XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Martedì 16 aprile 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'AZIONE INTERNAZIONALE DELL'ITALIA PER L'ATTUAZIONE DELL'AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Audizione del Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Ambasciatore Giorgio Marrapodi.
Grande Marta , Presidente ... 3 
Marrapodi Giorgio , Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4 
Grande Marta , Presidente ... 11 
Fassino Piero (PD)  ... 11 
Ehm Yana Chiara (M5S)  ... 12 
Boldrini Laura (LeU)  ... 12 
Grande Marta , Presidente ... 12 
Marrapodi Giorgio , Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 12 
Fassino Piero (PD)  ... 13 
Marrapodi Giorgio , Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 13 
Fassino Piero (PD)  ... 13 
Marrapodi Giorgio , Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 13 
Fassino Piero (PD)  ... 13 
Marrapodi Giorgio , Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 13 
Fassino Piero (PD)  ... 13 
Marrapodi Giorgio , Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 13 
Grande Marta , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTA GRANDE

  La seduta comincia alle 11.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Ambasciatore Giorgio Marrapodi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'azione internazionale dell'Italia per l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, del Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, l'ambasciatore Giorgio Marrapodi.
  Saluto e ringrazio per la Sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori l'Ambasciatore Marrapodi, che è accompagnato dal ministro Sergio Pagano e dalla consigliera Elena Fontana.
  Il 29 marzo scorso si è svolta alla Farnesina la seconda seduta annuale del Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo, istituito dall'articolo 21 della legge n. 125 del 2014 come organo deliberante della cooperazione italiana. Cito questo passaggio, cui hanno dato risalto anche i media, per segnalare alla Commissione che il merito del lavoro svolto in quella sede potrà opportunamente essere affrontato in occasione dell'esame del provvedimento recante le linee triennali della cooperazione italiana.
  L'audizione odierna è, invece, per lo più incentrata sull'impegno dell'Italia per l'attuazione dell'Agenda 2030, cui la Farnesina contribuisce in modo sostanziale, ma che coinvolge l'intera azione del Governo italiano e dell'Amministrazione dello Stato.
  Fatta questa premessa, mi pare significativo segnalare che il 9 aprile scorso è stato presentato presso la Farnesina, anche con il contributo dell'ambasciatore Marrapodi, il rapporto WeWorld Index 2019, che misura il tasso di inclusione nel mondo. Questa quinta edizione si è concentrata su un concetto innovativo di inclusione, che considera sia la sfera economica sia quella sociale. La classifica finale è il risultato della valutazione del progresso di un Paese ottenuto osservando le condizioni di vita dei soggetti più a rischio esclusione attraverso l'analisi di diciassette dimensioni (tra cui abitazione, ambiente, lavoro, salute e altri) e trentaquattro indicatori, scelti tra i più significativi analizzati da banche dati internazionali. Si tratta di una pubblicazione innovativa e assai rilevante ai fini della nostra indagine conoscitiva.
  Anche alla luce dell'intervento già svolto in questa sede dalla viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale Emanuela Claudia Del Re, sono certa che in quest'audizione potranno emergere importanti elementi di approfondimento e aggiornamento per l'indagine conoscitiva.
  A tal proposito, sono grata all'Ambasciatore Marrapodi per quanto potrà segnalare alla Commissione in merito al lavoro svolto dalla Farnesina anche in collaborazione con il polo delle Nazioni Unite di Pag. 4Roma, che la Commissione si appresta in futuro a visitare in un contesto di visite sul territorio nazionale volte a valorizzare le organizzazioni internazionali con cui il nostro Paese ha siglato accordi di sede.
  Do ora la parola all'Ambasciatore Marrapodi affinché svolga il Suo intervento.

  GIORGIO MARRAPODI, Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, onorevole presidente. Ringrazio tutti. Confesso che, essendo la prima volta che sono audito dalla Commissione esteri, e in generale in Parlamento, tradisco una certa emozione. Lo confesso nonostante l'età. Grazie per quest'invito.
  Per me è veramente un piacere essere qui e parlare del lavoro che facciamo al Ministero degli affari esteri e alla Direzione Generale della cooperazione allo sviluppo, dove sono arrivato quattordici mesi fa. In particolare, come lei stessa ha anticipato, mi consente di sviluppare quello che facciamo per l'attuazione dell'Agenda 2030 nel settore di nostra competenza, cioè per la dimensione esterna dell'Agenda. Cercherò, soprattutto, di non ripetere concetti che sono stati esposti qui dalla viceministra Del Re.
  La legge di riforma della cooperazione italiana compirà nel prossimo agosto cinque anni. Inclusività e partenariato possono essere considerati dei veri e propri tratti distintivi, per non dire princìpi ispiratori della legge n. 125 del 2014, che ha anticipato nel panorama normativo italiano molte delle innovazioni che poi furono portate nel sistema internazionale di cooperazione allo sviluppo con l'adozione dell'Agenda 2030.
  In primo luogo, la legge ha fissato i princìpi generali che devono guidare i nostri sforzi in materia di cooperazione, individuando nello sviluppo sostenibile, nello sradicamento della povertà, nell'affermazione dei diritti umani, compresa l'uguaglianza di genere e le pari opportunità, nella pacificazione e nella prevenzione dei conflitti i nuovi obiettivi strategici della cooperazione allo sviluppo.
  In secondo luogo, la legge ha modernizzato l'architettura della cooperazione introducendo alcune innovazioni molto significative: la creazione dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), una implementing agency, agenzia esecutiva per i programmi del Ministero degli esteri, ma non soltanto del Ministero, perché l'Agenzia poi ha stipulato varie convenzioni anche con altre amministrazioni ed enti; l'attribuzione del ruolo di istituzione finanziaria per la cooperazione allo sviluppo a Cassa depositi e prestiti, e a questo riguardo segnalo che proprio nella seconda riunione di quest'anno del Comitato congiunto che Lei menzionava nella sua introduzione abbiamo dato parere favorevole ad alcune iniziative molto importanti, soprattutto in Africa e una nei Caraibi, che Cassa depositi e prestiti sta avviando, per cui si sta sviluppando questo nuovo ruolo di CDP; soprattutto, la realizzazione di un sistema di sviluppo realmente partecipato e inclusivo in cui tutti gli attori, ivi compresi i soggetti con finalità di lucro, sono coinvolti attivamente e cooperano per rafforzare l'impatto delle azioni e garantire l'efficacia degli interventi.
  La legge attribuisce un'elevata priorità alla coerenza delle politiche. A tale riguardo è stato istituito il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, il CICS, presieduto dal Presidente del Consiglio, con l'obiettivo di assicurare la programmazione e il coordinamento di tutte le attività in materia di cooperazione nonché la coerenza tra queste e le politiche nazionali.
  Inoltre, la legge ha rafforzato il dialogo sistemico tra i responsabili politici e i principali portatori di interessi (amministratori centrali e locali, società civile, imprese e industria, fondazioni e realtà filantropiche) al fine di promuovere sinergie e lo scambio di esperienze tra i diversi attori. Al riguardo, è il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo che rappresenta lo strumento qualificato di partecipazione di tutti questi attori.
  In tale ambito è stato confermato e ampliato il ruolo delle organizzazioni della società civile come partner privilegiati per Pag. 5la realizzazione degli interventi di cooperazione.
  Inoltre, la legge ha rafforzato il ruolo del settore profit, riconosciuto come un importante strumento di attuazione dell'Agenda 2030 sia come fonte diretta di finanziamento sia come catalizzatore per la mobilitazione di risorse aggiuntive.
  La natura universale dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile ha fatto emergere la necessità di elaborare una nuova narrativa nel settore della cooperazione che tenga conto di fattori quali: l'aumento delle disuguaglianze dentro e tra i Paesi in un contesto di crescita globale; la complessità crescente del concetto di vulnerabilità e l'esigenza di approfondire la relazione sviluppo-pace-sicurezza e la politica di intervento umanitario; la pressione demografica e i conseguenti problemi legati ai crescenti flussi migratori; l'aggravarsi della sfida ambientale, in particolare di quella climatica; un panorama di finanza per lo sviluppo in rapida evoluzione a fronte di crescenti esigenze di finanziamento; la necessità di accrescere l'effetto catalitico della cooperazione pubblica allo sviluppo; la rilevanza degli attori non governativi; l'accresciuta esigenza di assicurare coerenza tra le varie politiche pubbliche; il monitoraggio e la valutazione.
  Sullo sfondo restano le nostre aree prioritarie di intervento: l'eliminazione della povertà; la lotta alla fame; la salute e l'istruzione di base; la creazione di occupazione di qualità; l'attuazione dell'Agenda del lavoro dignitoso e l'abbattimento del lavoro informale; l'uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne e delle ragazze; la salvaguardia ambientale; la tutela dei diritti umani e l'accesso alla giustizia; la cultura e la formazione, che interessano un mondo sempre più globalizzato e diseguale; la transizione demografica e ambientale; l'innovazione tecnologica.
  Si tratta di aree che vanno tutte declinate tenendo conto di questi grandi processi di transizione profondamente interrelati per favorire uno sviluppo condiviso e a beneficio di tutti.
  L'impegno dell'Italia a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione sarà rafforzato nelle principali aree di crisi, dal Medio Oriente all'Africa e all'Asia. Lo stato profondo di crisi, spesso lungamente protratto, in cui versano molti Paesi e le ripercussioni sui Paesi non solo limitrofi, ma anche all'interno dei confini europei, impongono un'analisi delle strategie adottate in ambito umanitario, il sostegno a interventi della società civile per promuovere la pace e un impegno lungimirante che non solo assista le popolazioni colpite, ma riduca le situazioni di fragilità, rafforzi la resilienza delle popolazioni e potenzi le capacità locali.
  In quest'ottica, la risposta alle crisi umanitarie non può provenire dal solo sistema umanitario e prescindere da un'analisi congiunta dei bisogni e dalla definizione di obiettivi programmatici condivisi tra aiuto umanitario, sviluppo e pace.
  Ne deriva l'urgenza di adottare un approccio integrato e multisettoriale che tenga anche conto degli effetti prodotti in aree diverse dal settore nel quale si interviene, mantenendo un'attenzione prioritaria sui vulnerabili, sugli esclusi, su coloro che rischiano di restare indietro.
  Ciò richiede la non facile individuazione di forme di contrasto alle discriminazioni, spesso legate alla provenienza, al genere, all'età, alla disabilità, alla religione, all'orientamento sessuale, allo status di migrante o rifugiato o ad altri fattori. L'uguaglianza, il buon governo, la democrazia, lo Stato di diritto, la cultura, il lavoro dignitoso sono al centro della nostra strategia.
  Vorrei ora attirare la vostra attenzione sugli effetti dell'Agenda 2030 per il quadro delle politiche.
  L'Italia ha adottato una strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile che ha una dimensione esterna che si traduce in termini pratici nell'aiutare i Paesi partner della cooperazione a raggiungere gli stessi obiettivi di sviluppo sostenibile che dobbiamo realizzare al nostro interno. Il passaggio dagli Obiettivi del millennio a quelli dell'Agenda 2030 segna proprio questa differenza. Quelli dello sviluppo sostenibile sono obiettivi di tutti, sia dei Paesi più avanzati e sviluppati sia dei Paesi che stanno cercando Pag. 6 ancora la loro strada verso uno sviluppo più duraturo.
  Lo strumento in cui si è contemplata la dimensione esterna è sostanzialmente il documento triennale di programmazione e indirizzo della cooperazione allo sviluppo.
  Dei princìpi, della visione e degli Obiettivi dell'Agenda 2030 si è tenuto e si sta tenendo conto nell'attività di redazione del nuovo documento triennale, nel cui ambito i settori prioritari di intervento sono stati riorganizzati alla luce della struttura degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.
  A titolo di esempio, cito il rafforzamento delle attività in alcuni settori specifici, come l'ambiente e la statistica. Sono stati, inoltre, iniziati nuovi progetti, come nel caso delle politiche di tassazione, al fine di aumentare la disponibilità di risorse domestiche pubbliche nei Paesi partner per finanziare i processi di sviluppo sostenibile.
  Il nuovo documento si fonda su questi obiettivi, e soprattutto su cinque pilastri: la persona, il pianeta, la prosperità, i partenariati e la pace. E si snoda attraverso sei capitoli.
  Il primo fornisce un quadro di riferimento internazionale, europeo e nazionale aggiornato ai più recenti sviluppi. Il secondo capitolo delinea la visione strategica della nostra cooperazione per il triennio, fornendo a tale riguardo un quadro delle risorse programmate. Il terzo capitolo fa riferimento a un settore molto importante, l'aiuto umanitario, e include anche la nostra azione nei contesti di crisi e fragilità. Il quarto capitolo fornisce il quadro delle nostre priorità a livello sia settoriale sia geografico.
  Le nostre azioni – vorrei ricordarlo nuovamente – contribuiscono alla realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile con riferimento ad alcuni specifici target che rappresentano le priorità tematiche e settoriali su cui si concentrerà l'azione di cooperazione allo sviluppo nei tre anni a venire: l'agricoltura, la sicurezza alimentare, la salute, l'istruzione, l'energia sostenibile, la migrazione e lo sviluppo, l'uguaglianza, il buon governo, la democrazia, lo Stato di diritto, la pace e la sicurezza, la cultura, il lavoro dignitoso, l'uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne sono le tematiche trasversali.
  Vi sono poi le priorità geografiche. Nella scelta dei Paesi prioritari occorre contemperare – cosa che abbiamo fatto – da un lato, l'esigenza di contribuire allo sviluppo di Paesi che per ragioni storiche, politiche, commerciali e culturali rivestono particolare importanza per l'Italia; dall'altro, la necessità di concentrare attività e risorse su un numero limitato di Paesi, in linea con i princìpi di efficacia, come ribadito dall'OCSE-DAC in occasione della peer review 2014, e con i princìpi che, sia pure informalmente, ci sono stati confermati e anticipati nel corso della peer review che si è appena conclusa a Roma e in Senegal come Paese esaminato dagli ispettori dell'OCSE.
  La bozza di documento triennale, non ancora in vigore ma che è attualmente al concerto del Ministero dell'economia e delle finanze, identifica ventidue Paesi prioritari, di cui undici in Africa (Burkina Faso, Egitto, Etiopia, Kenya, Mozambico, Niger, Senegal, Somalia, Sudan, Sud Sudan e Tunisia), quattro in Medio Oriente (Giordania, Libano, Territori palestinesi e Iraq), tre in Asia (Afghanistan, Myanmar e Pakistan), due in America latina (Cuba ed El Salvador) e due nei Balcani (Albania e Bosnia). A tali Paesi viene destinata la quota maggioritaria delle risorse a dono e a credito di aiuto nonché dei bandi promossi dall'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo.
  Rispetto al documento triennale precedente, tra i ventidue Paesi entra l'Iraq, incluso a seguito dell'avvio del processo di stabilizzazione delle aree liberate dal controllo di Daesh tra il 2014 e il 2017 nell'ambito di un più ampio concorso della comunità internazionale alla ricostruzione del Paese, che abbiamo ribadito anche nella Conferenza di Kuwait City svoltasi a febbraio 2018.
  In quell'occasione, l'Italia ha riconfermato l'impegno a concedere 260 milioni di euro in crediti di aiuto, oltre a 11 milioni di euro a dono per l'anno in corso, destinati a promuovere programmi di sviluppo e interventi umanitari. Tale pacchetto si aggiunge al credito di aiuto di 99,2 milioni di Pag. 7euro concesso a fine 2016 per la messa in sicurezza della diga di Mosul.
  Esce dai Paesi prioritari la Bolivia per una limitata capacità di assorbimento da parte di questo Paese dei programmi, e soprattutto dei crediti. Allo stesso tempo, in Bolivia continuiamo a portare avanti i programmi in corso e a intervenire ogni volta che sarà necessario con lo strumento dell'emergenza e dell'aiuto umanitario.
  Tengo anche a precisare che la mancata inclusione nella lista dei Paesi prioritari non implica automaticamente l'impossibilità per la cooperazione italiana di intervenire in contesti geografici più ampi, come spesso si rende indispensabile alla luce dell'esigenza di rispondere in alcuni casi alla crescente instabilità. Interveniamo, ad esempio, in Libia, Mali, Ciad e Mauritania proprio per l'instabilità che c'è nella sponda sud del Mediterraneo e nel quadrante saheliano, o per rispondere a sfide epocali, quali i fenomeni migratori e l'impatto dei cambiamenti climatici. In altri casi, interveniamo in Paesi non prioritari proprio perché vi sono gravi crisi umanitarie protratte, come nel caso del conflitto siriano, o in Yemen, o perché il nostro intervento è richiesto da situazioni di stabilizzazione post-conflitto, come in Colombia.
  Il quinto capitolo della bozza è dedicato agli ambiti di applicazione e fornisce il quadro di riferimento rispetto alle ripartizioni tra cooperazione multilaterale, partecipazione a programmi dell'Unione europea e cooperazione bilaterale a dono. Il sesto è dedicato all'efficacia degli interventi.
  Il documento triennale rappresenta, quindi, il quadro di riferimento all'interno del quale ci muoviamo. Il documento è stato condiviso in base ai princìpi ispiratori della legge n. 125 del 2014, è stato discusso con l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, con Cassa depositi e prestiti, con il Ministero dell'economia e delle finanze e con i soggetti del sistema italiano di cooperazione allo sviluppo, che sono rappresentati nel gruppo di lavoro due del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo (CNCS).
  La bozza ha, inoltre, formato oggetto di una riunione preparatoria a livello tecnico del CICS, che chiamiamo in gergo «pre-CICS», tenutasi alla Farnesina il 21 febbraio scorso. Attualmente, come anticipavo, la bozza è stata inviata per il concerto al Ministero dell'economia e delle finanze.
  Vorrei passare ora alle prospettive future. Nell'immediato futuro ci proponiamo di rafforzare i meccanismi di coordinamento, cercando di riunire più frequentemente sia il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo sia il CICS. Il lavoro di detti organismi, che hanno funzioni e compiti diversi ma complementari nell'assicurare l'unitarietà di azione e la condivisione degli indirizzi strategici della cooperazione, è molto utile ad aumentare il grado di inclusività del sistema italiano di cooperazione e a rafforzare l'impegno che intendiamo portare avanti anche attraverso i gruppi di lavoro tematici istituiti in seno ai due organismi. La condivisione di esperienze, idee e proposte ha consentito finora e consentirà in futuro di migliorare ulteriormente la rispondenza dell'azione di cooperazione agli obiettivi e agli impegni che il nostro Paese ha assunto a livello internazionale.
  Particolare attenzione sarà rivolta – ma la stiamo già rivolgendo – anche ai seguiti della Conferenza nazionale per la cooperazione allo sviluppo, che si è svolta nel gennaio del 2018, in preparazione della prossima, che si terrà nel 2021. La legge prevede questa conferenza a cadenza triennale. Tuttavia, proprio quest'anno stiamo organizzando, nell'ambito di Exco 2018, che si terrà alla Fiera di Roma dal 15 al 17 maggio, una fiera internazionale dedicata alla cooperazione allo sviluppo.
  Da quello che ci consta, almeno da tutti i commenti che siamo riusciti a raccogliere, è la prima fiera di questo tipo che si svolge a livello mondiale. Ha avuto anche un forte sostegno da parte della Commissione europea. Esiste una fiera di questo tipo che si svolgerà a Varsavia, ma che è limitata soltanto all'aspetto dell'aiuto umanitario e non ha il focus sul coinvolgimento del settore privato che avrà invece Exco 2018. Pag. 8
  La sto menzionando qui perché parlavo della Conferenza nazionale della cooperazione a gennaio 2018 dal momento che coglieremo l'occasione di Exco 2018 per un coopera-forum, una sorta di esame di medio termine tra una conferenza e l'altra. A maggio, saranno trascorsi quasi diciotto mesi da gennaio del 2018, e quindi sarà il momento per fare il punto con i tutti i componenti del CNCS e con i rappresentanti delle tre reti delle ong. È, sostanzialmente, un momento importante per raccogliere suggerimenti e input per guidare la nostra azione dei diciotto mesi che ci porteranno alla Conferenza del 2021.
  Comunicare la cooperazione allo sviluppo è stato uno dei temi al centro dell'agenda della conferenza. Più strategia e meno frammentazione, un rapporto più strutturato tra istituzioni, attori di sviluppo e media è ciò che è emerso come indicazione di fondo a gennaio 2018. Dando seguito alle raccomandazioni del manifesto della conferenza, cioè favorire una diffusa consapevolezza nazionale in merito alla portata dell'Agenda 2030 di sviluppo sostenibile e la comprensione da parte dell'opinione pubblica nazionale dei temi della cooperazione allo sviluppo, verrà sviluppata la strategia di comunicazione della cooperazione, che dovrà coinvolgere istituzioni e attori per una comunicazione più organica, coordinata e coerente.
  Passo ora alla collaborazione tra la cooperazione e gli organismi internazionali con sede in Italia. Nell'ambito dell'azione della cooperazione per l'attuazione della dimensione esterna dell'Agenda 2030, ha un rilievo particolare l'impegno per la lotta alla fame e la promozione di un'agricoltura sostenibile a livello globale.
  Nella nostra visione, l'Obiettivo di sviluppo sostenibile n. 2 (porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un'agricoltura sostenibile) riveste una posizione centrale all'interno dell'Agenda per le sue molteplici interconnessioni con altri sustainable development goals (SDGs) e la stretta correlazione esistente tra insicurezza alimentare, degrado ambientale, movimenti migratori, conflitti e instabilità.
  Vorrei citare a questo riguardo un riferimento che mi è spesso capitato di fare negli interventi, quando sono invitato, soprattutto per la presentazione di rapporti.
  In alcune aree, come nel Sahel, spesso è sufficiente un investimento di soli 100-110 dollari per strappare un ettaro di terreno alla desertificazione e riportarlo tra i terreni arabili e in condizioni di fertilità. Per raggiungere l'Obiettivo 2, a volte è sufficiente un investimento limitato, che però può avere un impatto positivo non solo sull'agricoltura e sulla disponibilità di cibo, ma anche sul sistema del cambiamento climatico e sulla salvaguardia della biodiversità.
  Sulla scorta dell’Aquila Food Security Initiative del G8 del 2009 passando per l'Expo di Milano 2015, per arrivare alla nostra presidenza del G7 nel 2017, l'Italia ha via via considerato la propria leadership a livello internazionale nel settore dello sviluppo agricolo sostenibile e della sicurezza alimentare. Sia nel dibattito internazionale sia nelle iniziative di cooperazione sul terreno siamo costantemente impegnati nel promuovere un modello di sviluppo agricolo e rurale equilibrato, inclusivo e sostenibile, fondato sul sostegno ai piccoli produttori familiari, alle filiere produttive locali e alla biodiversità agricola, valorizzando il ruolo imprenditoriale delle donne e dei giovani nell'ambito delle comunità rurali.
  Si tratta di una strategia di intervento sempre più incentrata sulla trasformazione dei sistemi alimentari in una prospettiva di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, e non sul puro aumento quantitativo della produzione di cibo.
  Per raggiungere questi obiettivi, è importante anche rafforzare il coinvolgimento delle aziende e delle cooperative agroalimentari italiane attraverso la promozione di partenariati con il settore privato dei Paesi partner e di investimenti in linea con i princìpi di sostenibilità.
  L'azione italiana per il raggiungimento del SDG 2 è anche un esempio virtuoso, io credo, di coerenza nell'attuazione delle dimensioni interna ed esterna dell'Agenda. L'approccio della cooperazione italiana in Pag. 9tale ambito trae infatti ispirazione dal modello italiano di sviluppo agricolo e rurale, basato sul forte legame tra territorio e produzioni di qualità, sulla tutela del paesaggio e delle colture tradizionali, sull'associazionismo dei piccoli produttori per l'accesso a mercati più ampi.
  In quest'ambito, uno dei punti di forza della cooperazione italiana è proprio l'investimento che facciamo sulle filiere, e lo facciamo con le organizzazioni non governative, con il settore profit, con le organizzazioni internazionali. Uno dei modelli con cui siamo partiti è stato quello del caffè in Etiopia, dove ci sono 25 milioni di famiglie che hanno piccole produzioni di caffè.
  Il programma, avviato tra Italia, unitamente a organizzazioni non governative, e un partner privato importante – in questo caso, si è trattato di Illy – ha consentito di investire in un settore in cui si può migliorare la qualità del prodotto, e quindi ampliare i margini di profitto dei piccoli produttori, che in questo modo, da un lato, sono invogliati a investire in altri terreni limitrofi e a destinare in parte, con maggiore profitto, il prodotto sui mercati locali, garantendo quindi che una parte del prodotto migliore rimanga sul mercato locale; dall'altro, hanno la garanzia di vendite all'esportazione con margini più elevati.
  Questo modello dall'Etiopia lo abbiamo replicato in altri Paesi. Lo stiamo replicando con uno degli ultimi programmi approvati in sede di Comitato congiunto in Mozambico. Lo abbiamo replicato in Repubblica Dominicana, in Kenya, ancora in Africa, e stiamo investendo in questo settore anche in Colombia.
  Sulla base di quest'esperienza positiva sulle filiere, stiamo lavorando in altri settori: sulla filiera del pomodoro in Egitto; su quella del cotone in Burkina Faso; su quella delle concerie e del pellame in altri Paesi. Stiamo inoltre esplorando la possibilità di un programma di grandi dimensioni insieme a Cassa depositi e prestiti sul cacao in Ghana.
  L'attuazione di questa strategia che abbiamo calato nel documento triennale di programmazione e di indirizzo trova, naturalmente, come alleati fondamentali le agenzie dell'ONU basate a Roma: la FAO, l'IFAD e il PAM.
  Il polo romano delle Nazioni Unite, il terzo per rilevanza dopo New York e Ginevra, costituisce infatti il principale punto di riferimento globale per l'elaborazione e l'attuazione di politiche per lo sviluppo agricolo sostenibile e per la sicurezza alimentare.
  D'altronde, il nesso tra insicurezza alimentare, conflitti e immigrazioni, così come quello tra azione umanitaria, cooperazione allo sviluppo e mantenimento della pace, sono sempre più all'ordine del giorno. Lo dimostra la crescente attenzione del Consiglio di sicurezza su questi temi, con periodiche audizioni dei vertici della FAO e del PAM, e soprattutto con la risoluzione n. 2477 dello scorso anno, in cui il Consiglio di sicurezza riconosce l'insicurezza alimentare causata dalla guerra come una questione di pace e sicurezza e condanna l'uso della fame come metodo di guerra.
  Che la fame sia uno strumento di guerra non è una scoperta nuova. È stato uno strumento storicamente usato nei vari assedi ed è stato usato anche recentemente nella crisi siriana. Il fatto, però, che il Consiglio di sicurezza lo abbia riconosciuto con la risoluzione n. 2477 segna, credo, una tappa nuova per il diritto internazionale e per il diritto umanitario internazionale.
  Vorrei, a questo punto, ricordare anche, tra le organizzazioni che hanno sede in Italia e perché ha un forte legame con la sicurezza alimentare, anche il deposito di aiuti umanitari di Brindisi, gestito dal PAM, che dal 2000 assicura un sostegno fondamentale alle operazioni di soccorso effettuate dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dalle ong italiane per l'invio urgente di aiuti umanitari alle popolazioni colpite da calamità naturali o altre emergenze.
  Credo non sia sfuggito a nessuno che dal deposito di Brindisi è partito in questi giorni un carico di aiuti umanitari per le inondazioni in Mozambico. Abbiamo fatto quest'operazione insieme alla Protezione civile, inviando un ospedale di pronto intervento. È un'operazione che abbiamo condotto Pag. 10 anche in partenariato con il meccanismo europeo di Protezione civile. Da Brindisi credo stia partendo oggi un volo di aiuti umanitari per l'Iran. Come sapete, credo che anche loro abbiano avuto nelle scorse settimane forse la più grande devastazione da inondazioni nella storia del Paese.
  Il deposito di Brindisi fa parte di una rete internazionale, il cosiddetto network UNHRD (United Nations Humanitarian Response Depot), costituita da sei depositi creati sul modello di Brindisi e localizzati strategicamente nelle diverse aree del mondo: Brindisi, Dubai, Accra, Panama, Kuala Lumpur e Las Palmas. I partner umanitari (Stati, organizzazioni non governative e organizzazioni internazionali) che si avvalgono dei sei depositi possono pre-posizionare i loro beni umanitari e rispondere in modo rapido ed efficace alle emergenze umanitarie in tutte le aree del mondo attraverso servizi integrati di acquisto, stoccaggio, trasporto e consegna di beni umanitari.
  Il deposito di Brindisi ospita, inoltre, il training center dell'UNHRD, percorsi di formazione, esercitazioni e simulazioni di emergenza, e un laboratorio per l'innovazione tecnologica nel settore della logistica umanitaria, delle tecnologie sostenibili e della riduzione degli scarti.
  L'Italia detiene le proprie scorte di beni umanitari presso il deposito di Brindisi. Le scorte italiane sono composte da uno stock di farmaci e presìdi sanitari, acquistati tramite l'Organizzazione mondiale della sanità, e da uno stock di beni di prima assistenza e soccorso, acquistati per conto dell'Italia dal programma per l'alimentazione mondiale. Su autorizzazione della cooperazione italiana, tali beni possono essere movimentati, trasportati su nave, aereo o gomma, e consegnati nelle aree di crisi.
  Tra le spedizioni, oltre a quelle menzionate prima, ne ricordo anche una recente di kit sanitari per far fronte all'emergenza sanitaria nel nord-ovest della Siria. Stiamo organizzando anche un volo umanitario in collaborazione con la Croce Rossa Italiana per l'invio di medicinali per far fronte all'emergenza sanitaria in Venezuela.
  Sul deposito di Brindisi vorrei aggiungere un'altra considerazione, un altro riferimento.
  Teniamo tutti particolarmente al deposito di Brindisi. In questi venti anni è stato uno strumento importante, e lo era ancora prima che diventasse modello per la rete di depositi di questo tipo. Abbiamo promosso recentemente la presentazione del deposito di Brindisi ai partner dell'Unione europea. Lo abbiamo chiesto come Italia alla Romania durante la sua Presidenza. È stata una proposta che dalla Presidenza romena è stata accettata. La direttrice del deposito di Brindisi è stata invitata a illustrare le attività ai 27 direttori generali degli aiuti umanitari.
  Visto che l'abbiamo promosso, credo che sia stata un'iniziativa importante. Dobbiamo convincere sempre più partner tra i membri dell'Unione europea a scegliere Brindisi come deposito per i loro aiuti umanitari, perché crediamo che geograficamente sia quello che meglio di altri può servire ai Paesi dell'Unione europea.
  In linea con i princìpi della riforma del sistema di sviluppo dell'ONU, è in corso un processo graduale ma costante di integrazione strategica e operativa tra i tre organismi, da sempre sostenuto con convinzione dall'Italia, che consente di aumentare l'impatto della loro azione nei Paesi partner e di accrescere il rilievo del loro mandato nell'ambito dell'Agenda internazionale per lo sviluppo.
  A questo riguardo, un po’ per dare l'idea che le affermazioni sono, sì, affermazioni di principio, cui però corrisponde anche un'azione concreta da parte nostra, è stato su iniziativa dell'Italia che, credo soltanto due anni fa, i tre organismi (FAO, PAM e IFAD) hanno tenuto dei consigli di amministrazione congiunti, forse non tanto in questa fase per prendere decisioni comuni – ovviamente, i sistemi di governance di ciascuno dei tre organismi non lo consentono – ma senz'altro come un'occasione per stare seduti insieme e avere uno scambio di idee per assicurare la coerenza della loro azione. Pag. 11
  Alle agenzie che ho menzionato si affianca Bioversity International, con sede a Maccarese, impegnata nella tutela e valorizzazione della biodiversità agricola e forestale con il fine di contribuire alla sicurezza alimentare e alla nutrizione globale e sostenibile. Anche per la prossimità con il polo ONU, Bioversity esercita una crescente forza di attrazione per altri centri di ricerca agricola applicata del sistema SGR. Nelle intenzioni, per come la vediamo, Bioversity e SGR potrebbero diventare la quarta gamba del polo agricolo romano in qualche modo proprio concentrandosi sulla ricerca.
  Un primo passo è stato fatto attraverso la fusione tra Bioversity e il CIAT, un centro di ricerca che sta in Colombia. Una parte del CIAT è stato assorbito a Maccarese. Abbiamo in corso dei colloqui con altre organizzazioni appartenenti a questo network di enti di ricerca, che stanno valutando la possibilità di trasferirsi o di trasferire parte delle loro facilities a Maccarese.
  Nel medesimo settore opera anche l'Istituto agronomico mediterraneo di Bari, che fa parte del Centro internazionale di alti studi agronomici del Mediterraneo. È assolutamente un centro di eccellenza, che utilizziamo molto per i nostri programmi nell'area del Mediterraneo, ma anche nell'area del Mediterraneo allargato. È grazie al CIAT che stiamo intervenendo, ad esempio, per dei programmi di sviluppo agricolo e rurale nell'area di Raqqa o per rafforzare lo sviluppo costiero e la tutela delle risorse ittiche in Tunisia.
  A Roma abbiamo anche IDLO (International Development Law Organization), l'Organizzazione internazionale di diritto per lo sviluppo, e insieme con il dipartimento per lo sviluppo economico e sociale delle Nazioni Unite (UNDESA), UNODC a Vienna e UNICRI a Torino, stiamo organizzando al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale una conferenza internazionale per la fine di maggio per fare il punto, a quattro anni dall'adozione dell'Agenda 2030, sui risultati raggiunti nell'ambito dell'Obiettivo di sviluppo n. 16, che – vorrei sottolinearlo – è considerato forse il più politico tra gli obiettivi dell'Agenda 2030 perché dedicato alla promozione di società pacifiche e inclusive, caratterizzate da istituzioni responsabili, trasparenti ed efficaci a tutti i livelli, basate su processi decisionali partecipativi, rispetto dei diritti umani, certezza del diritto, accesso universale alla giustizia.
  I risultati di questa conferenza, a cui hanno già dato la sua adesione l’under-secretary general Liu Zhenmin, il responsabile di UNDESA, e la presidente dell'ECOSOC, l'Ambasciatrice King, verranno portati a New York all'HLPF (High-level political forum) a luglio.

  PRESIDENTE. Ha toccato sicuramente vari punti di interesse. La Commissione sarà a Maccarese e a Brindisi nei prossimi mesi. Avevamo già identificato delle date, ma poi per una serie di motivi sono state spostate. Anche noi andremo a visionare il lavoro che viene svolto da questi istituti.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PIERO FASSINO. Grazie al Direttore per l'ampia esposizione. Sarebbe utile avere il testo.
  Ho due domande secche, perché abbiamo pochissimi minuti. La prima riguarda le dinamiche di finanziamento delle politiche di cooperazione allo sviluppo.
  Quanto è previsto nel DEF? Qual è la previsione dei prossimi anni e la comparazione con l'impegno finanziario degli anni scorsi? Stiamo crescendo o stiamo diminuendo, e in che misura?
  La seconda domanda fa riferimento all'audizione, presso questa Commissione, del professor Pezzini, il direttore del Centro di studi e ricerche dell'OCSE, il quale a un certo punto ha detto che lui era stupito che l'Italia non valorizzasse a sufficienza un asset che ha pochi analoghi in Europa, e cioè quello della cooperazione decentrata.
  Io concordo con Pezzini. Mi occupo di cooperazione e sviluppo da molti anni e, se guardo soprattutto agli anni passati, la cooperazione decentrata è stato un pezzo fondamentale della nostra cooperazione allo sviluppo. Negli ultimi anni, le risorse si Pag. 12sono drasticamente ridotte in virtù sia delle politiche di rigore sulle risorse degli enti locali sia di una riduzione di allocazione da parte del Ministero in questo capitolo. Io considero, invece, strategica e importante la cooperazione decentrata, e quindi vorrei sapere quali sono le linee di indirizzo per il rilancio della cooperazione decentrata.
  Ultima questione: Lei ha fatto ampio riferimento all'investimento per una capacità produttiva agroalimentare sostenibile in Africa.
  Segnalo, ma credo che questo sia già all'evidenza, l'impegno internazionale straordinario che Slow Food sta producendo in Africa con la campagna dei 10 mila orti africani finalizzati al rilancio delle produzioni d'origine e delle produzioni locali. Mi interessa sapere in che misura questa è una cosa su cui il Ministero ha posto attenzione.

  YANA CHIARA EHM. Ringrazio anch'io per quest'intervento. In effetti, è stato veramente occasione di approfondimento su una tematica che ci sta particolarmente a cuore, sulla quale stiamo prevedendo di intervenire sempre di più, anche perché la cooperazione per l'appunto ha una facoltà di risposta a zone di conflitto, ma anche di crisi umanitaria, importantissima.
  Io sono d'accordo con la domanda che ha fatto il collega Fassino, e lo ringrazio, sulla questione della cooperazione decentrata.
  Proprio per approfondire questo aspetto, per quanto ho potuto vedere personalmente, nella cooperazione questo ramo è sempre stato presente, e forse è il ramo più sviluppato della nostra cooperazione; anche perché molti Paesi hanno proprio come regola nella cooperazione di dover collaborare con i vari gruppi che sono stati sul territorio, al fine di lasciare un seme importante per poter poi proseguire questo lavoro.
  Sarei molto interessata a sapere se, anche nelle statistiche, c'è stato un calo di questo ramo della cooperazione, o se invece è rimasto stabile o se addirittura è aumentato.

  LAURA BOLDRINI. La ringrazio, Direttore Marrapodi, per la sua relazione molto dettagliata. Sì, cerchiamo di avere il testo, altrimenti rischiamo di non avere tutti i riferimenti.
  Intanto, mi interrogo sul suo rapporto con l'Agenzia. Lei è Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo al Ministero, e noi, come Lei ci ha appunto ben illustrato, abbiamo un'Agenzia per lo sviluppo: come interagisce con l'Agenzia? Non c'è il rischio di sovrapporsi in merito alle attività?
  Mi chiedo poi se ci siano sviluppi sul nuovo direttore/direttrice dell'Agenzia. Ne abbiamo avuti? Benissimo. Non ero informata dello sviluppo.
  Relativamente al livello di risorse, qui vedo che c'è stata negli ultimi anni una riduzione della quota di reddito nazionale lordo per la cooperazione allo sviluppo: nel 2017, lo 0,30; nel 2018, lo 0,24, quindi da 5,2 miliardi siamo passati a 4,2 miliardi. Nel DEF, che dobbiamo votare più tardi, non c'è nessuna menzione in merito a questo, ma si dice che rimane valido l'obiettivo dello 0,7 per cento.
  Ora, io mi chiedo come sarebbe possibile arrivare a quest'obiettivo dopo che c'è stata questa riduzione. Vorrei capire come questa riduzione va a impattare con i programmi giustamente ambiziosi che vi prefiggete e come si riuscirà a mettere in atto l'Agenda 2030, che è formata da molti punti e richiede anche uno sforzo in termini di investimento. Il rischio che intravedo è che tutto questo rimanga negli intenti, ma non abbia quel riscontro concreto che invece sarebbe necessario per dare senso allo sforzo dell'Agenda 2030.

  PRESIDENTE. Do la parola all'Ambasciatore Marrapodi per la replica.

  GIORGIO MARRAPODI, Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. L'intervento è senz'altro a vostra disposizione.
  Cercherò di rispondere sulle risorse. Effettivamente, nel 2018 l'aiuto pubblico allo sviluppo diminuisce, come ha detto l'onorevole Pag. 13 Boldrini, da 5,2 a 4,2 miliardi di euro, quindi sostanzialmente è circa un miliardo di euro in meno. Scendiamo dallo 0,30 allo 0,24 del PIL, e sul piano delle graduatorie internazionali non è un bel segnale, non c'è dubbio.
  Credo anche, però, che debba essere chiaro che quella di un miliardo è una riduzione che avviene tutta, ad eccezione credo di 40 milioni, sulla minore spesa in Italia per l'accoglienza dei rifugiati. Di conseguenza, credo che debba anche essere considerato il percorso virtuoso che c'è stato dal 2012 al 2017, con un aumento dallo 0,14 allo 0,30, che denota una forte crescita, come io stesso ho fatto notare in tutti i consessi internazionali cui ho partecipato, per far sentire sempre di più la voce del nostro Paese nelle organizzazioni multilaterali. Lo abbiamo fatto. Indubbiamente, però, il dato era aumentato comunque anche per la crescita delle maggiori spese in Italia per l'accoglienza ai rifugiati.
  C'era stata una crescita sostenuta anche nel bilancio del Ministero degli affari esteri, e di conseguenza dell'Agenzia, che certamente – permettetemi di dire – è la spesa vera e propria per la cooperazione allo sviluppo, è quella propriamente detta. Lo è anche quella del Ministero dell'economia e delle finanze, che però è una spesa obbligata, perché va a rifinanziare le banche di sviluppo, le banche regionali, impegni presi nelle organizzazioni internazionali. Quello che, però, viene speso sui programmi nei ventidue Paesi di priorità geografica e nei settori tematici che ho menzionato, dalla salute all'istruzione, è il bilancio del Ministero degli affari esteri.

  PIERO FASSINO. Su questa parte specifica che dinamica c'è stata?

  GIORGIO MARRAPODI, Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Negli anni passati, in crescita; nel 2018, abbiamo avuto una riduzione di 40 milioni di euro.

  PIERO FASSINO. Su un plafond di?

  GIORGIO MARRAPODI, Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Circa 600 milioni di euro. I 40 milioni in meno nel 2018 si aggiungevano a un accantonamento di circa 16 milioni che c'era stato nel 2017.
  Ora, la dinamica per il 2019 per il Ministero degli affari esteri, ma poi specificherò, è sostanzialmente positiva, nel senso che passerebbe da 491 milioni a 515. Questa è la parte che nel corso dell'anno trasferiremo all'Agenzia. Lo stanziamento passa da 491 a 515 milioni.
  Aggiungo, però, che in questi giorni siamo stati informati della...

  PIERO FASSINO. Scusi, la questione è importante, noi dobbiamo discutere del DEF.
  Quello che ha speso nel 2018 è 491 milioni, giusto? Più 16 milioni di residuo del 2017? Un accantonamento di cifre non spese, è così? Ho capito bene?

  GIORGIO MARRAPODI, Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Sì, non spesi del 2017.

  PIERO FASSINO. Grosso modo, quindi, i 515 milioni di quest'anno equivalgono a 491 più 17.

  GIORGIO MARRAPODI, Direttore Generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Sì. È stata anche un po’ la mia introduzione.
  È di questi giorni la deliberazione sulle missioni e, da quanto ci è stato riferito, dei 115 milioni destinati alla cooperazione allo sviluppo, resta integra la somma, di cui però solo il 40 per cento sarebbe esigibile nel 2019, mentre il resto verrebbe spostato come esigibilità al 2020.
  Devo, però, confessare che dobbiamo capire sul piano giuridico se possiamo deliberare in Comitato congiunto l'impegno della delibera, quindi non soltanto programmare – credo che programmare si possa. Credo sia una situazione che dobbiamo ancora valutare. Pag. 14
  Nel 2018, quindi, le risorse sono state in calo. E questo è comunque un punto che dovremo sostenere nell'ambito della peer review quando a ottobre il rapporto sull'Italia sarà presentato a Parigi e con il Governo dovremo andare a difenderlo. È un punto che ovviamente verrà sollevato quello del calo dello 0,30 allo 0,24. Tra l'altro, credo che la spiegazione sarà quella del fatto che forse era cresciuto eccessivamente negli anni passati per il motivo sopra menzionato e per lo stesso motivo è diminuito nel 2018.
  Secondo me, sul piano internazionale, sul piano dell'immagine della cooperazione negli organismi delle Nazioni Unite, sarebbe importante cercare di non far diminuire le risorse destinate al Ministero degli affari esteri per la cooperazione allo sviluppo, quelle che effettivamente vengono spese in programmi.
  Quanto alla cooperazione decentrata, credo che noi abbiamo inserito un riferimento alla sua importanza nel documento triennale, dove appunto parliamo dell'importanza dei programmi da attuare insieme a università e altri enti pubblici, enti territoriali, regioni, province autonome di Trento e di Bolzano e con altri soggetti senza finalità di lucro. Non voglio con questo sfuggire alla domanda o nascondermi dietro il cespuglio.
  Intanto, c'è sicuramente un'azione che tentiamo per favorire la partecipazione degli enti territoriali, ed è attraverso l'inserimento di meccanismi di premialità nei bandi pubblicati dall'Agenzia.
  I bandi prevedono molto spesso dei meccanismi che premiano con i punteggi quelle proposte che coinvolgono più attori, quindi non il programma presentato soltanto dall'organizzazione non governativa, ma quel programma che coinvolge un centro di ricerca, un'università, un'azienda, un ente territoriale. Uno dei meccanismi con cui cerchiamo di farlo è, quindi, attraverso i bandi.
  È anche vero che da parte degli enti territoriali ci è stata manifestata più volte la richiesta di un bando dedicato alla cooperazione degli enti territoriali, che contiamo di fare quest'anno, nel 2019. Non è stato fatto nel 2018. Contiamo di farlo quest'anno. C'è, però, un aspetto tecnico che con l'Agenzia dobbiamo superare e che riguarda le anticipazioni.
  Uno dei problemi degli enti territoriali, in base alla nuova legge, la n. 125 del 2014, quando sono destinatari di un programma, è che c'è un meccanismo che non consente all'Agenzia di fare l'anticipazione fin dall'inizio del programma, ma solo quando è possibile la verifica della prima fase. Questo mette in difficoltà gli enti territoriali nella partenza del programma. È un meccanismo che abbiamo ben presente, è in evidenza. Spero che con il nuovo direttore dell'Agenzia riusciremo a risolverlo per venire incontro a una richiesta che ci viene fatta direi abbastanza sistematicamente nel Comitato congiunto.
  Come sapete, l'Associazione nazionale dei comuni italiani siede nel Comitato congiunto, e quindi partecipa a tutte le nostre attività, comprese la policy e la strategia. Sono coinvolti. Questo è senz'altro un nodo che dobbiamo cercare di sciogliere. Nel mentre, abbiamo cercato di coinvolgere gli enti territoriali attraverso i bandi integrati.
  Devo confessare che Slow Food è una delle più belle scoperte che io abbia fatto in questi dodici-quattordici mesi, non perché non conoscessi Slow Food, ma lo conoscevo forse, come tanti, da utente e non per quello che è e che fa. Ho partecipato e sono intervenuto al salone Terra Madre a Torino. Credo che quello dei 10 mila orti rurali in Africa sia un bellissimo programma, molto utile. Tra l'altro, è un'esperienza che credo stia avendo successo anche forse al di là delle aspettative di Slow Food stessa. Se facciamo l'esempio del Kenya, credo che l'idea fosse di riuscire a realizzarne forse una decina, ma mi pare che in Kenya siano già oltre cento gli orti rurali marcati Slow Food.
  È un attore importante per noi, è destinatario di fondi della cooperazione allo sviluppo attraverso i programmi che finanziamo con la FAO, quindi senz'altro fa parte degli attori della cooperazione.
  Quanto al ruolo della Direzione Generale al Ministero degli affari esteri e al ruolo dell'Agenzia, credo che la legge abbia Pag. 15distinto abbastanza bene i ruoli. La Direzione Generale si occupa soprattutto di policy e di strategia e l'Agenzia si occupa di esecuzione dei programmi. La Direzione Generale mantiene una competenza primaria sulla cooperazione multilaterale, perché nel multilaterale si fa soprattutto molta policy e molta strategia, che poi si traduce nel bilaterale.
  La Direzione Generale mantiene un ruolo primario nella programmazione degli interventi umanitari e di emergenza, proprio perché sono due settori in cui più è necessario l'intervento politicamente caratterizzato. Quello umanitario è soprattutto un intervento nelle aree di crisi, e quindi questo è il ruolo.
  Quanto all'Agenzia, la mia personale esperienza di questi quattordici mesi è stata di un lavoro in perfetta sintonia. Con il direttore reggente, dottor Carmenati, abbiamo avuto un dialogo pressoché quotidiano. Ci siamo confrontati, scambiati idee su tutti i temi. Abbiamo partecipato insieme a moltissime iniziative. Ci siamo coordinati. Ho preso anche l'iniziativa, ma devo dire in maniera concordata, di avere anche degli staff meeting congiunti, per cui le nostre strutture si incontrano mediamente ogni due-tre settimane per fare il punto sulle varie attività in agenda.
  Tra i ruoli distinti, rimane quello del Ministero come ente vigilante sull'Agenzia, una vigilanza che si esplica nel sottoporre al Ministro i vari documenti di bilancio, quelli di programmazione preventiva e quelli di consuntivo, nonché nella nostra attività di stimolo sull'attuazione delle osservazioni che periodicamente vengono fatte dal collegio dei revisori, che devono essere poi tradotte in azioni concrete da parte dell'Agenzia.
  La mia esperienza è che in questi quattordici mesi non ci siamo sovrapposti, non ci siamo calpestati i piedi.
  Contemporaneamente al mio arrivo, come sapete, si è dimessa per motivi personali la direttrice dell'Agenzia. Tra l'altro, avevo anche chiesto che restasse un po’ più a lungo. Per me, appena arrivato al Ministero, poter contare su un dirigente di esperienza in Agenzia sarebbe stato molto utile, ma mi ha illustrato le sue motivazioni personali e, quando qualcuno mi dice che le esigenze della famiglia sono tali non mi permetto più di insistere.
  Giudico una fortuna che in quel frangente sia stato possibile intercettare e avvalersi di un dirigente di prima fascia che era in uscita dalla Croce Rossa e aveva un'enorme esperienza in gestione di programmi, quindi la persona forse più idonea per assicurare la transizione da una direzione all'altra. Con Leonardo Carmenati abbiamo lavorato molto bene in questi quattordici mesi.

  PRESIDENTE. Non essendoci altri interventi da parte dei colleghi, concluderei qui quest'audizione, ringraziando nuovamente l'Ambasciatore Marrapodi per quest'opportunità di confronto su un tema così importante.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.30.