XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori

Resoconto stenografico



Seduta n. 31 di Mercoledì 13 aprile 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cavandoli Laura , Presidente ... 2 

Audizione del Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS), Gianmario Gazzi:
Cavandoli Laura , Presidente ... 2 
Gazzi Gianmario , presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS) ... 3 
Cavandoli Laura , Presidente ... 9 
Giannone Veronica (FI)  ... 9 
Cavandoli Laura , Presidente ... 10 
Bellucci Maria Teresa (FDI)  ... 10 
Cavandoli Laura , Presidente ... 11 
Ascari Stefania (M5S)  ... 11 
Cavandoli Laura , Presidente ... 11 
Noja Lisa (IV)  ... 11 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Saponara Maria  ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Gazzi Gianmario , presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS) ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 13.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS), Gianmario Gazzi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Gianmario Gazzi, Presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali (CNOAS). Il dottor Gazzi è Presidente del CNOAS dal 2016 e ha quindi vissuto da un punto di osservazione particolarmente qualificato l'evoluzione dei servizi sociali e del sistema di presa in carico dei minori fuori famiglia in una fase di transizione non priva di aspetti problematici, anche per le conseguenze dell'epidemia di Covid-19. Non è necessario che ricordi analiticamente la centralità della figura dell'assistente sociale nel sistema di tutela dei minori e i numerosi problemi aperti; da quello del finanziamento del sistema, alla esternalizzazione talora incontrollata, ai percorsi formativi degli assistenti sociali. Sono aspetti su cui potrà darci degli spunti il dottor Gazzi, che ci ha fatto pervenire una memoria scritta complessiva che acquisiamo senz'altro agli atti della Commissione.
  Vorrei invece, prima di lasciare la parola all'audito, focalizzare due questioni su cui la Commissione si è spesso soffermata, anche sulla base degli esposti ricevuti e delle attività di indagine delegate. La prima questione attiene alla posizione dell'assistente sociale (e in generale dei Servizi sociali) nei procedimenti minorili. Come è noto, ci si trova davanti a figure che giocano una pluralità di ruoli non sempre coerente. Intervengono a monte del procedimento, anche nella funzione di segnalatori, magari all'esito di progetti di sostegno che non sono stati efficaci. Intervengono nel procedimento e nell'attuazione del decreto, che spesso affida i minori al Servizio sociale comunale. Intervengono successivamente sia per mettere in atto specifici interventi e riferire al tribunale, ascoltano eventualmente i minori e i familiari. Un capitolo a parte è poi l'esercizio della funzione di giudice onorario per cui c'è una disciplina delle incompatibilità non è chiaro quanto efficace. Tra gli operatori del diritto c'è una certa concordia sul fatto che questa pluralità di funzioni crea opacità nel procedimento e può anche andare in contrasto con l'esercizio di primarie funzioni di istituto. Su questo, a parte le situazioni specifiche denunciate alla Commissione, ci sono molte riflessioni. Ricordo, ad esempio, che l'avvocato Ruo, che è stata udita dalla Commissione, ci ha detto che l'Associazione Cammino sta facendo uno studio in proposito insieme al CNOAS. E anche in un documento dell'Ordine degli Assistenti sociali dell'Emilia-Romagna del 2020 si sottolinea – cito – che «l'aumento esponenziale di richieste da parte dell'Autorità giudiziaria ha portato alcuni Servizi ad una “specializzazione” degli Assistenti sociali che si occupano quasi solo di situazioni con procedimenti dell'Autorità giudiziaria a scapito di tutta l'attività di prevenzione, di promozione e di sostegno alla famiglia e Pag. 3alla genitorialità». Per la Commissione sarebbe sicuramente importante avere una sua valutazione su questo tema, anche nella prospettiva aperta dalla riforma del processo civile, e sui rischi che il rapporto tra tribunali e servizi sociali si trasformi in un «mandato in bianco», con un sostanziale travisamento della funzione dell'assistente sociale e possibili criticità.
  Una seconda questione che pure è emersa nei lavori della Commissione è quella delle Relazioni dei Servizi sociali, che di norma sono stilate dagli assistenti sociali e talora vengono sostanzialmente trasposte nei provvedimenti dei tribunali. Dalla casistica che abbiamo esaminato e dalle audizioni emerge che tali relazioni sono estremamente varie e spesso poco tipizzate. Spesso, non è chiara la distinzione tra l'analisi del caso e le valutazioni, tema su cui è intervenuta anche la recente riforma del diritto civile. In altri casi, c'è un uso non tecnico di termini provenienti dalla letteratura scientifica o di termini che individuano specifiche figure di reato (ad es. maltrattamento), anche con esiti paradossali in ordine ai procedimenti (per cui si ha una differente valutazione in sede di tribunale dei minori e in sede penale o civile). Questo è stato sottolineato, ad esempio, dalla dottoressa Salvi, sostituto procuratore di Reggio Emilia, ma anche dalla Garante dell'Abruzzo, che si è fatta promotrice, con altri, di una proposta di legge per la creazione di un ispettorato della funzione sociale.
  Il timore è che proprio su queste basi si configuri un ruolo dell'assistente sociale a geometria variabile. Si tratta di un timore che non è assente neanche nella ricerca promossa dal CNOAS su «Ruolo e qualità del servizio sociale nelle attività di tutela delle bambine e dei bambini, dei ragazzi e delle ragazze». In questa ricerca si legge, tra l'altro, sulla base delle interviste realizzate che un altro aspetto importante del rapporto dell'AS con il l'autorità giudiziaria è l'equilibrio tra formale e informale. Lo sottolineano i magistrati mostrando ancora una visione contrapposta tra l'aspettativa di avere con l'assistente sociale un contatto solo formale e l'apprezzamento e valorizzazione di interventi di assistenti sociali che sono stati capaci di «andare oltre al mandato», superando i confini della relazione formale. I giudici sono però concordi nel ritenere che la conoscenza delle regole del contesto giudiziario sia carente, sia in merito alle procedure sia in merito alle diverse responsabilità e per questo pensano che le linee guida professionali possano esser molto utili. Su questi aspetti, il CNOAS sta facendo, anche con le sue sedi regionali, un lavoro importante.
  Lascio ora la parola al dottor Gazzi, riservandomi di porre eventuali quesiti al termine e chiedendo la disponibilità a rispondere anche a quesiti scritti.

  GIANMARIO GAZZI, presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS). Grazie, Presidente. Ringrazio anche tutti i commissari. Chiaramente, con tutti i vincoli di tempo che ha ricordato, io cercherò di ripercorrere velocemente alcune questioni, e ribadire i contenuti della relazione che abbiamo già inviato. In premessa però credo che sia fondamentale sottolineare l'occasione importante di questa audizione e del lavoro di questa Commissione per trattare dei temi già affrontati in alte Commissioni come quella per l'infanzia e l'adolescenza. Sono presidente dal 2016, e audizioni ce ne sono state molte, e oggi siamo qui per ribadire di nuovo alcune questioni che per quanto poi vengano ascritte – volendo banalizzare un po' la comunicazione – agli assistenti sociali, in realtà sono problemi di sistema che non abbiamo mai nascosto, e anzi abbiamo chiesto in molte occasioni proprio al legislatore e al Governo – ognuno per la sua competenza – di intervenire. Devo dire che a distanza di quasi sei anni poco o nulla si è mosso. Lo dico perché lei ha ricordato anche questo periodo difficile pre-Covid. Nel 2018 e 2019 abbiamo vissuto mesi molto difficili, famiglie, operatori e assistenti sociali. Una vicenda come quella di Bibbiano – che io non ho nessun problema a citare – vede il Consiglio nazionale dell'ordine come parte civile, per cui se qualcuno ha sbagliato è giusto che risponda. Dopodiché è stato utilizzato quell'episodio, quella situazione, per mettere sotto osservazione una categoria, ma vorrei ricordare, Pag. 4appunto, che questa Commissione si chiama Sistema affidi, dell'affidamento e delle comunità. Perché dico un sistema? Perché sembra quasi che ci sia una volontà di non affrontare il problema del sistema, cercando di volta in volta qualcuno su cui dare la responsabilità delle vicende che accadono. In questo senso, io vorrei ricordare che a seguito di quella vicenda, l'abbiamo già denunciato più volte, sono aumentate le aggressioni nei confronti dei professionisti. Vorrei ricordare che in quella vicenda non si deve parlare solo di assistenti sociali, perché obiettivamente ci sono stati sia assistenti sociali che psicologi, c'è un sistema giustizia, ci sono strutture. E quindi associare sempre una questione a una sola categoria quando il problema è molto più ampio credo si debba fare tutti un ragionamento. Devo dire anche che abbiamo assistito a un curioso fenomeno, per cui in quel periodo erano tutti esperti di allontanamento, affidamento e giustizia minorile. In realtà da allora ad oggi poco o nulla è cambiato. Nonostante ci sia, e non parlo di questa Commissione, ma vorrei ricordare le audizioni di cui si parlava prima, Commissione bicamerale, Commissione giustizia, una squadra speciale presso il Ministero della giustizia, che ha già individuato alcuni nodi su cui il legislatore e il Governo potevano e dovrebbero, a nostro avviso, intervenire, ancora oggi siamo praticamente alla situazione precedente. È vero che è stata fatta una riforma, ma aspettiamo di leggere i decreti attuativi, perché non basta enunciare dei principi, bisogna poi renderli concreti. Allora detto questo, per non rubare troppo tempo e lasciare spazio anche alle domande, chiedo se quanto letto dalla Presidente in apertura – noi non lo avevamo – sia possibile averne copia, così magari integriamo il documento che abbiamo inviato con altre questioni che sono qui poste. Su alcune questioni seguo velocemente il documento. In primis, io ricordo i dati che ha già portato il Ministero del lavoro Orlando in audizione, così come altri, che parliamo di un fenomeno che in Italia riguarda, quello dell'allontanamento, il collocamento, l'affidamento, circa 2,7 minorenni su 1000. La media di altri Paesi vorrei citarla: l'Inghilterra 6 per mille, la Francia tra il 10 per mille e il 10,6 per mille, negli Stati Uniti parliamo sempre di una media intorno al 10 per mille, dell'8,7 per mille in Australia. Queste sono le ricerche internazionali, i dati del Ministero politiche sociali e del lavoro. Questo significa che in Italia ad oggi si interviene meno, ribadendo quella residualità dell'intervento di allontanamento del minore dalla propria famiglia, che in altri Paesi. Giusto per ricollocare, parliamo di questo fenomeno. È tanto? È poco? Dobbiamo discuterne. Bisogna capire se allontaniamo troppo rispetto alle situazioni che realisticamente incrociamo nei servizi, o troppo poco perché non siamo in grado di raggiungere le famiglie che effettivamente potrebbero necessitare di un intervento, soprattutto a protezione di quei minorenni che probabilmente sfuggono per le carenze, che dirò dopo. Aggiungo altri elementi importanti. Come ho detto, l'allontanamento e l'intervento dell'affido familiare è un intervento residuale. L'obiettivo che impone la legge – e lo impongono le convenzioni europee e la stessa Convenzione dei diritti del fanciullo – è che l'allontanamento debba essere l'ultima ratio e l'ultimo intervento, se non chiaramente nelle situazioni di rischio imminente per la salute del minorenne. Questo intervento non viene fatto dall'assistente sociale, per essere chiari. Cioè questo disegnare l'assistente sociale come quello che va a casa e allontana. Ci sono delle norme, vengono rispettate quelle norme, c'è una magistratura che deve asseverare, decidere, mentre ogni tanto viene ribadita questa storia – scusate se la banalizzo così – che è l'assistente sociale che decide. L'assistente sociale valuta, invia le proprie valutazioni, non indagini. Il problema eventualmente – e qui passo velocemente alla questione delle criticità – è quello della presenza o meno di valutazioni multidimensionali. Esistono o non esistono le équipe multidisciplinari che in teoria garantirebbero al minorenne il diritto a una valutazione multidimensionale idonea, che possa permettere al magistrato di fare le sue valutazioni e prendere le sue decisioni? Purtroppo devo dire che questo sistema Pag. 5oggi non è garantito in tutto il Paese. Anzi alle volte non è garantito nell'intero Paese. Non devo ricordare io a tutti voi che negli anni, sicuramente fino al 2020, la scure dei tagli dell'austerity ha ridotto la presenza non solo degli assistenti sociali, ma di tutte le figure, compresi gli psicologi, gli educatori nei servizi. L'esternalizzazione in molti casi era l'unico modo per garantire – da parte dell'ente locale, delle aziende sanitarie e delle regioni – la continuità degli interventi, perché l'esternalizzazione sostanzialmente andava a ricercare una riduzione di costi, che in molti casi creava precarietà, non solo degli operatori, ma di tutti gli interventi. L'ordine non è un sindacato, io non parlo della precarietà dei miei colleghi, quello lo faranno eventualmente i sindacati. Io mi pongo dal punto di vista delle famiglie dei minorenni.
  Se io cambio l'assistente sociale ogni tre mesi che intervento si può fare? Un intervento deve essere preventivo, promozionale, continuativo, si basa sulla fiducia, sulla conoscenza delle storie. Se io ogni tre mesi interrompo quel tipo di intervento professionale, non so quali garanzie si possa dare a una famiglia, a un minorenne, ma la stessa struttura. Invito la Commissione se non l'ha già fatto ad audire, ad esempio, l'Associazione Agevolando, che è l'Associazione italiana che raccoglie e unisce i minorenni fuori famiglia, i famosi care leavers. Loro hanno delle storie importanti e potranno spiegare meglio di me quanto sia fondamentale la continuità delle figure professionali di riferimento. Se io le cambio ogni sei mesi, o anche ogni anno, questi sono interventi veramente lunghi che seguono la crescita del minorenne e il sostegno alle loro famiglie. Se noi non abbiamo la possibilità di dare continuità a questi tipi di interventi, non abbiamo sufficienti figure professionali per integrare l'équipe, questi interventi rischiano di diventare una prosecuzione di erogazione di prestazioni. Quindi, da un lato c'è l'esigenza di dare continuità e investire sui servizi, dall'altro c'è la necessità, anche qui in capo a Parlamento e Governo, di definire dei livelli essenziali organizzativi. Il Titolo Quinto alloca la responsabilità dell'organizzazione dei servizi, delle politiche sociali in particolare, alle regioni e in parte ai comuni. In questa frammentazione, anche quando si parla della vigilanza sulle strutture, io vorrei ricordare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 308, che dice che le regole sull'autorizzazione e la definizione delle strutture per minorenni è in capo alle regioni. Non c'è una potestà in realtà unica, c'è un quadro generale, dal Ministero del lavoro, ma poi sono le regioni a definire le modalità, i requisiti e le tipologie, sia delle strutture di residenziale educative, sia di quelle di tipo familiare. Aggiungo alcune delle questioni che noi rispetto a queste criticità abbiamo evidenziato, è l'ultima parte del documento inviato. Volutamente l'abbiamo chiamato «Le scelte politiche e gli interventi non realizzati», perché qui, lo dico chiaramente, è difficile comprendere il motivo per cui dal Parlamento e dal Governo alcuni temi – nonostante siano a costo zero e largamente condivisi da tutti i gruppi parlamentari – non siano stati ancora realizzati. In primis: risorse ai livelli essenziali delle prestazioni sociali. Solo nel 2020 e nel 2021, con le leggi di bilancio, abbiamo iniziato a vedere la definizione, che comunque non significa la realizzazione concreta, dei livelli essenziali della legge n. 328 del 2000. Quindi con vent'anni di ritardo iniziamo a dire che ci deve essere, ad esempio, una assistente sociale ogni 5 mila abitanti, e che l'obiettivo di servizio dovrebbe essere 1 a 4 mila. Poi posso rispondere anche a quello di cui si parlava, della specializzazione di alcune équipe. In realtà quel documento dell'Emilia-Romagna, se ne estrapoliamo solo un pezzo, ragionava sul fatto che il carico derivante dalle segnalazioni da parte dell'autorità giudiziaria ai comuni, in merito alle situazioni di rischio o di valutazione da parte delle assistenti sociali, rischiava di limitare l'azione dell'assistente sociale di quel territorio a seguire solo quelle situazioni. Questo come scriviamo nel documento è l'errore principale che viene fatto e ripetuto in questo Paese.
  Si dimentica in questo Paese (ricordiamoci che la nostra cugina più vicina è il sistema sanitario) tutto ciò che è preventivo Pag. 6e promozionale, quindi l'integrazione di servizi e di filiere e di servizi che vadano a supporto delle situazioni, al mantenimento il più possibile del minorenne, e anche l'aiuto ai genitori, sono stati via, via falcidiati da austerity. È chiaro che l'esplosione poi di problemi successivi ha creato questo esorbitante numero di segnalazioni da parte della Magistratura. Questo è il primo livello essenziale parliamo del 2020. Nel 2021, per la prima volta, legandolo al PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), legandolo anche a una richiesta che facevamo da anni, è stata avviata, in via sperimentale, l'introduzione della supervisione professionali per gli operatori sociali, e in particolare gli assistenti sociali. Lo chiedevamo da anni e che solo oggi grazie a una lungimirante visione del Ministero politiche sociali negli ultimi anni si è riusciti a inserire come priorità all'interno del PNRR. Supervisione professionale che, vorrei chiarirlo, non è una vigilanza sull'operato degli assistenti sociali, ma è un percorso non solo formativo, in cui si ripercorrono tutte le situazioni incarico per valutarne l'efficacia da un punto di vista professionale dell'intervento, delle azioni che vengono svolte. Aggiungo che abbiamo riposto grande speranza, e stiamo collaborando per l'attuazione e la realizzazione della child guarantee o garanzie infanzia. Un'azione questa, che coerentemente con quello che è scritto nel Piano nazionale infanzia, vede tra le priorità proprio la creazione di équipe multiprofessionali territoriali che si occupano di infanzia, perché, ribadisco, noi continuiamo a sentir parlare di queste équipe. Una cosa che potrebbe fare, volendo, il Parlamento in accordo ovviamente col Governo, ma in pochissimo tempo, ad esempio, è definire cos'è e da chi è composta questa équipe. Perché obiettivamente ad oggi ogni regione, ogni distretto, in base alle risorse che ha procede. Un altro punto fondamentale che sembra residuale come se fosse una cosa di competenza di qualcun altro, è che, sempre rispetto a dei livelli essenziali anche di natura organizzativa, ad oggi non esiste una norma, se non un richiamo finalmente nell'ultima legge di bilancio, al comma 161 della legge 234 del 2021, che dica cosa sono questi ambiti territoriali e sociali. Bisogna definirli, perché nelle amministrazioni locali, ci sono territori dove l'ambito territoriale sociale vede un comune capofila con altri comuni che hanno dato delega, e altri comuni che vedono la delega sulla tutela minorenni all'azienda sanitaria. Ci sono territori dove il servizio sociale territoriale non esiste ancora, perché viene completamente disatteso quello che è il compito da parte dell'ente locale, che magari è commissariato, che magari è in dissesto, e viene delegato tutto all'azienda sanitaria locale, che magari non ha nemmeno quelle professionalità al suo interno. Quindi il fatto di definire cos'è l'ambito territoriale e sociale non è secondario, perché se noi non definiamo quali sono i livelli organizzativi, chi è responsabile del servizio sociale di un territorio? Se volete vi potrei fare fuori onda degli esempi dove, il responsabile del servizio sociale o il dirigente del servizio sociale è il comandante dei vigili urbani. O ancora l'ingegnere dell'ufficio tecnico.
  Questo è chiaramente il risultato di un mancato investimento negli anni su un modello di supporto e di prevenzione, anziché considerare il tema dell'infanzia e adolescenza come un problema da risolvere solo ed esclusivamente quando succede qualcosa. E questo è l'errore più grande del welfare italiano e lo possiamo vedere su tutte le categorie: dall'anziano, alla salute mentale, alla disabilità, ai minorenni. È proprio un modello che deve cambiare: il paradigma deve essere quello di investire sulle strutture, non per dire facciamo l'ambito territoriale sociale, investiamo sulla integrazione sociosanitaria, ma perché senza i mezzi noi non tuteleremo mai nessuno. In Italia la spesa di welfare – lo certificano le ricerche europee e anche l'Osservatorio sui servizi sociali presso il CNEL (Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro) – è nella media europea, se uno guarda l'insieme. Se andiamo a vedere la spesa per i servizi è un terzo della media europea: perché? Perché in Italia si privilegia il bonus, il trasferimento, come se la questione del welfare, della tutela, riguardasse il privato delle famiglie e non la comunità. Pag. 7Il problema dell'infanzia è un problema della comunità dove quel bambino, quel ragazzo, vive, non è solo della sua famiglia, non è solo dei genitori. Manca l'integrazione sociosanitaria, è legato a quello che dicevo prima. Voi sapete che legato al PNRR, c'è, quello che in gergo viene DM 71, la riforma dell'assistenza territoriale sanitaria. Andate a leggere cos'è previsto dentro il consultorio. Nella sostanza, il sottotitolo – scusate se banalizzo e non me ne vorrà il Ministero della salute che ci ha lavorato tantissimo per trovare la sintesi con le regioni – potrebbe essere: «Fate un po' come vi pare». Allora il consultorio familiare, che era una perla del sistema socio sanitario italiano, si è ridotto via via a essere un ambulatorio per fare sostanzialmente delle visite, ma in realtà quello dovrebbe essere il fulcro anche del supporto alla genitorialità, c'è scritto nella legge. Oramai vediamo consultori dove non c'è più nella componente sociale e tantomeno quella psicologica. Non parliamo di quella educativa. Per la specializzazione, intendiamoci cosa vogliamo dagli operatori. Come professionisti, come Ordine, io credo che ben prima del 2016, secondo me dal 2011 sicuramente, alcuni parlamentari qui presenti sanno di cosa parliamo, noi chiediamo una revisione completa della formazione e dell'ordine degli assistenti sociali. L'ultima richiesta l'avevamo fatta in occasione della riforma delle lauree abilitanti. Una, permettetemi di dire, delle pagine più brutte del Parlamento italiano. Una richiesta firmata da tutti i gruppi parlamentari, e siccome non c'era tempo perché il PNRR incombeva, caduti tutti gli emendamenti e via. Allora io credo che è inutile continuare a lanciare la croce addosso ai professionisti, e non parlo solo degli assistenti sociali. Quando dico bisogna cambiare modello noi intendiamo anche, ad esempio, dando la possibilità all'Ordine degli assistenti sociali di avere degli albi speciali dei professionisti, che di quel tema si occupano. L'assistente sociale – io l'ho omesso ma c'è in premessa e molti di voi lo sanno – non è che lavora solo sulla tutela minorenni, lavora nel penale, lavora con la disabilità, lavora con gli anziani. Sono tutti temi che richiedono delle competenze e delle specializzazioni anche normative, anche di prassi, di aggiornamento.
  Noi questa richiesta l'abbiamo fatta non so quante volte. Io sono molto preoccupato, lo devo dire fin da subito, della possibile riforma che sostanzialmente va ad abolire il titolo legale della laurea, perché già oggi ci viene imputato di non far passare un numero sufficiente di laureati all'esame di Stato, ma io vorrei segnalare che in alcuni corsi di laurea, negli anni passati, sono stati tolti per esigenze organizzative dell'ateneo, anche corsi come diritto di famiglia. Abbiamo visto assistenti laureati in servizio sociale, perché un conto è un laureato in servizio sociale, un altro conto è l'assistente sociale che deve essere iscritto all'Ordine e abilitato, sono due figure ben differenti. Noi abbiamo visto sostituire all'interno della laurea in servizio sociale corsi di princìpi e fondamenti, di etica o di tutela dei diritti, con corsi di urbanistica. Perché? Perché ogni ateneo nella sua autonomia può scegliere.
  Ve ne aggiungo un'altra: abbiamo chiesto anche di correggere un buco normativo che si è formato a suo tempo con la riforma delle lauree specialistiche e magistrali, poiché sulla norma – il DPR 328 del 2001 – c'è scritto che chi è iscritto alla sezione A (e quindi ha il titolo di laurea magistrale) può fare anche le attività riservate a quello della sezione B. Peccato che ci siano solo pochi atenei, e molti, invece, sono stati un po' più imprenditoriali. Praticamente uno può venire da economia, fare la magistrale in servizio sociale senza fare un'ora di tirocinio, un'ora di Metodi e tecniche, un'ora di Principi e fondamenti, passare tutti gli esami e presentarsi all'esame di Stato. C'è un documento del CUN (Consiglio universitario nazionale) che invita il Ministero dell'università e della ricerca a intervenire e sanare questa cosa. Ci sono state Università che hanno chiuso la laurea triennale, che è quella che prevede il tirocinio, e hanno lasciato solo una magistrale, perché gli dicevano: «Fatti tre anni di un corso affine, poi ti fai la magistrale e vai a fare l'esame di Stato». Ci sono atenei che guarda caso hanno il 100 per cento di Pag. 8abilitazione. Quindi, stiamo attenti a dare la responsabilità a una professione e guardiamo il sistema, che, come avete visto anche in molte altre audizioni, ha un problema anche di natura giuridica. Io non voglio diventare un operatore del diritto, non è la mia professione. Gli operatori del diritto hanno tutte le ragioni di osservare e analizzare le procedure, i regolamenti, le norme. Gli assistenti sociali lavorano per sostenere, tutelare, accompagnare minorenni e le loro famiglie. Ho sentito in questi anni, post Bibbiano, dire: «Prendiamo gli assistenti sociali, diamoli al ministero della Giustizia». Non è quello il nostro lavoro, sennò facevo il poliziotto. Il nostro lavoro è accompagnare e avere gli strumenti per accompagnare. Dicevo che il problema è del sistema: se io non ho gli strumenti per accompagnare, ho solo da dare dei soldi, perché il sistema è improntato sui bonus, e sul trasferimento monetario. Se io non ho i centri diurni dove appoggiare dopo la scuola i minorenni, non ho l'educativa domiciliare, non abbiamo l'integrazione, non ci sono i servizi di salute mentale, magari anche semplicemente psicologici per sostenere le famiglie, allora che interventi preventivi possiamo fare? Il tema «centro periferie» si lega anche al welfare. Quando si dice «Ci sono più Italie», io vengo da un territorio montano, come dicevo prima alla Presidente. Garantire gli stessi diritti a chi vive in centro città o in fondo valle, per chi viene dei territori alpini, e nelle valli laterali, c'è una bella differenza. È chiaro che nelle valli laterali costa molto di più. Ma quello è un diritto o una gentile concessione? Perché io vorrei capire questo, se sono diritti vanno garantiti, se sono gentili concessioni torniamo a modelli che sono neanche del Novecento, del Settecento e dell'Ottocento. Rispetto agli operatori del diritto io mi permetto di dire solo una cosa, non entro, come alle volte ho visto fare da altri, sul campo professionale altrui, perché sennò mi laureavo in legge e facevo l'esame per fare l'avvocato o il magistrato. Io mi permetto solo di ricordare al Parlamento e al Governo, in particolare qui al Parlamento, che chiediamo da tempo di intervenire sulla definizione dell'Istituto dell'affidamento al servizio sociale. Ricordo a tutti che l'affidamento al servizio sociale viene introdotto dall'articolo 25 del Regio decreto numero 1404 del 1934. Da allora non è stato più toccato. In realtà noi assistiamo a un'interpretazione – Tribunale che vai interpretazione che trovi – di questo affidamento. Noi collaboriamo con la Presidente Ruo, ma collaboriamo anche con l'Associazione dei magistrati, collaboriamo con le altre realtà dell'avvocatura, stiamo cercando di definire anche un protocollo, proprio in vista delle riforme, col Consiglio nazionale forense per fare una formazione congiunta, e una valutazione congiunta di quelli che saranno gli atti normativi. La stessa presidente Ruo vi avrà detto che questo istituto viene interpretato in modi assolutamente differenziati. Approfitto, visto che ho accennato all'affidamento, per fare un breve inciso sul famoso articolo 403, che noi apprezziamo nella nuova formulazione che dà dei tempi certi. Vorrei chiarire una cosa: non c'è un assistente sociale un operatore un'équipe, che eseguito un 403, che è un allontanamento d'urgenza per rischio immediato, vada a casa senza aver inviato una relazione. Quindi ventiquattro ore per noi è la norma. Nella riforma del 403, così impostata – che dà dei tempi stringenti a Procura e Tribunale per rispondere – non si dica che il problema sono i servizi. Questo ci tengo a sottolinearlo, i miei colleghi sono in sotto numero, nelle condizioni che ho detto prima, nell'incertezza organizzativa e senza risorse, di fronte a una situazione che recide, anche se solo temporaneamente, la possibilità del minorenne di stare con la propria famiglia, non va a casa finché non ha inviato almeno una prima relazione al Tribunale. Chiunque dica che il problema del 403 è un problema dei servizi sociali o degli assistenti sociali non sta dicendo quello che realmente accade. Infine, sono d'accordo con quanto espresso dalla Presidente, e in più report nelle audizioni precedenti: è necessario un sistema informativo unico nazionale sul tema. Ciò significa però che bisogna decidere di chi sono le competenze, perché a me stupisce ogni tanto il dibattito come se il Titolo quinto lo conoscessero Pag. 9solo gli addetti ai lavori. È la stessa cosa che è successa col fascicolo sanitario che abbiamo scoperto durante la pandemia, ma com'è che da una regione e un'altra c'è un sistema? In alcuni uffici, potrei citare quelli dove vivo io, in Trentino, ma anche in altre regioni, di sicuro i livelli essenziali sono garantiti, anche in più rispetto a quello che sarebbe la norma nazionale. Devo inserire i dati su tre sistemi diversi: mi chiedono della stessa situazione sostanzialmente tre informazioni simili, ma non uguali, perché non c'è l'interoperabilità tra i sistemi. Noi sprechiamo energie, risorse e competenze professionali per raccogliere un dato che banalmente si potrebbe raccogliere con un sistema unico uguale per tutti, che mi fa quelle domande lì, e non me ne fa 6 sulla stessa cosa, che poi diventano anche un'occasione per fare confusione. Il tema si presta. Io per tanto tempo ho dovuto ribadire anche nelle interviste, negli incontri, nelle audizioni. Pensate solo che molte volte viene utilizzato il termine affido come sinonimo di allontanamento: sono due cose completamente diverse. Chiudo rimanendo a disposizione adesso per le domande, prendendoci anche l'impegno come Consiglio nazionale di partire da questo documento, ed eventualmente integrare. Io credo che se si vuole si può intervenire. Molte delle cose che ho detto sono a costo zero, quindi se il Parlamento ritiene di poter e di dover intervenire lo può fare tranquillamente. Si possono fare altre scelte di priorità sugli investimenti, magari un po' meno bonus è un po' più servizi. Si può approfittare della prossima child guarantee per definire dei livelli essenziali di prestazioni e organizzazione a favore dei minorenni. Questa responsabilità non è dei singoli operatori, che già se ne prendono abbastanza nei territori e tutti i giorni, questa responsabilità è in mano ai decisori, che sono in Parlamento, sono al Governo, sono un nelle regioni. Io credo che, invece che dire: «Parlateci di questo, parlateci di quest'altro caso», sia responsabilità di tutti noi, come istituzioni, dare delle risposte ai diritti dei bambini e delle loro famiglie. Se non lo facciamo avremmo perso l'ennesima occasione. Questa legislatura credo abbia ancora qualche mese, potrebbe essere una legislatura che finalmente definisce un quadro di diritti essenziali, che andranno garantiti dappertutto. Lo può fare perché le risorse ci sono, e aggiungo anche, lo dovrebbe fare per rispetto di tutti i bambini che magari sono stati oggetto di polemiche e strumentalizzazioni eccetera. Lo può fare per rispetto anche dei bambini del futuro, perché molte delle riforme fatte a debito col PNRR, senza un sistema preordinato chiaro di livelli essenziali, di chi deve fare cosa, e di quali sono le responsabilità, di fatto sta scaricando un debito inutile sulle nuove generazioni. Mi fermo qui. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Presidente Gazzi, che ci ha fatto un quadro molto critico, ma assolutamente veritiero in relazione a quella che è l'attività degli assistenti sociali. Poiché indicativamente si vota alla Camera fra un quarto d'ora, c'è la possibilità di inviare domande scritte e l'audito ci ha dato la disponibilità di tornare, se vogliamo avere un ulteriore confronto. In questo quarto d'ora io raccoglierei le domande e vi prego di essere schematici. Lascio la parola ai Commissari che vogliono intervenire. Prego, onorevole Giannone.

  VERONICA GIANNONE. Grazie Presidente, cercherò di essere veloce magari inviando poi le altre domande per iscritto. In gran parte delle cose che ha detto sono d'accordo con lei, dottor Gazzi, perché, è vero, bisognerebbe investire di più, perché comunque i nostri figli sono il futuro, quindi crescere nel modo corretto e in serenità significa anche creare una nuova società più serena, probabilmente anche meno violenta di quella che abbiamo oggi, più stabile, con grandi possibilità per il futuro. Però ci tengo a riprendere alcune cose, perché io capisco lei debba anche difendere la categoria. Non tutti siete uguali, così come in qualsiasi altro ambito lavorativo non tutti si è uguali: c'è che si comporta in modo corretto, c'è chi non lo fa. Le prendo l'esempio lampante: oggi lei diceva che comunque si tende sempre anche a cercare di mantenere rapporti con i genitori, quando Pag. 10i bambini vengono allontanati, comunque l'assistente sociale cerca di fare il benessere e la tutela dei minorenni stessi. Purtroppo questo non accade sempre. Io potrei portarle veramente tantissime prove sia in audio, sia in video, sia per iscritto, dove spesso vengono richiesti, per esempio adesso per Pasqua, la possibilità di vedere il proprio figlio, o la propria figlia, all'interno di una struttura residenziale dove è stato inserito attraverso quello che è un decreto giudiziario, e dove il servizio sociale ha l'autorità di scegliere, di decidere, sulla base delle sue valutazioni e delle sue interpretazioni, quando e se far vedere, o sentire, il genitore, o entrambi i genitori al bambino. Purtroppo non accade sempre questo. Le assicuro che sono tantissimi i casi in cui i servizi sociali, e dico proprio servizio sociale perché autorità loro, decretata a loro, non permettono di vedere, né sentire o entrambi i genitori, o uno dei due, anche per mesi. Se vuole io, in un altro contesto, le porterò tutte le prove di quello che sto dicendo. Ed oggi proprio, un messaggio che mi è arrivato, dove è stata fatta l'istanza per vedere il proprio figlio in comunità da novembre, mai visto, sentito una volta ogni quindici giorni soltanto attraverso una videochiamata, di poter andare a fare lui gli auguri di Pasqua: è stato negato. Quando lei parla di valutazioni, come diceva anche prima, io sono d'accordo con lei, ci deve essere un albo di specializzazione, in base ai campi dei quali ci si occupa. Probabilmente ci sono alcuni degli assistenti sociali che non sono ben informati, e non hanno una specializzazione adeguata, perché allontanare un bambino, a meno che non c'è una motivazione reale, è un trauma, lo è per tutti, forse anche quando ci sono delle situazioni gravi, però comunque lo è. In quel caso si mette in tutela, si cerca di proteggere. In tantissimi altri casi non è così, bisognerebbe investire di più e fare in modo che si possono trovare questi aiuti all'interno dell'ambito familiare. Ma in questi casi, come quello che ho descritto prima, dove il bambino o la bambina non possono né vedere, né sentire i propri genitori per mesi, questo, secondo lei, è un atteggiamento che può essere tutelativo nei riguardi dei bambini e della loro crescita? O farli crescere sereni e diventare dei brevi adulti? Perché secondo me non lo è, e le assicuro che sono tantissimi casi. Chiedo un'ultima cosa, poi eventualmente scriverò le altre. Voi avete delle linee guida, dove a pagina 9 si parla dell'allontanamento, dalle 7 fino alle 9. La cosa più importante è quella legata al fatto di informare i fratelli, zii, nonni, di mantenere e coltivare, privilegiare modalità spontanee di allontanamento, aiutando la collaborazione con i genitori, attraverso psicologi quant'altro. Che il provvedimento di allontanamento comunque stabilisca quali sono le modalità, si richiede di evitare la forza pubblica, che è quella che invece adesso viene utilizzata costantemente. Molte volte vengono anche in divisa, addirittura rompono le porte, con non so quali strumenti dei vigili del fuoco. Infine, durante il periodo di allontanamento, proprio nell'interesse del minore, va conservata la relazione figlio-genitore. Questo non accade quasi mai, e molte volte i bambini vengono portati via, con estrema cattiveria, quasi fosse una punizione. Abbiamo dei video che possono dimostrarlo, quindi anche su questo io le chiedo secondo lei, non dovrebbe essere che magari un'assistente sociale in quel momento, aiutato dall'équipe, della quale parlava prima, fermi in quel momento quell'allontanamento, perché troppo traumatico e non d'aiuto per l'inserimento del bambino stesso? Grazie.

  PRESIDENTE. Raccogliamo le domande. L'onorevole Bellucci da remoto, prego.

  MARIA TERESA BELLUCCI. Grazie Presidente, in realtà proporrò alle domande per iscritto quindi utilizzo questo tempo che mi date a disposizione soltanto per ringraziare il Presidente Gazzi per l'audizione, per ringraziarlo quello che fanno gli assistenti sociali oggi in Italia, al netto delle difficoltà e delle sacche anche di illegittimità in cui alcuni operano. Io credo che però la figura dell'assistente sociale in questo momento, in questa epoca storica, sia stata utilizzata come capro espiatorio, spesso come causa di tutti i mali. Questi miei Pag. 11ringraziamenti vanno anche per andare a sottolineare come ci siano tantissimi assistenti sociali, che con fatica, dedizione, totale mancanza di risorse umane, e anche di una regolamentazione attuale, come ci ha rappresentato il Presidente, fanno di tutto per dare delle risposte. Credo che in questa epoca dovremmo fare anche particolare attenzione a far sì che una classe professionale non paghi poi le deviazioni e le mancanze di un intero sistema, che è assolutamente fallace in termini di tutela dei minori in Italia. Mi riservo di presentare successivamente delle domande per iscritto. Grazie ancora al Presidente Gazzi.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Bellucci. Onorevole Ascari, la prego di essere sintetica, prego.

  STEFANIA ASCARI. Grazie Presidente, ringrazio il Presidente del suo importante contributo. Alcune domande gliele farò pervenire per iscritto, altre vorrei che rimanessero a verbale. Nella maggior parte delle relazioni di segnalazione dell'assistenza sociale all'Autorità giudiziaria che abbiamo esaminato, non emerge che l'iniziativa sia stata preceduta dalla proposta e dall'effettiva sperimentazione di interventi assistenziali consensuali, come invece imposto dall'articolo 31 della Costituzione, dalla giurisprudenza italiana e anche europea. Quali iniziative si possono assumere a tal proposito? Riceviamo inoltre continue segnalazioni di casi in cui si crea, per ragioni varie, un rapporto conflittuale tra famiglie assistita l'assistente sociale, senza che questi si astenga però dal prosieguo dell'incarico. Per quale ragione non viene applicato il principio generale che impone l'astensione al funzionario pubblico che si trova in conflitto con il privato destinatario della sua attività? In molte relazioni vengono espressi giudizi sulla personalità degli assistiti, addirittura diagnosi psichiatriche, ma non sono descritti specificamente i fatti a cui si riferiscono e le fonti delle valutazioni diagnostiche, qual è sul punto la vostra posizione? Vado alle ultime tre domande le altre le farò pervenire per iscritto. Abbiamo esaminato molte relazioni in cui si segnala al Giudice l'esigenza di sospendere i rapporti tra genitori e figli solo perché i genitori hanno manifestato dissenso rispetto alle modalità operative degli assistenti sociali o di altri operatori, come si intende porre termine a richieste così anomale? Nelle relazioni esaminate sono pressoché inesistenti le segnalazioni relative alle esigenze che il minorenne ripristini la relazione con i familiari precedentemente interrotta: quali notizie si hanno in merito? In alcuni casi l'allontanamento dei figli minorenni è stato operato con modalità anomale, anche mediante prelievo dalla scuola, o addirittura ricorrendo a TSO (Trattamento sanitario obbligatorio) del figlio o del genitore. Come sono stati sanzionati gli assistenti sociali che hanno partecipato a tali attività? Si ha notizia di operatori dell'assistenza sociale rimasti in servizio anche durante lo svolgimento della funzione di Giudice onorario minorile? Queste sono domande che verbalizzo qua in seduta, le altre gliele farò pervenire. Io la ringrazio perché lei ha puntato molto l'attenzione, come fa sempre, e la ringrazio veramente in ogni occasione per l'aspetto della formazione. La formazione è il punto centrale: noi l'avevamo inserita nella proposta di legge di riforma del sistema affidi, e continueremo a batterci perché questo aspetto venga portato a casa dal Parlamento. Grazie.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Noja.

  LISA NOJA. Ringrazio anche io il dottor Gazzi, perché ci ha dato una visione di sistema che credo sia importante per i lavori della nostra Commissione, e perché ha anche rimarcato alcuni aspetti che richiamano le nostre coscienze. Su Bibbiano l'informazione ha puntato il dito contro alcuni, creando anche, poi, come ci sottolineava il Presidente, all'intera categoria grossi problemi. La ringrazio perché ha sensibilizzato tutti noi ad avere molta attenzione quando trattiamo questi temi anche nella comunicazione esterna. Manderò le mie domande per iscritto, perché vedo che il tempo ormai è molto poco. Grazie per il prezioso contributo.

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  PRESIDENTE. Prego, senatrice Saponara.

  MARIA SAPONARA. Grazie Presidente, ringrazio il dottor Gazzi. Molto velocemente le chiedo di chiarire meglio la questione delle lauree abilitanti, glielo chiedo perché io sono in Commissione Istruzione, per cui ci tengo ad avere più chiaro questo elemento, ricordandole che tante cose ci vengono chieste dall'Europa, quindi io adesso non voglio aprire un dibattito sull'Europa e su quello che ci chiede perché andremmo fuori tema, però certe parti politiche lo dicevano, avvisavano. Nelle audizioni abbiamo potuto vedere che il copione dell'allontanamento e del successivo affidamento, più o meno, è sempre lo stesso, con la conseguenza che ci sono bambini che da anni, anche dieci, quindici anni, praticamente vivono in queste case famiglia, o piuttosto in affidamento presso famiglie, e non possono essere visti dai genitori, che continuano in qualche modo a farsi la lotta e spesso riscontrano nei bambini, soprattutto in quelli che hanno già delle difficoltà dalla nascita, dei peggioramenti anziché dei miglioramenti. Non ritiene che il compito degli assistenti sociali, visto che sono stati loro, proprio i genitori di questi bambini, i primi a puntare il dito sugli assistenti sociali, lei non ritiene che il ruolo degli assistenti sociali debba essere più conciliante? Perché noi abbiamo riscontrato un ruolo più divisivo, che conciliante proprio tra i due genitori, e però ripeto a rimetterci sono i bambini. Quindi rivedere un po' il ruolo dell'assistente sociale, che sembra proprio un gendarme che va fa la relazione, e una delle due parti chiaramente ha sempre la peggio rispetto all'altro e il bambino o la bambina ci vanno di mezzo. Grazie.

  PRESIDENTE. Devo chiudere la seduta per la concomitanza delle operazioni di voto alla Camera. Accolgo la disponibilità del Presidente Gazzi a rispondere per iscritto alle domande, o a organizzare un ulteriore confronto – che forse mi sembra più gradito anche dai Commissari – nel mese di maggio, senza dimenticare la relazione che ci ha dato e le domande che abbiamo posto.

  GIANMARIO GAZZI, presidente del Consiglio dell'Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS). Sicuramente vorrei rispondere a molte delle questioni poste anche per chiarezza. Se è possibile, chiedo di poter avere tutte le domande, anche quelle che ogni parlamentare ha detto manderà, con un po' di anticipo in modo tale da poter dare delle risposte esaustive. La chiarezza innanzitutto, perché non c'è niente da nascondere. Grazie.

  PRESIDENTE. Diamo termine fino a mercoledì 20 aprile per l'invio delle domande, così le possiamo trasmettere tutte al presidente Gazzi. Grazie a tutti, dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 14.15.