XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 24 giugno 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE EVENTUALI INTERFERENZE STRANIERE SUL SISTEMA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI DELLA REPUBBLICA ITALIANA

Audizione, in videoconferenza, di Anna Zafesova, giornalista ed analista.
Grande Marta , Presidente ... 2 
Zafesova Anna , giornalista ed analista ... 2 
Grande Marta , Presidente ... 6 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 6 
Comencini Vito (LEGA)  ... 6 
Cabras Pino (M5S)  ... 8 
Grande Marta , Presidente ... 9 
Zafesova Anna , giornalista ed analista ... 9 
Grande Marta , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare: Misto-PP-AP.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTA GRANDE

  La seduta comincia alle 12.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di Anna Zafesova, giornalista ed analista.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle eventuali interferenze straniere sul sistema delle relazioni internazionali della Repubblica Italiana, l'audizione, in videoconferenza, della dott.ssa Anna Zafesova, giornalista ed analista.
  A nome di tutta la Commissione do il benvenuto alla dottoressa Zafesova, che ringrazio per la disponibilità a contribuire ai nostri lavori.
  La dottoressa Zafésova è una giornalista ed analista con grande esperienza nei settori delle relazioni internazionali, fake news e nuovi media.
  Dal 1994 al 2004 è stata corrispondente da Mosca per il quotidiano La Stampa e dal 2005 vive e lavora in Italia, collaborando con lo stesso quotidiano di Torino, nonché con Il Foglio, Linkiesta, il Carnegie Moscow Center, Echo Moskvy, il Centro di analisi e documentazione Luigi Einaudi, Aspenia e altri media e think tank, tra cui l'Istituto affari internazionali (IAI) e l'Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI).
  Nel corso dell'audizione la dottoressa Zafesova, oltre ad illustrarci i risultati delle sue inchieste sul tema oggetto della nostra indagine conoscitiva, potrà forse fornirci quale anticipazione sul volume a cui ha collaborato – e che è in via di pubblicazione – intitolato «Democracy and Fake News. Information, Manipulation, and Post-Truth Politics».
  Ciò premesso, do la parola alla nostra ospite affinché svolga il Suo intervento.

  ANNA ZAFESOVA, giornalista ed analista. Buongiorno e grazie per questo invito a contribuire a una indagine che reputo estremamente importante ai fini della politica internazionale e dell'Italia, ma anche per capire e per darci delle nuove regole su come muoverci in questo mondo inedito della nuova informazione. Ovviamente, essendo una giornalista specializzata soprattutto sulla Russia, sullo spazio post-sovietico, parlerò essenzialmente di interferenze avvenute nell'ambito dell'informazione e, soprattutto, esclusivamente di interferenze che vengono attribuite alla Federazione russa.
  Io partirei dalle domande che sono state sollevate nel corso dell'audizione precedente, perché mi pare importante capire e distinguere, visto che stiamo parlando di interferenze, in particolare di fake news, le categorie con le quali abbiamo a che fare, perché è corretto domandarsi come facciamo a distinguere le interferenze premeditate e ostili nello spazio mediatico, in particolare italiano, da quello che è il movimento normale dell'informazione e/o propaganda normale, ordinaria, fatta da un Paese o da una forza politica, delle proprie opinioni.
  Innanzitutto, quando parliamo di fake news, parliamo essenzialmente di interventi avvenuti non per canali formali. Per Pag. 3fare un esempio, Vladimir Putin ha pubblicato la settimana scorsa un saggio uscito in una rivista americana sui risultati e le lezioni della seconda guerra mondiale. È un saggio che possiamo definire «di propaganda», nel senso che espone il punto di vista del Presidente della Federazione russa e del Governo russo su dei fatti storici. È un punto di vista molto discutibile, sul quale molti storici avrebbero da ridire, ma si tratta di un'esposizione ufficiale e formale, quindi da affrontare in una discussione aperta e dai contorni convenzionali, anche se questo tipo di esposizione fatta da Vladimir Putin non è soltanto una disquisizione storica, ma anzi utilizza la storia e il modo in cui egli interpreta la storia per proporre delle mosse di politica nell'attualità.
  Quando parliamo di fake news, di tanti di quei casi che sono stati denunciati nel corso di varie inchieste di vari Paesi o di entità come i social media, i social network come Twitter, che hanno operato delle ricerche, oppure come diverse istituzioni accademiche che hanno svolto delle ricerche sull'interferenza soprattutto nei social media, stiamo parlando di interferenze nascoste, di interferenze che si spacciano per qualcos'altro, di post sui social network, di video, di commenti, che non nascono come espressione di un Governo, di forze politiche o di cittadini con nome e cognome, ma spesso e volentieri nascono come un attacco di opinioni che parte da account di social network inesistenti o da account che spesso non sono riconducibili a persone vere. Stiamo parlando di attacchi organizzati. Noi giornalisti che lavoriamo sull'argomento «Russia» spesso l'abbiamo anche sperimentato sulla nostra pelle. Vediamo come alcune nostre pubblicazioni suscitano un'immediata reazione sui social che è difficile considerare del tutto spontanea, tanto è organizzata, tanto è omologata, nel senso che ci sono diversi commenti che si ripetono quasi testualmente e, andando a verificare gli account dai quali sono partiti questi commenti, spesso troviamo account che hanno tutti criteri di account creati artificialmente. Molti – lo dico subito perché questa secondo me è una parte importante del ragionamento – invece appartengono a persone assolutamente vere, vive e che spesso conosciamo anche nella realtà fisica, che è esattamente il meccanismo con il quale funziona questo tipo di interferenza.
  Si tratta, sostanzialmente, di manipolare l'opinione pubblica, ma, ancora prima, di creare un'opinione pubblica artificiale o di ingigantire molto l'influenza di un segmento dell'opinione pubblica tanto da farlo diventare apparentemente prevalente, almeno nei social, e da trascinare altri utenti, stavolta persone assolutamente vive, vere e autentiche, nella scia di questo ragionamento, spingendole a condividere questo tipo di post che spesso, oltre ad avere dei contenuti divisivi e ostili, sono dei contenuti che non corrispondono alla realtà. Tra l'altro questo tipo di interferenza – l'abbiamo osservato in alcuni periodi – va anche fuori dal mondo social, dal mondo virtuale. Per esempio, nel 2014 praticamente qualunque iniziativa che si svolgeva riguardo alla situazione in Ucraina, alla guerra, all'annessione della Crimea, in Italia veniva spesso accompagnata dall'apparizione di gruppi abbastanza organizzati di disturbatori che cercavano di interferire e anche di mandare a monte questi eventi; fenomeni che poi sono completamente spariti appena la Federazione russa ha chiuso la fase del conflitto aperto in Donbass e ha aderito al processo negoziale di Minsk, che da allora, come sapete, è in corso in una maniera abbastanza lenta e inefficiente, ma comunque non si parla più di guerra aperta, ma di quella che le Nazioni Unite definiscono «guerra a bassa intensità». Però, ovviamente, questo fenomeno si è visto soprattutto sui social media, complice la modalità operativa degli stessi social, cioè l'anonimato e una capacità di concentrare un enorme sforzo in un singolo momento e su un singolo argomento per poi immediatamente spostarlo su un altro argomento.
  Nel corso degli anni, le indagini dei colleghi russi e occidentali hanno scoperto anche entità russe, come la famigerata fabbrica dei troll a Pietroburgo, che si occupano in maniera organizzata di questi attacchi, la cui modalità è abbastanza semplice, Pag. 4 nel senso che ai dipendenti di questa agenzia, che si chiama Internet Research Agency, vengono forniti dei temi da affrontare, il modo in cui affrontarli, i siti dove postarli e così parte e si crea un attacco mediatico che poi coinvolge nella propria scia anche utenti veri. Qui, secondo me, c'è un altro argomento molto interessante e importante da capire. La metodologia di questo tipo di interferenza è abbastanza inedita, anche perché ovviamente non poteva che nascere con i social network. Prima era impraticabile. Però, se analizziamo, per esempio, i circa sette milioni di tweet che ha analizzato Twitter l'anno scorso, i tweet che sono stati individuati come partiti da account di propaganda organizzata riconducibile ad attori legati alla Federazione russa, di questi sette milioni di tweet che sono stati fatti in America nell'ambito della campagna elettorale del 2016 per l'elezione del Presidente degli Stati Uniti praticamente tutti riprendevano tematiche e linguaggi già esistenti nello spazio mediatico americano. Attenzione: non sono state inventate delle idee nuove. Quello che è cambiato è che dei dibattiti anche abbastanza marginali sono stai amplificati e diffusi.
  L'altra cosa che è cambiata è che da nicchie di opinioni che promuovevano queste ovvero altre opinioni è stata compiuta un'operazione anche di diffusione e promozione di queste stesse opinioni. Per esempio, una delle tecniche più diffuse è quella di fare dei post in forum o in bacheche che sono assolutamente slegati dall'argomento, perché non riguardano le campagne elettorali, le associazioni dei partiti politici eccetera, per farli partire un po' in sordina e farli diventare virali. Questo è un altro dei criteri con i quali possiamo riconoscere e distinguere un'interferenza da una discussione, da una battaglia di opinioni, perché sono opinioni che partono da soggetti anonimi o che si celano dietro ad altre identità e in sedi spesso diverse da quelle nelle quali si svolge un dibattito, anche per far perdere le tracce. La stessa indagine aveva anche trovato dei contenuti prodotti ad hoc, contenuti palesemente falsi; quindi stiamo parlando di due tipi operazioni: la prima è promuovere e amplificare delle opinioni già esistenti; la seconda è produrre dei contenuti molto manipolati. Per esempio, un caso tra i più clamorosi e i più analizzati dalle varie indagini degli ultimi anni è quello del famoso bambino crocifisso dai nazionalisti ucraini a Sloviansk. In questo caso non parliamo nemmeno di social; parliamo di un telegiornale importante, come quello del primo canale della TV nazionale russa, un fake che è stato smontato, che è stato denunciato come fake, con una donna che poi si è scoperto essere un'attrice perché era apparsa in altri ruoli in altri filmati del genere, che raccontava di questo atroce episodio mai avvenuto.
  Tra l'altro, queste interferenze hanno portato alla nascita di un mestiere inedito, come quello dei fact checker, proprio perché abbiamo a che fare con un fenomeno nuovo come quello della produzione di contenuti fortemente manipolati rispetto alla realtà. Non stiamo parlando di visioni diverse della stessa realtà; stiamo parlando di fatti e circostanze mai avvenuti, manipolati con l'impiego di montaggi, di attori, di numeri, statistiche false eccetera. Però c'è un altro aspetto molto importante da capire, soprattutto quando si parla di Russia: quando noi parliamo di fake, quando parliamo di falsità, quando parliamo di manipolazione, noi diamo per scontato che chi opera con queste informazioni le ha distinte tra «vero» e «falso», cioè mentono sapendo di mentire. In un sistema autoritario, in un sistema come quello russo, la situazione è molto più complessa, il che chiaramente diventa anche più complicato ai fini di affrontare queste informazioni, di individuarle, distinguerle e fronteggiarle, che è un'altra domanda di grande importanza tra quelle fatte nelle audizioni precedenti. Che cosa si può fare quando il funzionamento stesso di un regime si basa sull'alterazione della realtà? Quello che è molto importante da capire è che queste interferenze mediatiche di informazione a cui abbiamo assistito negli ultimi anni da parte della Russia sono solo un prodotto che viene esportato negli ultimi anni, ma è un prodotto che in Russia viene confezionato da anni, da decenni. Diciamo che Pag. 5grazie alle nuove tecnologie mediatiche si è estesa in Occidente, in Europa e in Italia una tecnologia che in Russia è operativa da tanti anni e che, anzi, costituisce una branca importantissima di quello che è la politica russa e di quello che è il funzionamento del Governo russo, cioè l'alterazione della realtà, che non è più solo censura, non è più solo propaganda, ma è proprio la creazione di una rappresentazione mediatica, di una realtà che non corrisponde ai fatti. Un esempio che possiamo vedere letteralmente di questi giorni è stata la manipolazione dei dati sull'epidemia di COVID-19 in Russia, dove poi alla fine gli stessi responsabili del Governo russo sono stati costretti ad ammettere che le statistiche erano e restano in buona parte falsate. Però, il problema è che quello che noi vediamo oggi nella Federazione russa è un sistema che è molto simile per tanti versi al sistema sovietico e in buona parte ne è erede.
  Il sistema sovietico è stato un sistema che è vissuto di una creazione di una realtà alternativa e che, anzi, in buona parte è crollato proprio quando l'accesso alla verità –«verità» è una parola altisonante – dei fatti che venivano nascosti è stato reso pubblico ed è diventato accessibile alle mafie, perché in Unione Sovietica l'accesso alla verità era un privilegio delle élites. Perfino Michail Gorbačëv ha raccontato che la verità su fatti storici, come per esempio il massacro di Katyn, gli è stata rivelata soltanto quando è diventato Segretario Generale del Partico comunista dell'Unione Sovietica e poi Presidente dell'Unione Sovietica. Quindi, anche da alto esponente della leadership sovietica, era convinto, per esempio, che la strage di Katyn fosse opera degli ufficiali nazisti.
  Vediamo le stesse cose oggi. Faccio un esempio per capire quanto è complicato a volte distinguere le cose. Forse qualcuno di voi ha visto, o almeno ha sentito parlare, di questo film-intervista che Oliver Stone ha fatto con il Presidente della Federazione russa. Tra l'altro, sappiamo che il regista è molto simpatizzante verso la politica di Mosca, quindi è tutt'altro che prevenuto. C'è un momento in cui Vladimir Putin mostra a Oliver Stone un filmato di un attacco russo in Siria. Oggi esiste questo nuovo mestiere dei fact checker. Oltretutto, di tanto in tanto, tutti ci improvvisiamo fact checker o possiamo farlo, perché le informazioni sono disponibili su internet. Si scopre che questo filmato che ha mostrato al regista americano in realtà era un filmato di un attacco americano, non mi ricordo adesso se in Iraq o in Afghanistan. Nella stessa intervista, nella parte che non è rientrata nel video, ma che è presente nella parte pubblicata del testo, parlando della vicenda del Boeing malese abbattuto il 17 luglio del 2014 a Donbass, come testimonianza del fatto presunto che sarebbe stato abbattuto dalla contraerea ucraina, Putin cita la testimonianza di un controllore di volo spagnolo. In quel momento era già stato appurato che il famoso controllore di volo spagnolo che avrebbe lavorato in un aeroporto di Kiev e avrebbe avvistato su un radar un razzo ucraino che si avvicinava al Boeing per abbatterlo non era mai esistito, che in Ucraina non c'era nessun controllore di volo straniero, che questo account di Twitter era un account falso, immesso nei mesi successivi da una donna – o almeno l'alias era quello di una donna – e che trattava argomenti molto diversi da quelli della politica internazionale. Poi la causa è stata sospesa e qualche settimana fa, in sede giudiziaria del processo sull'inchiesta sull'abbattimento del Boeing malese, è stato appurato che si trattava di un account falso.
  Qui si pone una domanda alla quale io non ho una risposta, ma che ha anche dei contorni inquietanti: il Presidente della Federazione russa, quando propone queste cose, sa che sono dei falsi o è stato anche lui inghiottito da questa rappresentazione alternativa della realtà su cui parti del suo Governo e dei suoi seguaci stanno operando? Questa è una domanda estremamente importante anche per capire come fronteggiare questo tipo di manipolazioni e questo tipo di interferenze. Essendo la verità, essendo l'accesso ai fatti, in un sistema del genere, un privilegio riservato a pochi, per molte espressioni che noi vediamo, anche tra gli esponenti della politica russa, io non sono sicura che si possa parlare di Pag. 6fake, nel senso che loro non pensano che siano dei fake.
  Faccio un esempio tratto dalla mia esperienza personale per far capire come funzionava l'Unione Sovietica. I miei genitori erano giornalisti della Pravda e quindi propagandisti di regime. Erano propagandisti abbastanza altolocati, quindi avevano accesso a una serie di informazioni che ai loro lettori veniva negata; però, per esempio, essi erano assolutamente convinti entrambi che Aleksandr Solženicyn, lo scrittore Premio Nobel, fosse un ebreo, perché ovviamente nella propaganda sovietica questo era considerato un difetto, e che fosse finito nel gulag che aveva raccontato nei suoi romanzi che gli sono valsi il Nobel, non perché avesse criticato Stalin, ma perché fosse un traditore che durante la seconda guerra mondiale è passato dalla parte dei nazisti. Entrambe queste affermazioni sono false, però, per esempio, anche dei membri medio-alti della nomenclatura sovietica le consideravano vere; quindi vedete come questo meccanismo di falsificazione agisce a tutti i livelli ed è soprattutto un prodotto interno. La famigerata Internet Research Agency è riconducibile a Prigozhin, il cosiddetto «cuoco di Putin», un oligarca in campo della ristorazione che però è diventato molto attivo anche nel campo della politica internazionale, non soltanto nel mondo virtuale. Sappiamo che lui ha cominciato a usare queste tecniche di diffamazione o di calunnia – sarebbe più corretto usare «calunnia» perché stiamo parlando non di rivelazioni di fatti diffamanti, ma di falsificazioni vere e proprie – per eliminare dei concorrenti nel mercato della ristorazione e dell'approvvigionamento nel catering, in cui era molto attivo a San Pietroburgo. Poi il meccanismo è stato trasportato per operazioni estere che, tra l'altro, non hanno riguardato soltanto gli Stati Uniti e soltanto l'Europa; hanno riguardato anche, cosa meno nota, l'Africa, dove tutta una serie di Paesi come il Sudan e il Madagascar sono gli operatori della fabbrica dei troll; hanno agito con le stesse modalità di altre campagne elettorali, soprattutto russe, ma anche occidentali, senza ottenere, tra l'altro, gli stessi risultati, perché ovviamente si tratta di contesti molto diversi; quindi la tecnica probabilmente non funziona soltanto in società molto informatizzate con una mentalità occidentale. Io mi fermerei qui per rispondere alle vostre domande.

  PRESIDENTE. Grazie. Passiamo adesso agli interventi da parte dei colleghi, a cui chiedo di iscriversi a parlare. Onorevole Quartapelle Procopio, prego.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie. Io ho due domande. La prima è se questo tipo di disinformazione riguarda solo gli argomenti relativi alla politica estera, alla Russia, oppure sono disinformazioni che possono riguardare anche dibattiti interni ai Paesi.
  La seconda domanda, alla quale in parte si stava già rispondendo, è sul perché. A cosa serve tutta questa macchina? Noi leggiamo della fabbrica dei bot. Questo tipo di attività è un'attività che è riscontrata; c'è stato anche un recente rapporto del COPASIR che ha detto, per esempio, che sui temi legati all'epidemia c'è stata attività di disinformazione: ma perché? Adesso il collega Enrico Borghi è andato via; lui è il membro del COPASIR del Partito democratico, ma il rapporto lo ha redatto lui e lo hanno approvato tutti i partiti, però gli mancava un po' il perché. Lì si analizzava il fenomeno, si identificavano attori sia statali che non statali, ma mancava il perché.

  VITO COMENCINI. Io ringrazio la dottoressa Zafesova. Volevo partire da una riflessione in merito al primo punto che ha toccato, cioè l'aspetto della ricostruzione storica. Ritengo sia molto importante e condivido il fatto che la ricostruzione storica poi diventi legata anche all'attualità e alla politica che poi viene portata avanti. È diventata di attualità in questi giorni, quando il Presidente della Federazione russa, Putin, ha lanciato in modo probabilmente un po' provocatorio un confronto sulla ricostruzione storica della visione della seconda guerra mondiale, di come è iniziata, di come si poteva evitare e di come poi è Pag. 7finita. Credo che da questo punto di vista, però, vada dato atto che, a prescindere poi da chi abbia preso le redini della Federazione russa con la fine dell'Unione Sovietica, di fatto dei passi in avanti nel riconoscimento, o comunque nel cercare di fare luce e mostrare la verità, sono stati fatti.
  Giustamente Lei citava il caso di Katyn. Putin stesso è andato più volte a commemorare quegli oltre 20 mila ufficiali polacchi uccisi dall'esercito sovietico. Per molti anni era stato propagandato che erano stati uccisi, invece, dai tedeschi. Ci sono anche altri esempi importanti da questo punto di vista, in particolar modo proprio nella zona della Crimea, quella zona contesa con l'Ucraina, ma che per motivi storici è evidente che appartiene alla Russia. Ad esempio, lì c'è la questione di Kerch, questa cittadina dove sono stati deportati diversi italiani, c'era una comunità italiana. Sono stati deportati nei gulag. Lì c'è un monumento che ricorda le varie minoranze che sono state deportate nei gulag bolscevichi durante la seconda guerra mondiale. Fino a qualche anno fa, prima che la Crimea ritornasse sotto la Federazione russa, a Kerch c'era questo monumento dove si ricordavano gli armeni, i bulgari, i tartari e alcune minoranze. Non si ricordavano gli italiani. Sono stati inseriti proprio per volontà di Putin. Credo che sia testimone anche il collega Valentini, che, se non sbaglio, in quegli anni è stato lì ed è stato testimone di questo riconoscimento. Il Presidente Putin ha incontrato la minoranza italiana e ha riconosciuto questo genocidio che fino ad allora era stato dimenticato e su quel monumento alla stazione di Kerch, tra le varie minoranze, è riportata anche quella italiana.
  Altro esempio di come si è fatto un atto di autoaccusa rispetto agli errori e alle gravi colpe del passato sovietico ha a che fare, sempre in Crimea, a Sebastopoli, con la bellissima chiesa di San Vladimiro, che era stata distrutta dai bolscevichi ed è stata ricostruita per mano dei russi e degli ucraini, inaugurata diversi anni fa da Putin assieme al Presidente ucraino di allora. Sono dei fatti che dimostrano che in realtà la volontà da parte della Russia, da questo punto di vista, di riconoscere gli errori del passato c'è assolutamente, per quanto poi rimanga una parte nostalgica patriottica legata alla vittoria nella seconda guerra mondiale.
  Andando all'attualità, c'è qualcosa che mi lascia un po' perplesso. Lei ha parlato del conflitto del Donbass esponendo delle fake news, delle cose che sono state dette e propagandate in maniera falsa. Credo che se da questo punto di vista è accaduto ciò, al contempo questo non deve diventare un modo per negare il fatto che ci siano state delle vittime, ci siano stati degli attacchi da una parte e dall'altra, ci siano state vittime civili da una parte e dall'altra, una guerra terribile dove la popolazione russofona del Donbass, che parla principalmente la lingua russa, si è sentita discriminata e colpita; una guerra che ha causato diverse vittime, per quanto poi chiaramente nessuno voglia dire chi abbia ragione, o almeno sicuramente noi non vogliamo stabilire chi abbia ragione in questo conflitto. Però, sta di fatto che le vittime ci sono state e denunciano questa violenza che hanno subito. Io ho conosciuto una di queste vittime. Gli è caduta una bomba sulla casa, ha perso due figli, il marito e un braccio. Denuncia che quello che è successo è reale ed è un dato di fatto; non è certo una fake news, purtroppo. Magari fosse una fake news il fatto che ci siano state vittime di questa guerra. Però, vorrei capire, da questo punto di vista, se ci sono state influenze o interferenze da parte russa nei confronti dell'Ucraina su quello che è successo, se ci sono state altre influenze anche dall'altra parte o se l'Ucraina ha subito influenze solo dalla parte russa. In particolar modo, la verità purtroppo è ancora lontana anche per quanto riguarda quello che è successo a Piazza Maidan. Diverse inchieste hanno mostrato come c'erano dei cecchini – non si sa bene da dove arrivassero – che sparavano sulla folla durante queste rivolte. La verità, purtroppo, lì è legata sicuramente, da una parte, a cercare ognuno di tirare l'acqua al suo mulino e, dall'altra, ad arrivare alla pace, perché poi i trattati di Minsk non hanno, di fatto, ancora portato a questa pace. La tensione, purtroppo, è ancora molto alta, da quello che mi risulta. Pag. 8Infine – e concludo – in merito alla disinformazione vorrei capire quanto secondo Lei la disinformazione che c'è stata in Russia, come Lei ha detto – in particolare la Russia quale uno dei primi Paesi che ha chiuso non solamente i voli con la Cina, ma proprio qualunque ingresso a chi arrivasse da lì, cosa che chiedevamo anche noi in Italia fin da subito, mettendo in quarantena chiunque arrivasse dalla Cina, cosa che aveva tra l'altro sollevato la rabbia e il fastidio da parte della Cina – sia paragonabile alla disinformazione da parte della Cina stessa, perché la Cina è il Paese da cui è partito il virus ed è evidente che sui dati non ha dato delle risposte chiare. L'OMS stessa ha dovuto ammettere questa cosa.
  Quindi vorrei un paragone tra queste due situazioni, se possibile, e poi vorrei capire quanto le influenze e le interferenze non siano solo da parte di Paesi, di Stati e di Governi, ma anche da parte di soggetti privati, di multinazionali, di personaggi che detengono risorse importanti, una potenza talvolta economica che è anche maggiore di quella di certi Stati. Andiamo a vedere certi magnati, o chiamiamoli come vogliamo, che hanno una potenza economica nel mondo veramente superiore a quella di molti Paesi; quindi quanto anche queste interferenze incidano sulle libertà e sulla sovranità dei Paesi. Grazie.

  PINO CABRAS. Io vorrei affrontare l'illustrazione dei problemi che ha fatto Anna Zafesova da un punto di vista complessivo. Io so che Lei è una bravissima giornalista, tra le più informate, tra le più profonde conoscitrici del mondo russo. Abbiamo avuto un amico comune – Giulietto Chiesa – con cui Lei litigava molto; io invece non ci litigavo molto. Abbiamo consapevolezza che è una conoscitrice di tanti meccanismi del potere di quel lato del mondo che influiscono – date la dimensione e gli interessi che li legano a tante vicende internazionali – sicuramente anche sull'Italia, sui Paesi occidentali eccetera. Però io ho l'impressione che questa lettura dei meccanismi del potere informativo russo sia riduttiva perché non tiene conto di un contesto in cui tutti agiscono con le proprie fabbriche dei bot, con il proprio controllo dei social media, un controllo profondo – come ha rivelato ad esempio Edward Snowden – un controllo totalitario, mi viene dire, delle informazioni da parte di social media, che sono influentissimi su tutto il pianeta, con notizie che entrano nel circuito dell'informazione, che influenzano gli eventi e danno il rumore di fondo e in cui non c'è un monopolio delle fake da parte di un solo soggetto.
  Vorrei ricordare che durante la guerra alla Libia La Repubblica pubblicò un giorno una notizia di Gheddafi che aveva dato l'ordine di sparare ai bambini e questa cosa era apparsa in prima pagina su La Repubblica. Ricordo le notizie di questi giorni su questa operazione «Venezuela-photoshop»: era dimostrabile dopo un minuto, da parte di un giornalista coscienzioso, che era un falso clamoroso. Non corrispondevano i timbri, le date, i nomi della carta intestata. Era una notizia che si smontava in un istante, eppure ha avuto una diffusione generale, perché questo meccanismo è un meccanismo generale del funzionamento dei media, un meccanismo mondiale; è una patologia diffusa del sistema dei media. Condiziona la politica, che a volte diffonde nel circuito delle notizie informazioni intossicate, che poi ritornano e intossicano anche la propria percezione del mondo.
  Quindi io non sopravvaluterei l'influenza di un solo soggetto, perché vogliamo valutare davvero gli eventi come l'elezione di Trump, la Brexit, il referendum costituzionale italiano del 2016 come qualcosa che è stato determinato o profondamente influenzato da informazioni false diffuse da una potenza straniera? Se si vuole credere questa cosa, liberi di farlo. Sarebbe molto più produttivo vederli come eventi legati a profonde trasformazioni che sono avvenute in questi Paesi e che hanno cambiato la percezione collettiva della capacità di direzione dei media dominanti, che evidentemente non era più così forte come un tempo, e magari si può essere insinuata qualche operazione informativa, come ce ne sono tante, come anche dal lato occidentale si fa verso altri Paesi, ma mi pare che non siamo di fronte a un fenomeno di manipolazione eterodeterminato. Ci sono Pag. 9fenomeni endogeni che sono molto più pesanti e da valutare.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono altri interventi, do la parola alla nostra ospite per la replica. Prego.

  ANNA ZAFESOVA, giornalista ed analista. Grazie per le domande, che sollevano veramente una serie di argomenti interessanti. Cerco di rispondere in ordine. Per quanto riguarda le tematiche, sicuramente le tematiche di questa manipolazione non riguardano soltanto la politica internazionale e nemmeno soltanto la politica. Ovviamente si tratta di una discussione a tutto tondo, a meno che non vogliamo considerare «politica» qualunque cosa. Per esempio, un altro settore, di consumo molto interno alla Russia, dove ci sono stati tantissime fake è quello della comunità LGBT: la televisione russa e diversi personaggi mediatici molto costruiti hanno raccontato l'Europa come la Gayropa, come un luogo dove è quasi proibito essere eterosessuali, dove i bambini vengono tolti alle famiglie eterosessuali per essere dati ai gay. Tutti i vari dossier «cospirologici» – il no vax e quant'altro – sono presenti in Russia, perché la Russia, da questo punto di vista, fa parte del mondo e fa parte dell'Occidente. Poi, in alcuni Paesi, alcuni dossier hanno più impatto e in altri meno. Questo è un argomento che è stato molto trattato, molto affrontato e molto manipolato, soprattutto ai fini di suscitare nei russi una repulsione. Complice anche il passato comunista e molto tradizionalista, l'obiettivo era quello di suscitare nell'opinione pubblica russa una repulsione verso l'Europa, verso i valori europei, verso l'Unione europea, soprattutto in un momento in cui esisteva il conflitto con l'Ucraina, che voleva, invece, avvicinarsi all'Europa.
  Questo risponde anche alla domanda «perché?»: per governare, all'interno della Russia, formando un'opinione pubblica che poi si traduca in un risultato elettorale. Io vorrei ricordare che la Russia non è un Paese libero, non è una democrazia liberale, però vi si svolgono elezioni che sono molto manipolate e alterate, soprattutto impedendo a candidati alternativi, a opinioni alternative, di avere accesso ai media e alle urne. Però per venti anni l'enorme potere di Putin si è basato essenzialmente sulla sua popolarità, che, con tutte le manipolazioni, era comunque una popolarità autentica. Infatti oggi, quando la sua popolarità è in grande declino, vediamo come nel voto che inizierà domani – non è nemmeno un referendum, si chiama «voto nazionale» – per approvare gli emendamenti che lui ha proposto alla Costituzione russa, ormai le manipolazioni sono sfacciate. Addirittura, non essendo un referendum, non ci sono gli osservatori ai seggi. Quindi, sostanzialmente, non possiamo dire che ci sia stata una consultazione elettorale.
  Per quanto riguarda il rapporto con l'Occidente e le interferenze in Occidente, questa è una questione più complessa. Non è tanto governare; è ovviamente formare un'opinione pubblica più favorevole alla Russia o sfavorevole al Governo in questo momento insediato in un dato Paese che la Russia considera ostile. Approfitto per rispondere che io non credo assolutamente che le interferenze russe abbiano influenzato l'esito delle elezioni negli Stati Uniti, né altrove. Chiaramente, come tra l'altro avevo già detto prima, si è trattato di umori e funzioni che erano assolutamente esistenti all'interno della società americana o, in caso di altre elezioni, nelle società britannica, italiana, francese eccetera; però in quel caso il Cremlino considerava assolutamente scomodo avere a che fare con i democratici. Esiste questa teoria – non pienamente comprovata, a dire il vero, però molto longeva a Mosca – secondo cui il Cremlino si trova più a proprio agio con i repubblicani che non con i democratici. Hillary Clinton, in particolare, visti anche i suoi trascorsi come Segretario di Stato, soprattutto durante la crisi ucraina – vedete che continuiamo a tornare a quello snodo cruciale della politica internazionale, cruciale soprattutto per la Russia – era sicuramente un partner che Mosca non voleva avere. Alla fine, il rapporto con l'America di Trump non si è rivelato più comodo. Lo stesso Putin ha ammesso più volte negli ultimi quattro anni che il rapporto Pag. 10 tra gli Stati Uniti e la Russia è nel punto più basso di sempre; quindi alla fine non si capisce nemmeno quanto questa scommessa su Donald Trump abbia pagato, ma il problema di questa interferenza non è che ha cambiato l'esito elettorale – premesso che ovviamente il passato non ha condizionale – ma probabilmente non l'ha cambiato. Il problema è che si è trattato di un'interferenza, infatti è di questo che stiamo parlando.
  C'è stato un momento in cui la Russia rompe definitivamente con l'Europa, rompe definitivamente con l'Occidente e decide di proporsi come alternativa all'Occidente, alla sua politica, ai suoi valori e alle sue regole pratiche. Vladimir Putin, di fronte alle Camere riunite nel 2014, nel suo discorso per l'annessione della Crimea, diceva che quelli europei non erano i loro valori. Quindi la rottura c'è stata e quello è un punto fondamentale. Per quanto riguarda le fake in Ucraina, nessuno nega che in Ucraina ci sia stata una guerra e nessuno nega che ci siano state vittime da entrambe le parti e che ci siano state anche vittime di abusi, cioè non solo vittime di un'attività bellica, ma anche vittime di eccessi di crimini di guerra da entrambe le parti in un conflitto monitorato dall'OSCE, un conflitto che si svolge ancora in Europa (si svolge a due ore dall'Italia). Quindi sappiamo abbastanza bene quello che sta avvenendo in quel conflitto. Ci sono una serie di aspetti che sono ancora, più che da chiarire, da indagare. Ci sono indagini in corso, ci sono molti aspetti ancora poco chiari, ma nessuno ha parlato assolutamente di occultare. Il problema è proprio quello: che in questo tipo di propaganda si sono create delle vittime false. Cioè, la signora ucraina, della quale ha parlato l'onorevole, è una vittima vera e avrebbe potuto benissimo fare da testimone dell'atrocità della guerra. Il problema è che spesso e volentieri si è parlato di eccidi non esistiti proprio per alimentare e far lievitare un'opinione pubblica.
  Tra l'altro – questo è un altro elemento importante sollevato dall'onorevole Comencini – è vero che la Russia di oggi è molto più difficile da interpretare dell'Unione Sovietica, però l'Unione Sovietica era un regime ideologico, si poneva come tale, dichiarava fin dalla sua nascita, dal 1917, che il suo obiettivo finale era l'abbattimento del capitalismo – passatemi il termine, però quella era la terminologia che usavano – e che quindi era un nemico. Da un certo punto in poi, sostanzialmente dopo la morte di Stalin, subentrata la dottrina della coesistenza pacifica, si è deciso che l'Unione Sovietica, mentre cercava di costruire il comunismo, avrebbe svolto una coesistenza pacifica con i Paesi che avevano un sistema diverso e addirittura che avrebbe commerciato, avuto scambi culturali e svolto diplomazia comune su alcuni dossier con questi Paesi che rimanevano strategicamente amici. Per la Russia di oggi è molto diverso, anche perché la Russia di oggi fondamentalmente assume sempre più i contorni di un regime con un'ideologia post-traumatica; cioè non è un regime che ha degli obiettivi che guardano verso il futuro, ma è un regime che sta cercando ancora di fare i conti col proprio passato, cosa che riguarda non soltanto le élites di Governo; è cosa che riguarda i russi, è cosa che riguarda milioni di persone, e probabilmente certi processi, per quanto possano non piacerci o per quanto possano essere discutibili come risultati – innanzitutto per gli stessi russi – probabilmente erano inevitabili. È una sindrome post-imperiale, è una sindrome di collasso di un'ideologia contemporaneamente a un impero, cosa che forse non è mai avvenuta, perché sono crollati degli imperi, ma che contemporaneamente agli imperi crollasse anche una visione del mondo, che si rivelasse tutto il contrario di quello che era – anche nella storia – che gli ex sovietici pensavano di avere, è sicuramente uno shock, uno shock di portata clamorosa.
  Uno dei dilemmi dei sovietologi è esattamente questo, cioè cercare di capire se i progressi fatti dallo spazio post-sovietico siano pochi o anche troppi per quello che era il pregresso, e lì ovviamente dipende dai punti di vista; non c'è una risposta. Questo porta anche a quello che descriveva l'onorevole, cioè una situazione, una visione molto eterogenea, molto a macchia. Pag. 11Sì, da un lato possono recuperare pezzi di storia, e dall'altro ometterne altri. Per esempio, in Crimea è stata recuperata la memoria della comunità italiana, che è una cosa bellissima, anche perché era veramente un episodio quasi dimenticato, quasi caduto nell'oblio; però, nello stesso tempo, oggi quelli che stanno vivendo un'emarginazione sia storica, sia politica, sia sociale in Crimea sono i tartari deportati da Stalin, che sono poi la popolazione autoctona della Crimea dai tempi in cui era turca, e sono una comunità tendenzialmente antirussa, per ovvi motivi, sia per la memoria della deportazione, sia perché erano stati vittime di soprusi praticamente fino alla perestrojka, perché hanno potuto rientrare in Crimea, ma non hanno potuto riavere le loro case e i loro diritti, anche linguistici, culturali eccetera. Quindi si tratta di una comunità sicuramente filo-Kiev che viene molto emarginata, anche se Putin ha concesso alla lingua tartara lo stato di lingua parificata.
  La stessa cosa riguarda tanti altri episodi. Per esempio, su Katyn c'è stata una grandissima ammissione di una colpa storica con Gorbačëv e poi con Boris Yeltsin. Oggi Putin non la nega, però, per esempio, la Polonia denuncia da anni una chiusura della collaborazione su Katyn tra le magistrature, tra gli archivi. Gli archivi russi su Katyn oggi sono praticamente inaccessibili e nello spazio mediatico russo ricomincia il dibattito revisionista in cui si dice che in realtà si tratta di un eccidio compiuto dai nazisti.
  Qui arrivo all'altro punto importante. Noi parliamo di Putin, noi parliamo di Cremlino, noi parliamo di Russia, e ce lo immaginiamo sempre come un regime estremamente monolitico. Monolitico nel senso che non permette nessuna opposizione nei termini che noi conosciamo, cioè l'esistenza di partiti o personaggi politici che si candidano e in un libero dibattito nei media competono per avere i voti. Da questo punto di vista è compatto, ma è comunque molto diviso al proprio interno. Esiste un Putin collettivo, esistono diversi gruppi, esistono diverse fazioni, esistono cambiamenti di linea. Per esempio, anche l'operazione Donbass alla fine è stata un'operazione dello Stato, ma è stata avviata da un gruppo putiniano, un gruppo molto coeso, molto definito come propria ideologia, che poi è riuscito a trascinare il Governo, nel senso che la lotta politica, la lotta degli ideali in Russia è una lotta di varie fazioni per Putin. Putin non è soltanto colui che produce idee e visioni. Putin è anche l'arena dove queste visioni combattono e chi riesce a vincere la sua attenzione, chi riesce a convincerlo, a chi lui dirà: «Hai ragione tu», quella sarà la politica. Quindi il putinismo è una feroce lotta interna tra gruppi spesso quasi diametralmente opposti. Infatti, vediamo come, per esempio, in economia il Governo da vent'anni conduce una politica che è molto diversa dalla politica estera. Sembrano altre persone, altri linguaggi, altri valori, altro tutto. Abbiamo visto cambiare, tra l'altro, lo stesso Putin, dai tempi di Pratica di Mare, quando non escludeva addirittura un giorno un'adesione della Russia alla NATO, fino a una riedizione della guerra fredda, dove la dottrina militare russa dice che l'avversario principale della Russia è la NATO. Quindi stiamo parlando di una situazione molto complessa e molto difficile da interpretare, sia perché ci mancano informazioni – perché ovviamente la manipolazione delle informazioni, la chiusura delle informazioni in Russia è molto elevata, non si tratta sicuramente di un Governo trasparente –, sia perché stiamo parlando di un sistema in realtà molto eterogeneo e che sta diventando sempre più eterogeneo. Per dirvi, oggi è in corso nella Piazza Rossa la parata militare per l'anniversario della vittoria sul nazismo; dieci regioni russe si sono rifiutate di svolgere la parata, cosa impensabile fino anche a sei mesi fa. Oggi dieci governatori, con la scusa – che poi non è nemmeno tanto una scusa – della pandemia di COVID-19, hanno lanciato a Putin questa sfida. Vedremo come la pagheranno e se la pagheranno, perché è una dinamica tutta in corso.
  A proposito, dimenticavo, sul COVID-19: sì, la Russia ha chiuso assolutamente il confine con la Cina, subito, a gennaio; infatti i casi rilevati in Siberia sono stati Pag. 12pochi e lì il focolaio è stato arginato. La Russia, però, non ha chiuso il confine con l'Europa, tanto è vero che quasi tutti i pazienti zero delle varie regioni russe provenivano dall'Italia, anzi provenivano dalla Lombardia, per essere più precisi. Anzi, la Cina, a quanto pare, è abbastanza stizzita perché Mosca non ha avuto nessuna remora a chiudere immediatamente il confine, considerato il cospicuo commercio transfrontaliero, mentre invece ha esitato molto a chiudere i contatti con l'Europa; quindi mostrano in questo modo che, nonostante una proclamata svolta ad est, l'Europa per la Russia resta una priorità e sicuramente molti russi continueranno a viaggiare in Europa più che in Cina.
  Sul paragone tra le interferenze cinesi e russe mi astengo, perché non sono un'esperta di Cina. Sulle manipolazioni cinesi so quello che sapete voi, cioè quello che hanno detto i giornali.
  Un'ultima cosa: io a Giulietto Chiesa ho voluto molto bene; non abbiamo mai litigato. Da un certo punto in poi abbiamo avuto delle grosse divergenze. Purtroppo abbiamo smesso di frequentarci perché erano delle divergenze per le quali avremmo finito per litigare. Pur di non litigare, abbiamo preferito non frequentarci.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono altri interventi dei colleghi, io a questo punto ringrazio la nostra ospite per l'audizione. Concludo la l'audizione di oggi preannunciando ai colleghi che la prossima settimana l'indagine proseguirà con le seguenti audizioni: mercoledì 1° luglio, ore 15, l'audizione di Giovanni Fasanella, giornalista e saggista, mentre il 2 luglio, alle 8,30, verrà audito Maurizio Molinari, direttore de La Repubblica.
  Informo anche che, come già segnalato dagli uffici, il Parlamento europeo ha deciso di istituire una Commissione speciale sulle interferenze esterne con obiettivi analoghi a quelli dell'indagine conoscitiva che sta conducendo la nostra Commissione. Non appena insediata, potrà essere finalizzato un incontro informale per videoconferenza con i colleghi europarlamentari che saranno impegnati su questo filone di lavoro.
  Ringrazio ancora i colleghi e la nostra ospite e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.05.