XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Martedì 14 giugno 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fassino Piero , Presidente ... 3 

Audizione della Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Marina Sereni, sul quadro geopolitico del Mediterraneo (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Fassino Piero , Presidente ... 3 
Sereni Marina , Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3 
Fassino Piero , Presidente ... 10 
Boldrini Laura (PD)  ... 10 
Fassino Piero , Presidente ... 11 
Ehm Yana Chiara (Misto-M-PP-RCSE)  ... 11 
Fassino Piero , Presidente ... 12 
Delrio Graziano (PD)  ... 12 
Fassino Piero , Presidente ... 13 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 14 
Fassino Piero , Presidente ... 14 
Sereni Marina , Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 14 
Fassino Piero , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Europa Verde-Verdi Europei: Misto-EV-VE;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea: Misto-M-PP-RCSE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIERO FASSINO

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Marina Sereni, sul quadro geopolitico del Mediterraneo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143 del Regolamento, della Viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Marina Sereni, sul quadro geopolitico del Mediterraneo. Anche a nome dei componenti della Commissione, ringrazio la Viceministra per la disponibilità a partecipare a questa audizione, che è stata richiesta da più parti sulla base dei tanti processi politici e dei conflitti che turbano l'area del grande Mediterraneo, del Mediterraneo allargato: se immaginiamo un attimo una carta geografica, dallo Stretto di Hormuz allo Stretto di Gibilterra, quest'area conosce una sequenza di conflitti e di crisi, dalla guerra civile in Siria e in Yemen, alla criticità del Libano, alla situazione nuovamente delicata in Libia, alla crisi in Tunisia, ai problemi che si pongono particolarmente acuti nel Sahel – solo per citare –, la perdurante questione cipriota aperta e, infine, la questione mediorientale che oggi e domani è al centro degli incontri che il Presidente del Consiglio avrà in Israele e in Cisgiordania.
  Per tutte queste ragioni abbiamo pensato che fosse utile fare un punto, perché di ciascuna di queste crisi la Commissione Esteri si è occupata, però a questo punto avvertiamo tutti l'esigenza non solo di avere ogni volta una puntuale attenzione a questo o quel conflitto, ma di avere un quadro di insieme e di come, appunto, la nostra politica estera affronta questo quadro di insieme. Grazie alla Viceministra e Le do la parola.

  MARINA SERENI, Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie presidente. Spero che l'impianto della mia relazione possa essere utile ad inquadrare la grande questione che Lei ha posto all'ordine del giorno. Il tema è molto ampio, quindi mi scuso in anticipo se la mia introduzione non sarà brevissima, vi propongo un percorso articolato in tre momenti. Comincerei dalla più stringente attualità e cioè l'impatto dell'aggressione russa all'Ucraina sull'area MENA (Middle East and North Africa). Focalizzerei poi l'obiettivo sui principali Paesi e situazioni di crisi. Cercherei infine di evidenziare alcuni spiragli positivi per trarre una conclusione sul ruolo che l'Italia può e deve svolgere in una regione per noi davvero strategica.
  Le conseguenze del conflitto ucraino si avvertono soprattutto nei Paesi del Nordafrica, Tunisia e Libia in particolare, ma cominciano a propagarsi anche oltre, ad esempio in Libano e in Iraq per l'aumento dei prezzi dei beni alimentari. Come ben sappiamo, Ucraina e Russia sono storicamente importanti fornitori di grano nella regione e l'aumento dei prezzi dell'energia, sebbene possa beneficiare alcuni, genera Pag. 4una spinta inflattiva che rallenta la ripresa post pandemica. La presenza della Russia in Libia e in Siria e la sua crescente penetrazione nel Sahel sono fattori di disturbo e di instabilità per l'intera aerea. Altri elementi di criticità sono dati, tra gli altri, dallo stallo del processo di pace israelo-palestinese e dalla grave crisi energetica ed economico-finanziaria in Libano, Paese cruciale per gli equilibri regionali.
  Le differenti sensibilità riguardo alla crisi russo-ucraina si riflettono in posizioni che oscillano tra voti di condanna dell'aggressione e astensioni in Assemblea Generale dell'ONU il 2 e il 24 marzo scorsi, richiami alla moderazione e una generale propensione a stare alla finestra evitando prese di posizione profilate. Tale situazione è innanzitutto dovuta ai condizionamenti derivanti da legami consolidati con Mosca in ambito economico-commerciale (importazione di grano e di altri cereali, forniture militari, energia, turismo). Entrano poi in gioco valutazioni di carattere politico-strategico e, più in generale, una sensibilità tendenzialmente non allineata alle posizioni occidentali, alle quali viene spesso rimproverato un atteggiamento non coerente, il cosiddetto «double standard», rispetto ad altre situazioni di conflitto. Per avere un'idea, tutti i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein, Oman e Kuwait hanno votato a favore sia della risoluzione ONU del 2 marzo, che di quella umanitaria del 24 marzo. Gli Emirati si erano inizialmente astenuti il 25 febbraio sulla risoluzione in Consiglio di Sicurezza. L'Iran si è astenuto in entrambe le risoluzioni dell'Assemblea Generale, 2 e 24 marzo, l'Iraq si è astenuto il 2 marzo, mentre ha votato a favore della risoluzione umanitaria del 24 marzo, in entrambe le occasioni il Marocco non ha partecipato alla votazione, mentre l'Algeria si è astenuta. Il 7 aprile sulla Risoluzione in Assemblea Generale volta a sospendere la Russia dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, Algeria e Iran sono passati dall'astensione al voto contrario, Tunisia, Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iraq, Oman, Kuwait, Yemen, Bahrein e Qatar e sono passati dal voto favorevole all'astensione e il Libano da favorevole a non votante.
  Se non riusciremo a gestire le conseguenze del conflitto russo-ucraino sulla regione mediterranea, rischiamo di facilitare l'allontanamento di Paesi a noi vicini e di pagare le conseguenze dell'accresciuta instabilità economica geopolitica. Sarebbe un grave errore quello di affrontare la crisi dall'unico prisma del confronto con la Russia. L'Unione europea e la NATO hanno reagito con straordinaria compattezza adottando con rapidità misure e iniziative dedicate soprattutto ai Paesi dell'Europa orientale e tuttavia è fondamentale mantenere un approccio strategico a 360 gradi, senza distogliere attenzione e risorse da altri quadranti fondamentali per la nostra pace e prosperità.
  Anche dal punto di vista strettamente securitario non possiamo permetterci il lusso di concentrarci solo su un avversario o su una determinata tipologia di minaccia. L'Italia è chiamata a compiere uno sforzo importante per mantenere alta l'attenzione sul Mediterraneo, a livello di Unione europea promuovendo con il vicinato Sud un'area di sviluppo e prosperità, a livello della NATO continuando ad evidenziare la rilevanza per la sicurezza collettiva delle sfide proprie del fianco Sud e, più in generale, a livello multilaterale. Ricordo, ad esempio, il Dialogo Mediterraneo che abbiamo organizzato e presieduto mercoledì scorso proprio con l'obiettivo di fare fronte alla grave crisi alimentare che si sta ripercuotendo su molti Paesi del Mediterraneo e dell'Africa a seguito del conflitto russo-ucraino, con il rischio di pesanti conseguenze in termini di tensioni sociali, di stabilità delle istituzioni di quei Paesi e, in ultima analisi, di flussi migratori.
  Vorrei ora entrare più nel merito delle situazioni dei singoli Paesi. Certamente la guerra in Ucraina non può e non deve far passare in secondo piano la crisi politica e istituzionale che continua ad attanagliare la Libia. La concreta e duratura stabilizzazione del Paese resta un'assoluta priorità della politica estera italiana che continuiamo a perseguire con l'obiettivo di contribuirePag. 5 alla sicurezza dell'intera regione mediterranea. Il superamento dell'attuale stallo politico-istituzionale risulta oggi ancora più urgente proprio in virtù del mutato scenario internazionale e in ragione della persistente presenza nel Paese di gruppi armati riconducibili alla Russia. La volatilità dell'attuale contesto politico e di sicurezza in Libia, rappresenta un potenziale punto di fragilità del nostro Vicinato Meridionale, che può fondersi con ulteriori contesti di crisi nel Maghreb e nel Sahel. Stiamo, dunque, rinnovando i nostri sforzi insieme ai partner europei e internazionali maggiormente coinvolti, per condurre un'azione di sensibilizzazione che spinga le parti libiche a superare l'attuale polarizzazione politica garantendo lo svolgimento in tempi brevi di elezioni libere, eque e trasparenti. Sosteniamo la necessità di un compromesso fondato su un ampio consenso politico per garantire al Paese un governo che possa condurre il popolo libico al voto. Occorre aprire una nuova fase di riconciliazione nazionale che permetta l'unificazione delle istituzioni libiche e l'individuazione di un Esecutivo stabile e pienamente legittimo. Il ruolo delle Nazioni Unite per cercare una mediazione tra tutte le parti coinvolte rimane essenziale e dovrà restare un punto fermo anche nei prossimi mesi, in vista dei possibili ulteriori sviluppi del processo politico ed elettorale. È questo l'obiettivo a cui tende l'azione italiana, l'Inviato Speciale per la Libia del Ministro Di Maio si è recato in missione in Libia nei giorni scorsi e vi ha incontrato i maggiori esponenti politico-istituzionali del complesso panorama libico, in stretto raccordo con i partner europei, Francia e Germania in primis, e internazionali.
  In un momento di grande incertezza sui mercati internazionali dell'energia, le risorse energetiche della Libia e i proventi derivanti dal loro sfruttamento devono essere utilizzati a beneficio di tutto il Paese e della sua popolazione, senza divenire strumento di pressione politica legato agli interessi particolaristici di specifici gruppi o parti.
  Le ripercussioni sui canali di approvvigionamento energetici e alimentari generati dalla crisi in Europa orientale stanno aggravando la già complessa situazione della Tunisia, che la Farnesina segue con particolare attenzione. Alle già profonde difficoltà economiche del Paese si è aggiunta una grave crisi politica e istituzionale che rischia di compromettere i progressi che la democrazia tunisina ha saputo compiere durante l'ultimo decennio. Il contesto è molto fragile, caratterizzato dallo scioglimento del Parlamento, da interventi unilaterali sul sistema giudiziario e da una gestione del processo costituzionale ed elettorale dubbia, come da ultimo ribadito dalla Commissione di Venezia. L'incremento dei prezzi del grano e la possibile difficoltà di erogare servizi essenziali a favore della popolazione, rischiano di accrescere ulteriormente le tensioni sociali con evidenti ripercussioni per l'Italia e per l'Europa, anche sotto il profilo migratorio. Nonostante la complicata fase politica, la Comunità internazionale deve continuare ad assistere la Tunisia economicamente per evitare al Paese un tracollo finanziario gravido di conseguenze. L'Italia auspica che Tunisi possa definire in tempi rapidi un accordo ormai sempre più urgente con il Fondo monetario internazionale.
  Come accennavo, gli effetti del conflitto in Ucraina, a partire dall'aumento dei prezzi dell'energia e del grano, stanno avendo un particolare impatto anche sul Libano, già afflitto da una drammatica crisi politica, economica e umanitaria aggravata dagli effetti della pandemia. Lo scorso 15 maggio hanno avuto luogo le elezioni parlamentari, un primo passo sulla via di un risanamento istituzionale ed economico che si annuncia lungo e doloroso. Alle forze politiche nazionali spetta ora il compito e la responsabilità di formare rapidamente un governo capace di attuare le riforme di cui il Paese ha bisogno per evitare un tracollo che avrebbe conseguenze destabilizzanti in tutta la regione.
  Negli ultimi mesi l'Italia ha fortemente rilanciato i rapporti con l'Algeria allo scopo di approfondire, con un primario attore della regione, un partenariato che possa contribuire alla stabilità dell'area euro-mediterranea in un mutato contesto internazionale.Pag. 6 Lo attestano le due visite di Stato svoltesi a distanza di pochi mesi del Presidente della Repubblica in Algeria, lo scorso novembre, e del Presidente algerino Tebboune in Italia in maggio. Ricordo anche la visita del Presidente del Consiglio Draghi ad Algeri in aprile e i frequenti incontri tra i due Ministri degli Esteri. È un dialogo strutturato e ad ampio spettro che muove anche dalla necessità di diversificare i canali di approvvigionamento energetico, ma al contempo intende approfondire la cooperazione bilaterale in molti altri settori quali le energie rinnovabili, l'innovazione tecnologica, la lotta alla corruzione, la cultura e il turismo. È con questa prospettiva che stiamo lavorando al Vertice intergovernativo previsto il 18 e 19 luglio, che offrirà anche la cornice ad un Business Forum per rilanciare le opportunità di investimento in Algeria per le numerose imprese italiane già presenti o interessate.
  Gli effetti del conflitto russo-ucraino continuano a farsi sentire anche sull'economia egiziana. Per far fronte alla svalutazione della valuta locale il Cairo ha trovato sostegno nei Paesi del Golfo, che hanno annunciato investimenti per oltre 15 miliardi di dollari. Al centro delle preoccupazioni egiziane vi sono però, soprattutto, la diminuzione degli approvvigionamenti di grano e l'aumento del suo costo. L'Egitto è il maggiore importatore mondiale di grano, con 11,6 milioni di tonnellate acquistate all'estero nel 2021, il 60 per cento dalla Russia e il 26 per cento dall'Ucraina. Il Cairo punta ora a diversificare le proprie importazioni, ha firmato un accordo con l'India e sono in corso negoziati per aumentare l'import da Francia, Argentina e Stati Uniti. L'auspicio è, inoltre, quello di avviare colloqui con il Fondo monetario internazionale al fine di attivare un nuovo programma di assistenza finanziaria e preservare in questo modo i risultati fin qui acquisiti con le riforme economiche degli ultimi anni. L'obiettivo è di provare a limitare le ricadute sulla popolazione calmierando i prezzi del pane anche oltre la quota «sussidiata» che interessa direttamente o indirettamente la maggior parte della popolazione, evitando così il rischio di disordini e instabilità che potrebbero avere ripercussioni ben oltre il Paese. Sul piano regionale, infatti, l'Egitto è riconosciuto come un attore chiave nelle dinamiche mediorientali: determinante è stato, ad esempio, il suo ruolo nel raggiungimento del cessate-il-fuoco tra Israele e Hamas nel maggio dello scorso anno. Il Cairo continua a guidare gli sforzi diplomatici per la riconciliazione interna tra le fazioni palestinesi, da cui dipende non soltanto la ricostruzione della Striscia, ma anche, in prospettiva, il rilancio del processo di pace con Israele.
  La crisi ucraina – dobbiamo essere realisti – rende oggi ancora più complicate le possibilità di ripresa del processo di pace israelo-palestinese a causa del consolidarsi di una tendenza all'isolamento di Mosca dai contesti internazionali in cui la questione viene discussa. È il caso innanzitutto del cosiddetto «Quartetto Internazionale» formato da ONU, Stati Uniti, Unione europea e Russia, unico meccanismo legittimo sancito dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per mediare nel conflitto israelo-palestinese, ma ormai collocato su un binario morto. Simile la situazione dell'Ad Hoc Liaison Committee (AHLC), il principale meccanismo di coordinamento a livello politico per l'assistenza allo sviluppo dei Territori Palestinesi, dal quale la Federazione Russa è stata esclusa. Questi sviluppi si inseriscono, peraltro, in un quadro di rinnovata tensione in Israele e nei Territori Palestinesi, dove nelle ultime settimane si sono registrati una ripresa degli attentati terroristici in varie città israeliane e scontri tra forze di sicurezza israeliane e giovani palestinesi a Gerusalemme Est e in Cisgiordania. Violenze che, in un bilancio che si aggrava ogni giorno, hanno già causato centinaia di feriti e decine di morti tra cui, come ben noto, il decesso della giornalista di Al Jazeera, Shireen Abu Akleh. Un evento di per sé tragico, che è stato ulteriormente aggravato dalle inaccettabili violenze al suo funerale. Come ho già avuto modo di sottolineare qualche giorno fa in questa stessa Commissione, il Governo italiano è fermamente convinto della necessitàPag. 7 di chiarire le circostanze di questa terribile morte e di individuare e perseguire i responsabili attraverso un'approfondita indagine indipendente. Sul campo proseguono poi le attività di costruzione di insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, così come non accennano a diminuire le demolizioni di proprietà palestinesi e gli sfratti. Si tratta di azioni contrarie al diritto internazionale, che l'Italia peraltro non manca e non cessa di denunciare, che aumentano le tensioni e rischiano di generare ulteriore violenza.
  A preoccupare è soprattutto il clima sempre più arroventato attorno ai luoghi santi di Gerusalemme, in particolare la Spianata delle moschee/Monte del Tempio, che è ormai teatro di scontri quasi quotidiani. Gerusalemme deve tornare ad essere città di pacifica convivenza non di intolleranza, né di nuovi spargimenti di sangue. Non posso, quindi, che ribadire con forza la necessità che lo status quo dei Luoghi Santi venga rigorosamente rispettato evitando azioni unilaterali e inutili provocazioni che rischiano di causare reazioni incontrollabili. Questa nuova ondata di violenza è un'ulteriore prova dell'insostenibilità della situazione attuale. Occorre evitare l'ennesima spirale distruttiva. È questo uno dei principali messaggi che il Presidente del Consiglio, in missione ieri e oggi in Israele e in Palestina, sta veicolando ai propri interlocutori: una soluzione a due Stati, giusta e sostenibile, negoziata direttamente tra le parti, in linea con i parametri stabiliti dal diritto internazionale e dalle rilevanti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, rappresenta la sola via per la pace e la stabilità della regione. L'Italia, inoltre, si sta adoperando e intende continuare ad adoperarsi a Bruxelles al fine di spingere l'Unione europea a recuperare un ruolo più attivo ed efficace per un rilancio del processo di pace.
  Capitolo Iran. Centrale resta il negoziato per il ripristino dell'accordo sul nucleare, architrave dell'architettura globale di non proliferazione. Il JCPoA (Joint Comprehensive Plan of Action) può e deve tornare ad essere esempio di un multilateralismo efficace. La sua attuazione è cruciale per la sicurezza regionale ed internazionale. Abbiamo seguito da vicino i colloqui a Vienna, un'opportunità unica per preservare e rilanciare l'accordo. Di fronte all'ultima interruzione dell'esercizio riteniamo necessario che le parti tornino a quell'approccio pragmatico e costruttivo che ha caratterizzato sinora le discussioni, nell'ottica di superare le questioni ancora irrisolte. I benefici che il rilancio dell'accordo avrebbero per l'Iran sono enormi in termini di reintegrazione a pieno titolo nel sistema internazionale sia sotto il profilo politico, sia sotto quello economico. Tanto più nel frangente attuale ove si va configurando un nuovo assetto internazionale a seguito dell'inaccettabile condotta russa.
  Con riferimento allo Yemen abbiamo accolto con favore gli sviluppi positivi, da ultimo l'accordo raggiunto lo scorso 2 giugno per estendere di due mesi la tregua che era stata concordata in aprile. Si tratta di un risultato importante che auspichiamo possa tradursi in un cessate-il-fuoco duraturo. Ci auguriamo che il nuovo assetto istituzionale con la cessione dei poteri del Presidente della Repubblica a un Consiglio Presidenziale di nuova istituzione crei le condizioni per una soluzione politica sostenibile sotto l'egida delle Nazioni Unite. Come abbiamo sempre ribadito, non esiste soluzione al conflitto se non nell'ambito di un processo politico inclusivo, che richiede il coinvolgimento non solo di tutte le parti yemenite, comprese le donne, i giovani e la società civile, ma anche il contributo degli attori regionali.
  L'aggressione della Russia all'Ucraina ha inciso in modo significativo anche sulla questione siriana, sotto diversi profili. Gli Stati Uniti hanno sospeso il dialogo con Mosca che lo scorso anno aveva prodotto importanti risultati, consentendo il rinnovo della Risoluzione sugli aiuti cross-border e la spinta ai progetti di early recovery, che puntano a riabilitare i servizi essenziali e le attività economiche a livello locale per consentire alla popolazione di uscire gradualmente dalla dipendenza dagli aiuti di emergenza. Da parte europea si è deciso di non invitare la Federazione russa alla Conferenza di Bruxelles sulla Siria del 10 maggio Pag. 8con un ulteriore inasprimento delle tensioni con Mosca. Anche sul piano bilaterale è stato interrotto il dialogo con Mosca in materia di early recovery e rifugiati che era apparso molto promettente, senza contattare l'impatto della crisi alimentare sulla Siria, uno dei Paesi più a rischio. Le indicazioni raccolte finora fanno stato della volontà russa, almeno per il momento, di tenere la Siria fuori dal confronto russo-ucraino per non aprire un nuovo fronte nelle complesse dinamiche dei rapporti con la Turchia. Nonostante l'irritazione per la chiusura dello spazio aereo turco ai suoi sorvoli, Mosca non ha, ad esempio, incrementato la pressione militare sui Idlib, mentre il reclutamento di mercenari siriani sembra essersi tradotto solo in pochi casi in effettivo invio sul teatro ucraino. Erdogan ha invece annunciato che sarà presto avviata una nuova operazione militare oltre il confine contro le forze curde del Nord della Siria, con probabili ulteriori ripercussioni negative sulla stabilità regionale e sulla campagna militare contro lo Stato Islamico. Non manca, del resto, chi legge nella recente amnistia adottata da Damasco una reazione ad un ruolo russo percepito come più debole, ciò che spingerebbe il regime ad aperture anche verso Occidente.
  Alla luce dei numeri ancora limitati e ricordando gli effetti quasi nulli delle precedenti amnistie, non mancano i motivi per ritenere l'iniziativa di carattere strumentale. Ma per gli stessi americani – oltre che per Pedersen, Inviato Speciale del Segretario Generale ONU – essa può rappresentare un passo nella giusta direzione, sempre che trovi un'attuazione completa. Non possiamo al contempo dimenticare che a undici anni dall'inizio della crisi la situazione umanitaria risulta addirittura peggiorata rispetto al periodo del confronto militare. Il tasso di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà ha raggiunto il 90 per cento, mentre metà della popolazione è ancora sfollata all'interno o all'estero. Per questo, pure in circostanze tanto complesse, l'Italia continuerà a dare alla popolazione siriana segnali del nostro persistente impegno, ribadendo sul piano politico il sostegno all'Inviato ONU Pedersen per l'attuazione della Risoluzione 2254 e confermando sul piano umanitario il livello di impegni assunti negli anni precedenti – 45 milioni di euro – come abbiamo annunciato in occasione della Conferenza di Bruxelles, destinandone una buona parte a interventi di early recovery. Ricordo il ruolo chiave dell'Unione europea, primo donatore insieme agli Stati membri con circa il 65 per cento degli aiuti.
  Vorrei concludere con l'Iraq, attore di importanza geostrategica in Medio Oriente, che ho visitato a inizio giugno con cui l'Italia ha un dialogo bilaterale strutturato che testimonia la sincera amicizia tra i due Paesi. La democrazia irachena sta mostrando incoraggianti segnali di progresso: le elezioni dello scorso ottobre hanno rappresentato un test importante. A Baghdad abbiamo espresso il compiacimento italiano per il corretto svolgimento dell'appuntamento elettorale cogliendo, al contempo, l'occasione per incoraggiare i diversi interlocutori a superare rapidamente lo stallo, che dopo quasi otto mesi, non ha ancora consentito ai partiti politici iracheni di trovare un accordo sulla formazione del nuovo Governo e sulla nomina del Presidente della Repubblica. In questa fase politicamente delicata riteniamo fondamentale continuare a sostenere l'Iraq dal punto di vista securitario, ma anche sul piano della collaborazione bilaterale e della cooperazione allo sviluppo. Ricordo che dallo scorso 10 maggio l'Italia ha assunto il comando della Missione NATO e allo stesso tempo manteniamo il nostro impegno all'interno della Coalizione internazionale per combattere Daesh. Inoltre l'Iraq è Paese prioritario per la nostra Cooperazione con risorse destinate alla stabilizzazione, alla tutela dei gruppi vulnerabili, incluse le minoranze religiose, nonché alla protezione delle donne e all'empowerment femminile. Contribuiamo anche significativamente alla protezione del patrimonio archeologico e culturale iracheno.
  Dopo avere evidenziato le tante sfide e criticità vorrei ora sottolineare – ed è il mio terzo e ultimo punto – anche alcuni segnali positivi. L'azione della diplomazia Pag. 9italiana deve impegnarsi a consolidare ed espandere questi spiragli ed a favorire tutto ciò che va nella direzione della condivisione e del dialogo tra gli attori regionali. Vorrei fornire qualche esempio.
  La regione del Golfo ha recentemente registrato dinamiche incoraggianti, tra queste la normalizzazione dei rapporti all'interno del Consiglio di Cooperazione del Golfo. Si tratta di uno sviluppo che agevola la distensione e crea le condizioni per ravvivare la collaborazione regionale e consolidare la stabilità e la sicurezza nell'area. I progressi nel Golfo hanno mutato il contesto regionale favorendo anche l'intensificazione dei rapporti bilaterali tra Paesi che per lungo tempo hanno visto le loro relazioni caratterizzate da tensioni e disaccordi. Segnalo, in particolare, l'attivismo di Ankara nel ravvivare i rapporti con alcuni Paesi della regione, tra cui Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, come dimostrato dalla visita di Erdogan a Riad a fine aprile. Una stabilità a lungo termine, nell'area del Golfo non può essere raggiunta senza il pieno coinvolgimento di tutti gli attori interessati. Per questo non lesiniamo sforzi per incoraggiare Ankara a mantenere un atteggiamento costruttivo nel dialogo con gli attori della Regione, tra cui Riad, anche su questioni sulle quali i punti di vista sono diversi. In particolare, dovrebbe essere mantenuto un dialogo costante e ampio sui dossier regionali nell'ottica della realizzazione di un quadro di sicurezza inclusivo basato sulla stabilità, il dialogo e la cooperazione.
  Se le possibilità per una ripresa dei negoziati diretti tra israeliani e palestinesi appaiono pressoché nulle, anche a causa della progressiva erosione del sostegno parlamentare all'eterogenea coalizione dell'Esecutivo Bennett, che ne riduce fortemente i margini di manovra politici, importanti passi in avanti si registrano sul fronte della normalizzazione in corso tra Israele e alcuni Paesi arabi. Si tratta di un processo che in Israele può contare su un'ampia convergenza tra le forze politiche e sul forte sostegno nell'opinione pubblica. Il Vertice tenutosi lo scorso 27 marzo in un kibbutz nel Deserto nel Negev ha riunito per la prima volta in Israele i Ministri degli Esteri di Marocco, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Egitto, nonché il Segretario di Stato Usa. Si è trattato di un passaggio chiave nel percorso di riavvicinamento e distensione tra Israele e il suo vicinato che fino a poco tempo fa sembrava impensabile. Riteniamo che questo nuovo corso possa aprire interessanti prospettive ancorché, purtroppo, al momento non si sia dimostrato in grado di produrre impatti positivi sul processo di pace israelo-palestinese.
  Guardiamo, inoltre, con favore e seguiamo con interesse il dialogo tra Teheran e Riad, avviato lo scorso anno con la mediazione dell'Iraq. Nel corso della mia visita a Baghdad ho manifestato alle autorità irachene l'apprezzamento dell'Italia per il ruolo svolto. Accogliamo con soddisfazione il fatto che dopo una temporanea sospensione esso sia stato riavviato con la prospettiva di una normalizzazione dei rapporti bilaterali. L'Italia ritiene molto positiva questa dinamica quale passo verso la distensione e la creazione di un ambiente favorevole al dialogo e ad una cooperazione più ampia nella regione. Sappiamo che si tratta di una sfida non facile perché su molti dossier le visioni e le posizioni dei due attori regionali sono differenti. Al contempo, è un percorso obbligato che difficilmente può avere alternative se si intende giungere alla stabilità, alla pacificazione e ad uno sviluppo duraturo in tutta la regione.
  In conclusione, la stabilità e la sicurezza del Mediterraneo sono obiettivi prioritari per la politica estera italiana. Il nostro approccio si è sempre basato su una profonda interconnessione fra i vari teatri del Mediterraneo arrivando fino al Sahel, la nostra centralità, non solo geografica, nel Mediterraneo ci chiama sempre più ad essere architrave nel rapporto dell'Unione europea con i partner della Regione, sia come tramite delle istanze europee, sia per stimolare l'Europa a fornire sicurezza nelle sue svariate dimensioni. Nel settembre 2020 abbiamo contribuito, tramite un nostro documento poi confluito in un paper congiunto con altri partner mediterranei quali Spagna e Francia, a delineare la Nuova Pag. 10Agenda per il Mediterraneo dell'Unione europea. Al centro vi è l'idea dei «beni comuni mediterranei». Mi riferisco in particolare a quelle risorse materiali e immateriali condivise dai Paesi e dalle comunità dell'area, il cui impiego può innescare un circolo virtuoso di investimenti e creazioni di ricchezza: le fonti energetiche, la transizione verde, necessaria anche per contrastare i cambiamenti climatici, l'economia blu, la ricerca e l'innovazione digitale, la diplomazia scientifica e culturale, la gestione dei flussi migratori, la salute solo per citarne alcune. La strada è proprio quella di favorire una gestione congiunta dei «beni comuni mediterranei» per lo sviluppo sostenibile dell'intera regione. L'Italia si è sempre fatta promotrice in ambito europeo di un approccio inclusivo, basato sulla promozione di un'agenda positiva che rovesci l'equazione tradizionale e presenti il Mediterraneo non soltanto come un luogo di instabilità, minacce e frammentazioni ma anche e soprattutto come spazio di straordinarie potenzialità di cooperazione e di opportunità da cogliere assieme. Il Mediterraneo è di per sé un «bene comune» per i Paesi che vi si affacciano e ne condividono le risorse e le straordinarie potenzialità. Grazie presidente.

  PRESIDENTE. Grazie per questa ampia relazione. Segnalo alla Viceministra che, sull'Algeria, oltre a tutto l'impegno che il Governo sta traducendo, che è stato richiamato, noi abbiamo avuto una missione della Commissione due settimane fa, che ha registrato un'intensa attività di relazioni a tutti i livelli, sia governativo sia parlamentare, confermando la grandissima attenzione che l'Algeria ha verso di noi e mi permetto di dire anche grandissime aspettative che quando faremo il vertice intergovenativo – il forum – sarà bene non deludere. Quindi da questo punto di vista è molto importante, credo, quello che accadrà.
  Segnalo che per un incarico del Consiglio d'Europa sono stato a Cipro, dove c'è una situazione, come sappiamo, assolutamente bloccata da molti anni e in tutti i colloqui che ho avuto c'è stata e c'è una forte sollecitazione ad una presenza italiana. Quindi lo segnalo, so bene che in realtà dal punto di vista delle deleghe credo – essendo Cipro dell'Unione europea – sia materia di Della Vedova, però Cipro sta dentro il contesto Mediterraneo a tutto tondo, in relazione soprattutto al rapporto con la Turchia.
  Detto questo credo che possiamo cominciare gli interventi. Chi chiede la parola? Prego, onorevole Boldrini.

  LAURA BOLDRINI. Volevo prendere questa occasione, presidente, per ringraziare la Viceministra per l'esposizione ampia, dettagliata che ha voluto fornire a questa Commissione. Un quadro sicuramente non allegro direi, al contrario del tutto preoccupante, che però parte da un presupposto assolutamente condivisibile, cioè che se vogliamo lavorare per la sicurezza collettiva non possiamo trascurare il lato Sud del Mediterraneo. Questo mi sembra evidente dall'esposizione che c'è stata presentata e questo dovrebbe indurre anche noi, in questa Commissione, in qualche modo a mettere l'accento, ancora di più rispetto a quello che abbiamo fatto, perché chiaramente siamo tutti molto preoccupati di quello che avviene direttamente in Ucraina, sugli effetti di quella crisi che, come la Viceministra ha detto, arrivano anche nel mare che condividiamo con Paesi a noi molto vicini.
  Penso che sulla Libia noi dovremmo riuscire a essere ancora più capaci di dare un'impronta di distensione in quel Paese, ritengo anche che tutto quello che ci ha detto dimostra quanto la tutela dei diritti umani, di cui non ho sentito fare menzione, sia determinante per la sicurezza e la stabilità globale. I diritti umani sono qualificanti della politica estera di un Paese e se noi poniamo i diritti umani alla base della nostra politica estera, dei nostri colloqui, a mio avviso, riusciamo a fare un lavoro ancora più articolato rispetto alla sicurezza e alla stabilità, perché questi rapporti non possono prescindere da alcuni elementi che riguardano la tutela dei diritti; tutti questi Paesi sono in mora con il rispetto dei diritti umani, lo è la Libia, in Tunisia non c'è più lo Stato di diritto, in Libano non ne parliamo, in Egitto sappiamo bene quanto viene Pag. 11rispettato il dossier diritti umani, e poi c'è la situazione israelo-palestinese.
  Qui ho apprezzato molto quanto la Viceministra ha detto sulla necessità che il Governo sostiene, questa indagine internazionale indipendente sulle responsabilità dell'uccisione di Shireen Abu Akleh e ho apprezzato anche il fatto che sia stato ricordato come gli sfratti illegali e gli insediamenti in Cisgiordania siano considerati illegali sulla base delle risoluzioni ONU e del Consiglio di Sicurezza. Su questo, colleghi e colleghe, grazie al presidente Fassino poi riporterò in questa Commissione. Era per dire, presidente, che forse noi dovremmo sottolineare anche in questi ambiti la centralità dei diritti umani, la nostra politica estera deve, a mio avviso, avere come bussola in tutti i colloqui, la tutela dei diritti umani, non solo perché è giusto, non solo perché è in linea con la nostra Costituzione, ma anche perché questo va a favore della sicurezza e della stabilità di tutti. Grazie presidente.

  PRESIDENTE. Ci sono altri interventi? La parola all'onorevole Ehm.

  YANA CHIARA EHM. Grazie presidente. Ringrazio anch'io la Viceministra per questa esaustiva e molto approfondita relazione, anche come spunto di vedere quello che è lo scenario del Mediterraneo vicino e allargato. Mi permetto di approfondire su alcune tematiche specifiche su cui, sicuramente anche per mancanza di tempo, c'è stata mancanza di approfondimento.
  Quello che mi preme in primis ricordare, sicuramente sul fronte generico, è la questione terrorismo. Ne parliamo, purtroppo, a mio avviso troppo poco del fatto che da una parte abbiamo parlato in tanti in questi anni, specialmente sulla lotta al Daesh, mentre oggi ci si ricorda paradossalmente una banale lotta al terrorismo, mentre Daesh e altre forme di terrorismo stanno ritornando e in alcune zone sono più forti che mai, specialmente sul fronte che già aveva visto colpire fortemente alcune zone, tipo alcune zone della Siria, dell'Iraq, rivedere degli spunti di cellule che si stanno riorganizzando. Ovviamente questo vale anche per altre zone, sicuramente questa è la zona che colpisce di più, che ha creato anche più danni negli anni precedenti.
  Un altro punto che volevo ribadire sul fronte turco, la questione curda, di cui paradossalmente in questo momento non si è parlato, in verità era nelle cronache in queste settimane dovute a bombardamenti reiterati da parte della Turchia e anche qui oso dirlo, ma secondo me è importante, la famosa questione del double standard quando, di fatto, qui parliamo di una popolazione attaccata e bombardata il silenzio è ancora più assordante.
  La questione diritti umani l'ha già elencata la collega Boldrini, quindi non mi soffermerò. Però sicuramente a questo è annesso la questione gender equality, gender balance che vede specialmente nei Paesi che hanno visto uno sviluppo negli ultimi anni – come la Tunisia e il Libano, ma anche l'Algeria – paradossalmente dei passi indietro, almeno questo è quello che vedo nelle delegazioni in cui partecipo, che paradossalmente vi sono dei passi indietro nelle stesse comunità delle donne dove i diritti non sono sempre garantiti o almeno ci possa essere un cambiamento di atteggiamento su questa lotta, questi passi in avanti.
  Concludo su due punti che mi stanno particolarmente a cuore: la prima cosa è la questione siriana, su cui abbiamo approfondito in questa Commissione, abbiamo anche fatto delle risoluzioni, ma che di fatto vede come tutto è collegato e come l'attenzione deve essere oggi più forte che mai. Anche far sì che il conflitto russo-ucraino non infici le situazioni più disastrose di questi Paesi, è a mio avviso una nostra responsabilità, fondamentale. Quindi l'auspicio, la volontà, la richiesta affinché la nostra cooperazione sia sempre più forte e anzi l'early recovery sia sempre più presente in tutte le azioni.
  Concludo con la questione israelo-palestinese: ho sentito parlare di alcuni punti e spunti, io non posso che mettere alcuni puntini sulle «i», presidente e Viceministra. Il primo riguarda sicuramente la morte Pag. 12di Shireen Abu Akleh: si chiede un'indagine indipendente, è passato oltre un mese, ancora oggi abbiamo pochissime notizie, sembra quasi come se non fosse successo niente. La questione colonie e sfratti, anche questa sembra ormai diventata una routine nella quale vi sono annunci di nuovi insediamenti, l'Italia e l'Europa condannano ma di fatto poi non succede niente. In questi giorni, paradossalmente – questo vuole essere non una critica, ma un auspicio – vediamo infatti il Premier Draghi e il Presidente Bennett sedere insieme, il Presidente Bennett è notoriamente un colono, è una persona che ha difeso gli insediamenti. Per l'Italia gli insediamenti sono illegali, sono contro il diritto internazionale, quindi anche lì il double standard è fortissimo nel vedere che, da una parte, noi critichiamo fortemente le denunce e le violazioni dei diritti internazionali, dall'altra, oltre le parole, purtroppo, i fatti non sono molti. Questo, ovviamente, anche a collegamento di quello che accade quando si vede che da una parte vi sono annunci e incontri come quello citato nel Negev, quando però si nota che di fatto forse due partner o due attori molto importanti in quel tavolo erano assenti: proprio i palestinesi e proprio i giordani.
  Su questo fronte concludo dicendo che sempre nell'ottica di voler fare un lavoro costruttivo e propositivo e sempre nell'ottica che l'Italia su questo fronte gioca un ruolo importante sia verso Israele sia verso la Palestina, credo sia importante avere azioni di coraggio, fare dei passi avanti coraggiosi affinché vi possa essere di fatto dei passi in avanti sulla soluzione «due popoli, due Stati» affinché l'Italia possa essere anche in prima fila affinché le parole non rimangano soltanto parole ma diventino fatti. Grazie.

  PRESIDENTE. Altri colleghi? La parola all'onorevole Delrio.

  GRAZIANO DELRIO. Anch'io desideravo ringraziare molto la Viceministra per questa esauriente analisi e stato dell'arte delle relazioni con i vari Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ma contestualmente desideravo anche sottolineare come ci sia necessità di capire, di comprendere quale sia lo stato e la capacità che l'Unione europea nel suo insieme è in grado di mettere in campo rispetto all'Agenda del Mediterraneo che così tante aspettative ha suscitato. Con l'Agenda per il Mediterraneo, che si conclude prima dell'inizio della guerra, l'Europa ha inteso affermare un principio molto forte, sostanziale, che è quello di un interesse prioritario verso il suo fronte Sud e verso un coordinamento delle politiche che poi vadano a promuovere occupazione, libertà, diritti civili, le cose che anche le colleghe hanno sottolineato. Però si ha come l'idea che ancora oggi questo salto di qualità nell'azione europea, che forse andrebbe addirittura potenziato e aggiornato alla luce della guerra – perché, come Lei ha giustamente sottolineato, se l'Agenda per il Mediterraneo nasce con la coscienza di un'interdipendenza tra tutti i popoli che si affacciano sul Mediterraneo, di una dipendenza reciproca e di una fragilità reciproca nell'affrontare le crisi, come quelle del COVID e così via – a maggior ragione la guerra ha evidenziato come questi Paesi che si affacciano sul Mediterraneo senza un'iniziativa forte, congiunta, europea e con un'Europa con diverse politiche e diversi interessi, questi Paesi rimangono esposti ad influenze russe o di altre potenze straniere che certamente non hanno come priorità le cose che abbiamo sentito in quest'aula, cioè democrazia, diritti civili, sviluppo socio-economico equilibrato.
  Quindi il commento e la domanda – non pretendo una risposta puntuale – è se vi è coscienza a livello degli Stati membri europei di come la guerra richieda un ulteriore sforzo e salto di qualità nelle nostre politiche mediterranee, perché l'unione, la fusione delle conseguenze della guerra, con le conseguenze dell'indebolimento dell'economia con il COVID, con l'instabilità governativa di questi Paesi rischia di presentarci un conto salatissimo e lo presenterà all'Europa, non alla Russia, non lo presenterà nemmeno agli Stati Uniti, se mi permettete.Pag. 13
  C'è questo tema che credo molto, molto rilevante di un'iniziativa italiana che io so che c'è – di questo ringrazio la Viceministra, il Ministro dei Esteri e il Governo tutto – per rafforzare davvero l'attenzione dell'Europa nel suo insieme, perché l'Agenda del Mediterraneo sia davvero applicata e sia rafforzata alla luce degli sviluppi che ci sono stati. Rispetto alle situazioni peculiari, come il conflitto israelo-palestinese di cui anch'io ho apprezzato molto le parole della Viceministra, penso che ci sarà modo di discutere più tardi. Credo che la situazione della Siria – che abbiamo analizzato già in questa Commissione in maniera molto esaustiva e ringrazio molto il presidente, perché oggi questo quadro d'insieme era necessario, credo – ha già dimostrato come la mancanza di presenze e iniziative europee possa determinare dei quadri di instabilità pericolosissimi di cui, ripeto, il conto viene pagato direttamente dall'Europa nel suo insieme. Quindi questa era un po' la riflessione e nello stesso tempo la richiesta di approfondimento da parte mia nei suoi confronti, ringraziandola ancora.

  PRESIDENTE. Ci sono altri interventi? Volevo aggiungere io due cose: la prima riguarda il merito, io condivido tutto l'impianto naturalmente, come è stato deposto, molto dettagliato. Credo che ci sia un tema – che è stato anche evocato laddove la Viceministra ha fatto riferimento alla nuova Agenda del Mediterraneo dell'Unione europea – ed è come noi riusciamo, oltre che intervenire, agire per sedare i conflitti, promuovere soluzioni di pace, dare stabilità nelle varie realtà critiche, a sostenere la ricostruzione di un sistema di governance multilaterale. I due strumenti principali della governance multilaterale sono stati, per un verso, perché riguardavano anche il Mediterraneo, gli Accordi di Helsinki, però sono di cinquanta anni fa e peraltro fortemente lesionati dalla guerra russo-ucraina e dalla crisi che sta investendo l'OSCE in queste ore.
  L'altro strumento di governance multilaterale era la strategia euromediterranea di Barcellona, ma anche questa del 1995. Quindi apprezzabile lo sforzo dell'Unione europea di indicare l'obiettivo di una nuova agenda che sia aggiornata, credo che questo sia un tema importante sul quale vedere come possiamo sostenere, promuovere, favorire a seconda delle situazioni, delle esperienze di cooperazione multilaterale; per capirci – anche se so che i contesti sono radicalmente diversi, ma solo per esemplificare – il processo di integrazione europea nasce con la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio), cioè decidendo di fare in modo che i Paesi europei mettessero insieme due risorse fondamentali dello sviluppo; nasce da lì – prima che dalla politica, ovviamente – il Mercato Comune, l'Euratom e poi via via tutto il resto che sappiamo bene.
  Credo che sarebbe utile individuare – e questo sta dentro la nuova agenda europea – alcuni temi su cui ci caratterizziamo con un'azione di promozione; per esempio, con la Commissione Esteri francese noi abbiamo discusso di un progetto su cui anche loro stanno riflettendo, di favorire una regia di cooperazione multilaterale sulle acque nel Nordafrica. Un altro dovrebbe essere il tema delle energie rinnovabili, l'altro ancora tutto il tema della digitalizzazione o addirittura – cosa ancora più delicata perché è davvero il terreno su cui manifestiamo le criticità maggiori – le connessioni di mobilità. Sapete che per andare da Casablanca ad Algeri devi passare da Roma e da Parigi, perché tra Marocco e Algeria non ci sono collegamenti aerei diretti, che è una cosa folle, e via di questo passo. Credo che si pone il problema di come riusciamo a favorire la nascita di momenti di multilateralità e di cooperazione multilaterale che contribuiscono a ricostruire un sistema di governance multilaterale del bacino, questa è la prima questione che volevo evidenziare.
  La seconda questione è che anche su questo fronte io credo che, accanto all'intensa azione intergovernativa, c'è uno spazio forte per l'azione parlamentare. Intanto abbiamo una condizione di miglior favore che può aiutare, la presidenza di Migliore dell'Assemblea Parlamentare del Mediterraneo è obiettivamente una cosa che può concorrere ad una presenza italiana più Pag. 14forte; tra l'altro, Migliore sta facendo un lavoro eccellente, con una presenza costante e continua in tutti i Paesi della regione, e questo è molto importante.
  Secondo, stamattina io ho visto la nuova presidente della Commissione Esteri del Senato, la collega Craxi, che da sempre è molto attenta a tutti i temi del Mediterraneo, e abbiamo ragionato e discusso di tre iniziative parlamentari importanti: la prima è il rilancio del formato 5+5 anche sul piano parlamentare – cinque Paesi europei e cinque Paesi della sponda sud del Mediterraneo – che sconta il fatto che la Tunisia è nella condizione in cui è ma, come sappiamo, in ottobre dovrebbe esserci le elezioni in Tunisia, almeno così pare – circola questa ipotesi, vedremo se è vera o non è vera – comunque riattivare il formato 5+5; secondo, rafforzare il «formato 7» dell'Unione europea, cioè i sette Paesi mediterranei dell'Unione, anche sul piano parlamentare e avremo a Praga, in occasione della conferenza che si fa ogni volta che c'è una presidenza dell'Unione europea, a latere della riunione di tutti i presidenti della Commissioni Esteri, la riunione dei sette. E in terzo luogo, quando si arriverà ai Med Dialogues – che ci saranno a dicembre presumibilmente anche quest'anno – lavorare per realizzare il forum parlamentare dei Med Dialogues. Tutto questo io l'ho proposto ai nostri colleghi, in particolare lavorare molto insieme ai francesi, spagnoli e tedeschi nell'ambito della cooperazione rafforzata che abbiamo con questi tre Paesi: hanno assolutamente accettato questo impianto e quindi credo che possiamo sviluppare – lo stiamo già facendo – sempre di più un'azione parlamentare che affiancandosi all'azione governativa segna una presenza nostra.
  Ci sono altri interventi? La parola all'onorevole Formentini.

  PAOLO FORMENTINI. Grazie presidente. Visto che è in corso la visita del Premier Draghi, c'è stato anche l'incontro con il Premier Bennett, sarebbe interessante capire – se se ne avesse già contezza – quali evoluzioni vi possono essere sull'approvvigionamento energetico di gas. Ringrazio anch'io per l'intervento la Viceministra, però secondo me dobbiamo focalizzarci sui temi di interesse nazionale, si è detto la stabilità, la sicurezza del Mediterraneo, ma se devo fare una critica si dovrebbe parlare di più di approvvigionamento energetico; anch'esso ovviamente ha dei risvolti geopolitici, il fatto che il gas israeliano serva al nostro Paese è un'evidenza, tre sono le strade tuttora aperte, via Turchia, via EastMed – che come sappiamo è l'oggetto anche di una risoluzione che stiamo discutendo; proseguono, con fatica, le audizioni – o via Egitto con il gas liquefatto. Ben sappiamo che criticità ha l'approvvigionamento tramite gas liquefatto, quindi chiedo alla Viceministra quale sia il suo pensiero e cosa possiamo fare tutti noi per difendere quello che è nel Mediterraneo l'interesse nazionale.
  L'altro assente nella relazione, secondo me, è stato il concetto di interesse nazionale. È evidente che tutto quello che la Viceministra ha detto rientra nell'interesse nazionale, ma è bene esplicitare cos'è l'interesse italiano, nazionale nel Mediterraneo. Grazie.

  PRESIDENTE. Ci sono altri interventi? La parola alla Viceministra.

  MARINA SERENI, Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Ma io presidente non credo di dovere replicare. Intanto ringrazio la Commissione, ringrazio il presidente per aver sollecitato questa riflessione che è stata utile anche per noi, rimettere in fila una serie di valutazioni da cui emerge un'esigenza. Noi siamo alle prese con una crisi ovviamente che occupa ancora le pagine dei giornali e sicuramente è in cima alle agende diplomatiche che è quella dell'Ucraina e del conflitto scatenato dalla Russia nei confronti dell'Ucraina, ma era importante rendere evidente che per l'Italia un primo punto di interesse nazionale molto evidente è che noi non possiamo dimenticare quello che accade nel Mediterraneo e quello che accade nella sponda Sud del Mediterraneo, non solo perché è esso stesso toccato dalle conseguenze negative della guerra in Ucraina, ma anche perché era già teatro di Pag. 15una serie numerosa di crisi e di tensioni che possono essere aggravate dalla guerra in Ucraina. Quindi il primo punto mi sembra largamente condiviso dai commissari e dal Parlamento, l'Italia ha il dovere oltre che il diritto, ma il dovere di portare nei fora multilaterali e in Europa in particolare questo richiamo, questa continua attenzione a quello che accade nell'area del Mediterraneo perché questo è per noi fondamentale. Il nostro interesse nazionale è la stabilità, la sicurezza e la possibilità che il Mediterraneo sia, come potenzialmente è, un luogo di crescita e prosperità per tutti i popoli e tutti i Paesi che ci si affacciano. Ovviamente una potenzialità tutt'altro che scontata, una potenzialità che richiede un'azione politica, diplomatica, economica che si muova in quella direzione.
  Raccolgo le sottolineature fatte dalle colleghe sui temi che sono stati già toccati nella relazione. Raccolgo anche questa sollecitazione che credo non sia utile sviluppare qui: certamente la visita del Presidente Draghi in Israele era legata anche e principalmente ad una riflessione sulla situazione dal punto di vista energetico, non era solo una classica visita bilaterale ma è stato toccato e sarà toccato nella visita anche il tema dell'energia, perché Israele condivide con l'Italia e con gli altri Paesi del Mediterraneo, essendo un produttore di gas naturale, l'esigenza di utilizzare questo gas naturale in maniera tale anche da poterlo eventualmente inserire dentro ad una nostra strategia che è stata molto chiara nelle settimane, nei mesi scorsi per le visite fatte dal Ministro Di Maio, dal Ministro Cingolani e dal Presidente Draghi che è quella della diversificazione delle nostre forniture. Quindi è evidente, non possiamo che esplorare tutte le possibilità per fare sì che anche quel gas naturale di cui è ricco Israele possa essere parte di una strategia. Sui tempi e sulle modalità, come è chiaro, non siamo su tempi molto stretti, dobbiamo continuare a lavorare insieme a Israele e agli altri partner del Mediterraneo, ma non possiamo prevedere che i tempi siano particolarmente stretti per mettere a regime la fornitura in Europa del gas che proviene da Israele. Tuttavia non voglio anticipare le conclusioni della visita e il Presidente Draghi è ancora in Medio Oriente e avremo modo di ritornare su questo argomento.
  Credo sia utile la sottolineatura del presidente Fassino, non ho una formula però mi pare che sia giusto ragionare sia sul piano parlamentare che sul piano dei Governi su un'iniziativa comune: come è noto Italia, Francia, Spagna hanno già preso una iniziativa comune a livello europeo per quanto riguarda la strategia del Mediterraneo. Anch'io penso che sia necessario associare la Germania e penso che questo possa essere un terreno di confronto e di collaborazione comune tra Governi e Parlamento per individuare magari non una sede, perché esistono diverse formule, diversi formati multilaterali attraverso i quali si possono strutturare rapporti positivi tra i Paesi che si affacciano al Mediterraneo. Ho fatto l'esempio del dialogo che abbiamo promosso di intesa con le Agenzie del polo romano delle Nazioni Unite lo scorso 8 giugno, per quanto riguarda la sicurezza alimentare, quello è un formato, sono i ventiquattro Paesi, compreso noi, che si affacciano sul Mediterraneo che possono continuare a lavorare insieme su un tema cruciale che è quello della sicurezza alimentare, che non significa solo oggi aumentare l'approvvigionamento, ma significa anche lavorare su sistemi agroalimentari sostenibili, più resilienti, più in grado di essere autonomi rispetto alle dipendenze dall'esterno e quindi significa innovazione, ricerca, un lavoro comune nella sperimentazione di nuove pratiche e così via. Questo tema del dialogo sulla sicurezza alimentare sarà uno degli argomenti che metteremo al centro anche di Med Dialogues quest'anno, abbiamo pensato di organizzare un secondo appuntamento sulla sicurezza alimentare utilizzando le date di Med Dialogues e quindi riproporre questo tipo di formato ad alto livello in occasione di Med Dialogues. Che comunque rimangono, guardando al panorama dei nostri partner, una delle piattaforme più utili per alimentare continuamente questo confronto e questo dialogo con i Paesi del Mediterraneo e anche per coinvolgere i Paesi europei.Pag. 16
  La nostra funzionaria mi stava dicendo che il Presidente Saied ha indicato il 17 dicembre, ma è la stessa data che diceva il presidente Fassino poco fa, per eventuali elezioni; ovviamente la situazione in Tunisia è tuttavia molto complessa e quindi staremo a vedere se saranno in grado di mantenere questa roadmap.

  PRESIDENTE. Adesso noi abbiamo come secondo punto all'ordine del giorno un'informazione dell'onorevole Boldrini che ha svolto una visita in Israele e nei Territori occupati. Quindi se la Viceministra, considerato l'argomento, può rimanere, è utile. Sicuramente non necessariamente per le comunicazioni il Governo è obbligato a esserci, se però rimane è molto utile. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.35.