XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 23 ottobre 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Grimoldi Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Grimoldi Paolo , Presidente ... 3 
Lupi Maurizio (Misto-NcI-USEI)  ... 4 
Ehm Yana Chiara (M5S)  ... 4 
Grimoldi Paolo , Presidente ... 4 
Younan Ignace Youssif III , Patriarca di Antiochia dei Siri ... 4 
Grimoldi Paolo , Presidente ... 6 
Boldrini Laura (LeU)  ... 6 
Younan Ignace Youssif III , Patriarca di Antiochia dei Siri ... 7 
Delmastro Delle Vedove Andrea (FDI)  ... 7 
Cabras Pino (M5S)  ... 8 
Grimoldi Paolo , Presidente ... 8 
Coin Dimitri (LEGA)  ... 9 
Orsini Andrea (FI)  ... 9 
Grimoldi Paolo , Presidente ... 10 
Younan Ignace Youssif III , Patriarca di Antiochia dei Siri ... 10 
Grimoldi Paolo , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PAOLO GRIMOLDI

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Patriarca di Antiochia dei Siri, Sua Beatitudine Ignace Youssif III Younan.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, del Patriarca di Antiochia dei Siri, Sua Beatitudine Ignace Youssif III Younan.
  Saluto e ringrazio il Patriarca, accompagnato da Abouna Rami Alkabalan, visitatore apostolico in Europa, e da Padre Habib Mrad, segretario, per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
  Ringrazio, altresì, il collega Alessandro Pagano che ha segnalato alla Commissione la presenza a Roma di questa prestigiosa personalità e ne ha promosso l'audizione.
  Sua Beatitudine è stato eletto Patriarca della Chiesa cattolica sira il 20 gennaio 2009. Precedentemente ha guidato la prima eparchia siro-cattolica nordamericana, l'eparchia di Nostra Signora della Liberazione di Newark, istituita da papa Giovanni Paolo II il 6 novembre del 1995. La Chiesa cattolica sira è una Chiesa sui iuris patriarcale, in comunione con la Chiesa cattolica. Più precisamente è la Chiesa degli ortodossi siriaci che si sono riuniti con Roma a partire dal 1783, conservando la loro lingua, il loro rito siriaco occidentale e la loro legislazione ecclesiastica.
  La Chiesa ha una propria gerarchia, sotto l'autorità di un Patriarca. La sede è a Beirut, ma la maggior parte dei fedeli vive in Iraq, circa 42.000, e in Siria, circa 26.000. Altre comunità sono presenti in Terrasanta, Turchia ed Egitto. Molti altri fedeli – circa 55.000 – vivono anche in diaspora, in America, Australia ed Europa.
  In numerosi interventi pubblici il Patriarca di Antiochia ha più volte denunciato la drammatica situazione delle minoranze cristiane perseguitate nel Vicino Oriente, in particolare in Iraq e in Siria, evidenziando che tali persecuzioni hanno provocato un esodo dei giovani da quei luoghi in cui la fede cristiana è nata e si è sviluppata.
  In un intervento a margine della quindicesima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, tuttora in corso di svolgimento, il Patriarca è tornato a ribadire che il sedicente Stato Islamico in Siria è stato sconfitto ma che l'ideologia fondamentalista non è stata del tutto rimossa e continua a rappresentare una grave minaccia per la pacifica convivenza tra le culture e la libera professione della fede.
  In questo quadro il Patriarca ha più volte denunciato l'indifferenza e l'opportunismo politico dei Paesi occidentali, che hanno tradito le attese di protezione delle minoranze cristiane.
  Il contributo del Patriarca assume dunque un particolare rilievo, dal momento che le persecuzioni a danno delle minoranze cristiane presenti nei Paesi a maggioranza islamica costituiscono uno degli Pag. 4ambiti di approfondimento della nostra indagine conoscitiva.
  Prima di dare la parola al nostro ospite, chiedo ai deputati Maurizio Lupi e Yana Ehm, nella loro qualità di relatori sull'indagine conoscitiva, se desiderano svolgere qualche considerazione introduttiva.

  MAURIZIO LUPI. Ringraziamo – parlo anche a nome della collega – il Patriarca per l'opportunità che ci dà con la sua presenza in Commissione. Noi stiamo svolgendo questa indagine conoscitiva, il cui scopo è legato al ruolo che l'Italia potrà avere nella comunità internazionale riguardo alla tutela, allo sviluppo e alla promozione dei diritti umani. Ovviamente la possibilità di professare liberamente la propria fede è uno dei diritti fondamentali.
  In questo contesto si inserisce a pieno titolo la Sua audizione al Parlamento italiano.
  Da sempre – e poi concludo, perché credo che sia utile ascoltare la Sua testimonianza e poi le domande da parte dei colleghi e anche nostra – c'è grande attenzione da parte della Commissione esteri e del Parlamento italiano riguardo alla situazione in Siria, non solo ovviamente come territorio geografico, ma anche come situazione dei cristiani, che più di ogni altro stanno subendo le conseguenze di una guerra, ma anche le conseguenze di un esodo quasi biblico dalla terra dove sono vissuti. Noi stessi, credo anche con l'onorevole Pagano, prima ancora che scoppiasse la guerra siamo stati in pellegrinaggio, con una delegazione di parlamentari, in Siria e abbiamo potuto vedere come comunque la convivenza religiosa potesse essere vissuta, attuata e professata.
  Questo è il contesto. Io La ringrazio ancora, poi è chiaro che il lavoro della Commissione andrà a trecentosessanta gradi riguardo a tutta la questione dei diritti umani e della loro tutela nel mondo. Grazie ancora.

  YANA CHIARA EHM. Aggiungo anch'io qualche parola, anche se il mio collega Lupi, che ringrazio, ha perfettamente introdotto la tematica. Per noi la questione importante non è soltanto audire e capire al meglio la questione del rispetto dei diritti umani, ma anche essere contro ogni forma di discriminazione, e ove questa questione non sia garantita è necessario un intervento chiaro e forte.
  Credo che questa audizione oggi possa dare un'attenzione particolare a eventuali forme di discriminazione. Mi associo a quello che è stato detto dal collega Lupi sulla necessità di libertà di credo in tutto il mondo. Quindi La ringrazio ancora della sua presenza. Ascolterò attentamente le sue parole. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola a Sua Beatitudine Ignace Youssif III Younan.

  IGNACE YOUSSIF III YOUNAN, Patriarca di Antiochia dei Siri. Vorrei ringraziare voi tutti, presidente, vicepresidente e tutti voi, cari amici, signore e signori del Parlamento italiano, di avermi invitato a scambiare con voi qualche pensiero riguardo alla situazione dei cristiani nel Vicino Oriente in genere e particolarmente quelli in Siria e Iraq, che subiscono da anni quell'incubo che voi conoscete già.
  Vorrei fare solamente all'inizio questa precisazione: quando parliamo di una Chiesa sui iuris vuol dire una Chiesa particolare, non è una Chiesa nazionale. Quando io mi presento come il Patriarca siro-cattolico di Antiochia non vuol dire che solamente io sono il capo della Chiesa siriana cattolica di rito siro, perché vi è stata la fuga forzata dei cristiani verso la campagna, poi il ritorno, quindi sono stati in diversi luoghi dell'antico Impero Ottomano. Io ho la mia sede patriarcale in Libano, a Beirut, da circa 110 anni, quando fu trasferita per motivi di sicurezza da un Patriarca mio predecessore, ma, come ha detto il presidente, siamo soprattutto in Iraq e in Siria.
  In questi due Paesi abbiamo subìto l'incubo di essere soggetti a discriminazione da parte dei fondamentalisti dell'Islam, che voi chiamate «Isis». Mi ricordo che quattro anni fa quando sono stato al canale televisivo RaiNews24 ho detto: «Voi chiamate Isis questi fondamentalisti terroristi, come se fosse un profumo per donna. Non Pag. 5è un profumo, è gente incredibilmente orrenda».
  Dobbiamo dire la verità così com'è: sono i fondamentalisti islamici, terroristi nel nome dell'Islam, che hanno fatto tutto questo. Chi li ha creati? Chi li ha istigati? Chi li ha incoraggiati? Potete saperlo meglio di me, perché io non sono nella sfera geopolitica, sono un pastore della Chiesa, ma sicuramente è stato davvero un incubo per i nostri cristiani e per tutte le altre minoranze sia in Siria che in Iraq.
  Vorrei esprimere un secondo pensiero. Noi siamo davanti a una sfida molto seria: come poter convincere i nostri, particolarmente i giovani, a rimanere nella terra dei loro antenati, dopo quello che hanno vissuto in Siria per circa otto anni e in Iraq per più di quindici anni, dall'inizio dell'invasione dei cosiddetti «alleati» americani? Non possiamo davvero aiutare la nostra gioventù, convincerla a rimanere, perché dicono: «Voi siete stati qui per centinaia di anni e qual è stato il frutto? Siamo ridotti a piccole minoranze, abbiamo vissuto in uno stato di discriminazione, come cittadini di seconda classe, e abbiamo dovuto subire tutte queste ingiustizie nel nome del Signore, come testimoni». Qual è stato il frutto? Purtroppo visibilmente zero, quindi la gioventù vuole andarsene e fa di tutto per farlo.
  In Iraq, a causa di quell'eradicazione, specialmente dalla Piana di Ninive nel 2014, e in Siria da circa otto anni, la situazione è drammatica. Come sapete, il gruppo dei cd. «amici della Siria», comprendeva circa 150 Paesi, inclusi numerosi Paesi europei. Chi è rimasto? Pochissimi, solamente coloro che parlano il linguaggio degli americani, degli Stati Uniti, dell'Arabia Saudita e dei Paesi del Golfo, perché hanno interessi dettati dall'opportunismo.
  Il fatto è che la Siria ha subìto molti danni. Sono stato due mesi fa ad Aleppo, a Homs, un mese a Tartus, sulla costa. Ho visto che c'è un recupero, un miglioramento, ma non in tutte le parti, e soprattutto i giovani non vogliono rimanere, perché da otto anni c'è questo conflitto orrendo. I giovani non vogliono rimanere, anche a causa del servizio militare. Le nostre famiglie hanno poca progenie e non vogliono che i loro giovani siano uccisi oppure rapiti da questi terroristi, come è accaduto due mesi fa nel sud della Siria, nella zona dei drusi, con Daesh che ha attaccato all'alba: ne ha uccisi centinaia e rapiti un altro centinaio.
  Io quattro anni fa ho avuto un incontro con la Commissione esteri del Senato in cui ho detto che i cristiani non sono alleati né con Bashar al-Assad né con il partito Ba'th né con un altro partito politico: i cristiani vogliono un Paese pacifico dove possano vivere e rimanere.
  I cristiani, come sapete, sia in Siria che in Iraq, non hanno né milizie né sono così numerosi da costituire un pericolo, e non sono neanche armati, quindi vogliono vivere in pace, per migliorare le condizioni del loro Paese. Tuttavia, attualmente non c'è un sistema di governo migliore di quello che abbiamo adesso: un Presidente educato, con una moglie, due figli e una figlia, che non ha nemmeno paura di andare a visitare scuole e orfanotrofi. Come possiamo fare il paragone tra lui e altri che, se conoscono il nome della loro ultima moglie, sicuramente non conoscono i nomi di tutti i loro figli e figlie? Dove possiamo trovare l'onestà e la verità per difendere coloro che sono davvero soggetti a questa guerra che non ha senso?
  Inoltre, noi ricordiamo che l'Italia a un certo punto della storia chiamava il Mediterraneo «Mare nostrum». Dov'è l'Italia, dov'è l'Unione europea per cercare di pacificare questi Paesi e per non lasciare l'agenda né agli americani né ai russi né ai cinesi per esportare tutto questo odio tra confessioni e tutte queste violenze?
  Noi speriamo che l'Italia possa avere la sua parola nell'Unione europea porre fine a tutto questo e cercare di pacificare e incoraggiare al dialogo, specialmente ad adottare la Carta dei diritti umani per tutti.
  Viviamo nel XXI secolo, non nel VII o nel XVI, siamo chiamati a sostenere, a diffondere la Carta delle Nazioni Unite, specialmente l'articolo 18, in cui si dice chiaramente che tutti i Paesi devono rispettare i diritti umani, sia la libertà religiosa, sia di coscienza di ogni cittadino, come è Pag. 6previsto anche nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, all'articolo 10.
  L'Italia quindi ha un grande ruolo. In Libano, dove mi trovo ora, c'è tensione, come sapete bene: a cinque mesi dalle elezioni (da voi la formazione del Governo ha richiesto molto meno tempo) non abbiamo ancora un governo. Dato che l'Italia ha un grande influsso sul Libano e attualmente in Europa è il partner più importante nel commercio con il Libano, dobbiamo fare qualcosa per aiutare il Libano ad avere un suo governo malgrado tutti gli ostacoli.
  Non voglio parlare a lungo, in siriaco diciamo «corto e dolce», «short and sweet». Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Lascio la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA BOLDRINI. Sua Beatitudine, è un piacere ascoltarla, non è la prima volta. Io mi sento in dovere di inquadrare la crisi siriana al di là del quadro che Lei ci ha fornito, che ci ha dato sicuramente degli spunti interessanti.
  Devo ricordare che questo conflitto nasce, come da Lei ricordato, sette anni fa. Un conflitto che ha causato centinaia di migliaia di morti (è difficile anche sapere precisamente il numero, si parla di 300-400 mila morti), un conflitto civile, dunque all'interno dello stesso Paese, con milioni di rifugiati nei Paesi confinanti (alcuni li abbiamo visti anche in Europa), oltre a un numero altissimo di sfollati interni.
  Descrivere Bashar al-Assad come una persona educata che fa del bene al suo Paese è quantomeno riduttivo, è un understatement. Penso che chi è parte di un conflitto civile non faccia il bene del proprio Paese, e lo dico anche alla luce di quanto mi è capitato di sperimentare direttamente nel 2012, quando lavoravo al campo per i rifugiati di Zaatari, che Lei conoscerà (parliamo della Giordania).
  Erano i primi flussi che dalla Siria arrivavano in Giordania e già all'epoca si parlava di come l'aviazione di Assad bombardasse i villaggi, di come i carri armati entrassero nei villaggi e non facessero tanta differenza. Quindi non credo che si possa pensare che Assad sia estraneo a questo conflitto e possa essere descritto come un buon padre di famiglia.
  Homs, Aleppo, Idlib sono alcune delle città entrate nella lista degli orrori. Lei parla di diritti umani, ma qui c'è stata la cancellazione di qualsiasi tutela dei diritti dell'essere umano: bambini costretti a una vita infernale, a non poter crescere come bambini, a non andare a scuola, ad essere mutilati (i mutilati sono tantissimi).
  La condizione di sofferenza della Siria, così come all'epoca anche dell'Iraq, è estesa a milioni di persone, le minoranze sono diverse, sono cristiani certamente, però anche yazidi, curdi, drusi, ci sono tutti i problemi tra sciiti e sunniti nella regione che Lei conosce benissimo, quindi penso che le conseguenze della guerra non risparmino nessuno.
  È chiaro che riguardo alla minoranza cristiana c'è stata una situazione di particolare difficoltà, ma certamente le condizioni degli altri non sono migliori. È vero, la Siria era un Paese multiconfessionale, Assad garantiva la convivenza civile, e sappiamo bene che era un esempio, ma questo non significa che con l'inizio del conflitto non ci siano state responsabilità anche da parte del regime.
  Non possiamo quindi presentare questo come un conflitto in cui qualcuno ha subìto e qualcun altro invece è stato esente da responsabilità: l'esercito libero siriano sicuramente ha avuto le sue responsabilità, le Nazioni Unite parlano di violazione dei diritti umani da parte di tutte le parti in conflitto e basta parlare con le donne yazide per sapere quello che è successo loro. Non c'è qualcuno che sia esente dalla sofferenza in questi sette anni, quindi è giusto che la nostra azione sia rivolta a compiere qualsiasi sforzo possibile per riportare il dialogo in Siria.
  La Siria però non troverà mai pace se chi da fuori esercita il potere sul Paese non deciderà di fare seriamente una trattativa di pace. Staffan De Mistura, Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite, si è Pag. 7dovuto ritirare dopo anni di sforzi che non hanno portato da nessuna parte.
  Penso che la soluzione militare non porterà mai alla conclusione del conflitto, che finirà quando ci sarà la volontà politica, quando gli attori esterni alla Siria decideranno di metterci un punto, e gli attori esterni sono di varia natura, come Lei sa. Lei ha menzionato l'Arabia Saudita, ma anche l'Iran e altri attori sono coinvolti in questo conflitto. Quindi credo che l'unica via sia quella diplomatica e che un Parlamento come il nostro possa esercitare un'azione politico-diplomatica affinché si incrementino gli sforzi che abbiano come obiettivo la pace. Se non ci sarà questa volontà politica, non è attraverso l'uso della forza che si riuscirà a portare la pace in questi Paesi.
  Il terrorismo è una dimensione abominevole, Sua Beatitudine, anche per noi in Italia, lo condanniamo fortemente, lo condanniamo sempre e comunque, quindi da parte nostra c'è ogni sforzo possibile per riuscire a liberare le popolazioni che ne sono affette e che hanno subìto violenza da questa entità che si autoproclama «Stato islamico», ma che altro non è che un'entità che vive grazie al sostegno di altre soggetti che hanno interesse a destabilizzare l'intera regione.
  Mi farebbe piacere avere una Sua valutazione sulla possibilità di riuscire a trovare una strada più efficace che ci possa portare alla fine di questo conflitto, e se Lei ritenga possibile arrivarci attraverso la presenza di chi in questo conflitto c'è stato e di chi ha causato tanto male alla propria popolazione.

  IGNACE YOUSSIF III YOUNAN, Patriarca di Antiochia dei Siri. Ho letto oggi su Le Figaro, che un ufficiale americano dell'est della Turchia ha riconosciuto di aver bombardato due moschee con civili e bambini, perché erano usati da questi terroristi. Quindi, in una guerra confessionale, in una guerra civile ci si deve sempre aspettare delle atrocità, però dire che l'esercito ha voluto bombardare quell'ospedale e quella scuola penso che non sia tanto obiettivo. Grazie.

  ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE. Ringrazio il Patriarca per questo intervento che chiarisce molti aspetti anche a noi che leggiamo ciò che capita in maniera un po’ strabica, con le lenti a volte dell'ideologia, a volte di giornali che non riportano tutta la verità. C'è voluto tanto per riconoscere come dietro inconsistenti «primavere» si nascondessero spesso islamisti e integralisti islamici che miravano a cancellare ogni segno della cristianità proprio nelle terre della primigenia cristianità.
  Concordo con il Patriarca: non so quanto Bashar al-Assad sia un buon padre di famiglia, ma so per certo che nella storia dell'umanità si arriva al pluralismo politico dopo aver attraversato il pluralismo religioso, e oggi, prima ancora di incalzare il Patriarca che ci porta una verità che ormai emerge contro ogni fake news, ricordo che, fino a poco tempo fa, noi che siamo intelligenti sostenevamo che a Duma fossero state utilizzate armi chimiche, mentre oggi a negarlo non è il Patriarca o Assad, ma la stessa Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC), secondo cui non c'è stato attacco chimico.
  Probabilmente, quindi, non è opportuno incalzare il Patriarca per una frase che, peraltro, voleva rendere l'idea che fra uno Stato che garantisce il pluralismo religioso e le serpi islamiche si deve scegliere il primo, perché ha sempre garantito la presenza dei cristiani e una civile convivenza. Ci sono dei problemi di pluralismo religioso in questi Stati? Il Patriarca ci sta dicendo di fare attenzione, perché non si risolvono tornando indietro con le lancette della storia e tornando a un periodo in cui non solo non c'è il pluralismo politico, ma è negato anche quello religioso, che è la prima tappa per arrivare a quello politico.
  Ringrazio veramente il Patriarca per queste parole di coraggio e di verità, che a volte l'Occidente ancora non vuol sentire perché abbiamo la coscienza sporca, perché non solo la Turchia e l'Arabia Saudita, ma anche la Francia e gli Stati Uniti hanno inseguito le fake news delle «primavere», l'Italia ha dimenticato gravemente i fratelli cristiani che nel libro di Gian Micalessin vengono definiti, non a caso, Fratelli traditi. Pag. 8
  Colgo l'occasione della presenza del Patriarca per ribadire l'importanza, alla quale credo si associ l'onorevole Lupi perché lo avevamo chiesto concordemente, di mettere al centro di questa Commissione non solo un'indagine sulle discriminazioni in genere, ma sulla più potente discriminazione oggi esistente, causa del maggiore spargimento di sangue, che è quella religiosa.
  Solleciterei, a maggior ragione dopo le parole del Patriarca, la Commissione intera a ritenere che il tema debba essere rappresentato dalle discriminazioni religiose, perché oggi, che ci piaccia o meno, si ammazza per religione, e purtroppo le vittime in Medioriente sono generalmente i cristiani.

  PINO CABRAS. La definizione della guerra civile siriana contiene un elemento di verità, c'è anche una componente di guerra civile, però questo pezzo della narrazione non deve mangiarsi il resto della rappresentazione corretta che si dovrebbe fare della guerra siriana.
  Già nel 2014, quando si potevano fare i primi bilanci dell'inizio che aveva innescato questa grandissima crisi, perfino attingendo ai dati dell'Osservatorio siriano sui diritti umani, che non considero una fonte molto attendibile perché sbilanciata in funzione anti-Assad, emergeva che, sui 110 mila morti conteggiati a quel tempo, 77 mila erano forze combattenti regolari.
  Era quindi una guerra molto diversa dalle guerre più recenti che abbiamo visto nel mondo, in cui la maggior parte dei morti sono popolazione civile. Può sembrare strano, ma in Siria, nella fase iniziale, la maggior parte dei morti non era genericamente popolazione civile, ma elementi combattenti. Questo significa che era una guerra inquadrata in uno schema di combattimento in cui contavano molto le forze armate. Ad esempio, fra le forze del Governo legittimo della Siria c'erano 27 mila morti, altri 20 mila fra forze paramilitari e ulteriori morti nelle forze combattenti soprattutto straniere schierate in quel momento.
  Questo per dire che la crisi in Siria è stata fin dall'inizio viziata da un tentativo di intervenire per cambiare il regime, il sistema di governo, che è intervenuto in un momento delicatissimo della storia della Siria.
  La Siria 25 anni fa aveva la metà degli abitanti che aveva all'inizio della guerra, ha raddoppiato la propria popolazione per dinamiche demografiche molto particolari, quindi stava modificando una serie di equilibri etnici che duravano da secoli. L'ultima cosa che si sarebbe dovuta fare in quel momento era partecipare alla crisi inasprendola e impedendo qualsiasi strumento di mediazione, «hitlerizzando» la figura dominante del sistema che era il Presidente Assad, perché uno dei criteri adottati in tutte le guerre di questi anni è stata la «hitlerizzazione» del capo dello Stato, una rappresentazione sbagliata che non tiene conto di una società molto complessa, piena di pesi, contrappesi, dinamiche anche religiose.
  Questo era l'equilibrio della Siria e non solo della Siria. Il Patriarca ha fatto un discorso unitario, inquadrando la Siria all'interno di un sistema, il Levante, in cui ci sono il Libano e l'Iraq. Non dimentichiamo che l'aggressione all'Iraq del 2003 ha causato milioni di profughi, 1,5 milioni si spostarono in territorio siriano, creando una pressione rispetto all'equilibrio etnico precedente che è diventata fonte di problemi di controllo molto gravi. Se quindi non si inquadra un problema come quello siriano in questo contesto, si rischia di compiere importanti errori di valutazione.
  Credo che adesso sia necessario invertire lo schema che è stato seguito dall'Occidente per molti anni. Lo schema numero uno era cambiare il regime, arrivare al cessate il fuoco e poi trovare una soluzione politica, ma credo serva un ragionamento inverso: bisogna pensare ad una soluzione politica, trovare le soluzioni militari sul campo che sono state create anche da dati di fatto, da come si è sviluppata la guerra negli ultimi anni, e infine dar voce al popolo siriano per scegliere il proprio Presidente.

  PRESIDENTE. Grazie. Onorevole Coin.

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  DIMITRI COIN. Grazie, presidente. Ringrazio l'onorevole Pagano per aver reso possibile questo incontro e ringrazio sentitamente Sua Beatitudine il Patriarca e le persone che lo accompagnano. Non voglio entrare nelle dinamiche del conflitto siriano, anche perché oramai credo tutti abbiamo imparato che troppe volte il politicamente corretto non è esattamente il politicamente reale, quindi non toccherò le dinamiche di questo tema e nemmeno il pensiero sul rapporto tra Daesh e altre forze internazionali, che nel pensiero del Patriarca oramai conosciamo.
  Quello che chiedo è questo.
  Lei sta partecipando al Sinodo dei giovani, se non erro: vorrei chiedere qual è la situazione dei giovani siriani.
  Prima toccava il tema anche l'onorevole Boldrini: Staffan de Mistura, dopo quattro anni e mezzo, ha annunciato le proprie dimissioni. Vorrei capire come, secondo Lei, sia possibile un successo del tavolo di pace e quale potrebbe essere il ruolo dell'Italia in questo.
  Io Le pongo dei quesiti, non faccio considerazioni né porto soluzioni.
  So che ha firmato una lettera pastorale ai fedeli, nella quale si legge testualmente: «Ripetiamo a tutti, soprattutto ai politici, che il miglior aiuto da dare ai nostri fedeli è quello di permettere loro di restare a casa loro, nei loro Paesi, e di non suscitare disordini politici e le varie forme di violenza che li costringono a emigrare».
  I Governi occidentali favorevoli a questo vostro invito esplicito come possono aiutarvi nel sostenerlo e nel rafforzarlo? Grazie.

  ANDREA ORSINI. Io credo che, quando esiste un conflitto, naturalmente tutte le persone di buon senso, tutte le persone civili, non possano che augurarsi che sia possibile trovare delle soluzioni pacifiche. Credo, però, che dire questo sia un atto di buona volontà che di per sé porta pochi effetti concreti e che, comunque, non ci esime dal dare delle valutazioni su quello che è successo, su quello che sta succedendo.
  Troppo lungo sarebbe, naturalmente, e anche estraneo allo scopo di quest'audizione, fare una riflessione complessiva sulla drammatica vicenda siriana. Rimane, però, il fatto oggettivo che, qualunque valutazione si dia sul governo di Bashar al-Assad, le possibili alternative o non ci sono o non c'erano o sarebbero state peggiori dell'esistente.
  Io credo che, per quanto a torto o a ragione si possa accusare il regime di Assad di violazione dei diritti umani, lo Stato islamico non fosse l'alternativa desiderabile per nessuno, né per le comunità cristiane né per la popolazione della Siria nel suo complesso, che è vissuta in questi decenni in un'organizzazione civile di tipo relativamente laico, diverso e in qualche modo più positivo di quello che è esistito nei Paesi governati dalla legge della Sharia, o comunque da un'applicazione dell'Islam di tipo politico e non soltanto religioso.
  Detto questo, rimane però anche obiettivamente il fatto che nella vicenda siriana, che mi pare si stia concludendo con una stabilizzazione del Governo di Assad, rimangono ovviamente delle ferite aperte, rimangono tutte le conseguenze che un'atroce guerra civile ha portato con sé.
  Quello che vorrei chiedere a Vostra Beatitudine è come si esce da questo. Esiste un possibile futuro di riconciliazione nazionale per la Siria che, nell'escludere, naturalmente, i terroristi e i fautori del cosiddetto Stato islamico, sia tuttavia in grado di ricomporre le tante realtà del mosaico siriano in un quadro di convivenza non solo imposta con la forza, ma anche accettabile per tutti?
  L'altra domanda che mi piacerebbe porre a Vostra Beatitudine, ma mi rendo conto che forse ci porta troppo lontano, è come valuta l'evoluzione o involuzione che si è determinata nel mondo islamico a partire dalle primavere arabe. Questo è riferito a una questione molto specifica.
  La risposta data abitualmente dalla Chiesa cristiana parla di dialogo per battere il terrorismo, dialogo per battere la violenza, dialogo per battere tutte queste cose.
  Esiste ancora e che ruolo ha un Islam dialogante o col quale si possa dialogare? Grazie.

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  PRESIDENTE. Do la parola a Sua Beatitudine per la replica.

  IGNACE YOUSSIF III YOUNAN, Patriarca di Antiochia dei Siri. Grazie, presidente.
  Rispondo al nostro amico onorevole riguardo ai giovani siriani. Nel mese di luglio, a un convegno per i giovani cattolici in Libano, per una settimana abbiamo avuto più di 120 giovani della Siria. Qui, al Sinodo romano, era molto più difficile, specialmente per ottenere il visto. Si deve andare in Libano, dove devono dare delle ragioni per la loro visita, e i siriani non sono tanto accettati in Libano visto il gran numero dei profughi siriani già da più di sei anni.
  Per la soluzione politica sicuramente ci vuole tempo, però ciò che posso dire è che molti sono stati ingannati da quella che noi chiamiamo «primavera araba». Sono stati molti incoraggiati, istigati da Paesi che hanno il denaro e hanno anche messo l'accento sul sunnismo. Vuol dire che i sunniti devono prendere tutto il potere in Siria. E hanno accusato il Governo di essere confessionale alauita.
  Io ricordo bene che già nel 1983, quando servivo a Beirut come viceparroco e andavo con la mia macchina da Damasco in Libano, a Beirut, sono stato fermato da un militare, un soldato siriano che serviva in Libano, gli ho dato un passaggio in macchina. Gli ho chiesto di dove fosse. Mi ha risposto che era della regione costiera, che vuol dire che era alauita. Gli ho chiesto che cosa facessero. Mi ha detto che provava davvero un odio terribile per quelli di Hama, che avevano già ucciso tanti prima che Assad bombardasse dei quartieri e finisse con quella rivolta di Hama, a nord di Homs, molto conosciuta, religiosamente molto sunnita. Mia sorella studiava in un istituto per maestre a Hama e diceva che, quando passavano per strada, c'erano uomini che usavano spray a base di benzina e acido su quelle ragazze perché non erano velate.
  Comunque, alla soluzione politica adesso si può arrivare, ma lentamente, a condizione che le altre Nazioni o Paesi cessino di intervenire.
  Voi sapete bene che non era solamente una guerra civile, ma era una guerra religiosa. Gente armata, mercenaria, da differenti Paesi, dall'Asia, dall'Africa e dall'Europa, veniva a combattere chi? Combattere il regime. È vero che prima c'erano delle dimostrazioni per maggiore libertà, ma sono state sfruttate.
  Poi parliamo di soluzione politica basata su democrazia, ma quale democrazia? La democrazia all'occidentale, da esportare in una regione in cui la religione musulmana ha l'ultima parola in tutte le sfere della vita, sia pubblica sia privata? Faccio un esempio.
  Se avete qui una moschea con un minareto e cinque volte si canta, si prega, anche alle tre, alle quattro di mattina, ad alta voce, con l'altoparlante, come potete accettare questo? Lì dobbiamo accettare questo. Dicono che questa è la nostra religione, ma al tempo di Maometto non avevano outspeaker, microfoni o altro. Volete pregare? Pregate, ma lasciate la gente in pace! Qui, però, non si può dire questo, quindi come possiamo esportare una democrazia come la vostra in una regione dove non c'è questa separazione?
  Vuol dire che ci saranno sempre discriminazioni contro le minoranze, non contro i cristiani solamente, ma tutte le minoranze. I drusi, gli alauiti, gli yazidi non hanno moschee. Sono considerati infedeli da parte dei musulmani sunniti. Gli yazidi non erano perseguitati in Siria. Erano rapiti in Iraq, a Sinjar e in parte della Piana di Ninive.
  Prima di tutto, bisogna parlare di vera libertà della coscienza della gente, che possa vivere liberamente e seguire la propria religione liberamente, senza avere conflitti con gli altri.
  Inoltre, valutare l'evoluzione del dialogo, a parere mio, come chi vuole veramente vedere le cose a fondo, non solamente, come ha detto l'onorevole, con un linguaggio politicamente corretto, dicendo siamo tutti fratelli e sorelle. Non c'è dialogo con l'Islam in quanto tale, perché c'è sempre un monologo. Dicono «noi abbiamo la perfezione, tutta la rivelazione è stata completa con Maometto, quindi non abbiamo Pag. 11bisogno di dialogare». Questo è la verità. Già dagli anni Settanta ho letto che a Parigi un bravo sacerdote, che aveva raccolto alcuni profughi emigrati musulmani nel suo convento, li ha chiamati e ha detto loro: «per favore, adesso cerchiamo di pregare assieme perché Dio ci dia la capacità di accettarci l'un altro e di conoscere la verità». Uno di loro ha detto: «io non ho bisogno, perché io ho la verità». Era un musulmano. Questo è chiaro.
  Anche su questo la Chiesa cattolica, sia in Italia sia in tutta l'Europa, deve essere sincera e dire che noi amiamo tutti e vogliamo rispettare tutte le religioni, ma, per favore, non deve dirci che c'è un dialogo. Il dialogo sulla vita assieme, su come convivere assieme, va bene, su come rispettarci l'un l'altro, ma dire che c'è vero dialogo...
  Solo in Libano, dove possiamo avere la nostra libertà di coscienza, partecipiamo al Governo, c'è una Costituzione per cui non c'è legame tra religione e politica. Uno può scegliere la sua religione come vuole, ma negli altri Paesi no, dobbiamo accettare questo.
  È questo il problema più difficile per i nostri giovani. Se un nostro giovane vuole bene a una ragazza musulmana e vogliono sposarsi, il giovane deve diventare musulmano, i loro figli devono diventare musulmani, non solamente in teoria, ma nel registro civile. È questo il problema. Abbiamo questi casi. Che cosa possiamo fare? Aiutiamo la famiglia ad andare in Libano, ad andare fuori dal Medi Oriente per poter essere liberi di scegliere la loro religione.
  Siamo sempre nell'attesa che il Paese sia più pacificato, ma specialmente che gli Stati Uniti, e i cosiddetti alleati, Francia e Inghilterra, cessino di intervenire e lascino che il Paese risolva i suoi problemi. L'Iran e la Russia sono stati invitati dal Governo siriano legittimo. Finora, il Governo siriano è legittimo per le Nazioni Unite. Come per tutte le tragedie di una guerra civile, specialmente religiosa, si può capire che purtroppo c'è stato il caos. Voi in Europa sapete bene come siano mostruose, orrende, le guerre basate sulla religione, come la Guerra dei Cent'anni o dei Trent'anni. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei, a nome della Commissione La ringraziamo di essere intervenuto e per il suo contributo importante.
  Grazie a tutti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.