XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULL'ATTUAZIONE DELL'AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Resoconto stenografico



Seduta n. 15 di Martedì 24 maggio 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 3 

Audizione del Direttore Generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Min. Plen. Fabio Cassese (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 3 
Cassese Fabio , Direttore Generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4 
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 9 
Valentini Valentino (FI)  ... 9 
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 9 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 9 
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 10 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 10 
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 10 
Emiliozzi Mirella (M5S)  ... 10 
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 11 
Cassese Fabio , Direttore Generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 11 
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Europa Verde-Verdi Europei: Misto-EV-VE;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea: Misto-M-PP-RCSE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARIA EDERA SPADONI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante la trasmissione sulla web-tv e sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  L'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto delle deputate e dei deputati, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020.

Audizione del Direttore Generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Min. Plen. Fabio Cassese.

  PRESIDENTE. L'ordine giorno del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2 del Regolamento, del Direttore Generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Ministro Plenipotenziario Fabio Cassese.
  Anche a nome dei colleghi presenti, saluto il Ministro Cassese, accompagnato dal Vicedirettore Generale per la Cooperazione allo sviluppo, Ministro Plenipotenziario Roberto Colaminè, e lo ringrazio per la disponibilità a partecipare ai nostri lavori, ricordando che ha assunto il suo nuovo incarico il 1° marzo scorso.
  L'audizione odierna mira ad approfondire le priorità strategiche della cooperazione allo sviluppo in quanto strumento essenziale della politica estera del nostro Paese. Al riguardo, segnalo che il 31 marzo scorso si è svolta la seconda riunione annuale del Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo, presieduto dalla Viceministra Sereni con la partecipazione del Direttore Generale Cassese e del Direttore dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, Luca Maestripieri. In quella sede è stata definita la programmazione multilaterale del 2022 con l'approvazione, da parte del Comitato, della gran parte dei contributi volontari agli organismi internazionali. Proprio con riferimento alla programmazione, ricordo che nel parere approvato dalla III Commissione il 17 novembre 2021 sullo schema di documento triennale di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo riferito agli anni 2021-2023, si chiedeva al Governo di continuare ad assicurare, anche attraverso la definizione di una road map, adeguati e graduali incrementi delle risorse destinate alle attività di cooperazione allo sviluppo, al fine di garantire da parte del nostro Paese il raggiungimento degli obiettivi previsti sia in ambito internazionale, sia dalla stessa legge n. 125 del 2014, che prescrivono che le risorse destinate all'Aiuto pubblico allo sviluppo siano pari allo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo.
  Al riguardo, segnalo che il 12 aprile scorso sono stati pubblicati i dati preliminari del comitato per l'aiuto allo sviluppo dell'OCSE-DAC (Development Assistance Committee) sui livelli di Aiuto pubblico allo sviluppo dei Paesi donatori nel 2021, da cui emerge che l'Italia ha raggiunto ha raggiunto la quota dello 0,28 per cento dell'RNL (Reddito nazionale lordo). Si tratta di un dato incoraggiante, con un incremento dello 0,06 per cento rispetto al dato del 2020, legato alle risorse impiegate per fronteggiare la crisi umanitaria in Afghanistan,Pag. 4 la cooperazione in ambito sanitario per gestire l'emergenza COVID-19 e le decisioni prese in tema di ristrutturazione del debito di Paesi terzi. Sul piano più generale occorre osservare che solo quattro Paesi membri dell'Unione europea hanno raggiunto o superato l'obiettivo delle Nazioni Unite dello 0,7 per cento, ovvero Germania (0,74 per cento), Danimarca (0,7 per cento), Lussemburgo (0,99 per cento) e Svezia (0,92 per cento).
  Sempre nel citato parere approvato dalla nostra Commissione si chiedeva di dare impulso, attraverso Cassa depositi e prestiti, alla mobilitazione di flussi finanziari per iniziative di transizione a economie resilienti e a bassa intensità di carbonio, valorizzando maggiormente le esperienze italiane in materia di economie circolari e rinnovabili, nonché di procedere alla ristrutturazione e riconversione di parte del debito dei Paesi meno avanzati in investimenti in valuta locale finalizzati ad Obiettivi di sviluppo sostenibile.
  Quanto alle priorità geografiche delle attività di cooperazione, è evidente l'esigenza di procedere ad una loro accurata revisione, anche alla luce degli effetti del conflitto in Ucraina che, come evidenziato nel recente rapporto globale delle Nazioni Unite sulle crisi alimentari, rischia di determinare una catastrofe umanitaria nei Paesi del Nord Africa, del Sahel, del Medio Oriente e del Corno d'Africa, che importano gran parte del grano dalla Russia e dall'Ucraina.
  Da ultimo, il Ministro Cassese potrà fornirci qualche aggiornamento sull'organizzazione di Coopera, la conferenza pubblica nazionale della cooperazione allo sviluppo in programma a giugno. Un appuntamento importante per tracciare le linee di indirizzo per i prossimi anni.
  Fatta questa premessa, do la parola al Direttore Generale Cassese affinché svolga il Suo intervento. Prego direttore, benvenuto.

  FABIO CASSESE, Direttore Generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie mille, presidente, e a tutti i presenti. Come dicevate, ho preso funzioni due mesi fa come Direttore Generale, quindi ringrazio molto per questo invito, che è un gesto di attenzione, di sensibilità verso un tema – quello dello sviluppo internazionale – di grandissimo interesse per il Paese, per la nostra politica estera. Inutile che sto qui a ripetere formule che conoscete bene: il fatto che la cooperazione allo sviluppo sia parte integrante e qualificante della politica estera è uno degli assiomi della legge di riforma e rimane valido soprattutto oggi, in un contesto internazionale deteriorato da crisi e, in particolare, dal conflitto in Ucraina, che usciva da una situazione di grossa precarietà derivante dalla pandemia per il COVID-19.
  In questo contesto, malgrado tutte le perturbazioni a quello che poteva essere un ordinato svolgimento delle attività di cooperazione, resta valida per noi, come bussola e come orientamento, l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Lo dico perché, secondo molti, l'Agenda diventa irrealistica o inattuale proprio in presenza di queste situazioni di crisi, ma in realtà noi crediamo – tenendo fede anche al documento triennale che anche qui è stato approvato poco tempo fa – che invece sia gli Obiettivi di sviluppo sostenibile sia l'Agenda 2030 nel suo complesso sono il quadro di riferimento ineliminabile, che contiene molti elementi che si attagliano anche a situazione come quelle attuali.
  Parlavo del documento triennale, voi lo conoscete, non sto qui a ripetere tutti i tratti salienti, le priorità che sono incluse. Volevo dire che quello che noi cerchiamo di fare è di avere un approccio molto equilibrato a tutti gli strumenti di attuazione del piano triennale, quindi in particolare nel dibattito, ormai abbastanza tradizionale, che c'è sugli strumenti di cooperazione bilaterale, multilaterale o di emergenza, stiamo procedendo verso un progressivo allineamento che, in linea di massima, porta le tre componenti attorno al 32-33 per cento – chi più, chi meno, a seconda degli anni – che siano in sostanziale equilibrio, rettificando un po' uno squilibrio che in passato c'era per il settore multilaterale; non per una sfiducia nel multilateralismo – che resta un punto di riferimento importantePag. 5 –, ma proprio per valorizzare la ricchezza del sistema italiano di cooperazione, che offre una miriade di attori in grado di fare un lavoro ugualmente efficace e complementare a quello degli organismi internazionali.
  Mi soffermo, come temi di attualità, su tre punti, oltre a parlare di Coopera e poi delle risorse, che è un tema ovviamente di stretta connessione con le funzioni della Commissione. Per quanto riguarda i tre punti di merito, uno riguarda il proliferare di crisi regionali, il secondo l'insicurezza alimentare e il terzo il permanere della pandemia come elemento da contrastare e sconfiggere. Sono tutti quanti elementi che cambiano un po' gli scenari, in primo luogo le crisi umanitarie. Il 2021, il 2022 sono anni in cui le crisi umanitarie e anche le crisi – politiche – interne a molti Paesi sono aumentate moltissimo. Questo pone delle sfide notevoli al nostro sistema. In primo luogo, il moltiplicarsi di crisi umanitarie impone di operare in un quadro diverso da quello dello sviluppo, in cui prevale ovviamente l'elemento emergenziale degli aiuti di emergenza, ma dove sempre più spesso c'è richiesto di operare simultaneamente con programmi, attività che vadano oltre l'emergenza, realizzando quel famoso nesso tra umanitario e sviluppo – a cui adesso si aggiunge anche il triplo nesso, umanitario, sviluppo e pace – che rende particolarmente complessa la costruzione di interventi che altrimenti – puramente emergenziali – sarebbero tecnicamente più semplici, poi sappiamo non sufficienti.
  Crisi umanitarie: abbiamo avuto l'agosto scorso l'esplodere della crisi afgana, a cui sia il Parlamento sia il Governo hanno risposto con molta determinazione ed efficacia, approvando stanziamenti significativi. Anche noi abbiamo approvato una serie di programmi, in particolare con il sistema delle Nazioni Unite vista l'impossibilità, l'inopportunità di interagire con il regime talebano, ma anche con le nostre organizzazioni della società civile. È una crisi che ci ha assorbito tutta la seconda metà del 2021, insieme alla pandemia e poi appunto l'esplodere della crisi in Ucraina ci ha messo di fronte, di nuovo, alla necessità di operare con strumenti di emergenza, che abbiamo prontamente messo in campo, sia attraverso il sistema delle Nazioni Unite, sia adesso stiamo orientandoci anche con le organizzazioni della società civile italiana e sia con il trasporto di beni attraverso, in particolare, il deposito umanitario di Brindisi.
  Ci sono due tipi di crisi: una è quella immediata, acuta, a cui rispondiamo solitamente con strumenti di emergenza, e l'altra sono le cosiddette crisi protratte, che diventano quasi strutturali, croniche: il tipico caso è quella siriana, però rischia di diventarlo anche quella dell'Afghanistan, lo è già quella yemenita. Nel caso delle crisi protratte il discorso del nesso e quindi della messa in opera di attività che vanno oltre l'umanitario diventa particolarmente pregnante. Lì, molto spesso, il dilemma è come non fare sì che gli interventi che vanno più verso lo sviluppo siano interpretabili come interventi a sostegno dei regimi che non si condividono. Il tipico esempio era quello siriano, lo è diventato anche quello afgano, ma in molti casi di crisi derivanti da conflitti il problema c'è. Si cerca di mettere in atto strumenti che in qualche modo cerchino di assicurare anche servizi di base alla popolazione che è in sofferenza per queste tragedie, però senza che ciò rappresenti un rafforzamento del regime. Molto spesso il sistema delle Nazioni Unite garantisce da questi rischi e anche le organizzazioni della società civile che, operando direttamente a contatto con le comunità, non hanno rapporti sostanziali con i Governi. Questa situazione ci mette particolarmente in difficoltà, perché appunto se noi vediamo i nostri Paesi prioritari – ventuno –, adesso più di dieci sono in situazione di fragilità, di conflitto, di emergenza, con la necessità di riadattare tutta la programmazione che avevamo previsto, che era di natura più di sviluppo.
  La seconda caratteristica attuale è il crescere dell'insicurezza alimentare. L'insicurezza alimentare è un fenomeno preesistente alle attuali crisi, derivante spesso dai cambiamenti climatici, da problemi di struttura dei sistemi agricoli ed economici, che Pag. 6si sono affidati molto spesso sulle importazioni piuttosto che sulla produzione locale, ma che si è esacerbata moltissimo con gli ultimi eventi. Il fatto che fosse già una emergenza non solo lo si nota dai lavori che c'erano nelle organizzazioni romane, la FAO (Food and Agriculture Organization), l'IFAD (International Fund for Agricultural Development) e il PAM (Programma alimentare mondiale), ma anche dal fatto che durante la presidenza italiana del G20, l'anno scorso, abbiamo approvato a Matera una dichiarazione sulla sicurezza alimentare e abbiamo anche ospitato il Pre-food Systems Summit delle Nazioni Unite, proprio perché per noi è sempre stato un tema prioritario.
  Naturalmente sappiamo tutti che la guerra in Ucraina ha stravolto ancora di più questa problematica, perché il combinato disposto di aumenti dei prezzi già preesistenti, aggravati dalla riduzione dell'offerta – essendo l'Ucraina e la Russia i più grossi esportatori di grano e di altri cereali – ha fatto sì che moltissimi Paesi che dipendevano fondamentalmente da queste importazioni, e da quella dei fertilizzanti – pure di produzione in gran parte russa –, si trovino e si troveranno in grossa difficoltà. Naturalmente non sono effetti meccanici, sono effetti voluti, lo sappiamo. Sappiamo appunto che le sanzioni in qualche modo non pregiudicano l'esportazione di questi beni, ma che è una precisa scelta della Russia, in questo caso, di limitare un po' questa offerta e di bloccare anche – come tutti leggiamo sui giornali – l'esportazione, almeno si parla di questi 20 milioni di tonnellate di grano giacente nei silos del porto di Odessa, ma poi ce ne sono altri. La produzione dell'Ucraina era veramente enorme e alcuni paesi tipo il Libano, la Turchia stessa, l'Egitto, la Tunisia e i altri Paesi africani dipendono per oltre il 50 per cento, a volte pure per l'80 per cento, da queste importazioni.
  È evidente che c'è un rischio enorme, non solo umanitario, cioè di ulteriore impoverimento della popolazione sotto il profilo nutrizionale, ma c'è un problema anche di stabilità sociale, di stabilità politica, essendo la carenza dei beni alimentari primari una delle possibili fonti di tensioni e quindi di disordini, come sappiamo dalle primavere arabe. Quindi il mondo si sta mobilitando per questa problematica, c'è un proliferare di iniziative: abbiamo appena avuto la riunione dei Ministri dello Sviluppo del G7 a Berlino, dove la presidenza tedesca ha lanciato una iniziativa che tende proprio a coordinare le molteplici iniziative lanciate in questo mese. Iniziativa tedesca, della presidenza del G7, a cui ci siamo legati, in particolare organizzando per l'8 giugno un dialogo con i Paesi mediterranei – quindi con focus regionale – proprio per identificare i bisogni e prospettare insieme alla FAO, la Banca mondiale e altre agenzie romane – IFAD e PAM – dei possibili tracciati per una soluzione non facile che, al di là dell'emergenza, investe anche il lungo periodo. È un tema che va affrontato, perché già con il COVID si era manifestato, quando ci fu il blocco delle esportazioni, la sosta nei trasporti, molti Paesi si trovarono in difficoltà, cioè vicini alla carenza fondamentale di beni alimentari primari.
  L'Italia si è fatta promotrice di questa iniziativa, la Germania nel G7, però anche in ambito europeo la Commissione si è mobilitata, stanziando prima 250 milioni, poi adesso chiedendo il riutilizzo di 600 milioni del Fondo europeo di sviluppo per la sicurezza alimentare, quindi lanciando comunque una sorta di facility dell'Unione Europea. Gli Stati Uniti hanno organizzato a New York – in ambito sia di Assemblea Generale sia di Consiglio di Sicurezza – una conferenza sulla sicurezza alimentare, il 18 e 19 maggio scorsi, in cui anche loro hanno lanciato un'iniziativa. A queste se ne aggiungono probabilmente altre, noi cercheremo di dare il nostro contributo organizzando questa riunione che sarà co-presieduta dall'Italia, dalla Germania come presidenza G7, e da due Paesi partner, la Turchia e il Libano, come rappresentanti ideali dei Paesi mediterranei colpiti da questa crisi.
  Quindi, l'insicurezza alimentare è il secondo tema; il terzo tema resta la risposta multilaterale alla pandemia, che sembra quasi «dimenticata». Ma ci sono due temi: Pag. 7uno è il seguito di tutto l'enorme lavoro fatto a livello multilaterale l'anno scorso attraverso, in particolare, la Covax facility per curare la consegna di dosi di vaccino, ma anche l'effettuazione di vaccinazioni. È stato un lavoro enorme, che in un primo momento ha avuto la sfida delle risorse, che erano veramente di notevolissima entità, ma poi la sfida principale è stata quella famosa dell'ultimo miglio, cioè far sì che poi tutti questi fondi raccolti, questi vaccini collazionati arrivassero ai destinatari e si trasformassero in vaccinazioni. L'obiettivo è stato parzialmente raggiunto, c'eravamo dati l'obiettivo del 70 per cento di popolazione mondiale vaccinata, naturalmente siamo molto lontani, ma devo dire che il meccanismo, al di là di ogni cosa, con il concorso di tante altre entità, in particolare l'UNICEF (United Nations International Children's Emergency Fund), con questo programma dell'acceleratore Act-A (Access to COVID-19 tool accelerator) – che cura non solo la consegna dei vaccini, ma anche di altri strumenti diagnostici, ossigeno eccetera –, comunque ha dimostrato come il multilateralismo è l'unica soluzione a problematiche globali e come possa essere efficace malgrado le innumerevoli sfide che comporta.
  Direi che l'Italia ha avuto un impegno notevole: l'anno scorso abbiamo donato 424 milioni di euro, di cui 385 alla Covax: gran parte erano soldi del Ministero delle Finanze, ma anche da parte nostra abbiamo contribuito a tanti programmi delle Nazioni Unite. Quest'anno abbiamo annunciato l'impegno di 20 milioni di euro al CEPI (Coalition for epidemic preparedness innovations), che cura particolarmente la ricerca e lo sviluppo di vaccini non solo contro il COVID, ma anche contro altri patogeni. Naturalmente il COVID è una sfida che si inserisce in quella più ampia della salute globale, dove ci sono altre problematiche molto gravi per i Paesi partners, dove a un certo punto lo sforzo collettivo dovrà essere mantenuto, non solo per fare fronte a queste patologie, ma anche per rafforzare i sistemi sanitari di base e avere, quindi, in qualche modo i sistemi proprio preparati ad affrontare situazione di crisi. Quest'anno c'è stato un Global COVID Summit il 12 maggio, dove il Presidente del Consiglio ha annunciato altri 200 milioni di euro di aiuti per Act-A, questa piattaforma di risposta alla pandemia. Abbiamo anche promesso 31 milioni di dosi di vaccino da donare nel 2022.
  Questi tre temi sono temi che in qualche modo assorbono la nostra attenzione, ma ovviamente si sommano al lavoro ordinario che abbiamo nell'ambito dell'Agenda 2030. In questo contesto, il 23 e il 24 giugno si svolgerà la conferenza pubblica nazionale che la legge n. 125 del 2014 ha previsto per favorire la partecipazione dei cittadini nella definizione delle politiche di cooperazione allo sviluppo, la cosiddetta Coopera, di cui avevamo avuto la prima edizione nel 2018 e che fu un successo. Quest'anno, naturalmente, con tutti i rinvii dovuti al COVID, ci sono le condizioni per farne una manifestazione efficace, con il principale scopo di comunicare con la cittadinanza e in qualche modo diffondere il messaggio che la cooperazione allo sviluppo è un investimento per la nostra sicurezza, il benessere, oltre che per profili etici e umanitari. Ma anche per fare forse il punto tra tutti gli attori su dove siamo arrivati insieme e dove possiamo andare. Il programma è ancora in fase di definizione, si svolgerà all'Auditorium di via della Conciliazione. L'agenda dei lavori sta ruotando intorno alle 5 «P» dell'Agenda 2030: pace, prosperità, persone, pianeta e partenariati. Stiamo cercando di fare un lavoro sobrio, non necessariamente una conferenza dai toni scintillanti o comunque eclatanti, ma cercando di coinvolgere tutti, consultarci con tutti, ovviamente anche i membri della Commissione, tutti i parlamentari sono invitati a venire, a collaborare e ad essere con noi in questa occasione; vi arriveranno inviti, l'agenda e tutto il resto.
  Infine, vorrei dire, forse il tema che a noi sta a cuore è quello delle risorse. Come diceva Lei, onorevole Spadoni, quest'anno, nel 2021, abbiamo avuto la buona notizia dello 0,28 per cento, e come tale la dobbiamo prendere. Non solo è una notizia che ci mette un po' più in pace con la reputazione internazionale – mettiamola così –, Pag. 8perché anche in sede di OCSE-DAC si è dimostrata una certa soddisfazione, ma naturalmente non è un alloro su cui giacere, perché sappiamo che l'aumento è stato determinato da fattori contingenti e quindi non facilmente ripetibili: la cancellazione del debito della Somalia per 470 milioni; l'incremento dei contributi del MEF (Ministero dell'Economia e delle finanze) a banche e fondi di sviluppo, in particolare per la pandemia, per 670 milioni in più; l'incremento dei costi per i rifugiati del Ministero dell'Interno, con un aumento di 327 milioni. Già queste tre componenti hanno portato un miliardo e mezzo di aumento e sappiamo che l'anno prossimo non necessariamente ci saranno, soprattutto non sono risorse a regime, cioè sono risorse che magari ci potranno essere emergenze peggiori o provvedimenti ancora più voluminosi, ma sempre non strutturali. Quello su cui dobbiamo contare, invece, sono flussi di risorse strutturalmente stabili, in crescita, che ci diano la possibilità di programmare le attività di cooperazione in un arco di tempo che lo sviluppo ha dimostrato deve essere per lo meno di cinque anni: non si riesce ad avere un impatto, se non umanitario, in un periodo inferiore. Se vogliamo costruire uno sviluppo sostenibile ci vuole tempo, e quindi ci vuole la necessità di contare su risorse stabili.
  Per fare un po' di conti, per dire a che punto siamo e per limitarci al Ministero degli esteri, quindi a quello che è il bilancio nostro e dell'AICS (Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo), l'anno scorso avevamo ottenuto 738 milioni tra legge di bilancio e deliberazione missioni internazionali, in cui la grossa sorpresa era stata l'aumento dei fondi per la crisi afgana, derivante dal reindirizzo di fondi previsto per programmi non più continuabili, tipo sostegno alle Forze armate, e quindi per fortuna furono dirottati sulle attività di sviluppo e poi con un certo numero di entrate, tipo l'8 per mille e altre. L'anno scorso la distribuzione dei canali, come dicevo prima, era stata per il 39 per cento multilaterale, 29 per cento bilaterale e 32 per cento l'emergenza.
  A che punto siamo quest'anno? L'anno scorso il Parlamento ha approvato una norma nella legge di bilancio che prevedeva un aumento di cento milioni circa l'anno, per un certo numero di anni, proprio per rimpinguare il bilancio dell'AICS o della cooperazione italiana in maniera stabile, quindi dare questa possibilità di programmazione più prevedibile. Quest'anno c'era stato il primo incremento, purtroppo la guerra in Ucraina inevitabilmente ha avuto un impatto su questo. C'è stato un primo provvedimento molto richiesto quando c'è stata l'invasione, di sostenere il bilancio dello Stato ucraino e quindi il Ministro ha adottato un decreto che stanziava 110 milioni per il bilancio dello Stato ucraino, per assicurare la sopravvivenza di alcuni servizi essenziali, dagli stipendi a simili. Poi abbiamo già impegnato 26 milioni di euro in aiuti umanitari, che ovviamente non erano previsti per l'Ucraina fino a poche settimane prima, e contiamo di investirne per lo meno un'altra decina, se non altri 15, quindi alla fine circa 40 milioni andranno per l'emergenza ucraina, sperando che la situazione in qualche modo migliori.
  Questo fa sì che in questo momento aspettiamo ansiosamente l'approvazione e la presentazione della deliberazione sulle missioni internazionali. In questo momento siamo in realtà con un gap rispetto all'anno scorso, perché in questo momento prevediamo un minimo di 677 milioni, se consideriamo che nel decreto missioni venga assegnata la quota tradizionale per la cooperazione di 130 milioni. Saremo sotto, rispetto all'anno scorso, di circa 70 milioni, che sotto certi profili non è accettabile. Da un lato, dobbiamo recuperare i 110 milioni che abbiamo stanziato per l'Ucraina e, dall'altro, nella deliberazione missioni dobbiamo prevedere un ammontare tale che ci riporti per lo meno alla cifra attesa l'anno scorso, i 738 milioni più i 100 che la legge di bilancio aveva assicurato. Sono stretti i contatti con il Ministero dell'Economia e delle finanze, con il Ministero della difesa, per presentare una deliberazione missioni che colmi questi gap, quindi siamo molto fiduciosi che ci sia quantomeno un recupero. Poi ci sono varie ipotesi ma noi, Pag. 9naturalmente, speriamo nell'ipotesi più consistente, che ci dovrebbe alla fine portare a circa 890 milioni rispetto ai 738 dell'anno scorso. Questa è la più rosea e ottimistica.
  Per concludere, sui canali miriamo a un riequilibrio dei tre canali, quindi, in base alle indicazioni che erano arrivate dal Parlamento, un aumento del canale bilaterale. Stiamo lavorando anche per una razionalizzazione del fondo rotativo su cui eroghiamo i crediti di aiuto; in particolare, abbiamo concluso un lavoro con Cassa depositi e prestiti e con il MEF proprio per ottenere una ottimizzazione delle risorse e avere disponibilità, comunque, di risorse per nuovi impegni su un fondo che altrimenti era un po' bloccato dagli impegni presi. C'è anche un'ulteriore novità nello scenario della cooperazione finanziaria che è il Fondo italiano per il clima, assegnato al Ministero della Transizione ecologica e gestito anche questo da Cassa depositi e prestiti. Come sapete, sono 840 milioni di euro l'anno per cinque anni, più 40 milioni di doni ad integrazione di queste cifre: è un ammontare abbastanza impegnativo, importante. L'obiettivo è di contribuire agli Obiettivi di riduzione dei cambiamenti climatici e di tutela dell'ambiente, ma molto importante, come sapete, la legge ha previsto che tutto debba avvenire in conformità con la legge n. 125 e con gli obiettivi.
  Mi fermerei qui, abbiamo anche in programma altre cancellazioni del debito, c'è tutto il tema del debito dei Paesi in via di sviluppo a seguito della pandemia, però contiamo, entro il mese di giugno, di poter avere contezza delle disponibilità di bilancio, in modo da approvare finalmente le programmazioni-Paese che aspettano la determinazione degli ammontari. Alla base c'è comunque il problema che tutti noi preferiremmo avere gli stanziamenti solo in legge di bilancio, perché effettivamente contare su cifre così importanti per la deliberazione missioni comporta dei ritardi inevitabili, sia nell'approvazione della programmazione sia nella erogazione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei, Direttore. Chiedo ai colleghi, anche quelli collegati da remoto, se intendono porre domande o svolgere osservazioni. Ho già tre richieste di interventi di colleghi, dato l'orario vi chiedo brevità nelle domande o nelle osservazioni, perché alle 15 dobbiamo chiudere e ovviamente dobbiamo lasciare spazio al Direttore per l'eventuale replica.
  Do la parola al collega Valentini, prego.

  VALENTINO VALENTINI. Grazie Direttore. Mi scuso perché non ho potuto sentire parte del suo intervento, purtroppo siamo tutti multicanale e multitasking. Tre cose, semplicemente: la prima farLe gli auguri per questo nuovo incarico, molto delicato e molto importante. Ciò a cui stiamo assistendo in questo momento viene intensificato dalla guerra, ma gran parte dei trend che dobbiamo affrontare erano già in atto: la desertificazione, l'aumento delle derrate, delle materie prime, erano dovute, nel caso dei fossili, al fatto che non erano stati fatti abbastanza investimenti in un settore che era ciclico e come tale richiedeva un'intensificazione. Per quanto riguarda gli aiuti, la situazione alimentare, abbiamo visto in Cina, che è il principale produttore di cereali, un problema dovuto a delle alluvioni e d'altra parte in India abbiamo un problema dovuto alla carestia. Questo per dire che la cooperazione allo sviluppo è lo strumento cardine, è uno degli strumenti più importanti della nostra attività, lo considero non soft power, ma lo considero hard power. Capisco le difficoltà che derivano dal gestire da varie fonti tutta una serie di stanziamenti, penso che per lo meno per il nostro Gruppo, ma ritengo tutto il Parlamento, collaborerà con Lei per cercare di dare sempre maggiore efficacia a questo strumento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. La parola alla collega Quartapelle, prego.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie. Anch'io ringrazio il Direttore Cassese, gli do il benvenuto qua in Commissione dopo la presidente. Credo sia importante per la Commissione mantenere un rapporto costante con la sua Direzione Generale, anche in vista delle scelte che si devono fare di carattere strategico sulla cooperazione.Pag. 10
  Una domanda, che riguarda anche i cambiamenti geopolitici che stiamo attraversando: Lei ci ha dato conto di quanto effettivamente siano cambiate le strategie, gli obiettivi della cooperazione dopo la pandemia e per fare fronte al nuovo quadro di relazioni internazionali, soprattutto nell'emergenza. Mi chiedo se il sistema della cooperazione italiana stia ragionando sul tema dei diritti umani e della promozione delle libertà individuali e delle democrazie nei vari Paesi, nel senso che chiaramente il tema della politica estera, delle relazioni internazionali è questo oggi, cioè come noi democrazie difendiamo i difensori dei diritti umani, promuoviamo una cultura dei diritti umani, dei diritti individuali e dello Stato di diritto nei Paesi dove siamo presenti, aiutiamo le democrazie nascenti a consolidarsi. Sarebbe bello che su questa riflessione ci fosse il lancio di una nuova strategia italiana e di nuove linee strategiche di intervento. Perché, come diceva Lei, un conto è intervenire in emergenza, un conto è dare un contributo al tema dello sviluppo, a cui va affiancato questo tema del rafforzamento delle democrazie. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei. La parola al collega Formentini. Prego.

  PAOLO FORMENTINI. Grazie presidente. Mi unisco sia al collega Valentini nell'augurare al nuovo Direttore buon lavoro, sia alla collega Quartapelle, perché condivido l'appello a far sì che la nostra cooperazione serva anche a promuovere e difendere i diritti umani; a questo proposito, l'appello che Le rivolgo è quello di potenziare la nostra presenza come cooperazione nell'area dell'Indo-Pacifico, che sappiamo essere strategica sia dal punto di vista geopolitico sia proprio anche da quello geostrategico. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei. Mi aggiungo anch'io, ringrazio anch'io il Direttore per questa audizione molto, molto interessante. Come ha visto vari colleghi di vari Gruppi hanno dato il supporto costante e assoluto nei confronti della cooperazione che, come diceva anche Lei, ha un ruolo strategico all'interno delle relazioni geopolitiche.
  Ho tre domande velocissime. Nella sua intervista pubblicato il 21 marzo alla Farnesina, ha dichiarato che la cooperazione internazionale è il motore della dinamica che rende realizzabili gli obiettivi dell'Agenda 2030. In questo momento, come Lei ha ricordato, ci sono anche numerose situazione di emergenza, c'è la guerra in Ucraina, ma anche la situazione dei Paesi del Sahel, della regione del Corno d'Africa. Le chiedo che ruolo giocherà la cooperazione negli obiettivi dell'Agenda 2030 in questo complesso scenario.
  Seconda domanda: come risulta dal documento triennale di programmazione di indirizzo, l'Afghanistan è un Paese prioritario per l'Italia, il 21 maggio il Ministero afgano della promozione della virtù e della prevenzione del vizio ha imposto alle giornaliste televisive di apparire in video con il volto completamente coperto, oltre a una diminuzione dei diritti delle donne in Afghanistan. Quindi Le chiedo: cosa può fare la cooperazione italiana per tutelare i diritti umani delle donne afgane?
  In ultimo, un punto sullo stato di salute della cooperazione: in parte mi ha già risposto, abbiamo parlato dello 0,28, ricordo il dato del 2017, eravamo arrivati ad un bellissimo 0,30. È chiaro che è importante che le risorse, come anche Lei ha ricordato, possano essere incrementate per raggiungere il famoso obiettivo dello 0,70 dell'RNL previsto dall'Agenda 2030. Quindi un punto su questo stato di salute e se in qualche modo anche noi possiamo contribuire per far sì che l'obiettivo venga raggiunto.
  Un'ultima cosa: un punto sulla Libia, se ci sono aggiornamenti per quanto riguarda la questione libica, dato che li considero in qualche modo vicini, se ha qualche informazione, aggiornamento da darci sulla situazione libica. Grazie. La parola alla collega Emiliozzi, prego.

  MIRELLA EMILIOZZI. Grazie. Mi scuso per il ritardo, ma con i treni... Vorrei porLe un'ultima domanda a questo punto: sono molto impegnata sul lato della cooperazione culturale e vorrei chiederLe, a questo Pag. 11proposito, se e in che modo viene portato avanti in questa dimensione un lavoro che si integri e valorizzi la cooperazione. Se esiste un coordinamento con gli altri soggetti che afferiscono al sistema diffuso di promozione culturale. Mi riferisco, per esempio, agli Istituti di cultura presenti nei vari Paesi con cui noi cooperiamo. In che modo coniughiamo gli obiettivi della cooperazione allo sviluppo alla diplomazia culturale, contribuendo nello stesso momento a consolidare l'immagine del nostro Paese nel mondo e per rinsaldare i rapporti con gli altri Stati? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei. Direttore, a Lei la parola.

  FABIO CASSESE, Direttore Generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie per gli auguri e i complimenti, grazie ancora per l'attenzione alla cooperazione.
  Brevemente, le risposte: pure a me piacerebbe vedere la cooperazione come hard power e penso che lo sia effettivamente, perché mira a determinare dei cambiamenti e questo è uno dei primi effetti dell'hard power. Per quanto riguarda i diritti umani sono d'accordo, siamo abbastanza attivi nel settore diritti umani, governance, abbiamo nell'ambito delle Nazioni Unite questa leadership sull'Obiettivo di sviluppo sostenibile n. 16 – che è quello che include la good governance, i diritti umani – ogni anno organizziamo una conferenza a Roma con IDLO (International Development Law Organization) e UN DESA (United Nations Department of economic and social affairs) proprio per fare il punto sull'attuazione di uno dei più complessi degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, che include anche la pace, la stabilità e la democrazia. Quindi a livello politico c'è un impegno, che ci è riconosciuto. Sono d'accordo che occorrerebbe, dal punto di vista operativo, un cosiddetto quadro di riferimento strategico più preciso, più focalizzato, che può puntare tanto al consolidamento delle democrazie quanto alle regole dello Stato di diritto, che in molti Paesi vanno, se non consolidate, fondate. Che possa tradursi poi in attività concrete di cooperazione. Quindi, è uno spunto sicuramente valido quello di far iniziare una riflessione per definire un quadro strategico, su cui poi innestare delle iniziative. Dal punto di vista politico, della politica della cooperazione, ci siamo, perché abbiamo anche una leadership, un attivismo riconosciuto.
  Per quanto riguarda la presenza nell'Indo-Pacifico, è un'area di grandissima centralità strategica, geopolitica. Noi possiamo sicuramente provare – anche se poi abbiamo tutti i vincoli dei Paesi prioritari, della concentrazione degli aiuti che ci viene richiesta da più parti, è un po' difficile –, però devo dire che per lo meno, per quanto riguarda l'area pacifica, quindi degli Stati insulari, abbiamo un costante interesse verso quell'area in progetti ambientali che abbiamo spesso realizzato insieme al Ministero della Transizione ecologica e che secondo me continueranno perché è un'area che fa riferimento, come abbiamo visto anche dai recenti avvenimenti, solamente sull'Australia, la Nuova Zelanda e con l'arrivo preponderante della Cina, che rischia di essere egemonico in quell'area e quindi di occupare un grandissimo ruolo. Sappiamo che c'è un'iniziativa militare, gli Stati Uniti sono attivi, la nostra presenza sicuramente non sarebbe inopportuna, dobbiamo solo capire come renderla compatibile con i nostri obiettivi e limiti.
  Per quanto riguarda le tre domande dell'onorevole Spadoni, sull'Afghanistan ho accennato pure prima, di fatto noi stiamo cercando di mantenere questa linea di equilibrio tra assistenza umanitaria e primi interventi per i servizi di base. Siamo molto preoccupati della situazione delle donne e delle bambine. Il regime talebano ha introdotto, con astuzia tattica, delle limitazioni un po' scadenzate nel tempo, in modo che la comunità internazionale non venga stravolta, comunque si coaguli fortemente. Dimostrano quantomeno una accortezza tattica, però la sostanza è quella, c'è un divieto di accesso all'istruzione, c'è l'obbligo del velo, si stanno facendo passi indietro e noi siamo determinati con molti programmi che facciamo con UNICEF, con UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione) e con le nostre ong a cercare di mantenere un po' il terreno e quindi sicuramente sotto questo profilo il lavoroPag. 12 da fare è moltissimo. D'altra parte, ci dobbiamo essere, perché se non ci fossimo probabilmente la situazione sarebbe ben peggiore di quello attuale.
  Lo stato di salute della cooperazione: ho cercato di fare una sintesi sulle risorse. Forse un cenno merita anche l'attuazione della riforma: tutti quelli che seguono le vicende sanno che stiamo ancora in una fase di rodaggio – mettiamola così – in cui il sistema equilibrato tra il Ministero, AICS, Cassa depositi, MEF, tutti gli attori, funziona molto bene a livello strategico, a mio parere. Il dibattito, le consultazioni programmatiche ormai hanno raggiunto un discreto grado di compenetrazione e quindi di inclusione. Dobbiamo un po' fare il passo ulteriore sul lato operativo, cioè sulla capacità di realizzare in tempi brevi, con efficacia, con snellezza, interventi che purtroppo ancora oggi, malgrado i propositi, richiedono tempo.
  Una sola parola volevo dire sulla cooperazione culturale, solo un minuto, perché in effetti sulla Libia non posso dire molto perché è un dossier molto politico, per cui mi limiterei a dire quello che troviamo sui giornali, cioè che purtroppo il Paese è ancora in preda a divisioni con vicende alterne: abbiamo momenti di tensione, poi si affievoliscono, non si supera mai una linea, siamo ancora in una fase molto instabile. Sulla cooperazione culturale c'è molta sinergia, sarà che vengo da un'esperienza come un Ambasciatore in Giordania, in cui veramente la cooperazione in ambito culturale era un pilastro. Perché questo? Perché è un Paese nel quale c'è un patrimonio culturale notevole, c'è la necessità di associarlo a turismo sostenibile, quindi attività redditizia ma rispettosa del patrimonio, e in cui c'era la presenza di enti italiani. In particolare, le missioni archeologiche erano una decina, di varie università italiane, e tutte quante sono riuscite a proporsi come propositori di progetti, ad esempio di restauro di un sito archeologico, ma anche di messa a sistema di un piano di turismo sostenibile, quindi accoppiando le attività tipiche del restauro, del ripristino e quindi dell'identità del patrimonio con anche attività reddituali, ma sostenibili, rispettose. C'è poi un progetto molto bello, che realizza una grossa sintesi delle eccellenze italiane con la cooperazione, che è l'istituzione del Centro regionale di restauro dei beni culturali, che dovremmo aprire a Jerash, vicino ad Amman, dove c'è un bellissimo sito romano, che sarà accompagnato da attività di formazione del nostro Istituto centrale di restauro e di altre istituzioni – come da Firenze, si era parlato dell'opificio delle pietre dure –, tutte le nostre eccellenze in materia di restauro, per poter far sì che in Giordania ci sia un centro con eccellenze. Già adesso è dotato di tutta la strumentazione, quindi è pronto a partire, abbiamo finanziato anche la parte infrastrutturale, che poi diventa addirittura un punto di riferimento regionale, perché non ce ne sono altri nella regione mediorientale in senso ampio, e quindi possa coniugare in maniera perfetta una tradizione, che è quella della diplomazia culturale, con un settore della cooperazione, che è quello di tutela e promozione del patrimonio e dello sviluppo sostenibile. Si può fare, anche in tanti altri posti si fa, ma può diventare uno dei punti qualificanti della nostra azione.

  PRESIDENTE. Direttore, io La ringrazio per il Suo contributo e dichiaro conclusa l'audizione. Grazie a tutti.

  La seduta termina alle 15.