XVIII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 3 aprile 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brescia Giuseppe , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALE C. 1585 COST. APPROVATA DAL SENATO, E C. 1172 COST. D'UVA, RECANTI «MODIFICHE AGLI ARTICOLI 56, 57 E 59 DELLA COSTITUZIONE IN MATERIA DI RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI» E DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 1616, APPROVATA DAL SENATO, RECANTE «DISPOSIZIONI PER ASSICURARE L'APPLICABILITÀ DELLE LEGGI ELETTORALI INDIPENDENTEMENTE DAL NUMERO DEI PARLAMENTARI».

Audizione del Segretario generale del Consiglio Generale degli italiani all'estero (CGIE), Michele Schiavone.
Brescia Giuseppe , Presidente ... 3 
Schiavone Michele , Segretario generale del Consiglio Generale degli italiani all'estero (CGIE) ... 3 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 4 
Galdi Marco , Professore di diritto pubblico presso l'Università di Salerno ... 4 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 6 
Fitzgerald Nissoli Fucsia (FI)  ... 6 
La Marca Francesca (PD)  ... 6 
Ungaro Massimo (PD)  ... 7 
Carè Nicola (PD)  ... 7 
Donzelli Giovanni (FDI)  ... 7 
Schirò Angela (PD)  ... 7 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 8 
Galdi Marco , Professore di diritto pubblico presso l'Università di Salerno ... 8 
Schiavone Michele , Segretario generale del Consiglio Generale degli italiani all'estero ... 8 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 9 

Audizione del Professor Beniamino Caravita di Torrito, Professore di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università «La Sapienza» di Roma:
Brescia Giuseppe , Presidente ... 9 
Caravita di Toritto Beniamino , Professore di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università «La Sapienza» di Roma ... 9 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 11 
Ceccanti Stefano (PD)  ... 11 
Magi Riccardo (Misto-+E-CD)  ... 11 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 12 
Caravita di Toritto Beniamino , Professore di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università «La Sapienza» di Roma ... 12 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 12 

Allegato 1: Memoria presentata dal segretario generale del Consiglio Generale degli italiani all'estero (CGIE), Michele Schiavone ... 13 

Allegato 2: Ulteriore documentazione presentata dal segretario generale del Consiglio Generale degli italiani all'estero (CGIE), Michele Schiavone ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE BRESCIA

  La seduta comincia alle 15.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Segretario generale del Consiglio Generale degli italiani all'estero (CGIE), Michele Schiavone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame delle proposte di legge costituzionale C. 1585 cost. approvata dal Senato, e C. 1172 cost. D'Uva, recanti «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari», e della proposta di legge C. 1616, approvata dal Senato, recante «Disposizioni per assicurare l'applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari», l'audizione del Segretario generale del Consiglio Generale degli italiani all'estero (CGIE), Michele Schiavone.
  Saluto il dottor Schiavone, nonché i componenti della delegazione che lo accompagna, lo ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione e chiedo cortesemente di contenere il suo intervento in circa dieci minuti, in modo da consentire ai commissari di porre eventuali domande. Prego, a lei la parola.

  MICHELE SCHIAVONE, Segretario generale del Consiglio Generale degli italiani all'estero (CGIE). Molto volentieri, onorevole Presidente Brescia. Siamo noi a ringraziarla e a ringraziare i parlamentari presenti per averci invitato ad esprimere dei pareri e delle sollecitazioni rispetto al tema in oggetto, ovvero la riforma costituzionale relativa alla riduzione del numero dei parlamentari nei due rami del Parlamento.
  La relazione sull'argomento in discussione sarà svolta in parte da me, in parte dal professore Marco Galdi, Professore ordinario di diritto pubblico presso l'Università di Salerno, il quale da tempo segue le attività e conosce bene il Consiglio Generale degli italiani all'estero.
  Innanzitutto, vorrei sottoporvi le ragioni e il senso del Consiglio Generale degli italiani all'estero, che è un organismo rappresentativo delle comunità italiane presso tutti gli organismi che pongono in essere politiche che interessano gli italiani all'estero. Questo compito ci è riconosciuto dalla legge 18 giugno 1998 n. 198.
  Presidente, noi abbiamo avuto il piacere e l'onore di incontrarla un mese fa, assieme alla relatrice Anna Macina, ed oggi formuliamo le nostre osservazioni sulla proposta di legge di revisione costituzionale, che riduce il numero degli eletti da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato. Tale proposta prevede, per la circoscrizione Estero, un pesante taglio: dagli attuali 18 si arriverebbe a soltanto 12 eletti, per cui dovrebbero essere assegnati 8 deputati e 4 senatori, in rappresentanza di 4 ripartizioni elettorali in cui operano a favore dell'Italia quasi 6 milioni di cittadini che vivono in tutto il mondo. Ci permettiamo di dire che questa proposta è ipotizzabile soltanto dal punto di vista aritmetico, non da quello democratico. Pag. 4
  Questa infatti costituisce, dal nostro punto di vista, una gravissima lesione del principio di uguaglianza tra i cittadini, sancito dall'articolo 3 della Costituzione italiana. Se approvata, tale proposta acuirebbe gravemente la già profonda discrepanza nel rapporto numerico tra elettori ed eletti e determinerebbe un vulnus nell'applicazione dei basilari princìpi della democrazia, relegando tutti i cittadini residenti fuori dai confini nazionali ad una condizione di inferiorità e marginalità.
  Il numero fisso e limitato degli eletti attribuiti alla Circoscrizione Estero ha creato, fin dalla sua istituzione, un rapporto di rappresentanza più che sbilanciato, a danno dei cittadini iscritti all'AIRE, l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero. Dal 2006 ad oggi, la base elettorale in Italia è andata calando, mentre quella degli iscritti all'AIRE è aumentata del 60 per cento circa e continua a crescere a causa dei flussi di emigrazione stabile, cui si aggiungono gli italiani temporaneamente all'estero e non tutti registrati in questo registro, anch'essi in ascesa.
  I cittadini italiani temporaneamente all'estero hanno avuto diritto di partecipare alle elezioni nella Circoscrizione Estero a partire dal 2015.
  Alla luce delle ultime elezioni del 2018, il deputato eletto in Italia rappresenta 96.000 abitanti, l'eletto all'estero 400.000 iscritti; il senatore eletto in Italia rappresenta 192.000 abitanti, l'eletto all'estero per il Senato 800.000. Se la riforma della Costituzione dibattuta in Parlamento entrasse in vigore, lo squilibrio nella rappresentanza dei cittadini residenti all'estero rispetto a quelli residenti in Italia diventerebbe drammatico: un deputato eletto in Italia rappresenterebbe 150.000 abitanti, un eletto all'estero 700.000; un senatore eletto in Italia poco oltre 300.000 abitanti, un eletto all'estero al Senato 1.400.000.
  Persistere in tale progetto significherebbe non soltanto mettere in discussione l'effettività del voto, ma anche ledere il diritto primario di cittadinanza dei connazionali che risiedono fuori dall'Italia, nonché inviare un messaggio negativo e controproducente a milioni di donne e uomini, che sono i portatori e promotori più diretti ed efficaci degli interessi e dell'immagine dell'Italia nel mondo. Signor presidente Brescia, vorremmo far comprendere che qualsiasi diminuzione dei diritti garantiti ai cittadini basata sul luogo di residenza non ha fondamento nella Costituzione italiana ed è chiaramente contraddetta dai suoi princìpi ispiratori. La riforma costituzionale in discussione potrebbe costituire piuttosto l'occasione migliore per riequilibrare equamente la rappresentanza parlamentare, assegnata alla Circoscrizione Estero, stralciando qualunque ipotesi di riduzione del numero degli eletti all'estero dalla ridefinizione del numero totale dei parlamentari.
  Queste sono alcune considerazioni di carattere generale in merito alla proposta di legge in discussione, che è già passata al Senato (in quel ramo del Parlamento sono stati presentati disegni di legge sia da parte della maggioranza sia da parte della minoranza) La proposta è oggetto di indagine conoscitiva da alcune settimane in questa Commissione, inducendoci a riflettere sugli effetti che questa riforma avrebbe sulla Circoscrizione estero.
  Nei giorni a venire predisporremo un documento su questi punti, invece sulle questioni più prettamente giuridiche chiederei al professor Marco Galdi, se il presidente lo consente, di svolgere alcune riflessioni rispetto alla natura costituzionale di questo provvedimento.

  PRESIDENTE. Prego, professor Galdi.

  MARCO GALDI, Professore di diritto pubblico presso l'Università di Salerno. Grazie, presidente. Onorevole presidente, onorevoli deputati e deputate, prendo le mosse dall'audizione che in questa sede ha svolto lo scorso 28 marzo il professore Massimo Luciani, per condividere l'idea, dallo stesso espressa ed ampiamente argomentata, circa la necessità di procedere ad un taglio meno drastico del numero dei parlamentari, posizione peraltro espressa in vario modo nel corso di altre audizioni agli atti della Commissione.
  In particolare, però, condivido la considerazione circa l'eccessiva riduzione del Pag. 5numero dei parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero (punto primo della relazione svolta dal professor Luciani). Delle soluzioni prospettate dall'eminente collega, la prima, consistente nel lasciare invariato il numero dei parlamentari eletti nella Circoscrizione estero, appare a mio giudizio certamente preferibile, nella misura in cui consente di valorizzare adeguatamente l'apporto che i nostri connazionali, che sempre più numerosi si trasferiscono all'estero per ragioni di lavoro, possono dare, per il tramite dei propri rappresentanti in seno al Parlamento, all'affermazione in un mondo ormai globalizzato degli interessi nazionali italiani.
  La soluzione paventata dallo stesso professor Luciani, invece, di eliminare del tutto la Circoscrizione Estero, non sembra condivisibile, in quanto da una parte si tratterebbe di incidere anche sull'articolo 48, comma 3, della Costituzione, disposizione allo stato estranea alla proposta di revisione costituzionale, dall'altra si annullerebbe ex abrupto una conquista di recente ottenuta, frutto di un lungo, tortuoso ed ampiamente condiviso percorso parlamentare.
  Peraltro, l'orientamento fino ad oggi rilevabile nel dibattito parlamentare in corso tende a conservare la composizione numerica, specificamente individuata da singole disposizioni costituzionali, a partire dai cinque senatori a vita di nomina presidenziale, per i quali l'articolo 3 del progetto di legge C. 1585 opera come interpretazione autentica dell'articolo 59, e dal numero dei rappresentanti delle regioni nel collegio chiamato all'elezione del Presidente della Repubblica.
  Ne discende che anche l'indicazione di dodici deputati e sei senatori eletti nella Circoscrizione estero può essere conservata, senza per questo alterare eccessivamente il sistema.
  D'altronde, applicandosi la riforma proposta, lo squilibrio nella rappresentanza di cittadini residenti all'estero rispetto a quelli residenti in Italia diventerebbe insostenibile, come ha rimarcato, anche con dati molto precisi, nel suo intervento, il dottor Michele Schiavone.
  Sembra pertanto indubbio che questo rapporto sia destinato ad aggravarsi ulteriormente. A ciò va aggiunto che l'approccio adottato dalla proposta in esame, consistente nell'operare un taglio lineare dei parlamentari, a partire dalle previsioni numeriche contenute negli articoli 56 e 57 della Costituzione, non appare coerente con la previsione di cui all'articolo 48, terzo comma, della Costituzione, che afferma il principio di effettività del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero, istituendo a tal fine (letteralmente così recita l'articolo 48, terzo comma) la Circoscrizione estero per l'elezione delle Camere.
  Per un verso, infatti, il principio di effettività come compito del legislatore ordinario sta ad indicare la necessità di prevedere meccanismi elettorali alternativi, che facilitino l'esercizio del diritto di voto al di fuori del territorio nazionale, dove è praticamente impossibile assicurare la predisposizione capillare dei seggi elettorali (quindi il riferimento è al voto per corrispondenza).
  Per altro verso, però, l'effettività va anche intesa come principio ispiratore della norma costituzionale che assegna i seggi alla Circoscrizione Estero, di cui al secondo periodo dell'articolo 48, terzo comma, della Costituzione, richiamando il legislatore al rispetto dell'effettiva proiezione delle intenzioni di voto degli elettori italiani residenti all'estero, con la conseguenza che detto principio verrebbe di fatto frustrato dalla riduzione significativa del numero dei parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero, che, come si è visto, risulta già esiguo in rapporto al numero degli aventi diritto al voto.
  Il principio di effettività risulterebbe inoltre compromesso anche per la circostanza che gli attuali sistemi proporzionali adottati nella Circoscrizione Estero dovrebbero necessariamente, in considerazione dell'esiguità dei candidati, trasformarsi in sistema elettorale di tipo maggioritario, con l'evidente conseguenza che un numero estremamente consistente di suffragi non risultati utili all'elezione andrebbero del tutto dispersi. Pag. 6
  Detta circostanza sul piano empirico finirebbe inevitabilmente per incidere sulla partecipazione elettorale dei nostri connazionali residenti all'estero, recando un colpo mortale all'istituto così a lungo atteso e solo di recente conquistato.
  Indubbiamente, quindi, si avrebbe un approccio più rispettoso dell'articolo 48 della Costituzione allorché la revisione costituzionale in esame valutasse di espungere del tutto il riferimento agli eletti nella Circoscrizione Estero dal taglio lineare, prevedendo, in aggiunta alla rideterminazione del numero dei deputati e senatori eletti nel territorio nazionale, che il numero dei deputati e dei senatori eletti all'estero resta immutato.
  Le brevi considerazioni che precedono sono rese nella profonda convinzione del valore straordinario che ha assunto anno dopo anno l'esperienza del voto riconosciuto ai nostri connazionali all'estero, consentendo il rafforzarsi di uno stabile legame con l'Italia, non percepita solo come terra di origine, ma come comunità nazionale, alle cui sorti si continua ad essere legati e al cui futuro si possa ancora contribuire da cittadini attivi.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Ringrazio i rappresentanti del CGIE per il parere che hanno espresso e volevo sottolineare che la riforma costituzionale così ipotizzata, senza tener conto della specificità della Circoscrizione Estero, sembra frutto della fretta di cambiare senza entrare nel merito delle questioni, piuttosto che di una volontà riformatrice, votata all'efficientamento del sistema parlamentare italiano.
  In passato, ho già chiesto, a mezzo stampa, di stralciare la Circoscrizione Estero dalla riforma e di lasciare tale Circoscrizione così com'è, e lo ribadisco anche qui, portando l'esperienza concreta di chi si trova a rappresentare gli italiani su un territorio vasto come il Nord e il Centro America.
  Parliamo di territori vasti come continenti, che vedono aumentare la presenza di italiani, oltre 5 milioni di iscritti all'AIRE che, pur corrispondendo al numero di abitanti in una regione grande come il Lazio, sono rappresentati solo da dodici deputati e da sei senatori. La riforma vorrebbe che i rappresentanti si riducessero a otto deputati e quattro senatori; ciò renderebbe impossibile garantire una rappresentanza territoriale e di sensibilità a politiche differenti.
  Di fronte a un elettorato che è cresciuto del 56 per cento dal momento che è stato introdotto il voto all'estero, noi non solo non aumentiamo la rappresentanza, ma la diminuiamo; è come dire ai cittadini che vanno all'estero «attenzione, se vai all'estero, la tua cittadinanza vale la metà»; anzi si farebbe di più, si diminuirebbe ancora la rappresentanza all'aumentare della popolazione iscritta all'AIRE: un controsenso che spero questo Parlamento non porterà avanti.
  Se così fosse, faremmo dei residenti all'estero cittadini di «serie B» e degli eletti all'estero una pura rappresentanza scenografica, tipo quella del Parlamento iraniano, dove le minoranze religiose hanno diritto ad un solo rappresentante, uno per gli ebrei e uno per i cristiani.
  A quel punto, forse sarebbe meglio eliminare la quota degli eletti all'estero, potenziare il CGIE, potenziare i Comites e far votare i residenti all'estero per i loro candidati nei luoghi di origine, ma questo costituirebbe la fine di una scommessa innovativa e di modernizzazione del sistema Italia, in cui le esperienze all'estero si potevano innestare nel tessuto politico italiano. Sarebbe un vero peccato, un vero tradimento del grande progetto di inclusione degli italiani all'estero, realizzatosi con la riforma dell'articolo 48, terzo comma, della Costituzione.
  Credo quindi, signor presidente, che si debba svolgere una riflessione davvero seria.

  FRANCESCA LA MARCA. Intervengo per ringraziare per questa audizione e per dire, come Gruppo PD (mi permetto di parlare anche a nome dei colleghi Schirò, Pag. 7Ungaro e Carè), che noi ci siamo mossi da subito – da mesi ormai – su questa questione, perché essa tocca tutti noi e riguarda non solo gli italiani all'estero, ma gli italiani in Italia.
  Siamo profondamente contrari a questo taglio dei parlamentari all'estero, perché siamo già partiti nel 2001 (credo che il dottor Schiavone sia d'accordo) con un numero molto basso. Questo è il primo passo per tagliare del tutto la nostra rappresentanza all'estero, perché c'è una profonda mancanza di rispetto nei confronti degli italiani nel mondo.
  Noi siamo profondamente contrari a questo taglio, l'abbiamo manifestato pubblicamente e continueremo a farlo; continueremo a portare avanti questa battaglia, perché, per quanto ci riguarda, è incostituzionale.

  MASSIMO UNGARO. Solo una battuta, senza ripetere gli argomenti posti dalla collega La Marca, che completamente sottoscrivo. Rivolgo una domanda al professore Galdi. Poiché già adesso un voto di un italiano in Italia vale due volte il voto di un italiano all'estero, con la riforma invece varrà oltre quattro voti di italiani all'estero, creando una discrepanza in quella che dovrebbe essere un'unica idea di cittadinanza, per la quale non esistono cittadini di «serie A» e di «serie B», lei crede che la riforma possa essere definita incostituzionale? Ci sono, secondo lei, rilievi di incostituzionalità? Le vorrei chiedere di essere chiaro su questo argomento.

  NICOLA CARÈ. Vorrei soltanto formulare una domanda, visto che il dottor Schiavone, che ringrazio per la sua relazione, vive all'estero da moltissimo tempo. Il 30 per cento del PIL italiano è costituito dall’export, quindi vorrei sapere da lei, visto che vivo all'estero da 35 anni, a prescindere da tutte le questioni giuridiche e tutte le conseguenti discussioni che possono apparire asettiche, quale sia il feeling degli italiani all'estero verso una proposta del genere, che rischia di prenderli in giro ancora una volta, nonostante siano una delle forze fondamentali per questa economia.

  GIOVANNI DONZELLI. Credo sia importante quanto ci è stato segnalato e ritengo non vada trascurata l'emigrazione che nel frattempo è avvenuta dall'Italia, perché più aumentano gli italiani che emigrano all'estero, per colpe non degli italiani all'estero, ma spesso dei Governi, che non creano le condizioni per rimanere in Italia, più è assurdo tagliare la possibilità di voto per gli italiani all'estero.
  Chiedo, quindi, ai nostri ospiti se ci possano aiutare ad ipotizzare non tanto il taglio, quanto una riforma del sistema elettorale per gli italiani all'estero, per riuscire a farli sentire davvero partecipi.
  Noi ci batteremo contro il taglio della circoscrizione Estero, siamo favorevoli alla riduzione del numero dei parlamentari, ma contro il taglio del numero dei rappresentanti degli italiani all'estero (tagliamone magari qualcuno in più in Italia, non c'è niente di male), ma al tempo stesso chiediamo un aiuto per poter valutare una riforma del sistema elettorale che permetta una maggiore vicinanza.

  ANGELA SCHIRÒ. Ringrazio i nostri ospiti per le loro relazioni. Io sono nata e cresciuta in Germania e ho già detto in precedenza che essere definita cittadina di serie B mi fa male, perché di cittadinanza ce n'è solo una. Mi fa arrabbiare, parlando come rappresentante anche della storia della mia famiglia, perché già adesso noi abbiamo difficoltà ad ascoltare e portare qui tutte le preoccupazioni e tutti i problemi degli italiani all'estero, che non sono pochi, perché spesso, purtroppo, da una parte si dice che sono persone che fuggono, dall'altra c'è questa idea strana che chi vive all'estero viva, per così dire, in un mondo della cuccagna. Invece non è così, le problematiche sono tante.
  Già adesso, come evidenziato anche dalla collega Nissoli, la ripartizione Europa della circoscrizione Estero è così grande che è quasi impossibile essere ovunque ed ascoltare le problematiche che ci sono. Inoltre, abbiamo una rete consolare in cui si riscontrano sempre problemi di mancanza di personale, di pratiche che non riescono ad essere portate a termine. Se riduciamo i parlamentari, chi dovrà occuparsi di tutte Pag. 8queste cose? Questo significa che all’ Italia non interessa cosa succede ai suoi figli all'estero: «arrangiatevi» è la risposta che ci viene data più o meno da un anno dinanzi a tutti i problemi che solleviamo per gli italiani all'estero.
  Mi dichiaro quindi completamente contraria, perché ridurre significa soltanto fare il primo passo per poi tagliare tutta la rappresentanza degli italiani all'estero, e sinceramente per me – che quando ho votato per la prima volta per il Parlamento italiano ho provato un'emozione grandissima, perché finalmente mi sono resa conto di far parte veramente di questo Paese, di essere cittadina italiana a tutti gli effetti – sarebbe disastroso.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MARCO GALDI, Professore di diritto pubblico presso l'Università di Salerno. Anche se la mia simpatia per gli italiani all'estero mi porterebbe a dare una risposta diversa, qui stiamo parlando di un procedimento di revisione costituzionale e i limiti al procedimento di revisione costituzionale sono quelli previsti dall'articolo 139 della Costituzione, quindi la forma repubblicana, che può essere intesa anche in un senso un po’ più ampio, ricomprendendo i princìpi fondamentali, secondo una parte della dottrina, ma comunque sono limiti definiti.
  Immaginare che una legge di riforma costituzionale possa essere incostituzionale non è facilissimo. Certamente nella mia relazione ho fatto anche riferimento al principio di effettività del voto, di cui all'articolo 48, che rimarrebbe in Costituzione e quindi potrebbe costituire in qualche modo un punto di riferimento, un parametro di valutazione di questa riforma, però alla domanda se la riforma sia incostituzionale francamente non credo di poter dare una risposta affermativa.
  Mi permetto solo una brevissima considerazione ulteriore, con riferimento all'intervento dell'onorevole Donzelli. Condivido pienamente l'esigenza di una riflessione complessiva sulla materia del voto degli italiani all'estero, ma il modo più sbagliato per affrontare questa revisione complessiva è quello di partire di fatto da una negazione, da uno svuotamento del voto degli italiani all'estero, con l'operazione di drastica riduzione del numero dei parlamentari. Che però ci sia bisogno di una riflessione complessiva sulla legge che dà attuazione a questo istituto mi pare un'affermazione sacrosanta.

  MICHELE SCHIAVONE, Segretario generale del Consiglio Generale degli italiani all'estero. Con riferimento alla questione posta dall'onorevole Nicola Carè sulle potenzialità economiche prodotte dalle nostre comunità nei cinque continenti, già 30 anni fa, in occasione della seconda Conferenza mondiale dell'emigrazione, il CNEL quantificò intorno all'8 per cento la percentuale relativa agli effetti produttivi in materia finanziaria sul nostro Paese. Questa percentuale con gli anni è aumentata, l'Italia esponenzialmente è tra i Paesi più esposti a livello europeo e le comunità degli italiani nel mondo sono una risorsa e un vettore cui il nostro Paese affida la propria esposizione economica, e non solo.
  In merito alla considerazione dell'onorevole Donzelli sulla questione relativa al taglio dei parlamentari previsto dal progetto di legge C. 1585, ribadisco che la circoscrizione Estero, creata con la riforma di cui alla legge costituzionale n. 1 del 2000, risponde a due princìpi che non possono essere negati: il pieno esercizio del diritto di voto e di rappresentanza diretta dei cittadini italiani all'estero; l'esigenza di non riversare all'interno dei collegi elettorali italiani il voto di milioni di residenti all'estero, che potrebbero di fatto condizionare o stravolgere le scelte locali. Non avviene per i referendum, ed è una constatazione di carattere giuridico-costituzionale molto interessante da approfondire. La circoscrizione Estero è stata quindi aggiunta alla mappa dei collegi elettorali in Italia, che vengono determinati sulla base della popolazione, mentre contraddittoriamente il numero dei rappresentanti degli italiani all'estero è stato sottratto al totale degli eligendi in Italia e sarebbe di nuovo ora, con questa proposta, sottratto al totale dei 200 senatori e 400 deputati previsto Pag. 9dalla proposta di legge costituzionale in esame.
  Alla luce di questo ragionamento, per soddisfare il pieno godimento dei diritti di cittadinanza di tutti gli italiani ovunque risiedano e vivano, in Italia o all'estero, il Consiglio generale degli italiani all'estero, che mi onoro di rappresentare, ritiene che nella discussione della proposta di legge costituzionale C. 1585 al numero previsto di 200 senatori da eleggere in Italia si debbano aggiungere i sei senatori eletti all'estero, per formare un Senato di 206 membri, e al numero di 400 deputati eletti in Italia si debbano aggiungere i dodici deputati eletti all'estero (mi riferisco alle sottolineature enfatizzate dal professor Marco Galdi rispetto al ruolo che hanno i cinque senatori a vita e i rappresentanti delle regioni nel momento in cui si elegge il Presidente della Repubblica).
  Vi ringrazio, signor presidente, per averci dato questa possibilità di esprimere le nostre riflessioni e i nostri suggerimenti, e ci auguriamo che su tale questione gli italiani all'estero non vengano trattati in maniera impari rispetto ai cittadini italiani che vivono in Italia, perché diversamente ci troveremmo di fronte ad una divisione lineare tra uguali de jure, quando con i numeri espressi oggi dagli italiani all'estero l'uguaglianza non esiste, perché non è nel 2 per cento della rappresentanza che si quantificano i diritti di una comunità che esprime per difetto il 10 per cento della nostra nazione.
  Gli italiani nel mondo da quando, vent'anni fa, si introdusse la riforma costituzionale di cui alla legge costituzionale n. 1 del 2000, sono raddoppiati, quella cifra della rappresentanza di cui si parla, dodici deputati e sei senatori, fu un compromesso tra tutte le forze politiche dell'epoca e quella legge fu approvata senza ricorso al referendum.
  Io non sono un costituzionalista, sono un povero operaio, e chiedo, a nome di tutti gli italiani nel mondo, di avere rispetto della loro dignità e soprattutto dei loro diritti (Applausi).

  PRESIDENTE. Colleghi, non è permesso applaudire durante le sedute della Commissione. Avverto che il Segretario generale del Consiglio Generale degli italiani all'estero (CGIE), Michele Schiavone, ha messo a disposizione della Commissione della documentazione, di cui autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati).
  Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del professor Beniamino Caravita di Toritto, Professore di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università «La Sapienza» di Roma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame delle proposte di legge costituzionale C. 1585 cost. approvata dal Senato, e C. 1172 cost. D'Uva, recanti «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari», e della proposta di legge C. 1616, approvata dal Senato, recante «Disposizioni per assicurare l'applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari», l'audizione del Professor Beniamino Caravita di Toritto, Professore di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università «La Sapienza» di Roma.
  Ringrazio il professor Caravita di Toritto per aver accolto il nostro invito e gli chiedo cortesemente di contenere il proprio intervento in dieci minuti.

  BENIAMINO CARAVITA DI TORITTO, Professore di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università «La Sapienza» di Roma. Grazie, presidente. Ringrazio la Commissione per questa occasione di riflessione e dell'onore di essere audito.
  Dopo due tentativi di riforma organica falliti, quelli del 2006 e del 2016, era abbastanza inevitabile il ritorno a tentativi di riforme puntuali. Riforme puntuali però non vuol dire che si possa procedere senza tener conto degli effetti di sistema, sia delle singole riforme, sia delle diverse riforme che vengono messe in cantiere contemporaneamente.
  La riduzione del numero dei parlamentari è sicuramente un obiettivo di grande Pag. 10rilievo e di grande impatto politico, e sono facilmente comprensibili le ragioni di una scelta siffatta, in larga misura condivisibili. Il punto, però, è se ne siano state valutate tutte le conseguenze di sistema. Non c'è un problema di raffronto con i numeri delle altre democrazie rappresentative: i numeri si possono leggere sempre in modo diverso ed è possibile dare una giustificazione in un senso o in un altro: il raffronto tra l'Italia e le altre democrazie moderne può essere fatto facendo riferimento al carattere elettivo delle due Camere o al rapporto con il numero degli abitanti. Le ricerche che sono fornite dagli uffici della Camera danno testimonianza di ciò e offrono la possibilità di giustificazione in un senso o in un altro.
  Il tema non va impostato nemmeno nel senso della maggiore o minore autorevolezza di Camere più o meno numerose: anche sotto questo profilo esempi ce ne sono in tutte le direzioni. E nemmeno va impostato, ma con una qualche attenzione, sotto un profilo di funzionalità. Sicuramente Camere più ridotte possono funzionare meglio, e faccio l'esempio della maggiore difficoltà di presentare micro-emendamenti (è chiaro che, più sono i parlamentari, più aumenta il rischio di micro-emendamenti); però faccio anche l'esempio della difficoltà a costituire Commissioni, specie in sede deliberante, con un numero molto ridotto. Le Commissioni in sede deliberante, se rimanesse al Senato l'attuale numero di Commissioni, potrebbero decidere con 4-5 voti a favore, il che sicuramente pone dei problemi di organizzazione democratica.
  Per quanto riguarda il tema dei costi, è sicuramente vero che i costi si riducono con una riduzione del numero dei parlamentari, anche se non si riducono proporzionalmente alla riduzione: una riduzione del numero dei parlamentari di un terzo non significa riduzione di un terzo delle spese di funzionamento delle due Camere.
  C'è però una serie di effetti di sistema che la riduzione secca del numero dei parlamentari da 635 a 400 e da 315 a 200 porta con sé. Il primo problema è quello delle maggioranze per l'elezione del Presidente della Repubblica: oggi la proporzione dei delegati regionali è 58 su 945 (esclusi i senatori a vita), a seguito della riforma la proporzione diventerebbe 58 su 600, quindi i delegati regionali contribuirebbero per un decimo all'elezione del Presidente della Repubblica. Si può anche essere favorevoli a questo tipo di cambiamento di proporzione, il punto è se sia stata fatta una qualche valutazione su questa conseguenza. Ci sono poi tutte le altre maggioranze che cambiano di significato, perché le maggioranze assolute o le maggioranze dei tre quinti o dei due terzi evidentemente cambiano significato e impatto a seconda dei numeri complessivi su cui si calcolano.
  Vedo tre cruciali temi oltre questo, e sinceramente li vedo come una perdita di occasione di intervento. Il primo è l'omogeneizzazione dell'elettorato attivo e passivo, che nelle due Camere sono diversi: andare a una riforma puntuale, che tocca il numero dei parlamentari, senza omogeneizzare l'elettorato attivo e passivo delle due Camere lascia grandi perplessità sul senso di questa omissione. Gli elettorati attivi e passivi diversi avevano un senso nella Costituzione del 1948, che era basata su una – ancorché parziale – differenziazione fra le due Camere. Progressivamente venuti meno tutti i motivi di differenziazione (ricordo la durata, per citarne uno), questa differenza di elettorato attivo e passivo perde qualsiasi significato.
  Quanto ai parlamentari eletti nella circoscrizione Estero, si riducono a sei per la Camera e a quattro per il Senato, e quattro per il Senato significa due senatori europei, un senatore per tutte le Americhe e un senatore per Asia, Africa e Oceania. La rappresentatività perde qualsiasi significato: se si vuole tenere in piedi l'attribuzione dell'elettorato agli italiani all'estero, ben si può prevedere l'iscrizione e il voto nelle circoscrizioni di ultima residenza, abolendo le circoscrizioni estere.
  Il tema del voto agli italiani all'estero, con la legge sulla cittadinanza, è un tema di particolare delicatezza, perché con la trasmissibilità iure sanguinis della cittadinanza gli eventi di acquisizione della cittadinanza sono quasi incontrollabili. C'è un Pag. 11caso divertente e famoso in Australia, il caso Canavan, in cui un senatore australiano si è ritrovato cittadino italiano, senza saperlo, retroattivamente, perché la mamma era ridiventata italiana a causa della sentenza della Corte costituzionale n. 30 del 1983, che aveva esteso la trasmissione della cittadinanza iure sanguinis anche per via materna, e il povero Canavan ha rischiato di decadere da senatore.
  L'ultimo tema di sistema che vorrei sottolineare in questa sede riguarda la separazione delle funzioni fra Camera e Senato: mi rendo conto che, dopo due riforme fallite, questo è un tema particolarmente difficile, ma rilevo che lasciare ancora sospesa l'attivazione, anche con qualche correzione costituzionale, della composizione della Commissione bicamerale per le questioni regionali, così come prevista dall'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, è un'ulteriore omissione, con una sua qualche significatività, tanto più nel momento in cui sono in stato avanzato le previsioni del regionalismo differenziato.
  Per quanto riguarda la riforma sulla legge elettorale, capisco la logica, che è quella di rendere funzionante e applicabile la legge elettorale vigente anche nel caso di mutamento del numero di deputati e senatori. Mi chiedo però se quel sistema elettorale misto, con due terzi di rappresentanza proporzionale e un terzo di rappresentanza eletta nei collegi uninominali, abbia ancora un senso con i numeri di parlamentari previsti da questa riforma. Solo per fare un esempio, al Senato si troverebbero 80-85 collegi uninominali, che significa circa 700 mila abitanti per collegio uninominale. Mi chiedo allora se non occorra anche su questo punto una riflessione più approfondita, per valutare se il sistema elettorale vigente sia il modello migliore rispetto al numero di parlamentari previsto dalla proposta in esame.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, professore. Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  STEFANO CECCANTI. Grazie, presidente. Pongo in particolare due questioni.
  Come sta evidenziando il dibattito sull'autonomia differenziata, appare molto difficile gestire le istituzioni ad autonomia differenziata dentro un bicameralismo in cui in entrambe le Camere sono rappresentate esclusivamente le forze politiche e non anche le realtà territoriali. Mi chiedo ad esempio se, per una forma di integrazione, anche minima, della rappresentanza in Senato, approfittando della riduzione dei parlamentari non si possa inserire la previsione della partecipazione dei presidenti delle giunte regionali, non in via generale, ma quando specificamente siano discusse decisioni come quelle sull'autonomia.
  Rilevo che, sebbene il tema delle autonomie sia nel contratto il Governo, a tutt'oggi pare obiettivamente irresolubile (non lo dico per questioni di partigianeria) ed è stato di fatto rinviato a dopo le elezioni europee, perché se lo affidiamo solo a dinamiche politiche, è chiaro che una forza politica che ha gran parte dei voti al sud e una parte politica che ha gran parte dei voti al nord hanno interessi politici divaricanti, quindi o integriamo la rappresentanza con fattori di tipo diverso oppure nessuno è in grado di uscirne.
  La seconda questione è se, in presenza di un taglio del numero dei parlamentari, lasciare intatto il numero dei delegati regionali non rischi di complicare ulteriormente l'elezione presidenziale: il voto segreto è sempre stato problematico nelle elezioni presidenziali, e in contesti di partiti relativamente fluidi se aggiungiamo delle persone che parlamentari non sono, che non sono abituate a vivere con gli altri parlamentari, quindi potenzialmente anche più soggetti a voti in dissenso, che diventano proporzionalmente molti di più, l'elezione presidenziale rischia di diventare una specie di lotteria piuttosto problematica. Chiedo quindi se, visto che si riducono i parlamentari, non si debbano ridurre proporzionalmente anche i delegati regionali.

  RICCARDO MAGI. Mi associo alla domanda del collega Ceccanti, che semplifico e traduco così: possiamo avviarci a forme di autonomia tipiche di Stati federali, non essendo uno Stato federale e non trovando Pag. 12questo connotato nelle istituzioni una modalità di attuazione?
  Lei in parte ha toccato l'altra questione che intendevo porre, quando ha fatto riferimento, da una parte, ai riflessi di semplificazione e di velocizzazione dei lavori derivanti dalla riduzione del numero dei parlamentari (un numero inferiore di deputati e di senatori presenterebbe meno emendamenti e meno atti), dall'altra parte a una eventuale difficoltà nell'organizzazione delle Commissioni. In generale, però, l'esperienza che abbiamo avuto negli ultimi anni è quella di non aver riscontrato una difficoltà nell’iter dei provvedimenti dovuta a un eccesso di eletti; gli strumenti per velocizzare ci sono già (contingentamento dei tempi, ricorso a strumenti, di cui semmai si abusa, quali la questione di fiducia e la decretazione d'urgenza). A me sembra che il problema nella vita delle nostre istituzioni sia piuttosto quello di garantire tempi congrui di dibattito e di approfondimento nell'esame di alcuni provvedimenti (è stato riscontrato recentemente persino con la legge di bilancio).

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  BENIAMINO CARAVITA DI TORITTO, Professore di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università «La Sapienza» di Roma. Grazie, presidente. Penso che il modello di regionalismo italiano richieda un'integrazione della rappresentanza centrale: quale che sia la forma che gli si voglia dare, un'integrazione della rappresentanza centrale delle regioni è necessaria.
  Avevo sollevato la questione della Commissione bicamerale per le questioni regionali per mantenermi all'interno della logica del testo, cioè per mantenermi il più possibile all'interno di una logica di interventi puntuali. Per chi ha partecipato alla discussione nel 2006 e nel 2016 è evidente che riaprire il dibattito sull'organizzazione del Senato con una rappresentanza delle regioni e/o degli enti locali significa riaprire la discussione.
  Io sarei favorevole, tanto più in tempi di regionalismo differenziato, per non uscire troppo dalla logica della proposta di legge in esame, a trovare i meccanismi costituzionali per attivare la Commissione di cui all'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, il che permetterebbe di non stravolgere il testo, aggiungendo soltanto un articolo. In questo senso andava anche la proposta dell'omogeneizzazione dell'elettorato, che non stravolge il testo, ma permette di aggiungere una sola ulteriore previsione normativa.
  Quanto al numero dei delegati regionali, la diversa proporzione tra parlamentari e delegati, pari a 1 a 10, rende sicuramente più difficile l'elezione del Presidente della Repubblica: si tratta comunque di una valutazione tutta politica.
  Il problema, in generale, non è il numero degli eletti: il problema sono i meccanismi di funzionamento. Sicuramente al Senato le Commissioni dovrebbero diventare di meno, le Commissioni in sede deliberante dovrebbero essere ripensate, gli strumenti del contingentamento dei tempi non devono rimanere così oppressivi come lo sono stati, ma questo è un problema di funzionamento complessivo del sistema e io avevo cercato di limitarmi alle osservazioni puntuali sul testo in esame.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Caravita di Toritto e dichiaro conclusa l'audizione. Si sono così concluse le audizioni e quindi l'indagine conoscitiva sulla proposta di legge in esame.

  La seduta termina alle 16.05.

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ALLEGATO 2

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