XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Giovedì 3 dicembre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori e sulla modalità di partecipazione da remoto:
Formentini Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE DINAMICHE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE E INTERESSE NAZIONALE
Formentini Paolo , Presidente ... 3 
Pagano Patrizio , già Direttore Esecutivo per l'Italia della Banca Mondiale ... 4 
Formentini Paolo , Presidente ... 10 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 10 
Formentini Paolo , Presidente ... 10 
Pagano Patrizio , già Direttore Esecutivo per l'Italia della Banca Mondiale ... 11 
Formentini Paolo , Presidente ... 12 
Billi Simone (LEGA)  ... 12 
Formentini Paolo , Presidente ... 12 
Pagano Patrizio , già Direttore Esecutivo per l'Italia della Banca Mondiale ... 12 
Formentini Paolo , Presidente ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Italiani in Europa: Misto-CD-IE;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare (AP) - Partito Socialista Italiano (PSI): Misto-PP-AP-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PAOLO FORMENTINI

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori e sulla modalità di partecipazione da remoto.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  L'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto, in videoconferenza, oltre che dell'audito, anche dei deputati, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso.
  In proposito ricordo che per i deputati partecipanti da remoto è necessario che essi risultino visibili alla Presidenza, soprattutto nel momento in cui essi svolgono il loro eventuale intervento, il quale deve ovviamente essere udibile.

Audizione, di Patrizio Pagano, già Direttore Esecutivo per l'Italia della Banca Mondiale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle dinamiche del commercio internazionale e interesse nazionale, l'audizione, in videoconferenza, del dottor Patrizio Pagano, già Direttore Esecutivo per l'Italia della Banca Mondiale. Saluto e ringrazio il dottor Pagano per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori, segnalando che ha da poco concluso la propria esperienza alla Banca Mondiale, facendo rientro nell'organico della Banca d'Italia. Segnalo, inoltre, che il dottor Pagano ha fatto pervenire una memoria scritta, che è disponibile sulla piattaforma GeoCom.
  Ricordo che la Banca Mondiale promuove un sistema commerciale internazionale aperto e basato su regole concorrenziali eque, nella convinzione che il commercio sia un motore di crescita che crea posti di lavoro, riduce la povertà e aumenta le opportunità economiche. Dal 1990 oltre un miliardo di persone sono uscite dalla povertà grazie alla crescita economica sostenuta dalla liberalizzazione del commercio. In particolare, i Paesi in via di sviluppo spesso lottano con fattori indiretti che ostacolano il loro accesso ai mercati globali, come pratiche commerciali anticoncorrenziali, ambienti normativi sfavorevoli alla crescita e agli investimenti aziendali o capacità infrastrutturali limitate. Il gruppo della Banca Mondiale aiuta questi Paesi a migliorare il loro accesso ai mercati dei Paesi sviluppati e ad aumentare la loro partecipazione all'economia mondiale, superando questi ostacoli.
  I programmi di sostegno della Banca Mondiale includono sia risposte a breve termine, come programmi di informazione e assistenza per la ricerca di lavoro, sia soluzioni a lungo termine che costruiscono economie più resilienti.
  Accenno brevemente ai pilastri principali del lavoro del gruppo della Banca Mondiale nel commercio internazionale, che sono: la politica commerciale e l'integrazione, la performance commerciale, la facilitazione commerciale e logistica. Per finanziare gran parte di questo lavoro, il gruppo della Banca Mondiale utilizza principalmente tre principali fondi fiduciari: l'Umbrella Facility For Trade, il Trade Facilitation Pag. 4 Support Program (TFSP) e l'Enhanced Integrated Framework.
  Fatta questa premessa, sono lieto di dare la parola al dottor Pagano affinché svolga il proprio intervento. Grazie.

  PATRIZIO PAGANO, già Direttore Esecutivo per l'Italia della Banca Mondiale. Signor presidente, onorevoli deputati, ringrazio la Commissione III della Camera per avermi invitato a questa audizione nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle dinamiche del commercio internazionale e l'interesse nazionale e in qualità di ex Direttore Esecutivo della Banca Mondiale in rappresentanza di Albania, Grecia, Italia, Malta, Portogallo, San Marino e Timor Est, incarico che ho lasciato lo scorso 31 ottobre.
  Il gruppo della Banca Mondiale consta di cinque istituzioni giuridicamente separate: la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo, che concede principalmente prestiti a Paesi a medio e medio-alto reddito; l'Associazione internazionale di sviluppo, che fornisce crediti a fondo perduto ai Paesi a basso reddito; la Società finanziaria internazionale, l'istituzione che si occupa del finanziamento del settore privato in tutti i Paesi dove il gruppo opera; l'Agenzia multilaterale per la garanzia degli investimenti, che offre garanzie e supporto a investimenti diretti nei Paesi in via di sviluppo; infine, c'è una Camera arbitrale che si occupa di risolvere controversie in materia di investimenti diretti esteri.
  Gli obiettivi comuni per tutte le istituzioni del gruppo sono due, ovvero eliminare la povertà assoluta e favorire una maggiore condivisione della prosperità. Per conseguire tali obiettivi il gruppo finanzia investimenti e fornisce consulenze in molteplici campi, dall'agricoltura all'istruzione, dall'energia alla finanza, dalla sanità alla protezione sociale, dai trasporti all'acqua, fino ai cambiamenti climatici. Una componente cruciale della strategia è quella di promuovere il libero scambio, perché il commercio internazionale è ritenuto un importante motore per la crescita economica, che contribuisce a creare nuovi posti di lavoro, ad aumentare l'opportunità per consumatori, lavoratori e imprese e, in ultima analisi, a ridurre la povertà.
  Nel mio intervento descriverò la strategia del gruppo in tema di commercio internazionale e citerò anche le analisi contenute nei due più recenti rapporti monografici in materia.
  Prima mi si consenta di fare un quadro sui dati del commercio internazionale. Il commercio internazionale si è espanso in modo particolarmente rapido negli ultimi trent'anni, alimentato dalla forte riduzione delle barriere tariffarie e dall'apertura commerciale di alcune economie, prima fra tutte la Cina. Il peso del commercio sul PIL mondiale è salito da meno del 20 per cento nel 1990 a quasi il 30 per cento nel 2019. Questo ha favorito una convergenza senza precedenti tra le economie di tutto il mondo. I Paesi poveri sono cresciuti molto più velocemente che in passato e anche rispetto ai Paesi più ricchi. Tra il 1990 e il 2017, in particolare, il prodotto dei Paesi avanzati è poco meno che raddoppiato, mentre quello dei Paesi emergenti e in via di sviluppo è aumentato di ben quattro volte e questi ultimi così hanno iniziato a ridurre i divari di reddito rispetto ai primi. Su questi risultati ha influito molto la frammentazione internazionale della produzione e la crescita delle interconnessioni tra i Paesi, alimentata dallo sviluppo senza precedenti delle cosiddette «catene globali del valore» e su questo concetto ritornerò spesso in quanto segue.
  Rilevanti porzioni di attività economiche, come componenti di beni e parti di servizi, hanno iniziato ad essere svolte in diversi Paesi e ad attraversare ripetutamente i confini nazionali, mentre le aziende cercavano costi più bassi o sfruttavano le economie di scala derivanti dall'apertura di nuovi mercati di destinazione. La produttività e i redditi sono aumentati in misura più accentuata proprio in quei Paesi – per esempio il Bangladesh, la Cina o il Vietnam – che sono diventati parte integrante di queste catene globali di valore e ne è derivato un calo più forte della povertà proprio in questi Paesi.
  L'integrazione internazionale è stata alla base dei maggiori casi di crescita rapida dei Paesi. Beneficiando di questa espansione dell'economia, dal 1990 – come Lei ha Pag. 5ricordato, presidente – oltre un miliardo di persone è uscito dalla povertà estrema, che la Banca Mondiale definisce come un reddito minore di 1,9 dollari al giorno ai prezzi del 2011. Questa riduzione di un miliardo del numero di poveri in povertà estrema è avvenuto pur in presenza di un aumento della popolazione globale superiore a due miliardi, concentrato proprio nei Paesi meno sviluppati. La promozione del libero scambio ha avuto quindi senz'altro effetti positivi. Alcune ricerche stimano che ogni volta che il costo necessario per gli scambi internazionali viene ridotto dell'1 per cento, il reddito globale aumenta di 40 miliardi di dollari.
  Il sistema multilaterale basato su regole, istituito prima nell'ambito dell'Accordo generale sulle tariffe e il commercio e poi ampliato nell'ambito dell'Organizzazione mondiale per il commercio, ha portato maggiore apertura, trasparenza e stabilità al regime degli scambi commerciali globali. Tuttavia, oggi tale sistema è messo in discussione, anche in seguito alla crisi pandemica e alle profonde trasformazioni dell'economia mondiale che ne conseguirà.
  Nel complesso, i dati disponibili suggeriscono che la liberalizzazione degli scambi migliora l'efficienza di tutti i Paesi coinvolti. Tuttavia, tali guadagni di efficienza possono non essere equamente condivisi tra i Paesi e all'interno dei Paesi. Pertanto, le analisi della Banca Mondiale spesso sottolineano come per un rilancio del sistema multilaterale degli scambi siano necessarie misure di politica economica – quali programmi di protezione sociale, per esempio – che consentano una più equa ridistribuzione dei vantaggi derivanti dal commercio. Più di recente, secondo gli ultimi dati la globalizzazione sembra aver perso slancio e il ritmo di crescita del commercio internazionale è diminuito sensibilmente, in parte perché nell'ultimo decennio non si è verificato alcun effetto dirompente sugli scambi paragonabili a quelli avvenuti negli anni Novanta, quali l'accelerazione dell'integrazione europea, l'inclusione della Cina e dell'Europa orientale nell'economia globale, gli accordi commerciali del contesto dell'Uruguay Round o dell'Accordo nordamericano per il libero scambio (NAFTA); ma è anche importante segnalare che, dalla crisi finanziaria globale del 2008, l'incidenza di queste catene globali del valore sul totale del commercio è rimasta stabile o addirittura si è un po' ridotta, causando un netto rallentamento della crescita degli scambi e negli ultimissimi anni su tale dinamica ha influito marcatamente anche l'aumento delle misure protezionistiche, soprattutto a seguito delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina.
  Come è noto, la profonda recessione globale innescata dalla pandemia ha provocato quest'anno un crollo verticale del commercio internazionale, di dimensione analoga a quello registrato nel 2008. Sebbene vi sia stato un recupero nel corso dell'estate, allo scorso settembre i flussi di commercio erano ancora nettamente inferiori rispetto ai livelli precedenti la crisi. La Banca Mondiale ha risposto prontamente a questo shock, mettendo in campo una serie di interventi per preservare i flussi internazionali di beni e servizi, soprattutto in quei settori maggiormente utili a fronteggiare la diffusione del virus, ma anche per limitare le ripercussioni negative sull'attività economica nei Paesi più poveri.
  Andiamo adesso alla strategia. Innanzitutto il gruppo lavora a stretto contatto con il WTO per sostenere questo sistema multilaterale degli scambi aperto, inclusivo e basato su regole certe. Le due organizzazioni collaborano anche su analisi e ricerche congiunte, anche per favorire l'attuazione degli impegni dei Paesi membri e l'adesione di nuovi Paesi. Il gruppo lavora anche con altri partner globali e regionali nella realizzazione di attività congiunte, per esempio la produzione e la diffusione di dati per contribuire a rafforzare la complementarietà ed evitare le duplicazioni di sforzi. Un esempio sono i partenariati con l'Unione europea, la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, l'Organizzazione internazionale del lavoro e l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
  La strategia del gruppo riguardante il commercio essenzialmente si basa su quattro pilastri: il primo è favorire competitività Pag. 6 e diversificazione; il secondo è facilitare il commercio, e in particolare la logistica nei trasporti; il terzo è facilitare l'accesso ai mercati, supportando la cooperazione internazionale; il quarto è gestire gli shock e promuovere una maggiore inclusione sociale.
  Il primo pilastro è quello che ha l'obiettivo di sfruttare le opportunità commerciali globali per i Paesi poveri, aumentando la quantità e il valore delle loro esportazioni, il ventaglio dei mercati di sbocco e l'incidenza delle imprese esportatrici. Le attività svolte nell'ambito di questo pilastro mirano a sostenere in questi Paesi quelle riforme economiche necessarie per creare un ambiente economico favorevole all'emersione dal settore informale della produzione, svolto di solito dalle famiglie più povere, dalle aziende agricole e dalle piccole imprese. Per promuovere la competitività e la diversificazione produttiva il gruppo mette in atto tutta una serie di interventi, con l'obiettivo di eliminare gli ostacoli all'esportazione e garantire una concorrenza efficace nei mercati dei prodotti e dei servizi di base e realizzare riforme che riducano i costi per gli esportatori. Questo è un fattore che è stato alla base del successo dei Paesi dell'Asia orientale, favorendo la loro integrazione nell'economia globale.
  Il secondo pilastro si propone di ridurre i costi dei trasporti e della logistica, aumentandone la tempestività e l'affidabilità. I costi delle transazioni commerciali sono spesso fissi e in quanto tali colpiscono in modo sproporzionato le piccole imprese, specie quelle agricole con minori risorse finanziarie, impedendo la loro partecipazione al commercio internazionale e limitando l'inclusione economica. Il gruppo della Banca Mondiale ha sviluppato un'esperienza unica nell'attuazione di progetti di assistenza tecnica in questo settore. Il sostegno fornito ai Paesi si concentra essenzialmente su due canali: uno lo definirei software e l'altro hardware della logistica. Il software, in questo contesto, si riferisce alla re-ingegnerizzazione dei sistemi e procedure, alla riduzione di burocrazia, al miglioramento della competitività dei trasporti e della logistica, allo sviluppo istituzionale e al coordinamento delle agenzie coinvolte nel commercio. L'hardware si riferisce agli investimenti infrastrutturali a sostegno del commercio, come strade, porti, impianti di movimentazione merci e sistemi di tecnologia dell'informazione e della comunicazione.
  Lo scopo del terzo pilastro è quello di ridurre le barriere tariffarie e non tariffarie che ostacolano l'accesso ai mercati di beni e servizi. A tal fine, il gruppo propone una serie di strumenti analitici e progetti di capacity building per aiutare i Paesi a far leva sulla politica commerciale per conseguire i propri obiettivi di sviluppo. In particolare, il gruppo sostiene anche gli sforzi di adesione al WTO, che è spesso un catalizzatore per l'adozione di riforme strutturali. In assenza di passi in avanti sulla liberalizzazione multilaterale, anche la cooperazione in ambito regionale potrebbe fare una grande differenza per molte delle economie più povere. L'esempio più notevole, secondo me, è il recente Accordo di libero scambio continentale africano, che è un passo sicuramente nella giusta direzione, anche se occorre fare molto di più per renderlo operativo. La facilitazione degli scambi commerciali si potrebbe conseguire attraverso la riduzione dei costi di attraversamento delle frontiere per le merci, che sono molto significativi in Africa. La Banca Mondiale ha un programma attivo e un eccellente track record in questo settore. La cooperazione regionale è fondamentale anche per gli investimenti infrastrutturali e per aumentare la connettività nel continente. La definizione e l'attuazione di una politica della concorrenza sono entrambe necessarie per limitare il potere di mercato di monopoli locali, in particolare nelle iniziative digitali con implicazioni transfrontaliere, come per esempio l'assegnazione dello spettro man mano che vengono implementate le reti 3G o 4G. I singoli Paesi, che spesso sono piccoli singolarmente, possono fare pochi progressi in questi settori, mentre risultati maggiori si potrebbero ottenere nell'ambito di una più ampia cooperazione regionale.
  Infine, l'ultimo pilastro della strategia della Banca è rendere il commercio più Pag. 7inclusivo, soprattutto per le famiglie più povere e affrontando al contempo le esigenze di coloro che possono essere colpiti negativamente dalle liberalizzazioni commerciali durante i periodi di transizione. Questo è un pilastro trasversale della strategia del gruppo e l'obiettivo è quello di mitigare questi shock e consentire una maggiore partecipazione delle famiglie più povere ai benefici dell'apertura commerciale.
  Spesso queste analisi e i suggerimenti che la Banca Mondiale propone in tema di commercio internazionale sono presentati in dei rapporti monografici. I due più recenti che vorrei citare oggi si concentrano: uno, proprio sul ruolo di queste catene globali del valore nel processo di sviluppo; il secondo, sull'integrazione delle donne nella forza lavoro a seguito dell'apertura degli scambi.
  Guardiamo anzitutto il primo rapporto, che è il World Development Report del 2020. Negli ultimi anni sono emersi essenzialmente due fattori che mettono in dubbio il modello di crescita basato sulle esportazioni: in primo luogo, la diffusione di nuove tecnologie come l'automazione e la stampa 3D, che potrebbe avvicinare la produzione al consumatore e ridurre la domanda di manodopera meno qualificata; in secondo luogo, le dispute commerciali tra grandi Paesi, che potrebbero portare a una riduzione o a un accorciamento di queste catene globali del valore su scala regionale. Perché sono importanti queste catene del valore? Perché l'aumento della specializzazione migliora l'efficienza e le relazioni durevoli tra imprese e promuove la diffusione di tecnologia, di accesso al capitale e a beni intermedi lungo tutte le catene. Per esempio, in Etiopia le imprese che partecipano a queste catene produttive hanno una produttività più che doppia rispetto a quelle simili che, pur esportando, non fanno parte di catene. Anche le imprese di altri Paesi in via di sviluppo mostrano notevoli incrementi di produttività derivanti dalla partecipazione a queste catene del valore e si stima che un aumento dell'1 per cento della partecipazione alle catene aumenti il reddito pro-capite di oltre l'1 per cento e questo valore è cinque volte superiore al guadagno che deriva dall'apertura al commercio standard.
  In generale, questo maggiore incremento della crescita si verifica quando i Paesi passano da esportare materie prime ad esportare beni manufatti di base, per esempio capi di abbigliamento, utilizzando input intermedi importati, per esempio i tessuti. Questo è il caso tipico del Bangladesh, della Cambogia e del Vietnam. Tuttavia, nel lungo periodo tassi di crescita elevati delle esportazioni non possono essere sostenuti per molto tempo senza passare a forme di partecipazione progressivamente più sofisticate e la transizione da prodotti semplici a prodotti e servizi più avanzati e ad attività innovative richiede sempre maggiori conoscenze e connettività.
  Allo stesso tempo, la partecipazione in queste catene di produzione richiede anche quadri normativi e contrattuali sempre più sofisticati. In generale, queste catene produttive generano anche posti di lavoro migliori, ma il rapporto con l'occupazione è complesso, perché le imprese che partecipano a queste catene tendono ad essere più produttive, ma anche più intensive di capitale rispetto alle altre imprese. Quindi, in generale la loro produzione può attivare meno posti di lavoro. Tuttavia, l'aumento generalizzato di produttività per il Paese coinvolto porta a un'espansione della produzione a livello del Paese e quindi a un aumento totale dell'occupazione. Di conseguenza, è importante notare che la partecipazione delle imprese alle catene produttive induce per i Paesi coinvolti processi di trasformazione strutturale, che favoriscono la transizione da un'occupazione più tradizionale ad attività più produttive non solo nel settore dei beni, ma anche in quello dei servizi e, stimolando la crescita del reddito, la partecipazione alle catene riduce la povertà.
  Infatti, quello che si nota è che proprio in Paesi come il Messico o il Vietnam, in quelle regioni in cui la partecipazione alle catene di produzione globale è stata più intensa, c'è stata una maggiore riduzione della povertà. Come per il commercio tradizionale, anche per le catene globali del valore i guadagni di efficienza possono non Pag. 8essere distribuiti equamente tra i Paesi e al loro interno, perché in presenza di forti economie di scala la partecipazione a questo sistema produttivo può favorire in modo sproporzionato le grandi imprese, che sono più capaci a superare i costi fissi di esportazione e importazione.
  L'evidenza empirica mostra come le imprese che partecipano a queste catene tendono a essere più grandi delle altre imprese; è anche probabile che i Paesi che strutturalmente hanno aziende mediamente più grandi, beneficino di più dalla partecipazione a questo nuovo sistema di produzione. È anche vero che altre ricerche mostrano che i profitti aumentano di più nelle economie avanzate, rispetto a quelli emergenti, suggerendo che siano le economie avanzate a beneficiare, grazie soprattutto alle loro grandi imprese multinazionali. Questi vantaggi possono essere condivisi solo in parte con consumatori e fornitori; soprattutto nei Paesi in via di sviluppo si nota che questi guadagni di efficienza possono essere distribuiti in modo ineguale anche tra i Paesi partecipanti all'intera filiera produttiva.
  All'interno dei Paesi, l'apertura agli scambi con i Paesi a più basso reddito e il cambiamento tecnologico contribuiscono a una riallocazione del valore aggiunto dal lavoro al capitale, favorendo un aumento della disuguaglianza che può anche manifestarsi per un premio per scelte per lavoro più qualificato rispetto a quello meno qualificato.
  Infine, bisogna anche notare che la partecipazione a queste catene produttive può generare effetti dannosi sull'ambiente, perché i costi ambientali sono associati ad una più intensa ed elevata attività di scambi tra Paesi, con forti componenti di beni intermedi, che attraversano più volte le frontiere nazionali rispetto a quelli del commercio di beni finali standard e ciò può comportare maggiori emissioni di biossido di carbonio. Anche un eccesso di materiale di scarto, derivante soprattutto dall'imballaggio delle merci, in particolare nel settore dell'elettronica. Nel complesso, tuttavia, l'emergere di nuovi prodotti, nuove tecnologie di produzione e anche l'automazione e la stampa 3D, hanno comportato opportunità e rischi per l'espansione del commercio. L'evidenza è abbastanza favorevole al fatto che la partecipazione a questa forma di produzione faciliti i flussi di commercio. Si pensi soltanto che nel 2017 il 65 per cento del commercio avveniva in categorie di attività economiche che non esistevano appena venticinque anni prima.
  In conclusione, le catene produttive globali hanno contribuito a crescita, occupazione e riduzione della povertà, anche se hanno avuto delle implicazioni in termini di maggiore disuguaglianza e in parte anche di degrado ambientale. Il rapporto della Banca Mondiale conclude che questa partecipazione a tale forma di produzione può continuare a stimolare la crescita globale, creare posti di lavoro migliori e ridurre la povertà, a condizione però che tutti i Paesi intraprendano delle riforme: nei Paesi in via di sviluppo, riforme più profonde per facilitare la trasformazione strutturale; nei Paesi industrializzati, riforme che consentano agli scambi di restare aperti. I vantaggi possono essere in tutti i Paesi più ampiamente condivisi, se tutti i Paesi migliorano la protezione sociale e quella ambientale.
  Il secondo rapporto recente della banca in tema di commercio riguarda il rapporto tra le donne e il commercio internazionale. Come ho detto, il commercio ha migliorato il tenore di vita di miliardi di individui. Un'ampia evidenza empirica dimostra che il commercio ha portato maggiore produttività, maggiore concorrenza, prezzi più bassi, redditi più elevati e il miglioramento del benessere. La pandemia in corso, con la forte contrazione del commercio internazionale che ne è seguita, mette in evidenza che ci sono anche dei rischi che questi vantaggi, così faticosamente conseguiti, possano essere compromessi, in particolare per le donne.
  A prima vista la politica commerciale è neutra, dal punto di vista del genere, nessun Paese impone tariffe o misure non tariffarie per genere. Tuttavia, uno sguardo più attento alla dimensione di genere delle politiche commerciali rivela importanti differenze nel modo in cui le diverse politiche Pag. 9commerciali influenzano le donne e i ruoli. Un esempio è il settore dell'abbigliamento: le misure di lockdown instaurate in tutti i Paesi a causa della pandemia, hanno portato a un grande numero di cancellazioni di ordini e molte chiusure di fabbriche in Bangladesh, Cambogia, Vietnam, e sono proprio le donne a occupare la maggior parte dei posti di lavoro nel settore dell'abbigliamento. Inoltre, le tariffe sui capi di abbigliamento rimangono più elevate, rispetto a quelle su altri beni manufatti.
  Questa disparità equivale, di fatto, a imporre una tariffa rosa che danneggia le donne e preclude alle lavoratrici dei Paesi in via di sviluppo maggiori opportunità e la possibilità di accedere a migliori posti di lavoro. Si pensi che le imprese attive nel commercio internazionale impiegano relativamente più donne rispetto a quelle che sono invece orientate nel mercato domestico. Nei soli Paesi in via di sviluppo, le donne costituiscono il 33 per cento della forza lavoro nelle imprese che esportano, contro appena il 24 di quelle che non esportano. Il commercio crea anche posti di lavoro migliore, perché tutti i lavoratori hanno quasi il 50 per cento di probabilità di essere impiegati in posti di lavoro formali se lavorano in settori che commerciano di più e sono integrati nelle catene di produzione globale, rispetto alle imprese che invece lo sono. In generale, i Paesi più aperti al commercio hanno livelli più elevati di parità di genere. Quindi, ottenere una migliore comprensione di come le donne sono influenzate dal commercio internazionale secondo me è essenziale, man mano che i Paesi si sviluppano e l'economia globale si riprenderà dalla pandemia.
  Questo studio della Banca Mondiale indica che ci sono diverse tendenze in atto di cui le donne possono beneficiare, per esempio l'aumento dell'incidenza dei servizi, la diffusione dell'economia digitale, aree in cui le donne hanno l'opportunità di aumentare la loro quota nella forza lavoro, migliorare le proprie conoscenze e ottenere salari più elevati, anche a vantaggio di un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. Ovviamente, il commercio non è lo strumento che da solo può colmare i divari in genere, però le analisi della banca mostrano come ci siano elevate opportunità tramite il commercio che possono rendere inclusivo lo sviluppo dell'economia.
  Mi si consentano soltanto alcune riflessioni per concludere questo mio intervento. Il complesso contesto attuale della politica internazionale, anche per l'impatto della pandemia, con sullo sfondo l'aumento dell'automazione, rende improbabile che i Paesi più poveri possano puntare esclusivamente su un modello di sviluppo guidato dalle esportazioni che molte istituzioni internazionali hanno sostenuto. Il crescente uso della robotica rende sempre meno rilevante il tradizionale vantaggio comparato dei Paesi in via di sviluppo, basato sulla produzione con manodopera a bassa qualifica, e le misure protezionistiche imposte di recente da alcuni Paesi ad alto reddito potrebbero scoraggiare le importazioni da questi Paesi a basso reddito.
  Le tensioni commerciali, in particolare quella tra Stati Uniti e Cina, potrebbero innescare una riallocazione delle catene di produzione, in un contesto in cui il commercio globale difficilmente potrà crescere a ritmi superiori a quelli del PIL mondiale come in passato. Quindi la Banca Mondiale potrebbe svolgere un ruolo importante, per mitigare l'impatto di tale riallocazione sui flussi di commercio e per facilitare la partecipazione di altri Paesi a basso e medio reddito alle catene globali del valore. Anche il ruolo della Banca Mondiale nei confronti dei Paesi a medio reddito come la Cina potrebbe evolvere; l'Asia orientale è la regione dove si sono registrati alcuni dei maggiori successi della Banca: in particolare, in Cina le stesse autorità di politica economica riconoscono che il partenariato con la banca – basato fondamentalmente su un finanziamento e cofinanziamento di progetti pilota – abbia aiutato il Paese a conseguire diversi progressi e significativi sviluppi in campo economico. Il board della Banca Mondiale – di cui io facevo parte fino a qualche settimana fa – discute da tempo il ruolo che la Banca debba assumere in questi Paesi, e nella Cina in particolare. La mia personale opinione è che sia opportuno che il gruppo continui a Pag. 10collaborare con tanti Paesi. Il principio generale dovrebbe essere quello che la banca può aiutare a spingere questi Paesi a riforme che siano vantaggiose non solo per loro, ma anche per il resto del mondo e che i frutti dello sviluppo siano più equamente condivisi.
  I settori di collaborazione potrebbero essere essenzialmente tre: in primo luogo, ci sono le questioni connesse con il cambiamento climatico e la Cina si dimostra sempre più sensibile all'attuazione di politiche coerenti con una transizione verde e molti dei progetti che il gruppo della Banca Mondiale ha sviluppato negli ultimi anni vanno proprio in questa direzione.
  Il secondo settore riguarda le riforme della rete di sicurezza sociale. Anche questo è un settore in cui la Cina ha beneficiato delle consulenze della Banca già in passato, perché una più ampia rete di protezione sociale potrebbe aiutare a ridimensionare l'enorme risparmio delle famiglie cinesi, in buona misura di natura precauzionale, che contribuisce agli squilibri globali in quanto a fronte di tale di tale risparmio ci sono ampi avanzi commerciali della Cina a cui far fronte e un disavanzo nel resto del mondo. Quindi, un rebasing che faciliti il ruolo dei consumi interni cinesi, come motore della crescita del Paese, faciliterebbe anche un ribilanciamento internazionale nei flussi di commercio.
  Il terzo settore è quello dei diritti di proprietà intellettuale. Questo è un ambito in cui le negoziazioni internazionali potrebbero essere più difficili, ma in cui il raggiungimento di accordi potrebbe costituire una condizione imprescindibile per realizzare in futuro una piena integrazione della Cina nel sistema internazionale degli scambi, con beneficio per tutti i Paesi. Presidente, io mi fermerei qui. Sono pronto a rispondere a qualunque domanda la Commissione possa avere, grazie.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Ho una domanda anch'io, ma chiedo ai colleghi se intendano porre domande o svolgere osservazioni. C'è qualche collega che intende intervenire? Prego, onorevole Quartapelle Procopio.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio molto il dottor Pagano, per una relazione davvero affascinante; in particolare, ho apprezzato molto l'attenzione al tema di genere, che è sicuramente una questione sul tavolo di tutte le economie sviluppate e meno sviluppate, ma vederlo dall'ottica dell'economie meno sviluppate ci ha dato qualche spunto particolarmente interessante.
  Io vorrei chiederLe una cosa a cavallo tra il tema che Lei ha trattato e i temi più tradizionali della Commissione, cioè la relazione tra blocco degli scambi commerciali e instabilità. Una parte della stabilità globale che è stata costruita negli ultimi settant'anni, dopo la fine della seconda guerra mondiale, era basata sul fatto che le istituzioni di Bretton Woods aiutassero a favorire gli scambi commerciali e favorissero la stabilità. Lei ha sottolineato più volte nella Sua audizione come la fase che stiamo affrontando sia una fase di blocco degli scambi commerciali, ha parlato più volte di tariffe, di strategie per favorire l'industria nazionale rispetto alle industrie di importazione. La Banca sta lavorando anche su questo tema? Da tanti anni la Banca lavora sul tema della stabilità, della pace e della sicurezza, più nei Paesi e più sulla qualità delle istituzioni, però credo che sia giunto il momento, invece, di ragionare anche sulla qualità delle istituzioni internazionali e le politiche internazionali che possano evitare un deflagrare degli scontri commerciali, dovuti anche alla fase molto particolare che stiamo affrontando. Grazie.

  PRESIDENTE. Ci sono altri colleghi che vogliono intervenire? Vedo altri colleghi collegati. Allora mi permetterei di aggiungere una domanda. La collega Quartapelle citava Bretton Woods, la ricostruzione europea grazie alla Banca Mondiale. Cosa è rimasto di tutto ciò? Questa è la mia domanda.
  Ho sentito, poc'anzi, che si è detto convinto che si possa, grazie al lavoro della Banca Mondiale, favorire l'affermazione di maggiori diritti in Cina. Negli Stati Uniti c'è stata una forte polemica, come ben saprà, su questi finanziamenti erogati dalla Banca Pag. 11Mondiale alla Cina in un'era di confronto globale tra Stati Uniti e Cina. Non intravede il rischio che le risorse erogate possano contribuire a rafforzare la Cina nella propria competizione globale verso il mondo occidentale, un mondo che comunque ancora difende quei diritti umani e le democrazie? In particolare, non intravede il rischio che, potendo utilizzare queste risorse, si finanzi con più forza la Via della seta o il riarmo navale? Grazie mille.

  PATRIZIO PAGANO, già Direttore Esecutivo per l'Italia della Banca Mondiale. Grazie, onorevole Quartapelle Procopio, e grazie, onorevole Formentini, per queste domande e questi punti, che sono molto rilevanti nell'ambito dell'attività che la Banca Mondiale svolge.
  Vado in ordine. Effettivamente, la Banca Mondiale non punta a facilitare il commercio internazionale per sé; l'obiettivo finale è quello di ridurre la povertà e aumentare l'inclusione sociale. Come sappiamo, grazie allo spettacolare successo di molti Paesi asiatici, la povertà è sempre più concentrata in alcune aree, in particolare in Africa, ed è concentrata all'interno dell'Africa in quei Paesi che sono cosiddetti «fragili», Paesi che hanno istituzioni più deboli e più facilmente finiscono per essere parte di conflitti, sia all'interno del Paese sia con altri Paesi vicini. Una parte fondamentale dell'attività della Banca è quella di attivarsi in questi Paesi per ridurre l'instabilità, ridurre la fragilità e per questa via evitare che si creino nuovi poveri e che i poveri esistenti riescano a emergere dalla loro condizione di povertà.
  In questo senso io penso che ci sia una buona relazione tra la facilitazione degli scambi e la riduzione della fragilità. La creazione di quest'area di libero scambio africano secondo me è un momento cruciale proprio in quella direzione, perché la storia europea ce l'ha dimostrato in modo eclatante: i Paesi che commerciano tra di loro non si fanno la guerra, e non facendosi la guerra non si crea stabilità e non si crea povertà. Visto che l'obiettivo del gruppo Banca Mondiale è proprio quello di eliminare la povertà, secondo me la leva commerciale e degli scambi è una leva importante da attivare per ridurre l'instabilità dei Paesi, e per questa via ridurre la povertà. Ovviamente è facile a dirsi e difficile a farsi.
  Finora, quello che si è ottenuto – mi riferisco di nuovo all'Africa – è una sigla – fortunatamente di tantissimi Paesi, quasi tutti i Paesi del continente – a questo accordo di scambio. Adesso bisogna renderlo operativo, bisogna far sì che le frontiere tra questi Paesi diventino meno rigide. Si pensi che in molti Paesi africani i beni vengono importati dal resto del mondo, ma non dai Paesi vicini. Questo vale sia nell'Africa subsahariana sia nell'Africa del Nord, quella che è più vicina a noi. Facilitare l'integrazione commerciale su base regionale, secondo me, ha un potenziale enorme per ridurre l'instabilità, favorire la pace in generale e per questa via ridurre la povertà.
  Il secondo punto, quello che l'onorevole Formentini citava, riguardava il rapporto con la Cina. Questo è un punto molto complesso. La Cina non ha bisogno della Banca Mondiale per i finanziamenti, questo è ovvio. Di fatto, questo rapporto si è creato e si è evoluto andando nella direzione per cui la parte finanziaria della collaborazione ha un ruolo sempre minore. Quello che la Cina chiede è conoscenza, capacità. Secondo me, fatta nei settori giusti, non va a beneficio soltanto della Cina, ma va a beneficio del mondo.
  Pensiamo soltanto al fattore ambientale. Nei sei anni che io ho trascorso nel board della Banca Mondiale abbiamo approvato diversi progetti pilota in merito al miglioramento del trattamento di rifiuti tossici, oppure al cambiamento del modo di produzione dell'energia usando tecnologie sempre più verdi e rinnovabili a scapito del carbone. Questo di solito la Cina lo richiedeva sulla base di un progetto pilota che veniva implementato in una particolare regione. Poi, una volta provato il successo, la Cina lo riproponeva in altre regioni, tutto finanziato con risorse domestiche. Ovviamente, la riduzione globale di emissioni di CO2 che deriva da iniziative di questo tipo va a beneficio non solo della Cina, ma di tutto il mondo. Pag. 12
  La seconda questione che citavo prima riguarda la facilitazione di una creazione di una rete di sicurezza sociale più ampia, per esempio la riforma della sanità. La Banca Mondiale sta aiutando la Cina a riformare la propria sanità. È importante questo? Certo, perché nelle regioni cinesi, dove c'è un minore investimento pubblico in sanità, il tasso di risparmio è più alto, e un tasso di risparmio elevato vuol dire che ci sono meno importazioni dal resto del mondo, e questo va a scapito del resto del mondo, non solo della Cina. Aiutare il Paese a riformare il proprio sistema di protezione sociale, a riformare la propria sanità, può andare a vantaggio della crescita globale, non soltanto della crescita del Paese. Ovviamente, poi, ci sono delle questioni più probabilmente politiche, in cui in generale la Banca per statuto non può entrare, ma che ovviamente sono sotto gli occhi di tutti e che vengono prese in adeguata considerazione quando si devono finanziare dei progetti; quindi si evita di andare in certi settori particolari o in certe regioni dove ci sono questioni un po' più critiche.
  Non so se ho risposto in modo adeguato alle questioni sollevate, nel caso sono pronto a ritornarci.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Si era nel frattempo prenotato anche il collega Simone Billi, che vuole intervenire da remoto.

  SIMONE BILLI. Buongiorno. Ringrazio anch'io il Direttore Pagano. Direttore, durante il suo discorso accennava al fatto che ci sono delle problematiche legate ai diritti di proprietà industriale. Vorrei sapere un po' più in dettaglio quali sono queste problematiche.
  Inoltre, permettetemi un breve cenno al decreto-legge dell'anno scorso, quello che ha trasferito le competenze dal MISE al MAECI per l'internazionalizzazione e il sostegno pubblico all'export. I vantaggi che si vogliono ottenere con questo trasferimento sono: la razionalizzazione dell'intera rete, l'approccio più sistemico alla programmazione verso i vari mercati globali, un più semplice «Piano Paese» per identificare meglio le priorità; ma possono essere anche obiettivi realistici di questo trasferimento. È vero però che c'è tanto ancora da fare; ci sono tanti operatori italiani che lavorano ancora in modo separato e indipendente, a volte in competizione tra loro e, se a volte la competizione aumenta la produttività del sistema totale nel caso delle Ambasciate, delle Camere di commercio, del MAECI, dell'ICE, questo spesso non è vero, soprattutto se si paragona con altri Paesi – e penso alla Germania, alla Francia, agli Stati Uniti – dove il fare squadra è molto più marcato ed efficace per quanto riguarda il commercio con l'estero. Quindi auspico che si continui a lavorare per una maggiore integrazione del Sistema Italia per quanto riguarda il commercio con l'estero.
  Le ripeto, dottore, se ha i dati e se può dettagliare un po' meglio le varie problematiche legate ai diritti di proprietà industriale, Le sarei grato. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Grazie. Invito il dottor Pagano ad intervenire in sede di replica.

  PATRIZIO PAGANO, già Direttore Esecutivo per l'Italia della Banca Mondiale. Grazie, onorevole Billi. Come citavo, la questione dei diritti di proprietà intellettuale è una delle questioni aperte ed è una delle questioni più rilevanti per una maggiore integrazione, in particolare della Cina, negli scambi; è anche al centro della controversia, in particolare con gli Stati Uniti, che ha generato questo aumento delle tariffe. In realtà, io non ho dati davanti a me. Ho citato questa questione come uno dei possibili fattori di blocco a una maggiore integrazione globale degli scambi.
  In generale, la mia opinione è che via via che il processo di sviluppo si evolve, il trasferimento di conoscenza e di tecnologia dai Paesi più avanzati verso quelli meno avanzati è un fattore quasi naturale: si pensi allo stesso sviluppo del Giappone o dell'Italia del dopoguerra, si passa da un principio di imitazione, piano piano, fino a che i Paesi diventano sempre più bravi e sempre più sofisticati, fino a diventare innovatori Pag. 13 essi stessi. Probabilmente la Cina sta un po' bruciando le tappe e la questione è se le politiche messe in atto per facilitare l'accesso a un mercato grande come quello cinese siano corrette o meno. È un importante dibattito che si deve tenere, per il quale, secondo me, occorrerebbe avere un WTO forte, che purtroppo ora non abbiamo.
  Quindi, la riforma in atto del WTO, nella direzione di una maggiore inclusività e anche di una maggiore presenza in queste discussioni importanti, probabilmente potrebbe facilitare questa discussione.
  Lei, onorevole Billi, citava anche il ruolo che le imprese italiane stanno avendo in questo processo di internazionalizzazione. Implicitamente citava un fattore che probabilmente ci preclude una partecipazione più adeguata a questi vantaggi degli scambi, che è quello delle dimensioni. Le nostre imprese, nella maggioranza dei casi, sono troppo piccole e – come dicevo prima – poiché molti dei costi delle esportazioni sono fissi, le imprese piccole fanno più fatica a superarli. Quindi l'aumento delle dimensioni sta diventando un fattore sempre più rilevante per essere un attore importante in questi processi in atto.
  Per quanto riguarda la partecipazione ai programmi finanziati dal gruppo Banca Mondiale, ricordo solo una cosa, ovvero che l'Italia per molto tempo ha beneficiato tantissimo dei programmi finanziati dalla Banca Mondiale, in particolare nel settore delle costruzioni, dove avevamo delle imprese di dimensioni adeguate che riuscivano a vincere molte gare praticamente in tutto il mondo. Purtroppo, la crisi del settore ha generato una situazione in cui le imprese non sono più nelle condizioni di partecipare e di vincere queste gare con la stessa frequenza e capacità che avevano in passato.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.