XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori

Resoconto stenografico



Seduta n. 41 di Martedì 14 giugno 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cavandoli Laura , Presidente ... 2 

Audizione del Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania, Giuseppe Scialla:
Cavandoli Laura , Presidente ... 2 
Scialla Giuseppe , Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania ... 3 
Cavandoli Laura , Presidente ... 5 
Maglietta Marino  ... 5 
Cavandoli Laura , Presidente ... 7 
Ascari Stefania (M5S)  ... 7 
Maglietta Marino  ... 8 
Scialla Giuseppe , Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania ... 8 
Cavandoli Laura , Presidente ... 9 
Maglietta Marino  ... 9 
Cavandoli Laura , Presidente ... 10 
Ascari Stefania (M5S)  ... 10 
Cavandoli Laura , Presidente ... 10 
Scialla Giuseppe , Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania ... 10 
Cavandoli Laura , Presidente ... 11 
Scialla Giuseppe , Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania ... 11 
Cavandoli Laura , Presidente ... 11 
Giannone Veronica (FI)  ... 11 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Giannone Veronica (FI)  ... 12 
Scialla Giuseppe , Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania ... 12 
Maglietta Marino  ... 13 
Giannone Veronica (FI)  ... 13 
Maglietta Marino  ... 13 
Cavandoli Laura , Presidente ... 14 
Scialla Giuseppe , Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania ... 14 
Cavandoli Laura , Presidente ... 14 
Giannone Veronica (FI)  ... 14 
Cavandoli Laura , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione depositata ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 14.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania, Giuseppe Scialla.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Garante dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania, il professore Giuseppe Scialla, che ringraziamo per la disponibilità. Il professor Scialla è accompagnato dal professore Marino Maglietta e dall'ingegnere Giuseppe Pilato. Il professore Scialla è psicologo, psicoterapeuta e docente universitario. È stato eletto garante della Campania nel marzo 2018 e ha già svolto diversi anni di mandato, in una fase resa particolarmente difficile dalla pandemia.
  La nostra Commissione ha più volte interloquito con i garanti regionali, traendone diversi spunti che hanno arricchito la conoscenza dei fenomeni oggetto dell'inchiesta e hanno anche evidenziato l'esistenza di forti differenze regionali. Ricordo, in particolare, l'audizione della garante dell'Abruzzo e della garante del Piemonte, quella della garante Lazio, della garante della Lombardia e del garante del Veneto.
  L'audizione del professor Scialla presenta diversi motivi di interesse, non ultimo il fatto di avere per oggetto una regione importante e molto complessa come la Campania.
  Prima di lasciare la parola al professore, vorrei fare qualche considerazione generale proprio a partire dai dati che abbiamo sulla regione Campania. Secondo i dati dell'ultimo monitoraggio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che si riferiscono al luglio del 2019, la Campania risulta avere il numero più basso di minori in affidamento familiare e si colloca ai livelli bassi per quanto riguarda i minori posti in strutture residenziali, al netto dei minori stranieri non accompagnati. In particolare, in Campania il tasso di affidamenti familiari, esclusi i minori stranieri non accompagnati, è di 0,8 per mille residenti, a fronte di una media italiana di 1,5. Invece, il tasso di minori nei servizi residenziali, escludendo sempre i minori stranieri non accompagnati, per persone di minore età è di 1,1 per mille residenti, a fronte di una media nazionale dell'1,3.
  Vorrei quindi chiedere al professore Scialla di aiutarci a riflettere su questi dati anche in relazione a problematiche di tipo generale. Uno dei mantra che spesso si ripete in relazione al sistema italiano di tutela dei minori è che esso è particolarmente virtuoso, perché in cifra assoluta in Italia, in confronto agli altri Paesi europei o comunque geograficamente europei, ci sono meno minori allontanati. Il dato è rilevante, ma può avere molte spiegazioni. Ad esempio, vi possono essere meno minori fuori famiglia, perché il sistema è meno efficiente e raggiunge solo una frazione di minori bisognosi di tutela, lasciando molte situazioni abbandonate a se stesse.Pag. 3
  Il tema è generale, ma volevo chiedere una riflessione sulla situazione della Campania che ha indicatori di disagio particolarmente preoccupanti, specialmente in alcune zone. Penso ai livelli di dispersione scolastica o anche al numero di minori in povertà relativa, e perfino al tasso di obesità dei minori che frequentano la scuola primaria. Ciò, secondo i dati dell'ultimo rapporto del gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza che si riferiscono al novembre dell'anno scorso.
  Detto schematicamente, vorrei che ci desse una sua valutazione che aiuti a comprendere quali nessi ci sono fra un numero di minori fuori famiglia piuttosto basso rispetto ad altre regioni e l'esistenza di gravi problemi sociali. Significa che le reti familiari tengono o che le situazioni di disagio non vengono intercettate dai servizi sociali, o c'è una risposta più articolata e più approfondita?
  Prima di lasciare la parola al professore Scialla, ricordo che la Commissione ha delegato al NAS (Nucleo antisofisticazioni e sanità) dei carabinieri l'ispezione su una comunità della regione, la comunità alloggio «I Papaveri» di Salerno. L'ispezione è già stata effettuata e non è emerso nulla di rilevante.
  Lascio la parola al professore Scialla per una breve relazione che invito a contenere entro circa 40 minuti, in modo da lasciare spazio alle domande e all'intervento del professore Maglietta. Inoltre, chiedo fin da ora la disponibilità a rispondere anche in modo scritto, qualora non ci fosse tempo, a eventuali quesiti dei commissari. A lei la parola.

  GIUSEPPE SCIALLA, Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania. Grazie, presidente. I dati che lei ha riportato sono tutti confortati e conformi a quelli che ho anche io e che destinano – la Campania è una regione un po' difficile – a una collocazione territoriale particolare. Sulla base dei dati nazionali raccolti si evince che l'inserimento del minorenne nelle strutture di accoglienza avviene nella maggior parte dei casi, per il 57,8 per cento, a seguito di provvedimenti di autorità giudiziaria, ma proprio in Campania su questo il dato aumenta, perché siamo al 63,9 per cento per i provvedimenti di autorità giudiziaria, mentre solo il 25,1 per cento riguarda quelli consensuali e infine non sono pervenuti alcuni dati per l'11 per cento.
  Il tempo di permanenza di queste famiglie in comunità, su cui l'articolo 4, comma 4, della legge 184 del 1983 stabilisce la permanenza al massimo di 24 mesi fuori famiglia di origine, molto spesso in Campania aumenta.
  Poi parlerò anche dell'accoglienza in comunità dei minori di origine straniera non accompagnati.
  Devo dire che in Campania per i bambini e adolescenti in affidamento a singole famiglie sono pari al 40,6 per cento, mentre a parenti al 59,4 per cento. Questo dato è molto significativo perché probabilmente in Campania si cerca di tenere in famiglia più che in altre parti e in particolare l'affidamento viene suddiviso fra familiari. Il dato può essere significativo e allarmante, e la destina a essere la seconda regione d'Italia per povertà educativa, ma anche la dispersione scolastica contribuisce a questa situazione non molto felice.
  Sulla richiesta della convocazione, relativamente all'articolo 3, lettera b), ho chiesto ai tribunali per i minorenni di Napoli e Salerno, ovvero i due titolari per la Campania, ai sensi dell'articolo 330, 332 e 333 del codice civile e dell'articolo 38 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, delle informazioni sulla valutazione in ordine alle questioni che interessano loro. La risposta del tribunale per i minorenni di Napoli e quello di Salerno non mi ha prodotto risultati. Leggo quello che diceva la procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Napoli, con riferimento alla nota indicata già dal 13 di dicembre del 2021 circa queste richieste di informazioni: «Comunico che gli applicativi in uso presso questo ufficio non consentono le estrapolazioni riguardanti le informazioni richieste». Parimenti dice il tribunale di Salerno, che ha atteso anche l'impegno nella redazione delle statistiche sulle pendenze di fine anno: «Non risulta possibile fornire i dati di valutazione richiesta ».Pag. 4 Consegnerei queste due risposte alla Presidenza della Commissione per metterli agli atti.
  Perché dico questo? Ricorderemo tutti che all'allegato 52, la scheda di raccolta sui minorenni fuori dalla famiglia di origine ospitati in comunità, prevede che la procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni elabori uno screening e risponda a un format già stabilito circa le strutture, gli ospiti e gli ospiti minorenni, il numero delle strutture e le ispezioni. Le informazioni richieste sono sul numero delle strutture residenziali per i minorenni, sul numero delle ispezioni e sopralluoghi effettuati e disposti dalla procura, sul numero delle strutture ispezionate e vari elementi al riguardo, se il procedimento riguardava un disposto dell'autorità giudiziaria o un disposto collocamento disposto in maniera consensuale.
  Aggiungo che per quanto concerne la Campania, le strutture di varia tipologia sono 348 e sono suddivise in comunità di tipo familiare, case famiglia, comunità di alloggio, gruppi di appartamento, comunità madre-bambino e di pronta e transitoria accoglienza.
  Su questo punto vorrei evidenziare le diversità che vi sono sulle rette giornaliere per l'accoglienza di questi minori che, secondo i dati che mi ha fornito il Comune di Napoli, che sono in genere anche di tutta la provincia di Napoli, sono per la comunità educativa di 121,76 euro, quelli della casa famiglia di 93 euro, quello di comunità alloggio 98 euro, 84 euro per gruppo appartamento, 74 euro per la comunità madre-bambino e 96 euro per la transitoria accoglienza. Ovviamente le rette sono da intendersi al netto di IVA.
  La Campania ha un regolamento concernente i servizi residenziali e semiresidenziali per i minori, che appartiene alla legge regionale dell'11/2007 e che richiama il precedente che era del 18 dicembre del 2006.
  Faccio sempre riferimento alla richiesta che ci è stata fatta. Per i punti b, c e d ho risposto. Circa il punto h, in cui mi si chiede di valutare se nella legislazione vigente sia effettivamente garantito il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia e se sia rispettato il principio in base al quale l'allontanamento dei minori dalla famiglia di origine deve costituire soltanto un aspetto residuale – in ogni caso non può essere disposto per ragioni connesse esclusivamente a condizione di indigenza e della tolta responsabilità genitoriale –, il professore Maglietta vi intratterrà anche su alcuni aspetti di valutazione che vorremmo proporre a questa onorevole Commissione, quindi di verificare anche alcuni possibili correttivi circa la circolare del Consiglio superiore della magistratura circa l'articolo 8 della legge sul divieto delle funzioni di giudice onorario per coloro i quali rivestono cariche rappresentative in strutture dove sono già inseriti minori da parte delle autorità giudiziarie.
  Per quanto concerne, invece i minori stranieri in affidamento, i dati non sono pervenuti né dai tribunali, né dalle prefetture. Aggiungo che su questo ho avuto la possibilità di fare un incontro promosso dal prefetto di Napoli con tutti gli altri prefetti riguardante l'emergenza dei bambini ucraini che sono entrati nella nostra regione, cercando di evidenziare come l'articolo 22 della Convenzione ONU (Organizzazione Nazioni Unite) per i diritti del fanciullo porta scritto che tutti i bambini che scappano da Paesi in guerra e che si ritrovano sul nostro territorio anche per la legge 176, che ha introdotto nell'ordinamento giuridico italiano tutti i 54 articoli e i tre protocolli della Convenzione ONU per i diritti del fanciullo, hanno bisogno e dobbiamo offrire una protezione e una assistenza speciale. È sul fatto di essere «speciale» che io ho chiesto ai vari prefetti di farmi sapere qual è quella misura aggiuntiva rispetto alla normalità, per la quale possiamo semanticamente sostenere che abbiamo adottato tutti i criteri al riguardo. I bambini ucraini sono al momento sistemati in varie strutture di accoglienza.
  Per quanto concerne il garante dell'infanzia e dell'adolescenza che ha per competenza la selezione, la formazione e l'elenco dei tutori volontari per i minori stranieri, devo dire che quest'anno, proprio per Pag. 5l'emergenza dei bambini ucraini, ho dovuto due volte fare una selezione e formare un gruppo di tutori volontari proprio per dare la possibilità a questi ragazzi di potere avere un tutore che possa essere la rappresentanza della propria voce, dei propri bisogni e delle proprie aspirazioni.

  PRESIDENTE. La ringrazio, professor Scialla. Lascio la parola al professore Maglietta.

  MARINO MAGLIETTA. Grazie. Ho ascoltato – e dico sinceramente che non conoscevo questo dettaglio così preciso – la relazione del professore Scialla che, dal punto di vista della informazione e della descrizione, è perfetta. Questo mi suona come collimante anche con l'introduzione. Mi sembra che tutte e due le relazioni quantitative vengano da un report dell'Istat del 2019, se non sbaglio. Lo dico non per pignoleria, ma perché anche io mi rifarò a quei dati che sono i più recenti che abbiamo.
  Sono anche consapevole che il focus, l'interesse principale di questa Commissione d'inchiesta trae origine e spunto da certi mal funzionamenti di certe strutture. Per quanto riguarda il punto da cui si parte in questa sede, mi sono detto che certamente è anche capire dove le cose non vanno bene, quindi capire il contorno, il quadro e così via, però forse è ancora più interessante capire il contesto. Da dove nasce questo disagio? Quali sono alcune delle cause più importanti che poi portano all'allontanamento dei bambini e al collocamento in comunità di tipo familiare? In questo modo è possibile anche disporre dei rimedi, poiché alla fine non può essere solo una contemplazione, ma deve essere anche l'elaborazione di correttivi.
  Ho approfittato dal punto h che mi è stato passato dal professore Scialla in totale sintonia e divisione di prospettive di intervento che abbiamo già cominciato ad attuare sul territorio dove svolge l'attività di garante dei diritti dell'infanzia. Ho fatto caso all'incipit di questo punto h, che fa riferimento abbastanza in generale al diritto dei figli minorenni – mi piace più minorenni che minori – di crescere nella loro famiglia. Il discorso è abbastanza ampio e mi permette di domandarmi che cosa vuol dire il diritto di crescere nella famiglia. La propria famiglia non è monogenitoriale, non è certamente la casa famiglia o la comunità, ma è fatta in origine perlomeno di due genitori, un padre e una madre. Alla domanda se la legislazione, la normativa rispetta – questo è il punto – il diritto del figlio minorenne a crescere nella propria famiglia, la risposta è sì. L'applicazione lo fa? La risposta è no. Non citerò certe iniziative che partendo da Parma a questo punto toccano una quantità sterminata di comuni italiani piccoli e grandi, ma ne ricordo due perché sono a meno più vicini, ovvero Firenze e Bologna, dove esiste un registro della bigenitorialità proprio per sottolineare e rendere evidente, praticato ed efficace il diritto a questa relazione con i due genitori e la crescita in famiglia.
  L'analisi di che cosa si fa a livello di giurisprudenza, come si opera e come si interviene nelle famiglie in crisi mi porta automaticamente a osservare che esiste uno sterminato numero di protocolli e di prestampati presenti in tutte le cancellerie, o quasi, dei tribunali italiani dove si dice che il bambino deve essere collocato presso un genitore prevalente, mentre all'altro si riserva il diritto di visita. Non si educata visitando. Il concetto di visita è un concetto esterno, vuol dire che dalla strada mi presento in una casa che non è la mia, che non mi riguarda, suono un campanello e aspetto di essere ricevuto o che il bambino scenda. Anzi, più la seconda della prima, perché il grado di inciviltà arriva a questo punto.
  Non voglio darvi la sensazione di allontanarmi troppo dal centro della tematica di questa Commissione. Questa poteva essere anche solo una mia idea. Ci sono dei riscontri? È possibile stabilire una connessione fra disagio familiare a seguito di separazione e allontanamento dei figli da quel gruppo familiare con la perdita per loro del diritto a crescere nella propria famiglia?
  Io ho attinto a quella stessa fonte e – onestamente è stata una verifica, perché era intuibile che fosse così – ho trovato che Pag. 6delle venti regioni in coda c'è la Campania che sta all'1 per mille. Chi sta in testa? La Liguria, che sta al 3 per mille. Se prendo il registro delle separazioni, trovo che in coda c'è la Campania, in testa c'è la Liguria e poi ci sono tutte le situazioni intermedie.
  Dire che una situazione mal risolta di crisi familiare può essere plausibilmente concausa per una degenerazione dei rapporti fino al punto di rendere necessario l'allontanamento del bambino e la sua collocazione in casa famiglia non è di fuori, è un suggerimento che io, lavorando da 29 anni su questa tematica, mi sento di potere dare. Facciamo attenzione a questa variabile, e rendo onore al professore Scialla, perché lo sta facendo attraverso iniziative, corsi di formazione dedicati ai genitori, ai mediatori, agli avvocati e così via. Questo intervento culturale non è estraneo alla tematica di oggi, anzi è talmente poco estraneo che ne rappresenta una forma di prevenzione che ci interessa di più che sapere quanti sono i danneggiati. Cerchiamo di ridurne il numero.
  Qui vorrei aggiungere un altro aspetto, al quale mi ispiro sempre da testimonianze documentate. Alla domanda se la legislazione soddisfi i diritti del figlio minorenne, io dico sì perché la legge sull'affidamento condiviso è una legge che prevede un ruolo paritetico dei genitori e deriva dall'articolo 30 della Costituzione, che dice che è diritto e dovere dei genitori e non del collocatario, che non esiste. Giuridicamente sarebbe una violazione dell'articolo 30 della Costituzione, non c'è questa cosa, è un'invenzione della giurisprudenza. Questa funzione educante viene bypassata nel momento in cui si continua ad adottare un modello che appartiene al passato, a prima della riforma del 2006.
  A chi dobbiamo chiedere come considerano soddisfatti i diritti dei figli minorenni nella famiglia in crisi se non agli stessi protagonisti, cioè ai figli dei genitori separati? Abbiamo a disposizione questi dati, ci sono, perché per ben due volte una associazione che si chiama «Figli per i figli» è venuta in Parlamento, è venuta in Senato nel 2011 e nel 2019 e ha affermato a chiare lettere come vorrebbe che fosse disciplinato un affidamento in caso di rottura del rapporto di coppia. Non è la panacea di tutti i mali, poiché esistono situazioni di violenza, di malavita e di tossicodipendenza, per cui rimarrà sempre un ampio spettro di necessari interventi di allontanamento, ma affrontiamo una componente non secondaria.
  Inoltre, vorrei rammentare che abbiamo un'opportunità fantastica, che è il nuovo processo civile, abbiamo la legge delega n. 206 del 2021, ci sono i decreti legislativi a cui si sta lavorando, però io non sono strafelice, perché andando al comma 23 dell'articolo 1, leggo una frase tipo: «Fermo restando il diritto del minore ad avere rapporti significativi con i suoi genitori». Questa è una specie di virgolettato, perché se io dico «fermo restando», vuol dire che è quello di cui gode ora. Sapendolo bene perché ne sono l'ideatore – permettetemi di rammentarlo –, quel comma lì è passato inalterato attraverso il lavoro del Parlamento e non dice «rapporti significativi», poiché rapporti significativi sono quelli delegati con i parenti, con gli ascendenti. I rapporti con i genitori devono essere equilibrati e continuativi, che è un altro mondo, un altro ambiente.
  Inoltre, quel termine che nella Costituzione suona come «diritto/dovere di mantenere, istruire ed educare i figli», diventa «diritto di ricevere cura, educazione e istruzione». «Cura» sostituisce «mantenimento», al posto dell'assegno ci sono i compiti di cura. «Assegno» vuol dire allontanamento di un genitore, estraniamento.
  Il genitore va in banca e dice: «Entro il giorno 5 del mese versate dei soldi su un conto corrente», ma ogni altro suo intervento diventa facoltativo. Se io prendo un qualunque provvedimento del giudice, ci leggo: «Il tal dei tali – a volte in qualche tribunale si legge “Il/Alla”, che è un po' strampalato, poiché scritto prima non è molto elegante – potrà vedere e avere con sé i figli». Potrà? Come potrà? I figli devono stare con lui in quei giorni, se ne deve occupare lui e deve provvedere ai loro bisogni.Pag. 7
  Se vado a guardare cosa fa la legislazione, ma anche cosa avviene a valle della normativa, rimango profondamente preoccupato, perché si creano le premesse di un disagio familiare che può sfociare in tanti modi, uno dei quali è anche l'allontanamento. Sinceramente – qui lo dico e qui lo nego – direi che anche una certa frazione di violenza nasce dalla ribellione a una condizione che viene considerata da alcuni soggetti come punitiva, umiliante e così via. È una specie di benzina su un fuoco che già esisteva di persone che non hanno una struttura interiore, psicologica adeguata a reggere quel tipo che per loro – sottolineo per loro – è una specie di provocazione. Sono cose che sappiamo tutti: appena c'è un episodio di violenza andiamo a guardare se si stavano separando e quasi sempre è proprio così. C'è qualcosa di mal risolto. Francamente è un po' preoccupante, ma nello stesso tempo umiliante, poiché nella nostra umanità e capacità di evoluzione culturale vi è un'idea progressiva, non è più «Non siamo più ai tempi di...», adesso le cose vanno meglio.
  Si constata che nel 1947/1948 si è scritto un articolo 30 dove si parla di genitori e non di coniugi, quindi di procreazione e non di matrimonio, e si dice che quei diritti/doveri incombono a entrambi i genitori e che valgano anche per coppie non coniugate, cioè per figli nati fuori dal matrimonio, realizzando ante litteram la parificazione dell'affiliazione naturale a quella legittima o poi vengo a vedere che oggi si fa questo?
  Apro una parentesi, consentitemi lo sfogo. Abbiamo votato due giorni fa e mi sono trovato due file con due registri diversi, uno azzurro e uno rosa, maschi e femmine. Io sono rimasto allibito. Ho dovuto fare la coda in una fila che corrispondeva al mio genere. Francamente sono questi i passi fatti? Io ho sempre votato ed è stata la prima volta che ho trovato i maschi divisi dalle femmine. Scusate, non pensate che tutto questo non c'entri, poiché qui vi è una discriminazione preoccupante in base al genere, perché può generare tutta una serie di malintesi e di distorsioni nei rapporti con le persone e non va bene.
  Mi scuso se mi sono un po' allargato, ma secondo me non sono andato fuori tema, perché se i problemi si affrontano alla radice, forse si ottengono migliori risultati che se si parte dal tetto. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professore Maglietta. Se il professore Scialla non ha nulla da aggiungere, chiedo se qualche commissario presente o da remoto vuole fare delle domande, altrimenti io ne avrei alcune. La parola all'onorevole Ascari, prego.

  STEFANIA ASCARI. Grazie, presidente. Ringrazio gli interventi. Collegandomi alle ultime cose dette, nelle ultime elezioni c'è stata questa assurdità del genere che è pazzesca, così come l'indicazione delle donne identificate come «moglie di» o «vedova di». È una cosa veramente discriminatoria, sessista e patriarcale, se non retrograda.
  Lei ha detto una cosa molto importante per quanto riguarda affrontare il problema all'origine e ha parlato della separazione. Vorrei dire che ieri nel mio territorio, a Modena, sono state uccise una mamma e una figlia di 22 anni e il giorno dopo avevano la sentenza di separazione. Per affrontare questo alla radice, io mi chiedo cosa si stia facendo in termini di formazione. Credo che oggi sia veramente una nota estremamente dolente, non c'è specializzazione, non c'è ascolto e non c'è empatia. Vorrei capire un attimo quali sono secondo voi le soluzioni in termini di miglioramento di questo aspetto.
  Vorrei ricordare un episodio che è successo una settimana fa a Vicenza. Un uomo pluridenunciato, su cui pendevano situazioni di violenza aggravata nei confronti della moglie, di fatto ha ucciso la moglie e l'attuale compagna dove c'erano tutti i segnali presenti, immaginabili e impossibili.
  Così non possiamo andare avanti, perché se ci sono dei bambini, i bambini purtroppo ne pagano le conseguenze. Oggi è emerso che una bambina di cinque anni è stata uccisa dalla mamma e sul giornale si dice che è stata uccisa senza motivo. Voi capite che anche questo non va bene, perché le ragioni ci sono, ma non vengono affrontate nel modo corretto da chi dovrebbePag. 8 avere la competenza per farlo, ma evidentemente non ce l'ha. Vorrei avere una vostra opinione per risolvere i problemi, come giustamente ha detto lei, all'origine.

  MARINO MAGLIETTA. Il professor Scialla lo sta facendo, come accennavo prima. Volevo farle i complimenti, perché, se non sbaglio, lei ha depositato una proposta di legge su questi temi. Io la conosco e la apprezzo veramente.

  GIUSEPPE SCIALLA, Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania. Sì, ha ragione. Notavamo qualche giorno fa in una riflessione comune che tutte le leggi non sono mai a sostegno di risolvere il problema, ma sono soltanto a fronteggiare il problema.
  Lei parlava poco fa di femminicidi. Dato per certo che il femminicidio è una questione di conflittualità fra i coniugi che spesso giunge a queste estreme situazioni, più che finanziare, fare fondi oppure destinare contributi ad associazioni che devono fare per il contrasto a questo fenomeno, ricordo che sua eccellenza il Presidente Mattarella esattamente due anni fa strigliò un po' tutte queste associazione, ricordando che la giornata del 25 novembre non è la giornata di celebrazione del femminicidio, poiché i morti sono il 2 di novembre, bensì è la giornata celebrativa del contrasto e dell'eliminazione del femminicidio. Dunque tutte queste centinaia di migliaia di associazioni sul territorio andrebbero sostenute, se nel loro agire... Faccio un esempio provocatorio: se nel 2019 io ho 78 femminicidi, nel 2020 ne ho 81, nel 2021 ne ho 93 e nel 2022 ne ho 105 e quindi questo fenomeno aumenta e diventa sempre più allarmante, mi chiedo qual è il risultato dell'azione sociale che fanno questi dell'associazionismo sul territorio. Dovrebbero, invece, proprio pensare il giorno prima, non il giorno dopo, a sostenere, a guardare, a mettere l'orecchio sul marciapiede, a capire dove sono possibili situazioni di focolai e farceli dire subito, perché è inutile che gli avvocati o alcune associazioni dicono di denunciare il fenomeno. La denuncia non è altro quella del giorno dopo. Noi dobbiamo fare una legge e sostenere situazione che prevengano il fenomeno.
  Qui inserisco un altro elemento. Molti enti locali – perché parliamo anche delle istituzioni – per frenare, fronteggiare o contrastare il fenomeno della delinquenza negli slarghi cittadini, ricevono dei soldi per implementare sistemi di videosorveglianza sul territorio. Cerco di dire a tutte le amministrazioni comunali che questo è un fatto positivo, ma occorre ricordare che la videosorveglianza è un elemento che registra un'informazione il giorno dopo che è successo. Non faccio opera di prevenzione, a meno che quel dato che mi giunge la prima volta non mi destina informazioni tali che mi orientano a prendere alcune decisioni sul territorio, a prevenirle, se no a cosa serve tutta questa spesa di videosorveglianza il giorno dopo, quando è già accaduto?
  Personalmente, come è stato accennato, da un po' di anni porto avanti con il Forum delle famiglie alcuni discorsi legati all'educazione all'affettività, facendo corsi gratuiti per i partecipanti, in cui cerco di elevare l'elemento affettivo in maniera tale che ogni conflittualità che si può creare all'interno della famiglia venga trasformata in una cooperazione verso i minori, verso i propri figli e ad alleviare quelle situazioni che possono maggiormente diventare situazioni irreparabili. Se noi riuscissimo a fare fra le istituzioni una rete capace di fare strategie operative preventive, probabilmente potremmo aggiungere un mattone a questa costruzione.
  Vi sono ancora due elementi, tra cui l'elemento sul bullismo e cyberbullismo che mi interessa sul piano della mia competenza. La legge 71 del 2017 sul bullismo e cyberbullismo è una legge che parla del cyberbullismo e poi all'interno fra confusione fra bullismo e cyberbullismo, che sono due autostrade diverse per rilevanza del fenomeno, per la tracciabilità, per la metodologia di intervento e per la terapia di contrasto, eppure questa legge è una e confonde questi due momenti così difficili e distanti fra loro.Pag. 9
  Aggiungo che quando la legge viene rinnovata e novellata inserendo l'ammonizione del questore, stiamo sempre nel giorno dopo. Non c'è una legge che parli del giorno prima, parlano tutte del giorno dopo. È stata emendata con l'ammonimento del questore, quindi aggiungiamo al trauma di chi ha subìto qualcosa soltanto il fenomeno di fare chiamare l'eventuale bullo davanti al questore per essere richiamato. Poi? Abbiamo dati che questo fenomeno è stato in qualche maniera ridotto? Assolutamente no.
  Chiudo con un altro esempio importante. Questi dati che ci portano le associazioni ci aiutano a definire veramente qual è la strada che dovremmo fare per poter prevenirli? L'intervento delle istituzioni, l'intervento dell'associazionismo non ci dà nessun aiuto per poter risolvere o contrastare in qualche maniera tale fenomeno.

  PRESIDENTE. Prego, professor Maglietta.

  MARINO MAGLIETTA. Vorrei aggiungere ancora un paio di cose, tra cui la formazione. Si organizzano gruppi di parola per i genitori, ci sono centri anche di mediazione che si stanno sviluppando, ma sempre rivolti ai genitori. Questo mi fa venire in mente tipicamente un medico che non è capace di guarire il paziente che si è rivolto a lui e gli dice: «Lei non si doveva ammalare». Le coppie in crisi sono soggetti che hanno bisogno di aiuto, quindi non si può dire: «È tutta colpa vostra, non dovete litigare. Dovete imparare a contenere la conflittualità in nome dell'interesse del bambino» e ognuno di loro si dà una risposta del tipo: «Mi sto separando nel suo interesse per proteggerlo da quell'altro». C'è qualcosa che tocca alle istituzioni. La formazione andrebbe indirizzata verso avvocati e magistrati, che sono il sistema legale che gestisce poi il problema.
  Sono stato chiamato non meno di cinque volte, forse anche sei, come docente alla formazione decentrata dei magistrati. Mi permetto di dire che se ne vedono pochissimi, non vengono. Lo dico in modo iperbolico, ma la presenza non è consistente e non può cambiare il fenomeno.
  In questo momento con il Dipartimento di diritto privato alla Statale di Milano abbiamo organizzato la distribuzione di un questionario all'interno di un'indagine proprio sull'applicazione dell'affidamento condiviso. Al momento su 1350 e passa questionari mandati, ne sono tornati circa 20. C'è una specie di resistenza che si autoconserva e vuole continuare a andare così. Cosa si può fare, se non usare lo strumento legislativo? È l'unico sistema per dire: bisogna fare così.
  Ci tengo a chiarire che quando intendo «strumento legislativo» non mi riferisco al disegno di legge 735. Questo lo devo chiarire perché può avere delle finalità corrette, ma nel suo sviluppo, secondo me, non era condivisibile, però qualcosa ci vuole.
  Il primo che riscrissi dopo il 2006, lo dovetti fare depositate l'8 febbraio del 2007 perché era già chiaro che si andava per un'altra strada, ovvero la strada della conservazione tranne un maquillage nominalistico: chiamiamo affidatario esclusivo il genitore collocatario, l'assegno rimane e così via, il diritto di visita addirittura lo si iscrive e ancora leggo «affidamento congiunto» invece che condiviso. Francamente tutto questo è preoccupante.
  Siccome ci tengo a essere concreto e operativo – questa è la sede forse non mirata, forse capitata un po' per caso, ma che sicuramente è possibile coinvolgere in questa tematica –, mi farebbe piacere che rimanesse una traccia di questa nostra presenza oggi in modo operativo, quindi stabilire un collegamento fra noi per procedere in modo... Non importa se la legislatura per l'ennesima volta si chiuderà prima, rimarrà comunque una traccia, un programma o delle intenzioni virtuose e poi non nascondo che potremmo influire anche sui famosi decreti legislativi delegati per aggiustare alcune cose. Io ne ho citata una, ma non è l'unica, poiché ci sono vari passaggi in cui sembra di essere rimasti ai Novanta del secondo scorso.
  Aggiungo solo una cosa. Ho parlato con numerose organizzazioni femminili e questo discorso della bigenitorialità si coniuga Pag. 10perfettamente con le pari opportunità. Mi fermo qui, perché il discorso è già chiaro.

  PRESIDENTE. Sì, tra l'altro, stante la tempistica, magari se avete delle osservazioni su quello che è la legge delega ai fini della redazione dei decreti legislativi, vi chiedo se ce li potete far pervenire, così li possiamo allegare al verbale. L'onorevole Ascari aveva una precisazione brevissima da fare. Prego.

  STEFANIA ASCARI. Grazie, presidente. Vorrei fare solo fare una sottolineatura, perché nei casi che ho citato, secondo me, è impreciso parlare di questioni di conflittualità tra i coniugi, ma è questione di violenza di genere, parliamo di violenza contro le donne e di femminicidio. Ci tengo a sottolineare questo, perché è fondamentale.
  Voglio chiudere dicendo che sulla formazione siamo d'accordissimo, tanto che oggi sempre nel Veneto – oggi è la giornata del Veneto non per le cose buone – è stato mandato in prescrizione un processo dopo undici anni per stupro. Nonostante i numerosi solleciti e le numerose attenzioni, dopo undici anni è stato dichiarato prescritto un reato di odio, di violenza nei confronti di una donna. Grazie.

  PRESIDENTE. Non credo sia colpa del Veneto, forse di un giudice. Ho alcune domande da fare da parte del nostro consulente della Commissione. Chiedo se il garante conosce il numero di minori coinvolti in reati di criminalità organizzata rispetto alla media nazionale e quanti di questi sono stranieri. Poi volevamo sapere qual è il numero di assistenti sociali per numero di abitanti in Campania e la percentuale dei servizi sociali che sono esternalizzati rispetto alla gestione diretta dei comuni. Vado avanti con le domande? Immagino che su queste domande, se non ha dei dati a disposizione...

  GIUSEPPE SCIALLA, Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania. No, non ce li ho, li ho chiesti proprio funzionalmente a questo incontro, ma non li ho ricevuti. Ho chiesto questi dati, in particolare se molti comuni hanno esternalizzato il servizio dei servizi sociali. Non ce li ho, ma magari appena li ricevo, posso farveli avere.
  Sul concetto di formazione e sugli assistenti sociali, mi permetto aggiungere una proposta. Innanzitutto mi chiamano per andare a fare formazione agli assistenti sociali e quello che posso lo dico molto volentieri. Dico che bisogna aumentare la formazione agli assistenti sociali, ma una formazione che sia innovativa. Leggo le relazioni che fanno oggi gli assistenti sociali, ma mi sembrano relazioni scritte 20 o 30 anni fa, perché le terminologie sono obsolete e non rispondenti più ai criteri di valutazione oggettiva.
  Una relazione di un CTU (consulente tecnico di ufficio), di un assistente sociale che ha un termine semanticamente diverso da quello che dovrebbe essere porterà facilmente il magistrato o il giudice a prendere una strada invece che un'altra. È importante anche far comprendere che una terminologia esatta è legata a una semantica precisa.
  Essendo questa la Commissione d'inchiesta sulle attività connesse alle comunità, vorrei ricordare che c'è una nostra idea di garanti, condivisa anche con la garante dell'Abruzzo che ne ha prodotto un disegno di legge in sede di Consiglio regionale. Condivido la sua idea, che è stata elaborata insieme, dell'istituzione di un ispettorato delle funzioni sociali. Chi controlla se le case famiglia e se tutti coloro che sono comunità di accoglienza, dove ci sono i bambini, garantiscono effettivamente i livelli essenziali di prestazione? Lo dovrebbe fare l'ASL (Azienda sanitaria locale), ma mi ha risposto un direttore generale di un'ASL, dicendo: «Sa, la legge prescrive che almeno una volta al mese si dovrebbe fare». «Almeno» significa «non meno di», quindi andrebbe fatto molto di più. Occorre garantire un'ispezione che sia di blitz operativi per capire se effettivamente in quella comunità vi siano garantiti tutti i livelli di benessere di un minore e se quella comunità, nel prendere la retta mensile, sia veramente appagata a ogni singola azione Pag. 11che ha determinato quella retta mensile. L'istituzione di un ispettorato sociale legato a questo potrebbe anche destinarci una serie di dati statistici che potrebbero essere utili a riflessioni per prevenire il fenomeno, ma anche per fare delle azioni legislative mirate.

  PRESIDENTE. Le volevo anche chiedere se esiste in Campania un registro delle famiglie affidatarie, anche per capire come vengono individuate, reclutate e formate. Chiedo anche se il garante o il suo ufficio ha messo in campo degli interventi concreti per la prevenzione sulla violenza sui bambini e poi dopo le faccio una domanda sul controllo, ma vedo che c'è anche l'onorevole Giannone. Mi fermo e poi continuo.

  GIUSEPPE SCIALLA, Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania. Sì, anche perché sulla prima domanda c'è una legge regionale che prevede quello. Se hanno dato l'autorizzazione attraverso tutto l'iter, almeno su carta queste comunità dovrebbero offrire. Tuttavia, come ho detto ai vari direttori generali delle ASL, ho fatto un'indagine – non ho ancora avuto risposta – per capire se effettivamente le azioni di controllo hanno determinato effettivamente gli stessi criteri per i quali poi è stata data l'autorizzazione all'inizio, perché poi viene data l'autorizzazione e non viene mai ricontrollata, non ha mai un tempo stabilito, ma è perenne fino a quando non esce fuori qualche situazione negativa.
  L'altra cosa è la formazione per i minori. Abbiamo fatto una serie di formazioni per gli assistenti sociali e per gli psicologi per cercare di capire quali erano gli strumenti – innanzitutto li abbiamo indicati – di sostegno e prevenzione al fenomeno della violenza assistita dai ragazzi. In particolare, insisto sui motivi della conflittualità genitoriale e su come si può intervenire preventivamente per risolvere questo aspetto.

  PRESIDENTE. La parola all'onorevole Giannone da remoto.

  VERONICA GIANNONE. Innanzitutto, volevo chiedere all'autorità garante se ha mai avuto l'opportunità di effettuare delle visite – non voglio definirli controlli – all'interno delle strutture da lui citate all'interno della regione Campania. Non credo sia possibile visitarle tutte quante, però sarebbe importante comprendere se ha potuto effettivamente effettuare questi sopralluoghi e che cosa può raccontarci, se ha ritrovato situazioni di tutela del supremo interesse del minore, intesa anche possibilità di vita serena che ogni bambino, bambina o adolescente dovrebbe avere. In questo caso, per fare un esempio, chiedo se vi sono delle sbarre alle finestre, piuttosto che quelle tra un luogo e un altro all'interno della stessa sede, che molte volte ci è capitato di conoscere attraverso anche le segnalazioni pervenute.
  Una cosa che volevo richiedere è che tipo di collaborazione c'è con il dottor Maglietta, che è intervenuto in questo frangente. Lo faccio perché si è parlato tanto di bigenitorialità, della legge 54/2006, che lui stesso ha portato avanti, e di formazione anche da parte dello stesso a magistrati o avvocati, se ho capito bene. Sinceramente non comprendo il nesso con la nostra Commissione di inchiesta che riguarda principalmente le strutture residenziali per minori e gli allontanamenti dei minori stessi che vengono inseriti all'interno di queste strutture. Vorrei ricordare che questa Commissione nasce proprio dall'episodio riconosciuto «Bibbiano», quindi non ne capisco la motivazione.
  Detto ciò, visto che avete parlato tanto di formazione, sulla quale sono assolutamente d'accordo, noi abbiamo avuto durante questi mesi di lavoro anche dei riferimenti e dei racconti effettuati da parte delle persone che hanno inviato tantissime segnalazioni nel tempo con allegati degli atti che spesso avviene una formazione che non si capisce bene da chi arrivi. Mi spiego meglio: credo che la formazione – non penso di essere l'unica – debba essere strutturata e portata avanti da personale qualificato per farlo. Chiedo al dottor Maglietta, visto che ha detto che lui fa formazione a questi magistrati e che trova poche persone interessate alla formazione, a che titolo lei faccia formazione. Ha avuto modo Pag. 12negli anni di avere una laurea in giurisprudenza, piuttosto che in altre specifiche professionalità che possono permettere di migliorare le condizioni o il lavoro svolto dai magistrati tanto da potere fare formazione o lo fa soltanto come presidente di associazione? Chiedo questo proprio perché tante volte ci è stato denunciato che tante associazioni fanno formazione, ma nella realtà dei fatti non si capisce che titolo abbiano per farlo.
  Detto questo – poi concludo – si è parlato di conflittualità anche dall'autorità garante per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza ed è una cosa che mi delude molto, e le dico anche perché. La conflittualità si può prevedere quando esistono dei litigi e delle problematiche tra varie parti, in questo caso tra due parti. Quando si tratta di violenza, non esiste conflittualità, bensì esiste una persona violenta nei riguardi di un'altra persona. Quella non è conflittualità. Tante volte la violenza in ambito giudiziario, come vediamo da tutte le segnalazioni che ci sono pervenute, viene trasformata in conflittualità e questo porta a una valutazione da parte di esperti, se così vogliamo definirli, nominati CTU, quindi tecnici consulenti nominati direttamente dal tribunale, che fanno valutazioni completamente legate alla psicologia o a interpretazioni della psicologia sulla persona o sulle persone, ma che nulla hanno a che vedere con il riconoscimento della violenza.
  Abbiamo tantissimi casi e ne cito uno tra tutti – poi prometto di concludere –, ovvero il caso Ginevra Amerighi, che io stessa ho portato in Parlamento attraverso un'interpellanza urgente, alla quale per fortuna il sottosegretario rispose con grande interesse tanto da avviare un'indagine interna al Ministero. Ginevra Amerighi non ha visto la figlia per quasi undici anni, le è stata tolta a 18 mesi soltanto perché una perizia di CTU la definiva nel futuro possibile alienante, cioè poteva diventarlo al tempo, e la bambina è diventata orfana di madre in vita. Il suo ex compagno è stato denunciato e condannato per le lesioni e le percosse riportate dalla donna, eppure lei non ha potuto usufruire di quella che lei tanto ha decantato prima, dottore Maglietta, della legge 54/2006 sulla bigenitorialità. Io per prima le dico che ci sono delle modifiche da fare, ma la prima è proprio sulla legge sulla bigenitorialità. Il primo comma andrebbe completamente modificato ed è una cosa che abbiamo richiesto, perché proprio non tiene in considerazione tantissimi altri fattori. Non può esserci il paritetico sempre e comunque. Questa non è una realtà dei fatti, a volte può capitare, mentre altre volte non può essere fisiologicamente un paritetico anche per un bambino o per più bambini, anche perché abbiamo tantissimi genitori, spesso padri che...

  PRESIDENTE. Onorevole Giannone, limitiamoci alle domande, per favore.

  VERONICA GIANNONE. Perfetto, ci limitiamo alle domande, ma visto che è stato fatto tutto questo e non ha a che vedere con questa nostra Commissione d'inchiesta, mi sono permessa di andare anch'io oltre quella che è la nostra Commissione. Grazie.

  GIUSEPPE SCIALLA, Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania. Sulla prima parte devo rispondere io. Grazie, senatrice Giannone. Come lei ben sa, l'autorità garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza non ha una competenza nel controllo delle varie strutture all'interno come ispezione. Io giro quotidianamente fra le comunità e le case famiglia e cerco di capire, poiché il mio interesse è soltanto sul minore, se effettivamente sono garantiti al bambino tutti i diritti che gli spettano per l'ordinamento giuridico, ma anche per il benessere e la crescita psicofisica del bambino.
  Come sa, per poter fare ciò non posso presentarmi all'improvviso, poiché non sono autorizzato, ma passo attraverso i sistemi naturali, chiedo di poter intervenire e faccio visita. È naturale che il report che mi esce da questo è quasi sempre positivo, perché stabilendo qual è il giorno in cui vado e chi controllo, trovo tutto ben in ordine. Ecco perché all'interno di quelle funzioni sociali dell'ispettorato a cui facevo Pag. 13riferimento, credo che si dovrebbe avere il potere di iniziativa e di controllare immediatamente, senza dovere per forza avvertire, perché questo è importante. Trovo abbastanza tutto positivo, ma devo dire che non sono sicuro, non posso essere certo. Lo posso dare per scontato, ma non posso certificarlo.
  Per quanto concerne la formazione, parlo solo di queste due cose, poi lascio al professore Maglietta l'altra parte. La formazione molto vasta e larga che faccio come garante è una formazione che, come ho detto prima, è gratuita per tutti i partecipanti, la faccio insieme agli ordini degli psicologi e degli avvocati, degli assistenti sociali ed è una formazione talmente di altissima qualità perché non mi limito a prendere le persone generalmente conosciute sul territorio, ma faccio una formazione che va dall'accademico al professionale, cercando di prendere i migliori della scienza, che sono i più rinomati in Italia. Infatti, tutti i relatori della mia attività che faccio in termini di formazione provengono dalle migliori università italiane e da quello che mi sottolineano gli ordini professionali e molto spesso sono anche ricercatori fuori Italia. Specialmente in questo periodo, in cui la formazione veniva fatta anche da remoto, ho potuto avere anche docenti di alta qualità fuori dall'Italia. Penso, ad esempio, all'ultimo corso che è appena terminato una settimana fa di psicologica giuridica e forense, in cui ho chiamato a raccolta tutti i migliori psicologi giudici e accademici di psicologia giuridica e forense in Italia e li ho messi insieme per dare una formazione di altissima qualità.
  Aggiungo che non basta soltanto la formazione che fa il garante, perché una delle cose che potrebbe essere di grande utilità e che può fare la prima agenzia educativa è la scuola. C'è una legge sulla psicologia scolastica, quindi potrebbero utilizzarla ancora di più, e vi è una proposta della mediazione come materia obbligatoria all'interno del percorso di istruzione. La mediazione ha la finalità di mettere insieme il reo e la vittima e di imparare questi elementi di aggregazione, di cooperazione sin dai primi anni della vita sui banchi, quindi di poter produrre nei bambini persone adulte che hanno già gli enzimi della cooperazione più che della conflittualità. La scuola può fare molto di più, poiché può insegnare le life skills, le competenze di vita, necessarie nei ragazzi per far crescere una nuova generazione di persone più competenti. A fianco all'istruzione, vi sono anche le competenze di vita.
  Non incontro molto favore nel considerare che vi sono persone violente. Una persona diventa violenta, se è stimolata a esserlo. Non lo dico io, ma lo hanno detto i grandi scienziati della psicologia e della psiche. A ogni stimolo corrisponde una reazione e se riuscissimo a intervenire prima di fare uno stimolo, probabilmente non ci sarebbe nemmeno una reazione.

  MARINO MAGLIETTA. Onorevole Giannone, mi sente?

  VERONICA GIANNONE. Sì, la sento.

  MARINO MAGLIETTA. Io credo che la stragrande maggioranza delle cose che ha detto a mio riguardo sono conseguenza del fatto che noi non ci siamo mai incontrati, e non ci conosciamo personalmente. Ci sono delle cose che lei ha sentito dire, ci sono anche delle cose che io ho sentito dire anche se erano dei virgolettati. Ho letto «Basta con la bigenitorialità» o «Abroghiamo la legge 54», quindi cose pesanti. Ritengo che finché non ci siamo incontrati, il giudizio vada sospeso. Ma non voglio rifiutare una risposta almeno a volo di uccello a quello che lei ha detto.
  Io non sono mai intervenuto senza essere invitato. Mi è testimone qui il professore Scialla, il quale mi ha chiamato a fare interventi di tipo formativo e sono andato perché invitato. Lei saprà benissimo che presso ogni tribunale c'è un magistrato incaricato di selezionare dei docenti per la formazione decentrata dei magistrati. Io sono andato là dove sono stato chiamato a svolgere quel compito. Non mi sono autoinvitato, né sono autoreferenziale. Comunque le manderò il mio curriculum per un discorso più concreto e oggettivo.Pag. 14
  C'è una cosa che correggo subito, perché evidentemente anche questa è frutto del sentito dire. Nella legge 54 non è prevista la pariteticità a tutti i costi. Non è scritto da nessuna parte. Quello che si dice è che il ruolo, i compiti e le responsabilità partono alla pari, se è possibile si chiedono uguale sacrificio, uguale impegno a entrambi i genitori, se il padre fa il camionista, non sarà così. Questo paritetico è una maldicenza di rete. So che lei frequenta molto i social, mentre io no, però mi arrivano delle segnalazioni. La posso tranquillizzare, però rimango dell'idea che sarebbe una cosa fruttifera se ci incontrassimo, perché sono convinto che in buona misura, probabilmente entrambi cambieremmo idea.

  PRESIDENTE. Faccio un'ultima domanda rapidissima. Alla luce di quella che avete citato prima, la lettera h della nostra legge istitutiva, chiedo se in Campania c'è un problema di situazioni economiche disagiate che determinano l'allontanamento dei bambini dalla famiglia.

  GIUSEPPE SCIALLA, Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Campania. Sicuramente sì, anche se il dato non è scritto da nessuna parte. La Campania ha una povertà economica elevata che si coniuga con la povertà educativa diffusa. Aggiungo che è naturale che questo può accentuare all'interno delle famiglie quei fenomeni di difficilmente convivenza che possono portare a situazioni forti di conflittualità. È un dato che può essere non rilevato, ma può essere considerato come dato importante ai fini della determinazione.

  PRESIDENTE. Lascio la parola all'onorevole Giannone per una breve replica, abbiamo veramente pochi minuti.

  VERONICA GIANNONE. Prendo un minuto soltanto per rispondere a quello che ha detto il dottore Maglietta, perché a me non va bene che qualcuno possa anche soltanto insinuare che io dia credito a quello che è il sentito dire. Io studio, dottor Maglietta, tanto quanto forse fa lei. Ha detto più volte del sentito dire, dei social, il conoscerci o meno. A me non interessa conoscere o non conoscere le persone, io seguo quelli che sono gli atti. Ho studiato e ho valutato attraverso quella che è, secondo me, una male interpretazione di ciò che può essere quella che lei definisce bigenitorialità, ma non accetto che qualcuno possa dire che io vada avanti sul sentito dire. È questo che proprio non mi va bene, quindi non glielo permetto. Grazie.

  PRESIDENTE. Benissimo. Onorevole Giannone, verrà riportato tutto nel resoconto. Ringraziamo il professore Scialla, garante dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza della regione Campania e il professore Marino Maglietta. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50

Pag. 15

ALLEGATO

Pag. 16