XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori

Resoconto stenografico



Seduta n. 32 di Mercoledì 20 aprile 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 4 
Cavandoli Laura , Presidente ... 7 
Bellucci Maria Teresa (FDI)  ... 7 
Cavandoli Laura , Presidente ... 8 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 9 
Bellucci Maria Teresa (FDI)  ... 9 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 9 
Cavandoli Laura , Presidente ... 9 
D'Arrando Celeste (M5S)  ... 9 
Cavandoli Laura , Presidente ... 11 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 11 
D'Arrando Celeste (M5S)  ... 11 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 11 
D'Arrando Celeste (M5S)  ... 11 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 11 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Giannone Veronica (FI)  ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 12 
Giannone Veronica (FI)  ... 13 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 13 
Cavandoli Laura , Presidente ... 13 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 13 
Cavandoli Laura , Presidente ... 14 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 14 
Cavandoli Laura , Presidente ... 14 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 14 
Cavandoli Laura , Presidente ... 14 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 14 
Cavandoli Laura , Presidente ... 14 
Bommassar Roberta , rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi ... 15 
Cavandoli Laura , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della dottoressa Roberta Bommassar in rappresentanza del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi che ringraziamo per la disponibilità. Colgo l'occasione per ringraziare anche il Presidente dell'Ordine, il dottor David Lazzari.
  L'audizione odierna si colloca all'interno di un confronto con le realtà professionali che abbiamo da tempo avviato nel quadro delle previsioni di cui all'articolo 3, comma 1 della legge istitutiva. Ricordo che la legge indica fra gli obiettivi della Commissione quello di verificare le modalità operative dei servizi sociali di primo e secondo livello e il loro ruolo nel processo e più in generale di valutare se nella legislazione vigente sia effettivamente garantito il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia e se sia rispettato il principio in base al quale l'allontanamento del minore dalla famiglia deve costituire un rimedio residuale.
  Dopo aver approfondito in una prima fase l'approccio giuridico ordinamentale, stiamo ora acquisendo valutazioni e proposte da professionisti direttamente impegnati nel sistema di tutela dei minori, come abbiamo fatto la scorsa settimana con l'audizione del dottor Gazi in rappresentanza dell'Ordine degli assistenti sociali.
  Non occorre che io sottolinei la centralità del ruolo degli psicologi nel sistema di tutela dei minori. Oltre alla fondamentale funzione preventiva e di segnalazione, la figura dello psicologo è o comunque dovrebbe essere strategica all'interno dei servizi sociali territoriali e nelle comunità per minori, come pure fondamentali sono i percorsi di psicoterapia che spesso vengono disposti nei provvedimenti dell'autorità giudiziaria, ad esempio nel caso di sospensione della responsabilità genitoriale o per il trattamento di specifiche situazioni. Più in generale direi che in molti casi è proprio l'attività degli psicologi che definisce gli strumenti interpretativi usati con maggiore o minore consapevolezza da una serie di altri operatori, dai magistrati minorili agli assistenti sociali.
  Le questioni aperte sono naturalmente molteplici e lascerei alla dottoressa Bommassar il compito di focalizzarli. Mi limito a citare fra gli altri i temi del finanziamento del sistema, della esternalizzazione talora incontrollata dei percorsi formativi del personale e della effettività dei percorsi di sostegno psicologici individuati sia a monte che a valle dei procedimenti dalle autorità giudiziarie.
  Negli esposti e nelle segnalazioni ricevute dalla Commissione non è infatti infrequente il caso di allontanamenti disposti dopo il fallimento di percorsi di sostegno che i servizi sociali territoriali non hanno attivato o hanno attivato in maniera inefficace.Pag. 4
  Un tema su cui chiederei alla nostra audita un approfondimento è quello delle linee guida in uso. Alla base dell'istituzione di questa Commissione c'è stata, infatti, una vicenda specifica, quella di Bibbiano, in cui è emerso, al di là di responsabilità penali legate dazione di denaro, un discutibile approccio all'individuazione di maltrattamenti e abusi che appare assai più diffuso della vicenda specifica. A questo proposito basta ricordare le posizioni assai controverse assunta ad esempio del professor Luigi Cancrini che si è attribuito un compito di difesa degli imputati in quella vicenda.
  Su questo l'Ordine degli psicologi ha seguito un approccio assai più serio. Già prima che quella vicenda emergesse il Consiglio nazionale aveva attivato uno specifico gruppo di lavoro su infanzia e adolescenza e aveva pubblicato nel novembre 2017 il documento Maltrattamento e abuso all'infanzia. Indicazioni e raccomandazioni, nel quale sono descritte le situazioni di rischio a cui possono essere esposti i minori e sono tracciate le competenze degli psicologi e le figure professionali da seguire al fine di garantire una efficace azione di tutela.
  Rimane tuttavia aperta la questione di quanto queste e altre linee guida incidano sulla concreta attività dei servizi sociali territoriali o delle realtà private che con essi collaborano. Dalla casistica certo non esaustiva esaminata dalla Commissione è emerso un punto critico nelle relazioni dei servizi sociali, che di norma sono stilate dagli assistenti sociali e non da psicologi e talora vengono sostanzialmente trasposte nei provvedimenti dei tribunali. Tali relazioni appaiono estremamente varie e spesso poco tipizzate. Spesso non è chiara l'analisi del caso e le valutazioni, tema su cui è intervenuta anche la recente riforma del diritto civile. In altri casi c'è un uso non tecnico, ma piuttosto vago e metaforico di termini che individuano specifiche figure di reato o termini provenienti dalla letteratura scientifica relativo all'abuso, al maltrattamento e ai sintomi di una incapacità genitoriale. Il tema non è certamente secondario e chiama in causa ulteriori questioni. Una questione che pure è emersa è che nei procedimenti dell'autorità giudiziaria che determinano allontanamenti la figura dello psicologo e dell'assistente sociale tendono a essere usate in maniera alternativa e indifferenziata. In particolare nel procedimento in senso stretto entra di norma l'assistente sociale che talora formula una sorta di perizia sull'adeguatezza genitoriale, mentre il riferimento alle competenze degli psicologi vi è, invece, eventualmente nelle CTU (consulenza tecnica d'ufficio) o nelle CTP (consulenza tecnica di parte), quando possibili, in una forma spesso laterale o meramente confermatoria rispetto a procedimenti già instaurati e a volte a provvedimenti già presi. Anche su questo vorrei chiederle un approfondimento, in particolare se dal suo punto di vista esiste un problema di confusione di ruoli anche a livello formativo e di reclutamento.
  Lascio ora la parola dottoressa Bommassar, chiedendole sin d'ora la disponibilità a rispondere anche per iscritto eventuali ulteriori quesiti. Grazie.

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. Ringrazio per l'invito. Sento tutta la responsabilità di cercare di rispondere, ma non so se riuscirò a farlo in questa audizione, ai tanti aspetti che lei ha appena citato, perché li ha presentati anche a più livelli.
  Parlare di minori fuori dalla famiglia significa affrontare subito il grande tema che sono situazioni complesse e famiglie multiproblematiche che sono già all'interno di un'attivazione dei servizi sociali. Le realtà nazionali sono anche molto diversificate, però è un po' un filo rosso che la presenza dello psicologo fin dalla segnalazione del problema e nella presa in carico del caso è residuale. Ci sono piccole aree in cui questa attività del servizio sociale viene attivata fin dall'inizio, ma normalmente i servizi in psicologia ci vengono o attivati in un secondo tempo con una funzione di tipo specialistico, consulenziale, ma non tanto di un'attività integrata.
  Noi psicologi riteniamo che sarebbe importante essere presenti fin dall'inizio, perché queste sono anche delle situazioni in Pag. 5cui non c'è una domanda esplicitata, poiché c'è spesso una domanda inespressa che va decodificata. Il lavoro deve essere integrato, inteso proprio come due sguardi diversi ma complementari. Lo sguardo dell'assistente sociale, che valuta le competenze, le difficoltà ma anche le risorse in termini di relazioni sociali, deve essere integrato, ma spesso purtroppo non lo è, con quello dello psicologo.
  Passiamo al tema dell'affido, quando è già stata presa una decisione riguardo al bisogno di un'integrazione e di un sostegno alla famiglia in difficoltà attraverso il collocamento in comunità oppure attraverso l'affidamento familiare. Quando si parla di minori fuori dalla famiglia, dobbiamo avere chiaro innanzitutto questa distinzione: fatto il bilancio dello stato di abbandono morale e materiale di irrecuperabilità della famiglia, la strada è quella dell'adozione, ma se invece il bilancio è quello della recuperabilità, quindi del sostegno e dell'affido ad altri fuori dalla famiglia, evidentemente si parte da una valutazione in cui si ritiene che quella famiglia è recuperabile.
  Se questa è la premessa – la premessa è anche quella della legge 149 del 2001 che fissa ai 24 mesi il tempo dell'affido – i dati sono e rimangono dei dati critici che devono porci degli interrogativi e farci cercare anche delle strategie per dare una risposta, perché anche nell'ultima relazione dello stato di attuazione della legge 149 si conferma il trend secondo il quale due bambini su tre sono in affido dopo i quattro anni di affidamento previsti dalla legge che, quindi, rimangono oltre il tempo previsto dalla legge, ma rimane stabile anche quel dato altrettanto significativo che solamente il 34 per cento dei minori rientra in famiglia. Questo significa che c'è un altro 66 per cento di ragazzi che non trovano la risposta che la legge prevedrebbe, ovvero il rientro in famiglia.
  Le ricerche sono state fatte in questi ultimi anni e faccio alcuni professionisti di grande competenza di cui faccio i nomi, che lavorano in questo ambito ormai da decenni come il dottor Vecchiato, Belotti e Natali parlano di carriere assistenziali. Quindi il 66 per cento di questi ragazzi che non trova rientro della famiglia trova, invece, la strada delle carriere esistenziali, ovvero il passaggio da famiglia a una comunità oppure ad altre famiglie o soluzioni che comunque non possono che interrogarci.
  Riprendo una frase scritta in modo semplice, perché credo che questo debba essere il nostro sforzo: sembra che il mantenimento dei legami familiari continua ad essere una sfida che non siamo ancora riusciti a raccogliere con la convinzione e con le risorse adeguate. Lavoriamo perché questi ragazzi dopo, questo bilancio iniziale di cui si è scelto l'affido perché si ritiene che la famiglia sia recuperabile, ma non si riesce a fare quel lavoro che per legge noi siamo chiamati a fare.
  Da una parte sento anche di dire come psicologa che è importante continuare a credere a questa sfida, quindi lavorare per recuperare la famiglia d'origine. Gli studi sull'adozione, anche quelli sull'adozione internazionale, poiché il genitore può essere dall'altra parte del mondo, in cui c'è una cesura del legame con la famiglia di origine, ci confermano che con quella famiglia naturale il soggetto, la persona in generale, l'individuo senza sesso in termini psicologici ci fa i conti tutta la vita, anche quando è inevitabile che sia così, quindi nei casi dell'adozione. Lavorare perché questo legame con la famiglia d'origine, che poi rappresenta le proprie radici e il nucleo attorno a cui si sviluppa la propria identità, è una sfida che secondo noi va raccolta e attivata.
  C'è da chiedersi perché sia così difficile riuscire ad ampliare quel 34 per cento e perlomeno rovesciare i criteri delle percentuali. Da una parte è difficile perché è difficile la situazione, perché è complessa e perché tocca temi profondissimi per ognuna delle persone che sono coinvolte, sia le famiglie che si vedono allontanare il proprio figlio, quindi il tema della separazione, dell'abbandono, della svalutazione del sentirsi incapaci, sia nella famiglia affidataria e che accoglie il bambino e sia gli operatori che ne sono coinvolti. Possiamo dire che ci sono tonnellate di sentimenti pesanti così coinvolgenti in questo sistema triangolare Pag. 6composte dalle famiglie di accoglienza, da quelle di origine e dai servizi che anche le difese sono altrettanto potenti proprio dal punto di vista psicologico e con il distanziamento, la razionalizzazione, il pensiero che tanto non c'è nulla da fare, che tanto vale perseguire delle attività routinarie è difficile mettersi in gioco.
  Secondo me la triangolazione di questi soggetti pone anche un altro aspetto delicato. Chi lavora nel campo della tutela dei minori sa che così si attiva un pendolo: uno è posizionato sul bisogno della tutela del minore, ovvero il dare garanzie al minore che i propri bisogni vengano rispettati, quindi sulla funzione della tutela del controllo e del giudizio, l'altro polo è quello del sostegno, dell'aiuto e dell'ascolto. Questi due poli dovrebbero trovare sempre un equilibrio. È chiaro che nella tutela chi è coinvolto come operatore dentro questa dinamica ha la funzione del controllare, poiché tuteliamo i bisogni del bambino, però se ci posizioniamo solo sulla tutela, rischiamo di diventare dei controllori, di essere fiscali, di creare un clima che poi dall'altra parte viene sentito persecutorio e ci si allontana, invece, da quel bisogno di creare quell'alleanza indispensabile. Questo equilibrio è un equilibrio molto difficile che va a scapito dell'alleanza che è necessaria con la famiglia di origine e che dal mio punto di vista è possibile se viene fatta in modo integrato da l'assistente sociale e anche dallo psicologo, perché lo psicologo ha degli strumenti per valutare questi aspetti sia di risorsa, ma anche di timore e di paura da parte della famiglia d'origine e non comprenderli può portare a un circolo vizioso invece che a un circolo virtuoso. Il ruolo della dello psicologo anche in termini di lettura, oltre che di creare delle relazioni di sostegno, è importante fin dall'inizio.
  Come psicologa mi preme sottolineare un altro aspetto importante riguardante la creazione delle condizioni perché un affidamento sia veramente temporaneo come previsto dalla legge e che il bambino rientri nella famiglia di origine. Appena si è avviato l'affidamento, si devono cercare subito degli strumenti per il rientro del bambino. La sensazione – dico «sensazione» perché non si hanno ancora dei dati ufficiali – è che nel momento in cui, fatto tutto il grande lavoro che consuma tante energie per la scelta della famiglia affidataria oppure della comunità e quindi il collocamento del minore, ci sia una sorta di rilassamento. L'idea è che il bambino sia in sicurezza e che quindi si può abbassare la guardia. In realtà dovrebbe essere proprio un rovesciamento di prospettiva, perché è da quel momento che partono quei famosi due anni per poter lavorare per recuperare la famiglia d'origine.
  Tuttavia, ci sono degli indicatori e ho affrontato questo tema anche nella mia esperienza passata. C'è il grande tema dei dati che si hanno per monitorare questo fenomeno che sono dei dati molto generici e che spesso ci dicono poco. Credo che si possano fare anche delle ricerche su degli indicatori molto puliti e molto semplici, che non creano delle problematiche legate alla privacy e alla riservatezza, che sono semplici e assolutamente non banali, perché hanno anche un grande significato psicologico.
  Quali sono? Li elenco in modo molto semplice. Innanzitutto, vi è la scelta della famiglia affidataria in termini di distanza fisica, ovvero o in termine di chilometri o in termini di ore di trasporto pubblico. Può sembrare un aspetto molto marginale – io provengo da una regione montuosa, quindi può essere sollecitato anche da questo aspetto –, però se io sono da una parte del Trentino e la famiglia affidataria si trova dall'altra parte del Trentino e anche se in termini di chilometri non sono tantissimi, ma impiego un'ora e mezza o due ore per andare a trovare il minore, non solo rendiamo difficile la vita a questi genitori affidatari o della famiglia naturale, ma diamo anche una comunicazione che se anche stanno lontani, è lo stesso, quindi che il nostro sguardo non è sul «cerchiamo di attivare». La distanza fisica è un dato che si può mettere in cartella e che si possono reperire.
  Poi vi è il tempo. Quante ore sono previste di visita ai bambini? Nel tempo aumentano o tendono a diminuire? La frequenza è regolare o irregolare? Questi Pag. 7dati fin da subito ci possono dire in modo abbastanza rapido se stiamo lavorando per un rientro in famiglia o se ci stiamo allontanando dal progetto che dovrebbe essere il progetto che dà senso all'affidamento.
  Un altro tema che attiva degli aspetti emozionali molto potenti è quello dei rientri, perché se il bambino è stato allontanato dalla famiglia, evidentemente è perché si ritiene che sia rischioso un rientro. Questo tema attiva delle angosce nella famiglia affidataria o nella comunità, e sicuramente anche nei servizi. Anche qui il ruolo di una valutazione monitorata da parte di un servizio psicologico ci permette di avere maggiori informazioni. Tra l'altro spesso ci si allarma e si torna indietro nel progetto anche di fronte ai comportamenti prevedibili. Sappiamo che se una famiglia è incostante, si ripresenterà questa problematica e si lavora perché lo possa diventare. A volte vi è l'idea che il bambino viene collocato fuori dalla famiglia, in modo magico la famiglia si ricompone o se non ce la fa, investiamo poco e investiamo meno di quello che si dovrebbe.
  Io credo che questo tipo di impostazione, che rispetta il dettato della legge, richieda anche degli investimenti in termini di persone, perché è chiaro che se, rispetto al pendolo di cui dicevo prima, il servizio sociale si trova sopraffatto dagli impegni e non ha una collega psicologa con cui poter lavorare in modo integrato, tenderà a fare una scelta di tipo difensivo: «Il bambino è meglio che non che non ci vada, divento controllante, mi posiziono su un clima che è più di controllo e di vigilanza che di riattivazione».
  È chiaro che questo pone i grandissimi temi della formazione, che deve essere congiunta e che abbia come obiettivi proprio l'utilizzare queste competenze. Ci vogliono delle risorse e allargando molto lo sguardo, penso che se si implementassero gli psicologi nelle cure primarie, sarebbe già un primo strumento per raccogliere fin dall'inizio gli aspetti di tipo problematico su cui poi si possono anche attivare rapidamente le risorse, così come lo psicologo scolastico, ma ovviamente è necessario implementare anche i centri aperti e i centri diurni. Anche l'educativa domiciliare è un altro di quegli strumenti che risultano fondamentali per poter mantenere fede allo spirito nei progetti.
  Lei aveva accennato anche una tematica riguardo al privato sociale, al terzo settore, che è sicuramente una tematica di grande criticità, perché noi assistiamo a una precarizzazione di questi operatori, spesso perché con lo spirito corretto del risparmio l'inquadramento, i ruoli e anche l'adeguamento in termini di costi e in termini finanziari del pagamento porta le persone a cambiare rapidamente e a trovare altre soluzioni che non siano quelle di un lavoro o sottopagato o precarizzato e a volte anche sottodimensionato nel senso di avere delle alte competenze, ma di poterle esercitare poco.
  Sicuramente vanno detto anche tante altre cose, ma ho visto delle mani alzate e forse è più semplice se rispondo.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa. Ho già due prenotazioni per delle domande, quindi darei la parola alla onorevole Bellucci da remoto. Prego, onorevole.

  MARIA TERESA BELLUCCI. Ringrazio la presidente per la parola e ringrazio anche l'audita, fra l'altro collega, per essere intervenuta in Commissione d'inchiesta. Presidente, ci tengo soltanto a fare una piccola precisazione. Ci tengo a dire che il professor Luigi Cancrini che lei prima ha citato non è uno psicologo, bensì uno psichiatra. Questo per fugare anche dei dubbi, poiché credo che l'identità professionale sia una questione importante. È distinto dall'Ordine degli psicologi in quanto non è neanche un iscritto all'Ordine degli psicologi. Lei giustamente ha fatto bene a sottolineare qual è stato l'approccio dell'Ordine degli psicologi e nel contempo a volte si fa molta confusione tra psichiatri, psicoterapeuti e psicologi. In realtà Luigi Cancrini è un medico psichiatra, non è uno psicologo e a ragione di questo non è iscritto all'Ordine degli psicologi, ma è iscritto evidentemente all'Ordine dei medici. Chiudo la parentesi e scusatemi se ho voluto prendere del tempo per fare questa sottolineatura.Pag. 8
  Io volevo chiedere alla dottoressa Bommassar se l'Ordine degli psicologi si era occupato di approfondire la questione delle linee guida per l'ascolto del minore e i colloqui del minore, dato che è una questione aperta molto dibattuta e si è visto quanto poi ci sia un punto di criticità importante.
  Sicuramente, come lei diceva, lo stato dei servizi in termini di dotazione di organico e di personale è drammatico in Italia. Sappiamo che l'Italia in confronto alla media europea ha un 70 per cento in meno di psicologia dei servizi pubblici, quindi quello che lei sottolineava rispetto all'assenza spesso accanto all'assistente sociale dello psicologo è una realtà, posto il fatto che anche gli assistenti sociali sono del tutto carenti e sottodimensionati per una percentuale che nei servizi è quasi identica a quella degli psicologi.
  Io volevo sapere in particolare, perché immagino che nel vostro Ordine siano iscritti anche psicologi che sono impiegati e sono in carico ai servizi pubblici, anzi, lo so, poiché essendo io stessa una psicologa e una psicoterapeuta, ne ho assoluta contezza, se voi avevate registrato e se su questo magari avevate fatto anche una vostra indagine interna rispetto ai rapporti che ci sono con le diverse istituzioni coinvolte, perché quando parliamo di tutela dei minori, parliamo di tribunale dei minori, di servizi sociali dell'ente locale e dell'amministrazione locale, municipale o comunale, del sistema sanitario, quindi del sistema regionale e del terzo settore.
  Penso che possa essere molto utile sapere dalla voce dei colleghi qual è il dialogo tra questi servizi e se ci sono delle criticità in capo al dialogo che c'è tra le diverse istituzioni coinvolte, perché certamente c'è una problematica a volte nella scrittura di relazioni ma è anche vero che noi abbiamo osservato e anche ascoltato alcune audizioni che i tribunali spesso si appoggiano sulle relazioni dei servizi, quindi mi chiedo e chiedo se i colleghi vedono delle criticità nell'interlocuzione tra la parte della magistratura e il sistema dei servizi a cui appartengono.
  Anche in merito a giudici onorari, perché sappiamo che i giudici onorari spesso sono anche psicologici, chiedo se avete raccolto delle criticità o degli elementi di cambiamento rispetto all'impiego e all'attività di giudice onorario all'interno del tribunale dei minori stesso.
  Penso che questi possano essere degli aspetti estremamente importanti da approfondire, perché – poi mi taccio e passo la parola – ritengo che ci siano moltissimi colleghi psicologi e assistenti sociali che fanno un lavoro straordinario in carenza drammatica di personale, che davvero sono instancabili, infaticabili e che cercano di dare una risposta a quella vacatio istituzionale che mi permetto di dire è vergognosa, perché non si può pensare che una persona faccia il lavoro per 10, è umanamente impossibile, ma è altrettanto vero che ci sono dei professionisti che possono, invece, sbagliare in mancanza di scienza e coscienza. Su questo volevo sapere se l'Ordine degli psicologi in questo caso è intervenuto, come intervenuto e che cosa ha fatto, perché un sistema che funziona è un sistema capace di intervenire laddove ci sono delle criticità anche per il buon nome della categoria professionale che è importante tutelare, perché sappiamo che poi le colpe di uno vengono pagate da tutti. Questo è un problema non solo per la categoria professionale ma è un problema per il sistema sanitario e per una professione sanitaria, perché evidentemente le persone poi vengono minate nella loro possibilità di fidarsi e affidarsi. Essendo psicologi, sappiamo che questo fa cadere in uno stato di ansia e di angoscia su un arco di repressione a fronte della mancanza di riferimenti ai quali rivolgersi in caso di bisogno.
  La ringrazio per le risposte che ci vorrà dare e ringrazio l'Ordine degli psicologi per questo intervento in Commissione.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bellucci. Io direi che abbiamo abbastanza tempo per dare le risposte subito. Chiarisco che il professor Cancrini è uno psichiatra, ma lo avevo citato nella parte dello speech in cui parlavo della vicenda di Bibbiano proprio perché era uno dei consulenti della difesa di Foti.Pag. 9
  Direi che, non avendo molte prenotazioni, lascerei alla dottoressa la risposta e poi procediamo con un altro turno di domande. Grazie.

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. Allora, lei ha posto diversi aspetti su diversi piani. Rispetto alla tematica delle criticità nel lavoro di relazione e di integrazione o meno con i vari servizi, i servizi sociali o il tribunale, questi sono stati degli aspetti che sicuramente in passato hanno trovato dei momenti di apertura, di confronto e di studio. Infatti, ci sono i vari gruppi di lavoro ma anche le Commissioni. Ad esempio, in quello che riguarda i servizi di primo livello, i servizi sanitari e le cure primarie, la tematica delle relazioni con i servizi sociali anche in termini di tutela è stata affrontata non nei termini di mettere una cornice attorno a questo tema, ma affrontarlo tutto in modo coerente, perché può essere un aspetto da mettere in agenda, così come la tematica di cui lei parlava, se ho capito bene, riguardo ai possibili errori di superficialità con cui vengono magari fatti alcuni tipi di lavoro. È chiaro che questo sia un tema centrale nella nostra attività che riguarda il codice deontologico e l'etica clinica. Questo tema va affrontato, perché credo che poi sia l'aspetto che ci viene segnalato in modo più frequente. Infatti, nelle Commissioni deontologiche le situazioni che noi vediamo segnalato più frequentemente riguardano, ad esempio, l'area delle consulenze tecniche, quindi il rapporto con i tribunali e anche qui il lavoro che si sta facendo è trovare anche delle modalità di integrazione. Sicuramente sono tutte tematiche che vanno approfondite. Forse c'era anche una terza parte...

  MARIA TERESA BELLUCCI. Chiedevo se ci fossero delle linee guida che riguardavano l'ascolto del minore e i colloqui, se erano state approfondite redatte anche in testi da parte dell'Ordine degli psicologi.

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. Delle linee guida riguardo all'ascolto dei minori non sono ancora state definite. Ci sono anche alcune esperienze a livello internazionale. Ad esempio, noi come gruppo dell'infanzia e dell'adolescenza abbiamo affrontato questo tema assieme a un gruppo che si è attivato anche a livello internazionale sui bambini che hanno subìto dei traumi. La tematica dell'ascolto del bambino che ha subìto dei traumi è un aspetto di rilievo e colgo l'occasione per dire che sarà un aspetto che approfondiremo, tenuto conto che il tema della dell'ascolto del minore è delicato, ma è anche un diritto sacrosanto del minore di trovare nel contesto istituzionale una voce, un soggetto che accoglie la sua voce, riconoscendo tutte le sue difficoltà. I bambini e i ragazzi hanno questo grande bisogno di riconoscere che c'è un interlocutore nell'istituzione che li ascolta.
  Ad esempio, riguardo alla tematica dell'affido e ai rientri o meno in famiglia, spesso il minore è quello non ascoltato, quello a cui non si dà una dignità nel senso di considerarlo in modo esplicito come un interlocutore che va ascoltato. Spesso con le traduzioni che si fanno di quello che lui dice ci autorizziamo e ci arroghiamo dei poteri che secondo me, invece, vanno anche temperati con un ascolto trasparente dei ragazzi.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa. Abbiamo un'altra domanda sempre da remoto. Onorevole D'Arrando, prego.

  CELESTE D'ARRANDO. Grazie, presidente. Io ringrazio la dottoressa Bommassar anche perché da futura psicologa in altro ambito è interessante anche il quadro che lei ha disegnato. Faccio un po' di domande così cerco anche di essere sintetica, collegandomi un po' anche a quello che le ha chiesto la collega Bellucci.
  Nella scorsa audizione, dove abbiamo ascoltato il Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali è emersa una proposta su una sorta di ispettorato sul controllo dell'attività sociale dei servizi sociali, un po' come succede nell'ambito lavorativo. Avrei piacere di sapere se l'Ordine Pag. 10degli psicologi si è mai interrogato anche su questo genere di strumento che potrebbe essere un modo non sanzionatorio, perché sappiamo bene che la sanzione non serve assolutamente a nulla nel momento in cui si sta parlando di riabilitazione e anche di ripristino di quelle che sono delle relazioni funzionali, ma per dare gli strumenti agli operatori che lavorano nell'ambito dei servizi sociali di comprendere forse quali sono i correttivi nello svolgere l'attività.
  Un'altra domanda che le faccio, emersa sempre nella scorsa audizione, è la necessità di una valutazione multidimensionale. Mi pare anche di capire dall'introduzione della sua relazione che vi sia la necessità di lavorare in modo integrato con assistenti sociali ma con tutte quelle che sono le figure che stanno intorno al minore, che dovrebbe essere il soggetto principale di un progetto. Immagino – le chiedo conferma – che si possa pensare a una sorta di presa in carico multidimensionale in ambito sociosanitario perché comunque si fa anche tutela e prevenzione del benessere psicologico e che di conseguenza è anche su altri aspetti. Chiedo se come Ordine lei ritiene che sia opportuno andare in questa direzione e lavorare al potenziamento di quella che dovrebbe essere una rete sociosanitaria.
  In merito a questo chiedo se ritiene importante, come anche detto dal presidente dell'ordine Lazzari, il ruolo dei consultori familiari che oggi risulta essere depauperato di quella che era la sua originaria funzione e che è necessario, invece, ripristinare, poiché diventa anche un po' il collante con quello che saranno poi le future case della comunità previste dal PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza).
  Sicuramente concordo sulla necessità dello psicologo scolastico e dell'educativa domiciliare, perché ovviamente ogni contesto familiare è a sé stante e non si può pensare di attuare un welfare dei servizi e delle prestazioni, ma bisognerebbe ragionare su un altro tipo di welfare. Le chiedo se ritiene di andare in un'ottica di welfare di comunità proprio perché la famiglia fa parte di una comunità ed è essa stesso una comunità.
  Ho un'altra domanda, scusi se sono tante, però ha dato tanto materiale su cui domandare. Rispetto alle risorse di personale, al netto del fatto che sicuramente è necessario avere figure come lo psicologo delle cure primarie, dove c'è tra l'altro anche una proposta di legge in discussione al Senato, so che numericamente è quantificabile perché dipende dal territorio e siamo sotto la media europea, ma avete ipotizzato un range di presenza degli psicologi sulla popolazione residente? Ad esempio, rispetto agli assistenti sociali si è individuato come livello essenziale delle prestazioni la presenza di uno ogni 5 mila, meglio ancora se 4 mila abitanti. Non so se voi avete fatto degli studi per questo.
  Rispetto agli indicatori, chiedo se sono indicatori che voi suggerite che possano essere utilizzati al fine di consentire il rientro dei minori fuori famiglia e devo dire che sono molto interessanti, quindi la ringrazio per questo spunto di riflessione.
  Ho un'ultima domanda. È molto importante la parte in cui parlava del mantenimento dei legami familiari. Quello che accade, che è anche l'oggetto e il motivo per cui è nata questa Commissione, è che molto spesso l'affidamento fuori famiglia comporta di conseguenza il recidere o comunque il distruggere il legame familiare. Sinceramente non mi sono mai spiegata, anche se è vero che vi sono situazioni di abuso e un certo tipo di situazioni che non rappresentano però la maggior parte dei casi, come mai – le chiedo se lei ha magari qualche spunto di riflessione – in molti casi si limitano tantissimo o si annullano le relazioni familiari che sono indispensabili per il mantenimento di un equilibrio psicofisico del bambino e del minore stesso.
  Le chiedo in questo caso come si può intervenire. Non so se lei ha una risposta, ma le chiedo anche se ci può dare uno spunto di riflessione sul perché accade, perché è grave da un punto di vista psicologico.
  Ho terminato. Le chiedo scusa per le tante domande, ma la ringrazio anche per il suo contributo.

Pag. 11

  PRESIDENTE. Prego, dottoressa Bommassar.

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. Provo a rispondere ad alcune. Non credo di aver compreso la prima domanda sull'ispettorato.

  CELESTE D'ARRANDO. Sì, nella scorsa audizione che abbiamo fatto con il Consiglio degli assistenti sociali...

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. Assistenti sociali?

  CELESTE D'ARRANDO. Sì, esatto. È emersa una proposta di avere una sorta di ispettorato dei servizi sociali, se effettivamente funzionano e come misura di controllo. La domanda era cosa ne penserebbe in questo caso. Lo so che ci sono i codici deontologici, però molto spesso il problema non è il codice e la norma, bensì la devianza dalla norma che spesso non è sotto controllo, perché se no non si sarebbero verificati i casi a cui abbiamo assistito. Questa era un po' la domanda. Non so se sono stata più chiara.

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. L'ispettorato del lavoro sarebbe colui che va a vigilare se sono stati rispettati... Tale ipotesi mi lascia perplessa da una parte e dall'altra ci sono dei collegi che hanno come spirito quello della vigilanza deontologica. Eventualmente un cambiamento importante potrebbe essere quello che la Commissione deontologica sia appannaggio degli organismi neutrali che non facciano parte dell'Ordine. Questa è una cosa su cui si sta riflettendo, però sono cose così delicate che manterrei dentro un alveo pulito dove si devono approfondire le tematiche del comportamento etico degli psicologi. Sospendo la valutazione e il giudizio.
  Sulla valutazione multidimensionale, a problemi complessi non si può rispondere con degli automatismi semplificatori, ma si devono dare delle risposte che sono complesse. Non è solamente una questione di rete e di avere nominale per cui ogni tanto ci si trova, ma il lavoro integrato nelle situazioni complicate come quelle che portano all'allontanamento dei minori è qualcosa che deve essere previsto proprio come una visione binoculare e complessa.
  Sono assolutamente d'accordo sulla sottolineatura del potenziamento dei consultori, perché allo stato attuale, pur essendo e offrendo una risposta di qualità anche psicoterapica, se ci fosse bisogno, sono dei servizi di primo livello, quindi di facile accesso che è fondamentale per poter dare una risposta rapida di tipo psicologico, perché noi sappiamo che più mettiamo degli intoppi, dei balzelli e delle strettoie di tipo burocratico, avviarsi verso questi servizi richiede una riflessione e una decisione, ma bisogna facilitare il più possibile i consultori. Anche i servizi sociali potrebbero essere il luogo dove avviare questa implementazione.
  Sul welfare di comunità, ormai la lettura è sempre più sociale, tanto più nelle questioni che sono complesse come quelle delle famiglie multiproblematiche. Poi c'è il singolo che ha capito che la sua richiesta è su di sé e va anche nel privato per fare questo tipo di lavoro, ma le persone che hanno bisogno di ridefinire anche il proprio problema hanno anche bisogno di servizi che hanno queste caratteristiche.
  Sulle risorse del personale, forse non copriamo nemmeno la metà di quello che noi riteniamo essere il fabbisogno. Lei diceva uno su 5 mila come rapporto del servizio sociale e io credo che questo potrebbe essere un obiettivo anche per lo psicologo, ma pensando allo psicologo non come uno psicologo a cui rivolgersi dopo un determinato percorso di tipo specialistico, ma a uno psicologo che fa un prezioso lavoro. Infatti, non è banale il lavoro di primo livello che è quello di raccogliere, riformulare la domanda e il bisogno del paziente, dare una prima risposta di tipo psicologico e poi, se permangono delle complessità e delle difficoltà, si inviano anche ad altri medici. Non so se ho risposto a tutto.

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  PRESIDENTE. Prego, onorevole Giannone.

  VERONICA GIANNONE. Grazie, presidente. Grazie, dottoressa Bommassar. So che possono pervenire delle segnalazioni all'Ordine degli psicologi e io parto da queste. Quante sono le segnalazioni che sono pervenute a voi come Ordine di psicologi nel ruolo di CTU per perizie depositate in tribunale improntate alla svalutazione della capacità genitoriale, spesso delle madri mediante riferimento all'alienazione parentale, madre malevola, simbiotica eccetera? Quali sono le vostre valutazioni e come procedete in questi casi?
  La seconda domanda, invece, riguarda le segnalazioni per corsi di formazione o aggiornamento che sono riconosciuti con rilascio di punteggi anche utili allo svolgimento e alla crescita lavorativa, dove si insegna ancora oggi l'alienazione parentale e affini, il riconoscimento della stessa e i test da apporre per confermarla, seppur risulta questa inesistente e non riconosciuta a livello scientifico. Mi piacerebbe sapere anche qui quante ve ne sono, come procede in questi casi e chi sono anche coloro che continuano a insegnare qualcosa che più volte è stato già definito non scientifico e comunque non una patologia psicologica.
  Per quanto riguarda, invece, un'altra questione, ovvero l'allontanamento, vorrei sapere qual è la metodologia attuata prima e durante i prelievi. Ad esempio, quando il minore si rifiuta durante un prelevamento, reagisce, risulta evidentemente traumatizzato o spaventato o compie gesti che appunto lo portano a rifiutare con forza l'allontanamento dai genitori o dal genitore, come si deve comportare lo psicologo nominato per il caso?
  Passiamo, invece, all'inserimento in struttura. Nell'inserimento in struttura residenziale o famiglia affidataria oppure dal genitore con il quale, ad esempio, non è cresciuto il minorenne risultano decine e decine di segnalazioni di minorenni privati della o delle figure di riferimento, riferendomi in questo caso ai genitori, che spesso è la madre. A questi minori non è permesso, una volta inseriti all'interno di questo affidamento, qualunque esso sia, vedere e sentire per mesi e alcune volte addirittura per anni i genitori o il genitore. Spesso sentiamo utilizzare il termine «reset». Io vorrei capire da lei cos'è il reset nei riguardi del bambino, a cosa serve e perché ciò accade. Vorrei chiedere a lei come professionista come può essere questo un metodo corretto per il recupero della famiglia d'origine e per il lavoro, del quale lei parlava, per il rientro nella famiglia d'origine così come la legge prevede e soprattutto che danni arreca ciò al bambino. Le chiedo anche quanti sono i casi di affidamento ai parenti prossimi e quanti, invece, di tutti quelli che voi avete a disposizione, quelli che invece sono fuori famiglia.
  Per quanto riguarda i casi di violenza domestica, io vorrei capire come si può pensare da professionisti di affidare un bambino a un soggetto che è violento quando già condannato o in cui vi è possibile violenza dove vi sia una fase di giudizio piuttosto che un'indagine in corso per denunce, anche se quello è il padre. In questo caso questo non è dare la possibilità, purtroppo, di continuare ad avere atteggiamenti violenti e di maltrattamenti nei riguardi di quel minorenne?
  Concludo chiedendo se il minorenne deve soccombere di fronte al diritto di un adulto. Grazie.

  PRESIDENTE. Prego, dottoressa. Se vuole le mandiamo per iscritto alcune domande, come avevo anticipato.

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. Alcune delle cose come il numero delle segnalazioni sono domande da porre alla commissione deontologica. Se entra nel merito della famosa sindrome da alienazione parentale, sappiamo benissimo qual è la posizione della comunità scientifica, ovvero che definirla «sindrome da alienazione parentale»... ma mi pare che in molti tribunali non viene considerata una definizione accettabile e mi pare che ci sia stata anche in Cassazione recentemente. In questi termini non so a quali situazioni faccia riferimento, ma ci saranno sicuramente delle situazioni residuali.Pag. 13
  Mi sento di essere trasparente anche da questo punto di vista in quanto psicologa. Questo non significa che non esistono dei comportamenti di influenzamento, di pressione consapevole, inconsapevole, a volte deliberata o più o meno violenta. Questa tematica è una tematica molto delicata che chi lavora con le famiglie percepisce quotidianamente. Poi altra cosa è mettere un'etichetta che viene utilizzata per rendere statico un processo che, invece, è molto più complesso da capire e da definire di volta in volta.
  Sui corsi di formazione, preferisco che mi mandi le domande e provare a rispondere per iscritto, perché sono molto sfumate e molto complesse.
  Un ultimo accenno a che cosa deve fare lo psicologo se il bambino viene strappato con violenza da una famiglia. Non credo che ci sia nessuno psicologo che possa dire che quella è una modalità idonea e utile per il bambino. Dopodiché apre tutta la domanda del perché si è arrivati lì, quali sono state probabilmente le situazioni violente anche precedentemente in cui è stato coinvolto questo ragazzino. È chiaro che arrivare a quel punto lì è un fallimento di tutti gli adulti che stanno attorno a un bambino che si vede apporre con violenza una scelta che non desidera, che non vuole e che rifiuta.
  Vi chiedo se potete mandarmi le altre domande per iscritto.

  VERONICA GIANNONE. Mi scusi, dottoressa. Le altre domande gliele metterò per iscritto in modo che sia anche più semplice poter rispondere, però per quanto riguarda il reset, essendo una parola che noi sentiamo costantemente e che ci viene riportata anche spesso nelle segnalazioni, per capire effettivamente cos'è e come funziona le chiedo se può rispondere almeno a questo che magari non ha dati su cui discutere.

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. Avendo trattato spesso gli ambiti giuridici e anche dei servizi sociali, credo che sia anche abbastanza nuova, perché posso capire che cosa significhi e che cosa si intenda con questo reset, quindi la cancellazione di un passato per ripartire con una nuova vita. Posso dirle solo che da psicologa mi fa orrore una cosa del genere, perché il lavoro dello psicologo non è mai quello di resettare e non può esserlo. Se lei ha potuto seguire il senso della relazione che ho fatto riguardo all'affidamento e alla necessità di mantenere i legami con la famiglia originaria va proprio nella logica che il sé del bambino e poi adulto si basa su quelli che sono state le sue esperienze, poi ci farà i conti, se sono brutte le potrà elaborare consapevolmente, ma se reset significa che l'intenzione è quella di resettare a me scandalizza e non posso che essere in disaccordo. Poi bisogna contestualizzare ancora meglio, ma se il senso è questo, non posso che essere critica.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa. Io avrei qualche domanda abbastanza specifica. Le detto nella parte iniziale che capita spesso che la psicoterapia non venga effettuata, seppure prescritta, prima dell'allontanamento e quindi lei giustamente ha fatto riferimento a questi servizi di primo livello che vedono questa carenza. È brutto, ma abbiamo delle segnalazioni in cui c'è stato un allontanamento per permettere la psicoterapia però in una struttura residenziale e non in una famiglia affidataria. Immagino che anche a lei questo faccia orrore, ma ci fa piacere che ce lo dica.

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. Allora, non è possibile, va contro quello che è il diritto di quel minore. Sono della convinzione che è importante fare il possibile ma anche l'impossibile perché questi ragazzi mantengano un legame con la famiglia che può essere supportata. È chiaro che il ragazzo ha diritto che tutti i suoi bisogni vengano soddisfatti, anche quello di contenere dentro di sé l'idea che la propria famiglia, per quanto magari limitata con dei limiti e difetti, sia quella con cui, come ho detto prima, ci farà i conti. Nell'idea che si possa tornare a quello che lei diceva per permettere la Pag. 14psicoterapia e aspettare che avvenga dopo l'allontanamento c'è qualcosa che è andato profondamente storto, si sono rovesciati i tempi dell'intervento.

  PRESIDENTE. Grazie. Le farei altre domande. Le chiedo se ritiene che lo psicologo debba collaborare per individuare il progetto per il minore allontanato. Lei ha detto molto bene prima in relazione all'aiuto e all'ausilio dato alle famiglie, ma nei casi ci vengono segnalati, che chiaramente sono quelli più disfunzionali, non troviamo quasi mai. Le chiedevo se è giusto che lo psicologo collabori per individuare il progetto del minore e per la famiglia.
  Le chiedo anche se ritiene che per valutare la capacità genitoriale lo debba fare uno psicologo o un assistente sociale. Chi lo deve fare?

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. La prima risposta è sì, perché un progetto non può prescindere dalle caratteristiche di funzionamento in termini di fatiche e difficoltà, quindi aspetti che vanno rinforzati ma anche di risorse che ci sono. Magari all'inizio non si colgono, ma ci sono, perché, come dicevo prima, il tema dell'alleanza è fondamentale perché i progetti vadano avanti, e «alleanza» significa che qualcuno crede in te e che tu possa fare quel percorso di attivazione. I progetti vanno fatti utilizzando anche la professionalità dello psicologo e stupisce che non sia così purtroppo.

  PRESIDENTE. Nella valutazione della capacità di educare dei genitori vengono spesso delegati i servizi sociali per individuarla nei genitori, facendo anche un esame approfondito dei genitori. Le chiedo se è una competenza...

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. Da psicologa che ha studiato tanto le competenze genitoriali, le competenze genitoriali si basano su una grande funzione che è quella della capacità riflessiva del sé e della mentalizzazione che negli utenti non è del tutto sviluppata. Tuttavia, se ci sono degli spazi per potenziare la capacità di identificazione nell'altro, quella empatica e la resilienza sono delle competenze che può fare lo psicologo. È la teoria dell'attaccamento, l'adult attachment interview, che è uno degli strumenti che si hanno per poter fare delle ipotesi anche sulla capacità di stabilire dei legami di attaccamento, ma questo lo può fare lo psicologo, non lo può fare nessun altro, che va a integrare le competenze dell'assistente sociale. Io non ritengo che siano sufficienti, poiché la rete sociale intesa come possibile risorsa è un altro di quegli aspetti che rendono la capacità genitoriale più o meno sviluppata.

  PRESIDENTE. Quindi anche dal punto di vista normativo queste competenze alla fine non sono esclusive né dello psicologo né dell'assistente sociale?

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. No, sono esclusive, ma secondo me non sono esaustive. Non può rispondere solo lo psicologo, in queste situazioni complesse che noi abbiamo in mente, senza un'indagine dell'ambiente sociale. Secondo me sono chiarissime le competenze dello psicologo e dell'assistente sociale che non sono esaustive, ma vanno integrate e devono esserci entrambe, mentre nel passato prossimo erano competenze prevalentemente del servizio sociale. Ritengo che vada bene ma è parziale e insufficiente.

  PRESIDENTE. La ringrazio e le farei un'ultima domanda perché abbiamo avuto queste segnalazioni dei cosiddetti «falsi positivi» anche da parte di alcuni psicologi che fanno queste segnalazioni, attivando tutta la procedura di limitazione della responsabilità genitoriale, ma anche per i sospetti di abusi sessuali. Alcune segnalazioni sono arrivate proprio da degli psicologi e addirittura un caso che ci è arrivato è di uno psicologo all'interno di una scuola. Questo in effetti è un tema che spaventa un po' anche i genitori, perché comunque lei Pag. 15sa benissimo la situazione di stigma, oltre che di disagio, di una famiglia che magari si vede un bambino allontanato con queste accuse per poi uscire completamente assolta. Le chiedo la sua opinione e se effettivamente ci sono degli indici indiscutibili, se si può dire, su cui si basano queste segnalazioni per presunti abusi sessuali all'interno della famiglia nei confronti dei minori.

  ROBERTA BOMMASSAR, rappresentante del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi. Questo è un tema talmente delicato che secondo me avrebbe bisogno eventualmente di una specifica audizione, perché è scivolosissimo. È vero che ci sono i falsi positivi, ma in queste situazioni dobbiamo davvero mettere in correlazione il singolo falso positivo con una serie di altri indici: siamo all'interno di una situazione di serenità e tranquillità, siamo all'interno di un contesto conflittuale, ci possono essere delle manipolazioni, a volte non ci sono delle manipolazioni volontarie ma il bambino interpreta in qualche modo un suggerimento inconscio che così risolve la situazione.
  Mi sento sempre di dire che nei casi di accusa di abuso sessuale, citando un grande psicanalista che si chiama Bion, bisogna approcciarlo senza desiderio e senza memoria. Questo non significa senza la formazione che ci deve essere, ma ogni caso va affrontato in modo pulito senza i pregiudizi, perché i pregiudizi che noi abbiamo, come che non c'è nessun falso positivo oppure che i bambini possono mentire, possono veramente rendere difficile un'indagine senza desiderio e senza memoria inteso che la conosco lì e produco la conoscenza partendo da lì, facendo pulizia di pregiudizi, di cui siamo purtroppo pieni tutti quanti, anche se non ce ne rendiamo conto. È un tema delicatissimo. Possono esserci falsi positivi, ma è una sfida e tutte le dichiarazioni dei bambini sono delle sfide che vanno raccolte anche con serietà.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa, capiamo l'elemento umano in ogni libera professione. Del resto anche io sono una libera professionista, quindi capisco che in effetti non è sempre facile l'autonomia di giudizio, come diceva prima. A questo punto, se nessuno chiede più di intervenire, la ringraziamo per l'audizione e dichiaro chiusa la seduta, riservandoci di trasmetterle ulteriori quesiti che dovessero pervenire alla segreteria della Commissione.

  La seduta termina alle 15.15.