XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (XI e XIV)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 6 aprile 2022

INDICE

(La seduta comincia alle 15) ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Mura Romina , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, di Elisabetta Gualmini ed Elena Lizzi, componenti italiane della Commissione per l'occupazione e gli affari sociali (EMPL) del Parlamento europeo, nell'ambito dell'esame della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali (COM(2021)762 final) (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento) :
Mura Romina , Presidente ... 3 
Lizzi Elena , parlamentare europea del gruppo Identità e Democrazia (intervento da remoto) ... 3 
Mura Romina , Presidente ... 5 
Gualmini Elisabetta , parlamentare europea del gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici (intervento da remoto) ... 5 
Mura Romina , Presidente ... 8 
Rizzetto Walter (FDI)  ... 8 
Mura Romina , Presidente ... 8 
Murelli Elena (LEGA)  ... 8 
Mura Romina , Presidente ... 9 
Galizia Francesca (M5S)  ... 9 
Mura Romina , Presidente ... 9 
Gualmini Elisabetta , parlamentare europea del gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici (intervento da remoto) ... 10 
Mura Romina , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Europa Verde-Verdi Europei: Misto-EV-VE;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea: Misto-M-PP-RCSE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DELLA XI COMMISSIONE ROMINA MURA

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione, in videoconferenza, di Elisabetta Gualmini ed Elena Lizzi, componenti italiane della Commissione per l'occupazione e gli affari sociali (EMPL) del Parlamento europeo, nell'ambito dell'esame della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali (COM(2021)762 final).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, l'audizione in videoconferenza, di Elisabetta Gualmini ed Elena Lizzi, componenti italiane della Commissione per l'occupazione e gli affari sociali (EMPL) del Parlamento europeo, nell'ambito dell'esame della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali (COM(2021)762 final).
  Avverto che agli interventi delle onorevoli Gualmini e Lizzi seguiranno gli interventi dei deputati che lo richiederanno e infine la replica. Anche a nome del presidente della XIV Commissione della Camera, Sergio Battelli, e di tutti i colleghi delle Commissioni riunite, ringrazio nuovamente le nostre ospiti per la loro disponibilità e cedo immediatamente la parola a Elena Lizzi. Prego.

  ELENA LIZZI, parlamentare europea del gruppo Identità e Democrazia (intervento da remoto). Grazie, presidente, e grazie anche a tutti i presenti e coloro che vorranno intraprendere l'approfondimento di questo argomento. Ringrazio anche la collega, perché è stata così gentile da concedermi di aprire i lavori anche perché più tardi ho un volo e quindi per me è un po' più complicato. Volevo innanzitutto ringraziarvi per l'opportunità di questa audizione.
  Noi ci concentreremo, naturalmente, sugli aspetti più europei della proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni nel lavoro mediante piattaforme digitali, perché abbiamo visto che gli aspetti tecnici vi sono stati già ampiamente illustrati nella documentazione dei servizi della Camera, che ringraziamo anche per il collegamento.
  Io farò piccole note di contesto. Dobbiamo tenere presente che senza la proposta in esame, nella materia del lavoro e negli affari sociali, da un lato, e nella materia della concorrenza, dall'altro, in determinati Stati membri si rischia un po', se mi permettete il termine, la «giungla» in ambito sociale e occupazionale. Vi propongo, prima di delineare un po' il contesto, alcuni motivi di riflessione e anche delle domande. La direttiva è lo strumento più adeguato o no? Fino a che punto le Istituzioni europee si possono spingere nel regolamentare la materia? Nella prospettiva di un incremento del settore del digitale, è il caso di valutare in modo ampio la proposta di direttiva e leggerla in combinato disposto con la proposta di direttiva relativa ai salari minimi adeguati, che, quando e se sarà adottata, istituirà un quadro per migliorare l'adeguatezza dei salari minimi e aumentare l'accesso dei lavoratori alla tutelaPag. 4 garantita dal salario minimo, nonché con la proposta di direttiva sulla trasparenza delle retribuzioni, sulla quale abbiamo votato ieri, che, una volta adottata, rafforzerà l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.
  Noi naturalmente facciamo queste considerazioni, perché guardiamo il panorama europeo, mentre sappiamo benissimo che l'analisi che viene fatta all'interno di ogni singolo Stato membro chiaramente ha in proiezione il sistema giuridico interno.
  Secondo noi la transizione digitale, che è stata accelerata dalla pandemia di COVID-19, sta plasmando l'economia dell'Unione europea sui mercati del lavoro. Le piattaforme digitali sono diventate un elemento importante di questo nuovo panorama sociale ed economico emergente, la loro espansione prosegue e le entrate del settore nell'Unione europea sono cresciute del 500 per cento negli ultimi cinque anni, rappresentando un dato molto importante. È per questo motivo che, per evitare una corsa al ribasso nelle pratiche occupazionali e nelle norme sociali a discapito dei lavoratori, l'Unione europea ha creato una base minima di diritti dei lavoratori che si applicano in tutti gli Stati membri.
  La piattaforma comune dei diritti e degli obblighi che vincolano l'insieme dei Paesi dell'Unione europea quali membri dell'Unione stessa in materia sociale di lavoro stabilisce le norme minime attraverso una serie di strumenti fondamentali.
  Secondo noi la Commissione europea si è mossa in materia sociale e di lavoro con grande attenzione e nel rispetto del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, come recentemente accaduto sulla proposta di direttiva relativa ai salari minimi adeguati e su quella sulla trasparenza delle retribuzioni. Spesso – su questo magari vi chiedo di filtrare, quando sentirete le notizie europee – sono più problematiche le spinte di alcuni gruppi politici del Parlamento europeo, che non sempre sono disponibili a restare nei limiti legati alla competenza legislativa dell'Unione. Per questo i testi che noi licenziamo al Parlamento europeo devono essere ricondotti e rielaborati nei cosiddetti «triloghi».
  A nostro avviso dovremmo apprezzare che la proposta in esame, nei limiti appena ricordati e inserita nel contesto di una convergenza dettata dal Pilastro europeo dei diritti sociali, cerchi di fornire strumenti e criteri per definire e contrastare due fenomeni in evidente aumento: il nomadismo digitale e la delocalizzazione, che sono due fenomeni con cui spesso dobbiamo fare i conti. Su questi aspetti mi permetto di richiamare la vostra attenzione.
  Al fine di dare strumenti, la proposta mette in luce le caratteristiche che connotano la condizione di molti dei lavoratori operanti mediante le piattaforme digitali. Non vi ricordo di nuovo le stime della Commissione, però, in media, i lavoratori delle piattaforme trascorrono quasi la parità del tempo svolgendo compiti non retribuiti piuttosto che compiti retribuiti.
  Poi vi è la questione più spinosa dell'errata classificazione della situazione giuridica dei lavoratori mediante piattaforme digitali. Infatti, oltre il 90 per cento è considerato lavoratore autonomo, ma purtroppo non sempre lo è nei fatti. Secondo una stima contenuta nella proposta, fino a 5,5 milioni di persone che lavorano mediante piattaforme digitali potrebbero essere a rischio di errata classificazione della situazione occupazionale. Potete capire da soli che su un totale di 28 milioni di persone che lavorano con questo strumento, questo è sicuramente di grande impatto.
  La prospettiva della Commissione mette in campo degli strumenti che sono sostanzialmente quelli che avete letto, ovvero la corretta qualificazione della situazione giuridica, la regolamentazione della gestione algoritmica e la trasparenza in merito al lavoro, però io non mi soffermo su tali aspetti, perché rispetto il ruolo della collega Gualmini, che sicuramente avrà occasione di approfondire.
  A me hanno colpito alcune cose in questo percorso, che forse è degno di essere approfondito ancora di più in Italia. Ad esempio, mi ha colpito che il rischio di errata classificazione è principalmente determinato dalla mancanza di chiarezza normativa, ma questoPag. 5 ovviamente deve essere definito all'interno dello Stato membro.
  Come Italia siamo uno dei Paesi che ha almeno cominciato ad affrontare il tema, praticamente insieme a Spagna e Francia, con una prima legislazione settoriale, che però si è concentrata sulle piattaforme di trasporto a chiamata e di consegna, mentre noi ci stiamo chiedendo se, oltre a questi lavori sulle piattaforme, con l'incremento dell'importanza del digitale non sorgeranno nuove professionalità, che dovranno essere tutelate secondo i nuovi principi.
  Per esempio, a me sono venuti in mente i traduttori, ma sta a voi pensare quali ulteriori forme di lavoro possano essere a rischio, in un percorso digitale di un decennio, che è un altro file che sto seguendo come relatrice ombra, e fare in modo che non nascano ulteriori necessità di tutele.
  Noi ci stiamo approcciando alla materia con grande attenzione e ci riserviamo di approfondire – questa è un'altra cosa che mi ha colpito, su cui forse l'onorevole Gualmini ha qualche elemento in più – i motivi per cui l'Italia abbia un numero più elevato di lavoratori delle piattaforme. Infatti, secondo i dati che abbiamo letto, ci sarebbero 4,13 milioni di lavoratori di piattaforme con 26 piattaforme attive. Se confrontiamo questi numeri con quelli del Paese che detiene il maggior numero di piattaforme, che è la Francia, questo ci fa incuriosire, perché la Francia avrebbe circa 3 milioni dei lavoratori delle piattaforme con 89 piattaforme attive. Forse questo a livello italiano è un argomento che merita un approfondimento. Magari qualche spiegazione ci sarà e io non la conosco.
  Inoltre, sicuramente dal punto di vista politico, l'elemento probabilmente che avrà più evidenza e difficoltà sarà l'inversione dell'onere della prova, che è posto in capo alle piattaforme digitali nel contesto dell'applicazione della normativa nei singoli Stati membri. Immaginiamo, come vi ho detto, che su questa specifica previsione normativa si consumerà un confronto molto acceso, ma bisognerà vedere l'impatto dal punto di vista normativo sui singoli Stati e come reagiranno gli Stati al momento del trilogo nella sede del Consiglio.
  Io mi fermerei qui, ringraziandovi di nuovo per il coinvolgimento. Resto in collegamento più che posso e ringrazio nuovamente la collega Gualmini per avermi permesso di intervenire prima. Resto a disposizione per eventuali aggiornamenti e approfondimenti anche dopo l'odierna audizione. Vi ricordo, come dirà anche l'onorevole Gualmini, che noi abbiamo una scadenza per gli emendamenti, che è il 1° giugno a mezzogiorno. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Lizzi. Cedo ora la parola all'onorevole Gualmini. Prego.

  ELISABETTA GUALMINI, parlamentare europea del gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici (intervento da remoto). Grazie mille. Intanto vi ringrazio per questa opportunità e naturalmente ringrazio anche la mia collega, Elena Lizzi, che svolge un lavoro importante di relatrice ombra su questa importantissima proposta di direttiva.
  Intanto dico due parole sul contesto. Io penso che sia una delle misure legislative vincolanti più importanti per gli Stati membri, forse la più rilevante, nell'ambito della dimensione sociale di questa legislatura europea. È un provvedimento che, insieme alla direttiva sul salario minimo, che verrà sperabilmente approvata nel corso dei prossimi mesi o massimo nel giro di un anno, va a costituire uno dei capisaldi del Pilastro europeo dei diritti sociali che è stato già varato nella scorsa legislatura, nel 2017. Sono provvedimenti importanti che toccano i diritti e le tutele di milioni di lavoratori e di lavoratrici in Europa, il cui numero, come tutti sappiamo, è esponenzialmente aumentato durante la fase di pandemia.
  È un bene che ci sia questo rinascimento sociale dal punto di vista delle Istituzioni europee e, tra l'altro, insieme ai provvedimenti riguardanti i lavoratori delle piattaforme digitali e il salario minimo, abbiamo i nuovi provvedimenti sulla «Garanzia bambini», che completa la «Garanzia giovani», e sul programma SURE (Support to mitigate unenmployment risk in an emergency), che ha finanziato in Italia la cassa integrazione Pag. 6guadagni. Per la prima volta nel post-pandemia abbiamo assistito a un riequilibrio di sapore sociale rispetto alla dimensione economicista dell'Unione europea che, invece, è stata dominante durante la storia dell'integrazione comunitaria.
  È un provvedimento importante che, ovviamente, richiederà delle modifiche a livello nazionale. Penso che anche il caso italiano, ma lo sapete meglio di me, sarà interessato rispetto alla norma in vigore in Italia, in particolare sui ciclofattorini. Ma è un provvedimento che guarda un po' a tutti i lavoratori delle piattaforme digitali – questo è il primo aspetto – e non solo certamente ai cosiddetti «rider».
  Quali sono gli obiettivi di questo provvedimento proposto dalla Commissione europea? Per noi – io sono relatrice del provvedimento, ma appartengo al gruppo dei Socialisti Democratici – è già una buona base di partenza, anche se ci accingiamo nel negoziato parlamentare a migliorarne degli aspetti.
  Intanto questo è un provvedimento che riguarda le condizioni di lavoro, quindi la base legale dell'articolo 153 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Senza invadere le competenze nazionali, che rimangono assolutamente esclusive in termini di politiche del lavoro, esso guarda alle condizioni oggettive, quindi ai fatti e agli elementi concreti, che hanno a che vedere con le modalità con cui si svolge il lavoro tramite piattaforme.
  Uno degli obiettivi è quello di omogeneizzare e armonizzare quanto più possibile la situazione nei ventisette Stati europei. Ad esempio, noi abbiamo piattaforme che hanno fatto accordi con il sindacato assolutamente positivi, ma solo in alcuni Paesi e in altri no, quindi non si capisce bene come mai ci sia una situazione a macchia di leopardo. Abbiamo alcuni Paesi che hanno addirittura leggi statali, come la Spagna, e altri che hanno norme introdotte in altri provvedimenti. Quindi vi è una situazione di grande eterogeneità.
  Sulla scia anche di quanto elaborato dalle sentenze di diversi tribunali e corti in tutta Europa – pensiamo anche all'Italia con i tribunali di Milano, Bologna e Roma, ma pensiamo anche all'Olanda, alla Spagna e al Regno Unito – che hanno creato un'opinione piuttosto condivisa, cioè che gran parte di quei lavoratori che svolgono un lavoro come quello di ciclofattorino in realtà sono lavoratori dipendenti a tutti gli effetti, è stata colta l'occasione di offrire una base minima e un quadro generale da questo punto di vista. Questo è il primo obiettivo.
  Il secondo obiettivo è quello di offrire una corretta classificazione dello status dei lavoratori delle piattaforme, senza voler introdurre, lo dico molto chiaramente, delle norme punitive contro qualsiasi tipo di flessibilità. Non è che la flessibilità, di per sé, sia per forza e sempre cattiva. C'è sicuramente una parte di questi lavoratori che desidera cumulare un lavoro di questo tipo con altri impegni personali, come lo studio universitario o altri lavori, o altri lavoratori che desiderano mantenere un rapporto di lavoro, ad esempio, assolutamente autonomo. Non è che da domani vogliamo che tutti diventino lavoratori subordinati, ma vogliamo che, laddove il lavoro autonomo sia solamente finto, falso, celando in realtà un rapporto di lavoro subordinato, questo vada assolutamente corretto e sia classificato nuovamente.
  Il terzo obiettivo, dopo l'omogeneità e la corretta identificazione dello status, consiste forse nella parte più innovativa del provvedimento, ovvero quella di proporre una regolazione molto delicata, che probabilmente va corretta, sugli algoritmi, su cosa sono questi algoritmi, su che tipo di potere «esercitano» sui lavoratori, su quanta trasparenza ci deve essere e così via.
  Non vi nascondo che c'è anche un quarto obiettivo, anche se laterale, che è quello di far sì che queste piattaforme dichiarino la loro esistenza e soprattutto dichiarino dove lavorano i lavoratori che con esse hanno un rapporto di impiego, senza sfuggire, in primo luogo, al fisco dei diversi Stati nazionali, in modo che ci sia anche una equa contribuzione alle entrate dei diversi Stati nazionali e in modo che non ci sia solo una scorretta contabilizzazione dei profitti.
  Il provvedimento si divide tutto sommato in due grandi parti e vi dico anche i punti dove noi vorremmo intervenire rispetto alla proposta che voi avrete letto. La prima parte Pag. 7è quella che si incentra appunto sullo status, dove la Commissione inserisce, all'articolo 4, la cosiddetta «presunzione legale», che si può chiamare anche «presunzione sul vincolo di subordinazione»; ovvero noi diciamo che, se le condizioni oggettive effettivamente descrivono una totale dipendenza sul piano dell'organizzazione del lavoro, delle ferie o delle pause che un lavoratore può avere, sul piano del salario e sul piano della clientela che direttamente non può avere, se quindi ci sono delle condizioni che giocoforza portano a un rapporto di subordinazione, quello diventa un lavoro subordinato, se viene dimostrato che è tale, e farà riferimento a tutte le tutele sociali e previdenziali esistenti nei contratti collettivi nazionali, oppure delle leggi nazionali.
  Vengono elencati a questo proposito alcuni criteri – la direttiva dice che ne valgono due – che descrivono il carattere della possibile dipendenza. Il lavoratore può adire una corte o un tribunale e può dimostrare e utilizzare questi criteri per poter far valere il suo status di lavoratore dipendente qualora avverta che in realtà non è un lavoratore autonomo, come la piattaforma vorrebbe.
  C'è una lista di criteri, su cui vi dico subito che è molto aperto il dibattito, perché ci chiediamo se siano criteri esaustivi, ma probabilmente non lo sono, e soprattutto se saranno duraturi nel corso dei prossimi anni. Sono criteri che possono valere nei procedimenti amministrativi e giudiziari nei diversi Paesi europei. Ci sono Paesi in cui anche un ispettorato del lavoro, un'autorità che controlla il lavoro, può dire, investigando nell'ambito di un rapporto di impiego: «Qui c'è una situazione sospetta. Utilizzo questi criteri per far valere il rapporto di subordinazione».
  Quando la piattaforma decide di dimostrare comunque che il lavoratore si sbaglia e che quel rapporto di impiego deve continuare a essere considerato come autonomo, tocca alla piattaforma, in sede di conflitto, dimostrare che il lavoratore risponde ai criteri dell'autonomia, accollandosi tutti i costi di un eventuale processo e di un eventuale conflitto sul lavoro. Questo per quanto riguarda lo status. È chiaro che, invece, quei lavoratori, le cui condizioni di lavoro riflettono un lavoro di tipo autonomo, pensando non solo ai ciclofattorini, ma anche al lavoro su piattaforme online come traduttori, consulenti e analisti, se sono contenti, lì non c'è nessun problema a iniziare determinati conflitti davanti a un tribunale.
  Avviandomi alle conclusioni, la seconda parte della proposta di direttiva si occupa, invece, della gestione dell'algoritmo, che è consustanziale alla piattaforma stessa. Viene previsto un diritto alla trasparenza, ovvero al fatto che i lavoratori siano messi nelle condizioni di avere informazioni innanzitutto sul loro rapporto d'impiego, su quello che devono fare, su quanto devono guadagnare e su come è organizzato il lavoro, quindi di avere informazioni il più possibile chiare e trasparenti. Viene inoltre previsto l'obbligo del riesame umano, ovvero il lavoratore può in ogni momento chiedere che i sistemi automatizzati di monitoraggio e anche di decisione vengano comunque valutati, rivisti e interpretati da una persona fisica che può dare riscontro su qualsiasi cosa, una persona cosiddetta «di contatto». Allo stesso modo, noi vorremmo introdurre nella direttiva, poiché non è chiarissimo questo punto, il fatto che le decisioni critiche nel ciclo di vita del lavoratore, come, ad esempio, il licenziamento, debbano essere adottate e attuate da un essere umano e non da un automatismo o da un algoritmo.
  Vi è poi una timida ma presente promozione del dialogo sociale, quindi il fatto che ci sia una consultazione delle parti anche sul funzionamento dell'algoritmo, senza entrare troppo nel problema della proprietà intellettuale dei dati. Si dice poi che i dati che le piattaforme possono utilizzare sono quelli strettamente attinenti al rapporto di impiego, al momento professionale del lavoratore e non alla sua vita privata in modo da evitare il profiling, il targeting e fenomeni simili.
  Chiediamo poi che ci sia una dichiarazione scritta da parte delle piattaforme sulla loro presenza in un determinato territorio nazionale, anche circa il numero di lavoratori impiegati. Inoltre, sempre in questa parte del provvedimento, vorremmo inserire in maniera più chiara l'aspetto del subappalto, quindi l'annoso problema che si presenta del subcontracting, per cui alcune piattaforme, Pag. 8alla fine, non chiedono di svolgere direttamente la prestazione professionale, ma subappaltano, subappaltano e subappaltano. Questo è un aspetto che vorremmo maggiormente delineare nel provvedimento.
  Vi è poi anche il desiderio di estendere la validità di questo provvedimento a tutto il mondo del lavoro che si sviluppa nell'ambito del funzionamento degli algoritmi e del settore digitale – ad esempio, pensiamo ad Amazon –, ma su questo dovremo capire quale linee di connessione ci permettono anche altri provvedimenti europei, come il regolamento sull'intelligenza artificiale, che è l'atto più importante che oggi sta per essere negoziato in parallelo, e le direttive già approvate sui servizi digitali e sul mercato digitale.
  Il provvedimento è promettente. Iniziamo i negoziati in Parlamento, praticamente con un testo proposto dal Parlamento medesimo, tra la fine di aprile e l'inizio di maggio e gli emendamenti possono essere presentati, come ha detto la collega, entro il 1° giugno. Prevediamo di approvare il testo del Parlamento entro la fine di questo anno, poi ci sarà il negoziato con il Consiglio, dove sono presenti gli Stati, e il tutto si spera venga approvato entro la fine del 2023. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Gualmini. Chiedo ai colleghi di iscriversi. Prego, onorevole Rizzetto.

  WALTER RIZZETTO. Grazie, presidente. Grazie all'onorevole Lizzi e all'onorevole Gualmini su un passaggio che secondo me è molto importante. Vorrei arrivare subito a tre domande molto rapide per le colleghe.
  Relativamente all'introduzione della presunzione di subordinazione, i motivi sono abbastanza ovvi rispetto ad un importante passo avanti rispetto al passato. La prima domanda è: non si teme che ci possano essere concreti problemi applicativi rispetto all'ordinamento dei singoli Stati? Ogni ordinamento ha un proprio specifico criterio di inquadramento, nel senso che da una norma che chiamiamo «quadro», questa norma deve essere chiaramente plasmata e vestita rispetto a tutti gli Stati membri. Secondo me ci saranno dei problemi al netto delle performance che le piattaforme possono fornirci. Volendo ancora una volta superare la presunzione che si tratti di un lavoratore subordinato, di fatto potrebbe anche non trattarsi di un lavoratore autonomo a 360 gradi, tanto per essere chiari, quindi non c'è una distinzione secca. Chiedo se ci sono delle preoccupazioni proprio rispetto alle applicazioni nell'ambito degli ordinamenti dei singoli Stati.
  Passando alla seconda domanda, per la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro si è deciso, come abbiamo visto, che gli inquadramenti possono essere due: subordinato e autonomo. Vorrei capire quali sono le motivazioni specifiche che hanno portato a escludere un regime speciale per un lavoro mediante le piattaforme.
  Passo alla terza e ultima domanda, ringraziandovi. In previsione che per le piattaforme ci debba essere una serie di oneri e adempimenti, come, ad esempio, quelli relativi – mi pareva che prima le audite ne avessero fatto cenno – alla modifica dei sistemi di gestione algoritmica, oppure quelli dovuti alla presunzione di subordinazione, chiedo se è lecito temere a questo punto, purtroppo, un aumento del lavoro irregolare o in nero, perché questo secondo me è un rischio. Se sì, quali iniziative di contrasto sotto questo punto di vista sono state previste? Grazie.

  PRESIDENTE. Onorevole Murelli, prego.

  ELENA MURELLI. Grazie, presidente. Ringrazio anche io le eurodeputate audite per le loro esaurienti relazioni sulle prospettive di discussione e sulle proposte che verranno presentate.
  Ho apprezzato la prospettiva e la visione che è stata illustrata, perché bisogna sempre pensare che il mercato delle piattaforme digitali e, in particolare, il mercato della transizione al digitale, che si stanno sviluppando, anche a seguito della pandemia, sia nel pubblico sia nel privato, porteranno grandi cambiamenti. La dimostrazione è questa differenza, come illustrava prima anche la eurodeputata Lizzi: ad esempio, in Francia ci sono ottantanove piattaforme e in Spagna, dove è stata approvata una normativa specifica, le piattaforme hanno abbandonato il mercato.
  Quindi bisogna essere legislatori lungimiranti e prevedere che cosa si può fare non Pag. 9per ingessare il mercato, ma, da una parte, per aiutare i lavoratori che vogliono lavorare con un rapporto di subordinazione – considerando che ci sono anche i lavoratori occasionali che, come ha detto il collega Rizzetto, vanno tutelati, e, soprattutto, i lavoratori autonomi, che, invece, vogliono rimanere autonomi – e, dall'altra parte, per contrastare anche i casi in cui, come diceva anche la eurodeputata Gualmini, il contratto di lavoro autonomo è utilizzato impropriamente non solo nell'ambito delle piattaforme digitali, poiché ci sono anche altri settori in cui viene utilizzato questo tipo di contratto.
  Analogamente chiedo – faccio la stessa domanda del collega – come fermare, invece, il lavoro nero garantendo i diritti dei lavoratori.
  Con un'ultima domanda, infine, chiedo come si intende intervenire nella prospettiva di questa visione futura, senza limitare lo sviluppo delle piattaforme digitali, ma rispettando i diritti minimi dei lavoratori. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Onorevole Galizia, prego.

  FRANCESCA GALIZIA. Grazie, presidente. Anche io ringrazio le eurodeputate che oggi hanno partecipato a questo incontro con le nostre Commissioni e che sicuramente ci hanno fornito dettagli molto importanti, che ci permetteranno di avere una visione più ampia su questa tematica che si sta affrontando a livello europeo.
  Devo dire che sono tanti gli input che in materia di lavoro ci stanno arrivando dall'Europa, non solo, per esempio, in relazione alla direttiva n. 2019/1158 che, con riferimento allo smart working, dà priorità ai genitori con figli fino a 12 anni e ai genitori di figli disabili, ma anche sulla parità salariale, oggetto di dibattito al Parlamento europeo. Si tratta di tematiche estremamente importanti.
  Anche la direttiva oggetto dell'audizione odierna è stata accolta favorevolmente dal nostro Governo. Infatti si sono susseguiti diversi comunicati stampa, in cui lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha detto che essa accoglie due importanti richieste italiane: la prima è quella di chiarire lo status dei lavoratori delle piattaforme, orientandosi a favore del riconoscimento di un rapporto di lavoro dipendente, mentre la seconda è quella di dare centralità al tema dell'utilizzo di algoritmi e sistemi di intelligenza artificiale.
  Tuttavia io volevo chiedervi un piccolo approfondimento legato a questo aspetto, perché nella relazione del Governo che è stata trasmessa al Parlamento si evidenzia che la direttiva presenta un ambito applicativo molto più ampio rispetto alle disposizioni nazionali attualmente vigenti in materia e, come hanno sottolineato anche i miei colleghi prima, ci sono alcuni punti che andrebbero meglio inquadrati alla luce del nostro ordinamento.
  La proposta, in particolare, opera in tre ambiti non specificatamente disciplinati a livello nazionale: il corretto inquadramento occupazionale, i nuovi diritti derivanti dall'uso degli algoritmi e i nuovi obblighi per le piattaforme. Vi chiedo di fornirci qualche altra informazione in merito, di esprimere la vostra opinione e, magari, di anticiparci se avete già pensato a presentare emendamenti in merito, che potremmo eventualmente valutare. Grazie.

  PRESIDENTE. Ci sono altri colleghi che intendono intervenire? Mi pare di no. Io volevo solo aggiungere una considerazione, riportando anche alcune osservazioni emerse dalle audizioni che la Commissione Lavoro ha già fatto sulla proposta di direttiva.
  Senza dubbio, finalmente con questa proposta di direttiva, così come con gli altri interventi citati dalle onorevoli Lizzi e Gualmini, si declina quel Pilastro sociale europeo che in questi anni abbiamo spesso invocato di fronte all'eccessivo rigore che arrivava dall'Europa. Finalmente si realizza quell'Europa sociale che incide soprattutto sui diritti dei lavoratori.
  Tuttavia, diversi auditi hanno messo in evidenza la preoccupazione che una piattaforma di diritti minimi per tutti i lavoratori possa in qualche modo confliggere, per esempio, con il ruolo fondamentale della contrattazione. Questo elemento torna continuamente a emergere dalle audizioni.
  Io volevo chiedere alla collega Gualmini di focalizzare, in questo mosaico importante Pag. 10che si sta costruendo, anche il ruolo della contrattazione che rimane e che, con strumenti certi di intervento e un quadro giuridico più certo, potrà esplicare al meglio la propria funzione. Questo, ovviamente, è il mio punto di vista. Prego.

  ELISABETTA GUALMINI, parlamentare europea del gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici (intervento da remoto). Intanto grazie per le vostre domande, a cui provo a dare risposta, perché ancora siamo all'inizio del negoziato e quindi non siamo ancora in fase di scrittura e di drafting degli emendamenti.
  Per quanto riguarda l'onorevole Rizzetto, se ho ben capito, speriamo e auspichiamo di non creare problemi applicativi e che non ce ne siano. Proprio per evitare una giungla di regole e di norme vessatorie e poco comprensibili da parte degli Stati membri, con un grande consenso trasversale da parte di quasi tutte le forze politiche, se non di tutte, abbiamo evitato di proporre la cosiddetta «terza categoria». Poiché questa proposta di direttiva è stata preceduta da un rapporto di iniziativa del Parlamento europeo, che, di fatto, conteneva gli assi principali che poi sono stati inclusi nella proposta di direttiva. Poiché quella relazione di iniziativa è stata votata con grande consenso trasversale dalle forze politiche e poiché quella relazione escludeva, di fatto, di ricorrere a uno status speciale, abbiamo proseguito in questa direzione.
  Noi pensiamo che esistano già due categorie molto precise di classificazione dei lavoratori, ovvero la categoria del lavoratore autonomo, nelle sue diverse sfumature interne, e la categoria del lavoratore subordinato, per le cui discipline, ovviamente, si rinvia agli ordinamenti nazionali e alle relative norme dei singoli Stati. Secondo noi, non si era formata nessuna maggioranza sulla proposta, sostenuta solo in maniera molto isolata, di arrivare a uno status speciale, cioè a una via di mezzo tra lavoro subordinato e lavoro autonomo.
  Mi rendo conto che questo potrebbe essere non allineato rispetto, ad esempio, alla disciplina italiana, che prevede una distinzione, con una sorta di profilo ibrido, se c'è etero-organizzazione. È evidente che quando la direttiva sarà recepita – di solito ci saranno due anni di tempo perché gli Stati si adeguino – ci sarà la possibilità di migliorare le tutele rispetto al testo approvato. Tuttavia, l'idea è stata proprio quella di escludere lo status speciale, sia per non appesantire i sistemi regolativi nazionali sia per essere molto chiari.
  Probabilmente – lo dico anche da studiosa – noi abbiamo una sorta di bias quando parliamo di questo argomento, perché noi oggi abbiamo in mente, in particolare, la figura del ciclofattorino, del rider. In realtà – forse sono d'accordo con quanto lei ha detto – quello è un po' il passato, nel senso che non c'è dubbio – ce l'hanno detto le sentenze giurisprudenziali – ed è del tutto evidente che, nella gran parte dei casi, si tratta di lavoratori dipendenti e, se lo sono, nessuno si mette a dire che non lo sono.
  Dobbiamo forse lavorare per costruire il futuro, occupandoci anche di quella miriade di lavori che probabilmente nasceranno, che non conosciamo ancora bene e che ci riguarderanno da vicino. Non è semplice avere presente la figura di nuovo lavoratore, di cui ancora non conosciamo molto bene i connotati, non so se mi spiego. Il grande accordo del Parlamento è stato escludere la terza categoria.
  Gli ordinamenti nazionali non li tocchiamo, noi non entriamo nella definizione di lavoratore, cosa che è assolutamente proibita a livello europeo, non entriamo certamente nei sistemi di relazioni industriali, come dirò dopo, ma ci limitiamo ad offrire un quadro generale e a dare ai lavoratori una leva in più, un dispositivo in più. Volete dimostrare, perché ritenete di essere mal classificati, che siete lavoratori subordinati? Vi diamo lo strumento per poterlo fare.
  Invece, non mi è ben chiara la questione del lavoro nero e irregolare. Io penso che sia legata alla questione degli algoritmi, ma in realtà, secondo me, magari avremo finte collaborazioni o magari lavori mal classificati. Non penso che questo sarà all'origine della diffusione di una nuova economia sommersa, che, tra l'altro, è già presente in gran parte del nostro Paese, ma penso che sia piuttosto un problema di riclassificazione.Pag. 11
  Passo all'onorevole Murelli. Quello che lei dice per quanto riguarda i lavoratori autonomi è vero, poiché vi sono lavoratori autonomi che desiderano rimanere tali e va bene così. Noi offriamo, all'articolo 10, una serie di tutele anche per i lavori autonomi, perché non è che devono essere considerati una categoria di serie B e a loro applichiamo quegli articoli della proposta di direttiva che è possibile applicare, stanti le norme europee. Proviamo a dare loro anche diritti sul lavoro, mentre sulla salute e sulla sicurezza ci stiamo lavorando, perché vorremmo estenderli anche a questi lavoratori. Pur essendo il testo forse un po' sbilanciato – lo riconosco io stessa – sul lavoro dipendente, nell'articolo 10 e negli emendamenti che proporremo vi è un tentativo di prefigurare tutele anche per i lavoratori cosiddetti «solo self-employed», quindi per i lavoratori autonomi veri, come li chiamiamo qui.
  Passando all'onorevole Galizia, stiamo lavorando a un possibile allargamento e ampliamento della direttiva. Nella parte relativa all'algoritmo vorremmo cercare – se ce lo fanno fare, perché c'è un po' di litigio tra i diversi campi di competenza – non solo di proteggere chi non è un lavoratore dipendente – questo è un primo versante di allargamento –, ma anche tutto il settore del lavoro che, appunto, in qualche modo, prevede l'utilizzo di algoritmi da tutti i punti di vista, quindi on location, quindi, non solo piattaforme, piattaforme on location e online, ma anche non solo piattaforme, basti pensare ad Amazon, che è una cosa diversa, o anche ai bar o dove ci sono sistemi di controllo e di monitoraggio con videocamera gestiti da algoritmi. Il telelavoro è un'altra questione molto grossa che potrebbe affacciarsi. Quindi, in teoria, proveremo ad allargare l'ambito di applicazione della direttiva, ma vediamo come va il dibattito, essendo questa una materia davvero ancora molto poco conosciuta sul piano tecnico e molto sensibile.
  Chiudendo, sono d'accordissimo che il ruolo della contrattazione collettiva debba venire salvaguardato, anzi, non c'è dubbio. Tra l'altro, in Italia, per fortuna, abbiamo un sistema di contrattazione collettiva piuttosto esteso, ampio, anche se non universalistico, come sappiamo, e nessuno con questo provvedimento intende toccarlo. Noi parliamo di dialogo sociale, secondo l'espressione più in uso a Bruxelles, anche se si tratta di una forma più lieve, più soft e più morbida, che non può certo essere assimilata alla contrattazione collettiva. Pensiamo, ad esempio, alla logistica: se c'è un lavoratore che scopre di essere stato riclassificato come lavoratore subordinato nell'ambito della logistica, è chiaro che va e verrà tutelato applicando il contratto collettivo di quel determinato settore. Da questo punto di vista non c'è nessuna volontà di deminutio del ruolo della contrattazione collettiva. Mi fermerei qui per il momento.

  PRESIDENTE. Bene. Ringrazio l'onorevole Gualmini e l'onorevole Lizzi per i loro interventi, per il contributo prezioso ai nostri lavori e per le considerazioni fatte a seguito delle domande e delle sollecitazioni dei colleghi. Magari in futuro ci rivedremo in un'altra fase dell'esame della proposta di direttiva, che speriamo di concludere. Grazie e buon lavoro. Vi ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.