XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori

Resoconto stenografico



Seduta n. 30 di Mercoledì 6 aprile 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori).
Figone Alberto , rappresentante dell'Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori ... 3 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Ascari Stefania (M5S)  ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 13 
Giannone Veronica (FI)  ... 13 
Cavandoli Laura , Presidente ... 13 
Figone Alberto , rappresentante dell'Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori ... 13 
Cavandoli Laura , Presidente ... 17 
D'Arrando Celeste (M5S)  ... 17 
Figone Alberto , rappresentante dell'Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e ... 17 
D'Arrando Celeste (M5S)  ... 18 
Figone Alberto , rappresentante dell'Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori ... 18 
Cavandoli Laura , Presidente ... 18 
Figone Alberto , rappresentante dell'Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori ... 18 
Cavandoli Laura , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'avvocato Alberto Figone in rappresentanza dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia per i minori (AIAF) che ringraziamo per la disponibilità a intervenire in Commissione. L'AIAF è un'associazione di categoria fondata ormai trent'anni fa nel 1993 che da anni propone una riforma dei procedimenti sulla famiglia e i minori con l'obiettivo di ottenere un rito unico snello e veloce avanti a un unico giudice specializzato. L'associazione si è espressa anche in sede parlamentare già nella scorsa legislatura e ha salutato con particolare favore l'approvazione della recente riforma del processo civile. L'audizione dovrebbe dunque offrire alla Commissione un'ulteriore occasione di valutare se e in quale misura le previsioni della riforma contribuiscono a rimuovere i problemi che sono alla base dell'inchiesta parlamentare. Su questo tema le precedenti audizioni hanno in genere dato una lettura piuttosto positiva delle riforma recente nell'ambito del processo minorile pur con qualche distinguo sul ridimensionamento del ruolo dei giudici onorari minorili; si è in particolare unanimemente apprezzata la giurisdizionalizzazione dei provvedimenti fondati sull'articolo 403 del codice civile e la definizione di un rito unitario più garantista e più trasparente. Senza anticipare valutazioni che l'audito farà, mi limito a ricordare che un tema su cui la Commissione ha spesso dovuto interrogarsi è quello della figura del curatore: una figura che diventa ancora più importante nella prospettiva della riforma, ma che necessita di essere ben inquadrata e selezionata. Connesso al tema del curatore del minore è naturalmente il tema dell'ascolto del minore che nella situazione attuale non sempre viene praticato e quando si realizza, non sempre viene praticato in maniera corretta. Anche tra gli esposti ricevuti dalla Commissione sono numerosi quelli che denunciano il mancato ascolto del minore non solo da parte dei tribunali, ma spesso anche da parte dei loro curatori. Lascio ora la parola all'avvocato Figone riservandomi di porre a mio nome – ma anche dando la parola ai commissari – eventuali domande al termine dell'esposizione. Grazie.

  ALBERTO FIGONE, rappresentante dell'Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori. Sono io che ringrazio per l'onore di poter essere in questo consesso e riprendo quello che ha anticipato la presidente. L'AIAF è sempre stata favorevole a una revisione delle norme in materia di procedimento di famiglia anche dal punto di vista ordinamentale. Ancora prima che fosse emanata la legge delega 26 novembre 2021 n. 206, AIAF aveva stilato un manifesto di intenti e buona parte degli intenti per una giustizia a misura di minore e garantista sono stati recepiti dalla legge Pag. 426 novembre 2021, n. 206. Vado per gradi e cerco di attenermi a quella scaletta che con precisione ha già indicato la presidente. AIAF esprime il suo giudizio positivo per una riforma dell'articolo 403 del codice civile, addirittura AIAF aveva anche pensato alla possibilità di una soppressione dell'articolo 403, nel senso che tutti gli interventi a favore dei minori nelle situazioni di criticità previste dalla norma avrebbero dovuto sin dall'inizio essere sotto il controllo del giudice, nell'ambito dei procedimenti dell'articolo 333 e 330 che sono di competenza del tribunale minorile, salvo che non siano di competenza all'ordinario quando pende un procedimento della crisi familiare. L'AIAF sotto questo aspetto era andata avanti: quello che però certamente abbiamo valutato in maniera positiva è che pur mantenendosi il disposto dell'articolo 403, la procedura è stata tratta nell'ambito della giurisdizione. Quello che lasciava perplessi e dava molta criticità in precedenza era il potere affidato agli organi amministrativi e quindi gli organi della forza pubblica, gli organi del servizio sociale di disporre l'allontanamento di minori dalla loro residenza senza che poi la procedura che ne conseguisse fosse orientata costituzionalmente all'interno di un procedimento. Le previsioni dell'articolo 403 erano estremamente scarse e addirittura neanche bene facevano riferimento a che cosa sarebbe successo dopo una allontanamento disposto dalla pubblica autorità. Questa era la prassi ed è sempre stato il modus in grado di interpretare che a fronte di un allontanamento ci dovesse essere un interessamento da parte della procura minorile. Però questo non c'era scritto da nessuna parte e aveva comportato – soprattutto in certi contesti – delle situazioni di grande malfunzionamento che poi si ritorcevano sul diritto del minore a crescere ed essere educato nella sua famiglia. AIAF quindi valuta positivamente il nuovo articolo 403 che del resto entrerà in vigore tra pochissimo. Ricordo a me stesso che il nuovo testo dell'articolo 403 trova più o meno una corrispondenza in altri disegni di legge che sono all'esame del Parlamento in questo momento che nell'ambito di una disciplina più generale dell'affidamento e dell'adozione prevedevano (perché ormai l'articolo 403 diventato legge ha superato quei progetti) una disciplina tendenzialmente uniforme. AIAF valuta positivamente la formulazione nuova della norma che si stacca da una logica molto paternalistica che era propria del codice civile; soprattutto valuta positivamente il fatto che a fronte di un intervento urgente della pubblica amministrazione sia immediatamente interessata la procura della Repubblica con un'informazione anche orale e poi con una trasmissione del provvedimento con cui è stato disposto l'allontanamento esplicitante le ragioni e ogni altro elemento utile un intervento (sempre ad ora sono forme di intervento dove la tempistica viene particolarmente individuata in maniera precisa) in cui il pubblico ministero dovrà chiedere al tribunale per i minorenni – al presidente o a un giudice da lui delegato – la convalida di quell'allontanamento e il giudice provvederà. Nel momento stesso in cui provvederà – ma siamo ancora in una fase cautelare d'urgenza – ci sarà un'udienza successiva nel contraddittorio dei genitori e del curatore speciale che sarà nel frattempo nominato in modo da poter modificare, revocare o confermare i provvedimenti di allontanamento e disporre ove del caso tutti gli altri provvedimenti che il tribunale per i minorenni- nell'ambito dei procedimenti cosiddetti de potestate – può esercitare. La valutazione di AIAF è una valutazione in termini positivi; certamente questo richiederà alla procura della Repubblica minorile e ai tribunali per i minorenni uno sforzo ulteriore e aggiuntivo perché i termini sono di stretta e rigorosa interpretazione. La legge stessa prevede la perentorietà del termine: se nell'iter procedimentale che inizia con l'allontanamento e dovesse terminare poi con il provvedimento del tribunale dei minorenni qualche termine – che deve essere osservato del pubblico ministero oppure dal presidente del tribunale oppure dallo stesso tribunale per i minorenni – non dovesse essere assolto perché il termine viene speso senza che ci sia stata l'incombenza necessaria, il provvedimento di allontanamento decadrà Pag. 5salvo certamente la possibilità che il tribunale per i minorenni adotti altri diversi provvedimenti, ma certo non nella forma dell'articolo 403 e quindi con quell'urgenza particolare che è insita, ma con tutte le garanzie del contraddittorio che un ordinario procedimento de potestate riesce a garantire. La valutazione di AIAF in relazione all'articolo 403 è certamente positiva; non mancheranno poi nella prassi e quando la norma dovrà essere esplicitamente applicata, ulteriori questioni che saranno poi da approfondire. Già a fronte di dibattiti e di occasioni di confronto che AIAF ha trattenuto con i giudici del tribunale dei minorenni è emersa anche la questione se l'articolo 403 possa essere o meno utilizzato quando è già pendente un procedimento de potestate o meno. Di tutte queste questioni operative particolarmente importanti si dovrà fare carico la giurisprudenza e la prassi operativa, ma la ragione di fondo è senza dubbio una ragione positiva. Spesso in passato si erano viste situazioni di allontanamento dei bambini dove tutto era estremamente diafano e non era supportato da tempi e da modalità esecutive stringenti e rigorose. Tutti noi sappiamo come i tempi di un bambino allontanato da un contesto familiare non corrispondono certo ai tempi degli adulti e i problemi che possono essere posti certamente saranno da gestire e da organizzare. Nell'ambito della più generale riforma, sia ordinamentale che di rito, la posizione di AIAF è favorevole. L'AIAF ha salutato in maniera favorevole la riforma tanto è vero che diversi componenti di AIAF – e parlo del presidente avvocato Calabrese e del componente membro della giunta lombarda l'avvocato Simeone – sono stati chiamati a far parte dei gruppi di studio che in questo momento stanno elaborando il testo dei decreti legislativi. Andando con ordine e cercando di dare una visione un po' completa partirei dalla legge 29 luglio 2020, n. 107 che ha creato questa Commissione all'interno della quale stiamo in questo momento dando il nostro parere. La legge è nata a fronte di tristi e preoccupanti fatti di cronaca, ma prevede degli elementi estremamente positivi: intanto la necessità che ci sia una particolare trasparenza all'interno della stessa struttura giudiziaria. Mi riferisco all'articolo 8 della legge e all'incompatibilità dei giudici onorari in relazione a incarichi che possono avere all'interno di case famiglia, strutture di accoglienza e quant'altro, previsione che poi viene ripresa anche nell'articolo 9. Questa necessità di garanzia per evitare anche sospetti diretti o indiretti che il giudice onorario possa avere delle interessenze (e non solo lui, ma anche il coniuge, la parte dell'unione civile, il parente, il convivente) è stata ripresa nella legge delega alle lettere ff e gg dell'articolo 1 comma 23, laddove è previsto che queste situazioni di incompatibilità possono valere anche sia per chi dovrà svolgere in relazione a specifiche attività e il ruolo di consulente tecnico d'ufficio (CTU) o di assistente sociale piuttosto che addirittura anche per lo stesso giudice, non solo onorario, ma il giudice togato che dovesse avere in carico una situazione che riguarda un minore. Deve essere eliminato qualsiasi sospetto, anche indiretto. Giustamente dalla legge delega si esclude anche attività di collaborazione, attività di consulenza – pure a titolo gratuito – in modo che le strutture, le case famiglia possano essere un'istituzione solo destinata a offrire al minore in una situazione di difficoltà la possibilità di un recupero. Tutto questo al di fuori anche del minimo sospetto – indiretto o in qualche maniera riflesso – che possa esserci una cointeressenza o una condivisione di intenti da parte di tutti quei soggetti che nell'ambito di un procedimento che porta all'allontanamento di un bambino (che può addirittura diventare adozione quando lo stato di abbandono sia conclamato) costituiscono tutta la platea dei partecipanti in questo procedimento di tipo pubblico. Parlo del giudice, parlo del consulente tecnico d'ufficio, ma mi riferisco anche all'attività dei servizi sociali. Partendo da questo presupposto AIAF ha valutato anche in maniera positiva gli altri punti che sono indicati come materie di futuro intervento da parte del legislatore delegato. Mi sembra importante che nella relazione dei servizi siano tenuti rigorosamente distinti i fatti Pag. 6accertati, le dichiarazioni rese dalle parti e le valutazioni formulate dagli operatori. Tutti noi che abbiamo a che fare quotidianamente con i servizi sociali conosciamo le difficoltà economiche, organizzative e gestionali che patiscono e riconosciamo che anche nel servizio sociale pubblico ci sono delle grosse e notevoli professionalità. Però non è sempre così e spesso si individuano delle relazioni in cui tutti questi elementi (ossia il fatto e la valutazione) sono frammiste. A volte basta leggere queste relazioni e già l'incipit fa capire come si possa essere orientati o meno. I fatti ovvero le condizioni obiettive in cui si trova il minore, la situazione logistica, le situazioni scolari, la situazione delle vaccinazioni e quant'altro devono essere rapportati e individuati in maniera oggettiva. Le motivazioni e le soggettive qualificazioni dell'operatore – che certamente non è un mero fotografo che deve soltanto riportare – devono essere valorizzate, ma in tutta la loro autonomia. Un altro elemento che riteniamo molto importante è il diritto delle parti e dei difensori di avere visione delle relazioni degli accertamenti compiuti dai responsabili dei servizi socio-assistenziali o sanitari. Una delle questioni su cui AIAF si è sempre battuta è quella di rendere il più possibile trasparente l'attività dei servizi sociali. L'AIAF avrebbe desiderato anche prevedere che nell'ambito degli accertamenti dei servizi le parti potessero affiancare un proprio consulente. Spesso le relazioni dei servizi sociali sono un succedaneo della consulenza tecnica d'ufficio e il giudice demanda al servizio sociale quegli accertamenti e quelle valutazioni che altrimenti sarebbero demandate a una consulenza tecnica. C'è una differenza da sottolineare. Nell'ambito di una consulenza tecnica- che è un mezzo istruttorio espressamente disciplinato dal legislatore- le parti hanno piena possibilità di difesa, non solo potendo partecipare tramite i loro difensori. Questa è una possibilità che al difensore viene data e che relativamente viene utilizzata trattandosi di materie tecniche e di materie specialistiche, ma la difesa tecnica in questo caso si può realizzare bene con un consulente tecnico di parte. Questo non è stato realizzato, ma è importante che di tutti i documenti, le relazioni gli accertamenti venga dato accesso alle parti. Ricordo che davanti al tribunale dei minorenni non è stato ancora introdotto il procedimento civile in forma telematica che potrebbe garantire alle parti un diretto accesso agli atti quando questi documenti sono depositati. Oggi ancora non esiste il procedimento telematico che verrà senza dubbio attuato perché è uno degli scopi dalla riforma per poter acquisire le relazioni dei servizi sociali o altri documenti. Oggi nei tribunali e per lo più nei tribunali per i minorenni per acquisire le relazioni dei servizi sociali o altri documenti spesso è necessario fare richiesta al giudice che ha in carico il fascicolo che potrebbe anche ritenere di non doverli rendere ostensibili, magari oscurando determinate pagine o esponendo stralci. Tutto questo comporta tempi per poter formulare questa richiesta e attese per avere il l'esito in un contesto in cui oggi tutti questi procedimenti de potestate tutelano diritti soggettivi. Mi riallaccio al passaggio successivo, la riforma del procedimento che è stata valutata da AIAF in maniera positiva. Da tempo AIAF dimostrava la sua difficoltà a comprendere il rito della volontaria giurisdizione. Il tribunale per i minorenni opera – in base al codice di procedura civile – sulla base del rito della volontaria giurisdizione. Si tratta di un rito del tutto destrutturato che si articola in poche norme del codice di procedura civile – gli articoli 737 e seguenti – che sommariamente indicano i poteri, le facoltà e il modo di operare da parte del giudice. Queste quattro o cinque norme erano state pensate dal nostro legislatore quando la volontaria giurisdizione riguardava interessi e non diritti soggettivi. Si pensava per lo più a interventi del giudice per integrare la volontà delle parti: autorizzazioni, concessioni, nulla osta, visti. Oggi il rito della volontaria giurisdizione riguarda diritti soggettivi, e con i minori diritti soggettivi di rango costituzionale. Oggi l'attività del tribunale per i minorenni riguarda l'ambito dei procedimenti de potestate con cui si dichiara la decadenza dalla responsabilità di uno dei due genitori, si Pag. 7prendono provvedimenti che limitano o sospendano la genitorialità, dispongono allontanamenti dei minori o dei genitori da un determinato luogo. Questi procedimenti si svolgono con un rito che non garantisce appieno non solo il diritto di difesa, ma anche le minime garanzie costituzionali.
  Ricordo che con l'entrata in vigore della riforma dell'articolo 111 della Costituzione, ogni processo si deve svolgere davanti a un giudice terzo e in una posizione di giusto processo. Il giusto processo vorrebbe dire che le regole del processo devono essere fatte e conosciute prima che inizi: nel rito della volontaria giurisdizione questo non esiste. La Corte costituzionale- investita subito la corte d'appello di Genova e di Torino di una questione di costituzionalità- aveva emesso una pronuncia saggia e molto articolata a noi tutti ben nota, la n. 1 del 2002. La Corte costituzionale aveva ritenuto che questo rito fosse costituzionalmente giustificabile a condizione che fosse garantito il massimo del contraddittorio, l'accesso ai documenti e la presenza al procedimento del minore che non è parte in senso strettamente processuale, ma lo è in senso sostanziale. La riforma prevista dalla legge 26 novembre 2021, n. 206 nel momento in cui prevede l'introduzione di un rito unico valevole per tutti i procedimenti in materia di famiglia e con espressa abrogazione del rito camerale, si vuole orientare nella tutela dei diritti dei minori e anche di tutte le persone che vengono a far parte della platea dei soggetti coinvolti in un procedimento di famiglia. Esiste il fondamentale diritto del minore a essere cresciuto, mantenuto e istruito nell'ambito della propria famiglia di origine così come disposto dall'articolo 1 della legge 4 maggio 1983, n. 206. Però esiste anche il diritto dei genitori a provvedere direttamente al mantenimento, all'educazione, all'istruzione del figlio e anche a poter beneficiare di quegli interventi da parte della mano pubblica che l'articolo 30 della Costituzione prevede affinché la famiglia possa adempiere ai propri ruoli istituzionali. La previsione unitaria di un rito unico all'interno del quale troveranno una presenza i genitori e il minore tramite il curatore speciale a cui la presidente prima ha fatto riferimento comporterà la possibilità di avere un procedimento strutturato secondo il modello della Costituzione dove vi siano questioni di diritti soggettivi che possono trovare adeguato riconoscimento e tutela in presenza di un giudice specializzato. Uno degli elementi molto importanti della riforma è quello della specializzazione del giudice che si attuerà in maniera totale nel momento stesso in cui verrà introdotto questo nuovo tribunale che si chiamerà il tribunale per le persone, i minori e le famiglie e assorbirà in sé le competenze del tribunale per i minorenni e le competenze del tribunale ordinario in materia di famiglia. Avere un giudice specializzato sarà molto importante perché le materie di cui si tratta comportano una particolare sensibilità degli argomenti su cui si va a incidere. Si tratta delle materie che hanno fatto sì che all'interno della legge delega 26 novembre 2021, n. 206 ci fosse una particolare attenzione proprio al diritto di famiglia all'interno del rito generale.
  Gli argomenti trattati riguardano tutte le questioni della crisi della coppia sposata o non sposata, dei figli di genitori di sesso diverso, dei figli di genitori di sesso uguale, questioni di risarcimento del danno, questioni connesse ai diritti della persona eccetera che devono essere certamente affrontati da un giudice specializzato. Le varie associazioni di avvocati si sono già organizzate (l'AIAF in primis, ma anche tutte le altre) per creare scuole di specializzazione che stanno andando nel regime definitivo dopo che la specializzazione ha acquisito una specifica dignità a livello normativo. Gli avvocati si rendono conto che la tematica minorile e familiare è molto ampia e richiede non solo un sapere giuridico- che sarebbe già importante avere nella sua completezza- ma anche l'uso di altri saperi e quindi la specializzazione deve essere necessaria. Certamente la legge richiede questo anche al giudice. In molti tribunali esistono delle sezioni specializzate che si occupano di materia di famiglia. Purtroppo questa realtà non tocca tutto il territorio perché in molti tribunali il giudice che si occupa prevalentemente di famiglia magari Pag. 8si occupa anche di sfratti o di esecuzioni. La finalità della legge non era quella di creare delle sezioni specializzate, ma veri e propri tribunali dotati di un'autonomia per decidere su tutte le questioni che riguardano i minori accorpando in sé le competenze del tribunale ordinario, del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare. Certamente ci sarà da affinare questa costruzione, soprattutto in riferimento al giudice tutelare che nell'ambito del nostro sistema svolge delle funzioni importantissime di autorizzazioni e di verifica degli atti posti in essere dai genitori o dal tutore e che ha un grosso potere di intervento sulle persone fragili e vulnerabili. Penso all'amministrazione di sostegno e agli interventi che riguardano le questioni della salute e dell'integrità fisica come la questione relativa all'applicazione delle Direttive anticipate di trattamento terapeutico (DAP) e oggi anche- seppur con una certa diversità di interpretazioni da parte dell'autorità giudiziaria- le questioni dei vaccini obbligatori o meno. In tutto questo contesto certamente si richiede la presenza di un giudice specializzato che sia però un giudice di formazione e di carriera. Sulla questione dei giudici onorari AIAF ha sempre assunto una posizione abbastanza cauta: i giudici onorari purtroppo sono stati utilizzati dalla prassi dei tribunali minorili anche oltre quelle che sono le loro competenze. Certamente la figura del giudice onorario è importantissima se la vediamo nel contesto in cui il tribunale dei minorenni è stato istituito. Nel 1934 nel tribunale dei minorenni viene affiancata, oltre alla presenza del giudice di carriera, la presenza del giudice laico esperto in varie materie che non siano il diritto necessariamente e che doveva integrare la formazione della volontà del collegio. Si tratta sì una norma importantissima che viene sempre ricordata perché per la prima volta le donne possono entrare in magistratura. Loro entrano come componenti onorari e sarà di molto successivo l'accesso al concorso per le laureate in legge, ma nel 1934 si introduce già questo elemento positivo: ovverosia una parità nel genere tra un uomo e una donna.
  Probabilmente con l'andare del tempo ci sono state anche delle distorsioni: i giudici non togati, i giudici onorari dei tribunali dei minorenni sono stati incaricati di gestire tutto il fascicolo, l'istruttoria e anche le udienze in prima battuta. Evidentemente questo non è il compito del giudice onorario che potrà dare potrebbe dare un aiuto soltanto nel momento della decisione. I giudici onorari potranno confluire nell'ambito più generale dell'ufficio per il processo ed essere utili per fornire alle parti tutte le indicazioni che possono riguardare gli strumenti alternativi al conflitto. Mi riferisco in primis alla mediazione e agli altri metodi alternativi di risoluzione delle controversie (ADR), ma in un contesto in cui ci sia una specializzazione da parte del giudice togato che potrebbe utilizzare il sapere e la conoscenza del giudice onorario (e in questo modo mantenerne la vitalità) nell'ambito dell'ascolto del minore a cui faceva riferimento il presidente. Ancora oggi purtroppo in molte realtà giudiziarie l'ascolto del minore non viene eseguito o comunque viene bypassato con la motivazione che non è interesse del minore essere sentito davanti all'autorità giudiziaria e invece è senza dubbio un elemento fondamentale. Non sta a me ricordare le pronunce della Corte di cassazione- che si stanno succedendo anche con una certa frequenza- che hanno dichiarato nullo l'intero procedimento, quindi non solo la sentenza impugnata, se nell'intero procedimento non sia stato disposto l'ascolto del minore che ha raggiunto gli anni 12 o anche di età inferiore, se dotato di discernimento. L'ascolto del minore è un istituto previsto dal nostro ordinamento sulla base di indicazioni e prescrizioni che derivano da convenzioni internazionali: la Convenzione di Strasburgo del 1996 e la Convenzione di New York che impongono che il minore sia parte in senso sostanziale, non processuale, del procedimento. L'ascolto del minore è un elemento estremamente importante. Tutti sappiamo non è una testimonianza e non è un mezzo di prova assimilabile a un interrogatorio perché il minore non è parte né può rendere dichiarazioni sfavorevoli con esiti che incidono Pag. 9sulla causa: si tratta del modo con cui il minore partecipa al procedimento e può fornire elementi al giudice per la sua valutazione. Certamente non sono elementi vincolanti, ma il giudice – nel momento stesso in cui disporrà di conseguenza – non potrà bypassare come se nulla fosse quello che ha detto il minore tenendo conto di tutte le caratteristiche del caso di specie. Il giudice valuterà l'età, il grado di essere più o meno condizionato, il contesto culturale eccetera, ma dell'ascolto del minore si dovrà necessariamente tenere conto. Per questo è molto utile la previsione della riforma che evidenzia come la necessità dell'ascolto sia un diritto del minore stesso che debba essere però condotto direttamente dal giudice che- ove lo riterrà- potrebbe valorizzare la presenza dei giudici onorari che verrebbero a far parte di questo pool di sostegno a favore del giudice di carriera per procedere all'ascolto del minore. Di ascolti se ne potranno fare anche altri: certamente l'ascolto potrà essere delegato nell'ambito di una consulenza.
  Oggi in tutte le consulenze che hanno ad oggetto un minore – laddove si deve individuare il regime più adatto o altri tipi di quesiti più articolati che vengono attribuiti al consulente – viene sempre richiesto di procedere all'ascolto del minore. Certamente l'ascolto del minore fatto da un consulente e quindi da un soggetto professionalmente preparato è istituto finalizzato a una risposta a un quesito. In questo caso il consulente è ausiliare del giudice e l'ascolto finirà nell'ambito di una consulenza e fornirà un elemento istruttorio al giudice. L'ascolto che viene fatto direttamente dal giudice è un qualcosa di più: uno strumento per permettere al giudice ancora di più e direttamente – quindi senza il filtro della consulenza, senza il filtro di un documento formale – di poter avere cognizione diretta delle volontà del minore anche solo per prenderne atto, non certo per assecondarle. AIAF valuta in maniera estremamente positiva l'ulteriore forma di ascolto che sarà fatta dal curatore speciale del minore. Uno dei passi cardine della riforma valutato da AIAF, ma anche dalle altre associazioni, in maniera positiva è la riforma degli articoli 78 e 80 del codice di procedura civile con norme che entreranno immediatamente in vigore con il 22 giugno prossimo venturo. Questa riforma introduce una figura che rappresenti il minore all'interno di un procedimento. A oggi la prassi è quella di nominare talvolta il curatore speciale: non tutti i tribunali lo fanno e non è obbligatoria sempre. Alcuni tribunali se lo sono imposto nel presupposto che tra minore e genitori esercenti la responsabilità genitoriale vi sia sempre un intrinseco conflitto d'interesse; a cominciare dalle questioni di separazioni, divorzi e affidamenti fino alle questioni relative all'affiliazione, all'autorizzazione e al riconoscimento. In altri tribunali si ritiene che non sempre vi sia la necessità di un curatore perché non sempre si ravvisa un conflitto d'interesse. I nuovi articoli 78 e 80 ampliano maggiormente la sfera di operatività del curatore speciale che sarà necessario intanto in tutti i procedimenti de potestate quantomeno nelle decadenze della responsabilità genitoriale o quando un genitore agisce nei confronti dell'altro memore di quanto ci ha detto la Corte di cassazione in questi ultimi tempi: i procedimenti de potestate che vedono genitori contrapposti o pubblico ministero contro i genitori e manca chi rappresenti il minore sono radicalmente nulli. Ci sono procedimenti più semplici di separazione e divorzio o della crisi della coppia genitoriale dove c'è un'elevata conflittualità tra i genitori impegnati a farsi una lotta reciproca sia per loro interessi patrimoniali o quant'altro sia per segnare il punto di avere con sé il minore andando oltre quello che è l'interesse del minore stesso. Anche in questi casi la legge prevede la necessità della nomina di un curatore speciale che rappresenti il minore. Il curatore speciale a questo punto è l'avvocato del minore che acquista una rilevanza anche processuale.
  I procedimenti quindi non saranno più soltanto tra genitori conflittuali, ma vedranno anche la presenza del loro figlio tramite un curatore speciale dotato di un mandato implicito professionale che viene conferito per legge. Il curatore è l'avvocato del minore e come tale dovrà rappresentarePag. 10 al tribunale quelle che sono le esigenze, la situazione, sempre tenendo conto di quelle indicazioni molto precise che sono state già fornite per altri tipi di operatori; dovrà raccontare i fatti e poi le valutazioni che certamente lo stesso curatore dovrà andare a supportare.
  Ma una cosa importante è che anche il curatore deve procedere all'ascolto del minore. All'ascolto del minore procederà il consulente tecnico, se a questo è stato chiesto, nell'ambito di una consulenza; il giudice, ma anche il curatore. L'ascolto del curatore è l'ascolto che può fare ognuno di noi che ha un avvocato che lo assiste. Il curatore è l'avvocato del minore. L'ascolto del curatore è finalizzato ad acquisire informazioni, elementi da adeguatamente strutturare, la difesa di quel minore. Sarà un curatore che ha gli oneri di tutte le altre parti: costituirsi in giudizio, osservare dei termini, fare le richieste istruttorie, esattamente come fanno gli avvocati delle parti, però certamente portando all'interno del procedimento la voce del minore.
  Sarà magari anche utile e non esclude che si strutturino anche le modalità di come il curatore speciale si deve interfacciare oggi. Causa pandemia e causa situazione in essere, spesso, laddove vengono nominati curatori, questi talvolta hanno fatto riferimento a videoconferenze o telefonate. Sarà invece molto importante il colloquio diretto che il curatore dovrà instaurare col minore, anche qui tenendo conto certamente dell'età e della capacità di esprimersi da parte del minore; ma visto che l'ascolto è quel modo per cui il minore rappresenta le proprie esigenze, le proprie desiderata, e ci dice già lo stesso codice civile, l'articolo 38-bis, delle disposizioni di attuazione secondo cui addirittura si dovrebbe fare una videoregistrazione, perché è importante non solo quello che il minore dice, ma come lo dice, se piange, se lo dice troppo in fretta perché indottrinato, probabilmente anche il curatore speciale da questo potrà trarre degli ulteriori elementi che siano molto importanti.
  Oggi, in alcune realtà giudiziarie, la nomina del curatore speciale generalmente segue di default l'affidamento dei minori al servizio sociale in tutte quelle situazioni di elevata conflittualità che prescindono da situazioni di abbandono morale o materiale. Quindi in situazioni in cui la coppia può essere anche benestante, acculturata e desiderosa, forse anche troppo, di prendersi cura del minore, spesso i nostri tribunali fanno luogo all'affidamento al servizio sociale come figura idonea maggiormente a gestire quello che è solo l'interesse dei figli minori; ma su questo dobbiamo fare una precisazione, perché l'affidamento al servizio sociale così come configurato dalla normativa richiederebbe, per essere effettivamente tale, una precisa elaborazione di un progetto e la precisa individuazione di quelli che sono i compiti e i poteri degli affidatari.
  Spesso si notano nella prassi provvedimenti in cui si dice: «Stante la conflittualità, stante le difficoltà relazionali dei genitori, il bambino viene affidato al servizio sociale del comune di (quello di residenza), mantenendo peraltro ferma la collocazione presso l'uno e l'altro dei genitori, perché l'inserimento in comunità rappresenta comunque l'extrema ratio». È importante però non fare un provvedimento di questo tipo, che vuol dire tutto ma non vuol dire niente.
  Che cos'è l'affidamento al servizio sociale? L'affidamento al servizio sociale presupporrebbe un progetto, un percorso, perché il bambino possa o ritornare, se ne è stato allontanato, nell'ambito della propria famiglia o possa poi rientrare a pieno titolo nella famiglia, sottospecie di esercizio su di lui della responsabilità genitoriale da parte dei genitori. Ma ci vuole un progetto, ci vogliono tempi prevedibili di riappropriazione da parte dei genitori della responsabilità genitoriale, ci vuole ed è opportuna una divisione, una specificazione dei poteri che ha l'affidatario e quelli che invece mantengono ancora i genitori, perché spessissimo le questioni sono sulle decisioni di maggiore importanza: vaccino sì/vaccino no, scuola privata/scuola pubblica, vacanze in un modo o nell'altro. Il servizio sociale ha potere di decidere quando i genitori mantengono una conflittualità; e questo sarà anche la necessità, perché i compiti del servizio sociale sono per lo più compiti Pag. 11di coordinamento, di aiutare nella gestione, salvo che non venga espressamente attribuito questo potere non a poteri decisionali in luogo dei genitori.
  È quindi nei vari disegni di legge che sono attualmente all'esame del Parlamento – ma vi è anche l'occasione più immediata degli imminenti decreti legislativi – che sia prevista la possibilità che il giudice, nel momento in cui dispone un affidamento al servizio sociale, non solo faccia questo provvedimento ma predetermini in maniera rigorosa e precisa poteri e compiti del servizio sociale affidatario. Del resto questo mi sembra molto importante: quando l'articolo 80 del codice di procedura civile – che entrerà in vigore tra circa due mesi – prevede questa figura del curatore speciale strutturata, prevede anche che il giudice possa attribuire i poteri di rappresentanza sostanziale, ovverosia non è solo un curatore che rappresenta il minore all'interno di quel procedimento, ma poteva essere anche un curatore con dei poteri di rappresentanza sostanziale.
  Che cosa vuole dire però la rappresentanza sostanziale? Semplicemente mette una firma, e quindi rappresentare due genitori che hanno visto limitata questa loro rappresentanza, o qualche cosa di più? Su questo già si sta discutendo. Potrà il curatore speciale avere dei compiti di superamento del conflitto, diventando così una sorta di coordinatore genitoriale con dei poteri sostanziali? Potrà in altri temi decidere, in caso di conflitto, se è meglio la scuola privata o la pubblica, se far fare o no il vaccino, se la dieta deve essere onnivora o vegana? Sono queste le questioni che poi noi ci troviamo a dibattere, oltre a quelle più semplici: quando inizia il week-end, se inizia con l'uscita dalla scuola o il venerdì sera, eccetera. Anche di questo sarebbe utile avere la possibilità di sentire dalla viva voce del Governo che cosa intenderà per «poteri di natura sostanziale», in un contesto in cui la figura del minore venga adeguatamente valorizzata.
  Mi avvio alla conclusione, perché non vorrei avere abusato della loro pazienza.
  Vi è certamente l'esigenza di un ridimensionamento di quello che è l'inserimento dei minori nelle case famiglia. Del resto la legge stessa, la 107, è nata con questa finalità di un controllo sui collocamenti nelle case famiglia, che dovranno certamente rimanere l'extrema ratio. Quando un bambino viene allontanato dalla propria famiglia di origine, evidentemente per criticità della famiglia stessa, la soluzione ideale sarà individuare delle soluzioni che rappresentino il passaggio meno doloroso in favore di un'altra situazione, quindi un altro tipo di famiglia, magari strutturata con la presenza di figli, perché no, se sono idonee anche persone legate da vincolo di parentela, o anche l'affidamento a favore di una persona singola o, perché no, come è stato qualche volta disposto in alcuni tribunali, anche a persone dello stesso sesso. Certamente l'inserimento in comunità – e su questo mi sembra che siano molto chiari i vari disegni di legge che sono pendenti a cominciare dal disegno di legge cosiddetto Ronzulli – deve essere una extrema ratio. L'inserimento nella casa famiglia, proprio perché è la struttura meno strutturata sul modello familiare classico, deve essere contenuta.
  Concluderei ancora con un'osservazione. Mi è piaciuto anche, parlando sempre di altri disegni di legge attualmente all'esame del Parlamento, un controllo da parte dell'autorità giudiziaria sulle case famiglia; case famiglia che, per carità, sono meritorie laddove esercitano dei compiti sostitutivi di quelli dei genitori, che però devono essere rigorosamente controllate. Potrebbe essere a questo punto estremamente utile un maggiore controllo e una maggiore interfaccia tra casa famiglia e procura della Repubblica presso il tribunale dei minori, con accessi e verifiche, con trasmissione di relazioni periodiche da parte delle case famiglie alla procura minorile, non fosse altro per indicare quali e quanti minori si trovano ancora in casa famiglia, quale sia la loro condizione personale in relazione ai rapporti con la famiglia di origine, alle loro condizioni di salute e quant'altro; anche perché la procura della Repubblica, ancora più in maniera precisa, possa avere un quadro completo dei bambini in quella situazione per, uno, sollecitare un rientro Pag. 12nella struttura familiare se questo è idoneo, o se no evidentemente pensare ad aperture di procedure di adottabilità, se ce ne sono certamente i presupposti, e quindi in presenza di minori che siano deprivati sotto l'aspetto morale e materiale, e certamente anche garantire quel controllo per evitare situazioni più o meno di corto circuito che si sono sviluppate in precedenza.
  Per andare a concludere, vi è una valutazione certamente positiva dell'impianto della legge delega 206 del 2021; la necessità di lavorare ancora in maniera proficua per rendere effettivi quei principi con norme che siano rispondenti alle esigenze dei minori, ma anche alle esigenze di una giustizia che veda la tutela di tutti i soggetti che sono coinvolti in una situazione familiare problematica; nello stesso tempo con la presa d'atto – a me piace la denominazione del nuovo tribunale che dovrà essere costituito – della molteplicità delle famiglie. Non si parla più di tribunale per la famiglia, ma si parla tra le altre cose, oltre che di minori e di persone, anche di famiglie.
  Oggi, chi tutti i giorni è a contatto col sociale sa quanti sono i modelli familiari diversi e le diverse situazioni in cui i minori possono trovarsi e la necessità, peraltro, di strutturare delle forme di tutela che vanno dalla classica famiglia fondata sul matrimonio a situazioni alternative, a famiglie ricomposte, a famiglie cross border, a famiglie che oggi non sono più certamente quelle su cui si lavorava qualche anno fa. La finalità è sempre la stessa: tenere conto che il minore ha diritto di crescere nella sua famiglia di origine e che comunque la normativa nazionale deve fare necessariamente i conti con l'articolo 8 della CEDU, norma sulla cui base vengono ormai declinate molte delle sentenze, specie della Corte di cassazione. Semplicemente affermando il principio che ciascuno, quindi anche i minori, ha il diritto al rispetto della vita privata e familiare, si viene certamente a costituire una struttura in cui la famiglia assume un ruolo centrale, ma una famiglia all'interno della quale le relazioni, quando sono sane, quando sono buone o quando non lo sono ma possono essere recuperate, debbano essere necessariamente tenute in considerazione.
  Spero di essere stato esauriente.

  PRESIDENTE. Avvocato, la ringraziamo. È stato molto esauriente e ha toccato tutti i punti della riforma che riguardano la materia. Chiedo se c'è qualche commissario che vuole intervenire per fare delle domande: prego, onorevole Ascari.

  STEFANIA ASCARI. Buongiorno. Ringrazio veramente l'avvocato Alberto Figone perché ha fatto un quadro completo. Ringrazio veramente l'AIAF che per noi avvocati è un punto di riferimento, perché fanno corsi di aggiornamento che aiutano tanto nell'approfondimento di varie tematiche.
  Volevo un suo commento in merito all'utenza di una settimana fa relativa alla PAS, che è stata bandita – diciamo così – con l'ultima delle diverse sentenze che la Cassazione ha emesso riferite al caso di Laura Massaro, in cui è stata espressamente accusata di alienazione parentale. Vorrei chiederle, in base alla sua esperienza, se si è trovato a riscontrare casi di contestazioni di alienazione e, in base alla sua esperienza, come si sono risolti, se si è trovato ad assistere a contesti di violenza familiare perpetrata dal marito o dal compagno, se ha visto l'allontanamento del minore come soluzione senza prima verificare altri legami all'interno della famiglia, se ha visto e riscontrato che in situazioni di grave conflittualità è stata utilizzata la casa famiglia come soluzione.
  Poi vorrei farle l'ultima domanda, anche se in realtà ne avrei tante. Le chiedo cosa può riferire l'associazione circa lo svolgimento delle CTU nei processi sulla famiglia e minori. Mi spiego meglio: se le nomine riguardano un numero di professionisti sufficientemente ampio, tale da garantire la pluralità degli orientamenti ed evitare che gli stessi soggetti rivestano promiscuamente i ruoli di CTU e CTP in processi coevi. Le chiedo se i quesiti si limitano a specifici accertamenti tecnici o contengono la delega di apprezzamenti riservati al giudice, e anche se le relazioni riguardano specifici profili di accertamento o contengono profiliPag. 13 di personalità ed eventualmente surrettizie valutazioni psicodiagnostiche.
  Per quanto riguarda la specializzazione la ringrazio, perché su questo punto lei si è focalizzato. Anche io credo che sia una colonna portante la formazione e la specializzazione di tutti gli operatori che ruotano attorno alla gestione di casi delicatissimi che riguardano i minori. La ringrazio anche per quanto riguarda l'attenzione che lei ha prestato all'ascolto del minore, fondamentale, perché i minori in questi contesti spesso sono dei fantasmi, non vengono assolutamente presi in considerazione; ascolto che deve essere videoregistrato.
  Io mi limito a queste domande. La ringrazio perché l'audizione di oggi è stata veramente utile. Grazie.

  PRESIDENTE. Onorevole Giannone, prego.

  VERONICA GIANNONE. Sarò velocissima. Grazie mille per quanto fino a ora ha espresso. Le pongo un quesito sui poteri e le responsabilità del tutore e del curatore speciale. Io ho visto che all'interno dei vostri corsi di formazione e di aggiornamento parlate anche di questo specifico potere, anzi degli specifici poteri e responsabilità. Le chiedo questo perché prima ha citato il curatore speciale diverse volte, anche in base a quello che c'è scritto all'interno della delega al processo civile. A noi sono risultate tantissime segnalazioni dove in realtà i curatori speciali purtroppo non hanno neanche idea del minore che dovrebbero tutelare o rappresentare, tant'è che non l'hanno neanche mai sentito né visto. Sarebbe importante che lei specificasse, con tutta la formazione che voi fate, capire quali sarebbero in realtà le funzioni, i poteri, le responsabilità di questi curatori speciali e del tutore legale.
  Riguardo ai servizi sociali, lei prima parlava di tutti quanti quei compiti che verranno ulteriormente assegnati – anche di relazionare – sempre riguardo alla delega nel processo civile. Però volevo chiederle: vista la situazione attuale e il numero esiguo di rappresentanti del servizio sociale, soprattutto in alcune zone del nostro Paese, lei è certo che possano effettivamente e concretamente riuscire a svolgere quei compiti che verranno loro assegnati? Non sarebbe meglio e più opportuno, forse, prevedere una riforma anche con degli investimenti di tutto il servizio sociale, compresa la formazione?
  In ultimo, io volevo chiedere un suo pensiero su un aspetto specifico. Purtroppo sappiamo che tantissime volte i minorenni inseriti nelle strutture residenziali, dette «case famiglia», i primi mesi – addirittura parlo di mesi – non possono né sentire né vedere i genitori. Questo io lo ritengo un trauma eccessivo rispetto a quello già subito. Le chiedo se non potete prevedere anche in questo una sorta di formazione o qualcosa che possa portare a evitare una tragedia del genere perché, come diceva lei prima, nell'intento di far rientrare i minori in famiglia, se non gli si dà la possibilità di sentire né vedere o fare una forma di reset al bambino, come si può poi prevedere un percorso per il rientro? Grazie mille.

  PRESIDENTE. Avvocato Figone, a lei la parola.

  ALBERTO FIGONE, rappresentante dell'Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori. Intanto io ringrazio particolarmente l'onorevole Ascari e l'onorevole Giannone, i cui elaborati ho letto, e ringrazio per l'impegno che entrambi mettono. Le domande che mi sono state poste sono tutte estremamente interessanti. Cercherò nei limiti dei miei limiti di rispondere. L'ordinanza recentissima sulla PAS – il caso Massaro – direi che è una pronuncia importante, che però probabilmente a mio modo di vedere è stata letta un po' in maniera unilaterale. La Corte di cassazione aveva già detto che non esiste come sindrome la PAS. La PAS come patologia della madre o del genitore malevolo non ha cittadinanza nell'ambito delle patologie clinicamente accertate. C'è una cosa che però mi sembra importante di questa pronuncia. Possiamo chiamarla PAS; spesso si usa un'altra terminologia per non usare questa: «conflitto acceso di realtà», «abuso della posizione genitoriale»; non si vuole usare Pag. 14«PAS» perché effettivamente non esiste come sindrome.
  Può esistere il fenomeno, ovverosia situazioni di rifiuto di un minore nei confronti di un genitore. Peraltro non è sempre detto – questo lo posso dire anche in base alla mia esperienza – che questo dipenda da comportamenti dell'altro genitore, il genitore pretesamente abusante o passivizzante, soprattutto quando ci sono dei minori che non sono più piccolissimi e sono in grado di manifestare un pensiero autonomo, giusto o sbagliato che sia; però non sempre necessariamente è riferibile all'altro genitore.
  Che cosa è importante e a me piace di questa pronuncia? Non tanto PAS sì, PAS no, perché comunque la darei già un po' quasi per acquisita; ma quando la Cassazione dice che bisogna fare riferimento a fatti specifici – nel senso di prendere dei provvedimenti, anche drastici e che poi sono stati riformati in sede di legittimità quali quelli che erano stati assunti – non è tanto importante una valutazione in termini astrattamente psico (e quindi indagare la relazione e i rapporti) ma andare a individuare specifici fatti.
  Mi sembra importante che la Cassazione dica: anche a fronte di consulenze che parlano di PAS, ma potrebbero esprimersi in altra maniera, quello che è importante è andare a valutare i fatti oggettivi e specifici che sono posti a base di un percorso motivazionale che porta a quelle o altre conclusioni. La Corte di cassazione in quella pronuncia dice sostanzialmente che dai fatti e dagli atti non potevano esserci i presupposti, perché una valutazione in termini strettamente clinici non può sostituire quella che può essere una valutazione legata all'elemento fattuale.
  Allora vengo a un secondo quesito o secondo punto: certamente i quesiti che vengono demandati al CTU non dovrebbero più essere quelli classici. Io ricordo fino alla legge dell'affidamento condiviso, «dica il CTU qual è il miglior regime di affidamento possibile», quando c'era ancora la differenza tra esclusivo e affidamento tout court. Oggi i quesiti sono estremamente elaborati, prova ne sia che per esempio il tribunale di Milano ha elaborato un modello di carico peritale molto più ampio che dovrebbe fornire al giudicante non una risposta; quindi non ci sarebbe da dire: «È meglio l'esclusivo o il condiviso, e se è il condiviso con il collocamento della mamma o dal papà, o il collocamento paritario eccetera». Dovrebbe essere una fotografia di quella che è la situazione oggettiva del minore, magari al limite dando dei suggerimenti, ma mai una risposta secca come si trova nella maggior parte delle nostre consulenze. Questo dovrebbe essere un modello nuovo di consulenza che serva a sondare, sulla base di dati oggettivi, quello che è il tipo di relazione che ha ogni figlio con i genitori. Quanto alla figura del CTU, l'onorevole Ascari mi viene a nozze. Certamente bisognerebbe evitare. Buona parte dei consulenti lo fanno già deontologicamente, ma non è previsto che ci sia una sovrapposizione di ruoli, perché noi in quasi tutti i tribunali vediamo consulenti d'ufficio che alle ore 15 fanno la consulenza d'ufficio e alle ore 17 ci si ritrova – magari sono gli stessi – che il CTU è il CTP della mamma o del papà. Su questo bisognerebbe essere secondo me estremamente rigorosi e prevedere una situazione di incompatibilità. Chi fa il consulente tecnico d'ufficio non può fare il consulente di parte, se non magari in consulenze che si svolgono al di fuori del distretto, perché effettivamente possono esserci situazioni di imbarazzo o comunque di eccessiva conoscenza che può anche andare un po' a turbare quella che è la valutazione del giudizio.
  Mi vengono in mente mutatis mutandis la situazione dei giudici onorari. Il giudice onorario che svolge il suo ruolo di giudice onorario non può, all'interno dello stesso tribunale, svolgere anche funzioni di avvocato. Ma questo mi sembra il minimo. Certamente sarebbe opportuno implementare il numero dei consulenti, anche perché poi – io non so come avvenga in tutti i tribunali d'Italia, so quelli che conosco, Milano, Torino, Genova – vedo che il numero dei consulenti è ristretto e i consulenti di ufficio hanno poco ricambio, probabilmente perché quelli che i tribunali Pag. 15nominano sono effettivamente persone particolarmente capaci e valide. Esiste poi anche un vincolo fiduciario sulle capacità. Certo, bisognerebbe ampliare il novero dei consulenti d'ufficio, ma prevedere degli albi speciali. Chi si iscrive nell'albo dei consulenti d'ufficio non può svolgere nello stesso tribunale anche il ruolo di consulente di parte.
  Ci sono tantissime domande. Sarebbe bellissimo stare tutta la mattina a discutere. L'onorevole Giannone mi parlava della figura del curatore speciale. Io penso questo personalmente, e vengo da una realtà in cui forse sono stato privilegiato per tanti aspetti e poi ho avuto un'interruzione. Io vengo da Genova e ricorderei che ancora negli anni Ottanta il tribunale di Genova aveva sollevato questioni di costituzionalità della legge sul divorzio perché non prevedeva la nomina di un curatore speciale al minore. La Corte costituzionale che avevamo negli anni Ottanta dichiara inammissibile con poche frasi quella questione, ma dicendo: «Non è necessario, c'è il pubblico ministero».
  Chi tutela al meglio gli interessi del minore è il pubblico ministero. Tutti noi sappiamo che il pubblico ministero nelle cause civili, soprattutto davanti al tribunale ordinario, ha altre cose a cui pensare. Certamente oggi l'avvocatura è chiamata a un ruolo nuovo, perché il curatore speciale che dovrà essere nominato sarà sempre più nominato. Oggi ai tribunali dei minori arrivano a raffica nomine di curatori speciali, perché dopo che la Corte di cassazione ha detto ai tribunali dei minorenni che sarebbero tutti nulli i provvedimenti assunti, arrivano a raffica.
  Ma che cosa vuol dire fare il curatore speciale? Curatore speciale, come giustamente diceva l'onorevole Giannone, non ci si improvvisa. È un lavoro estremamente complesso, è estremamente impegnativo. Che cosa si vuole dal curatore speciale? Dico questo memore della nomina di curatore speciale nei procedimenti di adozione prima della riforma instaurata nel 2001. Ricorderete che prima il procedimento di adozione era così fatto: il tribunale dei minorenni con un decreto, ritenuti sussistenti i presupposti, dichiarava lo stato di abbandono. Contro questa dichiarazione abbastanza sommaria i genitori o i parenti potevano fare opposizione al tribunale per i minorenni, lo stesso tribunale dei minorenni che prima prendeva un provvedimento provvisorio e poi andava a decidere nella pienezza del contraddittorio. In questo caso la legge prevedeva la nomina del curatore speciale.
  Che cosa avevamo constatato? La preferenza da parte dei tribunali nei confronti di curatori che potessero essere sulla lunghezza d'onda. Spesso, purtroppo, curatori che tendevano o a rimettersi alla valutazione della Corte o a ritenere che quella valutazione fosse positiva. Questo non deve essere. Nei nostri corsi che abbiamo organizzato e che stiamo sempre più organizzando, oltre a dover formare i curatori nell'ascolto, nell'approccio, gli raccomandiamo di essere portatori di un pensiero autonomo, perché il curatore in quel momento è chi rappresenta il minore.
  Certamente il curatore ben potrà dire: «Il bambino verrà a stare con la mamma o col papà perché è una pacchia, perché con la mamma o col papà non si fa nulla, ci si diverte», però tutto questo dovrà essere esplicitato senza che il curatore abbia il timore di potersi anche rendersi inviso al tribunale. Quando c'è da fare una richiesta, magari in contrasto con dei provvedimenti provvisori o comunque con una linea che il tribunale può essersi già programmato, ci deve essere.
  Certamente la nomina del curatore speciale comporterà per l'avvocatura un impegno notevole, perché fare il curatore speciale non deve essere un éscamotage per avvocati che vogliono incrementare la loro clientela; non è questo, perché il curatore speciale diventerà una professione vera e propria dove noi avremo come cliente un minore. Ma dovremo assisterlo con la stessa professionalità e la stessa cura con cui noi seguiamo i maggiorenni.
  La butto lì, perché qui ne stiamo discutendo. C'è un'altra questione complessa, perché se vogliamo giustamente una prestazione professionale adeguata ci sarà il problema anche del chi paga il curatore Pag. 16speciale. Questo secondo me è importante. Per ora il curatore speciale viene pagato beneficiando del patrocinio a spese dello Stato. Si può anche pensare se sia sempre una soluzione corretta, perché certamente il patrocinio a spese dello Stato, quindi la finanza pubblica, dovrà intervenire laddove i genitori non abbiano queste disponibilità. Forse si può pensare di rivedere il contesto laddove ci siano dei genitori benestanti, che peraltro non riescono a elaborare tra di loro un progetto di genitorialità e il tribunale gli nomina un curatore speciale. Il problema potrebbe essere: «Ma perché mai le casse dell'erario devono essere ulteriormente compulsate per lo svolgimento di una funzione importantissima, sempre però nell'interesse privatistico di quel minore?» Ecco che penso, ma è un'altra delle questioni su cui stiamo tanto riflettendo, di vedere anche le modalità di pagamento del curatore speciale.
  L'onorevole Ascari mi chiedeva della mia esperienza di allontanamenti. Sono relativamente pochi, però posso dire questo: a me fa abbastanza paura, in qualche procedimento che ho difeso, leggere consulenze tecniche dove si trova la parola «bonifica». Oggi va tanto questo: un bambino ha delle criticità? Sono imputabili alla mamma, al papà, deve essere bonificato. A me già la parola «bonificato» mi fa venire in mente l'Agro pontino, ma non il bambino. Ho avuto due esperienze di allontanamento.
  In una sono intervenuto in corsa, perché il procedimento era quasi alla fine. Era una situazione effettivamente critica, dove si trattava però di una bimba in età prescolare che manifestava un forte disagio nell'incontrare il padre. Era stata nominata una consulente, che diceva: «Se questa soluzione non fosse emendabile, la situazione sarebbe quella di un collocamento in casa famiglia». Fatto sta che il tribunale dispone il collocamento perché la situazione non migliora in casa famiglia.
  La mattina in cui gli assistenti sociali dovevano andare all'asilo di questa bimba per portarla in una casa famiglia, fortuna (per me) vuole che quella mattina la bimba era raffreddata, aveva un problema di salute, e non è andata a scuola. I servizi vanno su delega, non trovano nessuno, nel frattempo viene notificato alla mamma il provvedimento di allontanamento.
  Cosa ho fatto? Qui forse ho anche un po' precorso la riforma. Reclamo immediato alla Corte d'appello contro il provvedimento interinale, perché siamo all'interno del procedimento che andava avanti per i fatti suoi, di allontanamento. Si doveva intervenire ad horas. Devo dire che la Corte d'appello di Genova è sempre stata molto sensibile a queste tematiche, ritenendo che anche provvedimenti provvisori – perché poi ci sarebbe tutto un altro problema – siano reclamabili davanti alla Corte di appello quando incidono sui diritti fondamentali del minore, in primis quello a vivere nella propria famiglia di origine.
  Io faccio immediatamente reclamo proprio a spron battuto alla Corte di appello, chiedendo la sospensiva del provvedimento del tribunale e chiedendo la sospensiva direttamente al presidente. La legge, come tutti sappiamo, prevede che in casi particolari la sospensiva può essere disposta dal presidente della Corte con un provvedimento iper provvisorio che dovrà essere poi modificato o confermato dalla stessa Corte in composizione collegiale in un congruo termine, e poi la decisione successiva.
  La Corte d'appello aveva immediatamente sospeso l'ingresso della bambina in struttura; era stata nominata poi, all'interno dello stesso procedimento di reclamo contro il provvedimento presidenziale, una consulenza tecnica effettuata da uno specialista in questo settore, il quale si dimostra critico, ma con una criticità direi motivata rispetto alle conclusioni cui è arrivato il CTU del tribunale. È arrivato all'affermazione, che poi è un po' quella che troviamo nella pronuncia Massaro, che un provvedimento di quel tipo, semmai anche fosse servito a bonificare una bambina, non avrebbe tenuto conto dell'enorme pregiudizio che una bambina in età prescolare avrebbe avuto per essere stata sempre in un contesto materno dove stava bene, doveva aveva amici, dove aveva relazioni, dove aveva la scuola e gli amichetti, tutto, per essere allontanata in un contesto in cui era Pag. 17previsto dal CTU e recepito dal tribunale quel taglio, quella decisione netta.
  La decisione netta del taglio della relazione della bimba di anni cinque o sei con entrambi i genitori per almeno un periodo di due o tre mesi e poi la possibilità di riprendere questi incontri. Mi fa piacere ricordare una giurisprudenza che in questo senso è riuscita a bloccare questo tipo di situazione. Cito un altro tipo di situazione e un altro tipo di autorità giudiziaria, relativo a una bambina un po' più grande inserita in una struttura con divieto di mantenere contatti con il papà e con la mamma, un divieto peraltro molto contenuto nel tempo. La bambina all'inizio aveva mostrato una grandissima insofferenza, ma dietro c'era un progetto particolarmente strutturato. Dopo un primo periodo di totale recisione della relazione la bambina ha potuto riprendere i rapporti con la madre e col padre. Successivamente la bambina rientra nella sua famiglia di origine e viene collocata presso la mamma, ma una successiva consulenza evidenzia come la bambina sia riuscita a recuperare un buon rapporto con entrambi e mentre prima con la mamma era oppositiva, adesso questa situazione si è sbloccata. Certamente va visto caso per caso, ma una cosa è importante e mi piace della riforma: la possibilità di andare a reclamare anche i provvedimenti provvisori. Oggi, soprattutto con il tribunale per i minorenni più che con il tribunale ordinario, la volontaria giurisdizione fa sì che il giudice si esprima tramite provvedimenti provvisori: prima che un fascicolo sia chiuso con un provvedimento definitivo ne passa. Il problema che spesso però ho riscontrato in altre realtà è quello formale: contro i provvedimenti provvisori non si può fare reclamo perché reclamo si fa solo contro i provvedimenti definitivi. La riforma ci ha detto che non è così perché anche contro provvedimenti provvisori che riguardano situazioni che incidono sui diritti fondamentali si deve e si può fare reclamo. L'esperienza che io rimetto è quindi un'esperienza positiva e abbiamo tutti interesse che la riforma sia accompagnata da una profonda specializzazione – lo dice bene l'onorevole Ascari e io condivido in pieno – da parte dell'avvocato e anche nello stesso tempo da parte del giudice. Trovo utile e anche positiva l'eliminazione della famosa clausola che riguarda il vincolo di decennalità del magistrato dalla funzione. Forse sarebbe un peccato se tanti magistrati addetti alle sezioni famiglia dei nostri tribunali che si sono formati e che stanno maturando in questi giorni il vincolo di decennalità – se non ci fosse una previsione che viene a salvaguardare questa situazione – dovessero trovarsi a cambiare di ufficio. Questo vorrebbe dire una perdita notevole per l'utenza, ma anche una perdita per la stessa organizzazione della giustizia perché per avere dei magistrati nuovi e formati ci vorranno investimenti, tempo e soprattutto una collaborazione intensa.

  PRESIDENTE. Avvocato, ho un'altra domanda da parte dell'onorevole D'Arrando, ed eventualmente le chiedo di rispondere poi per iscritto perché dobbiamo chiudere l'audizione. Prego, onorevole D'Arrando.

  CELESTE D'ARRANDO. Buongiorno, intanto la ringrazio perché è stato molto utile e vado alle domande velocemente. Rispetto all'ultimo punto parlava della profonda specializzazione necessaria per avvocati e magistrati. Le chiedo se a questo punto sarebbe opportuno garantire una certa continuità dell'attività dei magistrati proprio perché maturano una certa esperienza ovviamente, magari mettendo dei criteri per evitare delle distorsioni che possono presentarsi. Penso che mi abbia capito, non entro nel dettaglio. Ho una seconda domanda. Crede che sia necessario anche intervenire e investire nell'importanza di figure sul territorio e quindi di una rete sociale affinché si aiutino le famiglie nelle relazioni intrafamiliari? Molto spesso il problema non è che non ci sia la capacità genitoriale, ma avere gli strumenti necessari per fronteggiare le vicissitudini all'interno di una famiglia.

  ALBERTO FIGONE, rappresentante dell'Associazione Italiana degli Avvocati per la Pag. 18Famiglia eper i minori. La risposta è sì, e rispondo anche all'onorevole Giannone.

  CELESTE D'ARRANDO. Va bene, ho una terza domanda. Ritiene che rispetto ai curatori speciali ci sia la necessità – proprio per la questione di dipendenza e indipendenza dal tribunale – di un codice deontologico e quindi di andare a meglio circoscrivere l'attività del curatore con un riconoscimento della stessa? Ultime due domande, sarò velocissima. Ritiene che il ruolo di psicologi e psicoterapeuti non debba essere di giudizio e quindi di espressione di un parere tecnico, ma bensì di quello dell'individuazione di aspetti e di punti su cui andare a lavorare affinché ci sia poi un rientro nella famiglia d'origine? Ovviamente laddove non ci siano delle situazioni critiche. L'ultima domanda riguarda la questione del personale all'interno delle comunità familiari. Ritiene anche in questo caso che sia opportuno andare a rivalutare che tipologia di persone deve esserci e con quale tipo di formazione proprio perché anche in questo caso ci sono spesso e volentieri delle distorsioni? Ho finito e ringrazio la presidente per avermi consentito queste domande.

  ALBERTO FIGONE, rappresentante dell'Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori. Se vuole, posso rispondere anche oralmente e brevemente.

  PRESIDENTE. Prego, avvocato.

  ALBERTO FIGONE, rappresentante dell'Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori. Mi trova concorde su tutti i punti. Non si possono fare le grosse riforme a costo zero. Sappiamo benissimo tutti i problemi che ci sono, ma bisogna implementare una rete di servizi e una rete di sostegno a favore delle famiglie. Non lo dico io, ce lo dice la Costituzione e quindi una parte dei fondi che sono stanziati dovrebbe servire per fare opera di prevenzione. In merito alla seconda questione certamente il curatore speciale ha bisogno di regole e di un codice deontologico, penso che sia estremamente importante. Oggi noi navighiamo a vista e facciamo di tutto e di più, ma è importante avere delle regole precise soprattutto per le nuove generazioni che verranno dopo di noi e che devono formarsi. Le nostre regole deontologiche ci impongono soltanto di avere rapporti diretti col minore, ma quando siamo avvocati di una delle parti e non quando siamo curatori speciali, quindi bisogna spiegare bene quali sono i ruoli reciproci. L'altra domanda riguardava la consulenza che certamente dovrà dare degli spunti di riflessione al giudice, e non dare già la risposta al quesito che il giudice pone, perché in questo modo diventa anche più formativa. Il consulente dovrà dare degli elementi di valutazione al giudice che ne trarrà tutte le conseguenze per la formazione del suo convincimento. Riguardo all'ultimo tema, certamente occorre una qualificazione del personale operativo nelle strutture delle case famiglia. Ripeto, non voglio demonizzare assolutamente le case famiglia per il fatto che alcune situazioni non sono state eccezionali, ma altre lavorano bene. Certamente c'è la necessità di avere al loro interno delle professionalità e delle specializzazioni ancora maggiore, e sarebbe utilissimo che fosse così.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'avvocato Figone, e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.45.