XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 2 luglio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fassino Piero , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE EVENTUALI INTERFERENZE STRANIERE SUL SISTEMA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI DELLA REPUBBLICA ITALIANA

Audizione di Maurizio Molinari, direttore de La Repubblica .
Fassino Piero , Presidente ... 3 
Molinari Maurizio , direttore de ... 3 
Fassino Piero , Presidente ... 6 
Cabras Pino (M5S)  ... 6 
Romano Andrea (PD)  ... 7 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 8 
Carelli Emilio (M5S)  ... 8 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 9 
Fassino Piero , Presidente ... 9 
Molinari Maurizio , direttore de ... 10 
Fassino Piero , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare: Misto-PP-AP.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PIERO FASSINO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Maurizio Molinari, direttore de La Repubblica .

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle eventuali interferenze straniere sul sistema delle relazioni internazionali della Repubblica Italiana, l'audizione di Maurizio Molinari, direttore de La Repubblica.
  A nome di tutta la Commissione do il benvenuto al dottor Molinari, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai nostri lavori.
  Il dottor Molinari è stato a lungo editorialista de La Stampa, svolgendo le funzioni di corrispondente prima a New York, poi a Bruxelles e Gerusalemme, prima di rientrare in Italia nel 2016 per ricoprire il ruolo di direttore dello stesso quotidiano di Torino. Il 23 aprile scorso è stato nominato direttore de La Repubblica.
  È autore di numerosi saggi di geopolitica, tra cui Il Califfato del terrore. Perché lo Stato islamico minaccia l'Occidente, Governo ombra. I documenti segreti degli USA sull'Italia degli anni di piombo, fino al più recente Assedio all'Occidente. Leader, strategie e pericoli della seconda guerra fredda.
  Nella scorsa legislatura ha contribuito ai lavori di questa Commissione in occasione di audizioni nell'ambito di indagini conoscitive incentrate sul tema del posizionamento geostrategico dell'Italia nel quadrante mediterraneo.
  Ringraziando ancora il dottor Molinari di essere qui, gli do la parola.

  MAURIZIO MOLINARI, direttore de La Repubblica. Buongiorno, grazie di questa opportunità. Non c'è niente di più importante, per un cronista, di condividere le proprie esperienze e farlo in una sede istituzionale. Aumenta l'importanza, il valore per un cronista di condividere le proprie esperienze, e soprattutto prevede delle conversazioni. Le conversazioni arricchiscono il ruolo del giornalista e quindi sarà importante poi avere una conversazione con voi, se volete, sulle cose che tenterò di per spiegare.
  Il soggetto delle «interferenze maligne» – come la NATO le ha definite dal 2017 – riguarda il fatto che attori esterni ai Paesi europei e atlantici usino le comunicazioni elettroniche per avere un impatto sui nostri Paesi. Questo è l'argomento. Questo argomento viene per la prima volta identificato dall'Alleanza atlantica come soggetto, come realtà di cui occuparsi a seguito di due eventi: le elezioni presidenziali in America nel 2016 e la Brexit in Gran Bretagna, nello stesso anno. A metà del 2017, sulla base delle informazioni raccolte da questi due Paesi – Gran Bretagna e Stati Uniti – la NATO per la prima volta mette all'ordine del giorno di un Consiglio atlantico il tema delle interferenze maligne. Perché sono interferenze e perché sono maligne? Sono interferenze perché c'è il tentativo – supposto, reale – di condizionare la vita pubblica in un altro Paese; sono maligne perché vengono da attori esterni a questi Paesi Pag. 4e hanno come intento quello di portare scompiglio, ovvero di aiutare, facilitare, rafforzare, moltiplicare qualsiasi tipo di messaggio che porta scompiglio. Da quando la NATO inizia a porsi questo problema, questa nuova questione, sono passati ormai tre anni. Gli episodi che vengono riportati all'interno dell'Alleanza e rientrano in queste interferenze maligne si moltiplicano.
  I Paesi che più si espongono nel fornire elementi di dettaglio sono la Germania e la Spagna. La Spagna in occasione del referendum indipendentista in Catalogna, dove afferma che una parte maggioritaria delle informazioni elettroniche – ovvero dei messaggi sui social network a favore dell'indipendenza catalana – non provenivano dalla Catalogna, né dalla Spagna, né dall'Europa, ma da attori esterni, specificatamente attori russi. La Germania, quando in occasione delle elezioni politiche, ma soprattutto regionali, che vedono il successo dei partiti dei Länder dell'est, documenta a sua volta una presenza importante di messaggi elettronici che di nuovo provengono da attori russi. Perché la terminologia che si usa è quella di attori russi. Vengono rintracciate le origini di questi messaggi nello spazio russo, ma non c'è nessuna prova che ci sia un coinvolgimento del Governo russo. Quindi c'è una location, un luogo geografico, ma non c'è la prova della responsabilità politica. Un altro Paese che si somma, ma con intensità minore di informazioni a tale riguardo, è la Francia. In occasione delle elezioni presidenziali che vedono la vittoria di Macron, anch'essa riporta alla NATO il fatto che nei giorni immediatamente precedenti c'è stato un furto importante di informazioni della campagna di Macron, che puntava a danneggiare lo stesso Macron e che viene bloccato dalle autorità francesi, e viene individuata come fonte di nuovo quella di attori russi.
  Tutto questo per dirvi qual è lo scenario. In questo scenario il nome del nostro Paese emerge per le testimonianze riportate in una mezza dozzina di occasioni da Joe Biden, l'ex Vicepresidente degli Stati Uniti, e dal suo ex collaboratore sulla Russia Mike Carpenter, che fu anche responsabile della Russia nel National Security Council di Obama. Entrambi sostengono di essere venuti a conoscenza di analoghe interferenze maligne elettroniche durante il referendum sulla riforma costituzionale che si celebrò nel nostro Paese. Questo è lo scenario.
  Tutto questo era vero, provato, nel senso di vissuto, consumato all'interno dell'Alleanza atlantica fino all'inizio del COVID-19. Che cosa succede durante il COVID-19? Quali sono le novità che intervengono, che sorprendono? Chi si occupa di questo? All'interno della NATO, chi monitora costantemente queste interferenze maligne?
  La prima novità è che queste interferenze maligne – ovvero interventi di attori esterni che puntano ad avere un impatto sulle opinioni pubbliche – se fino a quel momento erano state in maniera massiccia provenienti fondamentalmente da attori russi, adesso la novità è che ci sono anche attori cinesi. Questa è la prima, drammatica novità.
  La seconda novità ha a che vedere con la tipologia dei messaggi. Sono messaggi che, con tutta una molteplicità di elementi, puntano fondamentalmente a distaccare i singoli Paesi dell'Unione europea dalla stessa Unione. Se in precedenza, diciamo pre-COVID-19, queste interferenze puntavano sostanzialmente a portare scompiglio, favorendo tutti gli elementi più dirompenti da un punto di vista politico-sociale (diffondendo anche fake news, eccetera), in questo caso specifico le due maggiori interferenze – una identificata negli attori russi e l'altra negli attori cinesi – sostanzialmente nella loro maggiore capacità di fuoco, si concentrano su un messaggio. Il messaggio fondamentalmente qual è? «Il vostro Paese è sotto attacco da parte di COVID-19, l'Unione europea non vi aiuta, vi aiutiamo noi.» C'è una sovrapposizione tra la Russia amica dell'Italia e la Cina amica dell'Italia. «Chi non è vostro amico è l'Unione europea.» Questa è la drammatica novità che si viene a verificare. Siamo nel bel mezzo del COVID-19, i Governi nazionali, dell'Unione europea e della NATO sono inevitabilmente impegnati a tutelare la sanità pubblica. Ma chi si occupa di queste cose fa presente ai propri i responsabili: Pag. 5 «Attenzione, perché siamo di fronte a una escalation senza precedenti.» Perché anche la narrativa degli avversari tradizionali dell'Occidente contrapponeva gli interessi delle singole nazioni agli Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono il nemico, l'Europa è l'amico. Oppure la narrativa tradizionale puntava a distaccare l'Italia dall'Alleanza atlantica. Ma portare questa offensiva in maniera così massiccia al cuore dell'Unione europea significa che questi due attori – che, attenzione, non sono coordinati tra loro, non c'è nessuna prova di coordinamento fra loro – in realtà puntano al cuore dell'Unione europea. Puntano a far implodere l'Unione europea, a favorire dei messaggi e uno stato d'animo all'interno dei singoli Paesi che identifica l'Unione europea come il traditore che non aiuta il Paese in difficoltà a causa di COVID-19.
  Tutto questo fotografa una escalation in qualche maniera drammatica. Il fatto che queste interferenze maligne si concentrino all'inizio nei Paesi più colpiti, cioè l'Italia e la Spagna, dimostra la sofisticazione di questa campagna. Questa campagna viene condotta nelle lingue di questi Paesi con immagini diverse che diffondono messaggi diversi, ma convergenti. Si tratta di fotografie, di vignette e di video che sostanzialmente disegnano questo scenario. L'interrogativo è, innanzitutto: chi sono questi attori e perché lo fanno? Sul «chi sono questi attori», chiaramente se durante il COVID-19 – che è un'emergenza internazionale – viene realizzata una campagna di questo tipo, significa che l'entità delle risorse impegnate è molto significativa. Perché i due territori da cui queste interferenze provengono sono i territori – ripeto, non c' è nessuna prova di coinvolgimento del Governo – che sono essi stessi al centro della pandemia, tanto la Russia quanto la Cina. Significa che in questi due territori, nel bel mezzo dell'emergenza COVID-19 c'è un'organizzazione significativa che crea queste operazioni contro due singoli Paesi, l'Italia e la Spagna, ma soprattutto che immagina una implosione dell'Unione europea. Questo è un altro elemento sul quale credo si sia giusto riflettere. Mentre è in corso una crisi internazionale, c'è una destinazione di risorse significative per un obiettivo politico ambizioso, che non ha nulla a che vedere con quella crisi, è qualcosa di molto sofisticato. Sullo sfondo di questo, naturalmente, se si va a leggere all'interno di queste due diverse campagne – quella degli attori cinesi e quella degli attori i russi – ci si accorge che questi messaggi, se in maggioranza delegittimano l'Unione europea, poi avvalorano invece la Russia o la Cina come grandissimi amici, con tutta una serie di informazioni che a volte sono assolutamente infondate. Molto spesso sono quasi del tutto infondate e raramente hanno degli elementi di affidabilità.
  Quindi lo strumento delle fake news, sostanzialmente, viene gestito anche qui in maniera molto pesata. Quando il messaggio è più forte, è totalmente infondato: ad esempio, l'immagine – che abbiamo visto tutti – con la falsificazione di strade italiane dove si canta l'inno cinese. Quello è evidente. Oppure, ad esempio, l'immagine – che invece non è falsificata, perché è una vignetta – dove un italiano inginocchiato per terra chiede aiuto al cinese che gli tende una mano. In quel caso non è una fake news, ma semplicemente un disegno, e come tale può raffigurare qualsiasi cosa.
  Il punto è a chi vengono diretti questi messaggi e qual è la finalità dei diversi messaggi. In alcuni casi sono messaggi di drammatico sfondamento e in altri invece sono di consolidamento. Ciò che è interessante, da un punto di vista giornalistico, è come tutto questo, maturato durante il COVID-19, nella fase di uscita dall'emergenza sanitaria, porta ad una maggiore consapevolezza di questo rischio da parte dei due maggiori Paesi europei, la Francia e la Germania. Attenzione, la Germania, come tutti sappiamo, è il primo partner commerciale della Cina. Questi due Paesi, appena inizia la fase della ripresa economica attorno al progetto che poi sarà del Recovery Fund, in tutta una serie di dichiarazioni iniziano a parlare di un concetto: l'importanza di difendere l'indipendenza dell'Unione europea. Perché Macron e Merkel introducono questo concetto? Andiamo a vedere tutti i documenti, incluso quello Pag. 6del Recovery Fund, che è l'ultimo: sostanzialmente è il concetto politico, perché hanno percepito che l'Unione europea è sotto attacco.
  Alcuni di voi hanno un'esperienza di gran lunga superiore alla mia, ma a mia memoria, che l'Unione europea sia stata oggetto di un attacco esterno per farla implodere, io – come cronista – non lo ricordo. Che ci sia stato un progetto strategico di far implodere l'Unione europea veramente è una novità. Io credo che il vero punto interrogativo è come si risponda a tutto questo. Da un punto vista dei giornali, naturalmente, il compito è quello di descrivere quanto avviene. Naturalmente, farlo espone a volte alla reazione di questi attori che può essere, come è stata nel caso del giornale che dirigevo in precedenza – La Stampa – piuttosto aggressiva. Però il punto vero è che ormai l'ammontare di notizie su questo doppio fronte è veramente significativo, ed è un drammatico argomento di attualità. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie per questa relazione molto precisa e dettagliata. Chiedo se ci sono domande oppure osservazioni da parte dei colleghi. Onorevole Cabras, prego.

  PINO CABRAS. Esordisco dicendo che non mi convince questo tipo di ricostruzione, tra l'altro molto diffusa presso gran parte della stampa occidentale. Quindi stiamo parlando sicuramente di una corrente molto forte di pensiero, nell'interpretare eventi mediatici e politici degli ultimi anni, con un focus particolare sul 2016. Io credo che le contraddizioni dei Paesi occidentali abbiano determinato alcune grandi conseguenze: l'elezione di Trump e la Brexit, l'esito del referendum costituzionale in Italia, le grandi tensioni in Catalogna nella vicenda spagnola, ma anche altre vicende europee che potremmo elencare. Credo che tutte queste vicende abbiano più a che fare con contraddizioni interne dei Paesi occidentali che con interferenze esterne. Ci possono essere state delle interferenze, perché tutti gli attori statali, negli ultimi quindici anni, con il crescere di un certo tipo di tecnologie, intervengono nelle dinamiche, cercano di sfruttarle. Ci sono legioni di troll, ci sono forme di maneggiamento dei social network. Però, io vorrei ricordare che la gran parte di queste tecnologie sono saldamente in mano all'occidente, e anche con porte girevoli, che partono dagli apparati statali, alle grandi conglomerate private di questi settori.
  Ci sono state ampie rivelazioni su questo fronte. Io cito sempre il caso di Snowden, che ha rivelato che praticamente la totalità delle nostre email, di tutte le nostre comunicazioni, sono in pancia alla NSA, che è il principale strumento di spionaggio elettronico statunitense. Quindi tutti gli attori statali giocano le loro partite. Non vorrei che le contraddizioni interne di Paesi anglosassoni o di altri Paesi siano da imputare a una causa esogena. Trump ha vinto perché c'era una dinamica della società statunitense che ha portato a questo. La Brexit è il risultato finale di una contraddizione del rapporto storico del Regno Unito con l'Unione europea. La Catalogna aveva una forza intrinseca, la spinta all'indipendenza, perché per la prima volta qualche anno fa si è completato un ciclo intero di una generazione che, dalle elementari fino all'università, ha studiato come lingua primaria il catalano. Queste sono costruzioni storiche, inerzie di lungo periodo, che determinano certi risultati. Finora io non vedo prove convincenti sul fatto che siamo sotto attacco o che ci sia una qualità maligna speciale. Ci sono sicuramente tentativi di influenza, ma derivano anche dal rapporto fra l'Unione europea e la Russia che è più dialettico e anche più reciproco nelle interferenze.
  Io ricordo che nelle manifestazioni di piazza dell'Ucraina erano presenti John McCain e leader europei che intervenivano. Sto parlando di cose trasparenti, non di complotti. Cos'è quella se non un'interferenza? Legittima, ripeto, che trova sponde forti nella democrazia ucraina, però all'interno di una contraddizione forte di interessi, ad esempio, nel tentativo di portare nell'ambito NATO un Paese che è a quattrocento chilometri dalla capitale di una potenza nucleare che è in un rapporto dialettico con la NATO. Pag. 7
  Dobbiamo tenere conto di queste dinamiche. Stiamo attenti a quante fake news vengono veicolate, anche in modo consapevole o inconsapevole, dal nostro mainstream, quindi anche dal suo giornale. Ripeto, non per complotto, ma perché a volte si crede a delle dinamiche delle notizie, interpretandole in un paradigma troppo rigido e non si vede dall'altro lato, quindi l'interpretazione porta a qualche dissonanza cognitiva. Questa è la mia lettura.

  ANDREA ROMANO. Intanto ringrazio il direttore Molinari per un'analisi molto specifica, al di là dell'elemento politico che affronterò tra un attimo, però anche molto dettagliata. Da componente di questa Commissione, mi permetto di esprimere una qualche soddisfazione anche per l'andamento di questi nostri colloqui che sono appena iniziati, diciamo da una decina di giorni. Abbiamo iniziato con quadri molto generali e stiamo entrando nel dettaglio, come è giusto e opportuno che avvenga.
  Ho due considerazioni – cercherò di essere sintetico – sul quadro generale. L'obiettivo di questo nostro lavoro comune non è tanto dare delle interpretazioni storiche di quanto accaduto nella politica dei Paesi occidentali, nella politica internazionale, ma è quello di affrontare un tema che la gran parte dei Paesi europei ha già affrontato: quale contributo eventuale hanno dato operazioni di interferenza straniera su dinamiche politiche, sociali, culturali che si sono realizzate nei nostri Paesi? Detto in altre parole: nessuno vuole sostenere che l'eventuale presenza di ingerenze straniere abbia determinato effetti politici in un senso o nell'altro; ma accertare se ci sono state queste ingerenze è indispensabile, necessario, opportuno, proprio perché le nostre democrazie ne siano consapevoli. Lo dico anche al collega Cabras. Non è un caso se i parlamenti di altri Paesi europei hanno affrontato questo tema, compreso il Parlamento europeo, perché tutte le democrazie europee sono consapevoli che siamo di fronte ad un fenomeno nuovo, appunto, che è diverso da quanto è tradizionalmente accaduto nella storia europea degli ultimi cinquant'anni, ma anche degli ultimi secoli, ovvero l'uso dei servizi segreti, delle campagne di controinformazione.
  La domanda che ci stiamo ponendo è questa: è esistita o no anche in Italia una o più operazioni di ingerenza straniera svolte con strumenti nuovi e diversi rispetto a quelli tradizionalmente usati? Questo è l'interrogativo. Nessuno – mi permetto di esprimere questa opinione – ha mai inteso affermare che l'esito del referendum del 2016 sia stato determinato dai russi e dai cinesi. Lo dico anche da esponente del Partito democratico e da parlamentare che si è battuto perché quel referendum avesse un certo esito. È ovvio che l'esito di quel referendum è stato in grandissima parte determinato dall'andamento della campagna. Ma possiamo chiudere gli occhi di fronte alla eventuale presenza di ingerenze straniere su quella campagna referendaria? Il fatto che altri parlamenti se ne occupino deve essere, io credo, un incoraggiamento a perseguire questa strada. Aggiungo, per tornare alla relazione del direttore Molinari, che vi sono nella sua esposizione molti punti che coincidono con quanto per esempio il COPASIR ha già messo in luce nella sua ultima relazione, approvata all'unanimità, a cui hanno lungamente lavorato esponenti di tutti i partiti politici. La cosa positiva di questo nostro lavoro comune è che per la prima volta il Parlamento italiano decide di affrontare questo tema in maniera condivisa, tra l'altro con un'impostazione conoscitiva a trecentosessanta gradi. Scusate se mi sono soffermato su questi punti, però io credo che sia opportuno ricordarlo.
  Veniamo alle due domande che volevo rivolgere al direttore. Naturalmente mi rivolgo a lui come direttore di un quotidiano italiano. La prima: qual è la sua opinione sul livello della consapevolezza italiana, della discussione pubblica italiana, sull'esistenza di questa minaccia, in termini anche di minaccia all'interesse nazionale italiano? Lei giustamente ha ricordato come la Merkel e Macron abbiano usato, nelle premesse politiche al Recovery Fund, la consapevolezza dell'esistenza di una minaccia all'interesse europeo. Non uso l'aggettivo «nazionale» per ragioni comprensibili. Pag. 8Però, qual è la sua opinione sul livello della discussione pubblica italiana intorno a questo tema?
  Il secondo aspetto è estremamente problematico – Lei stesso lo ha riconosciuto – per il legame eventuale: Lei ha sottolineato due volte che non c'è alcuna prova di un legame preciso tra Governi russo e cinese e operazioni provenienti dai territori russo e cinese. Questo da una parte ci richiama a una tradizione sia russa sia cinese relativamente all'utilizzo di operazioni di questo genere, anche quando non c' erano strumenti elettronici. Qual è la sua opinione, provando a fare un passo in più? Ci sarà necessità di altre indagini, in particolare di intelligence? Qual è la sua scommessa in termini, se possibile, di previsione sul futuro? Non avremmo mai certezza di un certo tipo di legame? Sono operazioni che, secondo la sua ipotesi, sono affidate a soggetti indipendenti, come a volte succede. Mi rendo conto che può suonare strumentale, arbitrario, però in Russia, purtroppo, frequenti uccisioni di giornalisti molto di rado sono direttamente collegate a esponenti dei poteri politici. Non uso la definizione «potere politico» in quanto tale. Però sappiamo, purtroppo, che quei giornalisti sono spesso colpiti proprio perché svolgono un lavoro di critica alla politica. Ecco, queste sono le domande che Le farei. Grazie.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Anch'io ringrazio Maurizio Molinari per la relazione molto dettagliata e ricca. Ho due domande. La prima domanda riguarda la differenza con il prima: perché la NATO oggi – tre anni fa – mette all'ordine del giorno questo punto? Ciascun Paese cerca di influenzare gli altri Paesi, è normale e fa parte della cosiddetta difesa dell'interesse nazionale. Noi stessi in questa Commissione spesso ci interroghiamo su come far pesare il nostro Paese nelle relazioni internazionali e l'Italia non è neanche stata estranea a finanziamenti dei partiti nell'epoca della guerra fredda. Per cui non è la prima volta, ma immagino che sia la prima volta in cui all'ordine del giorno della NATO si mette questo punto, cioè il punto delle interferenze maligne. Perché? Qual è la differenza? Immagino che abbia un po' a che fare anche con tutto il tema della comunicazione, con gli strumenti che si utilizzano, con la pervasività. Immagino che su questo Lei, che viene dal mondo della comunicazione, possa darci anche qualche elemento in più.
  Il secondo punto si riferisce ai rimedi. Qui mi collego a quanto diceva l'onorevole Cabras. Anch'io penso che le dinamiche interne dei Paesi non vadano mai sottovalutate, in ogni ambito. Per esempio, io detesto quando si dice che in Africa è sempre colpa delle ex potenze coloniali. Ci sono delle dinamiche interne di quei Paese che non bisogna sottovalutare. La stessa cosa nei vari casi elettorali che Lei ha elencato. Mi ha colpito molto il riferimento che Lei faceva al referendum del 2016; non tanto perché io pensi che quel referendum sia stato deciso dalle interferenze straniere, quanto perché, come esponente che difese quella scelta, ritengo che gli errori politici che noi facemmo allora e portarono alla sconfitta – che non si può attribuire a nessuno se non a noi stessi – hanno aperto un varco a possibilità di interferenze. Perché dividemmo il Paese su un tema che invece doveva essere un tema significavo e quindi poi abbiamo aperto la porta a una sconfitta elettorale e probabilmente anche a quello che Lei riferiva da fonti americane.
  Ecco, qui arrivo ai rimedi. Noi politici, nei nostri comportamenti come possiamo proteggere il nostro Paese da questo tipo di interferenze e di rischi? Ovviamente, se le dinamiche interne importano, noi dobbiamo comportarci in modo diverso.

  EMILIO CARELLI. Anch'io ringrazio Maurizio Molinari per questa esposizione, questa analisi veramente completa e dettagliata, dalla quale emerge, però, un quadro drammatico, lo ha sottolineato anche Lei. Allora la mia domanda è questa: Le risulta che si sia cercato qualche rimedio da parte dell'Unione europea per contrastare questo fenomeno, dato che ne abbiamo preso conoscenza e coscienza? Lei ne parla anche come di un'analisi che è condivisa un po' da tutti i soggetti a livello europeo. Quindi si è cercato di contrastarlo? Sia in maniera Pag. 9difensiva, difendendosi da questi attacchi, sia magari con una sorta di contrattacco.
  La crisi che mi viene in mente per prima è quella di Hong Kong, per esempio, dove eventuali interferenze potrebbero in ogni caso giocare un ruolo anche importante. Abbiamo degli strumenti, possiamo contrastare con degli strumenti? Quali sono? Poi se risulta anche, per esempio, da parte degli Stati Uniti, che ci sia stato un comportamento analogo a quello che Lei ha illustrato da parte di Cina e Russia. Quindi – mi domando – gli Stati Uniti in questi anni sono stati fermi nel mondo o anche loro hanno agito nelle varie crisi che ci sono, e in che modo? Questa parte nella sua analisi non c'è, per esempio. Mi vengono in mente anche molte società private che ci sono in America e lavorano a questo livello, gli eredi di Cambridge Analytica, per esempio, che Lei conoscerà sicuramente. Grazie.

  PAOLO FORMENTINI. Io ho ascoltato con attenzione l'intervento del direttore, che tra l'altro – questa è una battuta, ma reale – ha portato persone come me, che non hanno mai letto La Repubblica, ultimamente a iniziare a leggere e apprezzare degli articoli. Quindi lo ringrazio. Però l'analisi che noi dovremmo fare qui, secondo me, dovrebbe fare un salto di qualità di livello perché – posto che interferenze ci siano state – dobbiamo valutarne la quantità, l'intensità e il collocamento nel gioco geopolitico internazionale. Partirei dallo spunto che una colonna di mezzi militari russi non possa entrare in un Paese NATO senza che questa ne sia informata. Questa è una notizia ormai di dominio comune.
  Ecco, parto proprio da qui per dire che l'influenza cinese esercitata negli ultimi mesi è qualcosa di veramente preoccupante. C'erano poche fonti di informazioni libere che durante la pandemia hanno consentito ai cittadini italiani di analizzare quanto stava succedendo. Una di queste è stata la rivista Formiche, che ha pubblicato degli studi. Faccio riferimento a due studi in particolare. Uno si basava sui dati di Data stampa e analizzava lo spazio concesso dalle emittenti televisive italiani, in particolare la RAI, ai diversi aiuti provenienti dall'estero. Sono andato a cercarlo. Così riassumeva quei giorni di aprile: «dieci servizi per gli Stati Uniti, undici per la Russia e quarantadue per la Cina». Quindi, solo mesi dopo gli italiani hanno potuto sapere sulla stampa nazionale che c'era un'interferenza pesante della Cina nella nostra informazione. Una vera e propria infodemia. In un altro pezzo di Formiche si analizza l'intervento dei bot cinesi proprio a decuplicare, centuplicare l'effetto dell'invio degli aiuti cinesi. Questo è molto preoccupante, e lo è ancora di più venendo ai giorni nostri, perché ad esempio, su Hong Kong il Governo non riesce a prendere una posizione. Né il Ministro degli esteri, né il Governo.
  Quindi io vedo un vero e proprio rischio per il sistema Paese, per le nostre industrie – venendo a qualcosa di molto concreto – di shopping da parte di potenze estere. Se a questo sommiamo l'ancora più preoccupante allarme dato all'unanimità dal COPASIR sul 5G, ma rimasto per ora lettera morta, quanto dobbiamo preoccuparci? Quanto dobbiamo preoccuparci del fatto che l'Unione europea non ha avuto il coraggio di pubblicare il report, il dossier che aveva preparato e che conteneva questi dati sulle interferenze cinesi, ma lo ha rimaneggiato e ammorbidito? Grazie.

  PRESIDENTE. Voglio anch'io fare due considerazioni. La prima. È evidente che le dinamiche politiche che hanno investito e investono ogni Paese hanno innanzitutto delle ragioni intrinseche. Per cui Trump ha vinto le elezioni in America per certi meccanismi che sono intervenuti nell'orientamento dell'opinione pubblica americana, e così via. Però, il punto è quanto quegli orientamenti sono stati influenzati, aiutati, accompagnati. Mi ha colpito molto, come tutti, leggere qualche settimana fa di un sondaggio ampiamente noto, secondo cui la maggioranza sia pure relativa degli italiani, pensa che i Paesi amici siano Russia e Cina e i Paesi più ostili siano Germania e Francia. Considero questa una rappresentazione assolutamente lontana dalla verità. Però dobbiamo chiederci come si sia determinata questa opinione. Io credo che qui ci siano responsabilità plurime, naturalmente. C'è da chiedersi fino a che punto Pag. 10c'è un'influenza di interferenze digitali che sono poste in essere, come quelle di cui stiamo discutendo. Penso – absit iniuria verbis, direttore – che ci sia una responsabilità anche della stampa italiana, che ogni volta che parla della Francia o della Germania, nove volte su dieci le rappresenta come un nemico, per cui alla fine è chiaro che la gente si convince che è così.
  Penso che c'è una responsabilità politica di forze politiche che hanno cavalcato questo tema, questo va detto. Ma noi qui non siamo adesso a valutare questi aspetti, ma siamo valutare in particolare l'aspetto delle interferenze. Io credo che la diffusione dei social, che ormai è entrata nella vita di milioni di persone, abbia un'influenza forte. Non nel determinare certi processi, ma nell'enfatizzarli, accompagnarli e amplificarne le conseguenze. Quindi io penso che da questo punto di vista il tema abbia una sua rilevanza e come difendersi da questa interferenza è una questione che sta, secondo me, nell'agenda politica. Soprattutto perché le interferenze partono – anche se non c'è nessuna prova di coinvolgimento del Governo o di soggetti istituzionali – da Paesi non democratici o comunque a democrazia, in qualche modo, piuttosto formale. Invece interferiscono seriamente sulla vita di Paesi democratici, dove la libertà di stampa, di informazione e di comunicazione è assoluta e piena, e deve essere così.
  Quindi io penso che il tema sia effettivamente rilevante e sia sbagliato sottovalutarlo. Si tratta di capire come si possa essere al riparo dalle conseguenze negative di tutto questo. Se non ci sono altri interventi, do la parola al dottor Molinari per la replica.

  MAURIZIO MOLINARI, direttore de La Repubblica. Grazie per le vostre domande, rispondo nell'ordine in cui sono state poste. È innanzitutto una questione di metodo. Io quando faccio affermazioni in pubblico, scrivo articoli, tento sempre di distinguere i fatti dalle opinioni e quanto vi ho detto sono tutte affermazioni basate su documenti che noi abbiamo visto, dei quali abbiamo scritto. Sono tutte fonti accessibili. Ho fatto riferimento in particolare a documenti e decisioni dell'Alleanza atlantica e a documenti di Governi europei. Non sono mie opinioni. Nel caso specifico, non ho mai detto che queste interferenze maligne sono state determinanti per ottenere dei risultati politici nei singoli Paesi investiti. Ho detto che i Paesi della NATO hanno il sospetto che queste interferenze maligne abbiano voluto sfruttare la situazione interna per avvantaggiare degli interessi altrui. Questo è il punto vero e uno degli elementi della complessità, perché queste interferenze non sono di per sé in grado di determinare degli effetti politici, ma possono essere in grado di cavalcare delle situazioni o accentuare delle situazioni – questo è il sospetto – per difendere gli interessi di qualcun altro o affermare gli interessi di qualcun altro.
  A questo riguardo, il documento sulla Cina pubblicato alla fine dello scorso anno dalla Commissione europea è molto interessante. Tra le altre cose, Ursula von der Leyen, la nuova Presidente, lo ha citato la scorsa settimana. È molto interessante perché identifica nella Cina, segnatamente, un rivale sistemico. Che cosa significa «rivale sistemico»? Non è un avversario ideologico, non siamo nella guerra fredda, la Cina non ha intenzione di occupare l'Unione europea, l'occidente, di farci diventare tutti cinesi. Non è questo, è un altro tipo di concorrenza, dove ci sono due sistemi rivali che sono in competizione per la definizione dell'ordine internazionale. C'è una situazione di rivalità fra sistemi differenti. Secondo il documento dell'Unione europea – che io suggerisco di andare a leggere perché interessantissimo – questa guerra fredda – se vogliamo ripetere il termine – è molto diversa da quella del novecento. Nel novecento c'erano due sistemi ideologici, uno voleva prevalere sull'altro, uno voleva occupare il territorio dell'altro. Non siamo qui. Siamo invece a una competizione per definire l'equilibrio della globalizzazione. Siamo in un mondo globale? Allora il punto è chi definisce gli equilibri. Questa è la rivalità. È un tipo nuovo di rivalità. Il documento dell'Unione europea suggerisce di partire da lì, dalla comprensione di questo nuovo tipo di sfida. Quindi, da un punto di vista, è meno conflittuale, perché Pag. 11non c'è lo scontro aperto, ma dall'altra è molto più sofisticato, quindi difendere i propri interessi nazionali è molto più complesso.
  Andrea Romano chiede: «C'è una consapevolezza pubblica in Italia dell'intensità di queste interferenze maligne?» Io credo che ci sia meno consapevolezza in Italia rispetto ad altri Paesi. Segnatamente indicherei un Paese in particolare, la Germania. Io credo che vada fatta una riflessione. La Germania sicuramente è il Paese europeo che ha più rapporti con la Cina, su questo non ci sono dubbi. La Germania, storicamente, è il Paese europeo che più guarda Mosca come interlocutore strategico, come interlocutore economico. Bene, la Germania negli ultimi anni è stato il Paese più allertato su questi argomenti, che più ne ha discusso. Ne hanno discusso a livello governativo, all'interno del Bundestag, i singoli partiti. Sono nati dei centri studi a Berlino che si occupano esclusivamente di questo. È interessantissimo. Io credo che uno dei problemi culturali – ma questo è un discorso molto ampio sul nostro Paese – è che noi conosciamo poco la Germania, che è un grande Paese europeo che interagisce con quello che avviene attorno all'Europa. Forse ci dobbiamo chiedere se il sistema-Paese tedesco in questo momento è quello che dobbiamo in qualche maniera esplorare e tentare di conoscere per capire l'ammontare di risorse nazionali che devono essere impiegate per meglio comprendere questi nuovi fenomeni. La finalità, ovviamente, non è pregiudicare le relazioni con altri Paesi, a partire da Russia e Cina, ma preservare queste relazioni facendo sì che queste eventualità sistemiche non causino dei corti circuiti. Per fare questo serve una maggiore consapevolezza pubblica, ma servono anche più risorse pubbliche impegnate a tal fine.
  Sulla domanda «Che si fa?» sollevata da Andrea Romano, da Lia Quartapelle e anche da Piero Fassino: io credo che la risposta sia nei diritti digitali. Il punto vero è questo. Vi chiedo di darmi cinque minuti per spiegare. L'onorevole Quartapelle chiede: «Perché la NATO si occupa di questo?» La NATO sostanzialmente inizia a occuparsi di questo perché, in coincidenza con la crisi ucraina, si rende conto che c'è un evento drammatico. In una singola occasione la Russia riesce a spegnere delle centrali elettriche in Ucraina: è la prima volta che avviene qualcosa del genere, che un Governo chiude l'elettricità in una centrale di un altro Paese. A quel punto la NATO accende i fari e dice: «Attenzione». Questo schiude completamente un'altra prospettiva, che è quella della possibilità di danni alle infrastrutture civili attraverso il cyber. Quindi mette in agenda il cyber. Se fino a quel momento il cyber era stato solamente un tema militare, al punto tale che in precedenza era stato creato il comando cyber, da quel momento diventa un tema civile. Questo avviene prima del 2016. Quindi la NATO mette in agenda il cyber come minaccia alle infrastrutture civili e inizia dedicare più risorse per studiare le possibili interazioni negative sulle strutture civili. Quindi questo è il motivo per cui si accorge delle interferenze maligne. Questo è il motivo per cui, quando inglesi e americani sollevano il dubbio che vi siano state interferenze dal 2016, la NATO sta già elaborando quel problema e di conseguenza lo espone.
  Le interferenze maligne che cosa sono fondamentalmente? Sono una violazione della privacy. In ultima istanza sono una violazione della privacy del cittadino. Ovvero, il cittadino legge un testo, ma quel testo non è vero testo. Più violazione della privacy di quello! Io leggo Alice nel paese delle meraviglie, improvvisamente escono i pupazzetti e mi fanno vedere Sandokan. È una violazione della mia privacy, perché ho scelto di leggere un testo e qualcuno me lo presenta in maniera diversa. Quindi, al cuore di questa vicenda, il punto è: «Come faccio a proteggere il diritto di un singolo cittadino di accedere all'informazione che lui vuole e di non essere leso in questo diritto?» Questo significa entrare sul terreno dei diritti digitali. Diritti digitali significa trasporre lo Stato di diritto nella realtà digitale. Questo è un fronte sul quale devo dire che il Parlamento europeo è stato il primo a iniziare a muoversi. Ma i parlamenti Pag. 12 nazionali degli altri Paesi europei e anche il Congresso degli Stati Uniti sono in drammatico ritardo. Perché? Perché le attività sociali, conoscitive e intellettuali dei cittadini oramai si svolgono in gran parte nella realtà digitale, ma i loro diritti non sono tutelati nella realtà digitale. Dice Alan Dershowitz, giurista liberal, «Rights from wrongs», cioè i diritti nella civiltà occidentale nascono dalla loro violazione. Le democrazie si distinguono perché quando c'è una violazione drammatica si crea la protezione del diritto. Dopo la seconda guerra mondiale così è stato con i diritti fondamentali dopo i crimini contro l'umanità. Io credo che noi siamo in questa fase. Siamo in una fase di drammatica violazione massiccia dei diritti fondamentali degli individui – stiamo parlando delle democrazie della realtà digitale – e non sono tutelati. Credo che ci sia una necessità di affrontare il problema nella sua essenza. Perché se noi mettiamo assieme il cybercrime, le infiltrazioni maligne, il bullismo cibernetico, in realtà è sempre lo stesso argomento. Stiamo parlando di chi usa la realtà digitale per aggredire i cittadini. Con il mio precedente giornale facemmo un evento a Novara sul cyberbullismo. Avevo le lacrime agli occhi, cinquecento bambini dentro il teatro di Novara a raccontare le aggressioni contro la loro identità subite da compagni di classe attraverso i social network. Sono diritti individuali. È chiaro che nella misura in cui le democrazie non difendono i diritti dei cittadini, nella realtà cibernetica arriva qualcun altro e le aggredisce per rubare informazioni, o per copiare le informazioni, o per aggredire i diritti, o per spiare.
  Quindi, da cronista, io dico che quello che manca è questo, la trasposizione dello Stato di diritto nella realtà digitale. È difficile farlo? Sì. Nessuno lo ha fatto? Sì. Ma bisogna farlo? Assolutamente. Secondo me bisogna farlo anche in fretta. Il problema è come, ed è una questione di natura giuridica, ma anche di natura costituzionale. Se posso esprimere il modesto auspicio da cittadino, in questo io credo che il nostro Paese e l'Europa possano fare molto. Non per citare ancora la Merkel – perché vi assicuro che tutto sono tranne che di cultura tedesca – però è l'esperienza del cronista. Due anni fa, al summit di Davos, la Cancelliera Merkel ha pronunciato un discorso – anche a proposito delle osservazioni sollevate e che condivido – dicendo: «Il sistema digitale americano ha come elemento di debolezza il fatto che i maggiori protagonisti sono delle aziende private. Il sistema digitale dei Paesi non democratici come Russia e Cina, ha come debolezza» – e lì fece anche il caso dell'Iran – «il fatto che il sistema digitale è gestito dallo Stato. Compito dell'Europa è definire una terza via, tutelare i diritti di chi opera nella realtà digitale.» Io credo che sia assolutamente corretto. In questo l'Europa potrebbe dare un contributo straordinario. Quando io ho visto il pronunciamento del Parlamento europeo sui diritti del copyright, al di là del contenuto specifico della vicenda, secondo me il segnale positivo è stato questo. Il Parlamento europeo che dice: «Inizio ad occuparmi della questione di una tipologia di diritti.» Secondo me, se la domanda è «cosa si fa?», io credo che una risposta parlamentare legislativa deve partire da questo. Come si difendono i diritti digitali dei cittadini italiani europei nel 2020? Chi li dirige? Chi li difende? Con quali strumenti? Sulla base di quali leggi? Come vengono identificati?
  Ovviamente, venendo all'altra domanda che ha fatto l'onorevole Quartapelle sui rimedi, questi sono i rimedi legislativi che riguardano tutti i cittadini, e che secondo me sono prioritari. Poi c'è un problema di difesa della sovranità nazionale sul cyber. Uno dei problemi che i documenti della NATO attestano è che noi oggi abbiamo uno squilibrio fra Paesi alleati. Ci sono dei Paesi alleati che sono difesi di più da aggressioni cyber e Paesi che sono difesi meno. La Gran Bretagna, gli Stati Uniti, l'Olanda e la Norvegia sono difesi di più, hanno strutture cyber – qui stiamo parlando di difesa – più sofisticate. Ci sono Paesi come L'Italia e la Spagna che sono difesi di meno. Questo è un problema serio per gli equilibri tra Paesi, ma per la stessa Alleanza. Esattamente in questo c'è un parallelo con la Pag. 13guerra fredda del novecento. Tu non puoi avere un Paese che è super-difeso dagli attacchi cyber e un altro che è estremamente vulnerabile. Sicuramente questo significa che Paesi come la Grecia, l'Italia e la Spagna si devono porre questa esigenza come hanno fatto l'Olanda, la Norvegia o gli Stati Uniti. Ma anche la NATO non può accettare che ci siano questi squilibri all'interno dell'Alleanza, è molto grave. «Quindi il Parlamento europeo?» chiede Carelli. Io credo che il Parlamento europeo stia adottando, pur nella sua complessità... Io ho fatto il corrispondente da Bruxelles, sicuramente è un'istituzione che potrebbe funzionare meglio. Però sta facendo, da un punto di vista conoscitivo, dei passi importanti. Li ha fatti sul copyright, li ha fatte su queste interferenze maligne. Prima si parlava dei documenti. L'istituzione in Europa che dispone oggi – ho anche quelli che sono stati presentati al COPASIR – della maggiore quantità di informazioni provate, certificate e trovate sull'interferenza maligna nei Paesi europei è il Parlamento europeo. Dobbiamo dargliene atto, perché hanno messo un numero importante di persone di più Paesi, di più orientamenti politici a lavorare. Le hanno raccolte, elaborate e messe a disposizione di tutti. Io credo sia interesse dei singoli Paesi attingere a questo arsenale di conoscenza.
  Non c'è nessun dubbio che anche gli Stati Uniti, come gli altri Paesi occidentali, abbiano interferenze tese a difendere i loro interessi. Ma non è questo l'argomento del contendere. Questa è una realtà che accompagna la storia dell'Occidente, la rivalità fra le nazioni, ma ha accompagnato anche i rapporti fra Italia e Stati Uniti. Ma qui stiamo parlando di Paesi, non di alleanze. Mentre nel caso specifico delle interferenze maligne, esse sollevano il dubbio sul comportamento di Paesi che non appartengono alle alleanze. Se si appartiene alle alleanze, c'è un momento di confronto e gli dici: «Ho capito quello che stai facendo, che si fa? Tentiamo di trovare una soluzione.» Poi un leader particolarmente energico lo solleva con più energia, un altro con meno. Però è un problema. Anche le questioni sollevate da Snowden, come giustamente sono state prima ricordate: Hillary Clinton, da Segretario di Stato, parlò con tutti i singoli Paesi. Questo avviene all'interno di alleanze. Hillary Clinton non negò mai, anzi affrontò le conseguenze. Qui, invece, noi siamo in una fase nella quale, siccome non c'è neanche la prova che questi due Paesi abbiano una responsabilità diretta, non ce n'è anche una maniera per chiedere delucidazioni. Non sono questi Paesi che si fanno avanti presso di noi e dicono: «Guardate, vi state sbagliando.» Hillary Clinton, da Segretario di Stato, chiamò i leader di ogni Paese investito dalle dichiarazioni di Snowden. Non per negare, bensì per spiegare quello che era avvenuto.
  «Cos'altro si può fare?», giustamente, è l'intuizione di Carelli. Bisogna distinguere, perché la Cina e la Russia sono due filoni diversi. Anche l'intensità delle infiltrazioni digitali riscontrate è molto diversa. Ci sono, come detto, messaggi coincidenti. Però il vero punto a livello politico – è questa la domanda – è che mentre esiste un coordinamento, in qualche maniera un dialogo, fra Stati Uniti e Paesi europei sulla Russia, non c'è sulla Cina. Ora, io credo – e questa invece è un'opinione e non un fatto – che quanto avvenuto nell'ultima settimana con la decisione del Segretario di Stato Mike Pompeo di accettare l'offerta di Josep Borrell di avere un dialogo sulla Cina sia estremamente positivo. Io credo che sia opportuno che la Cina entri nel dialogo transatlantico e si inizi ad affrontare il tema cinese, pur ognuno con le sue differenze, ma all'interno di una cornice transatlantica, esattamente come si è fatto con la Russia. Poi ognuno farà le scelte nazionali sulla base dei propri interessi, ma avere un dialogo transatlantico sicuramente è il pezzo che manca.
  È vero che la quantità di informazione sull'infodemia cinese è di gran lunga superiore a quella riscontrata da altri Paesi o dagli attori russi. Questa è una delle novità e ci sono diverse tipologie di analisi su questo, su perché è avvenuto, su come è avvenuto. C'è chi fa riferimento alla qualità della tecnologia, c'è chi fa riferimento alla quantità delle risorse umane o alla capacità Pag. 14di sofisticazione dei messaggi, anche – in questi casi lo sostengono alcuni centri studi negli Stati Uniti – nell'intento ultimo di entrare nel sistema di un Paese avversario e non aggredirlo, come invece fanno molto spesso gli attori russi, ma semplicemente copiarlo. La strategia cinese, per chi la studia, è molto diversa dalla strategia russa, è molto differente: la strategia russa punta a risultati a breve termine, la strategia cinese punta a risultati a lungo termine, è molto più sofisticata, molto più difficile da identificare. Anche qui la questione delle risorse. Queste considerazioni che io faccio, che nascono dalla lettura di una molteplicità di documenti, di centri studi o di Governi, indicano che c'è una quantità di persone in altri Paesi europei occidentali che sta studiando questi argomenti, che secondo me noi potremmo avere anche nel nostro Paese. Basta semplicemente decidere di indirizzare le risorse allo studio di questi documenti già esistenti. Bisogna farlo.
  «C'è una responsabilità della stampa?», chiede l'onorevole Fassino: assolutamente sì. La stampa è un riflesso dell'opinione pubblica. C'è una carenza di attenzione nell'opinione pubblica, la responsabilità della stampa è di correggerla. La stampa per correggerla ha bisogno di fonti credibili. Il tentativo costante che io faccio, grazie alla responsabilità che ricopro, è di trovare sempre fonti credibili. Per questo credo che forse l'unica cosa che mi sento di non accogliere è l'accusa di diffondere fake news. Se c'è qualcosa che nella mia vita io non ho mai fatto, è quella di diffondere informazioni che non siano certificate. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie al direttore. Mi pare che sia stata una discussione molto interessante e piena di spunti, su cui la Commissione dovrà riflettere, anche per tenerne conto nelle conclusioni da trarre da questa nostra attività conoscitiva. Ringrazio ancora il direttore Molinari e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.35.