XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULL'ATTUAZIONE DELL'AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Martedì 23 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Quartapelle Procopio Lia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'AZIONE INTERNAZIONALE DELL'ITALIA PER L'ATTUAZIONE DELL'AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Audizione rappresentanti della Coalizione italiana contro la povertà (GCAP).
Quartapelle Procopio Lia , Presidente ... 3 
Burbo Stefania , Co-portavoce della Coalizione italiana contro la povertà (GCAP) ... 4 
Stocchiero Andrea , Responsabile delle attività di ... 5 
Pallottino Massimo , Co-portavoce della Coalizione italiana contro la povertà (CGAP) ... 7 
Quartapelle Procopio Lia , Presidente ... 11 
Ehm Yana Chiara (M5S)  ... 11 
Suriano Simona (M5S)  ... 11 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 12 
Comencini Vito (LEGA)  ... 12 
Quartapelle Procopio Lia , Presidente ... 13 
Stocchiero Andrea , Responsabile delle attività di ... 13 
Pallottino Massimo , Co-portavoce della Coalizione italiana contro la povertà (CGAP) ... 14 
Quartapelle Procopio Lia , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO

  La seduta comincia alle 13.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione rappresentanti della Coalizione italiana contro la povertà (GCAP).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'azione internazionale dell'Italia per l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, l'audizione di rappresentanti della Coalizione italiana contro la povertà (GCAP).
  Saluto e ringrazio per la loro disponibilità a prendere parte ai nostri lavori Stefania Burbo e Massimo Pallottino, co-portavoci della Coalizione italiana, Andrea Stocchiero ed Eva Pastorelli, rispettivamente responsabile dell'attività di policy e advocacy e responsabile delle campagne della Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario (FOCSIV).
  Segnalo che la Coalizione italiana contro la povertà è l'espressione italiana di un più vasto movimento globale che ha l'obiettivo di contrastare i meccanismi che generano povertà e disuguaglianza nel mondo, promuovendo l'adozione di politiche di sviluppo sostenibile nel rispetto dei diritti umani, della dignità di ogni persona, della parità di genere e della giustizia sociale e ambientale.
  Dalla sua nascita nel 2005, alla vigilia del vertice G8 di Gleneagles, la Coalizione ha realizzato diverse attività di mobilitazione e campagne internazionali per spingere i leaders politici a mantenere gli impegni assunti in tema di sviluppo sostenibile. Da allora GCAP Italia si è gradualmente accreditata come interlocutore chiave della società civile per le istituzioni nell'ambito dei consessi internazionali G7 e G20, e nel dibattito nazionale sulla definizione della nuova Agenda di sviluppo sostenibile.
  Attualmente aderiscono a GCAP oltre trenta associazioni e movimenti, tra cui Aidos e Link 2007, i cui rappresentanti – tra cui il compianto Paolo Dieci – abbiamo avuto modo di audire nel corso della nostra indagine conoscitiva.
  Segnalo ai colleghi che il 4 luglio scorso è stato presentato a Roma il secondo Rapporto di GCAP, intitolato Il diritto al cibo. Lo sviluppo sostenibile a partire dai sistemi alimentari, che pone l'attenzione sul tema della coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile. In base ai dati contenuti nel Rapporto, sono 821 milioni le persone che vivono nella morsa della fame, senza un'alimentazione adeguata, la maggior parte delle quale vive in ambito rurale.
  Tale dato, in continua crescita dal 2014 e che ci riporta indietro di dieci anni, ci pone di fronte ad un nuovo paradosso: aumenta il numero delle persone obese o in sovrappeso anche in Paesi in cui sono alti i tassi di insicurezza alimentare, come in Africa, in Asia, in America Latina oltre che in Europa e in Nord America.
  Il dramma della fame, secondo il Rapporto, si interseca con questioni sociali, economiche, politiche, ambientali, modelli produttivi e di consumo iniqui che minacciano la salute, politiche a danno dei contadini Pag. 4 e delle contadine, dei consumatori e delle persone più svantaggiate e vulnerabili.
  In questo contesto, l'Agenda 2030 costituisce un'occasione per imprimere un vero cambiamento anche nel garantire il diritto al cibo, superando i vincoli imposti dai singoli Obiettivi e la rigida divisione tra dimensione interna ed esterna delle politiche.
  Segnalo, inoltre, che dall'8 al 18 luglio scorsi si è svolta a New York la sessione annuale del Forum politico ad alto livello per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, che è la principale piattaforma ONU sullo sviluppo sostenibile, con il compito di valutare progressi, risultati e sfide per tutti i Paesi, nonché di assicurare che l'Agenda 2030 resti rilevante e ambiziosa.
  Nel corso della sessione, a cui ha preso parte anche l'Italia, rappresentata dalla Viceministra degli affari esteri della cooperazione internazionale Emanuela Del Re, la Coalizione italiana contro la povertà ha presentato la sua campagna Faces of Inequality ed ha promosso una mobilitazione da realizzare attraverso una Giornata globale d'azione – denominata #Act4SDGs – e un'intera Settimana globale d'azione dal 20 al 27 settembre.
  Tali iniziative saranno incentrate su tre questioni fondamentali: dare voce alla società civile; uguaglianza; giustizia climatica e ambientale. Il calendario di questi eventi ha una precisa motivazione, perché il 24 e 25 settembre 2019, per la prima volta dall'adozione dell'Agenda 2030, i Capi di Stato e di Governo si riuniranno presso la sede delle Nazioni Unite a New York per esaminare i progressi dell'attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.
  L'incontro di oggi ci fornirà elementi conoscitivi importanti a supporto del nostro percorso istruttorio e potrà indurci a riflessioni ulteriori sui contenuti del summit ONU di settembre, cui il nostro Governo prenderà parte e dove il lavoro parlamentare potrebbe trovare valorizzazione.
  Do quindi la parola ai nostri ospiti affinché svolgano i loro interventi.

  STEFANIA BURBO, Co-portavoce della Coalizione italiana contro la povertà (GCAP). Grazie per la vostra partecipazione, grazie alla presidente del Comitato, onorevole Quartapelle, e alla vicepresidente, onorevole Suriano, per aver facilitato questa audizione.
  Forse qualcuno di voi mi ha visto recentemente qui, perché lavoro per il network italiano Salute globale, che fa parte di GCAP, e sono anche co-portavoce di questa coalizione: per questo motivo mi vedete con il doppio cappello.
  Come diceva la presidente, GCAP è una coalizione focalizzata contro la povertà, si è costituita in Italia nel 2005 e fa parte di una coalizione più ampia, GCAP globale. L'obiettivo è quello di contrastare, per quanto sia nelle nostre capacità, povertà e disuguaglianza, partendo dal presupposto che lo si possa fare efficacemente con la promozione di politiche sostenibili a livello economico, sociale e ambientale, che contemplino l'uguaglianza di genere.
  Quando abbiamo iniziato a lavorare, abbiamo avviato un'interlocuzione con le istituzioni italiane relativamente al processo G8, quindi Agenda G8, temi che riguardano disuguaglianza e povertà, che naturalmente vanno dall'educazione, alla salute, alle migrazioni, al diritto al cibo.
  Qualche anno prima dell'avvento dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile abbiamo anche iniziato a interloquire relativamente a quella che sarebbe divenuta l'Agenda 2030. Abbiamo presentato un Rapporto l'anno scorso – come diceva la presidente – e anche un Rapporto recentemente; ciò che ci caratterizza – non mi dilungo perché saranno i miei colleghi a spiegarlo nel dettaglio – è un'analisi degli Obiettivi non Obiettivo per Obiettivo, in quanto riteniamo che sia in contrasto con l'Agenda 2030, che ha sì una suddivisione Obiettivo per Obiettivo, ma dovrebbe essere considerata come un unicum, quindi teniamo ad analizzare le interconnessioni fra gli Obiettivi.
  L'altro punto cardine è che, nel momento in cui si attua l'Agenda 20130 e si attuano politiche per metterla in pratica, sia necessaria una coerenza delle politiche e una partecipazione della società civile ai processi decisionali non soltanto ex post, quando le politiche sono state attuate, ma Pag. 5anche in fase di definizione, in quanto sono le comunità, la società civile in Italia come all'estero, a sapere quali sono i loro bisogni, quindi è importante che ci sia questa fase di interlocuzione a livello decisionale.
  Vorrei lasciare la parola ai miei colleghi, che potranno entrare nel dettaglio su queste tematiche e presentare brevemente il Rapporto, che è stato lanciato il 4 luglio alla presenza dell'onorevole Simona Suriano e di altre figure istituzionali.

  ANDREA STOCCHIERO, Responsabile delle attività di policy e advocacy della Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario (FOCSIV). Grazie, pochi minuti per una breve presentazione del Rapporto che abbiamo portato e distribuito.
  Il Rapporto, intitolato Diritto al cibo. Lo sviluppo sostenibile a partire dai sistemi alimentari, come quello dell'anno precedente e il prossimo nel 2020 ha adottato questo approccio che cerca di capire quali siano le interconnessioni tra i diversi Obiettivi dello sviluppo sostenibile, avendo come riferimento principale i diritti umani e i problemi relativi alle disuguaglianze.
  Abbiamo scelto il diritto al cibo come entry point per mettere in evidenza le interconnessioni che, attraverso il diritto al cibo, ci sono tra le dimensioni dell'Agenda 2030, ovvero la dimensione economica, sociale e ambientale. Il Rapporto si compone di sei capitoli e per ognuno di essi vi dirò brevemente l'aspetto più caratterizzante. Poi, naturalmente, i temi sono tanti e diversi perché se si ha un approccio di carattere integrato e olistico alla questione dello sviluppo sostenibile, la questione fondamentale è proprio capire le interconnessioni tra le tre dimensioni prima indicate.
  Il primo capitolo si apre con un'elaborazione di quello che è il diritto al cibo, così come viene definito a livello di Nazioni Unite, e diverse elaborazioni che sono state fatte soprattutto dalla società civile, dove l'analisi del diritto al cibo si ha da un punto di vista olistico, cioè il diritto al cibo riassume in sé tutta una serie di altri diritti, a partire dal fondamentale diritto alla vita, a diritti di carattere economico, di carattere sociale e che riguardano anche la questione ambientale.
  Il diritto al cibo in sé riassume tutti gli aspetti delle dimensioni che sono dell'Agenda 2030, che è quello su cui ci focalizziamo. Questo significa avere dei punti di riferimento per noi essenziali nell'analisi del diritto al cibo, che è la questione della fame, perché, come si ricordava, gli ultimi dati della FAO indicano 821 milioni di persone che nel mondo soffrono di questo problema fondamentale per la vita, dati che purtroppo dopo il 2015 e l'assunzione dell'Agenda 2030 non sono migliorati, ma sono stati stabili per un periodo e poi addirittura sono peggiorati, a testimonianza di come nonostante tutti gli impegni le cose purtroppo non stiano cambiando.
  Per noi il riferimento essenziale in questo capitolo è mettere al centro il ruolo dei piccoli agricoltori, perché sono i principali artefici della sicurezza alimentare per la maggioranza – il 70-75 per cento – delle persone nel mondo e perché come produttori e primi attori che soddisfano il diritto al cibo meritano una maggiore attenzione nelle politiche internazionali e nazionali.
  Mettere al centro il ruolo dei piccoli agricoltori significa assumere un approccio al sistema economico e quindi ai modelli di produzione e di consumo che mette al centro quella che negli ultimi anni sempre di più viene indicata come la forma migliore per assicurare il diritto al cibo: l'agro-ecologia.
  Piccoli contadini e agro-ecologia sono quindi al centro delle nostre attenzioni e questo richiama un ruolo per l'Europa e per l'Italia: per l'Europa nel momento in cui adesso viene rilanciato il negoziato sulla politica agricola comune; per l'Italia in quanto è uno dei principali Paesi europei in cui lo sviluppo rurale, il ruolo dei piccoli contadini e un modello di agricoltura basato sul mercato locale e sui prodotti tipici rappresentano un elemento di forza, da mantenere e sostenere sempre di più a livello nazionale, europeo e internazionale.
  Il secondo capitolo fa riferimento alla salute, quindi al rapporto fra il diritto al cibo e la salute, e, mentre nel primo capitolo il centro era il ruolo dei piccoli agricoltori Pag. 6 e il modello agro-ecologico, in questo secondo capitolo l'accento viene dato alla questione di genere, perché se si vanno a vedere i numeri prodotti dalle principali Agenzie delle Nazioni Unite, si ha chiarissima l'immagine di come la questione di un cattivo accesso al sistema alimentare vada a colpire purtroppo in particolare le donne.
  Nel merito della disuguaglianza, quindi, le donne sono il genere più escluso dal mercato, dalla produzione e dal consumo, e questo è un aspetto centrale, perché escludere le donne significa escludere anche l'infanzia, per il rapporto molto stretto del ruolo della donna rispetto all'infanzia. Chiediamo quindi che il sostegno ai sistemi universali di accesso alla salute e all'alimentazione consideri le donne e l'infanzia come i primi interlocutori.
  Il terzo capitolo fa riferimento al commercio. Qui la domanda chiave che ci si pone è: «il commercio per quale fine?»; perché ad oggi i trattati commerciali e di investimento a livello internazionale hanno avuto l'impostazione del libero commercio, senza chiedersi però quanto questo libero commercio vada a soddisfare i diritti.
  Il commercio ha senso e ha un fine se soddisfa dei diritti, se invece è fine a se stesso e soddisfa altri interessi, si crea un sistema economico internazionale, nazionale e locale che esclude gli ultimi, i più deboli.
  In questo capitolo mettiamo quindi in rilievo il ruolo dei trattati commerciali e di investimento internazionali, e indichiamo un negoziato partito da pochi anni a livello di Nazioni Unite, che è chiamato UN Treaty, il Trattato delle Nazioni Unite che disciplina gli obblighi riferiti al ruolo delle imprese transnazionali e delle imprese tout court nel sistema alimentare, ma non solo.
  UN Treaty rappresenta per noi un negoziato in atto nelle Nazioni Unite, che può capovolgere l'approccio che c'è stato finora: cioè al centro non il commercio in quanto tale, fine a se stesso, ma i diritti e il commercio funzionale a servire questi diritti.
  Il quarto capitolo è quello relativo alla finanza, che è simile a quello del commercio, nel senso che la domanda ancora una volta è «quale senso dare alla finanza?». Sappiamo che o la finanza serve l'economia reale, i bisogni e i diritti dei cittadini, oppure sono altri gli interessi in gioco, e in particolare quelli della speculazione.
  Riportiamo una serie di dati e di analisi che, non solo dalla crisi del 2007-2008, ma purtroppo anche negli ultimi anni, vanno a peggiorare le condizioni finanziarie dei Paesi più poveri. Si sta ricreando la bolla del debito e con essa altri processi di carattere speculativo, per cui da un punto di vista di raccomandazioni politiche rimettiamo in luce quella che già la Commissione europea e alcuni Paesi membri dell'UE si erano dati come finalità, cioè quella di un rafforzamento della tassa sulle transazioni finanziarie, che tuttora è in stallo. Nonostante la grande crisi del 2007-2008, sono stati fatti dei passi avanti dal punto di vista di rimettere in sesto il sistema finanziario europeo, però alcuni strumenti essenziali, come la tassa sulle transazioni finanziarie, sono rimasti ai blocchi di partenza.
  Il quinto capitolo fa riferimento alle migrazioni, perché naturalmente c'è un rapporto molto stretto tra diritto al cibo e migrazioni e noi lo mettiamo in rilievo facendo anche riferimento a delle indagini che sono state svolte in questi anni. Molto conosciuta è l'indagine sul caso del pomodoro. Ci troviamo nei nostri sistemi agricoli in Italia con oltre 100 mila persone migranti che sono costrette a vivere in situazioni di quasi schiavitù, con tutto il fenomeno del caporalato.
  Ci si deve anche chiedere il motivo per cui i migranti vengono da noi. Al di là dei motivi di attrazione, ci sono motivi di spinta molto forti, cioè sistemi rurali nel sud del mondo, in particolare nell'Africa subsahariana, che si stanno letteralmente sgretolando per diverse ragioni, non solo a causa del cambiamento climatico, ma ancora una volta a causa delle politiche commerciali, condotte in particolare attraverso la Commissione europea, che hanno messo in campo degli strumenti di competizione sleale, specialmente verso i piccoli agricoltori africani, che non hanno nessuna difesa da parte dei loro Governi. Figli di agricoltori migrano e si ritrovano nei nostri sistemi Pag. 7agricoli ancora una volta sfruttati e si crea, quindi, un circolo vizioso: sistemi alimentari che si stanno sgretolando nel sud del mondo, sistemi alimentari nel nord del mondo che sfruttano queste persone, senza nessuna capacità di regolazione di questi flussi.
  Quello che mettiamo in evidenza è che secondo noi un'occasione finora mancata dal Parlamento italiano è stata proprio quella di adottare il Global compact for migration, perché, al di là di tutte le strumentalizzazioni che sono state fatte, rappresenta uno strumento importante di cooperazione internazionale proprio per cercare di regolare questi flussi e, quindi, far sì che questi migranti abbiano la possibilità di vedere sostenuti, da un lato, i loro sistemi alimentari nei Paesi di origine e, quindi, il diritto a rimanere e, dall'altro, il diritto a migrare quando ce n'è la possibilità e può essere regolato, ma tutelati con un lavoro dignitoso nei nostri sistemi alimentari nel nord del mondo.
  Infine, l'ultimo capitolo pone la questione, secondo noi fondamentale, che è quella della democrazia. Tutti questi strumenti e politiche possono andare nella giusta direzione, se ancora una volta non mettono in campo semplicemente gli stakeholders, cioè i possessori dei diversi interessi, ma mettono al centro soprattutto i rightholders, cioè quelle persone che portano i diritti, in particolare in questo caso il diritto al cibo, che sono le persone che purtroppo sono in condizioni di fame e malnutrizione nel sud del mondo e sono i piccoli agricoltori.
  Facciamo riferimento a uno strumento delle Nazioni Unite, che è il Comitato per la sicurezza alimentare presso la FAO, che ormai da oltre dieci anni è stato riformato e ha tra i suoi protagonisti proprio i portatori di diritti, ovvero i rappresentanti dei movimenti dei contadini, così come dei consumatori, oltre che naturalmente delle imprese.
  Noi vorremmo dare più sottolineatura alla centralità dei piccoli contadini e al fatto che le linee volontarie che vengono definite nel consesso del Comitato per la sicurezza alimentare delle Nazioni Unite sono appunto linee guida volontarie, quindi presentano ancora un aspetto di debolezza nel momento in cui la loro applicazione e il loro enforcement si scontrano contro interessi costituiti soprattutto a livello di Stati nazionali, che non tengono conto di queste linee guida. Queste linee guida non vengono applicate e, quindi, non vengono soddisfatti i diritti fondamentali, tra cui il diritto al cibo.
  Alla fine ne emerge un quadro complesso, non di semplice lettura, ma che offre una visione, per quanto è stato nelle nostre capacità, di carattere integrato-olistico, dove la risposta non può che venire da un approccio coerente verso politiche che vadano nel segno del diritto al cibo e non di altri interessi.
  Qui mi fermo, perché ho terminato i miei dieci minuti, e lascio la parte finale a Massimo Pallottino.

  MASSIMO PALLOTTINO, Co-portavoce della Coalizione italiana contro la povertà (CGAP). Grazie Andrea, grazie presidente e grazie a tutti voi che siete qui per condividere queste riflessioni. Mi riaggancio a quanto diceva Andrea per provare a trarre qualche conclusione e qualche raccomandazione da questo discorso che noi abbiamo tentato di sviluppare attraverso il nostro Rapporto, con qualche riflessione che è riassunta su questo appunto che abbiamo fatto circolare e condiviso oggi.
  Perché dobbiamo occuparci di questo tema molto concretamente? Perché le cose a livello mondiale non stanno andando bene. Lo ha ricordato Andrea: le persone che soffrono la fame aumentano, gli impegni rispetto al cambiamento climatico sono ancora deboli. Noi sappiamo che gli esperti dell'IPCC (Intergovernmental panel on climate change) sottolineano che stiamo andando in un percorso di riscaldamento del pianeta molto superiore a quello che è in qualche modo accettabile per i sistemi e per le società di questo pianeta. Se voi guardate i documenti preparatori dell’High Level Political Forum, che si è concluso pochi giorni fa a New York, chiaramente si dice che il contesto istituzionale non è favorevole all'attuazione dell'Agenda 2030. Pag. 8
  Dunque, le cose non stanno andando bene e in qualche maniera è responsabilità di tutti noi farle andare bene, migliorare e invertire una serie di tendenze che mettono a rischio la nostra stessa sopravvivenza e quella delle generazioni che seguiranno. Per farlo non possiamo limitarci a guardare i singoli Obiettivi. L'Obiettivo 2, la fame, è un obiettivo importante, ma il Rapporto che abbiamo redatto insieme a tanti amici e collaboratori ci dice che noi non possiamo guardare al tema della fame se non lo mettiamo in connessione anche con altre cose, perché la fame dipende dal commercio, la fame ha connessioni con le abitudini di consumo, con i temi della salute e dell'uguaglianza di genere e con tante altre cose. Dunque, dobbiamo mantenere questo sguardo d'insieme, è necessario.
  Le due idee fondamentali che secondo noi sono importanti nell'Agenda 2030, ed è il motivo per cui noi crediamo che l'Agenda 2030 abbia la potenzialità di essere trasformativa, cioè di aiutarci a cambiare i sistemi per migliorarli, sono innanzitutto che si tratta di una visione complessa e unica, attenta agli ultimi. Voi conoscete il principio leave no one behind – non lasciare nessuno indietro – le persone più deboli, più vulnerabili. Inoltre, è una prospettiva che è di tutti i Paesi del mondo, non è una prospettiva solo per i Paesi poveri. Voi ricordate gli Obiettivi di sviluppo del millennio: erano i poveri che dovevano diventare più ricchi, in qualche modo, per aiutare lo sviluppo. Questa, invece, è un'Agenda proposta a tutti. Questa Agenda, che è unica e indivisibile, è proposta a tutti i Paesi del mondo ed è una sfida complessa.
  Come si mettono insieme tanti Obiettivi, che sono talvolta anche in tensione e in contraddizione tra di loro? Secondo noi, il principio è quello della coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile. Questa idea, la policy coherence for sustainable development (PCSD), nell'acronimo usato nella letteratura a livello internazionale, è l'elemento fondamentale, perché noi non possiamo fare da una parte delle politiche sostenibili e dall'altra mettere in pericolo certi princìpi e certi elementi fondamentali dello sviluppo sostenibile. Dobbiamo essere coerenti. Qual è il punto di coerenza? Secondo noi sono le persone a cui lo sviluppo in qualche maniera è diretto, dunque i diritti delle persone, i diritti umani. Secondo noi sono i diritti umani il punto veramente di sintesi attraverso cui guardare, e questo è il motivo per cui noi abbiamo impostato proprio sul diritto al cibo questo Rapporto sullo sviluppo sostenibile.
  Ogni Paese è chiamato a portare avanti il suo piano nazionale di sviluppo sostenibile. L'Italia, come voi ben sapete, ha tre luoghi in cui questo processo viene portato avanti. Il primo è presso il Ministero dell'ambiente, dove è in fase di costituzione il Forum nazionale per lo sviluppo sostenibile, in cui c'è una vasta platea di organizzazioni della società civile, ma anche in collegamento con gli enti locali, gli enti territoriali e i forum regionali, dove si inizia a fare un discorso di condivisione sui temi dello sviluppo sostenibile.
  Il secondo luogo è il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Voi sapete che c'è il Consiglio nazionale della cooperazione allo sviluppo, istituito dalla legge n. 125, al cui interno sono stati identificati dei gruppi di lavoro. Nel gruppo di lavoro uno si discute di sviluppo sostenibile.
  Qui siamo nella Commissione Affari esteri naturalmente, ma ci rendiamo conto che questi temi dello sviluppo sostenibile non possono che essere trattati anche attraverso le connessioni che ci sono tra i temi interni e i temi esterni. Secondo noi il fatto di dividere molto nettamente la discussione tra agenda esterna nel Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo e agenda interna – i primi sedici obiettivi nel forum per lo sviluppo sostenibile presso il Ministero dell'ambiente – non rispecchia pienamente questa idea di interconnessione e di unicità dell'agenda.
  Negli ultimissimi giorni è stata costituita la cabina di regia «Benessere Italia» presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è stata affidata al coordinamento della professoressa Maggino, che peraltro è intervenuta alla presentazione del nostro Rapporto Pag. 9 il 4 luglio. Noi speriamo veramente che la cabina di regia «Benessere Italia» sia il luogo in cui si raggiunge una sintesi sulla direzione dello sviluppo sostenibile per l'Italia. Dunque, questi sono i tre luoghi.
  Abbiamo già visto come i temi di sviluppo interno ed esterno siano in realtà strettamente legati e in qualche modo quasi indissolubili, ma a noi piace mettere in evidenza quali sono degli elementi particolari su cui proprio il Parlamento potrebbe svolgere un ruolo. Naturalmente noi sollecitiamo questa Commissione e il ruolo dei parlamentari su questo, perché noi riteniamo che il ruolo del Parlamento sia fondamentale, per migliorare la consapevolezza di tutto il dibattito pubblico sul tema dell'Agenda 2030 e dello sviluppo sostenibile, per migliorare l'acquisizione di elementi e integrare degli elementi che sono importanti per giudicare se il nostro Paese è su un percorso di sviluppo sostenibile e anche per assicurare il sostegno dell'Italia ai processi internazionali che sono orientati allo sviluppo sostenibile. Questo naturalmente è un ruolo particolare della Commissione Affari esteri.
  Su questa base ci sono quattro elementi che noi vogliamo mettere in evidenza e che possono essere dei suggerimenti di riflessione anche per questa Commissione parlamentare. Il primo riguarda la messa in opera della cabina di regia «Benessere Italia», che è un passo molto benvenuto. Noi abbiamo un po’ sofferto nei mesi passati il dualismo che c'era tra Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Ministero dell'ambiente nella gestione delle due parti dell'Agenda. Riteniamo che la messa in opera della cabina di regia sia un passo molto importante e molto utile per facilitare questa sintesi sul piano dello sviluppo sostenibile.
  Tuttavia, pensiamo che all'interno di questa cabina di regia debba anche essere previsto uno spazio di interlocuzione con i portatori di diritti e i portatori di interesse, coloro che partecipano al dibattito pubblico. Noi riteniamo che lo sviluppo sostenibile non sia una questione tecnica, dove si mette un algoritmo, si fanno tutti i calcoli e viene definito qual è il percorso ottimale delle politiche, ma una questione di scelte, è la società in cui noi vogliamo vivere. Dunque, in qualche modo l'interlocuzione con la società civile ci sembra molto importante.
  Allo stesso tempo, noi riteniamo che sia molto importante il livello di interlocuzione della cabina di regia con il Parlamento, con questa Commissione parlamentare e con le altre Commissioni che si occupano di temi connessi. Noi pensiamo che il Parlamento sia veramente il luogo del dibattito democratico e pensiamo che un'istituzione governativa di questo livello debba mantenere un collegamento funzionale intenso con le istituzioni parlamentari. Questo è il primo elemento che vogliamo mettere in evidenza.
  Il secondo elemento ha a che vedere con l'appoggio dell'Italia ai processi che secondo noi sono portatori di sviluppo sostenibile. Su questo noi abbiamo sostanzialmente due elementi da porre all'attenzione. Uno è stato già citato da Andrea ed è molto importante: se i diritti devono essere al centro, bisogna che esista una parte del diritto internazionale che sostiene questi diritti umani. Per questa ragione all'interno del Consiglio per i diritti umani a Ginevra c'è un percorso per studiare la possibilità di un trattato vincolante sul rispetto dei diritti umani.
  Che cosa vogliamo dire? Noi vogliamo dire che l'attività economica va bene, perché produce posti di lavoro, produce ricchezza, ma questa attività economica deve essere fatta nel rispetto delle persone, perché, se non è fatta nel rispetto delle persone, non è sostenibile. È come se noi avessimo un percorso di sviluppo e di crescita economica, ma lo facessimo a detrimento dei più poveri e dei più vulnerabili. Dunque, secondo noi appoggiare questo trattato è veramente molto importante.
  È importante segnalare che quando due anni fa all'interno del Consiglio per i diritti umani è stata fatta la prima proposta di studiare questo trattato l'Italia si è schierata contro, così come l'Unione europea. Noi riteniamo che questa sia una posizione poco lungimirante. Bisogna andare a vedere Pag. 10 di che cosa si parla e bisogna veramente rinforzare questo percorso a livello internazionale, così come è necessario rinforzare tutti i percorsi di investimento e anche i percorsi di trattati commerciali che sono di competenza della Commissione europea, ma su cui i Parlamenti nazionali hanno un ruolo importante di sorveglianza e di osservazione.
  Per esempio, stiamo entrando nel processo della negoziazione post-Cotonou, per citare uno degli elementi importanti che saranno discussi l'anno prossimo. Secondo noi lo sviluppo sostenibile deve entrare in questi trattati, perché è l'orizzonte comune per tutti; non è nostro o loro, ma è veramente la chiave di sopravvivenza di tutta l'umanità.
  In questo senso, noi non vorremmo che lo sviluppo sostenibile fosse usato un po’ come grimaldello per la condizionalità: «Vi aiutiamo, facciamo dei trattati favorevoli, però dovete fare questo e quest'altro». Noi vorremmo che lo sviluppo sostenibile non fosse un meccanismo di nuova condizionalità nei rapporti con i Paesi del sud del mondo, ma fosse, invece, una prospettiva a cui aderiamo veramente da tutte le parti. Peraltro, l'Unione europea ha dei meccanismi molto avanzati di relazione parlamentare, in particolare con i Paesi ACP – Africa, Caraibi e Pacifico – e i Paesi del sud del mondo. Dunque, questo meccanismo in cui si assume insieme questa prospettiva secondo noi è molto importante.
  La terza è una raccomandazione di dettaglio, è un tema che è emerso anche nel dibattito pubblico ultimamente e riguarda la produzione e il commercio delle armi. La domanda che noi ci facciamo è se un Paese che investe sulle armi possa essere un Paese che si definisce sostenibile.
  Secondo noi c'è un problema, perché voi sapete che le nostre armi, le bombe che vengono prodotte in Sardegna vengono usate in guerre che sono illegali, non coperte dalle Nazioni Unite. Dunque, è importante ancora una volta essere coerenti. Non si tratta di radere al suolo una serie di attività produttive, ma si tratta di ricondurre queste attività all'interno della legge che noi abbiamo, che è la legge n. 185 del 1990, che è una normativa importante, che impone peraltro di fare una relazione annuale che viene presentata al Parlamento.
  Questa relazione spesso è un po’ povera di elementi, non contiene dettagli e non permette di cogliere veramente qual è la posizione dell'Italia nello scenario internazionale di produzione e commercio delle armi. Noi proponiamo che questa relazione sia assunta come elemento di valutazione dello stato di attuazione dell'Agenda 2030. Noi riteniamo che non possiamo essere un Paese sostenibile se continuiamo a produrre armi, soprattutto se queste armi finiscono in conflitti che sono conflitti illegali, non coperti dalle Nazioni Unite e conflitti che devono essere in qualche maniera limitati. È molto importante.
  A questo proposito faccio riferimento anche a un recente pronunciamento della Commissione Difesa, che proprio negli ultimi giorni ha affrontato questo tema in maniera diversa, sostenendo il fatto che bisogna diminuire i vincoli al commercio delle armi. Secondo noi è importante, invece, che il commercio delle armi rimanga sotto la sovranità degli Stati e rimanga controllato per garantire la sicurezza di tutti, non per incentivare nuovi conflitti.
  Il quarto elemento che vogliamo mettere in evidenza ha a che vedere con la riforma dell’High level political Forum, del meccanismo di monitoraggio complessivo che c'è a livello internazionale.
  Voi sapete che si è chiuso di recente l’High level political Forum e che a settembre ci sarà l'SDG Summit a New York, in corrispondenza con l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in cui si rifletterà su come migliorare questo meccanismo che ormai tutti dicono essere non tanto funzionante, non tanto incisivo.
  A noi sembra che un elemento di interesse venga dalla Revisione periodica universale relativa ai diritti umani (UPR), condotta da tutti i Paesi. L'Italia è attualmente in questo percorso che si concluderà a novembre.
  I due percorsi non sono, naturalmente, identici, fanno riferimento a istituzioni diverse, ma collegare in maniera più precisa questo meccanismo di rassegna sullo stato Pag. 11dei diritti umani e il meccanismo di Voluntary national reviews, di rassegna ed esame nazionale volontario che riguarda l'Agenda 2030, secondo noi può essere un buon elemento.
  Veramente auspichiamo, dunque, che l'Italia dia un suo sostegno per integrare più strettamente questo meccanismo di rassegna dei diritti umani con il meccanismo di stato d'avanzamento dell'Agenda 2030.
  Questi sono i quattro blocchi di cose che volevamo mettere in particolare alla vostra attenzione come esito delle riflessioni che abbiamo fatto con il nostro Rapporto di quest'anno e anche il Rapporto precedente, sempre disponibile sul sito.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti all'audizione.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  YANA CHIARA EHM. Grazie da parte mia per la vostra presentazione, ma anche per aver toccato forse il tema più complesso: il diritto al cibo, il diritto a non avere fame. Sicuramente, è una tematica che va in tutti i sensi oltre tante questioni, come quella religiosa, quella etnica e così via. La questione del diritto al cibo è universale e prescinde da tutto. Purtroppo, riguarda soprattutto la componente oggigiorno più vulnerabile, i bambini e i giovani, colpiti direttamente.
  Mi sono scritta tutti i vostri spunti. Vi ringrazio anche per questo.
  La domanda che personalmente mi pongo sempre dopo le audizioni che vertono su tematiche così importanti è su quello che effettivamente possiamo fare, che cosa possiamo migliorare. Sicuramente, alcune tematiche, anche sulla questione dell'interconnessione, la questione migratoria, me le sono segnate, anche se convengo sul fatto che effettivamente sono interconnesse e hanno bisogno di essere viste in un approccio complessivo e non singolare.
  Come già dicevo, la prima domanda è come riusciamo ad essere pionieri, a portare avanti la questione, a riuscire a contribuire e a migliorare la situazione, che, anziché migliorare, in effetti peggiora, anche a causa di un cambio del tipo di conflitti, che, invece di essere molto netti, come negli anni passati – ormai, ovviamente parliamo del passato – oggi vanno avanti per anni, quindi logorano tutta una parte di società civile, che è poi effettivamente quella che soffre di più.
  Molto spesso, un primo approccio può essere quello di lavorare con la cooperazione internazionale, in primo luogo con Paesi singoli, con progetti mirati, per riuscire a dare un responso concreto in situazioni in cui si può dare risposte.
  A questo punto, però, chiedo, anche se forse è la domanda da un milione di dollari: qual è il modo col quale approcciarci a questa tematica più importante, cioè il diritto al cibo? Come riuscire ad invertire la rotta, purtroppo anche di fronte a una situazione attuale globale veramente complessa? Come riuscire a essere parte di quegli attori che possono riuscire a mettere anche soltanto una goccia di partecipazione per invertire questo processo veramente complesso, nonostante gli sforzi messi da tutti i Paesi a migliorare la situazione?
  L'esempio che faccio – ho accanto a me la collega Suriano, con cui abbiamo avuto l'onore di andare in Etiopia – riguarda la salute. Siamo andate a vedere come il nostro impegno nel Global Fund, il nostro impegno contro malattie come l'AIDS o la tubercolosi può avere un impatto veramente importante.
  Come riusciamo a trasformare quest'impegno sulla questione del diritto al cibo?

  SIMONA SURIANO. Ringrazio gli intervenuti. Ho partecipato al lancio del Rapporto il 4 luglio, e l'ho trovato davvero interessante, e infatti poi ho proposto di venire a riferire anche in Commissione.
  Vorrei semplicemente ripetere quello che ho detto quel giorno. Come Commissione Affari esteri, col Comitato Agenda 2030, ma anche con la presidente Marta Grande, abbiamo cercato di coinvolgere sul tema dell'Agenda tutte le Commissioni della Camera dei deputati, proprio perché è un tema trasversale, che riguarda non solo la Pag. 12Commissione Affari esteri, ma anche la Commissione Ambiente, Finanze, e tutti i settori. Abbiamo chiesto che tutto ciò che riguardava l'Agenda 2030 fosse oggetto di attenzione da parte di tutte le Commissioni della Camera.
  Devo dire che già vedo qualche piccolo risultato. La Commissione Agricoltura sta affrontando il tema del diritto al cibo, farà una visita, credo, alla FAO in questi giorni. Comunque, si sta cercando di sensibilizzare anche a livello interno l'importanza dell'Agenda 2030 in modo che non rimangano solo buoni princìpi, buoni propositi, ma concretamente si attivi qualcosa.
  Ho conosciuto la dottoressa che si occupa della cabina di regia «Benessere Italia», che è appena partita. Mi auguro che tra qualche mese venga anche lei in Commissione a riferire e a spiegarci che cosa si sta facendo a livello di cabina di regia.
  Vi posso dire che da parte nostra c'è l'interesse verso questi temi. Stiamo cercando di sensibilizzare i nostri colleghi alla Camera, ma anche fuori, l'opinione pubblica, la società civile.

  PAOLO FORMENTINI. Vorrei solo stigmatizzare un termine che è stato utilizzato. Si sono definite «strumentalizzazioni» quelle fatte da qualcuno sul Global Compact. Mi è parso un riferimento non tanto indiretto alla posizione che ha assunto all'interno del Governo la Lega, che noi qui rappresentiamo.
  Forse, è meglio ribadire la nostra posizione sul Global Compact, anche se poi le frasi successive devo dire hanno trovato, invece, un apprezzamento da parte mia.
  La nostra posizione da sempre è quella di affermare, e lo hanno fatto due papi – penso a Benedetto XVI e a Giovanni Paolo II – che prima del diritto a emigrare viene il diritto a non emigrare, a vivere nella propria patria.
  Non le definirei «strumentalizzazioni», perché è una posizione politica, tra l'altro argomentata, anche perché c'era da parte nostra il timore che con la firma del Global Compact si creasse di fatto una soft law, ma senza risvolti concreti. Lo vediamo tutti i giorni: l'Italia è lasciata sola dall'Europa, ma non solo, a gestire le migrazioni. Suonava quasi ironico firmare un documento in cui tutto il mondo si impegna a combattere insieme le migrazioni, anzi, per essere più precisi, i motivi che causano le migrazioni.
  Davvero, quindi, un invito di cuore che farei è quello a non dare coloriture ideologiche a temi che invece devono essere da tutti condivisi, come la lotta alla malnutrizione e come tante delle cose che sono state dette. È verissimo, infatti, che l'Africa soffre, e noi non siamo assolutamente insensibili, anche perché è un dato di fatto che, risolvendo il problema dell'accesso al cibo, si ridurrebbero anche le migrazioni.
  Un altro accenno che non mi ha convinto è stato il richiamo al motto obamiano del leave no one behind.
  Anche qui, invito davvero – ma lo faccio sempre, non solo con voi – le varie ong, impegnate proprio per condividere al massimo dei temi che secondo me incontrano il consenso di tutte le forze politiche, a non dare coloriture ideologiche.

  VITO COMENCINI. Ringrazio i nostri ospiti, che hanno parlato di cose sicuramente molto interessanti, ma vorrei anch'io esprimere delle perplessità, dei dubbi in merito alla questione che hanno affrontato relativa ai piccoli agricoltori.
  Sicuramente è interessante e positivo cercare di rilevare l'immagine del piccolo agricoltore che riesce con il suo lavoro, con la sua fatica, col suo sudore a sfamare la sua famiglia, anche altre famiglie, a fare in modo che ci sia un'economia agricola che permetta di superare il problema del diritto al cibo.
  Mi lascia perplesso, però, il fatto che, nel parlare di questa problematica del diritto al cibo, non si sia parlato minimamente ad esempio di istruzione, educazione, cose che possono sembrare slegate, ma in realtà sono molto legate alla questione del cibo e dell'agricoltura. Non è che si nasce agricoltori. Anche essere agricoltori ha a che fare con l'educazione, magari si può imparare in famiglia se si hanno genitori agricoltori, o esistono anche le scuole dove lo si insegna. Comunque, c'è modo di formarli. Sicuramente, da occidentali Pag. 13 potremmo essere di aiuto in questo senso nell'insegnare lo sviluppo agricolo.
  Ci sono, quindi, come dicevo, l'istruzione, l'educazione e anche l'aspetto delle infrastrutture. Certo, è bello dire: rispetto per l'ambiente, agricoltura che rispetta l'ambiente. Se, però, poi non ci sono le infrastrutture... Il cibo bisogna trasportarlo. Quanto all'acqua, bisogna fare in modo che arrivi attraverso gli acquedotti, attraverso i pozzi, che bisogna essere in grado di realizzare, essendo a loro volta un'infrastruttura.
  Ignorando quest'aspetto e pensando semplicemente che si debba dare modo a che ci siano i piccoli agricoltori, non si va secondo me alla radice del problema. Se non ci sono questi interventi, è evidente che lo sviluppo non ci sarà, e quindi anche il problema della malnutrizione non sarà risolto e altrettanto il problema della salute. Anche salute significa infrastrutture, ospedali, istruzione ed educazione. Ci vogliono i medici che vadano negli ospedali a curare le persone, in grado di risolvere anche questo problema o di educare.
  Anche la salute ha a che fare con l'educazione. Tante volte, non si tratta semplicemente di curare quando c'è la malattia, ma anche di educare a evitare che le malattie si diffondano, attraverso l'educazione all'igiene.
  Non ho sentito affrontare questi temi. Credo che, nel diritto al cibo, la scelta sia tra pensare, di garantire il cibo, assicurare un «assistenzialismo», cioè che, dove non si è in grado di produrre cibo, il cibo in qualche modo arrivi, o pensare di garantire che siano in grado di procurarsi il cibo «autonomamente», o comunque di sviluppare l'agricoltura, che significa appunto cibo.
  Da questo punto di vista, la scelta diventa ancora più complicata se pensiamo a come l'Europa deve aiutare questi Paesi. In passato, ad esempio, l'Europa ha scelto di togliere, o comunque abbassare i dazi doganali per l'importazione di frutta e verdura da Paesi come il Marocco o la Tunisia. Questo, certo, ha favorito che qualcuno andasse a produrre là pomodori o altro. Al di là, però, della concorrenza sleale che si è creata, non è che siano andati a produrre i piccoli agricoltori, ma le grosse multinazionali, che là possono sfruttare la gente. Magari nelle campagne del meridione lo fanno a due euro l'ora, lì lo fanno a dieci centesimo l'ora.
  Anche questa è una scelta di sostenibilità? È questo che vogliamo in futuro per i Paesi del terzo mondo? Non credo, ovviamente, quindi bisogna trovare gli strumenti per mettere in atto queste belle misure che si ipotizzano.

  PRESIDENTE. Anch'io ho una domanda molto rapida.
  Per quanto avete capito, questa cabina di regia «Benessere Italia» è una cosa diversa o è una cosa che assorbe l'idea di avere un'unità con un dirigente che aveva l'obiettivo di coordinare tutta l'attività del Governo sul tema Agenda 2030? Era una cosa decisa in limine del Governo Gentiloni: come si rapporta, per quello che avete capito voi?
  Do la parola agli ospiti per la replica.

  ANDREA STOCCHIERO, Responsabile delle attività di policy e advocacy della Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario (FOCSIV). Più che di rispondere, cerco di interloquire, anche perché sono molto interessanti le osservazioni che sono state fatte.
  Sono perfettamente d'accordo sul ruolo di educazione, istruzione e infrastrutture. Ovviamente, non è in cinque minuti che si possano prendere in considerazione tutti i fattori per lo sviluppo rurale, a sostegno dei piccoli agricoltori o altro. Da questo punto di vista, non posso che assolutamente essere d'accordo.
  È importantissimo, per esempio, l'accesso al mercato per i piccoli agricoltori e per le organizzazioni dei piccoli agricoltori. Piccolo e da solo non va da nessuna parte. La stessa storia italiana mostra come diverse metodologie di consorzi e associazioni o altro siano stati importantissimi per rafforzare il potere di mercato dei piccoli agricoltori. Su questo sono assolutamente d'accordo.
  Passo a un piccolo contributo che secondo me unisce un po’ le due vostre Pag. 14osservazioni relative al Global Compact, prima, e ai dazi doganali, poi.
  Effettivamente, secondo me oggi nel sistema mondiale le cose sono veramente complicate nei rapporti di concorrenza e di cooperazione. Dal mio punto di vista, ma penso anche dal nostro di GCAP, ne deriva l'assoluta necessità di sostenere modalità di cooperazione internazionale sulle regole.
  La cooperazione allo sviluppo è importantissima, i progetti sono importanti, ma se alla fine tra Stati, tra diversi attori non si trova una modalità per concordare delle regole per far funzionare il mercato in una certa direzione, per regolare l'immigrazione in una certa direzione, si ricade in un isolazionismo che purtroppo non produce risultati per nessuno. La cooperazione internazionale sulle regole è una questione essenziale.
  Quanto alla domanda da un milione di dollari, effettivamente la questione secondo me è che la cooperazione internazionale è importantissima, sono importanti tutte le iniziative, i progetti, i programmi, i fondi. Ancora una volta, però, se questi progetti, programmi e fondi non stanno all'interno di politiche, allora hanno il fiato corto.
  Ancora una volta, quindi, le diverse indicazioni che diamo, cioè discutere di diritto al cibo, significa fare progetti di cooperazione, ma contemporaneamente bisogna parlare di politica agricola comune, altrimenti quello che fai con progetti di cooperazione rischia di non avere efficacia nel momento in cui c'è una politica agricola comune che ti toglie le opportunità di crescere per i contadini del sud.
  Anche relativamente al commercio, la cooperazione internazionale è importante, ma se non è inserita all'interno di trattati commerciali che favoriscono determinate produzioni e favoriscono l'accesso al mercato per tutti, in maniera più o meno attenta alle diverse condizioni di partenza – ci sono diverse condizioni di partenza tra piccoli agricoltori del sud, del nord, grandi agricoltori, multinazionali e così via – se non si crea questo sistema di politiche all'interno del quale la cooperazione internazionale agisce, allora anche la cooperazione internazionale purtroppo ha un'efficacia ridotta.

  MASSIMO PALLOTTINO, Co-portavoce della Coalizione italiana contro la povertà (CGAP). Dico una parola anch'io semplicemente per puntualizzare un paio di cose, partendo dalla domanda da un milione di dollari, che è quella che poi ci tocca direttamente: che cosa possiamo fare.
  L'esperienza che abbiamo maturato noi, tutti noi che siamo stati sul campo, è che, se si restituiscono il diritto e la dignità alle persone, le persone sono in grado di trovare dei modi per cambiare le cose. Questo è molto importante.
  L'idea non è che veniamo noi con delle idee brillanti sulle cose che bisogna fare, ma che restituiamo voce, restituiamo diritto, riequilibriamo il gioco degli interessi con il gioco dei diritti e delle voci dei più piccoli e dei più vulnerabili. I piccoli contadini, che nutrono la maggior parte del pianeta, sono anche quelli che possono dare il cambiamento.
  In questo sicuramente apprezzo molti dei commenti che sono stati fatti. Il gioco delle interconnessioni è questo, andare a vedere qual è la connessione con le infrastrutture, con l'istruzione, con la sanità, con tutti gli elementi che concorrono. Ed è questa la logica da cui dobbiamo partire. Restituire i diritti è restituire dignità e potere di cambiamento.
  Quanto alla cabina di regia, voi sapete che si viene da un contesto regolatorio leggermente contraddittorio, nel senso che c'erano alcune fonti che prevedevano delle cose leggermente diverse: da una visione in cui si incardinava una struttura per gestire quest'elemento a una visione invece molto leggera che avrebbe affidato a un ministero il compito di fare questa riflessione.
  Secondo quello che abbiamo capito, la cabina di regia è una sintesi tra queste due posizioni. Non ci sarà proprio una struttura incardinata, ma questa cabina di regia è più che un nome e ha la possibilità, per esempio, di convocare un gruppo di esperti, evocato dalla professoressa Maggino. Questo gruppo di esperti, con la partecipazione di istituzioni italiane importanti – dall'Ispra alla Conferenza dei rettori, ad altre Pag. 15istituzioni che in qualche maniera hanno lo sguardo sui temi dello sviluppo sostenibile – che aiuteranno a dare una lettura d'insieme.
  Quello che ci è sembrato interessante è che la cabina di regia potrebbe interloquire nella fase di programmazione delle politiche, quindi ex ante e non ex post. A livello della Presidenza del Consiglio dei Ministri ci è sembrato invece relativamente più debole che non si prevedesse un'interlocuzione diretta con la società civile e forse anche con l'Istituzione parlamentare, anche se non è chiaro esattamente come sia costruito tutto. Ci sembra che da questi due punti di vista forse un'attenzione maggiore dovrebbe essere posta.
  C'è, quindi, una struttura che forse non è così forte, ma non è neanche il solo nome e la sola etichetta appiccicata sull'ufficio di qualcuno che fa altro. Questo ci è sembrato di capire.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.10.