XVIII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Giovedì 15 ottobre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Perantoni Mario , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE C. 2435 GOVERNO, RECANTE DELEGA AL GOVERNO PER L'EFFICIENZA DEL PROCESSO PENALE E DISPOSIZIONI PER LA CELERE DEFINIZIONE DEI PROCEDIMENTI GIUDIZIARI PENDENTI PRESSO LE CORTI D'APPELLO

Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana giovani avvocati (AIGA) e dell'Associazione Nazionale Forense (ANF).
Perantoni Mario , Presidente ... 2 
De Angelis Antonio , presidente nazionale dell'Associazione italiana giovani avvocati ... 2 
Chioda Valeria , tesoriere nazionale dell'Associazione italiana giovani avvocati ... 3 
Perantoni Mario , Presidente ... 7 
Cappelluto Donata Giorgia , penalista e componente del Consiglio direttivo nazionale dell'Associazione nazionale forense ... 7 
Perantoni Mario , Presidente ... 11 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 11 
Perantoni Mario , Presidente ... 12 
Vitiello Catello (IV)  ... 12 
Perantoni Mario , Presidente ... 13 
Cappelluto Donata Giorgia , penalista e componente del Consiglio direttivo nazionale dell'Associazione nazionale forense ... 13 
Perantoni Mario , Presidente ... 15 
Chioda Valeria , tesoriere nazionale dell'Associazione italiana giovani avvocati ... 15 
Perantoni Mario , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare (AP) - Partito Socialista Italiano (PSI): Misto-AP-PSI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO PERANTONI

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana giovani avvocati (AIGA) e dell'Associazione Nazionale Forense (ANF).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge C. 2435 Governo, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d'appello, di rappresentanti dell'Associazione italiana giovani avvocati (AIGA) e dell'Associazione nazionale forense (ANF).
  Sono presenti per l'Associazione italiana giovani avvocati l'avvocato Antonio De Angelis, presidente nazionale, l'avvocato Valeria Chioda, tesoriere nazionale, e l'avvocato Andrea Cocchini.
  Per l'Associazione nazionale forense è presente l'avvocato Donata Giorgia Cappelluto, penalista componente del Consiglio direttivo dell'ANF.
  Ringrazio gli auditi per aver accolto l'invito della Commissione e chiedo cortesemente di contenere il proprio intervento in modo tale da dare spazio ai quesiti che vorranno essere rivolti dai commissari, ai quali seguirà la replica degli auditi che potranno inviare, qualora non l'avessero già fatto, alla segreteria della Commissione un documento scritto. Tale documentazione, in assenza di obiezioni, sarà pubblicata sul sito Internet della Camera dei deputati e resa disponibile ai deputati medesimi attraverso l'applicazione GeoCamera.
  Direi che potremmo ipotizzare un intervento di circa venticinque minuti per gruppo per poi passare alle domande e concludere con le repliche. Quindi, orientativamente, 20-25 minuti per AIGA e 20-25 minuti per ANF, in modo tale da poter esporre compiutamente tutti i punti di vista e avere il tempo per le domande e per le risposte.
  Io vi ringrazio. Iniziamo dando la parola ai rappresentanti dell'Associazione italiana giovani avvocati. Prego.

  ANTONIO DE ANGELIS, presidente nazionale dell'Associazione italiana giovani avvocati. Buongiorno a tutti. Io sono Antonio De Angelis e sono il presidente dell'AIGA. Intanto ringrazio la Commissione per l'invito. Noi ci eravamo calibrati su un intervento di dieci minuti, quindi saremo ancora più bravi.
  Peraltro io non sono un penalista, per cui mi sono fatto affiancare dal mio tesoriere nazionale che invece è un penalista e che potrà formulare delle osservazioni in merito.
  Mi permetto soltanto di dire che noi abbiamo fatto parte di quel tavolo che è stato organizzato dal Ministro Bonafede, presso il Ministero della giustizia; quindi ci siamo confrontati già più volte con il Ministro in ordine a questo testo. Alcune nostre perplessità le abbiamo già fatte presenti. Devo però anche in questa sede fare Pag. 3ciò che faccio sempre, cioè ringraziare il Ministro per aver quantomeno tentato un dialogo con l'Avvocatura, cosa che non è mai scontata.
  Cedo la parola alla mia tesoriera. Grazie, buona giornata.

  VALERIA CHIODA, tesoriere nazionale dell'Associazione italiana giovani avvocati. In ordine alle disposizioni per l'efficienza dei procedimenti penali in materia di notificazioni, articolo 2 del disegno di legge, risulta opportuno separare le riflessioni inerenti il deposito di atti e documenti nei procedimenti penali di ogni ordine e grado da quelle maturate in relazione alle comunicazioni e notificazioni.
  In merito al deposito telematico, pur accogliendo la nostra Associazione con favore le nuove possibilità offerte dal progresso tecnologico, si nutrono perplessità sulla possibilità di individuare atti per cui il deposito telematico dovrebbe diventare obbligatorio e sulle modalità di individuazione di questi.
  In particolare, in merito alle comunicazioni e notificazioni, si sollevano dubbi sia sull'attuabilità in breve tempo di sistemi di notificazione diversi da quello della posta elettronica certificata che su alcune previsioni normative. Sotto quest'ultimo profilo si registrerebbe un'ulteriore responsabilizzazione del difensore rispetto a quanto già previsto dall'articolo 157, comma 8-bis, del codice di procedura penale in materia di prima notifica all'imputato non detenuto. Sembrerebbe, infatti, che verrà meno la facoltà del difensore di dichiarare immediatamente all'autorità che procede di non voler accettare la notifica e che pertanto tutte le comunicazioni all'imputato graveranno sul difensore.
  Al fine di mitigare tali responsabilità, il disegno di legge dispone di prevedere che non costituisca inadempimento degli obblighi derivanti dal mandato professionale del difensore l'omessa o ritardata comunicazione all'assistito, imputabile al fatto di quest'ultimo. Tuttavia, la responsabilità della conoscenza e conoscibilità degli atti e delle attività del procedimento penale non può ricadere sul difensore, anche se di fiducia. La prassi, infatti, ha dimostrato l'estrema difficoltà in molteplici casi da parte del difensore, soprattutto se nominato d'ufficio ma altresì se nominato di fiducia, a prendere contatti con l'indagato o l'imputato.
  Inoltre, la previsione di deroghe alla notificazione degli atti mediante consegna al difensore, nel caso in cui l'imputato sia assistito da un difensore di ufficio e la prima notifica non sia stata eseguita mediante consegna personale all'imputato o a persona che con lui conviva o al portiere o chi ne fa le veci, non sembra tenere in debita considerazione quanto già previsto dall'articolo 420-quater del codice di procedura penale, ossia la sospensione del processo per assenza dell'imputato.
  Infine abbiamo rilevato perplessità anche in ordine alla previsione, nel caso di impugnazione dell'imputato o di opposizione al decreto penale di condanna, che tutte le notifiche all'imputato siano effettuate mediante consegna di copia al difensore.
  Come è noto, a norma dell'articolo 571 del codice di procedura penale, l'imputato, oltre a poter proporre impugnazione personalmente o a mezzo di procuratore speciale, può anche rinunciare all'impugnazione, ossia togliere effetto all'impugnazione proposta dal suo difensore, e può avere anche interesse a nominare un difensore di fiducia nel caso di difesa d'ufficio che abbia proposto impugnazione o revocare il suo difensore, ovvero aggiungerne un altro.
  In ordine all'articolo 3 relativo alle indagini preliminari e all'udienza preliminare, rileviamo come in merito alla modifica della regola di giudizio per la presentazione della richiesta di archiviazione, ai sensi dell'articolo 125 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale, prevista dalla lettera a) del comma 1, si critichi la formulazione proposta scorgendo in essa il rischio di un ritorno ai principi inquisitori, soprattutto attraverso l'indicazione del criterio della ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria in giudizio.
  In merito all'esclusione dell'obbligo di notificazione dell'avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa che abbia Pag. 4rimesso la querela, di cui alla successiva lettera b), la previsione risulta ragionevole ove si considerino la natura della querela e della dichiarazione della persona offesa che dichiara di essere informata circa l'eventuale richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero.
  Passando alla modifica dei termini delle indagini preliminari, lettere c) e d) del comma 1, non si registra nessun effetto evidente ai fini dell'efficienza dichiarata dal procedimento penale, bensì un mero prolungamento dei termini consentiti al pubblico ministero per lo svolgimento delle indagini, che si pone in forte contrasto con la contrazione dei termini di durata della fase dibattimentale del processo.
  La fase di discovery prevista alla lettera e) non prevede alcun effetto concreto sul procedimento penale, ma solo una mera sanzione disciplinare a carico del pubblico ministero per fatti i dovuti a negligenza inescusabile, come previsto dalle successive lettere f) e g).
  Inoltre non si comprende se la discovery prevista in questa fase, che anticipa quella dell'avviso, ex articolo 41-bis del codice di procedura penale, a favore del solo indagato, consentirebbe comunque a quest'ultimo di attivare gli strumenti difensivi previsti proprio dal citato articolo 415-bis.
  In merito all'individuazione che si propone dei criteri di priorità da parte del pubblico ministero, si ritiene che le scelte di politica criminale non possano essere assolutamente attribuite alle procure senza la previsione di una responsabilità politica delle stesse, e ciò sarebbe in evidente contrasto con l'attuale previsione di autonomia della magistratura inquirente che rischierebbe di rendere la previsione incostituzionale.
  In merito alla previsione di cui alla lettera i) del comma 1 dell'articolo 3, invece, va sicuramente apprezzata l'intenzione deflattiva che mira a dare ulteriore vigore alla funzione di filtro dell'udienza preliminare.
  In merito alla previsione di cui alla successiva lettera l), l'accorgimento secondo cui il giudice dovrà accertare la data di effettiva acquisizione della notizia di reato da cui far discendere eventuali inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti successivamente a tale data, alla scadenza dei termini di durata massima, è ritenuto sicuramente utile alla tutela dell'imputato. A tal fine, si reputa che sarebbe opportuno introdurre la modalità telematica di iscrizione alla notizia di reato nei registri delle procure al fine di garantire immutabilità e assoluta certezza delle iscrizioni.
  La disciplina prevista dalla citata lettera l) dovrebbe essere rivisitata alla luce di un vero e proprio diritto per l'indagato nella fase preliminare del procedimento, in particolare attribuendo al giudice dell'udienza preliminare o al giudice del dibattimento, a seconda che vi sia o no l'udienza preliminare – fino a che le parti non abbiano formulato le conclusioni nell'udienza preliminare o, in caso di citazione diretta a giudizio, subito dopo il compimento per la prima volta delle formalità di accertamento della costituzione delle parti in giudizio – il potere di accertare su richiesta dell'interessato la data di reale acquisizione della notizia di reato da parte del pubblico ministero. Ciò per rendere maggiormente effettiva ed efficace la modifica relativa ai termini delle indagini preliminari prospettata e più celere ogni valutazione di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo l'effettiva scadenza del termine di durata massima delle indagini.
  Relativamente ai riti alternativi e all'applicazione della pena su richiesta delle parti, come previsto dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 4, l'aumento dei limiti di pena applicabile a otto anni di reclusione risulta a nostro parere vanificato da una mancata razionalizzazione dell'istituto volta a introdurre misure premiali e altri benefici che favoriscono la scelta del rito. Si assisterebbe così a un immediato ampliamento delle preclusioni al rito fino a ricomprendere alcuni reati la cui esclusione può essere giustificata solo per ragioni di consenso politico.
  In merito al giudizio abbreviato, il disegno di legge intenderebbe modificare i presupposti relativi all'ammissibilità del giudizio abbreviato condizionato a integrazione probatoria, recuperando un criterio Pag. 5di compatibilità con le finalità di economia processuale del rito, diversamente da quanto già indicato in precedenza dall'Avvocatura, circa la necessità di ancorare l'ammissibilità ai concetti di rilevanza, novità, specificità della prova o del tema di prova.
  Con la specifica previsione di produzione di un'economia processuale e in rapporto ai tempi di svolgimento del giudizio dibattimentale, si corre il rischio che l'ammissione al rito speciale venga subordinata all'acquisizione solo delle prove cosiddette «veloci», anche in ragione di quanto previsto dall'articolo 12 dello stesso disegno di legge.
  In merito al giudizio immediato, lettera c) del comma 1 dell'articolo 4, la modifica mira a disciplinare ciò che in pratica già avviene nella prassi giudiziaria. La disposizione di cui al numero 2) della citata lettera c), andrebbe a limitare la previsione di proposizione subordinata del giudizio abbreviato solo all'ipotesi del rigetto del giudice della richiesta di patteggiamento, così garantendo all'imputato la possibilità di perfezionare comunque la proposta di patteggiamento fino alla celebrazione del giudizio in camera di consiglio.
  In merito al procedimento per decreto penale, con la previsione di subordinare l'estinzione del reato al pagamento della pena pecuniaria si corre il rischio di far aumentare la proposizione di opposizione al decreto penale. Si potrebbe prevedere piuttosto che il pagamento della pena pecuniaria estingua immediatamente il reato senza dover attendere i termini stabiliti dall'articolo 460, comma 5, del codice di procedura penale.
  Con riferimento al giudizio, in ordine alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 5, la recente e ancora attuale esperienza legata all'emergenza sanitaria Covid ci ha consentito di verificare che sia attuabile un protocollo di svolgimento delle udienze penali compatibili con una programmazione ad horas dei processi trattati in udienza, che ha consentito una celebrazione del rito in forma più ordinata e liturgica; però, preso atto di questa esperienza, il legislatore potrebbe imporre al giudice di predisporre un calendario con previsione ad horas dello svolgimento dei processi da trattare nel corso delle udienze imponendo un termine finale delle stesse che non vada oltre le ore 17, ad esclusione delle camere di consiglio.
  La previsione di introdurre nuovamente la relazione illustrativa delle parti sulla richiesta di prove ci fa ritornare in tempi in cui il pubblico ministero, approfittando dei maggiori poteri che la legge gli conferiva durante la fase delle indagini, anticipava la propria requisitoria, così illustrando al giudice gli esiti della propria attività di indagine e riducendo il compito del difensore alla funzione di chi intende prospettare fatti ulteriori o alternativi a quanto già emerso in fase di indagini, svuotando di significato le regole del giusto processo.
  La previsione di cui alla lettera c), comma 1, dell'articolo 5, sempre in ordine al giudizio, potrebbe comportare rischi di genuinità del contraddittorio.
  La lettera d) del medesimo comma 1 introdurrebbe una inaccettabile anticipazione della produzione delle consulenze tecniche della perizia. A ciò si potrebbe ovviare in modo semplice stabilendo in luogo di un termine di deposito un termine congruo entro cui le consulenze tecniche e le perizie siano messe a disposizione delle altre parti del processo. In tal senso si potrebbe salvaguardare in modo effettivo la terzietà del giudice e la genuinità del suo giudizio.
  Alla successiva lettera e) si prevede una pericolosa estensione della regola di cui all'articolo 190-bis, comma 1, del codice di procedura penale, ai casi di mutamento della persona fisica dei componenti del collegio. Si tratta ancora una volta di un'evidente limitazione del diritto di difendersi provando al cospetto di un magistrato che si presume perciò solo idoneo ad avere quella base cognitiva necessaria per poter emettere una sentenza di proscioglimento o di condanna anche nel caso in cui sia il magistrato individuato come estensore del provvedimento.
  Per quanto riguarda la previsione della lettera f) del comma 1 dell'articolo 5, si ritiene che sia troppo ampia e che andrebbe meglio specificata. Pag. 6
  In ordine al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica previsto dall'articolo 6, osservo che la previsione introduce sostanzialmente un'udienza preliminare anche nei casi di citazione diretta a giudizio di cui all'articolo 550 del codice di procedura penale, ancora una volta contraendo le garanzie difensive. Infatti risulterebbero anticipati a questa udienza i termini, a pena di decadenza, per la richiesta del giudizio abbreviato di cui all'articolo 4, o dell'applicazione della pena su richiesta delle parti o per la domanda di oblazione.
  Si precisa, peraltro, che in tale articolo non si menziona la messa alla prova, senza stabilire alcunché sulla regolare costituzione delle parti, innanzitutto e in particolare sulla regolare presenza dell'imputato, né su eventuali questioni preliminari.
  La nuova previsione non lascia alcuna facoltà di scelta di giudizio immediato così come previsto dall'articolo 419, comma 5, del codice di procedura penale. Sembrerebbe, inoltre, che il mancato richiamo della disciplina di cui all'articolo 434 del codice di procedura penale renda irrevocabile la sentenza di non luogo a procedere emessa in questa ipotesi, con ciò risultando irragionevole la differenza di disciplina con la sentenza di non luogo a procedere emessa in udienza preliminare in cui invece è previsto lo svolgimento di attività istruttoria.
  In ordine all'appello, articolo 7, in merito alla previsione di uno specifico mandato a impugnare rilasciato successivamente alla pronuncia della sentenza di primo grado, si registra un'evidente tendenza alla distruzione del principio del favor impugnationis, con il rischio concreto che a pagarne il dazio sia l'imputato più debole.
  L'estensione dei casi di inappellabilità delle sentenze di condanna, di cui alle lettere b), c), d) ed e), ribadisce il tentativo di ridurre le garanzie difensive dell'accusato sacrificate all'altare dell'efficientismo del sistema.
  In quanto alla previsione della competenza della corte d'appello in composizione monocratica, successiva lettera f), la lettura va completata con le previsioni contenute nell'articolo 15 del disegno di legge ed è sintomatica della volontà di cancellare il diritto dell'imputato a un secondo giudizio di merito.
  La previsione di applicazione di giudici onorari per la definizione dei giudizi di appello, considerate le esperienze registrate fino ad oggi, andrebbe a gravare con molte probabilità sul carico di lavoro della Suprema Corte di Cassazione.
  Le previsioni di cui alle lettere g) e h) del comma 1 dell'articolo 7 introducono la cartolarizzazione del giudizio di appello nei casi previsti, subordinandola alla richiesta da parte dell'imputato del suo difensore. Così come formulate appaiono irragionevoli e destinate a rarissime applicazioni. Si potrebbe prevedere un premio a favore dell'imputato che avanza una simile richiesta, che favorisce solo chi amministrano la giustizia. Non si comprende poi la scelta di escludere dalla previsione del rito camerale non partecipato l'ipotesi di cui all'articolo 599-bis del codice di procedura penale in caso di accordo già raggiunto tra le parti.
  In ordine alle condizioni di procedibilità previste dall'articolo 8, le previsioni contenute risultano apprezzabili e pongono rimedio a problemi emersi nella prassi giudiziaria.
  In ordine al ragguaglio fra le pene pecuniarie e le pene detentive, articolo 9, non vi sono osservazioni. Va apprezzata la finalità deflattiva della disciplina in ordine alla disciplina sanzionatoria delle contravvenzioni previste dall'articolo 10.
  Con riferimento alle disposizioni in materia di controllo giurisdizionale della legittimità della perquisizione, va apprezzata la finalità del nuovo istituto.
  Relativamente ai termini di durata del processo e le disposizioni per la trattazione dei giudizi di impugnazione delle sentenze di condanna, articoli 12 e 13, la mancata previsione della cosiddetta «prescrizione processuale», quindi di una sanzione capace di garantire l'accusato dall'irragionevole durata del processo, anche in ragione dell'attuale regime di prescrizione dei reati, riduce tale previsione a una mera esortazione, addirittura derogabile dal Consiglio Pag. 7superiore della magistratura. La stessa individuazione dei termini risulta irragionevole.
  La disciplina di cui all'articolo 13 è frutto della rivisitazione della disciplina della prescrizione di cui al successivo articolo 14.
  In ordine alle modifiche sul regime della prescrizione, la rivisitazione della disciplina sulla prescrizione, cosiddetto «Lodo Conte bis», non elimina il problema della sostanziale abrogazione della misura di estensione del reato con la sentenza di primo grado.
  Il meccanismo che differenzia il trattamento del condannato da quello dell'assolto, già visto peraltro con la riforma Orlando, viola i principi costituzionali della presunzione di innocenza e di uguaglianza.
  I complessi meccanismi di decorrenza dei termini necessari alla prescrizione dei reati individuati dalla norma, peraltro, rendono l'accusato presunto colpevole. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, avvocato. Adesso io darei la parola all'avvocato Donata Giorgia Cappelluto, componente del Consiglio direttivo nazionale dell'Associazione nazionale forense. Prego.

  DONATA GIORGIA CAPPELLUTO, penalista e componente del Consiglio direttivo nazionale dell'Associazione nazionale forense. Grazie. Vi porto preliminarmente i saluti del nostro segretario, Luigi Pansini, che alcuni di voi già conoscono. Si scusa tanto, ma oggi aveva un impedimento assoluto che non gli consentiva di partecipare. Noi ci riserviamo comunque la produzione di un documento specifico all'esito dell'audizione di oggi.
  L'Associazione nazionale forense prende atto dei dati statistici che sono stati riportati al momento della presentazione del disegno di legge, laddove in particolare si fa presente che il 42,7 per cento dei procedimenti penali sostanzialmente si prescrive o comunque consuma la maggior parte del termine di prescrizione in fase di indagini preliminari.
  L'altro dato altrettanto rilevante ai fini dell'audizione odierna è che c'è un insuccesso, a partire dal 1989, quasi costante dell'accesso ai riti alternativi, se si pensa che il rito abbreviato viene scelto soltanto nell'11 per cento dei casi, nel 7 per cento viene scelto il giudizio di patteggiamento e solo nel 4 per cento il procedimento per decreto.
  È evidente che, se si mira all'efficienza del processo, i due momenti critici in cui bisogna intervenire sono la fase delle indagini preliminari e indubbiamente la scelta dei riti alternativi.
  Il disegno di legge all'articolo 3 prevede, come meccanismo per contrarre questa fase dove matura gran parte del termine prescrizionale, di rideterminare i termini di durata delle indagini; ma nella sostanza, ad avviso nostro, non cambia molto perché il termine di durata massima che è stato ipotizzato è di 24 mesi comunque, al di là del fatto che la proroga può essere chiesta una volta per un periodo di sei mesi.
  In realtà il problema a nostro avviso non sta tanto nella predeterminazione di sei mesi, un anno e sei mesi o due anni della durata delle indagini. Possiamo anche portare il termine massimo con la proroga a tre anni. Il problema è incidere nel momento di stasi, cioè tra la conclusione o la scadenza del termine di durata massima delle indagini e il momento in cui viene esercitata l'azione penale.
  Il meccanismo ipotizzato dal disegno di legge è quello di superare il momento di stasi con l'ipotesi prevista dalla lettera e) del comma 1 dell'articolo 3, in base alla quale, decorso il termine massimo di durata, se entro tre mesi nel caso di termine breve di indagine – questo termine aumenta a sei mesi per la maggior parte dei reati e a un anno per i reati più gravi – il pubblico ministero non si è determinato o nel notificare l'avviso di conclusioni o nel formulare l'istanza di archiviazione, il difensore della persona offesa o dell'indagato può fare un'istanza di deposito, cioè di discovery anticipata.
  Questo meccanismo in astratto potrebbe essere un elemento che consente di eliminare la stasi che normalmente è costante, che fa consumare quel termine prescrizionale. In linea teorica noi condividiamo il Pag. 8meccanismo. Quello che non condividiamo è l'assenza di sanzione. L'articolo 3 prevede comunque una responsabilità disciplinare del pubblico ministero per negligenza inescusabile; però, se noi puntiamo all'efficienza del procedimento penale e quindi all'accelerazione dei termini di definizione, non possiamo rimettere al criterio della responsabilità disciplinare l'elemento vincente per superare un momento di stasi.
  È evidente che bisogna lavorare nel processo. Bisogna prevedere una sanzione di tipo processuale, cioè ci deve essere una conseguenza se il pubblico ministero non dà seguito a questa istanza di discovery anticipata, anche perché c'è una cosa che non è chiara, e a mio avviso si potrebbe intervenire dopo la lettera e) del comma 1 perché il legislatore non dice quali siano gli effetti sul procedimento. Si potrebbe ipotizzare un inciso in cui si stabilisce chiaramente che alla mancata soddisfazione di questa istanza deriva la stessa conseguenza che deriva in caso di omessa comunicazione o notifica dell'avviso di conclusione delle indagini, quindi le nullità assolute di tipo speciale, o prevedere una qualsivoglia altra sanzione processuale che incida però nel procedimento penale, non in altri ambiti; anche perché il procedimento penale non può essere una questione amministrativa tra il magistrato e lo Stato. È evidente che debba essere una questione che interessa innanzitutto l'imputato e, meglio ancora, la persona offesa. A mio avviso e ad avviso nostro deve essere ipotizzata una sanzione processuale, o quantomeno bisognerebbe dire che vale in questo caso la stessa sanzione prevista per l'ipotesi di omessa notifica dell'avviso di conclusione delle indagini, anche se la logica in questo caso sarebbe un po' diversa.
  Sottopongo alla vostra attenzione un'altra questione, sempre con riferimento alla fase delle indagini preliminari. È evidente che oggi il pubblico ministero non effettua un filtro quando richiede l'archiviazione, nel senso che molto spesso c'è una forma di deresponsabilizzazione. Sono statisticamente poche le richieste di archiviazione, salvo casi macroscopici di infondatezza della notizia di reato.
  È sicuramente condivisibile la prognosi che deve fare il pubblico ministero e che è stata introdotta all'articolo 3. In questo senso noi condividiamo il fatto di aver potenziato la regola di giudizio ai fini della richiesta di archiviazione e ai fini della funzione di filtro del giudice per l'udienza preliminare. Forse bisogna divulgare maggiormente la cultura di responsabilizzazione in questa fase e quindi non soltanto, come è stato detto, chiedere l'archiviazione se gli elementi non sono sufficienti, o meglio, idonei a esercitare l'azione penale e a sostenere l'accusa, ma già in fase di indagini preliminari lo stesso pubblico ministero si deve rappresentare la prospettazione dell'accoglimento o meno degli elementi che ha raccolto.
  Forse questo aspetto si potrebbe potenziare con un inciso che imponga al pubblico ministero anche di fare una prognosi sul fatto che la sua indagine è completa o non è completa. In molti casi, nella statistica soprattutto dei reati bagatellari, spesso arriva a dibattimento un fascicolo dove c'è soltanto la querela e poco più. Forse nei casi di accertamento, per esempio di tipo documentale, non completo in fase di indagine e che non può essere completato in prospettiva neanche con un approfondimento dibattimentale, si potrebbe arrestare il procedimento già in quella fase.
  Vengo all'altra nota dolente, cioè lo scarso accesso ai riti alternativi. Ad avviso dell'Associazione nazionale forense vanno bene tutti gli incentivi che sono stati ipotizzati all'articolo 4, con una precisazione per quanto riguarda il patteggiamento e il giudizio abbreviato.
  Per il patteggiamento, ad avviso nostro, gli sbarramenti sui reati ostativi vanno eliminati. Se noi pensiamo alle misure organizzative e ai criteri che oggi sono utilizzati dagli uffici della procura della Repubblica e se pensiamo ai procedimenti dove maggiormente viene applicata la cautela, ci rendiamo conto come la gran parte dei titoli di reati che sono ostativi sono quelli che più facilmente arrivano a giudizio e tra l'altro con il rito accelerato del giudizio immediato. Pag. 9
  È chiaro che in questo caso si sposta il tappo dalla fase delle indagini, finita la cautela, al dibattimento. Tutti questi reati andrebbero sicuramente non qualificati come ostativi, ma anche in questa ipotesi, cioè quelli della numero 2) della lettera a) del comma 1 dell'articolo 4, dovrebbe essere consentito il patteggiamento. Per renderlo ancora più premiale, al di là dell'accesso in sé per sé al rito alternativo, forse bisognerebbe anche estendere almeno alcuni degli effetti premiali previsti per il patteggiamento secco, come la mancata applicazione delle sanzioni processuali o il mancato pagamento delle spese processuali, non certamente la non menzione nel casellario giudiziale perché una condanna a otto anni grida vendetta ed è giusto che ci sia memoria storica di questo fatto.
  Per quanto riguarda il giudizio abbreviato, la proposta è condivisibile con una precisazione: forse bisogna incidere anche sul regime che ha introdotto la riforma Orlando. Uno dei motivi per cui oggi il rito abbreviato, soprattutto quello condizionato, non funziona, al di là del fatto che raramente le integrazioni nella prassi vengono concesse, è il fatto che la difesa deve rinunciare a esercitare il diritto di difesa, quindi non può eccepire l'eccezione di competenza territoriale. La difesa deve rinunciare a una serie di altre eccezioni, salvo alcune ipotesi particolari di gravità estrema.
  È ovvio che nel momento in cui la difesa ritiene di avere degli argomenti in punto di rito particolarmente decisivi non corra il rischio di bruciarsi questi seppure cavilli processuali che possono consentirgli di arrivare fino alla Cassazione, perché può ipotizzare di coltivare con un certo grado di probabilità di accoglimento fino alla Cassazione queste patologie processuali. Forse bisogna recuperare quella modifica che è stata introdotta nel 2017 e non menomare l'esercizio del diritto di difesa, cioè consentire il giudizio abbreviato condizionato senza chiedere alla difesa di rinunciare alle eccezioni, forse con l'unica ipotesi eventuale della eccezione territoriale che forse è quella che crea più problemi agli uffici giudiziari, perché vuol dire trasferire un fascicolo con molti imputati o comunque un fascicolo complesso e questo può comportare di per sé una perdita di tempo a scapito dell'efficienza del processo.
  Per il procedimento per decreto va senz'altro bene l'ipotesi di cui ai numeri 1) e 2) della lettera d). Si potrebbe, però, anche qui precisare che il procedimento per decreto deve essere scelto dal pubblico ministero sicuramente nei termini, adesso di sei mesi, domani sarà un anno, però non ci deve essere la stasi famosa di cui dicevo prima. Vale a dire, siccome c'è giurisprudenza consolidata per cui il termine che conta è quello del deposito della richiesta del decreto penale di condanna da parte del pubblico ministero e non quello del momento in cui il giudice accorda il decreto, voi capite che anche in questo caso la difesa è quasi istigata a fare opposizione, perché ci sono dei casi in cui tra la richiesta e la concessione di decreto passano quattro anni e la maggior parte dei procedimenti penali che riguardano contravvenzioni si prescrive in cinque. Io farei un cattivo servizio al mio cliente se non proponessi l'opposizione. Credo che su questo bisognerebbe proprio fissare un punto fermo.
  Per quanto riguarda il giudizio, l'Associazione nazionale forense aveva già suggerito in passato di introdurre l'udienza filtro anche nei procedimenti penali di competenza del tribunale in composizione monocratica. Da un punto di vista teorico siamo ancora abbastanza di questo avviso, però abbiamo sentito altre posizioni.
  Su questo vorrei fare una riflessione. In linea teorica andrebbe benissimo, potrebbe essere un modo per deflazionare l'accesso alla fase della cognizione del reato. Ma c'è un problema: nelle realtà giudiziarie dei tribunali piccoli si creerebbero delle incompatibilità, con l'ulteriore complicazione che un giudice del dibattimento che si deve occupare poi della cognizione di merito, in una realtà locale piccola, sarebbe condizionato dal giudizio della fase dell'udienza di smistamento; oltre al fatto che l'udienza di smistamento, come l'udienza preliminare, per far sì che il giudice sia effettivamente un filtro deve conoscere il fascicolo. Pag. 10
  Ripeto, nelle realtà piccole dove c'è un problema anche di organico, se non si rafforzano gli organici, probabilmente creare una doppia fase nel momento del dibattimento è una misura che non contribuisce ad aumentare l'efficienza dei termini del processo.
  Sempre per quanto riguarda la fase del giudizio, siamo contrari al fatto di prevedere in corsa, cioè a procedimento iniziato, che la parte che rinuncia a una prova che è stata ammessa debba non più avere il consenso degli altri. Questo per due ragioni: il primo, perché questo si presta un po' ad aumentare il taglio lineare che spesso viene fatto dalle istanze istruttorie da parte della difesa nella pratica; il secondo, perché nel momento in cui la difesa vede la lista testi o le richieste di prova della pubblica accusa è in tempo per controbilanciare le prove a carico con la richiesta delle prove a discarico. Io modulo la richiesta delle prove a discarico nei termini dell'articolo 468, comma 4, del codice di procedura penale, proprio in ragione delle istanze istruttorie del pubblico ministero. Se in corsa il pubblico ministero modifica la piattaforma probatoria e io non posso interloquire, mi mette in difficoltà. Su questo noi chiediamo un ripensamento.
  Ovviamente siamo contrari al fatto che, secondo la previsione della lettera e) del comma 1 dell'articolo 5, ci sia la possibilità di mutare il giudice persona fisica. Noi siamo convinti che il giudice del processo e chi emette la sentenza debba essere il giudice che evidentemente ha assistito alla formazione della prova.
  Ricordo che sono tante le deroghe, perché è stato enormemente allargato il novero delle possibilità di derogare a questo principio generale con l'aumento dei casi di incidente probatorio. Si tratterebbe di demolire ulteriormente questo principio, e secondo noi non è adeguato.
  Ultimo punto, il parametro di riferimento per i criteri di trattazione dei delitti colposi di cui alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 5. Lo dico adesso, così non lo ripeto per tutti gli altri casi. Ricordo che l'articolo 132-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale doveva essere una norma non strutturale nel codice di rito. È stata introdotta nel 2000 a seguito della riforma del giudice unico del 1999. L'obiettivo era quello di «veicolare» o favorire l'attuazione di quella riforma. Poi si è intervenuti di nuovo nel 2006 e nel 2008 e si è trasformata la norma in norma strutturale.
  Io credo che questa operazione chirurgica sia molto azzardata. Il fatto che provvedimenti amministrativi o criteri di selezione o parametri di individuazione singolari sul territorio nazionale possano mettere in crisi un principio di rango costituzionale, come l'articolo 112 della Costituzione, relativo all'obbligatorietà dell'azione penale, credo che sia un po' una forzatura.
  Al di là dell'impostazione difensiva o della nostra Associazione, credo che su questa norma in ultima analisi non siano d'accordo neanche troppo i magistrati, perché mi sembra di avere intuito che il Consiglio superiore della magistratura in alcune circolari e in alcuni provvedimenti abbia già stigmatizzato e abbia già manifestato un alert su questo rischio: le disposizioni di carattere amministrativo non possono mettere in crisi l'obbligatorietà dell'azione penale, che è un principio che consente di attuare secondo me il principio di uguaglianza sostanziale dei cittadini all'interno di un processo davanti al giudice. Quindi, delle due l'una: se per una questione di efficienza bisogna creare delle corsie prioritarie di trattazione o di selezione delle notizie di reato, ciò non può avvenire in questa forma. Rispetto al provvedimento amministrativo è meglio un intervento formale della legge, tenendo presente però che forse bisognerebbe più realisticamente iniziare a ripensare al fatto che in Italia debba ancora esistere l'esercizio dell'azione penale come obbligatorio.
  Faccio un'ultima precisazione per quanto riguarda l'appello e la prescrizione. Per quanto riguarda l'appello, noi insistiamo perché il principio di collegialità venga preservato. Saremmo d'accordo nel riservare la trattazione cartolare o comunque l'udienza camerale non partecipata soltanto a Pag. 11richiesta della parte, inteso dell'appellante, oppure in caso di concordato.
  Per quanto riguarda il concordato, credo che sia opportuno che rimanga nei termini di cui all'articolo 599-bis e non come nella precedente formulazione, proprio perché devono funzionare i riti alternativi in primo grado. Non bisogna arrivare all'appello. Se noi aumentiamo le fasce di accessibilità al concordato, rischiamo di far fallire i riti alternativi nel primo grado.
  Relativamente alla prescrizione, l'Associazione nazionale forense è ovviamente contraria al fatto che il termine di prescrizione si interrompa con l'emissione della sentenza di primo grado. Prendiamo atto della posizione più temperata di compromesso per cui a certe condizioni questo termine non si interrompe, per semplificare la sentenza di assoluzione. La ratio che secondo me è sottostante a questa scelta però non si può condividere. La ratio sarebbe che lo Stato conferma e riafferma il suo interesse alla punizione nei confronti degli imputati che vengono condannati anche in via non definitiva. Credo che questa scelta, questa ratio, comunque sia contraria al principio di presunzione di innocenza e che quindi non sia possibile anche per i termini per cui è stata articolata la disciplina. Questi riguardano la possibilità di recuperare a ritroso il termine che decorre, di modificare il conteggio a seconda dell'esito del giudizio di secondo grado o di primo grado. Credo che il meccanismo sia farraginoso. Inoltre, non ci consente di qualificare gli istituti in termini di categorie, perché non è ben chiaro allora a questo punto se parliamo di un istituto di diritto sostanziale, processuale o, come taluni dicono, di un nuovo istituto che ha poco a che fare con quello sostanziale ma un po' di più con quello processuale e che vuole essere un rimedio alla non efficienza del processo. Se facciamo diventare efficiente il processo, forse non c'è bisogno di riformare la prescrizione. Ho concluso.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Chiedo ai colleghi se intendono intervenire. Vorrei informare i colleghi che la relatrice, onorevole Sarti, è presente, mentre il relatore, onorevole Vazio, ha avuto un imprevisto e si scusa per non poter essere qui in audizione. Do ora la parola all'onorevole Bazoli.

  ALFREDO BAZOLI. Grazie, presidente. Ringrazio gli auditi per le relazioni molto esaustive. Ovviamente penso che l'Associazione italiana giovani avvocati abbia un documento scritto e auspico che anche l'Associazione nazionale forense ci consegni un documento. Io volevo fare qualche domanda a entrambe le associazioni.
  All'Associazione italiana giovani avvocati chiederei questo. Io non ho compreso esattamente, forse perché ho capito male, qual è la vostra valutazione sulla modifica della regola di giudizio per le scelte che deve fare il pubblico ministero e poi il giudice delle indagini preliminari sul rinvio a giudizio. Se non ho capito male, voi avete criticato la modifica della regola di giudizio per quanto riguarda le scelte del pubblico ministero, mentre avete detto che è invece corretta la modifica della regola di giudizio in sede di udienza preliminare.
  Siccome in realtà si tratta di due facce della stessa medaglia, perché la regola di giudizio che deve ispirare la scelta del pubblico ministero deve essere ovviamente coerente con quella che deve seguire il giudice delle indagini preliminari, volevo capire se ho inteso male io rispetto alla vostra valutazione oppure se c'è qualche ragione che giustifica una diversa valutazione da parte vostra su questa modifica normativa.
  Entrambe le associazioni hanno sottolineato, mi pare, che sia positiva la previsione di una norma che introduce la discovery, imponendo al pubblico ministero, su richiesta dell'imputato, di mettere a disposizione gli atti e poi di dare una tempistica per la richiesta di rinvio a giudizio. Entrambe le associazioni però hanno sottolineato, e peraltro questa indicazione è venuta anche da altri auditi, che ritengono insufficiente questa norma, nonostante possa avere un'efficacia positiva.
  Io condivido quanto diceva l'Associazione nazionale forense rispetto al fatto che noi dobbiamo cercare di ridurre quell'area grigia che c'è tra la conclusione delle indagini e l'avvio del processo, e questo Pag. 12dovrebbe servire esattamente a quell'obiettivo, però entrambi dite che, se l'unica sanzione è la sanzione disciplinare, rischia di essere sostanzialmente inefficace.
  Vorrei capire quale potrebbe essere – mi pare ne abbia fatto un accenno l'Associazione nazionale forense – una sanzione più efficace per garantire il rispetto di una regola che dovrebbe avere una funzione così rilevante nell'accorciare i tempi del procedimento. Qualcosa è stato detto, ma magari sarebbe utile qualche maggiore precisazione.
  Un altro aspetto riguarda i criteri di priorità. Io sento molte critiche su questo anche da parte delle camere penali, perché si dice che se si introducono dei criteri di priorità nella scelta dei pubblici ministeri, allora dovrebbe essere la politica a porre le priorità e non i pubblici ministeri.
  Però la domanda che faccio io è questa: siccome immaginare oggi di modificare il regime di obbligatorietà dell'azione penale, quindi di intervenire sulla Costituzione, è un'ambizione un po' fuori dalla portata non solo di questa maggioranza ma anche del clima politico generale – pertanto bisogna ragionare a Costituzione vigente ed è quello che stiamo cercando di fare noi – non ritenete, invece, che l'introduzione di criteri di priorità che vengono demandati agli uffici dei pubblici ministeri non sia idonea a garantire maggiore trasparenza e limpidezza nei criteri di scelta dei pubblici ministeri, scelta che tendenzialmente gli avvocati dicono – e io tendo a condividere – essere oggi abbandonata a un'enorme discrezionalità un po' occulta e un po' opaca?
  Se noi introduciamo nell'ordinamento processuale, o comunque nell'ordinamento giudiziario, una norma che impone ai capi degli uffici di mettere dei criteri di priorità, questo non conferisce maggiore trasparenza all'attività delle procure? Non può essere questo comunque un passo avanti? Se voi ritenete inopportuna questa cosa, non potrebbe allora forse la regola essere integrata con qualche ulteriore passaggio che devono fare gli uffici di procura nel momento in cui fanno i criteri di priorità? Voi dite che non possono essere solo i giudici a stabilirlo. Potrebbe essere allora che i giudici si debbano comunque confrontare con qualche altra categoria prima di emanare i famosi criteri di priorità? Questo potrebbe essere un ulteriore passo avanti, a Costituzione invariata, per raggiungere quell'obiettivo, sempre che quell'obiettivo sia condiviso, perché se non è condiviso ovviamente questo non vale.
  L'ultima cosa. Ho sentito da parte dell'Associazione italiana giovani avvocati un commento positivo sull'articolo 10 del disegno di legge riguardante l'introduzione di una nuova ipotesi di archiviazione condizionata per le contravvenzioni. Ho fatto già una domanda al Consiglio nazionale forense, ma la faccio anche a voi perché secondo me questo è un aspetto molto rilevante: ritenete che, se questa è un'ipotesi positiva, possa essere ulteriormente allargata, magari ampliando il novero dei reati cui possa applicarsi un'archiviazione condizionata, sulla scorta di un'esperienza che viene in particolare da Paesi dove questa fattispecie viene utilizzata con grande efficacia? Mi riferisco in particolare alla Germania, dove mi risulta che almeno 200 mila procedimenti all'anno vengono definiti attraverso l'archiviazione condizionata. Potrebbe essere che magari, ragionando e cercando di migliorare un'introduzione di un'ipotesi di questo genere, possa introdursi un ulteriore strumento deflattivo utile ed efficace per il processo penale?

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bazoli. Onorevole Vitiello, prego.

  CATELLO VITIELLO. Grazie, presidente. Buonasera agli auditi. Grazie per la vostra presenza. Due domande in tutto. Una di carattere generale. Sulla scorta della vostra esperienza professionale, non soltanto quindi associazionistica ma proprio perché fate gli avvocati tutti i giorni, avete fatto una valutazione di impatto complessiva di questa riforma sulla nostra quotidianità giudiziaria? Questa riforma ha l'ambizione di creare un efficientamento nel nostro processo penale rispetto ai tempi. Ebbene, rispetto a un'analisi complessiva di questo insieme normativo, voi avete fatto una valutazione Pag. 13su quello che sarà l'impatto con il nostro sistema, soprattutto alla luce della quantità e della mole del carico giudiziario dei singoli tribunali, in particolare partendo da quelli più piccoli? Questa è la prima domanda.
  La seconda fa un po' l'eco a quella che vi è stata già posta, però mi piace analizzarla ancora. Il collega Bazoli vi ha chiesto una specificazione su una questione che anche io non ho capito, soprattutto da parte dell'Associazione italiana giovani avvocati. Mi pare di aver capito che voi dite che per l'articolo 125 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale la modifica normativa non va bene mentre invece va bene per l'udienza preliminare. Delle due l'una secondo me. Sono certamente delle valutazioni che vengono fatte con obiettivi diversi, però il contributo di informazioni che deve essere posto a carico dello stesso è in negativo o in positivo.
  Mi chiedo se non sarebbe meglio chiamare le cose con il loro nome e dire che vogliamo una modifica che torni al giudice istruttore. Vi piace l'idea di una ragionevole condanna così come verrà impostata in udienza preliminare? Secondo voi quanto è compatibile il carico di lavoro dei singoli giudici dell'udienza preliminare rispetto a quella che è la prospettiva della ragionevole condanna che dovranno dare e rispetto alla scelta di un giudizio abbreviato alternativo? Dove sarà la differenza?
  Secondo voi è plausibile, nel contesto normativo nel quale ci troviamo, un decreto non motivato? È giusto che sia così, io non devo sapere qual è il percorso logico sulla necessità del dibattimento, sull'utilità del dibattimento. Ma se invece è ragionevole condanna, non sarebbe meglio un'ordinanza che dispone del giudizio (a quel punto motivata)? Non deve pesare un macigno anonimo di conoscenza. Io voglio capire qual è il tuo percorso formativo.
  Rispetto alla vostra esperienza di tribunale, sapete bene che ci sono giudici dell'udienza preliminare, di una certa levatura, anche per una questione di esperienza personale, e tanti giudici che in dibattimento subiscono già adesso un decreto che dispone del giudizio che li lascia anche un po' basiti. In questo caso, se la regola di giudizio potrebbe essere la ragionevole condanna – se noi andiamo a verificare il livello di sintassi, è questo: ragionevole condanna – noi stiamo inserendo un nuovo grado di giudizio, quello che non era prima l'udienza preliminare, con tutte le criticità dell'udienza preliminare. Io facendo l'avvocato penalista lo so; so quello che è successo in Cassazione negli ultimi dieci anni sull'udienza preliminare; lo so bene. Però con tutte quelle criticità noi oggi stabiliamo che diventa un grado di giudizio.
  Sull'abbreviato non voglio fare una vera e propria domanda: non ho capito una cosa. Mi creda, io dovrei essere l'ultimo a difendere la riforma Orlando del 2017 perché all'epoca facevo soltanto l'avvocato e l'ho subita come l'avete subita tutti quanti voi; però, proprio rispetto all'abbreviato, quella era una connotazione che era la traduzione di qualcosa che già avveniva dal punto di vista giurisprudenziale. Tante volte, volendo fare delle questioni, io trovavo il giudice dell'udienza preliminare che mi diceva: «va bene, le fai in udienza preliminare, poi dopo se io ti rigetto o comunque non ti rispondo come vuoi, ti fai l'abbreviato». Questa cosa non l'ho capita. Se c'è qualcosa che ho perso nel ragionamento che ha fatto le chiedo se me lo può spiegare meglio. Grazie.

  PRESIDENTE. Se non c'è nessun altro, chiederei ai nostri auditi di intervenire e di rispondere alle domande. Prego, avvocato Cappelluto. Inizi pure lei.

  DONATA GIORGIA CAPPELLUTO, penalista e componente del Consiglio direttivo nazionale dell'Associazione nazionale forense. Certamente la riforma Orlando nel modificare l'abbreviato ha preso atto della famosa giurisprudenza che citava lei. C'è un problema, però: è proprio quella giurisprudenza che ha fatto disincentivare il rito. È chiaro che, se un avvocato deve scegliere tra coltivare l'esercizio del diritto di difesa fino a quando ciò è possibile realisticamente e rinunciare a priori a delle chance, non lo fa; tanto più che, come lei Pag. 14saprà, nel territorio della Repubblica il giudizio abbreviato condizionato viene scarsamente praticato, perché c'è un po' un atteggiamento di rifiuto da parte del giudice dell'udienza preliminare che dice: «tu vuoi fare il processo per prenderti lo sconto ma avere le stesse garanzie del contraddittorio nella cognizione di merito e quindi dobbiamo trovare un'intesa». L'intesa è: «te lo respingo».
  Io prendo atto del fatto che c'è questa giurisprudenza; però credo anche che, se ci fosse una riaffermazione da parte del legislatore del fatto che il rito debba essere incentivato e quindi che il processo debba essere deflazionato, facendo un passo indietro rispetto alla riforma Orlando, credo che poi il giudice di legittimità dovrà prendere atto di una scelta di politica legislativa determinata, che è: «dobbiamo incentivare, non disincentivare la scelta del rito». Altrimenti il giudizio abbreviato diventa il patteggiamento di serie B nei casi di condanna scontata, mentre dobbiamo ricordare che l'avocazione del giudizio abbreviato, o meglio, l'ambizione di chi accede al giudizio abbreviato è quella di puntare anche a un'eventuale assoluzione con un minimo contributo alla piattaforma probatoria; altrimenti diventa un patteggiamento sul rito di serie B, cioè laddove non arrivo con il patteggiamento arrivo con l'abbreviato. A questo punto diamo per pacifico che sarà sempre una sentenza di condanna; mentre nell'originaria introduzione dell'istituto l'abbreviato poteva e deve avere anche una possibile soluzione nel senso di portare all'assoluzione dell'imputato. Secondo me lì la giurisprudenza dovrebbe essere un po' corretta con una riaffermazione da parte del legislatore.
  Vengo alle domande. Nell'ordine, parto da quella sui criteri di priorità. Certamente stabilire dei criteri di priorità conferisce all'esercizio dell'azione penale o al lavoro delle procure maggiore trasparenza nell'interesse di tutti.
  Il problema è la scelta dei criteri che vengono effettuati. Io credo che i criteri debbano avere una fonte legale. In quell'alveo – ad esempio processi a procedibilità d'ufficio, oppure processi dove è stata applicata una misura cautelare, oppure dove c'è la vittima – si devono stabilire dei criteri comunque a livello di provvedimento di legge formale. Poi, all'interno del criterio, la procura farà il suo piano organizzativo o adotterà la sua misura organizzativa.
  Per fare un paragone che renda il concetto, io credo che l'esperienza che abbiamo fatto in questi mesi con gli uffici giudiziari nella redazione dei protocolli dimostri, purtroppo, che i particolarismi territoriali incidono moltissimo sulle disuguaglianze, sulle disparità di trattamento in concreto, sull'accessibilità al servizio della giustizia.
  Io credo che lasciare troppa autonomia nella scelta dei criteri agli uffici non sia opportuno, ma per una questione proprio di uguaglianza. I criteri devono essere individuati, ma all'interno di un concetto che si deve rinvenire nella legge. Credo che sia eloquente il fatto che il Consiglio superiore della magistratura, da quando è stato introdotto l'articolo 132-bis, è intervenuto più volte a stigmatizzare alcune scelte di alcuni uffici e a richiamare i colleghi sul fatto che l'esercizio dell'azione penale è obbligatoria. Credo che quello sia un elemento di alert che deve farci riflettere.
  Poi sono d'accordo sul fatto che la trasparenza giovi a tutti; però, ripeto, ci devono essere due livelli. Il criterio base deve essere previsto dalla legge. In quell'ambito poi l'ufficio, sulla base delle risorse, dell'organico eccetera, stabilirà quali sono in modo trasparente le misure organizzative che ha deciso di adottare.
  L'altra domanda riguardava la regola di giudizio. Anche noi siamo d'accordo sul fatto che il pubblico ministero non possa usare una regola diversa da quella del giudice dell'udienza preliminare e che entrambi debbano prospettare quale potrà essere l'evoluzione del procedimento penale.
  Per quanto riguarda il giudice dell'udienza preliminare la nostra idea è che, fino a quando il codice di rito non impone al giudice per l'udienza preliminare di motivare tanto la sentenza di non luogo a procedere quanto il decreto che dispone il Pag. 15giudizio, è evidente che è più facile mandare a giudizio essendo quello un provvedimento non motivato; per cui io lo posso fare anche se non conosco le carte, per parlarci molto chiaramente.
  Per fare una sentenza di non luogo a procedere, siccome di fatto assolvo, dovrò motivare; ho un impegno motivazionale molto serio. Vuol dire che devo conoscere il fascicolo e quindi devo dedicare del tempo. Questo ovviamente a discapito della celerità.
  Se vogliamo che il filtro sia effettivo, ma non a scapito della difesa che dovrà poi discutere ancora a lungo e affrontare il processo, forse un correttivo può essere – però capisco che poi appesantisce e l'organico è quello che è – quello di imporre un obbligo motivazionale sia nei casi in cui il giudice dell'udienza preliminare ti rinvia a giudizio sia nei casi in cui il giudice dell'udienza preliminare emette una sentenza di non luogo a procedere.
  In questo caso abbiamo l'effettività della difesa, nel senso che a quel punto il magistrato ha emesso un provvedimento conoscendo le carte e avendo ben presente la piattaforma probatoria e anche quale potrà essere l'esito dello svolgimento del processo, cioè la prognosi ex ante. Questo per quanto riguarda l'udienza preliminare.
  La stessa cosa per il pubblico ministero. C'è solo un problema: noi chiediamo però al pubblico ministero di valutare la sua indagine e quindi, nei casi di incompletezza delle indagini, è come se noi chiedessimo all'oste quello che è. È questo il problema. Però, siccome la cultura della giurisdizione e siccome il pubblico ministero nei suoi compiti deve cercare le prove a carico, quelle a discarico e puntare alla verità, forse occorre anche un cambiamento culturale; occorrerà un po' di tempo.
  L'altra domanda riguardava la valutazione complessiva. La valutazione complessiva è che certamente, a Costituzione invariata per capirci, siamo in una buona direzione e abbiamo intrapreso secondo me una direzione giusta.
  Il problema è che deve essere un po' più coraggiosa, se mi è consentito; più coraggiosa nel senso che, se noi chiediamo alla difesa di rinunciare a certe sue prerogative sia in termini di garanzie sia in termini di prospettive di paracadute come può essere la prescrizione a livello difensivo, dobbiamo controbilanciare queste richieste di sostanziali rinunce o sacrifici difensivi con un'efficienza reale che premi la parte in modo compensativo.
  Per dirla diversamente, se c'è un errore in termini di efficienza, di non rispetto del termine, di omissione di un'azione doverosa eccetera, non possiamo pensare di puntare all'efficienza del processo soltanto basandoci su una responsabilità disciplinare del magistrato, che peraltro non sarebbe neanche cogente da oggi ma dal 1° gennaio 2024, e tenendo presente quello che eventualmente sarà l'impatto della riforma in concreto.
  Io credo che ci debbano essere dei meccanismi difensivi all'interno del processo. Prendiamo il caso di un'istanza di prelievo in appello. Io ti chiedo che il mio processo venga trattato entro sei mesi dal deposito dell'istanza perché hai superato i termini che mi consentono poi di accedere alla legge Pinto. Ma se non c'è sanzione la legge Pinto è garantita lo stesso. Uno dice: «va beh, ma poi hai quel rimedio». Sì, però non abbiamo perseguito l'efficienza del processo.
  Secondo me i meccanismi di tutela, in vista dell'aumento dell'efficienza dei tempi, vanno circoscritti e individuati sempre nell'ambito del procedimento. Ci deve essere una conseguenza per ogni termine non rispettato e per ogni azione omessa, altrimenti a mio avviso non si può perseguire quell'obiettivo. Ci vuole un po' più di coraggio. Capisco che questo è già un punto di equilibrio.

  PRESIDENTE. Avvocato, se ha concluso allora sentiamo l'esponente dell'Associazione italiana giovani avvocati.

  VALERIA CHIODA, tesoriere nazionale dell'Associazione italiana giovani avvocati. Parto dalla discussione in merito alla fase di discovery. Noi abbiamo rilevato che non avesse alcun effetto concreto sul procedimento penale ma solo sulla sanzione disciplinare Pag. 16 a carico del pubblico ministero per fatti dovuti a negligenza inescusabile. Probabilmente si potrebbe prevedere una sanzione disciplinare anche per fatti non solo dovuti a negligenza inescusabile.
  Comunque il nostro punto riguardava l'eventuale anticipo da parte della discovery degli strumenti difensivi di cui all'articolo 415-bis; cioè se anche dopo la discovery è possibile presentare le memorie di cui all'articolo 415-bis oppure occorre comunque attendere poi il 415-bis.
  Per quanto riguarda la sentenza di non luogo a procedere, giudice dell'udienza preliminare e udienza filtro, probabilmente non avevo spiegato bene. La previsione di un obbligo di motivazione, come anche la collega ha detto, sicuramente sarebbe un'ottima soluzione, anche perché dall'esperienza pratica sia le ordinanze che dispongono il giudizio sia quelle di non luogo a procedere attualmente non hanno alcun tipo di motivazione.
  Per quanto riguarda la questione della scelta dei reati, riteniamo che comunque debba esserci una previsione normativa e che tale decisione non possa essere lasciata agli uffici dei pubblici ministeri. Questo anche per le previsioni della nostra Costituzione.
  Per quanto riguarda l'articolo 10, a proposito dell'archiviazione delle contravvenzioni, la proposta che aveva fatto l'onorevole dell'ampliamento della possibilità di archiviazione in fase di indagini anche ad altri tipi di reati sicuramente potrebbe essere condivisibile. Grazie.

  PRESIDENTE. Bene. A questo punto io ringrazio l'avvocato De Angelis, l'avvocato Chioda e l'avvocato Cocchini per l'Associazione italiana giovani avvocati, l'avvocato Cappelluto per l'Associazione nazionale forense. Ringrazio i colleghi per gli interventi e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.