XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 5 febbraio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori
Grande Marta , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE DINAMICHE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE E INTERESSE NAZIONALE
Grande Marta , Presidente ... 3 
Pietrabissa Ettore , Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 4 
Grande Marta , Presidente ... 5 
Scalfarotto Ivan (PD)  ... 5 
Pietrabissa Ettore , Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 5 
Scalfarotto Ivan (PD)  ... 5 
Suriano Simona (M5S)  ... 5 
Pietrabissa Ettore , Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 5 
Deli Maria Beatrice , Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 6 
Pietrabissa Ettore , Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 8 
Billi Simone (LEGA)  ... 9 
Deli Maria Beatrice , Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 9 
Billi Simone (LEGA) , (fuori microfono) ... 9 
Deli Maria Beatrice , Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 9 
Emiliozzi Mirella (M5S)  ... 9 
Deli Maria Beatrice , Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 9 
Scalfarotto Ivan (PD)  ... 10 
Deli Maria Beatrice , Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 10 
Scalfarotto Ivan (PD)  ... 12 
Deli Maria Beatrice , Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 12 
Scalfarotto Ivan (PD)  ... 12 
Deli Maria Beatrice , Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 12 
Billi Simone (LEGA)  ... 12 
Pietrabissa Ettore , Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 13 
Billi Simone (LEGA)  ... 13 
Pietrabissa Ettore , Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 13 
Grande Marta , Presidente ... 13 
Pietrabissa Ettore , Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 13 
Deli Maria Beatrice , Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale ... 13 
Grande Marta , Presidente ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero-Sogno Italia: Misto-MAIE-SI;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTA GRANDE

  La seduta comincia alle 9.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente del Comitato nazionale della Camera di Commercio Internazionale, Ettore Pietrabissa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle dinamiche del commercio internazionale e interesse nazionale, l'audizione del dottor Ettore Pietrabissa, presidente del Comitato nazionale italiano della Camera di commercio internazionale.
  Saluto e ringrazio per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori il dottor Pietrabissa, che è accompagnato dalla professoressa Maria Beatrice Deli, Segretaria generale del medesimo Comitato nazionale, alla quale do ugualmente il benvenuto a nome di tutta la Commissione.
  Con l'audizione odierna, la Commissione dà avvio alla citata indagine conoscitiva, finalizzata a fare il punto sulle dinamiche del commercio internazionale a quasi venticinque anni dall'istituzione dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO), il cui obiettivo consiste nella progressiva liberalizzazione del commercio mondiale.
  All'organizzazione aderiscono oggi oltre centosessanta Stati, che rappresentano il 95 per cento del commercio mondiale di beni e servizi. L'Italia ne è membro da gennaio 1995, dopo essere stata già parte del General agreement on tariffs and trade (GATT) dal 1950.
  Prima di dare la parola al nostro ospite, desidero evidenziare che le relazioni economiche internazionali attraversano oggi una fase di grande tensione, innescata da politiche commerciali aggressive inaugurate dai grandi attori internazionali, ma non solo.
  I conflitti del ventunesimo secolo assumono sempre più spesso i connotati di guerre e ritorsioni commerciali, che hanno purtroppo per inevitabili vittime le popolazioni civili. Restando al nostro ristretto ambito regionale, mi limito a citare la guerra commerciale in atto tra Serbia e Kosovo. Nella comunità internazionale sembra in generale prevalere oggi un clima nuovo, deteriorato dalle grandi crisi economico-finanziarie con cui si è chiuso il secolo precedente, ma soprattutto dalle politiche errate con cui le leadership mondiali hanno gestito il processo di globalizzazione.
  Quanto all'interesse nazionale del nostro Paese, va sottolineato che la competizione tra i grandi attori commerciali internazionali è assai sensibile al ruolo dell'Unione europea, che continua a rappresentare nel suo complesso il maggiore concorrente delle grandi economie planetarie, quella statunitense e cinese in primis.
  Non si può non citare la recente entrata in vigore dell'accordo di libero scambio tra Unione europea e Giappone, accolta con grande entusiasmo dagli operatori italiani, soprattutto dal settore agroalimentare, e che ha luogo nel momento stesso in cui diventano permanenti le tariffe per l’import di acciaio dagli Stati Uniti dopo le misure restrittive adottate dall'Amministrazione Pag. 4 Trump nei confronti delle merci europee.
  Dal Japan-European union free trade agreement giungerà una progressiva riduzione di dazi e tariffe, che attualmente oscillano tra il 10 e il 30 per cento nei diversi settori, tra cui importanti prodotti del wine and food italiano, oltre al riconoscimento reciproco dei marchi dell'agroalimentare a indicazione geografica.
  Brexit rappresenta, invece, una prospettiva ad esito del tutto incerto per la rete delle imprese italiane e per i nostri connazionali, e questo costituisce un gravissimo problema per un Paese come il nostro che ha nel Regno Unito uno dei maggiori mercati di sbocco dei propri prodotti.
  Ciò premesso, se l'indagine conoscitiva comporterà l'approfondimento sulle linee di tendenza del commercio internazionale, l'audizione di oggi pone l'interesse nazionale al centro di questo percorso conoscitivo.
  Il Comitato nazionale italiano della Camera di commercio internazionale, con sede a Roma, rappresenta, infatti, l'articolazione nazionale della Camera di commercio internazionale, la più grande organizzazione mondiale delle imprese, che si estende in più di cento Paesi nel mondo.
  L'ICC Italia promuove un sistema aperto di commercio e investimenti internazionali, supportando i professionisti e le aziende italiane nell'affrontare le sfide e cogliere le opportunità offerte dalla globalizzazione. Quale organizzazione mondiale delle imprese, l'ICC offre, inoltre, il proprio contributo nella formulazione delle politiche commerciali internazionali, assicurando che le istanze imprenditoriali ricevano adeguata considerazione presso le autorità nazionali e i principali fori internazionali presso i quali gode dello status di osservatore (ONU, G7 e G20).
  Do, quindi, la parola al dottor Pietrabissa per lo svolgimento della sua relazione.

  ETTORE PIETRABISSA, Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Buongiorno presidente e signori deputati. Da quello che ho sentito entrando e discorrendo con alcuni di voi, può essere interessante esordire spiegando cos'è e di cosa si occupa ICC Italia.
  L'ICC è un organismo sovranazionale, nato nel 1919 (quest'anno ricorre il centenario) con sede principale a Parigi, e i Comitati nazionali sono presenti in circa centotrenta Paesi del mondo. Quindi, è un'organizzazione ormai fortemente radicata, che da qualche anno è diventata anche osservatrice presso l'ONU. In occasione delle riunioni plenarie dell'ONU a New York, ICC International è infatti invitata a partecipare ai lavori come uditore.
  Il compito dell'associazione, che è senza fini di lucro, è quello di supportare le aziende che operano con l'estero per quanto riguarda gli aspetti legali, giuridici, di contrattualistica internazionale e tecnici, soprattutto con riferimento al problema dei trasporti internazionali e delle dogane. Quindi, non seguiamo gli aspetti più direttamente produttivi, commerciali o industriali. Questi sono aspetti di pertinenza di altre associazioni di categoria, prima fra tutte Confindustria, poi c'è l'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, e via discorrendo. Noi ci concentriamo sugli aspetti legali, giuridici e tecnici.
  Operiamo principalmente attraverso numerose commissioni tecniche, che vengono varate dal quartier generale di Parigi. È stato individuato, nel tempo, un certo numero di argomenti particolarmente rilevanti dal punto di vista giuridico e contrattualistico, di interesse per le aziende dei diversi Paesi che operano con l'estero, e su questi temi sono state avviate delle commissioni centrali a Parigi che elaborano punti di vista, best practice o indirizzi generali, che poi diventano patrimonio comune a livello mondiale e standard seguiti negli interscambi internazionali.
  Ogni Comitato nazionale a specchio attiva le corrispondenti commissioni all'interno del proprio Paese. Noi ne abbiamo attivate quattordici, quindici o sedici (sono variabili, ogni tanto qualcuna si riattiva e qualcuna sospende l'attività) sui più vari aspetti, composte dai migliori professionisti e docenti universitari sui diversi temi, che periodicamente emettono alcuni punti di Pag. 5vista o interrogativi o raccomandazioni, che da un lato vengono poi consegnate ai nostri associati per facilitare la loro attività con l'estero, dall'altro confluiscono tutte nel quartier generale di Parigi, che nelle commissioni centrali consolida e genera questi punti di vista a livello mondiale.
  Questa, molto in breve, è la nostra attività. I nostri soci sono, naturalmente, aziende di qualsiasi dimensione, poi le Camere di commercio e le associazioni di categoria, a cominciare da Confindustria, che è uno dei nostri soci e partecipa molto attivamente alle nostre attività.
  Se avete interrogativi, siamo a vostra disposizione per ulteriori chiarimenti.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  IVAN SCALFAROTTO. Ci interesserebbe conoscere, dal suo un osservatorio privilegiato, la sua percezione dello stato, in questo momento, del commercio internazionale, con particolare riferimento alle spinte protezionistiche e alle guerre commerciali, e quali sono gli interessi in gioco del nostro Paese.
  Sappiamo che l'Italia è il nono Paese esportatore al mondo e il sesto per avanzo della bilancia commerciale, quindi è un Paese che ha un avanzo commerciale importantissimo. Possiamo dire con una certa tranquillità che le esportazioni hanno rappresentato durante gli anni della crisi, e rappresentano tutt'oggi, uno dei pilastri che ha tenuto in piedi il nostro prodotto interno lordo. Se non avessimo avuto il surplus derivante dal commercio internazionale, il divario tra il PIL del 2010 e quello del 2016 sarebbe stato molto più pesante di quello che abbiamo registrato.
  Quindi, essendo l'Italia un Paese particolarmente interessato a queste dinamiche, proprio perché protagonista del commercio internazionale, vorrei sapere come, a suo avviso, le guerre commerciali in corso impattino sugli interessi economici e strategici del nostro Paese. Così come mi interesserebbe avere la vostra prospettiva sulla situazione complessa (per usare un eufemismo) in cui versa l'Organizzazione mondiale del commercio. Io ho avuto l'onore di rappresentare l'Italia a fine 2016, all'ultima riunione ministeriale tenutasi a Buenos Aires, che sappiamo essere stata sostanzialmente un fallimento, dal momento che si è chiusa senza nessun accordo su tutti i dossier aperti, anche su dossier che sembravano maturi, come quello sulla pesca illegale, dove non si è riusciti ad arrivare a nessuna soluzione. Si è chiusa con uno statement della Presidente Malcorra, che aveva presieduto molto bene un'assise, che però è stata completamente sterile. Sappiamo, inoltre, che gli Stati Uniti si oppongono alla nomina dei giudici in scadenza nella Corte d'appello...

  ETTORE PIETRABISSA, Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Questo è un vulnus importante.

  IVAN SCALFAROTTO. ...Allora, dato che vi è una serie di dossier aperti e considerato che all'interno di un sistema commerciale aperto l'Italia ha prosperato, ascoltare le vostre impressioni circa la situazione attuale e il possibile impatto sulla nostra economia, quindi sugli interessi del nostro Paese, penso che potrebbe essere di particolare interesse per tutti noi.

  SIMONA SURIANO. Anch'io mi unisco alle richieste dell'onorevole Scalfarotto.
  In particolare vorrei sapere, dal vostro punto di vista, come l'Italia si pone all'interno di queste guerre commerciali, quali effetti subiamo, quali sono i vantaggi e gli svantaggi. Inoltre, mi interesserebbe sapere, relativamente alle sanzioni adottate dagli Stati Uniti nei confronti di Iran e Russia, quali conseguenze può pagare l'Italia.
  Grazie.

  ETTORE PIETRABISSA, Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Prima di rispondere, vorrei segnalare che alla mia destra è seduta la professoressa avvocato Maria Beatrice Pag. 6 Deli, che ormai da diversi anni è Segretaria generale di ICC Italia. Lei conosce le problematiche più approfonditamente di quanto le conosca io, visto che sono presidente da un anno e mezzo, mentre la professoressa Deli ha sempre lavorato nel settore, prima come esperta di arbitrati internazionali e poi come Segretaria generale di ICC Italia. Quindi la prego fin d'ora, qualora dovessi tralasciare temi significativi, di interrompermi brutalmente, di modo che possa integrare le poche cose che riuscirò a dire in modo coerente.
  Anche per quanto attiene alla problematica del commercio internazionale, credo che siamo in una situazione di «in mezzo al guado», come in tante altre problematiche afferenti le organizzazioni internazionali.
  Molte di queste iniziative internazionali multilaterali (pensiamo soltanto all'UE, poi ovviamente al WTO) hanno avuto e hanno funzioni fondamentali, ma negli anni evidentemente alcuni meccanismi si sono usurati, alcuni sono stati superati e alcuni sono diventati addirittura dannosi. Questo ha provocato una levata di scudi nei confronti di questi organismi, per esempio anche il WTO, e a ben ragione, perché sicuramente alcune problematiche sono state mal gestite o gestite in modo inefficiente, anzi con risultati controproducenti in alcuni Paesi.
  Il rischio che si corre quando partono queste contestazioni complessive è che (per usare una frase fatta) «si butti via il bambino con l'acqua sporca». D'altronde, se è vero che esistono molti aspetti che vanno rivisti, risistemati e rimodernati, sicuramente la logica di fondo di un'organizzazione come il WTO è fondamentale per la convivenza dei Paesi e del commercio internazionale, e buttarlo via, distruggerlo o danneggiarlo in maniera significativa probabilmente arrecherebbe danni ancora superiori a quelli a cui già assistiamo.
  Quindi, il punto di vista che ci sentiamo di esprimere è quello di porre estrema attenzione alle necessità di riforma di questi organismi, affinché gli aspetti negativi possano essere superati, ma sicuramente salvando la struttura, la logica e la filosofia di fondo, che all'atto pratico ha mostrato di avere grande senso per la prosperità di tutti i Paesi.
  In effetti, è innegabile che le norme stabilite per il commercio internazionale hanno favorito una crescita della prosperità generale a livello globale, sicuramente sono responsabili positivamente di un accorciamento delle distanze della ricchezza media tra i Paesi; tuttavia, altrettanto sicuramente una cattiva gestione delle ricadute di alcune di queste iniziative di globalizzazione ha portato paradossalmente a un ampliamento dei divari reddituali all'interno dei singoli Paesi, con una crescita della povertà individuale in diverse situazioni, e a una forma di dumping (se vogliamo chiamarlo così) di Paesi che fanno leva su un livello salariale che per noi è risibile, è quasi a livello di schiavismo, per produrre merci, che poi invadono i mercati con prezzi insostenibili per i Paesi più evoluti.
  Questi sono effetti della globalizzazione e di una certa deregolamentazione che sicuramente sono dannosi per molti Paesi e devono essere medicati, ma senza distruggere il tessuto fondamentale, che sicuramente è solido.

  MARIA BEATRICE DELI, Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Desidero aggiungere alcune brevi considerazioni relativamente al core business di ICC in generale.
  Come ricordava il Presidente Pietrabissa, questa istituzione, che è un'organizzazione privata dedicata al commercio, è nata nel 1919, su iniziativa di sette Paesi, tra cui l'Italia, che quindi era già al centro di questo movimento importante, avendo come manifesto ed espressione, che a mio parere resta ancora oggi estremamente importante, la locuzione «merchants of peace». Quindi, all'indomani della prima guerra mondiale l'idea che il commercio regolamentato potesse essere una garanzia di pace era presente fin dalla creazione di questa organizzazione. Pertanto, innegabilmente ICC si pone, oggi, in una posizione di favore nei confronti del multilateralismo.
  È evidente che la crisi del multilateralismo non è di oggi, non è di questi ultimi Pag. 7anni, ma esisteva già ai tempi del GATT. Ricorderete bene, infatti, che il GATT è un accordo che non è mai stato formalizzato di fatto, non è mai entrato in vigore come altri trattati internazionali. Quindi, la crisi del multilateralismo è una crisi antica, derivata da onde che si sono susseguite nel tempo. Dunque, è forse arrivato il momento di procedere verso un multilateralismo avanzato, ovverosia un multilateralismo articolato che possa beneficiare di accordi regionali, come tanti se ne stanno concludendo adesso, ma in un'ottica che deve essere necessariamente pluralista. Del resto, nel perdere la visione completa del commercio internazionale, indubbiamente i primi a soffrirne saranno gli operatori, gli users del commercio internazionale. Ovviamente, la crisi degli ultimi anni del WTO (correttamente prima si ricordava il fallimento di alcune delle riunioni degli ultimi periodi) ha dato un segno molto forte a questo sistema.
  Vorrei anche aggiungere che un sistema integrato, quindi un multilateralismo avanzato, non può prescindere prima di tutto dalla presenza di regole, che devono necessariamente essere modificate con il modificarsi della società stessa, ma deve essere anche un sistema all'interno del quale prevedere delle contromisure e dei sistemi di risoluzione delle controversie.
  Si faceva prima riferimento all’appellate body del WTO, che è rimasto estremamente lento nella sua funzione. Quindi, il luogo deputato a risolvere le controversie del commercio internazionale è un luogo che non funziona più, perché alcuni Paesi impediscono il corretto funzionamento di questo meccanismo.
  Il meccanismo in sé potrà sicuramente essere riformato, modificato, ma per farlo occorre andare non verso una minore giurisdizionalizzazione, bensì verso una maggiore trasparenza, garantendo l'indipendenza dei giudicanti che saranno nominati all'interno di questo organo, e assicurando quindi anche la possibilità di risolvere, all'interno di un foro specializzato e tecnicamente valido, le controversie del commercio internazionale. Questo vale un po’ per tutti i sistemi multilaterali.
  Tra le caratteristiche di ICC come organizzazione non governativa, che è legata al mondo dell'impresa e al commercio internazionale, vengono promossi e utilizzati metodi di risoluzione, che sono alternativi alla giurisdizione ordinaria, dei quali non si deve aver paura, perché non rappresentano semplicemente una giustizia privata, ma una forma di giustizia tecnicamente evoluta, specializzata, capace di risolvere controversie nel settore complesso del commercio internazionale.
  Salendo questa mattina, abbiamo visto che era in corso, in qualche aula, un convegno sul fenomeno del blockchain. Ebbene, dobbiamo considerare che i sistemi di pagamento, i sistemi di trasferimento delle merci e molti altri dettagli del commercio internazionale diventano quotidianamente più complessi (tecnologie nuove, digitalizzazione di tanti documenti). Necessariamente, le controversie che sorgono dal commercio internazionale oggi sono estremamente specialistiche, per le quali molto probabilmente dei sistemi di soluzione alternativa che siano, comunque, di contenuto aggiudicatorio, vale a dire che abbiano una forza vincolante sulle parti, possono rappresentare una garanzia per tutti. Quindi, da parte di un'istituzione come la nostra c'è la volontà di promuovere metodi di risoluzione più adatti al commercio internazionale.
  Vengo ora ad altre tematiche che possono essere messe in luce e che, a nostro parere, rappresentano un punto essenziale per il commercio internazionale. Il multilateralismo avanzato non può prescindere dal coordinamento tra organizzazioni internazionali. Si è parlato della necessità di garantire dei princìpi fondamentali, comuni a tutti, che riguardano l'occupazione, le condizioni di lavoro, l'ambiente, la sostenibilità. Siamo tutti consapevoli del grande progresso che è stato attuato all'interno del sistema ONU in relazione all'Agenda 2030, quindi i sustainable development goals, che sono diciassette princìpi fondamentali, ma hanno bisogno di attuazione. Badate, non sono princìpi dichiarati di per sé, ma sono princìpi che devono trovare un'applicazione all'interno di un Pag. 8sistema multilaterale che riguardi anche il commercio.
  Si citava prima il tema della pesca e in particolare di tutti gli aspetti legati a una pesca illegittima, irregolare. Ebbene, questo evidentemente è uno dei temi che sono stati espressi dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma che deve necessariamente trovare un'applicazione all'interno di un sistema regolato del commercio internazionale. Quindi, il multilateralismo non può che essere coordinamento con tutte le diverse istanze.
  Del resto, la crisi delle grandi organizzazioni internazionali non è una crisi che dipende, a nostro parere, dal sistema in sé, ma dipende da chi lo fa funzionare, quindi dai singoli Stati che hanno una responsabilità all'interno di ciascun sistema.
  Mi viene da pensare al Trade Facilitation Agreement, l'accordo entrato in vigore a febbraio 2017 per la semplificazione dei traffici doganali, quindi l'agevolazione delle procedure di importazione ed esportazione. C'è stata una grossa adesione. Questo è un accordo in qualche modo collegato al sistema del WTO. Penso anche ad altri accordi in materia di tecnologia, che sono stati accolti con un certo favore.
  Probabilmente uno sforzo di coordinamento tra diversi settori del commercio internazionale può contribuire a garantire un corretto funzionamento del sistema regolamentare.

  ETTORE PIETRABISSA, Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Credo che in tutte queste vicende l'importante sia capire a fondo le logiche pro e contro, e gestirle in modo laico. Perdersi in problematiche di tipo ideologico sicuramente è errato.
  Per esempio, con riferimento al discorso dei dazi lanciato dall'Amministrazione Trump in modo così virulento, alcuni esprimono una condanna senza appello, mentre altri sostengono che un'iniziativa forte sui dazi possa aiutare un Paese nel suo commercio internazionale. Ebbene, credo che entrambe le posizioni siano fondamentalmente errate.
  L'imposizione di dazi in sé non è né un bene né un male, è uno strumento che può essere legittimamente utilizzato (anche il WTO lo riconosce) in alcune situazioni da un Paese per risistemare degli sbilanci chiaramente iniqui nei suoi confronti. Ciò significa ragionare sul tema, individuare il problema e alzare o abbassare il livello dei dazi in misura esattamente necessaria a ripianare le problematiche.
  L'errore o forse l'esagerazione dell'Amministrazione Trump è di aver estremizzato questo concetto e di imporre dei dazi che su alcune merci selettivamente arrivano al 50 per cento. Questo non significa più cercare di riequilibrare in maniera razionale una situazione potenzialmente dannosa, significa cercare di imporre a Paesi terzi regole che gli impediscono materialmente di muoversi sul mercato internazionale.
  Questo, del resto, è quanto vediamo emergere anche dai colloqui che abbiamo con i nostri colleghi a livello internazionale e con le aziende italiane: la necessità di gestire queste problematiche in maniera laica, non ideologica, evitando strappi che sono dannosi per tutti. In effetti, già si vedono a livello mondiale alcune conseguenze degli strappi che sono stati prodotti in alcune organizzazioni, perché si assiste innegabilmente a un certo rallentamento, a un abbassamento del livello complessivo dell'interscambio, il che rappresenta un danno per tutti.
  Come sempre, purtroppo (chi lancia una guerra commerciale sembra non capirlo, nonostante la storia l'abbia dimostrato ormai da secoli), il vantaggio che ha una nazione che lancia una guerra commerciale è immediato e di breve periodo, mentre nel medio periodo è sicuramente controbilanciato dalle contromisure che vengono adottate dagli altri Paesi. Alla fine, queste sono guerre che non sono neanche a somma zero, ma sono guerre a somma negativa, perché si fanno male entrambi i contendenti, non c'è mai un vantaggio per qualcuno.
  In un momento come questo, in cui l'economia globale, quella europea e quella italiana stanno tutte rallentando (anche se, come tutti speriamo, nella seconda parte dell'anno potremo avere una ripresa: il Pag. 9Governo lo ha assicurato, e tutti noi evidentemente ce lo auguriamo, perché remiamo tutti dalla stessa parte per far progredire il nostro Paese), non c'è assolutamente bisogno di aggravare delle problematiche e rallentare un'eventuale nostra ripresa con delle guerre commerciali di retroguardia.

  SIMONE BILLI. Io non conoscevo la vostra organizzazione mentre conosco molto bene il sistema delle Camere di commercio italiane all'estero; quindi, per cercare di inquadrarvi meglio, mi piacerebbe conoscere i vostri rapporti con le Camere di commercio, perché, se capisco bene, voi non vi occupate degli aspetti commerciali di cui invece si occupano molto queste ultime; tuttavia, anche le Camere di commercio italiane all'estero si occupano delle questioni legali connesse ai dazi doganali, quindi forse c'è anche una leggera sovrapposizione. Mi piacerebbe conoscere il vostro punto di vista. Grazie.

  MARIA BEATRICE DELI, Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Come è stato indicato dal Presidente, il nome Camera di commercio internazionale in qualche modo può deviare da quello che è il contenuto della nostra attività; probabilmente al momento della creazione, cento anni fa, era un'espressione che rappresentava un certo tipo di attività che aveva un senso per quell'epoca, oggi di fatto non siamo una Camera di commercio.
  I rapporti con le Camere di commercio regionali italiane e le Camere di commercio bilaterali, che sono tantissime, ovviamente sono rapporti di collaborazione. La differenza fondamentale è nel tipo di attività che viene svolta: noi non ci occupiamo della parte business, quindi – per dirla in maniera molto semplicistica – non organizziamo missioni all'estero, non organizziamo incontri business to business; la nostra attività consiste soprattutto nella creazione di norme e di best practices. In particolare, per citare alcuni dei prodotti di ICC, gli «Incoterms», che sono lo strumento essenziale per il trasporto della merce a livello internazionale, vengono elaborati in sede ICC. Le norme uniformi per i crediti documentari, quindi gli strumenti di pagamento, che sono essenziali per il commercio internazionale, le lettere di credito, i crediti documentari sono delle norme che vengono proposte, attuate e diffuse in sede ICC; quindi ci occupiamo dell'attività che è a monte di tutto questo, dunque l'adesione da parte degli utilizzatori è un'adesione a norme e regole che vengono elaborate in seno ad ICC a livello internazionale.
  Ciascuno dei Comitati nazionali collabora alla creazione di queste norme: ad esempio, la commissione banking italiana collabora con tutte le commissioni banking dei cento Paesi nei quali sono presenti i Comitati nazionali per la creazione di norme uniformi per i pagamenti e la eventuale modifica o aggiornamento di norme nei diversi settori interessati dal commercio internazionale.

  SIMONE BILLI, (fuori microfono). Quindi non fate consulenze private?

  MARIA BEATRICE DELI, Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. No.

  MIRELLA EMILIOZZI. Buongiorno a tutti, la mia è una domanda molto più semplice. Volevo sapere concretamente quali sono le principali problematiche che deve affrontare un'azienda che voglia internazionalizzarsi.

  MARIA BEATRICE DELI, Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Le principali problematiche riguardano evidentemente la scelta del Paese di destinazione, e considerazioni relative alla scelta del Paese in genere competono ad istituzioni diverse dalla nostra.
  Quello che noi forniamo è un kit che riguardi i contratti, quindi modelli di contratto specifici a seconda dell'attività che si vuole fare, perché sappiamo bene che all'interno del termine internazionalizzare possono esserci una miriade di attività. Noi forniamo dei modelli di contratto, che garantiscono Pag. 10 innanzitutto la correttezza e la completezza del testo, l'inclusione di clausole che tutelano l'esportatore o comunque lo user, l'impresa che vuole internazionalizzarsi; forniamo modelli di pagamento, quindi indicazioni circa le condizioni e le modalità di pagamento che possano essere utilizzate con vantaggio per l'impresa italiana; forniamo indicazioni relative al trasporto della merce, quindi tematiche legate all'assunzione della responsabilità della merce che viaggia da un Paese ad un altro attraversandone magari altri ancora; forniamo, inoltre, uno strumento che riguarda la soluzione delle controversie, perché in ogni contratto internazionale che sia ben costruito va inserita una clausola di soluzione delle controversie; forniamo, infine, delle clausole adattabili alle singole esigenze per ricorrere a sistemi come l'arbitrato o la mediazione o, nel caso di contratti d'appalto, di costruzione (cosa che riguarda molte delle nostre aziende italiane costruttrici), un sistema di risoluzione delle controversie che anticipa la controversia stessa.
  A corollario di questi elementi base per l'internazionalizzazione esistono tante altre tematiche legate alla digitalizzazione, alle dogane e a numerosi aspetti dell'attività commerciale.

  IVAN SCALFAROTTO. Penso che il tema della risoluzione delle controversie sia un tema estremamente importante, e, visto che siete esperti della materia, approfitterei per approfondire quella parte, che ha anche un impatto politico perché sappiamo che (Lei lo accennava sorvolando in modo elegante, ma mi permetto di attirare l'attenzione sul punto) nelle opinioni pubbliche di molti Paesi il cosiddetto sistema ISDS, quindi il sistema di arbitrato, è stato uno degli elementi forti della contestazione da parte di settori dell'opinione pubblica rispetto agli accordi di libero scambio: c'erano parti dell'opinione pubblica che sostenevano che gli investitori che utilizzavano quei sistemi arbitrali in realtà si sottraessero alla giustizia nazionale. In sostanza, si sostiene che le multinazionali abbiano una giustizia privata che consente loro di fare il bello e cattivo tempo, secondo me non sempre considerando il fatto che l'investitore che arriva in un Paese, quando si trova a essere giudicato da una corte di quel Paese, se è un investitore straniero (può essere anche un investitore italiano che va a investire all'estero e viene giudicato da una corte che ha la stessa nazionalità della controparte) delle volte si sente in condizione di minorità, quindi questo può essere un elemento che impedisce investimento all'estero.
  Tenuto conto di tutto questo, in alcuni accordi commerciali importanti – mi riferisco in particolare a quello con il Canada – dopo le discussioni che avevano condotto alle contestazioni nei confronti del TTIP (l'accordo commerciale con gli Stati Uniti che poi non ha mai visto la luce), all'interno dell'accordo con il Canada, anche per la flessibilità della parte canadese, quando l'accordo era quasi in fase avanzata di drafting si è passato dall'ISDS all'ICS, sistema più legato a una sorta di corte internazionale.
  Dato che lei giustamente diceva che l'arbitrato non va demonizzato, perché è uno strumento che ha una sua utilità (ho cercato di descriverla brevemente un secondo fa, ma mi faceva piacere anche avere una Sua opinione), in questo passaggio dal sistema di ISDS al sistema di ICS quali sono le aspettative da parte vostra sul funzionamento di questo nuovo sistema? Pensate che questo sistema possa essere allargato? Dal vostro osservatorio come pensate che questo passaggio da un sistema più arbitrale a un sistema più basato su corti possa funzionare? Tenuto conto anche del fatto che, come giustamente diceva anche Lei, le corti come quella del WTO trovano una qualche difficoltà operativa perché si basano sul riconoscimento delle parti in causa e anche sull'autorevolezza e indipendenza di chi viene nominato all'interno di quelle corti.
  Vorrei dunque sapere quale sia il vostro punto di vista sul tema della risoluzione delle controversie attraverso l'arbitrato e il sistema delle corti, anche per poter dare un messaggio all'opinione pubblica, che è stata spesso inquieta su questo tipo di questioni.

  MARIA BEATRICE DELI, Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera Pag. 11di commercio internazionale. La ringrazio di questa domanda, che naturalmente mi permette di parlare ancora un po’ di questo tema della soluzione delle controversie.
  Innanzitutto va fatto un primo discrimine tra arbitrato commerciale e arbitrato degli investimenti, perché correttamente lei si riferiva al sistema ISDS, che è tipico dell'arbitrato degli investimenti laddove l'impresa ha come controparte uno Stato. Quindi c'è un assetto completamente diverso da quello che troviamo più spesso nell'arbitrato commerciale, che talvolta presenta all'interno delle due parti una parte pubblica, ma il più delle volte è rappresentato da due parti private, due imprenditori, dunque il bilanciamento e i pesi sono diversi.
  È evidente che questo sistema ha innescato polemiche senza fine esattamente al tempo del TTIP, polemiche che non sono state risolte, ma per il momento sono state acquietate dall'introduzione di un sistema come quello all'interno del CETA, un sistema più complesso che intendeva accogliere delle istanze molto precise.
  Talvolta quando si discute di questo tema e c'è un'opposizione pregiudiziale nei confronti dell'arbitrato come metro di risoluzione degli investimenti mi viene da citare il caso Ecuador contro Chevron, che è un caso che ha opposto un Paese in via di sviluppo ad una multinazionale che tutti ben conosciamo. Addirittura il caso è iniziato quando Chevron era ancora Texaco, quindi è un caso che è stato affrontato nelle corti ordinarie e che ad oggi continua a non trovare soluzione proprio perché probabilmente il percorso che è stato scelto fin dall'inizio non è riuscito a trovare una soluzione a quelle che erano delle istanze molto complesse di uno Stato come l'Ecuador e ad esigenze legate a quei valori comuni a cui accennavo prima, cioè la tutela dell'ambiente, delle minoranze, delle etnie. Probabilmente, un buon sistema arbitrale, composto da un tribunale arbitrale in grado di valorizzare anche valori comuni come l'ambiente e la particolarità dei gruppi etnici che sono stati danneggiati in maniera così grave, avrebbe potuto consentire una soluzione molto più rapida ed efficace per le parti.
  Il sistema ISDS è un sistema complesso. Il flusso degli investimenti verso i Paesi in via di sviluppo negli anni sessanta si è interrotto perché le imprese occidentali, e anche italiane, hanno visto insorgere una serie di problemi, al punto che il sistema multilaterale delle organizzazioni internazionali ha introdotto dei correttivi: a tal fine sono stati creati in ambito Banca mondiale il sistema di risoluzione delle controversie tra Stati e investitori privati e il sistema MIGA, cioè il sistema di garanzia degli investimenti a livello internazionale.
  Questo ha consentito di riprendere il flusso degli investimenti. È un po’ come se oggi ci trovassimo nella situazione di interruzione di questo flusso di investimenti, anche perché i dati che possiamo raccogliere ci dicono che le multinazionali non sono più interessate ad andare a produrre in Paesi in via di sviluppo perché anche se riuscissero a ridurre i costi in quei Paesi, i rischi che sorgerebbero da una tale impresa sarebbero tali da renderla scarsamente positiva.
  È chiaro che oggi c'è una crisi che deriva da vari elementi: in primo luogo, da una informazione troppo limitata, quindi una scarsa conoscenza di questi metodi di risoluzione, che avrebbero bisogno di essere conosciuti meglio; in secondo luogo, dalla necessità di porre delle regole ben precise anche con riguardo alla nomina dei giudicanti, quindi degli arbitri all'interno dei tribunali, garantendo sempre quelli che sono i princìpi base del diritto processuale, dunque il diritto di entrambe le parti ad essere ascoltate, il diritto all'autonomia, all'indipendenza e all'imparzialità dei giudici, sfruttando di quel sistema ISDS la caratteristica estremamente importante della possibilità di individuare dei giudicanti con una competenza tecnica elevata.
  Il tema riguarda l'Italia in particolare, non tanto come flusso degli investimenti in uscita quanto come flusso degli investimenti in entrata, perché siete senz'altro tutti consapevoli di cosa sta accadendo: l'Italia ha in corso otto procedimenti in materia di investimenti, quindi c'è il tema successivo al caso Achmea, e dunque le nuove competenze della Corte di giustizia Pag. 12dell'Unione europea e in generale le competenze dell'UE nella negoziazione dei trattati bilaterali in materia di investimenti. La situazione è estremamente complessa.
  Il prototipo di sistema multilaterale di risoluzione delle controversie proposto dal CETA appare molto interessante anche nella prospettiva delle imprese italiane, quindi potrebbe essere considerato replicabile in altri casi. È evidente che anche la creazione di una corte multilaterale potrà avere successo se le parti, quindi gli Stati, garantiranno supporto a questa corte, altrimenti sarà uno strumento in più che non riuscirà a modificare granché il sistema attuale.

  IVAN SCALFAROTTO. Soltanto un chiarimento per approfondire questo aspetto legato ai flussi di investimenti in ingresso in Italia. Ci sta dicendo che l'investitore internazionale prevede o teme problemi nell'investimento in Italia a causa della farraginosità del sistema di risoluzione delle dispute?
  Tradizionalmente l'Italia è spesso abbastanza indietro come attrazione di investimenti, siamo molto forti nel commercio outbound, siamo meno forti rispetto ad altri Paesi anche più piccoli del nostro (penso all'Olanda) ad attrarre investimenti esteri e quindi a creare posti di lavoro. Dal vostro punto di vista, quindi, il nostro sistema giudiziario o comunque il sistema in generale di risoluzione delle dispute all'interno dell'Unione europea e in particolare in Italia è percepito come un problema? Le chiedo di approfondire questo punto perché potrebbe essere interessante per il nostro lavoro.

  MARIA BEATRICE DELI, Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Mi limiterei a citare i casi che attualmente coinvolgono l'Italia: sono tutti nel settore dell'energia, nel fotovoltaico e non, casi rispetto ai quali l'Italia ha rappresentato il Paese hosting, ovvero il Paese che ha ospitato l'investimento, e le misure adottate dallo Stato italiano hanno danneggiato gli investitori stranieri che avevano ipotizzato di portare a termine un investimento economicamente valido.
  L'adozione da parte dell'Italia di provvedimenti diversi da quelli attesi ha fatto sì che in otto casi l'Italia venisse chiamata in arbitrati internazionali non solo davanti all’International Centre for Settlement of Investment Disputes (ICSID), ma anche davanti alla Stockholm Chamber of Commerce, per aver leso gli interessi dell'investitore straniero, prospettiva alla quale non si era completamente preparati.
  Questo non significa necessariamente che si interromperà il flusso degli investimenti, però sicuramente è una fase estremamente delicata per l'Italia, nella quale deve far fronte a questi procedimenti in corso e quindi valutare le situazioni per come sono al momento.
  Sono notissimi, nella storia dell'arbitrato degli investimenti, i casi in cui le imprese italiane hanno agito nei confronti degli Stati nei quali veniva realizzata una determinata opera: ci sono stati tantissimi Paesi coinvolti (Marocco, Bangladesh, Paesi del Sud America), ma negli ultimi 2-3 anni la tendenza è stata inversa, quindi l'Italia è stata coinvolta come Paese hosting di un investimento e nei suoi confronti è stato avviato un procedimento arbitrale per violazione dei diritti dell'investitore.

  IVAN SCALFAROTTO. Chiedo scusa, soltanto per capire: si tratta di norme legislative modificate in corso d'opera, che hanno tradito le attese dell'investitore, che quando ha fatto l'investimento si aspettava una determinata normativa poi cambiata nel tempo, per cui l'investitore lamenta che le regole del gioco siano state cambiate in corsa?

  MARIA BEATRICE DELI, Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Esattamente, si tratta di una violazione del cosiddetto legittimo affidamento dell'investitore.

  SIMONE BILLI. Mi rendo conto che gli argomenti su cui si potrebbe discutere sono infiniti, perché ci sono tantissime cose che, come accennava il collega Scalfarotto, possono riguardare il nostro lavoro quotidiano. Pag. 13
  Ho visto sul vostro sito internet che vi occupate anche di proprietà industriale, quindi brevetti, marchi, protezione delle indicazioni geografiche tipiche e probabilmente anche segreto industriale. Poiché è il mio settore professionale mi chiedevo quale focus si ponga un'organizzazione come la vostra in merito alla proprietà industriale, considerando che è una branca del diritto in continua e veloce evoluzione a livello internazionale, soprattutto perché si cerca sempre di perseguire la certezza del diritto uniformando la normativa nei vari Paesi.
  Grossi passi avanti sono stati fatti dal 1900 ad oggi, a livello europeo questa uniformità, se non al 100 per cento perché ci sono ancora degli aspetti su cui lavorare, è in uno stato di enorme avanzamento; a livello internazionale, invece, soprattutto con la Cina e con i Paesi del Sud America c'è ancora da fare, quindi mi chiedevo se fosse possibile conoscere il vostro punto di vista su questa questione dei diritti di proprietà industriale. Grazie.

  ETTORE PIETRABISSA, Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Prima di lasciare la parola alla professoressa Deli che ne sa più di me, perché Lei non si associa a ICC e non partecipa alle commissioni tecniche che trattano di proprietà intellettuale? Potrebbe essere estremamente utile il suo apporto e potrebbe capire bene quello che facciamo.

  SIMONE BILLI (fuori microfono). Devo pagare?

  ETTORE PIETRABISSA, Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Certo che deve pagare: come privato sono cinquecento euro l'anno.

  PRESIDENTE. Ricordo che siamo in diretta sulla web-tv della Camera....

  ETTORE PIETRABISSA, Presidente del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Cioè non devo fare pubblicità smaccata....

  MARIA BEATRICE DELI, Segretaria generale del Comitato nazionale della Camera di commercio internazionale. Il tema della proprietà intellettuale o industriale, come Lei ben sa, viene svolto a livello internazionale da moltissime organizzazioni. Dal nostro punto di vista non fa sicuramente parte delle nostre attività maggiori. I due temi dei quali ci occupiamo sono la lotta alla contraffazione, supportando le reti internazionali che la combattono, e il tema delle indicazioni geografiche, in relazione alle quali abbiamo attivato un gruppo di lavoro sul settore alimentare, per supportare le imprese nella tutela sia delle indicazioni geografiche sia delle loro attività di internazionalizzazione, quindi l'apertura verso nuovi mercati.
  Questi sono i due punti sui quali ci concentriamo maggiormente, per il resto ci sono altre organizzazioni che se ne occupano in maniera molto più incisiva.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono altri interventi, ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.35.