XVIII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Giovedì 30 gennaio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brescia Giuseppe , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI POLITICHE DELL'IMMIGRAZIONE, DIRITTO D'ASILO E GESTIONE DEI FLUSSI MIGRATORI

Audizione del dottor Vittorio Alvino, presidente della Fondazione Openpolis.
Brescia Giuseppe , Presidente ... 3 
Alvino Vittorio , Presidente della Fondazione Openpolis ... 3 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 7

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE BRESCIA

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del dottor Vittorio Alvino, presidente della Fondazione Openpolis.

  PRESIDENTE. La Commissione riprende oggi le audizioni nel quadro dell'indagine conoscitiva in materia di politiche di immigrazione, diritto d'asilo e gestione dei flussi migratori.
  L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della Fondazione Openpolis. Ringrazio il dottor Vittorio Alvino, presidente della Fondazione Openpolis, per aver accolto l'invito della Commissione e gli cedo la parola, chiedendogli di contenere il suo intervento in circa quindici minuti.

  VITTORIO ALVINO, Presidente della Fondazione Openpolis. Grazie, presidente, per l'invito e per questa opportunità. Openpolis è una fondazione no profit che con orgoglio, anche se con fatica, difende la propria autonomia e indipendenza da condizionamenti sia economici sia politici. Non è, questa, una rivendicazione astratta, perché proprio il potere politico nelle sue diverse forme occupa da sempre un posto centrale, anche se non esclusivo, nei nostri progetti e nelle nostre analisi, che si caratterizzano per essere basate su dati. Raccogliamo ed elaboriamo grandi quantità di dati pubblici, li analizziamo, li pubblichiamo in formati aperti per renderli accessibili a tutti. A partire da questi dati produciamo informazione e giornalismo, quando possibile anche con il coinvolgimento delle persone, con la loro partecipazione. Crediamo che in questo approccio ci sia qualcosa di originale e di utile, in particolare per il nostro Paese, specialmente quando si tratta di valutare l'efficacia delle politiche pubbliche.
  A partire da questo retroterra abbiamo cominciato ad occuparci, oramai da qualche anno, di accoglienza degli stranieri in Italia. A colpirci e a motivarci in questo senso è stato il contrasto stridente e intollerabile tra la soverchiante quantità di dibattiti e interventi politici sul tema e, d'altro canto, la penuria di dati e informazioni affidabili. Di qui siamo partiti, insieme ad ActionAid, con il progetto di una sorta di osservatorio civico indipendente sull'accoglienza, che fosse basato su dati amministrativi, con l'obiettivo di portare al centro del dibattito elementi fattuali, documentati e verificabili da chiunque. E questo resta, a nostro modo di vedere, l'elemento centrale, l'elemento politico cruciale che vogliamo sottoporre con forza all'attenzione di questa Commissione, del Parlamento e di tutte le forze politiche: l'indisponibilità al pubblico di dati ufficiali e il persistente rifiuto del Ministero dell'interno di consentire l'accesso alle informazioni in mancanza delle quali il discorso pubblico rischia di rimanere prigioniero della propaganda.
  Veniamo quindi al lavoro che abbiamo svolto e che potete, per chi è interessato all'approfondimento, ritrovare all'interno dei report «Centri d'Italia» del 2018 e del 2019 che abbiamo lasciato a disposizione della Commissione. Abbiamo diviso in due parti questo intervento: la prima dedicata allo stato dell'arte del sistema dell'accoglienza Pag. 4prima del «decreto sicurezza», la seconda agli effetti dell'introduzione del «decreto sicurezza».
  Nell'ottobre 2018, proprio nei giorni in cui era in preparazione il decreto, abbiamo pubblicato il nostro rapporto «Centri d'Italia» 2018. Vengo agli elementi essenziali dell'analisi delle criticità. La prima riguarda la sproporzione smisurata tra la parte straordinaria e la parte ordinaria dell'accoglienza, tra centri CAS e centri SPRAR, un mondo ribaltato in cui il sistema che è definito temporaneo e straordinario ospita l'80 per cento dei richiedenti asilo e rifugiati e quello ordinario (lo SPRAR) soltanto il 20 per cento restante. Questo è causa e fonte dei problemi e delle criticità che abbiamo riscontrato: innanzitutto, l'opacità dei criteri di assegnazione degli appalti, con l'uso eccessivo degli affidamenti diretti e il ricorso ad altre procedure senza gara e a numerose proroghe, sebbene in misura minore nel corso del 2017 e del 2018; inoltre, la mancanza di un effettivo sistema di controllo per la verifica e il monitoraggio dei servizi erogati e delle condizioni di vita degli ospiti all'interno dei centri, a fronte anche di somme ingenti di denaro pubblico spese; di conseguenza, l'ingresso nel sistema di tipologie di gestori, quali albergatori, aziende di pulizie, ristoratori e impresari vari, che nulla avevano a che vedere con l'accoglienza, attratti dalla possibilità di lucrare risparmiando sui servizi e sulla logistica, sino ai casi estremi di illegalità e di infiltrazione della criminalità organizzata, emersi anche dalle indagini giudiziarie; la concentrazione in grandi centri, di medie dimensioni e di grandi dimensioni, di un elevato numero di ospiti, con tutte le conseguenze negative in termini di impatto sociale nelle periferie delle città e nelle piccole comunità ospitanti; la scarsa o nulla efficacia dei processi di integrazione sociale e lavorativa, soprattutto collegata alla mancanza o alla scarsità o alla scarsa qualità dei servizi erogati, all'interno soprattutto dei centri CAS. Questa è una sintesi delle principali criticità, peraltro ben note agli addetti ai lavori e anche ai componenti di questa Commissione, perché rilevate anche all'interno dei rapporti pubblicati dalla Commissione d'inchiesta della scorsa legislatura.
  Altrettanto ben noti sono, del resto, gli elementi positivi emersi negli anni, tali da indicare le possibili vie d'uscita per affrontare e, nel tempo, potenzialmente risolvere quelle criticità. Stiamo parlando del cosiddetto «modello SPRAR»: l'accoglienza diffusa in piccoli centri o appartamenti gestiti da operatori qualificati, solitamente appartenenti al territorio, che hanno sperimentato, spesso con successo, l'inclusione sociale e lavorativa degli stranieri nelle comunità locali. Un'accoglienza – e questo è l'aspetto qualificante dal punto di vista politico – in cui sono protagonisti i sindaci e le amministrazioni comunali, e non le prefetture. Possiamo dire che in qualche misura questa direzione, vale a dire quella della prevalenza del modello positivo rappresentato dallo SPRAR, cominciava lentamente, seppure faticosamente, ad essere seguita anche all'interno del sistema straordinario gestito dalle prefetture. Ne sono testimonianza i dati relativi alla capienza media dei CAS, dei centri di accoglienza straordinaria, tra il 2017 e il 2018, per il cui dettaglio rinvio alla documentazione depositata, in cui si vede come ci sia una prevalenza nella dinamica del 2017 e del 2018 di centri con capienza che si va riducendo, quindi abbiamo una riduzione della capienza media di questi centri distribuita su tutto il territorio nazionale, in particolare nelle regioni del Nord.
  Significativa è poi anche la distribuzione degli importi incassati complessivamente nel 2018 dai singoli gestori. Abbiamo riprodotto in un grafico la distribuzione degli importi assegnati ai singoli gestori nel corso del 2018, e in questa curva si vede come ci sia una concentrazione di un numero abbastanza ridotto di gestori che concentrano importi molto rilevanti, anche di milioni di euro, ma una coda lunghissima di operatori, di gestori a cui sono stati assegnati importi bassi o molto bassi, indice di una dinamica di mercato in cui sono presenti e protagonisti molti operatori distribuiti sul territorio, che gestiscono piccoli centri, piccoli importi e progetti più piccoli.
  Nel rapporto «Centri d'Italia» 2018 abbiamo analizzato in dettaglio due casi che Pag. 5danno proprio l'idea di due modelli alternativi e contrastanti. Uno è quello di Torino, un caso avanzato di accoglienza diffusa. Nella mappa abbiamo indicato proprio la numerosità e la distribuzione di questi centri, da cui si evince un'evidente prevalenza di centri molto piccoli, molto spesso appartamenti, e un numero ridotto di centri medi e grandi. Nel caso di Trapani, invece, abbiamo una situazione diametralmente opposta, in cui ci sono pochi centri di grandi dimensioni.
  Questi, in sintesi, gli elementi emersi e lo stato dell'arte alla fine del 2018, quando era in discussione e in via di approvazione il «decreto sicurezza». In quel momento era prevalente – come vi ricordate, anche nel corso della campagna elettorale – una retorica molto diffusa sul tema dell'invasione, ma i dati dei flussi reali indicano invece una situazione diametralmente opposta. Abbiamo riportato i dati relativi agli sbarchi tra il 2016 e il 2019 e riscontriamo che a partire dal primo semestre del 2017 c'è un'inversione di tendenza, che prosegue in maniera molto decisa nel 2018. Poi andiamo a registrare nel primo semestre del 2019 un minimo storico dal 2010, ma già alla fine del 2018 questa tendenza alla riduzione era molto consistente e radicata. In conseguenza anche le domande di asilo erano in calo netto, si riducevano tra il 2017 e il 2018 da 184 mila a 133 mila. Pure le presenze all'interno dei centri di accoglienza si riducevano in maniera consistente, principalmente all'interno dei CAS. Quindi, al momento della discussione e dell'approvazione del «decreto sicurezza» c'era una serie di circostanze storiche che facevano immaginare e sperare di poter sfruttare l'occasione per intervenire sui mali radicali del sistema e incoraggiare i punti di forza, quindi il modello SPRAR, cosa che invece non sembra essere stata fatta attraverso il «decreto sicurezza», la cui conversione in legge è stata approvata dalla maggioranza dei gruppi parlamentari, anche con la partecipazione di gruppi dell'opposizione, quali Forza Italia e Fratelli d'Italia. Veniamo a vedere con quali effetti. Innanzitutto, si riscontra, a partire dalla seconda metà del 2018, una moltiplicazione delle proroghe. Il sistema evidentemente era in attesa della nuova normativa e buona parte dei contratti andava in proroga, e questo fenomeno si è esteso anche alla prima parte del 2019, perché in concomitanza con l'avvio e con la messa in opera delle regole definite non soltanto dal «decreto sicurezza» ma anche dal nuovo capitolato di gara, cominciava a verificarsi una serie di problemi. Le prefetture dovevano confrontarsi con il problema dei bandi che andavano sistematicamente deserti, quindi costrette a ripetere i bandi. I bandi andavano deserti per effetto sia del taglio dei costi, sia del rifiuto di una parte dei soggetti del terzo settore di partecipare alla gestione di centri che evidentemente ponevano problemi non soltanto di natura economica ma anche politica, perché imponevano un modello di accoglienza che escludeva i servizi di inclusione e di integrazione.
  Abbiamo riportato nella documentazione i casi più significativi in una serie di prefetture, in cui il problema dei bandi deserti si è verificato – questa è una tendenza generale – in particolare per i centri di dimensioni più piccole, per le unità abitative. Significativo è il caso di Livorno dove, dopo una serie di bandi andati deserti, ripetuti, si è proceduto anche con dei ricollocamenti, e siamo passati dal 2018, in cui erano presenti in trentacinque centri 1.262 persone, al 2019, in cui venivano ospitate soltanto 624 persone in sei centri, e i gestori erano passati da sedici a quattro. Questo dà l'indicazione di un fenomeno che si è verificato anche altrove, di una tendenza che abbiamo verificato in varie prefetture, vale a dire il ritorno ai grandi centri. La dinamica dei nuovi costi imposti dalle nuove regole favorisce evidentemente sia il ritorno a centri di più grandi dimensioni, che sono economicamente più convenienti, sia un nuovo protagonismo di grandi gestori, vale a dire di quei gestori che hanno carattere più industriale e che puntano a realizzare una sostenibilità economica degli utili, contraendo i costi dei servizi.
  Altro effetto osservabile come conseguenza del «decreto sicurezza» è quello della crescita decisiva degli irregolari, conseguenza Pag. 6 diretta dell'abolizione della protezione umanitaria. Cresce quindi il numero dei dinieghi, che passano dal 67 per cento delle domande esaminate nel 2018 all'80 per cento nel 2019. In numeri assoluti ciò significa che nel 2019 i dinieghi riguardano circa 80 mila persone, le quali rischiano di essere estromesse dal sistema e destinate in gran parte ad aggiungersi alla popolazione degli irregolari, popolazione che – come si sa – è in costante crescita dal 2013, principalmente per effetto dell'arresto dei canali legali di ingresso per ragioni di lavoro.
  Nella documentazione riportiamo tutti i dati attraverso i quali si può vedere come l'impatto dell'abolizione della protezione umanitaria dia un impulso alla crescita delle percentuali dei dinieghi e del numero delle persone che ricevono un rifiuto del riconoscimento del diritto d'asilo. Secondo le nostre previsioni, calcolando tutti questi effetti, si può prevedere che nel 2021 il numero degli irregolari possa raggiungere la cifra di 750 mila. Sono state fatte varie ipotesi, ci sono varie stime a questo riguardo che orientativamente prevedono una crescita che può raggiungere cifre tra 650 e 750 mila.
  Mi avvio alle considerazioni conclusive. Una premessa d'obbligo è che sono tutte analisi che noi abbiamo potuto svolgere basandoci sui dati disponibili che in parte abbiamo ottenuto attraverso l'accesso agli atti, quindi dati che sono stati forniti da quelle poche prefetture che ci hanno risposto in modo esauriente, e in parte sono basati sui dati forniti dal Ministro dell'interno nella relazione annuale al Parlamento, che però sono dati – come sapete – difficilmente utilizzabili, sia perché sono dati aggregati, e quindi non forniscono dettagli, sia perché contengono anche degli errori, e poi fondamentalmente perché la relazione è fornita in un formato inaccessibile, un formato pdf immagine.
  La parte più importante delle nostre analisi ha potuto essere svolta grazie alla banca dati dei contratti pubblici (BDNCP) dell'ANAC, che ci ha consentito di sviluppare tutta una serie di analisi sulla tipologia di appalti, sulla dinamica dei bandi andati deserti e ripetuti, ma questa banca dati contiene anche delle limitazioni: non fornisce informazioni sugli affidatari, non fornisce informazioni sugli importi effettivamente erogati, informazioni di dettaglio che sono contenute invece all'interno del sistema informatico di gestione dell'accoglienza, che fa capo al Dipartimento per le libertà civili e immigrazione del Ministero dell'interno. Si tratta di una banca dati che è stata, a quanto si sa, avviata per iniziativa del Ministro Minniti nel 2017, è stata in seguito progressivamente popolata e, da quello che ci riferisce la relazione del Ministro dell'interno relativa all'anno 2018 e consegnata nel 2019, è una banca dati pienamente operativa che fornisce dati di dettaglio sui centri, sulle capienze dei centri, sulle presenze nei centri e dati di dettaglio anche sui singoli stranieri, nonché informazioni relative alla spesa, agli assegnatari, ai gestori, e informazioni concernenti il monitoraggio dei servizi. Peccato che questi dati siano inaccessibili: abbiamo più volte provato a ottenere accesso a queste informazioni, attualmente siamo in attesa dell'esito di un ricorso al TAR, ma sono dati assolutamente preziosi. Si tratta di una banca dati che è un riferimento unico per comprendere il fenomeno dell'accoglienza, ma che è ancora inaccessibile.
  Quindi, per riassumere le analisi che vi ho esposto, dalle tendenze in corso, in base ai dati disponibili, possiamo ricavare l'impressione che l'obiettivo politico di colpire la cultura e le pratiche dell'inclusione è stato perseguito in maniera sistematica e anche efficace. Ci sembra che però tutto questo abbia avuto effetti sostanzialmente negativi. Quelle che abbiamo individuato come criticità presenti all'interno del sistema nel 2018 vengono di fatto incoraggiate dagli effetti del «decreto sicurezza», mentre quelli che erano i punti di forza, i punti virtuosi, vengono compressi. Tutte le dinamiche che abbiamo esposto vanno in questa direzione.
  Direi che, al di là delle scelte ideologiche, ci pare opportuno in questa occasione suggerire una valutazione politica della capacità di tenuta del sistema sottoposto a queste trasformazioni e a questa attenzione. Le prefetture sono state messe in gravi difficoltà dal nuovo capitolato (bandi Pag. 7deserti e ripetuti, proroghe, trasferimenti), diverse sono nell'impossibilità di soddisfare il fabbisogno dei posti e la conseguenza è quella di una contrazione e anche di un'inedita perdita di flessibilità del sistema nel rispondere ai mutamenti. Cosa accadrebbe – ci chiediamo – nel caso in cui i flussi degli arrivi dovessero tornare improvvisamente a salire? La situazione in Libia imporrebbe qualche riflessione anche in questo senso.
  Poi c'è la questione, che abbiamo accennato, immensa, complessa degli irregolari, di cui qui ci limitiamo soltanto a richiamare alcuni aspetti. Seguendo l'impostazione logica e culturale sottostante al «decreto sicurezza», si può dire che l'obiettivo di escludere i cosiddetti «migranti economici», che avrebbero approfittato per anni delle larghe maglie del sistema, viene raggiunto attraverso la soppressione della protezione umanitaria. Il problema però è che, se una tale scelta viene perseguita senza mettere mano al meccanismo, bloccato da anni, della concessione dei permessi di soggiorno per ragioni di lavoro, la richiesta dell'asilo resterà l'unica maniera possibile per entrare in Italia. Quindi, la pressione impropria sull'asilo non è destinata a diminuire. Il risultato, ampiamente previsto, è quello dell'esplosione degli irregolari, che nessun aumento dei rimpatri, peraltro mai verificatosi (siamo sempre fermi intorno alla cifra di 6 mila rimpatri all'anno), sarebbe in grado di espellere. Dunque, centinaia di migliaia di migranti resteranno esposti alla marginalità, allo sfruttamento estremo da parte dei poteri criminali, all'illegalità e al risentimento della popolazione, in particolare di quelle fasce che subiscono, a loro volta, l'esclusione sociale ed economica. Esiti talmente prevedibili e previsti da legittimare il sospetto che fossero, almeno in parte, anche voluti.
  Siamo grati a questa Commissione per averci dato l'opportunità di esporre il nostro lavoro. Non rivolgiamo delle raccomandazioni in particolare, se non una, che riguarda lo specifico contributo che noi portiamo a questa indagine: quello di basarci su dei dati. E, torno a dire, l'unica condizione perché soggetti come noi, che fanno un lavoro di ricerca, ma anche l'accademia, lo stesso Parlamento e questa Commissione possano avere una valutazione oggettiva dello stato dell'arte, della complessità dei fenomeni e soprattutto della loro dinamica, è che si abbia accesso ai dati del sistema di gestione dell'accoglienza. Quindi la richiesta che vi rivolgiamo è quella, attraverso un'iniziativa delle forze di maggioranza, eventualmente con la partecipazione anche dell'opposizione, in attesa di interventi legislativi che finalmente garantiscano l'accesso a questi dati, di trovare il modo nell'immediato, intervenendo nei confronti del Ministero dell'interno, di consentire almeno che il dibattito che si sta svolgendo in queste settimane su possibili modifiche della normativa possa svilupparsi con una consapevolezza e con una conoscenza compiute dello stato dell'arte dei fenomeni e della loro dinamica.

  PRESIDENTE. Prendo atto che non vi sono domande da parte dei commissari. Non posso che ringraziarvi e sottolineare che questa indagine conoscitiva nasce proprio dall'esigenza di esaminare lo stato dell'arte per trarne le conclusioni ed elaborare una proposta da parte della Commissione per porre rimedio a tutte le criticità che voi avete benissimo evidenziato nella vostra relazione. Aggiungo che da parte nostra ci può essere l'impegno a fare da tramite, ad esempio con una risoluzione, affinché siano resi pubblici quei dati, che sono utilissimi alla società civile e a chiunque si voglia occupare di questo tema per capirlo a fondo e parlarne con cognizione di causa.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.35.