XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 16 di Giovedì 5 dicembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA POLITICA ESTERA DELL'ITALIA PER LA PACE E LA STABILITÀ NEL MEDITERRANEO
Grande Marta , Presidente ... 3 
Pedersen Geir , Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Siria ... 3 
Grande Marta , Presidente ... 5 
Boldrini Laura (PD)  ... 5 
Fassino Piero (PD)  ... 6 
Valentini Valentino (FI)  ... 6 
Lupi Maurizio (Misto-NcI-USEI)  ... 7 
Cabras Pino (M5S)  ... 7 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 7 
Ehm Yana Chiara (M5S)  ... 7 
Delmastro Delle Vedove Andrea (FDI)  ... 8 
Grande Marta , Presidente ... 8 
Pedersen Geir , Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Siria ... 8 
Grande Marta , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTA GRANDE

  La seduta comincia alle 17.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sul canale della web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dell'Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Siria, ambasciatore Geir Pedersen.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla politica estera dell'Italia per la pace e la stabilità nel Mediterraneo, l'audizione dell'Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Siria, l'Ambasciatore Pedersen.
  Saluto e ringrazio per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori l'Ambasciatore Pedersen, che è accompagnato da Salvatore Pedullà, senior political advisor e capo della Civil society support room; da Elpida Rouka, senior political advisor; e da Galymzhan Kirbassov, special assistant dell'inviato speciale.
  Ricordo che l'Inviato Speciale Pedersen è stato nominato nell'attuale incarico il 31 dicembre 2018, succedendo all'Ambasciatore Staffan de Mistura. Nel corso della sua carriera l'Ambasciatore Pedersen ha ricoperto prestigiosi ruoli a livello delle Nazioni Unite come Rappresentante Personale del Segretario Generale e poi Coordinatore Speciale per il Libano. Inoltre nel 1993 è stato membro del team norvegese ai negoziati che portarono alla firma dei cosiddetti Accordi di Oslo tra l'Organizzazione per la liberazione della Palestina e Israele.
  Abbiamo tempo solamente fino alle 18, per cui darei la parola direttamente all'Ambasciatore Pedersen, con la possibilità di avere degli interventi da parte dei nostri colleghi e, auspicabilmente, dare la parola al nostro ospite per le repliche.

  GEIR PEDERSEN, Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Siria. La ringrazio, presidente. Sono lieto di essere qui, la ringrazio per l'invito a questa audizione parlamentare.
  Complimenti per l'equilibrio di genere in questa Commissione, che davvero mi meraviglia.
  Quando ho assunto le mie funzioni a gennaio, prima ho chiesto ai miei amici e colleghi se avrei dovuto accettare questo incarico, occuparmi della crisi siriana. Le risposte sono state «niente affatto! È un compito impossibile, non ci provare. È una crisi che continua da otto anni e proseguirà. C'è poco che tu possa fare». Per dimostrare ai miei amici che avevano torto alla fine ho accettato il compito, anche perché la crisi siriana ha innanzitutto un impatto così forte sulla società siriana, è un'indicibile tragedia con tantissime conseguenze; inoltre, è importante per l'Europa, in particolare per quanto accade sul fronte dei profughi, ma anche per quanto riguarda il terrorismo e la stabilità nel Mediterraneo. Avevo lavorato sulla Siria anche prima di assumere questo incarico, ma ho capito che dovevo imparare tutto daccapo, perché la situazione era molto cambiata.
  La Siria che conoscevo era paragonabile a molti altri posti nel Medio Oriente. Se paragonata ad altri Paesi, non era poi così Pag. 4male. Se fossi appartenuto a una minoranza – cristiana, ebrea, ismaelita – avresti forse avuto qualche problema a vivere in Siria, ma nel complesso era un posto tranquillo. A meno di non sfidare direttamente l'autorità. Ci sono stati casi, come Hama nel 1982 e altri, che sono stati brutali, tremendi, ma in generale non era il posto peggiore del Medio Oriente.
  Nel 2011 sono successe cose che hanno modificato drammaticamente la società siriana. C'erano divisioni anche prima, ma dal 2011 quella siriana è diventata una società profondamente divisa, per lo più tra le varie comunità. Questo ha creato sospetti tra le comunità, e tra le comunità e il Governo. Ciò a causa della guerra tuttora in corso, che ha prodotto forse cinquecentomila morti, più di centomila scomparsi e decine di migliaia di persone ancora imprigionate, di cui sappiamo ben poco. Non mi addentrerò nelle cause del conflitto, ma certo è legato alla «primavera araba», agli anni di siccità, all'affluire dei giovani nei centri urbani, ha a che fare con la corruzione, con il crescere delle diseguaglianze e con la crescente avversione della gente nei confronti di uno Stato repressivo.
  Dopo quasi nove anni di conflitto a che punto siamo oggi? Militarmente parlando, Assad non ha perso. E questo è importante da considerare come punto di partenza. Detto ciò, Assad ancora non controlla più del 75 per cento del territorio, e controlla forse il 50 per cento della popolazione. Ci sono più di sei milioni di profughi. Nella provincia di Idlib ci sono più di tre milioni di persone che sfuggono al suo controllo e più o meno altrettanti nel nord-est, su cui tornerò fra poco. Quindi non ha perso la guerra, ma non ha neanche vinto la pace.
  A ciò si aggiungono problemi economici gravissimi: l'ottanta per cento dei siriani vive sotto la soglia di povertà e le criticità economiche peggiorano sempre di più. Anche nelle aree in cui il Governo ha incrementato o ha ripreso il controllo ci sono sempre più problemi. Cito solo il sud-ovest, la città di Dar'a, dove nel 2011 cominciò il conflitto: l'anno scorso quell'area è stata ripresa dal Governo mediante un negoziato con garanzie russe, e si sperava che sarebbe tornata la stabilità, che sarebbe stata una lezione per il resto della Siria, che ci sarebbe stata la possibilità di portare qualcosa di nuovo. La realtà è che oggi la situazione nel sud-ovest è difficile quanto prima. C'è una opposizione che cresce, ci sono arresti arbitrari, torture ed è diventata un esempio negativo di ciò che succede quando il Governo riprende il controllo di una regione. Ne ho discusso a fondo a Damasco e ho detto loro di lavorare insieme agli altri, nell'area di cui avevano ripreso il controllo, per fare qualcosa di nuovo. Finora però questo è stato impossibile.
  Come mai non è stato possibile e la situazione è ancora questa? Penso che questo sia legato a un certo numero di cose. Innanzitutto dopo nove anni di conflitto sarebbe difficile per chiunque uscire da quella che si può definire una «mentalità di guerra» o «una mentalità da bunker». In questi nove anni avete imparato a difendervi e ad essere duri, ostinati. Se cercate per un attimo di mettervi nei panni del presidente Assad, lui vede la situazione così: i turchi, gli arabi, gli europei, gli americani hanno cercato di sconfiggermi militarmente e io sono sopravvissuto; adesso stanno cercando di sconfiggermi economicamente con le sanzioni e con mezzi politici. Egli è ancora convinto che su di lui gravi una minaccia esistenziale. Il mio messaggio a Damasco è che io non penso che questo valga più.
  All'inizio si chiedeva ad Assad di farsi da parte, ora non lo si chiede più. Quindi la questione non è più Assad o non Assad: la questione è come si possa vincere la pace e riportare la stabilità nel Paese. Questo è nell'interesse dei siriani, sia che tu sia un sostenitore di Assad sia che tu sostenga l'opposizione sia che tu sia un senza partito; è nell'interesse degli Stati limitrofi; ed è nell'interesse della comunità internazionale in senso lato.
  Due parole adesso sulla comunità internazionale. Sono convinto che nel caso della Siria noi abbiamo un interesse comune a combattere il terrorismo, e per poter combattere il terrorismo ci vuole stabilità, e per avere la stabilità ci vuole un processo politico. Pag. 5 Questo processo politico è un qualcosa sul quale la comunità internazionale dovrebbe convergere, e lo ha fatto. Lo strumento più importante è la risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 2254, adottata nel dicembre 2015, quando Staffan de Mistura era Inviato Speciale. Questa risoluzione anzitutto chiede il rispetto della sovranità e dell'integrità della Siria, parla di lotta al terrorismo e di elaborazione di una Costituzione, di elezioni sotto la supervisione internazionale e dell'ONU, poi parla di scarcerazione dei detenuti e di un cessate il fuoco a livello nazionale. Parla anche di far sedere attorno a un tavolo il Governo e l'opposizione per iniziare il negoziato. Questo è il mio compito.
  Dopo quasi nove anni, nel settembre di quest'anno abbiamo avuto un primo accordo tra Governo e opposizione sul fatto di mettersi a sedere per valutare la possibilità di una riforma costituzionale. Ho avuto la prima riunione su questo a Ginevra alla fine di ottobre, penso sia stato un bell'avvio: le due parti si sono sedute, hanno avuto una discussione aperta, hanno parlato di tutti i problemi costituzionali, di come elaborare una Costituzione, con toni accesi e intensi disaccordi, certo, ma nessuno si è alzato per andarsene, erano lì seduti e si ascoltavano. Loro non lo direbbero, ma io ho avuto la sensazione di un avvicinamento tra le parti. Una cosa è certa: sono tutti fieri di essere siriani, sono fieri della loro storia, sono fieri di Damasco.
  C'è una lingua comune, quando si parla ad esempio di indipendenza, sovranità e altri aspetti, ribadisco però che ci sono ancora grosse divergenze, come ci si poteva aspettare dopo nove anni di guerra.
  Dicevo che la Commissione costituzionale da sola non risolverà il conflitto, però simbolicamente è molto importante che il Governo e l'opposizione abbiano deciso di sedersi attorno a un tavolo, potrebbe anche aprire la strada a un processo politico più ampio. Nella Commissione costituzionale noi possiamo costruire fiducia, avviare discussioni concrete che possono ripercuotersi positivamente su altri settori, e può esserci l'inizio di un processo politico su altri temi di cui ho parlato, che a sua volta può ripercuotersi positivamente sulla Commissione costituzionale.
  So che questo non sarà un percorso facile, dipende ancora da quanto la comunità internazionale sarà unita intorno alla risoluzione n. 2254, da quanto saremo seri anche nel pensare a un contributo internazionale alla Siria quando il processo di pace sarà lanciato, e con esso otterremo la stabilità, guariremo le divisioni e avremo una reale riconciliazione. Se di qualcosa ci sarà bisogno in Siria, infatti, alla fine sarà la riconciliazione.
  Ho chiesto il rilascio dei rapiti e dei detenuti e maggiori informazioni sugli scomparsi. Innanzitutto perché questa è una questione umanitaria di importanza crescente, già citata nella risoluzione n. 2254, ma anche perché si tratta di una misura che, se ben gestita, potrà servire a costruire fiducia.
  Mi fermo qui. Ci sono molti aspetti che potrei approfondire, dipenderà dal vostro interesse e dal vostro approccio.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.

  LAURA BOLDRINI. Grazie, presidente. Ringrazio l'Ambasciatore per averci dato questa fotografia. Ci ha restituito un quadro della Siria molto complesso, una situazione che – concordo con Lei – nasce da una condizione che in quella zona del mondo era tra le più stabili, forse tra le più tolleranti, perché avevamo, sì, un regime, ma un regime nel quale tutte le religioni, ad esempio, erano previste e dunque c'era una multiconfessionalità riconosciuta come un'eccezione in tutto il Medio Oriente. Però c'era anche una condizione di sicurezza apparente, un regime pesante che ha stroncato sul nascere anche la «primavera araba» che aveva tentato di portare più democrazia nel Paese.
  Le Nazioni Unite definiscono quella in Siria una delle più gravi emergenze umanitarie dal dopoguerra ad oggi, con un peso terribile in termini di perdite di vite umane, spostamento forzato di popolazione e anche Pag. 6 riguardo alle persone scomparse. Lei ce l'ha ricordato, signor Ambasciatore, si parla di centomila persone di cui non si sa più nulla.
  Io mi congratulo con Lei nell'essere riuscito a mettere in piedi la Commissione per la Costituzione. Mi sembra già un miracolo, perché non era né ovvio né scontato, ed è assolutamente un esercizio indispensabile per arrivare a quel confronto che poi dovrà portare anche a una riconciliazione, che a mio modesto avviso però deve passare per una smobilitazione di tutte le armi che ci sono nel Paese e dal riconoscimento delle responsabilità, perché Lei mi insegna che non c'è pace senza giustizia. Io le chiedo, e so anche che Lei ha dei limiti nella risposta, ma, vista la sua esperienza, Lei veramente considera realistico un assetto in cui si potrà riuscire a riportare pace e stabilità in questo Paese senza concepire che chi è alla base dell'utilizzo di armi non convenzionali, chi è alla base dei bombardamenti arbitrari sulle città, sul proprio popolo possa rimanere al suo posto, possa rimanere il riferimento di un intero popolo? Ho visto per esperienza che non si riesce quasi mai a fare questo.
  L'ultima cosa: il Rojava. Abbiamo visto quello che è accaduto, abbiamo ascoltato in questa Commissione delle persone di quella zona geografica, abbiamo simpatizzato con loro, assistito con sgomento a uno scambio che non nobilita molto gli attori che lo hanno messo in atto: avrei piacere di avere da Lei, signor Ambasciatore, un quadro e un parere anche rispetto a questa situazione che si è creata, a questo spostamento forzato di popolazione.

  PIERO FASSINO. Ringrazio l'Ambasciatore per il quadro che ci ha fatto. Nella fase finale del suo intervento, Lei ha molto insistito sulla necessità che la comunità internazionale si muova in modo coeso: questo, però, è il problema oggi non risolto, perché gli Stati Uniti hanno fin qui praticato una linea di disimpegno; la Russia è molto presente con un sostegno ad Assad, anche qualche volta di calmieramento di Assad, però le posizioni russe e americane sono molto distanti; la Turchia è intervenuta nel nord della Siria e quell'intervento è stato severamente condannato dai principali Paesi dell'Unione europea. D'altra parte, nove anni di guerra civile ci sono anche perché la Comunità internazionale è divisa. Io credo che chiunque di noi almeno una volta in questi anni si è chiesto che cosa si aspetta a fermare questa guerra, e poi la domanda era: sì, ma chi la ferma? Chi ha la titolarità per fermarla? La può fermare una comunità internazionale unita. Ma, se la Comunità internazionale non è unita, non la ferma. Ed è quello che è avvenuto.
  Lei dice che ci vuole una coesione, un'unità della comunità internazionale: stante il quadro che oggi non è di grande convergenza, come pensa che si possa aprire una fase diversa nelle relazioni tra gli attori internazionali che operano sulla scena? So che è una domanda difficilissima, però vorrei sapere qual è la sua opinione.

  VALENTINO VALENTINI. Anch'io ringrazio l'Ambasciatore per la sua presentazione e vorrei porre la mia domanda partendo da quella dell'onorevole Fassino.
  Da un lato abbiamo visto come in Siria negli ultimi nove anni si sono sviluppate tutte le forze, le contraddizioni presenti sulla comunità internazionale: io le chiedo quali sono le possibilità di successo del Comitato costituzionale rispetto alla concorrenza del processo di Astana. Se il processo di Astana continua ad essere un elemento di diplomazia parallela oppure si può pensare che si riesca finalmente a far prevalere la comunità internazionale rappresentata dalle Nazioni Unite.
  Il secondo elemento è questo. Noi guardiamo la Siria come se fosse uno scacchiere nel quale siamo giunti alla fine dei giochi, in realtà abbiamo ancora a Idlib una situazione esplosiva con delle potenzialità terribili che possono sovvertire nuovamente l'intero quadro, sia regionale sia internazionale, così come il ritiro americano, che adesso vede però da parte degli USA – è di oggi l'annuncio di Trump, nella sua totale imprevedibilità – l'invio di un contingente raddoppiato, sempre nel Medio Oriente; poiché, quindi, il quadro è ancora fortemente in evoluzione, cosa teme Lei dai possibili sviluppi della situazione sul campo Pag. 7e dai conflitti ancora innestati in questo momento?

  MAURIZIO LUPI. Anch'io ringrazio l'Ambasciatore per la sua presenza e per la relazione che ci ha fatto. Gli faccio anche gli auguri per il lavoro certamente – ha detto al suo esordio – non facile, ma di grande responsabilità.
  Lei ha parlato di una tragedia immane da un punto di vista sociale, non solo per i nove anni di guerra civile, non solo per i morti che ha procurato, ma per i profughi che oggi vivono in quella realtà: famiglie e addirittura bambini che vivono in situazioni drammatiche, e ha giustamente detto che il problema non è più la guerra, ma è costruire la pace, e per costruire la pace occorre riportare innanzitutto qualità della vita e condizioni che siano dignitose. Mi interessa molto che Lei ci aiuti a capire come si sta muovendo in questa direzione la comunità internazionale – ovviamente è un altro aspetto della domanda fatta dai colleghi, ma per non ripetere le stesse domande –, se sull'aspetto umanitario può intervenire e non mettersi le mani davanti agli occhi, perché la stabilità di un Paese può rinascere se innanzitutto diamo dignità alla vita presente in quei territori.

  PINO CABRAS. I processi di riconciliazione, di amnistia non sono una novità durante la guerra siriana, alcuni si sono verificati villaggio per villaggio sin dal primo anno; c'erano molte situazioni in cui soggetti che si combattevano con asprezza sino al giorno prima arrivavano a trovare un compromesso. Quel tipo di compromesso ha un raggio d'azione dato dalla convenienza, perché magari c'erano nemici comuni più potenti da sconfiggere, situazioni che cambiavano sul campo; oggi è cambiato qualcosa nel processo di amnistia, c'è un tentativo di fare un processo di verità e riconciliazione, per fare l'esempio di altri Paesi che hanno dovuto attraversare delle fasi molto complicate; c'è quindi una dimensione nazionale e politica più forte dell'amnistia o sono ancora situazioni provvisorie?

  PAOLO FORMENTINI. Io mi scuso, perché purtroppo sono arrivato in ritardo, spero non sia già stato chiarito il punto: vorrei capire qual è il suo punto di vista sulla volontà iraniana nella regione di utilizzare la Siria come corridoio verso il Mediterraneo, verso il Libano, quindi creare questa continuità dall'Iraq al Libano.
  Vorrei anche stigmatizzare il fatto che si accusano sempre gli Stati Uniti di disimpegno, ma – come è stato ricordato – c'è un nuovo impegno in questo settore. Dal suo punto di vista, come si possono coinvolgere nuovamente, in modo efficace, anche gli Stati Uniti?

  YANA CHIARA EHM. Un ringraziamento all'Ambasciatore Pedersen per tutto il lavoro che sta facendo e anche per tutte le informazioni importanti che ci ha fornito.
  Faccio una breve riflessione per arrivare poi a qualche domanda. Trovo molto calzante la frase che Lei ha pronunciato sul fatto che non è stata persa la guerra, ma non è stata vinta la pace. C'è da ricordarsi quanto sta accadendo in questo momento in Siria, che sta effettivamente vivendo una situazione estremamente precaria in tutto il Paese, pensando al sud-est, che risente della conseguenza dei rifugiati che stanno scendendo verso il confine iracheno per trovare un rifugio; pensiamo al sud-ovest, tutto il confine con la Giordania che vede ancora uno scenario molto precario e molto pericoloso; pensiamo al nord-ovest dove i profughi non hanno nessuna intenzione di fare ritorno nelle proprie case perché non ci sono ancora le condizioni di sicurezza per poterlo fare. Le ultime notizie degli attacchi a Idlib, con i civili bombardati, preoccupano molto. Come anche la questione del terrorismo, che vorrei qui ricordare, perché sentiamo molto spesso, anche grazie a tweet o a posizioni politiche, che il terrorismo forse è stato sconfitto, quando invece secondo me è forse proprio questo il momento più pericoloso: pensiamo agli ultimi due bombardamenti a Mosul fatti da Daesh.
  Le mie domande sono le seguenti. La prima: un ringraziamento per la prima riunione del Comitato costituente, che non era prevedibile. Noi in quel momento eravamo in Libano e c'era proprio un momento Pag. 8 di incertezza: si costituirà, non si costituirà, speriamo di sì. È successo, e questo è un primo passo importantissimo. La domanda è quale sarà il secondo step e se sarà condizionato dal processo di Astana, se c'è una connessione oppure se agiscono in parallelo.
  La seconda questione riguarda le recenti vicende che hanno visto l'intervento militare turco nel nord-est della Siria, con la connessa narrazione sulla questione dei profughi: i turchi dicono che c'è stato un rientro volontario di oltre trecentomila di loro; Amnesty International dice che è stato invece un rientro forzato; parliamo comunque di un numero ingente di profughi attualmente anche fuori dal territorio siriano, tra cinque e sei milioni. Se ne è parlato, è stato accennato già, perché questo ha un impatto molto importante anche sul processo politico. Infine, come riusciamo in qualche modo a essere più incisivi, a essere più determinati a sostenere questo processo che è fondamentale e che deve portare alle elezioni per una legittimazione, affinché si possa creare o ricreare un'unità nel Paese.

  ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE. Mi unisco ai ringraziamenti per la sua arricchente e prestigiosa presenza, e ai complimenti per essere riuscito là dove la comunità internazionale riteneva non saremmo mai riusciti, ovvero a costituire il Comitato costituente con i cinquanta membri ONU, i cinquanta membri dell'opposizione e i cinquanta membri selezionati dal Governo siriano.
  Io sono quasi in imbarazzo, ma condivido, per la prima volta nella mia vita, quantomeno le premesse del ragionamento dell'onorevole Boldrini, che ricordava come comunque nella Siria di Assad si era pervenuti quantomeno a un ormai metabolizzato e convinto pluralismo religioso, e registro che spesso, quando l'Occidente, l'Europa, l'America, potenze straniere intervengono in Medio Oriente nel tentativo, più o meno nascosto o velato, di esportare la democrazia, a volte ne usciamo con contesti in cui quantomeno il pluralismo religioso non c'è più. E mi riferisco per esempio all'Iraq post Saddam Hussein. Io mi chiedo, nella road map che Lei ha in mente, se vi è il tema del coinvolgimento dei cristiani di Siria, se ha presente il fatto che il pluralismo religioso deve essere centrale, perché io conosco poche società che hanno raggiunto il pluralismo politico senza essere approdate prima al pluralismo religioso, e come si intenda dare garanzie perché, quando ci disimpegneremo definitivamente dalla Siria, non vi sia un ipotetico scenario terrificante dove, a fronte di un'elezione vinta dall'uno o dall'altro, poi si instaurino regimi che neanche più abbiano il pregio di garantire quelle libertà religiose che – ricordava la collega Boldrini – prima quantomeno erano una garanzia ormai conquistata da parte della Siria, con l'influenza baathista sul pensiero di Bashar al-Assad. Chiedo, quindi, se il tema del pluralismo religioso è presente, se è un elemento secondo voi essenziale e necessario per arrivare al pluralismo politico e come intendete difenderlo, unitamente alla difesa dei cristiani siriani.

  PRESIDENTE. Non ho altri interventi, quindi darei la parola all'Ambasciatore per le repliche.

  GEIR PEDERSEN, Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Siria. Grazie, presidente. Molte domande, e difficili. Comincerò dal quadro internazionale. Mi colpisce il fatto che abbiamo cinque eserciti che agiscono in Siria: questa è una situazione pericolosissima. Abbiamo visto anche gli ultimi sviluppi nel nord-est, che potrebbero avere un impatto destabilizzante. Non è solo il fatto che hanno ambizioni e strategie politiche diverse: questa situazione ci richiama al fatto che la Siria è ancora un tema di pace e sicurezza internazionale, e ricorda a tutti noi che, se non si avvia un processo politico serio che ponga l'accento sul fatto che riportiamo la stabilità in Siria, nel pieno rispetto della sovranità, integrità territoriale e indipendenza della Siria, i problemi cresceranno e potremmo avere nuove sorprese in futuro.
  Si è parlato della Turchia, dell'Iran, non è stata citata Israele. Sono stati citati gli Pag. 9Stati Uniti e poi c'è la presenza russa. Penso che ci sia una cosa buona: che tutti questi attori e l'intera comunità internazionale siano a favore del varo di una Commissione costituzionale. Quindi abbiamo una situazione in cui le due parti – il Governo e l'opposizione – e la comunità internazionale sono uniti a sostegno della risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza quale primo passo verso una soluzione politica.
  Ora la sfida sta nel fare in modo che la Commissione costituzionale seguiti a lavorare affinché si continui a costruire fiducia, vi sia una discussione reale e poi si riesca a elaborare una tabella di marcia per il prosieguo. Questo è un compito piuttosto difficile. È la discussione che sto avendo a Damasco, ma è una discussione che porto avanti anche con gli attori internazionali principali. Ci sono un po’ di idee sul tappeto, ma c'è da discutere ancora. Sono però discussioni che stiamo avendo con tutti gli attori.
  Mi è stato chiesto di Astana. Turchia, Iran e Russia sono coinvolte in questo processo e lavorano assieme. Indubbiamente tutti e tre hanno un ruolo importante nel contribuire a una soluzione della crisi siriana. Tutti accettano il ruolo di facilitatore dell'ONU e il fatto che Ginevra sia il luogo dove i negoziati proseguiranno. Quindi il processo di Astana sostiene il processo ONU. Sin qui abbiamo lavorato bene con i soggetti del processo di Astana, e naturalmente io sono in stretto contatto con i nostri amici americani. Sono convinto che ci occorra la cooperazione americana, ma anche l'Unione europea deve partecipare alla ricerca di una soluzione alla crisi siriana. Spero che riusciremo a lavorare su questo anche in futuro.
  Una delle questioni principali che saranno discusse in sede di Commissione costituzionale, dunque tra siriani, è la questione delle minoranze, della libertà religiosa e del pluralismo religioso: tutte cose molto importanti per i siriani stessi. Questa discussione è già iniziata. Noi stiamo seguendo con grande interesse questa tematica.
  La riconciliazione. Oggi le varie comunità della società siriana sono molto attaccate ciascuna alla propria narrazione, in modo molto conflittuale verso le controparti, e su questo dovremo lavorare in modo che, risolvendo le sfide sul terreno, si riescano a risolvere anche le sfide sul piano delle narrazioni contrapposte. Non è un processo facile, non si può fare dalla sera alla mattina, ma si deve cominciare da qualche parte. Il mio appello alle parti siriane è che prima si comincia meglio è.
  Ci sono ancora molti milioni di sfollati, di profughi, con problemi economici crescenti. Anche questa è una sfida enorme. Ho parlato anche dei rapiti, dei detenuti, degli scomparsi: tutti questi temi andranno trattati, e speriamo da lì di poter andare verso un reale processo di riconciliazione. Quelli che abbiamo visto sinora sono episodi sporadici, occorre un approccio più globale a tutta questa problematica.
  Sono senz'altro d'accordo sull'importanza di vincere la pace. Quando si parla di assistenza umanitaria, che ritengo sia un obbligo internazionale, questo è qualcosa che dovrà continuare; l'Unione europea ha qui un ruolo essenziale e penso sia importante che ciò avvenga non solo nelle aree sotto il controllo governativo, ma dovunque ci sia bisogno che questa assistenza sia fornita. Quindi è importantissimo che continui anche l'appoggio alle popolazioni profughe in Turchia, Libano e Giordania. Questa è senz'altro una grossa sfida per i tre principali Paesi di accoglienza e avrà un fortissimo impatto sulle loro società. Anche questo è un compito molto importante da portare avanti.
  La coesione e la cooperazione internazionale. In tutta franchezza questo è un grosso problema, nonostante io sia convinto che, quando si tratta della Siria, ci dovrebbe essere un interesse strategico comune. Quando ho assunto il mio incarico, ho detto che avevo cinque priorità, una delle quali era cercare di riunire la comunità internazionale. Questo è un work in progress sul quale c'è ancora da lavorare.
  Armi non convenzionali. Tutti i nostri Stati sono tenuti ad aderire al diritto internazionale e umanitario e a rispettarlo, e Pag. 10questo vale anche per la Siria. Questo sarà anche parte della piattaforma che noi cercheremo di realizzare in futuro.
  Così mi sembra di aver trattato gran parte dei quesiti.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'Ambasciatore per la sua presenza oggi qui e per aver risposto alle domande dei colleghi. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.50.