XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 19 di Mercoledì 6 novembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI

Audizione del Presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa, Peter Maurer.
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 3 
Maurer Peter , Presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa ... 4 
Boldrini Laura (PD)  ... 6 
Ehm Yana Chiara (M5S)  ... 7 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 8 
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 8 
Maurer Peter , Presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa ... 8 
Di Stasio Iolanda , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
IOLANDA DI STASIO

  La seduta comincia alle 15.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa, Peter Maurer.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella Comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione del Presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa, Peter Maurer.
  Saluto e ringrazio per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori il Presidente Maurer, accompagnato da Yves Arnoldly ed Els Debuf, rispettivamente Capo e Vicecapo della Delegazione territoriale per l'Europa del sud; Francesco Rocca, presidente della Federazione internazionale della Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa e Presidente della Croce Rossa Italiana; Barbara Contini, Sottosegretario Generale della Croce Rossa Italiana, che è stata anche senatrice dal 2008 al 2013; Fabrizio Damiani, funzionario della Croce Rossa Italiana.
  Il Comitato internazionale della Croce Rossa è un'istituzione indipendente e neutrale che, fin dalla sua nascita (1863), protegge e assiste le vittime della guerra e della violenza armata, interviene nelle situazioni di emergenza e si adopera per promuovere il rispetto del diritto internazionale e umanitario e la sua integrazione nelle legislazioni nazionali.
  L'azione del CIRC si fonda sulle Convenzioni di Ginevra del 1949 e sui loro Protocolli aggiuntivi, sui suoi Statuti nonché su quelli del Movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa e sulle risoluzioni delle Conferenze internazionali della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa.
  Il CIRC è finanziato da contributi volontari degli Stati parti delle Convenzioni di Ginevra, delle Società nazionali della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, delle organizzazioni sovranazionali, come ad esempio l'Unione europea, nonché di donatori pubblici e privati. Nel 2018 il contributo del Governo italiano è stato di 19,6 milioni di euro. Gli organi di governo del CIRC sono: l'Assemblea; il Consiglio dell'Assemblea (organo sussidiario che esercita funzioni delegate); e la Direzione (organo esecutivo). Sia l'Assemblea, costituita da un massimo di venticinque membri scelti tra cittadini svizzeri mediante cooptazione, sia il Consiglio dell'Assemblea sono presieduti da Peter Maurer, Presidente del CIRC dal primo luglio 2012.
  Ricordo che il 16 ottobre scorso abbiamo avuto l'opportunità di audire il Vicepresidente della Croce Rossa Italiana, avvocato Gianluca Valastro, che ci ha illustrato la campagna «Nuclear Experience – Croce Rossa Italiana per il disarmo nucleare», con l'obiettivo di sensibilizzare il Governo, il Parlamento e l'opinione pubblica sulle conseguenze umanitarie di un eventuale uso delle armi nucleari nonché per Pag. 4chiedere che l'Italia aderisca al Trattato per la proibizione delle armi nucleari.
  Ricordo altresì che, nel corso della missione a Ginevra a cui ho preso parte lunedì scorso, ho anche avuto modo di incontrare una delegazione di funzionari del Comitato internazionale della Croce Rossa, responsabili delle operazioni in Medio Oriente e Africa, con i quali abbiamo avuto un proficuo scambio di idee sulla situazione umanitaria in due quadranti di crisi: la Siria e la Libia.
  La visita in Italia del Presidente Maurer è finalizzata a promuovere un dialogo più profondo e più ampio tra il Comitato internazionale della Croce Rossa e l'Italia su questioni di interesse comune, nonché a rafforzare ulteriormente il sostegno politico, operativo e finanziario agli obiettivi diplomatici del Comitato, in Italia e all'estero.
  Il Presidente Maurer potrà approfondire le attività del Comitato in Italia, in particolare quelle riguardanti i cosiddetti «missing migrants» (migranti, compresi rifugiati e richiedenti asilo, che sono morti o dispersi durante la migrazione); i servizi per ristabilire i legami familiari di persone separate da conflitti; altre situazioni di violenza, calamità o migrazione; le problematiche connesse alle persone accusate o detenute per motivi legati a conflitti armati; il terrorismo, con particolare riguardo ai foreign fighters e alle loro famiglie; il dialogo con le forze italiane impegnate nelle missioni internazionali.
  Do quindi la parola al Presidente Maurer per il suo intervento.

  PETER MAURER, Presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa. Grazie, presidente, per la Sua presentazione. Vorrei iniziare con una breve introduzione. Non vorrei parlare troppo a lungo, immagino che abbiate tante domande e quindi preferisco rispondere alle questioni che stanno più a cuore a voi parlamentari.
  Sono davvero lieto di essere qui, nel cuore del Parlamento italiano – l'Italia è uno dei principali donatori del Comitato Internazionale della Croce Rossa; l'Italia è tra i 25 Paesi più importanti che sostengono la nostra attività nel mondo – per fornire informazioni sulle attività del nostro Comitato. Voi parlamentari siete alla base delle decisioni di bilancio che riguardano anche noi e quindi vorrei esprimere il nostro più vivo apprezzamento per il vostro contributo.
  Sono a Roma da trentasei ore e il programma della mia visita può aiutarvi a cogliere gli ambiti fondamentali nei quali collaboriamo con la Croce Rossa Italiana e con il Governo italiano. L'Italia è un grande sostenitore della nostra attività e – come Lei ha detto, signora presidente – noi lavoriamo con la Croce Rossa Italiana sui ricongiungimenti familiari, l'identificazione delle persone scomparse, il rafforzamento delle capacità della Croce rossa nazionale di identificare le persone scomparse e facilitare i ricongiungimenti familiari. È importante lavorare congiuntamente su temi come la migrazione, anche se il CIRC non è il primo soggetto coinvolto in questo ambito: questo compito spetta alla società civile, ma noi siamo in prima linea nei conflitti da cui hanno origine i flussi migratori e, per questo, ci consideriamo come una parte della catena di risposta.
  Il Movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa cercano di mitigare l'impatto negativo dello sfollamento causato dalle violenze. Sapete che, nel mondo, più di settanta milioni di persone risultano sfollate a causa della guerra e della violenza. Altre persone si spostano e si muovono nel mondo, ma settanta milioni sono sfollati a causa di guerre e violenze; e due terzi di questi settanta milioni sono sfollati o all'interno del Paese dove è in corso un conflitto o nei Paesi immediatamente limitrofi. Solo un terzo di essi si muove oltre e va ad ingrossare i flussi migratori, nella maggior parte dei casi verso l'emisfero settentrionale: in America, da nord verso sud, oppure dal Sahel, dal lago Ciad e dall'Africa Occidentale verso il Mediterraneo e, quindi, verso l'Europa. Pensando all'Asia, si registra un forte flusso dal Myanmar verso nord e verso sud, verso la Thailandia e il Bangladesh. Queste sono alcune delle rotte migratorie di cui ci occupiamo. Questo è stato il tema principale dei miei colloqui in Italia. Stamattina ho Pag. 5incontrato il Viceministro della giustizia per parlare di detenzione e per offrire i servizi e la competenza del CICR sulle visite ai detenuti in tutto il mondo. Numerosi sono coloro che sono sottoposti a regime di detenzione per attività terroristiche all'interno o al di fuori dell'Europa, quindi il CICR si è offerto di partecipare ad attività relative alla detenzione di queste persone, perché riteniamo che sia nostro compito occuparci delle condizioni dei detenuti non solo nelle regioni in conflitto ma anche al di fuori di quelle regioni. E abbiamo avuto un riscontro molto positivo da parte del Ministero della Giustizia su questo tema. Ho incontrato, inoltre, il Viceministro della difesa per valutare un nostro eventuale contributo in materia di formazione, nonché di verifica delle attività militari durante operazioni di peacekeeping in diverse regioni del mondo, e abbiamo anche valutato eventuali possibilità di rafforzamento delle nostre relazioni con le Forze armate in Italia. Anche in questo caso ho avuto uno scambio molto proficuo. Con la Viceministra agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Emanuela Del Re, ho parlato a lungo di cooperazione in alcuni ambiti critici connessi alle politiche umanitarie. È stato citato, nell'introduzione, il tema degli armamenti: voglio precisare che noi ci occupiamo non solo di armamenti nucleari ma di armamenti in generale e una delle nostre più grandi preoccupazioni riguarda l'uso di armi esplosive nelle aree urbane, dove si verificano gli attacchi più efferati nei confronti della popolazione civile in Iraq, in Yemen, in Siria e in altre aree. Questa per noi è una preoccupazione prioritaria che deve entrare nell'agenda internazionale. Il CICR, insieme al Ministero degli affari esteri italiano, ha avviato una riflessione sulla possibilità di applicare nuove tecnologie in relazione al diritto umanitario internazionale: armi autonome, guerra in remoto, tutto ciò che sia connesso alla guerra cibernetica e agli attacchi cibernetici. Queste sono questioni politiche importanti, attacchi cibernetici, nuove tecnologie applicate agli armamenti, siamo andati oltre le questioni di cui normalmente si parla a proposito del CICR.
  Aggiungo brevemente che a dicembre, come accade ogni quattro anni, si terrà a Ginevra la Conferenza internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, l'unica e straordinaria sede in cui 196 Governi che hanno ratificato le Convenzioni di Ginevra, la Federazione delle Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, e il Comitato Internazionale della Croce Rossa si riuniscono per parlare di questioni umanitarie e di tutte le questioni a cui ho accennato: dal diritto umanitario internazionale, il suo rispetto e la sua applicazione, al rispetto del diritto internazionale, alle nuove tecnologie. Noi abbiamo una risoluzione sul ricongiungimento familiare in contesti di sfollamento che sarà oggetto di dibattito durante la Conferenza internazionale. Un altro tema è la nostra cooperazione con i Governi nazionali in materia di leggi sulla protezione civile in caso di disastri. Questi sono i nostri ambiti di attività e i temi di cui si parlerà nell'ambito di quella Conferenza.
  Un breve accenno ad alcune realtà concrete che sono fonte di preoccupazione per noi. Un tema molto sentito in Italia è la situazione in Libia: la prospettiva del CIRC è importante, dovrebbe aggiungersi al dibattito che è in corso in Italia. Voi siete consapevoli di quello che accade in Libia e noi siamo in quel Paese dal 2011, abbiamo una presenza costante: a volte, a causa del fatto che il dibattito si concentra sul tema della migrazione e la Libia appare come un Paese di transito, tendiamo a dimenticare il fatto che la Libia è invece prima di tutto un luogo in cui è in corso un conflitto armato interno e ci sono centinaia di migliaia di persone sfollate. Solo negli ultimi mesi, intorno a Tripoli, più di centoventimila persone sono sfollate e migliaia hanno riportato gravi ferite a seguito dei combattimenti tra l'Esercito Nazionale Libico e il GNA, Governo di accordo nazionale. La nostra prima risposta non è quella relativa a una crisi migratoria: la nostra prima risposta tiene conto del fatto che in Libia è in corso un conflitto. In relazione al nostro coinvolgimento con le parti belligeranti, noi facciamo visita agli istituti di detenzione e ai detenuti delle parti coinvolte nel conflitto. Pag. 6 Voglio essere onesto con voi: noi non facciamo visita alle strutture di detenzione dei migranti, perché sino ad ora non siamo stati in grado di raggiungere un accordo con le autorità che gestiscono tali centri in Libia, dal momento che non hanno consentito al CICR di lavorare secondo i propri standard, che prevedono che noi andiamo in un centro di detenzione solo se c'è la possibilità di avere colloqui individuali, ripetere visite senza preannunciarle e solo se siamo in grado di avere un rapporto collaborativo, positivo con le autorità preposte alla gestione dei centri. Per noi questi sono parametri fondamentali che però non sono stati rispettati e quindi, per il momento, abbiamo deciso di non fare visita ai centri di detenzione dei migranti in Libia.
  Un'ultima riflessione: la nostra organizzazione è presente in tutti i Paesi del Sahel e del bacino del lago Ciad, dalla Mauritania al Niger, Burkina, Ciad, Nigeria, ecc. dove seguiamo da vicino le dinamiche degli spostamenti delle popolazioni. Non esiste una regola aurea, una soluzione assoluta alla pressione a cui sono sottoposte quelle società, ma voglio ricordare che, a nostro avviso, esistono soluzioni migliori di quelle che si propongono oggi. Lo scorso anno nel Sahel e nel Mediterraneo si è registrato un aumento delle vittime: esiste una migrazione circolare per cui quattro, cinque, sei volte si prova ad attraversare il Mediterraneo e alla fine si muore. Questa non è una bella situazione. Quindi da una prospettiva squisitamente umanitaria vorrei mettere in discussione il nostro approccio attuale e incoraggiare tutti a cercare una soluzione migliore per il futuro; una soluzione che non arriva da un giorno all'altro, ma in termini di accesso alla detenzione, rispetto delle regole fondamentali, assistenza fornita ai migranti più vulnerabili lungo le rotte della migrazione, rafforzamento delle istituzioni locali esistono soluzioni migliori che ci consentono di affrontare meglio anche le dinamiche dei conflitti, i quali provocano massicci sfollamenti. Dovremmo, per esempio, diminuire il sostegno ai gruppi armati in Libia, in Sahel. Sostegno che, invece, è davanti ai nostri occhi. Questo è un enorme problema umanitario.
  Una delle cose più a buon mercato in Sahel e in Libia sono proprio le armi. La fornitura non controllata di armi da parte di Stati a gruppi armati non statali in Libia non è all'origine del conflitto, ma è sicuramente un fattore che alimenta ulteriormente sia il conflitto che lo sfollamento.
  Mi fermerei qui con la mia relazione, sono sicuro che avrete numerose domande e suggerimenti da propormi.

  LAURA BOLDRINI. Ringrazio il Presidente Maurer e il Comitato internazionale della Croce Rossa, nonché i rappresentanti italiani della Croce Rossa per il lavoro che fate, sia a livello nazionale sia internazionale. Io ho più volte incontrato nel mio percorso professionale il Comitato internazionale della Croce Rossa, in diversi luoghi di crisi, e conosco il rigore con cui agisce, il rispetto che ha presso le popolazioni locali, perché il suo ruolo terzo, autonomo e indipendente gli consente di essere sempre efficace nell'azione che porta avanti.
  Partiamo dalle operazioni che Lei ci ha illustrato, che sono state al centro dei suoi incontri in Italia con le varie autorità: in questo Paese siamo molto concentrati intorno a un dibattito sull'immigrazione che spesso non è mirato a delle soluzioni ma semplicemente ad una visione di corto periodo, il più delle volte strumentale. Ho apprezzato il fatto che Lei abbia voluto sottolineare che questa gestione dei flussi migratori dimostra molti deficit: se le persone muoiono nel deserto, o in mare, se la pressione demografica è tale per cui comunque noi perderemo, c'è qualcosa che non va, e dunque dobbiamo riconsiderare il modo di gestire i flussi e cercare anche di stabilizzare le popolazioni, perché so bene – e lo dico dopo quindici anni all'UNHCR – che nessuno parte a cuor leggero, come se fosse una vacanza. Chi parte lo fa sempre con dolore, lo fa perché non ha scelta e perché vuole sopravvivere a un conflitto o vuole dare migliori condizioni di vita ai propri figli.
  Rispetto a quello che ci ha detto della Libia, dove voi avete l'autorizzazione di entrare nelle carceri ma non nei centri di detenzione per migranti, deve far riflettere tutti noi in merito alle condizioni di quei Pag. 7centri. Lei sa che l'Italia da pochi giorni si è trovata di fronte a una scelta importante (a livello più che altro di Governo, perché il Parlamento non era coinvolto): il rinnovo di un memorandum of understanding con la Libia. Lei è stato molto chiaro in quello che ha detto. Noi stiamo cercando di trovare una soluzione per non lasciare questo Paese al proprio destino, quindi fare la nostra parte di Paese vicino che ha a cuore le sorti di un Paese amico, ma, al tempo stesso, rivedere drasticamente i termini di quel memorandum.
  Io vorrei condividere con Lei quello che noi vorremmo, in teoria, fare: accogliere l'appello delle Nazioni Unite a svuotare i centri di detenzione, dove sono rinchiuse cinquemila persone, e trasferire queste persone in altri Paesi con un'evacuazione umanitaria. Visto che Lei ci ha parlato della situazione in Libia, dove siete presenti dal 2011, vorrei capire perché – se ho ben compreso – Lei lamentava il fatto di non avere accesso ai centri di detenzione, ma credo che più che sostenere questa vostra richiesta in questo momento storico bisognerebbe tutti seguire l'approccio delle Nazioni Unite e cercare di evacuare e chiudere questi centri, nei quali, come dimostrano i rapporti al Consiglio di Sicurezza, ci sono condizioni inumane e degradanti e dove attualmente non ci sono possibilità di rendere quelle condizioni in linea con gli standard internazionali. La domanda è se Lei condivide questo approccio che noi stiamo faticosamente cercando di mettere in atto: abbiamo aperto un tavolo con le autorità libiche, il cui obiettivo è rivedere il memorandum alla luce delle richieste delle Nazioni Unite. Quindi, signor Presidente Maurer, avrei piacere di avere da Lei un feedback su questo approccio e come Lei ritiene che il Comitato internazionale della Croce Rossa possa contribuire alla sua attuazione.

  YANA CHIARA EHM. Il Presidente Maurer ci ha illustrato a una situazione tutt'altro che rosea. Ci fa sorgere anche dei quesiti e dobbiamo fare non dico un mea culpa, ma riflettere per capire quali sono gli strumenti importanti da mettere in campo.
  Mi collego a quanto detto dalla collega Boldrini sulla necessità di analizzare i fenomeni per capirne le cause. Quando studiavo i conflitti e cercavo le cause, rilevavo come questi non fossero più simmetrici ma asimmetrici. La percezione che non ci siano più guerre potrebbe essere corretta, perché la guerra – almeno per come noi la conosciamo – non c'è più: ci sono altri tipi di conflitti nel mondo, molto più complessi – appunto, asimmetrici – e sono centosessantasei, che è un numero ingente. Questo ovviamente comporta – come ha detto il Presidente – il fatto che da lì si innescano processi come povertà e migrazione: processi difficili da gestire e per i quali non esistono soluzioni, almeno a breve termine. Forse dovremmo pensare di provare ad arrivare alla radice del problema per trovare una soluzione.
  Vengo alle richieste. Siria, tematica molto complessa. Lei ha avuto la possibilità – ho letto in varie interviste e articoli – di visitare i campi profughi di Al-Hol, di visitare altri campi con una criticità molto rilevante proprio per il fatto che vedono la presenza di foreign fighters, di mogli e di figli che richiedono un'attenzione in più. Di fronte a una difficoltà del genere, la Croce Rossa come si approccia?
  La questione yemenita. Ce ne siamo occupati come Parlamento in maniera abbastanza ampia, anche con una mozione per la sospensione dell’export delle armi; nelle scorse settimane ci sono stati degli aggiornamenti che vorrei definire importanti, nel senso che sono piccoli, ma rilevanti passi verso gli accordi di Stoccolma: come li valuta Lei, cosa ne pensa?
  Ultimo argomento: la Libia. Ha fatto un'ottima panoramica, quindi non mi dilungo. Abbiamo vissuto sulla nostra pelle la questione Abd al-Rahman al-Milad (noto anche come al-Bija), la difficoltà di approcciarci verso degli interlocutori che, da una parte, rappresentano le istituzioni – come la Guardia costiera – e, dall'altra parte, risultano avere altri ruoli. La Libia quindi rappresenta una grande problematica proprio perché non si riesce a capire quali sono i veri interlocutori con i quali possiamo fare dei passi in avanti: vista la Pag. 8vostra esperienza lì, sarei interessata a un suo commento.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. A me interesserebbe capire di più sulla vicenda della campagna internazionale per la messa al bando delle armi nucleari, in particolare quale tipo di ricezione c'è da parte delle altre capitali. Immagino che il Presidente Maurer stia girando e stia avendo tutta una serie di colloqui. Questo Comitato, anche grazie ad un'iniziativa della presidente, vuole impegnarsi su questo fronte. È chiaro a tutti che impegnarsi seriamente su questo fronte in modo unilaterale da parte dell'Italia è molto difficile, invece sarebbe interessante capire quali passi in avanti si stanno facendo, con quali Governi, anche per promuovere un'azione concertata con alcuni di loro.

  PRESIDENTE. Mi associo alla richiesta dell'onorevole Quartapelle, perché – come ha anticipato – siamo molto sensibili su questo argomento.
  Se non vi sono altri interventi, invito il Presidente Maurer a fornire le risposte. Prego.

  PETER MAURER, Presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa. Vi ringrazio per le domande molto pertinenti. Cercherò di essere sintetico, perché mi scatenerei per una buona mezz'ora.
  La prima domanda. Apprezziamo sicuramente il piano e l'idea delle Nazioni Unite di evacuare e trovare soluzioni con Paesi terzi al problema dei detenuti e dei centri di detenzione per migranti in Libia. La nostra esperienza passata ci insegna che il primo passo ragionevole per trovare una soluzione alla detenzione di migranti e a qualunque forma di detenzione, è consentire l'accesso a quelle strutture da parte del nostro Comitato internazionale. La prima cosa da fare con i detenuti è registrarli, valutare le loro condizioni di salute, la loro situazione e occorre stabilizzare la popolazione dei detenuti per poter capire cosa fare con tutti loro. Mentre la visione finale appare ottima in relazione al piano delle Nazioni Unite, io insisto sempre sul fatto che un viaggio lungo inizia con il primo passo, e il primo piccolo passo che dobbiamo compiere è avere accesso alla popolazione dei detenuti, poterla stabilizzare e poi considerare le opzioni possibili. La soluzione dei Paesi terzi è ottima, ma nella Convenzione sui rifugiati ci sono tre opzioni che la Comunità internazionale ha giudicato fattibili per risolvere questi problemi: integrazione, ritorno e soluzioni da concordare con Paesi terzi. Io credo fermamente che una volta che si riesca ad avere accesso, che si siano registrati i detenuti, che si sia stabilizzata la situazione nei campi, una volta che vi siano elementi di controllo su queste persone, si può valutare chi abbia bisogno di soluzioni con Paesi terzi; chi può beneficiare di un piano di ritorno, con un po’ di assistenza e con l'applicazione di altri programmi e di altre politiche; e chi abbia la possibilità di essere integrato. Quando ho parlato con i migranti ad Agadez – e l'ho fatto varie volte, in maniera ripetuta anche negli ultimi mesi – molti di loro hanno espresso la volontà di restare in Libia perché, rispetto al loro luogo di provenienza, quella appare la soluzione migliore. Quindi credo che, a prescindere dalle nostre visioni e dalle nostre idee su come risolvere il problema a livello di comunità internazionale, dobbiamo sempre chiedere per prima cosa alle persone cosa vogliono. Se noi non sappiamo cosa vogliono, inevitabilmente finiranno per fare altro rispetto alle nostre aspettative. Questa è la mia risposta alla prima domanda.
  Sul campo di Al-Hol, a proposito del contesto dei campi nella Siria nord-orientale, per darvi un quadro più ampio la nostra stima è che al momento ci siano circa dodicimila combattenti nei centri di detenzione nella Siria nord-orientale; questi combattenti arrivano da più di settanta nazioni diverse, ma per la maggior parte sono siriani e iracheni. Al di fuori di quella detenzione formale abbiamo circa sessantottomila famiglie di combattenti ad Al-Hol, due terzi delle quali (il 95%) sono composti da donne e bambini e il resto da ragazzi e uomini. Queste persone formalmente non sono detenute, ma di fatto lo sono, perché non possono lasciare i campi, Pag. 9vivono in condizioni miserabili, ma la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa, il nostro Comitato internazionale e la società civile sono riusciti negli ultimi mesi, insieme alla Mezzaluna Rossa arabo-siriana, a fornire assistenza umanitaria in quei campi, dove si trovano a vivere per lo più civili, non combattenti. Quindi abbiamo incoraggiato tutti i Paesi che hanno i propri cittadini in quei campi a riportarli nei loro territori.
  Per facilitare il processo decisionale abbiamo sempre detto che la priorità è far ritornare i bambini e i minori non accompagnati – che sono la categoria più vulnerabile – le donne e, infine, occuparsi di tutti gli altri.
  Non sottovaluto il timore e le preoccupazioni dei servizi di sicurezza, delle forze dell'ordine e delle squadre anti-terrorismo dei vari Paesi. Io ho parlato con tante di quelle donne e molte di loro si sono pentite di quello che è accaduto, mentre altre sono ancora radicalizzate, quindi riconosco l'esistenza di un dilemma per voi legato alla sicurezza. In Europa, se i Paesi industrializzati non riescono a far tornare dei bambini, delle donne e giudicare queste persone, eventualmente detenerle e poi reintegrarle nelle loro società, perché tutto ciò dovrebbe essere possibile in Siria, in Iraq e in altri Paesi? Questa è una priorità sulla quale ci siamo mossi e abbiamo cercato di coinvolgere più di sessanta Paesi negli ultimi mesi per cercare di facilitare il ritorno di queste persone. Alcuni Paesi – cosa che non mi sarei mai aspettato – hanno fatto davvero un ottimo lavoro, hanno riportato bambini e donne nei loro territori, insieme alle loro famiglie: Malesia, Indonesia, Russia, Kirghizistan, Marocco e Tunisia.
  I problemi più grandi sono in Europa, perché la classe politica ha difficoltà a gestire questa questione. Lo dico chiaramente, noi abbiamo sempre cercato di facilitare il dialogo tra i Paesi d'origine e le rispettive autorità nella regione in cui operiamo per agevolare il trasferimento di queste persone. Quindi sicuramente potete contare sul movimento della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa per avvalervi della nostra esperienza e risolvere questo problema dei rimpatri.
  Per quanto riguarda lo Yemen abbiamo al momento una vaga speranza. Due settimane fa sono stato in Yemen e la dinamica appare leggermente migliore oggi rispetto a sei o sette mesi fa. Nutrivamo grandi speranze dopo l'accordo di Stoccolma; pensavamo di poter fare dei passi in avanti per ridurre gli scontri a Taiz e Hodeidah, facilitare lo scambio di prigionieri: ci sono stati sette mesi di stallo tra le parti senza progressi. Avrete visto che ho fatto visita ad Abu Dhabi, a Riad, ad Aden, sono stato a Sana'a; lavoriamo con il Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per rilanciare l'accordo di Stoccolma, renderlo fruibile. Non accadrà dall'oggi al domani, ma sono speranzoso in questo senso. Nello Yemen c'è la stessa situazione della Libia. Di fatto gli accordi di detenzione funzioneranno solo se il nostro Comitato internazionale potrà avere accesso ai detenuti e potrà avere un dialogo per capire chi vuole uno scambio, chi vuole muoversi e chi no, altrimenti non accadrà nulla.
  Da ultimo aggiungo che sulla Libia sono d'accordo con la definizione dell'onorevole Ehm, ovvero che si tratta di una situazione davvero confusa. Lei ha parlato di situazione confusa in Libia, io invece dico che c'è una situazione molto chiara: c'è una politica di potere e la trasformazione di un conflitto in conflitto armato da parte di potenze esterne che ha esacerbato la situazione in Libia. Non ho trovato milizie, nessuno che porti un'arma in Libia che non sia stato sostenuto da un Governo ufficiale. Sono d'accordo con la sua analisi sulla simmetria e asimmetria dei conflitti, ma la realtà è che c'è uno scontro tra potenze a livello intergovernativo. Ci sono delle dinamiche locali che gettano benzina sul fuoco del conflitto, ma occorre occuparsi del conflitto con una maggiore unità a livello di politiche della comunità internazionale per fermare questa situazione. Tutti i Paesi del Golfo, tutto il Medio Oriente, le grandi potenze, i principali Paesi europei che, con vari interessi, sostengono le varie fazioni in Libia. Questa è la situazione. Se le grandi potenze internazionali appoggiano parti diverse, diventa quasi impossibile evitare questa Pag. 10 situazione di confusione, come l'ha definita Lei.
  Noi continueremo a cercare di mitigare gli effetti negativi del conflitto per cercare di avere una stabilizzazione della popolazione e della società dal basso verso l'alto. Il punto fondamentale è che questo è uno dei conflitti più frammentati e internazionalizzati del momento. Ci sono varie potenze regionali e internazionali che hanno interessi finanziari in gioco e che esportano armi, quindi bisogna fare attenzione: non si può affrontare un problema con così tante criticità senza una buona diplomazia.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente Maurer, tutti i partecipanti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.