con gli oltre quattrocento desaparecidos... Parliamo di oltre quattrocento desaparecidos; purtroppo queste cifre cambiano di giorno in giorno. Queste sono cifre, numeri e parole che non appartengono a una democrazia, non appartengono a una cultura democratica.
  Ecco che noi, come allora, nel 2016, in tutto questo processo ancora oggi stiamo chiedendo una mano alla comunità internazionale, ai diversi Paesi dove i colombiani risiedono, perché ci sia un'attenzione, un aiuto, una mano, a fare un altro passo in questa lunga transizione per radicare quella che è la cultura della democrazia anche in Colombia. È anche vero che avremo delle elezioni nel 2022 per eleggere il nuovo Presidente. Quello che temiamo è che ancora una volta queste non siano libere elezioni. E non è sulle elezioni che abbiamo un problema, ma è sulla parola della libera elezione. La libera elezione vuol dire che i cittadini colombiani possono andare a votare senza paura, ma soprattutto andando a fare un'elezione per migliorare le proprie condizioni di vita, e non con la paura di perdere la propria vita o addirittura di dover sopravvivere.
  Ecco perché penso che sia molto importante guardare e osservare le proteste di questi giorni, vederle anche come quello che purtroppo molti si aspettavano, cioè un preambolo, un inizio di una campagna elettorale che vede una partecipazione di più del 40 per cento dei colombiani che vivono sotto la soglia di povertà, grandissime fasce di giovani che vivono senza un futuro e non vedono un futuro. La reazione di questa richiesta e anche di questa rabbia sociale da parte della popolazione è stata fortemente repressa, con dei numeri che ci sembrano più da guerra che da controllo delle piazze.
  Io non volevo aggiungere molto altro, ma ringraziare e chiedere che ci sia un'attenzione, un'attenzione che continua a esserci, un accompagnamento da parte dell'Unione europea, dell'Italia, alla società colombiana affinché i tanti sforzi e il tanto sangue che è stato versato per questa democrazia non siano vani, e quella guerra che pensavamo di poterci lasciare alle spalle non torni ad essere l'incubo del presente, .

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  PRESIDENTE. La ringrazio di questa sua esortazione, che ritengo molto appropriata. Adesso darei la parola a Simona Fraudatario del Tribunale Permanente dei Popoli.

  SIMONA FRAUDATARIO, rappresentante del Tribunale Permanente dei Popoli. Grazie mille. Ringrazio per l'opportunità. Ringrazio l'onorevole Laura Boldrini, la presidente, e tutti i componenti e le componenti del Comitato. Io rappresento un organismo molto conosciuto a livello internazionale e poco conosciuto in Italia. Si chiama «Tribunale Permanente dei Popoli». È stato spesso confuso con i tribunali del popolo, ma c'è una differenza sostanziale tra le due esperienze. Il Tribunale Permanente dei Popoli è un tribunale di opinione, ha origini molto lontane, che affondano le radici nell'esperienza del «Tribunale Russel» che Bertrand Russel e Sartre promossero negli anni Sessanta sulla guerra del Vietnam, ed è un organismo a metà strada tra verità e giustizia; quindi, volendo collocarlo sulla scena internazionale, per capirci, è un organismo a metà strada tra le «Commissioni verità» e i Tribunali penali a livello regionale e quello internazionale della Corte penale internazionale. Ha una funzione di promozione dei diritti umani e ha essenzialmente una funzione di sensibilizzazione, di creare opinione, anche di fare in modo che le istituzioni possano agire verso il rispetto dei diritti umani.
  Il Tribunale Permanente dei Popoli è stato fondato nel 1979 da Lelio Basso. Ha infatti sede presso la Fondazione Lelio e Lisli Basso. Ha incontrato in questa lunga storia di difesa dei diritti umani la Colombia per ben tre volte, ed è un unicum nella storia del Tribunale. Per intenderci, il Tribunale viene sempre richiesto, non si attiva mai da solo, nel senso che è sempre una risposta a una richiesta di giustizia che viene inviata da parte di collettività di vittime e movimenti sociali che dichiarano di essere particolarmente colpite da violazioni dei diritti umani. Ha incontrato la Colombia nel 1991 in occasione di una sessione sull'impunità dei crimini contro l'umanità in America Latina, dove constatò una sorta di cultura della violenza in Colombia. Ha incontrato di nuovo la Colombia nel 2008 per un'indagine molto approfondita sulla commissione di crimini contro l'umanità commessi durante il Governo Uribe. Per i movimenti sociali, per noi che lavoriamo a stretto contatto con i movimenti sociali, quello del Governo Uribe è un momento particolarmente crudo della storia dei diritti umani in Colombia. Infatti, è conosciuto per lo scandalo della parapolitica, è conosciuto per lo scandalo dei falsos positivos, è anche conosciuto per le intercettazioni dei servizi di intelligence nei confronti di cittadini europei, tra cui anche la sottoscritta e molte persone che come me lavorano sulla Colombia da molto tempo.
  Nell'aprile del 2020 il Tribunale è stato sottoposto a un'altra richiesta: quella di aprire un nuovo processo a fronte di dati che sono stati mostrati, in particolare in merito alla difficile fase di implementazione degli Accordi di pace e anche alla difficile situazione dei difensori dei diritti umani.
  Ci sono state delle udienze pubbliche in Colombia che sono state realizzate per l'ascolto delle testimonianze orali delle vittime, nel mese di marzo, nelle città di Bucaramanga, Medellín e Bogotà. Questo lavoro del Tribunale è attualmente ancora in corso. Stiamo per preparare il rapporto finale sulla base di una documentazione di oltre un migliaio di pagine che abbiamo ricevuto dai movimenti sociali, di cui cercherò di darvi alcune anticipazioni.
  Dalla documentazione, un primo punto rilevante emerso è la continuità della violenza che si è manifestata in maniera molto simile, in un arco di tempo lunghissimo che abbraccia circa gli ultimi settanta anni, e che queste forme di violenza si sono manifestate in particolar modo a danno di specifici settori della popolazione civile colombiana. Mi riferisco in particolare a movimenti e partiti politici, a sindacati, a collettività e minoranze etniche tra cui contadini, indigeni e afrodiscendenti, alle donne, ai difensori dei diritti umani che ho citato prima, e ai movimenti studenteschi universitari e giovanili che oggi vediamo praticamente nelle piazze e nelle strade delle Pag. 9principali città colombiane. Sono gruppi sociali molto eterogenei, che sono però accomunati, secondo il Tribunale, da una comune visione di democrazia, da una comune visione di pace e da una comune visione di Stato e di modello di sviluppo.
  L'altro elemento che il Tribunale ha evidenziato è che la violenza e l'azione repressiva operata per lungo il tempo è stata particolarmente esercitata da un attore che è rimasto invariato, ovvero quello delle forze militari e paramilitari, che agiscono spesso attraverso una forma di coordinamento e di collaborazione.
  La documentazione, inoltre, sta dimostrando una sorta di intenzionalità nell'azione repressiva nei confronti di tutte queste forze sociali che lungo il tempo si sono espresse non d'accordo con alcune misure promosse dai diversi Governi che stiamo esaminando. Questa azione repressiva ha avuto l'obiettivo comune di ridurre al silenzio, con metodi molto diversi, queste varie forme di azione di protesta e di resistenza messe in atto dalla società civile, al fine di trasformare i meccanismi di ingiustizia, di disuguaglianza sociale e anche di impunità.
  Mi riserverò di mandare il report finale del Tribunale, però vorrei anticipare che tra i giuristi che fanno parte del Tribunale ci sono personalità molto conosciute: l'italiano Luigi Ferrajoli; anche Philippe Texier, che ha lavorato per lungo tempo alle Nazioni Unite; Antoni Pigrau della Spagna; Mireille Fanon della Fondazione Frantz Fanon (Mireille Fanon è la figlia di Frantz Fanon); e anche Daniel Feierstein, che è un argentino, che ha lavorato molto per il riconoscimento del genocidio riguardo alla dittatura in Argentina.
  Ora questo gruppo di giuristi sta valutando la possibilità, proprio in termini giuridici, di considerare l'elemento dell'intenzionalità, evidente nella repressione contro le forze sociali lungo il tempo di cui vi ho parlato, come espressione di un genocidio politico continuato a danno di un gruppo nazionale. Questo sulla base di quanto riconosciuto dallo Statuto della Corte penale internazionale, ma anche dallo stesso codice penale colombiano, che riconosce il genocidio politico.
  Per concludere, vorrei fare alcune osservazioni che sono anche delle preoccupazioni. La prima è l'assoluta contemporaneità del lavoro del Tribunale con le proteste dell'ultimo periodo. In questo senso, la richiesta giunta al Tribunale l'anno scorso ha in parte anticipato quello che sta succedendo in questo momento. Dall'altro lato vorrei sottolineare che non ci sono precedenti, nella storia del Tribunale, di sessioni condotte da parte del Tribunale Permanente dei Popoli in una situazione di post conflitto, e tra l'altro in una situazione di contemporaneità con il lavoro di una «Commissione verità».
  Ovviamente il Tribunale Permanente dei Popoli è in assoluta linea con tutto il lavoro della Commissione, lo sta appoggiando, e il report che noi produrremo lo invieremo anche alla «Commissione verità». Tra l'altro uno dei membri del Tribunale Permanente dei Popoli in questo momento sta lavorando attivamente, in forma totalmente indipendente, anche ai lavori della Commissione, e mi riferisco all'unico europeo che fa parte della Commissione tra i commissari, che è Carlos Bernstein.
  Questo lavoro del Tribunale è indicativo non solo perché è una chiave di lettura della continuità della violenza e della repressione, come anche dell'impunità, ma anche perché richiama la necessità di una presenza della comunità internazionale, di osservatori internazionali in Colombia.
  Ricordiamo negli ultimi tempi l'assoluta chiusura o non gradimento da parte del Governo colombiano rispetto alla presenza di Relatori Speciali delle Nazioni Unite. L'ex Relatore Speciale dei difensori dei diritti umani in questo momento fa parte della giuria del Tribunale Permanente dei Popoli, sta lavorando con noi. Ricordiamo la chiusura nei confronti del lavoro dell'Ufficio delle Nazioni Uniti a Bogotà, dei Relatori Speciali delle Nazioni Unite, e anche una chiusura nei confronti del lavoro della Commissione interamericana dei diritti umani, che proprio in questo momento sta chiedendo al Governo colombiano di poter entrare nel Paese per una missione di Pag. 10verifica su quello che è successo nell'ultimo mese
  Sulla base di tutto quello che ho detto molto brevemente, il nostro augurio è che il Governo italiano e la presenza della comunità internazionale sia sempre più forte, per fare in modo che comunque ci sia un reale rispetto dei diritti umani nel Paese, visto e considerato che questo è il primo Accordo di pace che include come princìpi, ma anche come misure, il rispetto dei diritti umani. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ricordo che abbiamo dei tempi un po' stretti. Adesso interverrà Giovanna Martelli, attivista e difensora dei diritti umani, ex deputata nella scorsa legislatura. Prego.

  GIOVANNA MARTELLI, attivista e difensora dei diritti umani. Anch'io mi associo ai ringraziamenti alla presidente Boldrini per darci l'opportunità di spiegare, di informare, rispetto a quello che sta accadendo in questa fase in Colombia. È ormai una fase di violenza prolungata, tra l'altro – aggiungo – molto poco seguita dai media nazionali. Questo mi sembra un primo punto da poter portare, nonostante la gravità della situazione. Riallacciandomi a quanto diceva Juan Camilo Zuluaga e agli interventi che mi hanno preceduto, credo che sia necessario avviare un monitoraggio internazionale per avere la massima comprensione di quanto sta accadendo, ma un monitoraggio finalizzato anche a comprendere fino a che punto gli Accordi di pace sono effettivamente attuati.
  Come diceva Simona Fraudatario, la dimensione del genere è particolarmente importante, uno, perché una risoluzione dell'ONU, la 1325, esplicita chiaramente la partecipazione delle donne negli spazi pubblici rispetto alla negoziazione degli Accordi di pace; due, perché comunque, all'interno di una necessaria trasformazione economica, il ruolo trasformatore delle donne è fondamentale.
  Marco ha anticipato prima la situazione della mancata attuazione delle riforma rurale integrale, così come anche la sostituzione della coltivazione illecita. Credo sia assolutamente necessario avviare questo monitoraggio internazionale, dove l'Italia abbia un ruolo importante rispetto a questo, nonostante il silenzio che abbiamo sentito in questi giorni da parte del Governo italiano, che mi preme sottolineare in questa sede.
  Concludo – per non sottrarre tempo a Francesco Martone, che mi succederà nell'intervento – dicendo che riteniamo necessario, alla luce della sistematica violazione dei diritti umani che è in atto in Colombia, che si sospenda l'esame del Trattato di libero commercio e si avvii piuttosto una fase di ascolto e di monitoraggio – mi ripeto su questo – rispetto all'azione dei movimenti sociali e delle comunità rurali colombiane, che sono in questa fase i principali protagonisti di quello che rimane degli Accordi di pace sottoscritti nel 2016. Io auspico, auspichiamo tutti, che il Parlamento italiano si interroghi sulla ratifica del Trattato di libero commercio, sospenda l'esame e possa accompagnare invece i movimenti sociali, quanto sta accadendo nella società civile colombiana.

  PRESIDENTE. Grazie a Giovanna Martelli. Adesso passiamo la parola a Francesco Martone, già senatore e adesso coordinatore della Rete «In difesa di». Prego, Francesco.

  FRANCESCO MARTONE, Coordinatore Rete «In difesa di». Grazie, presidente. È un piacere rivederti in questa occasione. Grazie a tutti i membri del Comitato, e anche a Giovanna Martelli per aver puntualizzato alcune delle ipotesi possibili di lavoro di questo Comitato. Io rappresento, insieme all'altro gruppo di realtà, la Rete «In difesa di», che ormai opera da oltre quattro anni. È composta da circa quaranta organizzazioni italiane che si occupano di varie questioni relative ai diritti umani, il che, vorrei ricordare, ha avuto proprio il suo momento iniziale presso la Camera dei deputati, con un importante convegno internazionale sui difensori dei diritti umani che fu svolto proprio sotto il patrocinio dell'allora presidente, Laura Boldrini. Ci tengo a dirlo, perché questo Pag. 11Comitato ha poi avuto occasione di poter affrontare e analizzare in maniera molto accurata la questione relativa ai difensori dei diritti umani nel mondo.
  Vorrei ricordare un'audizione alla quale partecipai per accompagnare la figlia di Berta Cáceres, Bertita, la leader indigena honduregna che fu uccisa per il suo impegno per la protezione dell'ambiente, anche in quanto donna e in quanto indigena. E poi soprattutto il 31 gennaio del 2017 l'approvazione di un'importante risoluzione presso la Commissione Affari esteri – l'allora presidente del Comitato diritti umani era Pia Locatelli – sui difensori dei diritti umani nel mondo, che delineava tutta una serie di impegni e di linee guida anche per il nostro Governo per quanto riguardava la necessità di mettere al centro della politica estera dei diritti umani proprio l'impegno in sostegno dei difensori dei diritti umani, al lavoro fatto dal Relatore Speciale dell'ONU.
  Dopo questa risoluzione l'Italia si candidò al Consiglio ONU per i diritti umani, per il seggio triennale, qualificando la sua candidatura anche rispetto alla priorità del sostegno ai difensori dei diritti umani. Per questo, a nostro parere, è ancor più da sottolineare il silenzio delle autorità italiane rispetto a quello che sta succedendo in Colombia, seppur noi in passato abbiamo sempre avuto occasione di incontrare i funzionari della Farnesina con delegazioni di attivisti colombiani, comunità di pace e altro; però poi alla fine notiamo che questa apertura al dialogo non risulta in prese di posizione contundenti o di livello. Questo per quanto riguarda la Colombia, ma anche in altri casi, o per lo meno non riusciamo ad avere trasparenza rispetto a queste prese di posizione.
  Noi come Rete volevamo contribuire anche a questa discussione con un commento più di metodo che di merito, perché il merito è stato ben affrontato dai colleghi e dalle colleghe che mi hanno preceduto. Anzi, tengo a sottolineare soprattutto l'importante lavoro del Tribunale Permanente dei Popoli. Anch'io ne sono membro, e credo che la sentenza che uscirà sarà veramente una sentenza storica da questo punto di vista, per le ragioni che sono state prima anticipate da Simona Fraudatario.
  Secondo noi questo Comitato potrebbe non soltanto continuare a dar seguito alle raccomandazioni sulla Colombia – anche quella rappresentata da Giovanna Martelli –, ma anche, ad esempio, riaprire un focus sul caso di Mario Paciolla. Ora è stato detto che il Governo colombiano più volte ha cercato di pregiudicare o di impedire lo svolgimento del lavoro dell'Alto Commissariato dell'ONU. Ricordo, circa un anno e mezzo fa, due anni fa, quando ci fu la successione del responsabile ONU in Colombia e il tentativo del Governo colombiano di impedire anche il lavoro dell'ufficio dell'Alto Commissariato, che sta svolgendo un'opera importante, di rilevanza, rispetto al monitoraggio della situazione e in particolare nel Cauca.
  Il caso di Mario Paciolla ci sembra essere stato un po' dimenticato, e pensiamo che sia invece molto importante chiedere conto ai nostri rappresentanti su cosa si sta facendo al riguardo. Ma – come diceva Marco Ramigni, giustamente sottolineando il tema dei difensori dei diritti umani – la Columbia è anche il Paese col più alto numero di omicidi di difensori dell'ambiente, di leader indigeni e rurali, però è un Paese tra tanti, e la situazione degli human rights defenders nel mondo è peggiorata notevolmente negli ultimi anni. Basta leggere i rapporti di Front Line Defenders e quelli di Global Witness, difensori dell'ambiente. Pensiamo che possa essere auspicabile, all'interno dell'indagine conoscitiva di questo Comitato, aprire un focus particolare proprio sulla situazione dei difensori dei diritti umani nel mondo, per poter valutare il livello di implementazione delle raccomandazioni della risoluzione da voi approvata, e per poter ascoltare anche esperienze di varie organizzazioni che con i difensori dei diritti umani lavorano e che hanno molto da condividere in termini di pratiche e di cosa i nostri rappresentanti diplomatici possono fare. Vorrei ricordare che l'Italia, in quanto membro dell'Unione europea, è tenuta ad applicare alcune linee guida sui difensori dei diritti umani per le rappresentanze diplomatiche all'estero. Sono Pag. 12tutte questioni che ci sembrano essere importanti e che possono e potrebbero essere anche al centro di una vostra attenzione particolare nei mesi che vengono.
  Non credo di avere altro da aggiungere al momento. Se ci sono domande, sono anch'io molto disponibile a rispondere. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Io chiedo ai colleghi e alle colleghe collegati a distanza se intendano intervenire. Abbiamo avuto molti spunti, molte sollecitazioni da parte degli auditi. Ritengo che ci siano anche per noi spunti per dare seguito al nostro lavoro del Comitato. Vedo Doriana Sarli, che ha preso anche un'iniziativa di cui Lei stessa ora parlerà e Le do volentieri la parola. Prego, onorevole Sarli.

  DORIANA SARLI. Grazie, presidente. Grazie anche al Comitato, di cui non faccio parte, per aver promosso e organizzato questa importante audizione. Come l'onorevole Boldrini ha detto, io ho inviato insieme a tanti altri parlamentari, sia della Camera sia del Senato, una lettera proprio al Presidente Duque, in cui chiediamo come rappresentanti della Repubblica italiana che vengano rispettati gli accordi internazionali, i diritti umani.
  Ma la cosa che volevo segnalarvi non era tanto questo, ma che l'Ambasciatrice Ramirez continua a mandare e-mail a deputati e senatori negando assolutamente tutto quello che sta avvenendo in Colombia e tacciando i manifestanti come terroristi che vogliono destabilizzare il Paese. Sono e-mail che sono arrivate più volte, al punto che oggi ho preso l'iniziativa di scrivere all'Ambasciatrice, chiaramente non potendo – per motivi istituzionali – entrare nel merito di quello che avviene nel Paese. C'è tutta una documentazione, che non è soltanto la documentazione dei video che troviamo online, ma ci sono proprio documenti, l'ONU... Non abbiamo dubbi su quello che sta avvenendo, quindi chiedo anche un attimo di chiarezza e spiegazioni, il perché di queste sue mail.
  Io ringrazio tutti voi. Stiamo promuovendo incontri, approfondendo la situazione, e spero che anche insieme al Comitato possiamo effettivamente cercare di fare qualcosa di più per la Colombia, che veramente merita tutta la nostra attenzione. Soprattutto, come è stato detto precedentemente, c'è un vergognoso silenzio da parte della stampa, che è veramente preoccupante. Non è che non si capisce perché, ma comunque ci sarebbe da chiederne spiegazioni. Grazie ancora, grazie a tutti.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sarli. Ci sono altri colleghi o colleghi che vogliono intervenire? Se qualcuno intende intervenire si faccia avanti. Onorevole Olgiati, prego.

  RICCARDO OLGIATI. Grazie intanto. Io intanto volevo ringraziare tutti gli intervenuti, perché hanno offerto un quadro importante della situazione, ma soprattutto un quadro piuttosto allarmante; non che non ne fossimo già a conoscenza, visto che sicuramente non è il principale argomento trattato dai media, ma volendo le informazioni si trovano, e poi noi abbiamo la fortuna di avere tutti i nostri contatti con le varie reti, quindi siamo piuttosto consapevoli della situazione.
  Io proprio oggi, nell'Ufficio di presidenza che ha preceduto questa audizione di questo Comitato, ho sottoposto il tema della Colombia. Lo avevo già sottoposto anche nel Comitato America Latina, che è un altro Comitato che noi abbiamo all'interno della Commissione Affari esteri. Io credo che a stretto giro noi potremmo organizzare ancora qualche altra audizione per sentire, anche da altre voci che mi hanno chiesto di poter essere audite, quella che è la situazione colombiana, e credo che sulla base di tutte queste audizioni come Commissione dobbiamo necessariamente intervenire attraverso un qualche atto, anche scritto, che rimanga sulla carta. Credo che la direzione sia piuttosto evidente. Noi facciamo parte dell'Unione europea, come è già stato detto durante l'audizione, e come Paese membro dell'Unione europea non possiamo non essere preoccupati e non promuovere una soluzione, ovviamente che sia pacifica, a questa soluzione che si è creata in Colombia nelle ultime settimane. Pag. 13
  Io credo che già tutte queste audizioni siano state molto utili, ma dobbiamo tenere alta l'attenzione su questo tema. Mi spiace questo silenzio della Farnesina. Io so che ci sono associazioni che hanno scritto anche direttamente al Ministro Di Maio. Speriamo al più presto di poter sentire anche la sua voce su questo tema. Sono sicuro che sarà assolutamente con noi e pronto a sostenere un'eventuale azione che venga promossa dalla Commissione.
  In riferimento alla situazione, la Colombia è uno Stato sovrano, per cui ha tutto il diritto di eleggersi i propri rappresentanti e questi hanno tutto il diritto di promuovere le politiche che ritengono più opportune. Quello che però non è accettabile è la violazione dei diritti umani. In questo caso io credo che si vada oltre la linea di confine e che i Paesi esteri abbiano il dovere di far sentire la propria voce, almeno nel tentativo di sensibilizzare quelle che sono le istituzioni attualmente al Governo in Colombia.
  Per questo motivo io mi farò promotore anche nel Comitato America Latina della Commissione Affari esteri di un percorso che cerchi di portare a una posizione forte da parte della Commissione stessa, a tutela del popolo colombiano e, nel nostro specifico, in quanto rappresentanti della del Parlamento italiano, della comunità italiana in Colombia e dei cittadini colombiani in Italia, che sono preoccupati per le loro famiglie. Credo che a loro dobbiamo questo interessamento e un eventuale intervento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Olgiati. Chi altro intende intervenire, prima che passiamo la parola per una breve replica? Onorevole Comencini, prego.

  VITO COMENCINI. Grazie, presidente. Ringrazio i nostri auditi, questi attivisti, per il grande lavoro che fanno di denuncia, oggi molto importante per far emergere la situazione in Colombia. Confermo naturalmente la solidarietà e l'appoggio espresso dai colleghi per portare innanzitutto la situazione in Colombia all'attenzione delle istituzioni, in primis del nostro Governo, che la deve mettere assolutamente nella propria agenda della politica estera.
  Volevo fare una domanda sulla questione militare del contrasto alle sostanze stupefacenti, per capire quanto queste situazioni possono essere legate in questo momento alla crisi che sta vivendo e quanto anche i Paesi limitrofi, dato che ci sono altre situazioni molto delicate e gravi, possono incidere anche nei confronti della Colombia, vedasi in particolar modo la situazione in Venezuela. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Comencini. Ci sono altri interventi? Se nessun altro chiede di intervenire, io darei la parola ai nostri ospiti. Non so chi vuole rispondere o fare delle conclusioni in merito a quanto esposto dai colleghi e dalle colleghe. Chi è che prende la parola? La parola alla dottoressa Giovanna Martelli, prego.

  GIOVANNA MARTELLI, attivista e difensora dei diritti umani. Intanto ringrazio gli onorevoli intervenuti. Colgo dalle loro parole l'attenzione e la volontà di proseguire un lavoro insieme sul monitorare questa situazione per capire quali azioni poter mettere in atto. Rispetto alla sospensione del Trattato, il Trattato era già stato ratificato nella precedente legislatura, ed è il medesimo Trattato che è stato adottato dall'Unione europea contestualmente con il Perù e l'Equador, se non vado errato. Io credo che, rispetto alla sistematica violazione dei diritti umani, la valutazione da farsi sia se è possibile su questo punto poter avviare una verifica, un approfondimento, rispetto al fatto che sia ancora del tutto efficace, visto che questa comunque era una clausola indicata nel Trattato. Ovviamente noi siamo a disposizione per qualsiasi tipo di approfondimento e qualsiasi azione possibile da poter porre in essere. Grazie di nuovo a tutti.

  PRESIDENTE. Grazie. A questo punto, visto l'orario, direi di tirare le conclusioni. Io accolgo con favore la proposta, che era stata fatta dall'onorevole Olgiati, di estendere queste audizioni sulla situazione in Pag. 14Colombia anche al Comitato America Latina. Parlerò con il presidente del Comitato per vedere come portare avanti questo focus insieme, in modo da poter mettere a fuoco tutti gli aspetti del rapporto anche tra l'Italia e la Colombia.
  Giovanna Martelli, Lei parlava del Trattato UE-Colombia: penso che, siccome venne ratificato nella scorsa legislatura, noi possiamo eventualmente fare un'interrogazione per verificare se può essere avviato il meccanismo di condizionalità del rispetto dei diritti umani da parte dell'Unione europea, perché noi lo ratificammo dopo che era stato già concluso da parte delle Istituzioni europee. Questo lo possiamo fare come interrogazione.
  Per quanto riguarda Mario Paciolla, come Martone diceva prima, c'è questo caso su cui non sappiamo molto. Io penso che sia doveroso da parte nostra, come Comitato, accendere l'attenzione su questo caso e cercare di trovare anche spazio per chiedere al Governo come sta portando avanti la pressione sulle autorità colombiane in merito alla verità, perché questo è un altro caso di connazionale di cui si sa ben poco. Si è parlato di tante piste possibili, ma tutto ancora è rimasto abbastanza sospeso. Abbiamo letto nella stampa il modo in cui sarebbe morto, ma non è ancora emersa una verità in merito a questo. È giusto andare a capire meglio a che punto sono le indagini e se di fatto le autorità si stanno impegnando per cercare di avere una verità in merito alla dinamica della morte di Mario Paciolla.
  Per il resto mi sembra che questi siano un po' gli ambiti su cui continuare a impegnarsi, quello del monitoraggio e quello dell'apertura di un confronto con il Comitato America Latina per portare avanti l'approfondimento. Io ritengo che in queste circostanze sia sempre utile che i deputati e le deputate possano andare direttamente nei luoghi, avere interlocuzioni con le istituzioni, con la società civile, e fare un'azione di pressione diretta. Adesso con il COVID abbiamo avuto uno stop in merito alle missioni. Noi ci auguriamo che la situazione in Colombia migliori e che ci sia una presa d'atto da parte delle autorità rispetto alla necessità di cambiare rotta in merito a quanto sta accadendo, ma se la situazione dovesse malauguratamente perdurare, con le nuove fasi di normalizzazione post COVID potremmo anche pensare di organizzare un'iniziativa di questo genere. Chiaramente devo mettere molte condizionalità, ma credo che se le cose vanno in un certo modo si possa anche pensare di poter fare questo.
  Io vi ringrazio molto di essere venuti, di averci dato la possibilità di ascoltare da voi le istanze. Vi siamo vicini, vi ringraziamo per quello che fate, per come lo fate, e spero che riusciremo ad avere una buona sinergia, perché è importante lavorare insieme, istituzioni e società civile. Grazie di cuore. Grazie a tutti e a tutte, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.