XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 21 di Giovedì 10 settembre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fassino Piero , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA POLITICA ESTERA DELL'ITALIA PER LA PACE E LA STABILITÀ NEL MEDITERRANEO

Audizione del Commissario europeo per la Politica di Vicinato e per la Politica di Allargamento, Olivér Várhelyi.
Fassino Piero , Presidente ... 3 
Várhelyi Olivér , Commissario europeo per la Politica di Vicinato e per la Politica di Allargamento ... 4 
Fassino Piero , Presidente ... 11 
Valentini Valentino (FI)  ... 11 
Fassino Piero , Presidente ... 12 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 12 
Fassino Piero , Presidente ... 12 
Cabras Pino (M5S)  ... 12 
Fassino Piero , Presidente ... 13 
Várhelyi Olivér , Commissario europeo per la Politica di Vicinato e per la Politica di Allargamento ... 13 
Fassino Piero , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare: Misto-PP-AP.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIERO FASSINO

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Commissario europeo per la Politica di Vicinato e per la Politica di Allargamento, Olivér Várhelyi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla politica estera dell'Italia per la pace e la stabilità nel Mediterraneo, l'audizione del Commissario Olivér Várhelyi che, come sapete, è il Commissario all'Allargamento e alle Politiche di Vicinato. Questi sono due temi che la nostra Commissione esamina spesso, sia per quello che riguarda l'allargamento ai Paesi dei Balcani e sia per quello che riguarda le Politiche di Vicinato che, come sapete, riguardano un numero di Paesi molto ampio, che va dai Paesi del bacino mediterraneo ai Paesi dell'Est europeo.
  Saluto il Commissario e lo ringrazio della Sua disponibilità, che apprezziamo molto. Il Commissario è accompagnato dal dottor Antonio Parenti, che è il Capo – neonominato, quindi facciamo gli auguri anche a lui – della Rappresentanza italiana alla Commissione europea; dal dottor László Kristóffy, Capo di gabinetto del Commissario; dal dottor Vito Borrelli, Vicedirettore della Rappresentanza, e dal dottor Nardi, membro del gabinetto del Commissario.
  L'audizione del Commissario si colloca nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Mediterraneo, che noi abbiamo sempre concepito come indagine conoscitiva sul grande Mediterraneo, il largo Mediterraneo. Il suo portafoglio di competenze, Allargamento e Politiche di Vicinato, ha un impatto significativo per ciò che riguarda i Balcani e per ciò che riguarda tutto il bacino mediterraneo. Naturalmente, nel corso dell'audizione non mancheranno probabilmente anche riferimenti al Partenariato orientale, che rientra sempre nelle competenze del Commissario, e alla crisi bielorussa e ucraina: parliamo di aree che sono strategiche per l'Italia e per l'Unione europea. Per quello che riguarda i Balcani parliamo di una regione che, come sappiamo, da lungo tempo attende di vedere esaudita l'aspettativa all'integrazione europea: un percorso, quello dell'integrazione europea, lungo. All'indomani della pace di Dayton del 1995 la prospettiva dell'inclusione europea fu proposta come la condizione per dare una sicurezza e stabilità definitive. Quell'intenzione fu poi formalizzata nel Consiglio europeo di Salonicco del 2003, dove si annunciò la volontà dell'Unione europea di dar luogo a un percorso di integrazione nell'Unione dei Paesi dei Balcani occidentali. Sono trascorsi venticinque anni da Dayton e sono trascorsi diciassette anni da Salonicco. Un tempo lungo, se mi è permesso di dire, troppo lungo, per una ragione molto semplice: il decorrere del tempo ha rischiato e rischia di favorire frustrazione nelle società e nelle cancellerie dei Paesi balcanici e la frustrazione può allentare la tensione all'integrazione europea e fare riemergere pulsioni nazionalistiche; e qualche segnale di riemersione di pulsioni Pag. 4nazionalistiche e di instabilità nella regione ce l'abbiamo. Per questa ragione io penso che la Commissione abbia approvato qualche mese fa all'unanimità una risoluzione, con il consenso di tutti i gruppi politici del nostro Parlamento, che è finalizzata a chiedere l'accelerazione del processo di integrazione, in ragione tale da soddisfare le aspettative di questi Paesi.
  Sono in corso i negoziati con Montenegro e Serbia, è recente la decisione di avviare i negoziati con Albania e Macedonia del Nord, dopo una fase di discussione non semplice, come sappiamo, che è stata percepita e letta nelle capitali balcaniche come un sentimento di incertezza dell'Unione europea. Per questo il fatto che quella fase si sia risolta con la decisione di avviare i negoziati è positivo, così com'è positivo l'avvio di colloqui tra Pristina e Belgrado per la normalizzazione dei rapporti, con la mediazione dell'Unione europea. Credo che da ogni punto di vista abbiamo necessità di accompagnare il percorso di inclusione, anche accelerandone i tempi. L'Italia ovviamente è interessata vitalmente a quello che succede nei Balcani occidentali per le consolidate relazioni politiche, economiche e culturali che noi abbiamo; per la necessità e il comune interesse a lavorare alla stabilità e alla sicurezza della regione del Mediterraneo; e per la necessità di condividere anche i flussi migratori, che nella rotta balcanica hanno una delle vene e uno dei passaggi essenziali.
  Altrettanta importanza noi dedichiamo, ovviamente, alle Politiche di Vicinato, sia verso l'est europeo sia verso il Mediterraneo. Il Mediterraneo vive una fase di grande instabilità e sappiamo tutti che il Mediterraneo è sempre un'area che conosce instabilità. Però viviamo una fase nella quale per la prima volta, forse da molto tempo, la sequenza di instabilità è grandissima: dallo stretto di Hormuz allo stretto di Gibilterra noi abbiamo una sequenza di instabilità e di guerre continue. La criticità iraniana, la fragilità dell'Iraq, la guerra in Siria, la guerra civile in Yemen, l'instabilità nel Libano, l'instabilità nel Corno d'Africa, la guerra in Libia, l'instabilità in Algeria e in Tunisia. Per non parlare del Sahel, della regione subsahariana, con tutti i problemi che conosciamo, compresa la presenza del terrorismo. L'area mediterranea è davvero un'area strategica perché tutto ciò che accade lì ha un impatto sull'Europa e sull'Italia per la sua collocazione geopolitica e geofisica ed è quindi decisivo che l'Unione europea abbia una strategia per favorire processi di pacificazione, di stabilizzazione e di sicurezza nel Mediterraneo.
  Le Politiche del Vicinato sono molto importanti anche alla luce del fatto che con molti Paesi dell'altra sponda del Mediterraneo l'Unione europea ha sottoscritto gli accordi euromediterranei di associazione e quindi c'è uno strumento concreto che ci lega a questi Paesi; allo stesso modo, naturalmente, la Politica di Vicinato nei confronti dei Paesi del Caucaso, della Moldavia e dell'Ucraina è altrettanto importante per la stabilità e la sicurezza di quella regione.
  Su tutto questo vogliamo ascoltare le riflessioni del Commissario e interloquire con lui. Lo ringraziamo molto – ripeto ancora – della Sua presenza e a conclusione vorrei ribadire una cosa: siccome questi sono dossier su cui la nostra Commissione lavora permanentemente, noi diamo al Commissario la disponibilità anche di avere un'interlocuzione periodica, continua, al di là dell'audizione di oggi, perché vogliamo tenere ovviamente in gran conto quello che l'Unione europea fa e al tempo stesso cercare di concorrere con le nostre idee e le nostre proposte a queste politiche.
  Do la parola al Commissario, ancora ringraziandolo per essere qui.

  OLIVÉR VÁRHELYI, Commissario europeo per la Politica di Vicinato e per la Politica di Allargamento. Signor presidente, membri della Commissione, per me è un onore e un piacere trovarmi qui con voi oggi. Sono diversi i motivi che mi hanno indotto a venirvi a trovare, alcuni di natura istituzionale e alcuni di natura molto pragmatica. Il motivo istituzionale è che per me, quale Commissario, una volta eletto a questa carica era necessario ottenere l'approvazione del Parlamento nazionale ungherese e della Commissione Esteri e per l'Integrazione europea in particolare. Ho Pag. 5dovuto anche lì passare per un'audizione. Questa è la condizione affinché si possa convalidare la nomina fatta dal Governo ungherese alla carica di Commissario. In quell'occasione ho preso un impegno molto serio, che sto cercando di mantenere anche con questa visita. Senza il coinvolgimento totale dei Parlamenti nazionali degli Stati membri e dei Paesi di cui sono responsabile, ovvero del vicinato europeo, non è possibile che la Politica di Allargamento e di Vicinato abbia esito positivo.
  Il secondo motivo, molto pragmatico, che spiega la mia presenza qui oggi, è che l'Italia svolge un ruolo fondamentale nella Politica di Vicinato. Se guardo ai Balcani, se guardo a tanti altri Paesi, l'Italia è sempre un attore molto importante: è membro fondatore dell'Unione europea, uno dei più importanti Stati membri e storicamente e culturalmente ha dato forma a questa regione. Per questo sono qui a chiedere il vostro sostegno al mio lavoro e sono qui per condividere il mio pensiero e anche alcuni dei risultati che siamo stati in grado di ottenere fino a oggi. Vorrei anche cercare di convincervi ad aiutarmi nel mio lavoro e ad aiutare anche la Commissione, quindi a questo punto farò un breve intervento preparato che vi darà una panoramica un po' più dettagliata del nostro lavoro.
  Avete visto fin dall'inizio che questa Commissione ha rafforzato l'impegno nei confronti dei Paesi vicini ritenendola una priorità assoluta. Dobbiamo impegnarci energicamente per arrivare alla pace, alla stabilità e alla prosperità dei Paesi vicini: questo principio è alla base del nostro lavoro non solo per il nostro interesse, ma anche per la credibilità della Commissione e dell'Unione europea. I Balcani occidentali sono i Paesi che ci sono più vicini, sono totalmente circondati dai Paesi dell'Unione, fanno parte dell'Europa e appartengono all'Unione. Questa intensificazione della Politica di Vicinato non solo è a loro favore, ma anche a nostro favore: senza i Balcani occidentali non avremmo la sicurezza e la stabilità che abbiamo in Europa e forse nemmeno la prosperità che potremmo ottenere insieme a loro. Lavoriamo con grande determinazione affinché questi Paesi soddisfino i requisiti necessari per accedere all'Unione europea in futuro. Dobbiamo continuare ad avere fiducia nel processo di allargamento, avere la fiducia degli Stati membri tra cui anche l'Italia, ma anche la fiducia dei Paesi dei Balcani occidentali e dei loro cittadini. Questo processo deve essere equo e meritocratico, altrimenti il processo di allargamento rischia di andare a fondo.
  Stiamo operando su tre pilastri: il primo è una nuova metodologia di allargamento proposta dalla Commissione a febbraio e che gli Stati membri hanno avallato a marzo. Vorrei cogliere questa occasione per esprimere il mio grande apprezzamento per il forte impegno dell'Italia e per il determinato sostegno che ci ha dato per questo e anche per l'apertura del negoziato con la Macedonia del Nord e con l'Albania. Questo sostegno è stato indispensabile a garantire non solo che ciò avvenisse, ma anche che ciò riuscisse. In apertura del negoziato con la Macedonia del Nord e con l'Albania avete visto quante volte l'Unione ha promesso e non ha mantenuto; però, con questa nuova metodologia e con un maggiore impegno da parte della nuova Commissione e anche con l'enorme aiuto delle autorità italiane, siamo riusciti a convincere gli Stati membri che erano più scettici; quindi a marzo abbiamo avuto il via libera sulla base di questa nuova metodologia.
  Il terzo elemento ancora molto importante e purtroppo ancora non presente della nostra strategia è un piano economico di investimento sostanziale dei Paesi. Il divario di sviluppo economico fra i Balcani occidentali e l'Unione europea è enorme, la maggior parte dei problemi sono dovuti proprio a questo fenomeno. Tale divario va colmato rapidamente, e rapidamente va creata un'economia di mercato forte, resiliente e sostenibile. Questo li aiuterà a unirsi a noi in tempi più brevi.
  La nuova metodologia per l'allargamento si basa su quattro principi fondamentali che dovrebbero valere per i Paesi candidati e per i Balcani occidentali: credibilità, indirizzo politico, prevedibilità e dinamismo. Innanzitutto abbiamo dovuto Pag. 6ristabilire la credibilità per questo processo: i Paesi debbono mantenere quello che promettono, quando si parla di riforme, e l'Unione europea deve mantenere quello che ha promesso una volta che le riforme vengono attuate. Le riforme nelle aree dello Stato di diritto, del funzionamento democratico delle istituzioni democratiche, delle amministrazioni pubbliche e della governance economica sono fondamentali. Queste sono le aree in cui questi Paesi debbono agire per poter cambiare veramente.
  Secondo, il processo richiede un adeguato indirizzo politico. Questo processo si è un po' burocratizzato, molti Stati membri pensano che sia in gran parte automatizzato. La politica interna dei vari Stati membri non riesce a controllare questi processi e l'allargamento a volte arriva come una sorpresa inaspettata. Per questo vogliamo assicurare il massimo impegno con i Paesi candidati attraverso una serie di vertici e di riunioni ministeriali fra Unione europea e Balcani occidentali. Vogliamo coinvolgere di più tutti i Paesi membri, compresa l'Italia, in modo che possano meglio monitorare il processo e seguire i progressi delle riforme.
  Poi c'è la prevedibilità: se loro mantengono le promesse, noi dobbiamo fare la stessa cosa, è importante sapere che si tratta di un fenomeno reciproco. Deve essere chiaro quello che noi vogliamo e quello che loro si aspettano; altrettanto noi dobbiamo capire quello che loro offrono e in quale momento le condizioni vengono soddisfatte, e soprattutto quali sono queste condizioni che debbono essere soddisfatte.
  Poi c'è il quarto elemento, che è il dinamismo. Che cosa significa? Significa creare collegamenti fra i vari temi che possono aiutare a far avanzare questo processo e negoziare su questioni concrete, non su aspetti tecnici astratti di vari capitoli. Mettiamo insieme e raggruppiamo i temi che sono fra loro collegati e questo ci farà meglio capire a che punto si è arrivati rispetto all'attuazione e al mantenimento degli impegni. Questo è stato realizzato attraverso l'introduzione dei cosiddetti clusters (gruppi di capitoli). Parallelamente, nel secondo pilastro siamo riusciti ad aprire il negoziato con la Macedonia del Nord e l'Albania e, dopo la luce verde del Consiglio dei ministri a marzo e successivamente del Consiglio europeo, abbiamo iniziato a lavorare molto rapidamente e già a giugno abbiamo sottoposto due quadri negoziali al Consiglio. Questi due quadri saranno alla base del negoziato con questi due Paesi e speriamo siano approvati entro la fine dell'anno sotto la presidenza tedesca: a quel punto avremo la prima Conferenza intergovernativa, spererei con entrambi i Paesi. Nel frattempo attendiamo che questi due Paesi mantengano gli impegni per quanto riguarda le riforme e lavoriamo con il nuovo Governo della Macedonia del Nord affinché l'attuazione delle riforme avvenga più rapidamente possibile, soprattutto nel campo dello Stato di diritto, la lotta contro il crimine organizzato, la corruzione e il rafforzamento dei rapporti con i vicini.
  L'Albania forse risveglia il vostro interesse in maniera particolare ed è essenziale che l'Albania costruisca sui risultati recentemente ottenuti nei campi dello Stato di diritto, del sistema giudiziario, della lotta alla criminalità e alla corruzione. Sono necessari progressi nel contrasto al fenomeno delle richieste di asilo infondate, ma anche in questo campo abbiamo visto che ci sono stati sviluppi positivi, cosa che ha convinto anche alcuni Stati scettici ad aprire il negoziato. Mi rallegro anche della riforma elettorale che è stata introdotta seguendo le raccomandazioni dell'OSCE/ODIHR e adottata dal Parlamento prima della pausa estiva. Devo notare però che su questo si è tornati un pochino indietro e forse il nostro lavoro in quel campo è un po' a rischio, comunque l'implementazione va fatta con la collaborazione di tutti i partiti politici. Sono già stati raggiunti ottimi risultati nella lotta contro il crimine organizzato, tra cui anche la coltivazione e il commercio della droga; sono state svolte molte operazioni con i Paesi membri dell'Unione europea e vorrei sottolineare il ruolo dell'Italia e della Polizia italiana, che ha arrestato molti malviventi. Il contributo dell'Italia è stato fondamentale nel sostenere i nostri sforzi per la lotta alla coltivazione Pag. 7 della cannabis e la Guardia di finanza ha avuto un ruolo centrale. Grazie alla Guardia di finanza siamo riusciti a convincere gli altri Stati membri ad aprire questo negoziato e quindi dobbiamo ringraziarla per l'enorme lavoro che ha effettuato. Con questo tipo di impegno gli Stati membri possono fare in modo che gli altri Paesi si incamminino nella direzione giusta; è importante anche che si veda quello che effettivamente accade sul terreno, in questo modo aumenterà la credibilità per tutti noi.
  Ho appena parlato della Macedonia del Nord e dell'Albania e vorrei parlare ora dei nostri partner dei Balcani occidentali. I negoziati per l'adesione col Montenegro e la Serbia sono già avviati: in Montenegro sono appena avvenute le elezioni e saranno costituiti, a breve, il nuovo Parlamento e il nuovo Governo. Questa è la prima esperienza per il Montenegro dopo trent'anni di un Governo di tipo diverso, se così posso dire. Il Montenegro è stato uno dei primi Stati per questo negoziato, però servono ancora moltissime riforme; anche se tutti i capitoli sono ancora aperti, nei prossimi mesi dobbiamo cercare di approfondire e accelerare le riforme politiche ed economiche, soprattutto nel settore dello Stato di diritto. Il prossimo passo sarà quello di soddisfare i requisiti dei capitoli legati allo Stato di diritto.
  Riguardo alla Serbia, abbiamo aperto diciotto capitoli su trentacinque. Il negoziato continuerà ad andare avanti rapidamente, anche se tutto naturalmente dipenderà dalle riforme nello Stato di diritto e dalla normalizzazione dei rapporti col Kosovo. Il nuovo Governo della Serbia ha un mandato molto forte da parte dell'elettorato e ha una ampia maggioranza, quindi spetterà a lui mettere in atto queste riforme. Spero che il tutto avvenga in maniera abbastanza veloce e che la Serbia riformata sarà visibile presto.
  La Bosnia Erzegovina, continuando sul cammino verso l'Unione europea, deve affrontare le quattordici priorità fondamentali indicate dal parere della Commissione, che è una road map per un completo processo di riforma. Da parte nostra siamo pronti a lavorare con le autorità bosniache per aiutare il Paese a stabilizzarsi nel corso dell'attuazione delle riforme. Per diventare candidato sono necessarie e importanti riforme, soprattutto in merito ai diritti fondamentali e allo Stato di diritto: li aiuteremo perché ciò accada nel più breve tempo possibile.
  In Kosovo vediamo che il Paese ha progredito notevolmente nel campo delle riforme dopo l'accordo di associazione del 2016, tuttavia il ritmo delle riforme si è notevolmente rallentato, considerata la situazione politica del Paese negli ultimi due anni. Ora vedo che il nuovo Governo è molto impegnato in questo settore e ha bisogno naturalmente dell'appoggio di tutti i partiti. Visto che stiamo parlando del Kosovo e della Serbia, parliamo anche del dialogo tra Belgrado e Pristina. È ovvio ed evidente che senza una normalizzazione completa, efficace e giuridicamente vincolante tra Belgrado e Pristina la pace e la stabilità nella regione non potranno durare. Un accordo di normalizzazione è necessario, urgente e cruciale affinché la Serbia e il Kosovo possano progredire sul loro cammino verso l'Europa. Mi rallegro, quindi, della ripresa del dialogo sotto l'egida dell'Unione europea con l'intervento del Rappresentante Speciale dell'Ue Lajčák e dell'Alto Rappresentante Borrell. Dopo l'accordo che è stato firmato la settimana scorsa a Washington siamo pronti anche a lavorare con gli amici americani per lo sviluppo economico e la riconciliazione in quella regione; è importantissimo lavorare insieme, perché solamente attraverso uno sforzo unitario potremo raggiungere questi risultati.
  Infine, per tornare al terzo pilastro, parliamo del futuro, di un futuro prossimo. Queste riforme sostanziali e trasformative che i Balcani occidentali debbono effettuare saranno aiutate da una crescita economica solida e veloce e dallo sviluppo di economie di mercato funzionanti. Devo ammettere che le risorse sono scarse nel prossimo Quadro finanziario pluriennale della Commissione, e forse questa è la parte delle proposte della Commissione che ha sofferto di più. Però faremo assolutamente Pag. 8quello che possiamo, e lo vedrete nelle prossime settimane. Per raggiungere i nostri obiettivi dobbiamo essere molto abili e determinati e concentrare le nostre azioni sui temi che potranno, nel modo più rapido possibile, accrescere lo sviluppo economico e i posti di lavoro, quindi trasformare la regione. Questo nuovo piano economico e di investimenti dovrebbe concentrarsi su una serie di progetti che creino una crescita di lungo periodo e posti di lavoro, di cui tanto si sente il bisogno, nonché un clima propizio agli investimenti. I settori prioritari sono la connettività delle reti dei trasporti e dell'energia, la transizione verde, la produzione di energia, la trasformazione digitale e l'accesso internet a banda larga. Tutti questi sono elementi fondamentali per creare un'economia digitale. Il piano cercherà anche di integrare economicamente i Paesi dei Balcani occidentali fra loro e con il mercato unico europeo. L'intera regione ha una prospettiva europea e si è impegnata a mettere in atto tutte le norme e le regole che sono vigenti nell'Unione europea. In questo modo si creerà de facto un'area che funzionerà secondo gli stessi principi di mercato dell'UE.
  Attualmente la regione soffre della frammentazione economica: ad esempio ventotto milioni di ore è l'attesa dei camion alle frontiere, pari a una perdita di oltre l'1 per cento del PIL dell'intera regione. Costruire un mercato unico di diciotto milioni di persone che funziona seguendo le stesse regole dell'UE cambierebbe completamente la situazione nei Balcani occidentali e sarebbe un vantaggio per l'intera regione e per l'UE. Grandi passi sono stati compiuti durante la presidenza italiana: il vertice di Trieste del 2017 ha costituito una pietra miliare, con un accordo dei leader volto allo sviluppo economico della regione. Ora la regione deve fare un passo in più. C'è un impegno per la presentazione, in occasione del vertice dei Balcani occidentali che avrà luogo a Sofia a novembre, di un piano per la prossima fase di integrazione economica regionale che copra l'intera regione, e qui vorrei sottolineare un ultimo punto: abbiamo bisogno di maggiore complementarietà fra i programmi di sostegno bilaterali e multilaterali che offriamo ai Balcani occidentali. Vorremmo una coordinazione molto più stretta dei piani di sviluppo economico con gli Stati membri, soprattutto nel quadro del processo di Berlino, in modo che la pianificazione sia congiunta, comune e possa dare risultati ottimali sulla base delle risorse finanziarie disponibili e così le economie di questi Paesi potrebbero finalmente fiorire. Nell'insieme dovremmo ottenere delle misure efficaci che favoriscano gli investimenti non solo pubblici, ma anche privati. Naturalmente, anche l'economia italiana che contribuirà a questo sviluppo se ne avvantaggerà: l'Italia è il secondo partner commerciale della regione e naturalmente si potranno e si dovranno creare ulteriori opportunità. Tutto questo è ancora più importante ora che siamo in questa fase di pandemia perché la strategia di ripresa della nostra economia deve essere fatta di concerto anche con i loro Paesi, altrimenti ne soffriremo non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista sociale.
  Ora passiamo alla parte meridionale del Vicinato, che è prioritaria anch'essa per l'Italia. Malgrado un ambiente instabile sotto tanti aspetti, variabili da un Paese all'altro, troviamo sempre degli obiettivi comuni per l'Unione europea: la pace, la sicurezza, la stabilità, la resilienza e la prosperità per l'intera regione. Allo scoppiare della pandemia i Paesi del Vicinato meridionale hanno sofferto più di altri. Pensiamo alla Tunisia, in cui un quarto del PIL è a rischio, anche perché è un Paese molto basato sul turismo. Il resto dell'economia è meno sviluppato e non esiste una strategia economica, quindi l'impatto del COVID-19 è stato molto grave. Abbiamo mobilitato tutte le risorse possibili per mantenere a galla questi Paesi, abbiamo offerto assistenza macrofinanziaria a molti di essi. In Tunisia, per esempio, questo tipo di aiuto è stato un salvagente per l'intera economia. Naturalmente, questo apre anche delle opportunità per rinnovare il nostro partenariato con questi Paesi. C'è molto da imparare: si tratta di princìpi importanti che dobbiamo tenere a mente nello strutturare le nostre relazioni future con i Paesi del Vicinato meridionale. Pag. 9Per questi Paesi siamo il partner economico e politico più importante ed è su questa base che dobbiamo costruire. Le loro economie sono state colpite in maniera estremamente dura dalla pandemia. Noi siamo i principali investitori della regione, ma le nostre priorità e la nostra presenza non vengono recepite, le nostre priorità non sempre vengono rispettate. Quindi, forse, al 25° anniversario del Processo di Barcellona, che si svolgerà quest'anno, potremmo cogliere l'occasione per costruire nuovi partenariati con questi Paesi.
  Per quanto mi riguarda ho già cominciato a lavorare. In agosto sono andato in Tunisia e presto visiterò l'intera regione. Stiamo tendendo la mano a queste regioni e cercando di capirne la realtà economica. D'altro canto, non possiamo costruire un partenariato senza condizioni di reciproco rispetto e compimento dei reciproci interessi; loro devono capire quali sono i nostri e noi quali sono i loro. Da parte nostra siamo disposti ad offrire lo sviluppo economico di tutta la regione, per creare crescita e posti di lavoro, dare ai giovani la possibilità di rimanere nel loro Paese, fornire le giuste competenze utili ai giovani e all'economia. Con la crisi del COVID-19 molte aziende sono alla ricerca di nuove opportunità. Nei Balcani occidentali, nei Paesi del Vicinato meridionale e anche nei Paesi del Partenariato orientale si presentano moltissime buone occasioni per le nostre aziende che possono andare lì a investire; però è necessario il clima giusto, e per avere questo clima ci serve lo Stato di diritto, l'apertura di nuovi mercati, il rispetto delle nostre priorità, per esempio per quanto riguarda la stabilità, la sicurezza e anche la migrazione, che è un grosso problema in quella regione.
  Il problema della migrazione è un elemento cruciale nel Vicinato meridionale, che può incidere in maniera molto seria e immediata su tutti i tipi di relazione; quindi questo sarà un aspetto indispensabile da tenere in conto nel progettare e nel programmare i nostri futuri rapporti con questi Paesi. A Tunisi mi sono reso conto che questa priorità è ben recepita. La migrazione clandestina è negativa per l'Italia, è negativa per l'Europa, ma a questo punto credo che si sia ben compreso che è negativa anche per i Paesi del Vicinato meridionale, per la Tunisia, l'Algeria, il Marocco, l'Egitto, tutti questi Paesi, perché la migrazione contribuisce allo sviluppo della criminalità organizzata, del modello del contrabbando, tutti aspetti che destabilizzano il Paese. Quindi offriamo anche aiuto e partenariato per cercare di contrastare in maniera netta questo fenomeno. Ne ho parlato con alcuni di questi Paesi e hanno mostrato un reale interesse. Stiamo cercando di esaminare tutta una serie di possibilità, per esempio la costruzione di una strategia contro l'immigrazione clandestina, in collaborazione con la collega Johansson, e nuove opportunità di investimento per le nostre aziende e questo è un nuovo tipo di partenariato che noi vorremmo creare entro la fine di quest'anno. Poi sarà importante anche lanciare un dialogo con questi Paesi, proprio come abbiamo fatto nei Balcani occidentali, affinché ci dicano cosa pensano che noi possiamo fare per contribuire veramente alle loro economie, per diversificarle, per irrobustirle, e anche come loro possono aiutare noi a contrastare la tratta degli esseri umani e l'immigrazione clandestina.
  Per quanto riguarda i singoli Paesi – perché mi pare che siate interessati anche a capire quello che succede nei singoli Paesi – in Libia – per cominciare con il Paese più complicato – manteniamo il nostro impegno nei confronti delle forze di pace delle Nazioni Unite. Siamo impegnati col processo di Berlino, ma naturalmente non è compito della Commissione trovarsi in prima linea. Bisogna che tutti gli Stati membri cerchino di costruire la pace in Libia. Purtroppo il massimo che può riuscire a fare il processo politico è arrivare a un cessate-il-fuoco; però una volta che sia ripartito il processo politico, che ci siano le elezioni, ci siano delle istituzioni inclusive, dialogo e riconciliazione, cercheremo nuovamente di mobilitarci per aiutare finanziariamente la Libia a uscire da questa crisi e anche a costruire un'economia che funzioni, o un sistema comunque abbastanza solido per resistere alle pressioni migratorie. Pag. 10 La Libia è stata il principale beneficiario del nostro Fondo per l'Africa, abbiamo speso oltre cinquecentocinquanta milioni di euro in aiuti bilaterali solo negli ultimi tempi, però la situazione è ancora molto grave.
  In Siria abbiamo dovuto spendere più di 20 miliardi di euro per aiutare i rifugiati siriani in Libano, Giordania e Turchia. Questa è una delle crisi più lunghe a cui abbiamo assistito nella regione, con un effetto notevole anche sugli altri Paesi vicini, e continueremo a aiutare queste comunità. Per quanto riguarda la Tunisia, vediamo che l'economia sta attraversando una fase molto difficile. Come abbiamo detto, stiamo parlando di una perdita di PIL pari al 25 per cento; ma c'è un nuovo Governo che è pronto a introdurre riforme e a far ripartire l'economia, un Governo pronto a lavorare con noi per quanto riguarda il tema della migrazione. Stiamo finanziando un progetto che potrà contribuire al consolidamento delle capacità della Garde Nationale Maritime tunisina, progetto nel quale desideriamo investire altri dieci milioni di euro. Questa è l'offerta che è stata fatta a Tunisi. Le abbiamo anche assicurato la nostra cooperazione futura, non soltanto per quanto riguarda la migrazione, ma anche per quanto riguarda la costruzione di una vera economia.
  Venendo alla dichiarazione di Barcellona, questa può portare alla creazione di una regione resiliente, ma questo processo potrà avere successo soltanto se verrà basato sui nostri interessi reciproci. Quindi dobbiamo promuovere la ripresa, ma allo stesso tempo loro dovranno aiutare noi per quanto riguarda le nostre priorità.
  Non serve aggiungere che in tutto questo abbiamo bisogno dell'aiuto italiano. L'Italia è un attore fondamentale sia per la Tunisia sia per la Libia, così come per il resto del Maghreb. Abbiamo quindi bisogno dell'Italia e del sostegno italiano per poter avere successo in tal senso.
  Veniamo infine ai Paesi partner a est. Chiaramente il COVID-19 ha avuto un impatto notevole. Abbiamo avuto un vertice in videoconferenza con i Paesi del Partenariato orientale e il patto è stato rinnovato, e abbiamo messo insieme cinque priorità, come sapete, per i Paesi del Partenariato orientale. All'epoca non sapevamo quanto sarebbe stato fondamentale. Lo speravamo chiaramente, ma non sapevamo che la crisi del COVID-19 sarebbe stata anche una grave crisi economica. La nostra prima priorità è quella di creare economie resilienti, così come nei Balcani occidentali e per il Vicinato meridionale. Questa è la prima priorità che dobbiamo offrire. Stiamo lavorando con i Paesi del Partenariato orientale, con ognuno di essi, valutando le loro necessità e stabilendo le loro priorità e speriamo che il prossimo vertice si tenga all'inizio dell'anno prossimo, affinché si possa già a lavorare al più presto su base bilaterale.
  La seconda priorità riguarda lo Stato di diritto, la sicurezza, le istituzioni solide; il terzo pilastro riguarda il clima e l'ambiente; il quarto riguarda la trasformazione digitale; il quinto riguarda società eque, resilienti e inclusive.
  Se dovessi parlare di ogni Paese uno per uno dovrei cominciare con la Bielorussia, Paese dove ci sono state elezioni presidenziali. Abbiamo ricevuto un mandato chiaro da parte degli Stati membri, e cioè che l'UE non accetta l'esito di queste elezioni; quindi chiediamo che vengano organizzate nuove elezioni. Stiamo cercando di mobilitare il nostro sostegno per coloro che stanno manifestando e che stanno soffrendo per la violenza eccessiva da parte della polizia e che hanno subito repressioni durante la campagna elettorale e dopo le elezioni. Abbiamo investito oltre cinquantatré milioni di euro per aiutare a sostenere i bisogni immediati della popolazione. È chiaro che la Bielorussia è in tumulto, ma non sappiamo ancora cosa ci riserva il futuro. Il Consiglio Affari esteri dell'UE ha avuto una serie di incontri, tra cui un incontro straordinario ad agosto. Abbiamo anche avuto un Consiglio europeo nel mese di agosto dedicato al tema della Bielorussia. Gli Stati membri stanno lavorando su delle sanzioni nei confronti di coloro che sono stati coinvolti nella falsificazione del risultato elettorale e nei confronti di coloro che hanno organizzato e orchestrato la Pag. 11violenza e la brutalità poliziesca contro la popolazione bielorussa. Il destino della Bielorussia appartiene al popolo bielorusso; quindi non possiamo sostituire la loro volontà, non dovremmo farlo. Questa è stata la linea politica che abbiamo seguito. Sfortunatamente c'è stato un deterioramento della situazione, una escalation della violenza quotidiana nei confronti dell'opposizione e nei confronti del Consiglio di coordinamento nazionale, che sta venendo cancellato.
  In Ucraina abbiamo l'accordo più ambizioso con qualunque Paese terzo. Abbiamo aumentato il commercio bilaterale del 49 per cento. Naturalmente, vediamo che c'è ancora questo conflitto congelato per quanto riguarda l'occupazione della Crimea e dell'Ucraina orientale, e siamo in attesa di vedere quello che succederà. L'UE è il partner commerciale più importante e naturalmente l'Ucraina ha dei compiti da fare. Deve fare molto per garantire l'indipendenza della magistratura e delle agenzie contro la corruzione; deve anche mostrare di essere impegnata per quanto riguarda il ruolo della società civile per favorire il dialogo e il rispetto delle minoranze nazionali e per rafforzare l'indipendenza dei media. Speriamo di poter continuare a lavorare in tal senso, in modo positivo. È un qualcosa che abbiamo visto durante le videoconferenze di marzo e speriamo che si possa avere un altro incontro con i Paesi del partenariato orientale la prossima settimana.
  Concluderei dicendo che, naturalmente, senza la forte cooperazione degli Stati membri del Vicinato e senza la cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri, non possiamo avere una posizione di rilievo; quindi dobbiamo intensificare la nostra cooperazione, dobbiamo aumentare i nostri sforzi congiunti per avere un'influenza maggiore nella regione. Spero che questo si possa già vedere dai piani che vi ho illustrato. Da parte nostra siamo impegnati, e se la Commissione potrà aiutare in qualche modo i Parlamenti e i Governi degli Stati membri, sappiate che siamo sempre a disposizione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Commissario. Ha fatto un'amplissima relazione, molto dettagliata, e Le siamo grati perché ci ha offerto elementi di conoscenza e di valutazione molto importanti. Adesso c'è una fase in cui i commissari possono intervenire, purché si contengano gli interventi nel tempo, perché siamo un po' stretti. Ha chiesto la parola l'onorevole Valentini, che è il capogruppo di Forza Italia in Commissione.

  VALENTINO VALENTINI. Ringrazio anch'io il Commissario per la dettagliata, ampia e articolata relazione che ci ha presentato. Gli spunti sarebbero innumerevoli, vista la complessità dei temi che va a toccare e trattare. Cercherò quindi di attenermi alle indicazioni del nostro presidente e affrontare alcune domande specifiche.
  La prima riguarda il rapporto della Commissione e del Commissario nei confronti dei Paesi che sono presenti in queste zone del mondo. Vale a dire che ovunque si muova la Commissione si trova ad avere altri attori che agiscono in questi scenari. Pensiamo ai Balcani occidentali, vediamo l'influenza di Paesi come la Russia, l'influenza di Paesi come gli Stati Uniti, che fino a poco tempo fa sembravano essersi dimenticati degli accordi di Dayton e che improvvisamente poi portano alcuni di questi Paesi a firmare a Washington. Lo stesso può valere sullo scacchiere del Medio Oriente. La mia domanda riguarda i rapporti e l'interazione con gli altri partner al di fuori dell'Unione europea per quanto concerne le procedure di allargamento.
  Faccio un'altra considerazione che avrei dovuto fare preliminarmente. Effettivamente Lei si trova qui in una Commissione dove troverà sostanzialmente un favore già espresso in una risoluzione della nostra Assemblea nei confronti dell'allargamento; ma quando Lei parla, giustamente, di credibilità noi abbiamo un problema nei confronti delle nostre opinioni pubbliche, che molto spesso non sostengono il nostro entusiasmo e allo stesso tempo all'interno dell'Unione europea debbono essere convinte ancora della valenza, dell'utilità e della necessità, come noi riteniamo, che Pag. 12questo allargamento si compia nell'interesse di tutti.
  Concludo, perché la mia domanda sarebbe stata: quali pensa debbano essere i cambiamenti che l'Unione europea al suo interno deve fare per poter sostenere realmente l'allargamento che noi sappiamo verrà a gravare sulle attuali strutture dell'Unione europea? Grazie.

  PRESIDENTE. Onorevole Quartapelle Procopio, che è la capogruppo del Partito Democratico. Prego.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie, presidente. Grazie al Commissario. Tre domande. La prima riguarda la Bielorussia. Io ringrazio il Commissario per avere spiegato la posizione della Commissione. Mi chiedo se il Commissario può darci qualche indicazione anche in considerazione dell'aumento della repressione, che sostanzialmente è quotidiano e feroce; e se può dirci anche se ci potrà essere un cambiamento della posizione europea sul tema delle sanzioni, nello specifico l'estensione e l'allargamento delle sanzioni nei prossimi giorni, in particolare con riferimento alla persona del Presidente Lukashenko.
  La seconda domanda riguarda la Turchia. L'Italia ha sempre avuto una posizione molto di amicizia, di apertura nei confronti della Turchia, ma l'evoluzione in senso repressivo anche in quel Paese ha generato un dibattito in Italia sul tipo di rapporto da tenere nei confronti della Turchia. Non so se il Commissario può dirci se e come si possono utilizzare i capitoli aperti del negoziato per fare pressione sulla Turchia; vorrei la Sua opinione su questo. In Italia c'è anche una serie di associazioni e movimenti che ci chiedono di aprire alcuni capitoli negoziali, in particolare quelli che hanno a che fare con le libertà fondamentali, proprio per fare pressione. È una cosa che può avere senso oppure siamo ormai oltre un punto di non ritorno e quindi è un argomento da chiudere definitivamente?
  Il terzo punto riecheggia un po' quello che diceva il collega Valentini, se ho capito. La Politica di Vicinato nasce in un'epoca in cui si volevano tenere legati all'Unione europea Paesi che non erano ancora pronti per entrarci, ma che lo sarebbero stati in un periodo di tempo medio, immaginabile. Ora l'Unione europea è larga e quindi la Politica di Vicinato sta cambiando. Siamo anche in un momento di transizione, in particolare per quanto riguarda un grande Paese ex membro dell'Unione europea, cioè la Brexit. I nostri vicini sono diversi rispetto a quelli che c'erano quando è stata pensata la Politica di Vicinato. Che tipo di ragionamenti si stanno facendo in questo senso? Il Vicinato non è più quello di una volta, gli obiettivi della Politica di Vicinato forse non sono più quelli di una volta. Non tutti i Paesi entreranno nell'Unione europea, non tutti ci vogliono entrare; ma ci serve una politica che tenga dei buoni rapporti con i nostri vicini e che favorisca l'adozione da parte dei nostri vicini di determinate pratiche e di determinati valori. Che tipo di evoluzione Lei ha in mente? Grazie.

  PRESIDENTE. Onorevole Cabras, che è il vicepresidente della Commissione.

  PINO CABRAS. Rafforzo la richiesta di un chiarimento per quanto riguarda la questione della Turchia. La Turchia è un po' il convitato di pietra di tante politiche che guardano verso est e verso tutte le prospettive di allargamento dell'Unione europea per ragioni storiche, perché è l'area che si è intersecata storicamente per secoli con un occidente mobile; quindi è il confine dell'Europa che ha sempre un modo per integrarsi con l'Europa, ma anche per distinguersi. Negli ultimi tempi la Turchia non è solo un accentuarsi delle pratiche repressive all'interno; è un Paese molto assertivo sulla propria posizione geopolitica su tutto lo scenario mediterraneo, un Paese che sta diventando sempre più l'asse delle politiche a est dell'Europa, comunque uno degli assi ineludibili; e non ho udito molte parole e molte riflessioni sulla questione turca, che penso sia molto importante.
  Forse ciò è dovuto al fatto che c'è anche una certa divisione fra i Paesi europei. Ci sono idee diverse sul ruolo, su quello che si Pag. 13può concedere, su quello che si può negoziare, su quale atteggiamento avere rispetto ad alcuni Paesi membri dell'Unione europea in relazione alla Turchia.
  Su questo qual è il livello della riflessione a livello europeo? Vorrei sapere se si sta trovando un modo per risolvere le contraddizioni o se queste contraddizioni sono molto difficili da risolvere.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cabras. Non vedo altri interventi. Allora do la parola al Commissario per il suo intervento di replica. Grazie.

  OLIVÉR VÁRHELYI, Commissario europeo per la Politica di Vicinato e per la Politica di Allargamento. Grazie per tutte le domande; cercherò di rispondere a una per volta. Onorevole Valentini innanzitutto, per quanto riguarda gli altri attori nella regione, ho messo giù due righe: «Come assicurarsi che le cose vadano per il verso giusto?» Comincerei così: l'attrattività dell'Europa è sempre stato fondamentale per esercitare influenza (parliamo dei Balcani occidentali, del sud, dell'est). Questo vale per tutti, e risponde anche all'ultima domanda dell'onorevole Quartapelle Procopio sulla Politica di Vicinato, perché l'interesse per l'Unione europea dipende dalla sua stabilità e della sua prosperità.
  Ultimamente abbiamo osservato la presenza di nuovi attori, mentre invece la nostra presenza si è ridotta. Quindi, come avrete capito dal mio intervento, la nostra strategia è abbastanza semplice: dobbiamo rioccupare lo spazio che abbiamo perduto, dobbiamo divulgare quello che facciamo. Il 70 per cento degli investimenti nei Balcani occidentali provengono dai Paesi dell'Unione europea e dai suoi Stati membri. Questo va divulgato, va fatto sapere, va sfruttato; deve essere usato in maniera concisa e unitaria. Il piano di sviluppo economico nei Balcani dovrebbe basarsi proprio su questo, cercando di renderci visibili all'opinione pubblica e di rendere visibile anche il nostro impatto sulle condizioni dei Paesi, anche delle élites di questi Paesi, per dimostrare che gli altri attori esterni – che io chiamerei altri «partner» e non «attori esterni» – non hanno una presenza così costante e operosa nella regione. Ad esempio, di solito i progetti che vediamo presentati dai Paesi terzi sono progetti che emergono, vengono svolti e poi scompaiono, mentre invece noi abbiamo un approccio di medio termine, di lungo termine, costante, per tutta la regione. Così non usciamo mai dal gioco e abbiamo un ruolo più rilevante.
  Però c'è un altro aspetto: questi partner terzi non condizionano il loro aiuto; quindi, volendo rendere nuovamente l'Europa attraente, dobbiamo ricordarci anche che l'aiuto di questi altri Paesi è sì incondizionato, ma il nostro aiuto è molto diverso. Il nostro aiuto è un investimento, riguarda il commercio; non è semplicemente un prestito per costruire un aeroporto o un'autostrada. Noi abbiamo radici profonde in queste regioni, però dobbiamo lavorare e lavorare sodo perché ciò venga capito e visto. Poi dobbiamo anche mirare bene la nostra azione, in modo che l'impatto sia più forte e comparabile ai nostri sforzi. Per quanto riguarda la credibilità del processo di adesione sono pienamente d'accordo con Lei: quando abbiamo cominciato a lavorare sulla nuova metodologia io dicevo proprio questo, cioè che la credibilità è stata persa, e non sto parlando solo dei Balcani occidentali. È stata persa anche qui, anche in questo Paese, nei Paesi Bassi, in Germania, in Francia, e potrei nominare tanti altri. È per questo che abbiamo messo a punto questa nuova metodologia. In questo modo potremmo coinvolgere di più gli Stati membri in modo che possano vedere con i loro occhi il livello di sviluppo. È per questo che è necessario accelerare lo sviluppo economico di queste regioni, perché molti problemi sono dovuti proprio a questo divario nelle condizioni economiche di cui parlavo prima. Poi dobbiamo aiutare la gente a lavorare per il proprio Paese e a creare una loro economia locale. Molti problemi, che sono problemi per la nostra pubblica opinione, potrebbero essere superati proprio con un atteggiamento di questo genere, nel medio periodo.
  Cosa è cambiato per quanto riguarda il favore goduto dall'allargamento? L'esempio Pag. 14 dell'Albania è significativo. Quando ho accettato l'incarico di Commissario mi è stato detto nei corridoi: «Non ci pensare nemmeno, dimenticalo, non succederà mai.». Ci sono voluti meno di tre mesi. Questo perché l'approccio era diverso. Abbiamo ricostituito la fiducia e la credibilità sul terreno; è questa la diversità dell'approccio. Noi lavoriamo sul terreno con la gente, e facciamo la differenza lì. Abbiamo insistito con le autorità albanesi. All'inizio mi guardavano come se fossi un marziano: «Dovete combattere la criminalità organizzata, dovete bloccare i trafficanti e sequestrare la droga e noi vi aiuteremo»; con l'aiuto essenziale della Guardia di finanza ce l'abbiamo fatta. Lo stesso è avvenuto con le domande di asilo fasulle: siamo riusciti a convincere le autorità di Tirana, che non volevano ammetterlo, che era un problema. La Commissione deve fare proprio questo: spiegare e cercare di fare in modo che le diverse realtà si capiscano l'una con l'altra. È questo il grande cambiamento operato dall'attuale Commissione.
  Onorevole Quartapelle Procopio, per la Bielorussia: sì, leggere i giornali è abbastanza impressionante, ogni giorno abbiamo nuove espulsioni, nuovi arresti, nuove violenze, minacce. Io vengo da un Paese e da una famiglia dove nel 1956 sono accadute proprio queste cose e quindi so perfettamente di che si tratta. È successo anche negli anni ottanta in Ungheria. Se non eri gradito per quello che facevi ti dicevano che dovevi lasciare il Paese. E questo è inaccettabile. Ma sono gli Stati membri che devono prendere posizione sulle sanzioni, non spetta alla Commissione. Gli Stati membri ne stanno discutendo, ma con grandi difficoltà, perché è anche una discussione di ordine strategico e naturalmente il dilemma è: fino a che punto possiamo proteggere e aiutare le persone che vengono trattate in maniera ingiusta, se non riusciamo ad avere un rapporto con le autorità e col Governo? Questo è un aspetto molto difficile da risolvere. La Commissione non ha nessun ruolo, ma naturalmente non possiamo non essere dalla parte di chi è stato malmenato, incarcerato o costretto ad abbandonare il proprio Paese.
  Per quanto riguarda la Turchia, devo ammettere che l'estate non ha aiutato i nostri rapporti con questo Paese. C'è un'escalation quasi quotidiana e secondo me la situazione diventa sempre più allarmante. Quindi, parlando dei capitoli nei negoziati di adesione, spererei di poterne discutere, ma il Consiglio europeo ha sospeso il negoziato di adesione e quindi non possiamo nemmeno più usare quello come arma. Il Consiglio affronterà la discussione strategica circa il futuro dei rapporti UE-Turchia, che coinvolgerà anche il negoziato per l'adesione. Questa è una delle questioni più serie che verranno discusse.
  C'era una domanda sulla Politica di Vicinato, messa a punto prima dell'allargamento, poi adesso la Brexit... Spero di aver già risposto: abbiamo bisogno della Politica di Vicinato più che mai. La nostra stabilità, la nostra prosperità e anche la nostra sicurezza dipendono moltissimo dalla Politica di Vicinato. Vediamo dei problemi seri di sicurezza e stabilità nei Paesi del Vicinato dovuti in parte anche all'instabilità economica di queste regioni, ed è per questo che ci dobbiamo impegnare molto seriamente per cercare di stabilizzare tutti i Paesi che ci circondano.
  L'onorevole Cabras mi chiedeva della strategia da seguire con la Turchia: questa è una domanda da un milione di dollari. Sarà necessaria una nuova strategia, però dobbiamo arrivare a una sorta di de-escalation che ci faccia ritornare a sedere intorno al tavolo insieme alla Turchia per poter parlare, per poter elaborare qualcosa. Credo di aver concluso e di aver risposto a tutti.

  PRESIDENTE. Ringraziamo davvero il Commissario. Mi pare che sia stata un'audizione molto interessante perché è entrata nel merito delle questioni. Ovviamente, come ho detto all'inizio, questi sono dossier di permanente attenzione della nostra Commissione, perché sono dossier strategici per la politica estera italiana. Quindi non solo ringraziamo il Commissario, ma come ho detto all'inizio vogliamo continuare ad avere con il Commissario e i suoi uffici un'interlocuzione che ci consenta via via di aggiornare lo stato delle politiche e anche di Pag. 15verificare quali siano le iniziative più utili e più opportune per favorire e sostenere gli obiettivi che qui il Commissario ha indicato e che noi ovviamente condividiamo.
  Ricordo che adesso il Commissario parteciperà a un'iniziativa con il Ministro Amendola che si svolge al Museo Nazionale Romano, vicino alla stazione Termini, con una presenza del corpo diplomatico sia dei Paesi balcanici sia dei Paesi dell'Unione europea, nonché dei giornalisti; è un'iniziativa pubblica. Poi questa sera alle ore 19 il Commissario avrà l'incontro con il Ministro Di Maio. Quindi è una giornata piena per il Commissario e Lo ringraziamo anche di sottoporsi a questa fatica. Grazie davvero, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.