XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 50 di Giovedì 31 marzo 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 2 

Audizione della professoressa Anna Maria Poggi, componente della Commissione con compiti di studio, supporto e consulenza in materia di autonomia differenziata insediata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri, sull'assetto della finanza territoriale e sulle linee di sviluppo del federalismo fiscale:
Poggi Anna Maria , componente della Commissione con compiti di studio, supporto e consulenza in materia di autonomia differenziata insediata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri ... 3 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 7 
Perosino Marco  ... 7 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 8 
Ruggiero Francesca Anna (M5S)  ... 8 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 9 
Vono Gelsomina  ... 9 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 9 
Poggi Anna Maria , componente della Commissione con compiti di studio, supporto e consulenza in materia di autonomia differenziata insediata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri ... 9 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 11 
Poggi Anna Maria , componente della Commissione con compiti di studio, supporto e consulenza in materia di autonomia differenziata insediata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri ... 11 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 8.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante il resoconto stenografico, anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione della professoressa Anna Maria Poggi, componente della Commissione con compiti di studio, supporto e consulenza in materia di autonomia differenziata insediata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri, sull'assetto della finanza territoriale e sulle linee di sviluppo del federalismo fiscale.

  L'ordine del giorno reca l'audizione – ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale – della professoressa Anna Maria Poggi, componente della Commissione con compiti di studio, supporto e consulenza in materia di autonomia differenziata insediata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri, sull'assetto della finanza territoriale e sulle linee di sviluppo del federalismo fiscale. Dopo aver audito la settimana scorsa i coordinatori delle Commissioni con compiti di studio, supporto e consulenza in materia, rispettivamente, di federalismo fiscale e di ordinamento di Roma Capitale insediate presso il menzionato Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, questa mattina avremo la possibilità di focalizzare l'attenzione sull'attività di un'altra Commissione istituita dal Ministro Mariastella Gelmini. La professoressa Poggi illustrerà, infatti, il lavoro di ricognizione e di analisi che la Commissione di cui è componente ha svolto in merito ai tanti e delicati aspetti – giuridici ed economici - del processo di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. L'audizione costituisce, quindi, l'occasione per esaminare un ampio ventaglio di questioni inerenti all'articolazione delle relazioni finanziarie tra livelli di governo nel quadro dell'attivazione del regionalismo differenziato, a partire dalle prospettive che attengono al finanziamento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.
  Ricordo che i componenti della Commissione, in virtù di quanto stabilito dalla Giunta per il Regolamento della Camera nella riunione del 4 novembre 2020, possono partecipare alla seduta anche da remoto. Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori, faccio presente che, in conformità a quanto convenuto in sede di Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, e alla prassi già seguita in occasione delle precedenti sedute di audizioni, dopo la relazione introduttiva da parte della professoressa Poggi darò la parola a un oratore per Gruppo. Conclusa questa fase della discussione, si potrà valutare - in considerazione del tempo disponibile – se procedere a un'eventuale ulteriore serie di interventi, lasciando comunque lo spazio necessario per la replica. Nel raccomandare ai colleghi di contenere la durata degli interventi, invito a far pervenirePag. 3 alla Presidenza le richieste di iscrizione a parlare.
  A questo punto, rinnovo il benvenuto alla professoressa Poggi, che ringrazio, a nome di tutta la Commissione, per aver accettato l'invito, e le cedo la parola.

  ANNA MARIA POGGI, componente della Commissione con compiti di studio, supporto e consulenza in materia di autonomia differenziata insediata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie presidente. Buongiorno a tutti. Come sapete uno dei temi fondamentali che pone l'articolo 116 riguarda le modalità di attuazione dello stesso 116, perché è una normativa scarna che lascia, quindi, molto spazio all'interpretazione, soprattutto su due punti su cui si è concentrata la Commissione di cui ho fatto parte, che ha consegnato la relazione nelle mani della Ministra Gelmini. C'era poi anche l'altra Commissione, quella presieduta dalla professoressa Salvini, e quella di Roma Capitale. Tra virgolette, noi abbiamo delineato il nostro perimetro con riferimento a quelli che sono i due aspetti che non riguardano il 119, ma che riguardano direttamente il 116, e cioè il tema di come attivare le relazioni Stato-regioni per dar vita al 116, terzo comma, e il tema delle materie, perché anche questo, come sapete, è tutto frutto di interpretazioni. Il 116 non fa nessun elenco rispetto alle materie che possono essere trasferite e nemmeno pone vincoli particolari, quindi è tutto davvero frutto di interpretazione. La nostra Commissione si è concentrata su questi due nodi. Il primo nodo lo potrei chiarire in questi termini: esistono almeno due linee di pensiero su come avviare il percorso. Secondo la prima linea di pensiero, il percorso potrebbe essere avviato attraverso una legge quadro, o comunque un preventivo strumento statale di indirizzo e di, diciamo così, fissazione di elementi procedurali e contenutistici comuni a tutte le regioni che intendano avviare il percorso del regionalismo differenziato. Questa è la prima linea di pensiero, che ha avuto un inizio di attuazione all'incirca nel 2006 quando fu elaborato un disegno di legge di iniziativa dell'allora Ministro degli affari regionali Lanzillotta, che poi però non fu discusso in Parlamento. L'altra linea di pensiero è quella secondo la quale non c'è bisogno di un atto iniziale, statale, che fissi procedure, che fissi i contenuti, che fissi, in qualche misura, paletti alle trattative delle regioni, ma l'inizio è contrattuale, solo contrattuale, con la regione interessata ad attuare il regionalismo differenziato, che ovviamente deve, anche qui, passare attraverso quel minimo di procedura previsto dal 116, cioè l'atto di giunta e consiliare, sentito il parere degli enti locali. Poi tutto si sviluppa attraverso una trattativa tra il Governo e la regione che ha attivato la procedura, sino alla conclusione in Parlamento. Anche rispetto a questo modo di procedere abbiamo avuto, dal 2001 ad oggi, alcuni tentativi che tuttavia non hanno mai, per motivi diversi, prodotto un esito. Nel senso che, prima nel 2006, poi nel 2008-2009 e poi ancora nel 2018, abbiamo avuto alcuni tentativi. Soprattutto quello del 2018, che portò, come ricorderete, alla stipula delle famose preintese o preaccordi, come li vogliamo denominare, è particolarmente interessante, perché in quel caso, è vero che si stipularono e si firmarono a febbraio del 2018, tre preintese o bozze di accordo, come poi vennero anche chiamate, ma queste bozze di accordo, e questo è l'elemento interessante, avevano una parte comune, perché la prima parte di tutte e tre fissava, sostanzialmente, una serie di elementi procedurali comuni e una serie di paletti comuni a tutte e tre le regioni. Quindi, fu un tentativo abbastanza interessante, anche dal punto di vista dell'analisi, perché metteva insieme le due linee di pensiero e lasciò alle regioni l'iniziativa del percorso ma, nello stesso tempo, fissando in tutti e tre gli accordi degli elementi comuni in qualche misura. Faccio un esempio, in quelle bozze di accordo veniva anche stabilita la durata, che era uguale. Quindi in quelle bozze di accordo si mettevano insieme questi due filoni di pensiero. Ora, rispetto a questo tema specifico, la Commissione ha optato per l'idea dell'opportunità della legge quadro. È chiaro che questa è una scelta prettamente politica, quindi è una scelta che si sviluppa Pag. 4ovviamente come elemento di indirizzo politico da parte del Governo ma anche da parte delle forze politiche. Quindi la Commissione, nel suggerire l'idea di una legge quadro, ha cercato anche di darne delle motivazioni. Le motivazioni che, dal nostro punto di vista, spingono, in questo momento, verso l'idea che sarebbe opportuno far precedere una legge quadro al percorso sono sostanzialmente di genere diverso. Io mi limito a segnalarvi quelle che ritengo le più importanti. Sicuramente oggi c'è la questione del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza); questa è una questione che ha un arco temporale sufficientemente lungo; se nell'intesa o nell'accordo si decidesse di trasferire materie rispetto alle quali il PNRR pone dei vincoli rispetto al raggiungimento di obiettivi, è evidente che nella legge quadro bisognerebbe, in qualche misura, già fissare per lo meno il vincolo rispetto alla regione al raggiungimento di quegli obiettivi. Evidentemente il PNRR è un elemento molto condizionante in questo momento, ma, in realtà, anche se non ci fosse il PNRR, sarebbe comunque utile, almeno dal punto di vista procedurale, cioè riguardo a come si dovrebbe sviluppare la procedura, e contenutistico avere qualche elemento di quadro. Quali sono questi elementi di quadro che, dal nostro punto di vista, sarebbe opportuno che venissero fissati preventivamente? Il primo elemento di quadro sistemico è la necessità di un coinvolgimento parlamentare. Coinvolgimento parlamentare che deve poi strutturarsi. Perché la necessità del coinvolgimento parlamentare, dal punto di vista sistemico? Perché noi sappiamo perfettamente che questo tipo di procedura non ha, per il 116, nessun passaggio all'interno delle Conferenze. E già questo è un elemento rilevante, perché significa che non c'è una discussione e non c'è neanche la possibilità di una dialettica tra le varie regioni e all'interno di nessuna delle Conferenze che noi conosciamo. Questo è un primo elemento. Il secondo elemento è dovuto al fatto che non avendo una Camera delle regioni, cosa che tanti di noi hanno scritto ed è uno dei tanti vulnus del Titolo V, evidentemente una discussione in sede parlamentare, rispetto all'intesa, è un elemento non solo di dialettica democratica, ma è proprio un elemento rilevante per la stessa intesa. Quindi, c'è questo problema di un coinvolgimento del Parlamento. Ma come? Questo è il punto. Allora, l'idea che la Commissione ha posto nella relazione, come ipotesi di discussione per le forze politiche, è la seguente: all'inizio c'è l'accordo tra la regione interessata e il Governo, perché non potrebbe essere diversamente; successivamente, queste bozze di accordo iniziali dovrebbero venire sottoposte alle commissioni parlamentari competenti mediante una procedura, eventualmente, rafforzata per il recepimento dei pareri e, successivamente, a un ulteriore confronto con la regione interessata, al fine della predisposizione dell'intesa definitiva; l'intesa finale si configurerebbe, dunque, come il frutto del preaccordo iniziale fra Stato e regione interessata, delle modifiche proposte dalle commissioni parlamentari competenti su questa, sotto forma di intervento sullo schema di intesa; al compimento di questo percorso, che sarebbe un percorso, a questo punto, di condivisione ampio, l'intesa sarebbe pronta per essere presentata al Parlamento sotto forma di legge da ratificare con una maggioranza rafforzata, perché è la maggioranza assoluta. Quindi, dal nostro punto di vista, questo che non è scritto nel 116 e che è un'ipotesi che la Commissione ha messo in campo, cioè il passaggio precedente alle commissioni parlamentari competenti, che sarebbero ovviamente per la parte finanziaria la Commissione bilancio e poi quelle competenti per materia, garantirebbe, in qualche misura, una condivisione precedente che non fa correre il rischio alla successiva votazione parlamentare di andare al buio sostanzialmente. Nelle Commissioni si dovrebbe già raggiungere un accordo che consentirebbe poi alla legge di essere approvata, perché la maggioranza che viene richiesta comunque è una maggioranza importante. L'altro aspetto che noi abbiamo suggerito è questo: che si potrebbe prevedere una clausola di salvaguardia per le regioni che abbiano già raggiunto le preintese con il Governo nel Pag. 52018. Quindi, se queste regioni, sempre che rimangano dell'idea delle richieste fatte già nel 2018, sapete che le regioni erano tre e avevano fatto delle richieste più o meno simili ma che si discostavano su alcuni aspetti, volessero mantenere quel tipo di richiesta, si potrebbe prevedere nella legge quadro una clausola di salvaguardia, tra l'altro consentita dall'articolo 1, comma 571, della legge n. 147 del 2013 che testualmente dice che: «nelle legislature successive si possono riprendere e far salvi gli effetti delle preintese già stipulate». Questo per quello che riguarda la procedura. Dal punto di vista del contenuto il tema è: quante materie si possono chiedere? Non contenendo il 116 nessun tipo di limite e non facendo elencazioni, si potrebbe, dal punto di vista formale e letterale, ritenere che le regioni possano chiedere tutto. Cioè possano chiedere, tanto per essere espliciti, che tutte le concorrenti diventino esclusive, questo è il punto, salvo poi che si pone un problema di sistema. Il problema di sistema che si pone è che noi sappiamo che questo è il principio che regge le regioni speciali, per cui l'elencazione del 117 non vale, perché vale quella contenuta nei rispettivi statuti. Allora, dal punto di vista formale e letterale, è possibile per una regione ordinaria chiedere che tutte le materie attualmente concorrenti diventino esclusive però poi si pone un problema. E il problema di sistema che si pone è che è difficile ritenere che quello è un regionalismo differenziato perché, praticamente, diventa un regionalismo speciale a tutti gli effetti. E la legge approvata a maggioranza assoluta, che contiene quell'elenco di materie, è praticamente un altro statuto speciale però non approvato secondo le procedure previste dal 116 per gli statuti speciali, cioè con la legge costituzionale, ma con una legge a maggioranza assoluta. Quindi, si pone questo problema sistemico. Questo è un problema di interpretazione, però, a tutti gli effetti, se una regione volesse chiedere che tutte le materie del 117, terzo comma, diventino esclusive, potrebbe farlo perché non c'è nessun limite da questo punto di vista. Poi ci sono delle ragioni non solo di opportunità, ma delle ragioni che riguardano anche la sostenibilità da parte delle regioni che richiedono ciò in tutte le materie e allora qui noi abbiamo cominciato, come Commissione, a fare qualche ragionamento. Ora, va tolta la sanità, che è già tutta regionale, rispetto alla quale francamente non si pone granché, anche se qualcosa c'è perché, per esempio, nelle preintese del 2018, se ricordate, anche sul fronte, più che sanitario, universitario, che interessa anche il versante sanitario, veniva richiesta la devoluzione delle borse di specialità medica, perché fossero più adeguatamente poi distribuite in sede regionale. Sapete che questo, ad oggi, è un grosso problema, quello della distribuzione delle borse di specialità medica. Comunque, a parte la sanità che è già quasi tutta devoluta alle regioni, la materia oggettivamente più complicata è l'istruzione, perché l'istruzione significa, in sostanza, il passaggio del personale. Questo è il vero tema, che è un problema anzitutto di cambio di contratto, perché attualmente il personale dell'istruzione sta sotto la contrattazione collettiva nazionale. Se venisse trasferito alle regioni, ci sarebbe il tema della contrattazione, perché questo, comunque, è un comparto che è soggetto a contrattazione e quindi non potrebbe più valere il contratto collettivo nazionale, perché se passi alle dipendenze delle regioni, ovviamente, non può più valere, e bisognerebbe far partire tutta la partita della contrattazione. Poi ci sarebbe un'ulteriore questione, quale personale? Sul personale amministrativo si pongono meno problemi, sul personale docente si potrebbe porre qualche problema. Il problema è relativo al fatto che ci sono anche dei principi costituzionali, tipo la libera circolazione su tutto il territorio nazionale, per cui, se un docente è troppo vincolato dal contratto regionale, si potrebbe poi porre quel tema. Soprattutto, una cosa è emersa in maniera molto chiara dalle audizioni che la nostra Commissione ha fatto e ci fidiamo ovviamente degli esperti. Mi riferisco alle audizioni che abbiamo fatto con la Corte dei conti, con la Ragioneria generale dello Stato e con Cottarelli, che sono intervenuti sostenendo, da studi pregressi, che questo Pag. 6trasferimento potrebbe comportare un aumento del costo complessivo dell'operazione. Cioè, la competenza statale, dal loro punto di vista, comporterebbe meno costi rispetto al trasferimento alle regioni del costo complessivo della materia dell'istruzione. Se noi teniamo fuori l'istruzione, le cose si semplificano molto. È chiaro che, se invece vogliamo tenere dentro l'istruzione, il tema è più complicato da affrontare, perché ha tutta una serie di risvolti, non solo di indirizzo politico, ma anche di sostenibilità finanziaria. Tenete poi conto che sull'istruzione c'è anche un tema grosso, faccio l'esempio del Trentino. Il Trentino ha la competenza esclusiva su tutta l'istruzione, però il Trentino è una regione speciale e ha anche delle possibilità di legislazione diverse dalle altre regioni. Quindi, un trasferimento dell'istruzione fatto solo ad alcune regioni è complicato, si può fare, perché tutto poi si può fare, però è complicato. Richiederebbe probabilmente molti atti statali di coordinamento e c'è anche il tema proprio della sostenibilità finanziaria. Va superato lo scoglio dell'istruzione, ripeto già questa è una scelta molto rilevante, quella di tenere dentro l'istruzione o meno, una scelta che probabilmente nella legge quadro si potrebbe già inserire. Nel senso che, se si tiene dentro l'istruzione, bisogna, probabilmente, inserire taluni vincoli, se non si tiene dentro l'istruzione, quindi ci si accorda sul fatto che quella è una materia che richiede un'unitarietà di indirizzo particolare, si va in direzione diversa. Tolta l'istruzione che, insieme alla sanità, ripeto, costituisce poi il grosso, l'attuazione del 116, terzo comma, appare di più facile soluzione. Occorrerebbe però che nella legge quadro fosse inserito un principio generale per cui la regione richiedente dovrebbe farsi carico della dimostrazione della convenienza del trasferimento di funzioni e di risorse. Questo è abbastanza rilevante. Anche qui mi riferisco al pregresso, così almeno ci intendiamo. Noi sappiamo perfettamente che ci sono delle regioni che storicamente chiedono da tempo un regionalismo differenziato e come sapete queste regioni sono sempre tre o quattro: Veneto, Lombardia, Emilia e Piemonte. Ora noi sappiamo anche che nel 2018, quando fu stipulato il primo contratto di Governo, nel primo Governo Conte, c'era una formula, in quel contratto di Governo, che incentivava il regionalismo differenziato e, a quell'epoca, noi abbiamo avuto una richiesta di attivazione di procedure di moltissime regioni italiane. Guardando queste regioni, quelli di noi un pochettino più esperti della materia erano abbastanza certi che non tutte potevano garantire la sostenibilità finanziaria del trasferimento. Quindi, questa accortezza sarebbe necessaria, perché se il regionalismo differenziato deve diventare la corsa per ottenere più risorse, non è proprio opportuno. Il regionalismo differenziato nasce con un'idea e una filosofia completamente diversa e, cioè, che alle regioni che sono convinte, perché lo possono in qualche misura anche dimostrare, che sono in grado di gestire meglio talune funzioni rispetto allo Stato, la Costituzione consente di chiedere quel trasferimento. Ma il regionalismo differenziato non può diventare la corsa che le regioni fanno per cercare di ottenere qualche risorsa in più rispetto al percorso. Quindi, questa clausola sarebbe necessaria. Mentre, per esempio, la nostra Commissione ha ritenuto che la legge quadro non dovrebbe contenere la fissazione dei LEP (Livelli essenziali delle prestazioni), perché, nell'ipotesi in cui si tolgano sanità ed istruzione, francamente la questione dei LEP non è una questione così rilevante. Tenete conto che, peraltro, nella legge sul federalismo fiscale del 2009, la fissazione dei LEP era relativa e avveniva con riguardo alla sanità, all'istruzione, al trasporto pubblico locale e ai servizi sociali. Quindi, in sostanza, si svuota un po', anche perché, se poniamo questo ulteriore paletto alla realizzazione del regionalismo differenziato, diventa molto complicato poi realizzarlo. A questo punto, ci sono parecchie materie che potrebbero essere date in differenziazione: dagli incentivi alle attività produttive, ai musei e beni culturali, alla ricerca scientifica e tecnologica, all'ordinamento sportivo, all'edilizia scolastica, agli asili nido, all'istruzione e formazione professionale, ad alcune aree della disciplina del lavoro, alle politiche attive del lavoro, Pag. 7eccetera. Per chiudere, la nostra Commissione ha ritenuto che una legge quadro sarebbe opportuna, se non altro, per fissare questi elementi di procedura e di contenuto. Ma non nell'ottica di rendere più difficoltoso il percorso, al contrario nell'ottica di favorire il percorso stesso, perché comunque chi studia, chi ha osservato e ha studiato questi fenomeni in questi anni si rende conto che la mancanza che c'è stata di un quadro iniziale, indubbiamente, ha reso più difficile il percorso di attuazione del regionalismo differenziato. L'ultima nota che vorrei fare è che nella nostra Commissione – purtroppo il professor Caravita è scomparso da qualche mese – noi siamo tutti regionalisti ultra convinti; l'idea della legge quadro non è stata pensata per frenare il percorso, al contrario è stata da noi pensata ed elaborata per favorire il percorso e fare in maniera tale che finalmente si possa dare un'attuazione al 116, terzo comma.

  PRESIDENTE. Grazie, professoressa. Prego, senatore Perosino.

  MARCO PEROSINO (FIBP-UDC). Grazie presidente, grazie professoressa. L'idea della legge quadro, di primo acchito, sembrerebbe voler dire: «Ma in realtà meniano il cane per l'aia e poi non facciamo nulla». Però, poi, esaminando, un accordo contrattuale che, per forza di cose, è fatto dallo Stato centrale e dalle regioni singolarmente, potrebbe essere impreciso, troppo largo, troppo stretto. Sotteso a tutto questo discorso io penso che ci sia – ho letto, ho seguito un po' negli anni – il discorso della finanza derivata. Ci sono stati anni, studi, dibattiti in cui si voleva puntare a una finanza diretta in maniera che ci fosse la responsabilizzazione. Tolto quello che accennavamo ieri con la dottoressa Lapecorella sull'IRAP e alcuni altri aspetti della riforma fiscale in essere, le regioni vivono di finanza derivata. Questo dà tanti problemi, perché non c'è la responsabilizzazione diretta. Ma ci sono ancora altri tributi che vanno alla regione, come i bolli delle auto. Ogni tanto esce qualcuno che vuole abolirli, però devi coprirli da qualche altra parte. Queste sono più sparate politico-giornalistiche che proposte fondate, perché alla fine, sotto sotto alle scelte di governo, c'è sempre l'imposizione fiscale con la quale fronteggi e vai a perequare. Questa è la finalità. Quindi, un discorso da sviluppare, quando si fanno i preaccordi, è quello di partire da un costo storico ma di prevedere anche che dopo dovrà cambiare, per una serie di eventi, perché le esigenze mutano, perché c'è l'inflazione, perché aumentano i contratti di lavoro. Qualcuno lo deve coprire, per non dare origine a del contenzioso, a delle difficoltà da regione a regione. Con riferimento alla sanità, nella questione «Covid», proprio sotto questo aspetto, parlando con dei responsabili di finanza, ho detto: «Secondo me, con il Covid andrete fuori di qualche miliardo rispetto ai 115, 116 che sono della sanità, visto che la legge di bilancio per il 2022 ha stanziato 2 miliardi ma secondo me sono largamente insufficienti». Perché nella vicenda Covid, a parte gli stanziamenti diretti effettuati, la gestione della sanità ha dovuto girare a una velocità pazzesca sui costi generali stessi da due anni a questa parte. Quindi, chissà che influenza avrà, ma i 2 miliardi, a naso, non bastano. Lei ha toccato, giustamente, l'aspetto che aveva dato origine al dibattito nel 2018, all'inizio di questa legislatura, in cui in questa Commissione, dopo il referendum delle regioni e dopo i preaccordi, si parlava del discorso dell'istruzione. Allora arrivava un Ministro che diceva: «Si farà», arrivava dopo quello della sanità: «Non si può fare per una serie di motivi», perché c'era la questione Nord Sud e c'era quel sistema di passaggio degli insegnanti, le graduatorie e quant'altro, tutte cose che poi con il Covid si sono invertite, perché ormai si assume chiunque, perché mancano le figure. C'è stato il numero chiuso a medicina, ad esempio, che è stato qualcosa che non ha funzionato. Diciamo che la materia dell'istruzione la vedo come quella più delicata e, tendenzialmente, pur essendo un federalista, forse è meglio che rimanga sotto lo Stato centrale, perché è difficile da gestire. Chiudo: la capacità della regione sta nello sviluppare e gestire tutte le altre materie che Lei ha citato e che sono Pag. 8in parte «libere», perché non specificate nell'articolo 116, ma che sono già quelle gestite dalla regione. Lì si può dimostrare la differenza politica. Ne ha citate tante. C'è anche l'agricoltura che è un settore importantissimo. Ci sono settori che non sono meno importanti. Sono tutti importanti, apparirebbero minori, ma in realtà hanno dato lo spazio alle regioni di dimostrare di saper gestire in modo diverso. È da approfondire la questione dei LEP, di cui qui si è tanto parlato. Io non sono molto esperto, ma credo sia anche difficile specificare per bene quali sono i LEP e quantificarli, credo che sia molto molto difficile. Adesso c'è tutto lo sviluppo, sull'input europeo che è contenuto nel PNRR, degli asili nido, che sarà un altro di quegli obiettivi da raggiungere, su quello concordiamo, ma con coefficienti che richiederanno valutazioni di costo e delle realizzazioni. La motivazione, da ultimo, della legge quadro per me esiste a prescindere, poi occorre il coinvolgimento parlamentare, senz'altro delle Commissioni. Il PNRR: l'ho detto da qualche altra parte, spero di sbagliarmi, ma guardando il PNRR nel cannocchiale lo vedo sempre più sfocato, perché è complicato e perché viviamo una stagione semplicemente pazzesca da tutti i punti di vista. E comunque, per attuarlo bisogna essere in gamba e, forse, anche la politica dovrà dare dimostrazione di essere efficace: tutti i famosi «efficiente», «efficace» ed «economica», queste le richieste della teoria politica. Prendiamo atto di quello che Lei ci ha detto, di quello che la Commissione sta discutendo. Lunedì avrò l'opportunità di vedere in Piemonte il Ministro Gelmini, quindi le dirò queste cose e magari mi viene in mente qualcos'altro e darò qualche suggerimento politico, ma proprio così amichevole. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei, senatore. Prego, onorevole Ruggiero.

  FRANCESCA ANNA RUGGIERO (M5S). Grazie presidente. Volevo ringraziare la professoressa Poggi per essere intervenuta in audizione e volevo fare delle domande semplicemente. Per quanto riguarda la sanità, Lei ha detto che, effettivamente, ci è già stata la competenza esclusiva delle regioni da anni. Però, la pandemia Covid ha dimostrato come la sanità in Italia vada a diverse velocità e abbia risposto in maniera differente, quindi non dando gli stessi servizi e rispondendo agli stessi bisogni su tutto il territorio nazionale. E quindi chiedo se voi, come Commissione, avete anche un po' approfondito quali sono le criticità della sanità gestita a livello regionale dalle diverse regioni d'Italia, considerando anche i piani di rientro e tutte le questioni che negli ultimi vent'anni si sono succedute. Rimango un po' colpita dal fatto che nella legge quadro non dovrebbero essere inseriti i LEP; sentire parlare ancora di regionalismo sulla base dei costi storici è alquanto assurdo, visto che tra gli obiettivi di riforma che ci siamo posti per ottenere il Piano nazionale di ripresa e resilienza c'è anche la determinazione del fabbisogno standard delle regioni. Quindi, chiedo se non sia il caso, prima, di riformare la nota metodologica di riparto delle regioni, quindi non più legata al costo storico fabbisogno standard, e poi iniziare a pensare a quali competenze potrebbero essere, nel caso, trasferite alle regioni. Sentivo parlare anche di istituti di ricerca a carattere scientifico e tecnologico: proprio in questo momento è all'esame della Commissione affari sociali la legge delega di riforma di questi istituti e, a seguito di audizioni che abbiamo svolto, quello che è emerso è che non solo non abbiamo una corretta distribuzione di questi istituti su tutto il territorio nazionale, ma, molto spesso, questi istituti hanno dovuto colmare la carenza di risposta sanitaria da parte delle strutture sanitarie ordinarie. Quindi, è mancato il carattere di ricerca, stando al fatto che la legge ormai è vecchia e l'ultima fu fatta anche male, per cui ha creato molto precariato e non è competitiva né a livello italiano, quindi tra le stesse regioni italiane, perché abbiamo una presenza di fondi privati, né tantomeno a livello europeo né assolutamente a livello internazionale. Bisognerebbe prima colmare diverse criticità e carenze che ci sono in tutti questi ambiti e competenze che voi avreste inserito nell'eventualitàPag. 9 di trasferimento alle regioni; quindi chiedo se non sia il caso di attendere il fabbisogno standard delle regioni slegandoci dai costi storici. E un'ultima domanda: in quale modo la legge quadro prevede poi l'applicazione dell'articolo 120 della Costituzione per garantire gli obiettivi da raggiungere e i servizi da offrire ai cittadini in maniera omogenea su tutto il territorio? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei. Prego, senatrice Vono.

  GELSOMINA VONO (FIBP-UDC). Innanzi tutto Grazie per la relazione. Io mi soffermo su una Sua affermazione su cui sono d'accordo: cioè, se il regionalismo differenziato deve diventare la corsa per ottenere più risorse, non è questo il metodo; però, il regionalismo nasce, ha detto sempre Lei, in quanto le regioni devono dimostrare di poter fare di più rispetto allo Stato. E qui mi permetto di fare una riflessione, perché, se si parte da questo principio, le regioni più povere, e quelle del Sud, praticamente non potrebbero mai accedere a questo percorso, mentre il regionalismo differenziato dovrebbe servire come opportunità per queste regioni. Altrimenti avremo sempre il divario Nord-Sud e la polemica sul regionalismo e sulla concretezza di questi provvedimenti. Per cui ritengo che bisogna, anche nella legge quadro, allargare il discorso e sono d'accordo con quanto diceva la collega prima, cioè non partire più dal costo storico ma dai fabbisogni standard, in modo che le regioni, tutte le regioni, possano capire quali materie scegliere, non tutte le materie, perché altrimenti, come ha detto Lei, si va al punto delle regioni a statuto speciale. Credo che debba esserci anche una responsabilizzazione delle regioni e, quindi, si debba far cambiare questo principio, perché se noi diciamo: «Non si possono ottenere più risorse, però nello stesso tempo dovete fare di più dello Stato», in realtà anche le regioni più povere hanno delle materie dove possono fare di più dello Stato. Basta concedere ad esse l'opportunità e, soprattutto, far comprendere alle stesse le potenzialità dell'effettività del regionalismo differenziato. Era solo una riflessione che volevo condividere con Lei. Grazie.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri interventi, do quindi la parola alla professoressa Poggi per la replica. Prego.

  ANNA MARIA POGGI, componente della Commissione con compiti di studio, supporto e consulenza in materia di autonomia differenziata insediata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie senatrice, perché Lei ha colto, con le sue riflessioni, uno degli elementi fondamentali di riflessione della nostra Commissione, cioè la legge quadro come momento anche di fissazione di elementi di responsabilizzazione per le regioni. Quindi, fissando dei princìpi, magari semplici, tipo: «dimmi perché vuoi quella materia». Perché, poi, siccome le regioni italiane sono molto diverse e hanno punti di forza molto diversi, che una regione del Sud chieda più competenze in materia, per esempio, di beni culturali o in materie che attengono al turismo o in materie che attengono ad elementi più di colleganza con la cittadinanza, va benissimo. L'importante, però, è attivare questo principio di responsabilizzazione che è un principio fondamentale per un sano sviluppo del regionalismo. In questo senso, per noi, la legge quadro aiuterebbe il regionalismo differenziato, anziché frenarlo, perché quello che noi abbiamo visto in questi anni è esattamente il contrario. Se invece all'inizio si pongono dei princìpi che sono dei princìpi di quadro e di responsabilizzazione, probabilmente questo percorso ha più possibilità di essere realizzato non solo dalle regioni del Nord ma anche da quelle del Sud. Questo è un po' il punto. E il fatto che ci sia una legge quadro dovrebbe essere anche, come dire, di aiuto alle regioni del Sud più che di detrimento, perché altrimenti, se non c'è questo, come non c'è, per esempio, un impegno dello Stato a trasferire risorse, è evidente che il regionalismo differenziato viene chiesto solo dalle regioni più forti, come è stato finora storicamente. Quindi, Pag. 10la legge quadro noi l'abbiamo proprio intesa in questo senso: come un momento di discussione. La relazione, come sapete, è stata depositata, quindi ci sono molti elementi in più di quelli che io oggi ho potuto esporre. Abbiamo voluto proprio marcare questa idea di mettersi d'accordo su alcuni princìpi che possano poi aiutare il percorso stesso. Ringrazio anche il senatore Perosino per le riflessioni che ha fatto, perché sono delle riflessioni che abbiamo fatto anche noi, cioè che sono state molto oggetto di discussione da parte nostra. Soprattutto, ripeto, questa idea della legge quadro come elemento di freno, cioè bisogna superare questo ostacolo, bisogna porsi in un atteggiamento diverso, guardando quello che è successo prima. Perché fino ad adesso non siamo mai giunti a una conclusione? Dal nostro punto di vista, non siamo mai giunti a una conclusione, perché non c'è stato mai, all'inizio, un momento di condivisione vera e poi, parliamoci chiaro, una volta che la legge quadro è fatta almeno c'è un binario. Invece, se non c'è questo binario, che cosa succede in sostanza? Che a ogni legislatura si ricomincia da capo ed è quello che è successo puntualmente dal 2006 in avanti. La legge quadro potrebbe, una volta approvata, essere un binario. Finalmente c'è un binario in cui si possono inserire questo tipo di richieste. Il tema è un po' questo. Vengo poi alle domande dell'onorevole Ruggiero. Giustamente Lei dice: «Ma come i LEP?». Lei ha ragione, ma noi abbiamo ragionato in questo modo: se dalla devoluzione possibile togliamo sanità ed istruzione, quindi togliamo questi due bacini di materie, la questione dei Livelli essenziali delle prestazioni non si pone più come motivo dirimente, perché in realtà di LEP c'è bisogno nelle materie del sociale, questo è il vero punto, quindi in materia di istruzione e in materia di sanità. Ora voi sapete che, in materia di sanità, i LEP ci sono, perché sono dei «DM» che vengono approvati dalle varie Conferenze. Quindi, se noi togliamo dalla devoluzione sanità e istruzione, il tema dei LEP è un tema che sicuramente è molto meno rilevante. Per esempio, sui servizi sociali c'è la legge quadro che contiene già tutta una serie di LEP. Il problema si potrebbe porre, forse, sul trasporto pubblico locale, però il trasporto pubblico locale, noi lo sappiamo perfettamente, è già anche lì tutto devoluto. Non li abbiamo scritti nell'ipotesi in cui abbiamo pensato che l'istruzione non dovrebbe essere oggetto di devoluzione. Questo è il punto. È evidente, onorevole, che, se invece l'istruzione diventa oggetto di regionalismo differenziato, i LEP vanno fissati, non c'è il minimo dubbio. E lì poi si apre, ovviamente, un problema enorme, perché i LEP in istruzione quali sono, quali sono i livelli essenziali delle prestazioni in istruzione? Sono tanti, sono veramente tanti, vi faccio due esempi estremi: tutte le prestazioni per la disabilità, quelle son tutti LEP, quelli dovrebbero essere tutti LEP, indipendentemente dal regionalismo differenziato tra l'altro; esempio estremo, oggi la digitalizzazione, cioè l'accesso alla rete, ma non dovrebbe essere un LEP anche quello? Evidentemente lì si aprono elementi di discussione ulteriori, quindi il motivo per cui abbiamo ritenuto, nella relazione, che nella legge quadro potrebbero non esservi i LEP è solo ed esclusivamente legato al fatto che si toglie l'istruzione dal terreno di devoluzione e la sanità comunque i LEP li ha già. Certo che abbiamo fatto delle riflessioni sulla sanità. Le abbiamo fatte, soprattutto, a valle del periodo pandemico e delle diverse rese regionali in periodo pandemico e ci siamo anche interrogati se e quanto questo sistema tenga ancora. Non era ovviamente oggetto della nostra relazione. L'unica osservazione che trovate, però, nella relazione e che ci è arrivata dalle audizioni che abbiamo fatto è che, oggi come oggi, è complicatissimo riassorbire allo Stato le funzioni in materia sanitaria che sono state trasferite alle regioni, perché c'è un tema strutturale di risorse e di personale che diventa veramente complicatissimo, all'oggi. Poi ormai questi trasferimenti sono partiti dal 1977, quindi si è sedimentato anche un certo tipo di cultura nella cittadinanza di avere il servizio reso a certe condizioni. Il tema casomai, però questa è una responsabilità dello Stato, è capire in quali territori c'è bisogno di ulteriore interventoPag. 11 e lì intervenire. Quindi, questa riflessione è stata fatta. Lei ne troverà traccia sia nella relazione che nelle audizioni. Noi abbiamo fatto 19 audizioni, quindi abbiamo cercato di sentire davvero molti pareri in questo campo. Anche del 120 abbiamo parlato e anche qui trova traccia nella relazione, perché ci siamo anche interrogati su quali altri strumenti bisognerebbe inserire in una legge quadro per garantire il monitoraggio dello Stato, il controllo, la eventuale riverifica; come diceva Lei, senatore, dopo un po' le cose cambiano. Per esempio, se tu trasferisci l'istruzione, i contratti cambiano, e poi quando ci sono gli adeguamenti contrattuali è evidente che il costo aumenta: quindi, sono tutti elementi di cui abbiamo tenuto conto nella relazione. Io, purtroppo, avendo il tempo limitato, ho cercato di dire quelle che, dal mio punto di vista, potevano essere le cose di vostro maggiore interesse su cui aveva lavorato la Commissione, per cui vi ringrazio molto di queste ulteriori richieste di precisazione.

  PRESIDENTE. Professoressa avrei anch'io una domanda, visto che siamo ancora in tempo con gli orari parlamentari. Innanzitutto, grazie per la relazione e grazie a Lei e anche agli altri componenti del suo gruppo per il lavoro svolto, che sarà sicuramente utile nel prosieguo dei nostri lavori. Io non riesco ad afferrare, però, il discorso circa l'ipotesi di un accantonamento dell'istruzione – chiamiamolo così – anche se capisco che renderebbe tutta la procedura molto più semplice. Il discorso è però: come si può impedire, diciamo così, comunque a una regione di richiederla se lo vede scritto in Costituzione? So che, politicamente, non sta a Lei dare risposte, ci mancherebbe, però lo chiedo proprio tecnicamente.

  ANNA MARIA POGGI, componente della Commissione con compiti di studio, supporto e consulenza in materia di autonomia differenziata insediata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri. No, infatti noi abbiamo detto: «È assolutamente possibile». Abbiamo solo messo in guardia da tutte le difficoltà che bisognerebbe affrontare. Allora, a questo proposito posso dirLe, perché è un'esperienza che ho fatto direttamente, che nel 2007 fu insediata, a livello governativo, una commissione, di cui ero il coordinatore nazionale, che doveva ragionare su come attuare il trasferimento, perché Lei sa che già oggi l'istruzione è una materia concorrente delle regioni. In realtà, però, nei fatti non è così. Quella Commissione doveva studiare come attuare possibili trasferimenti dallo Stato alle regioni e ci siamo posti tutti i problemi. Ci siamo posti anche il problema del personale. Di quella Commissione faceva parte un professore di Bari, esperto di diritto del lavoro, e avevamo anche studiato un meccanismo di duplice contrattazione nazionale e integrativa regionale nell'ipotesi del trasferimento. Quindi, non è che non si può fare, si può fare. Il tema richiede una serie di passaggi che sono molto rilevanti. Il passaggio indubbiamente più rilevante è quello contrattuale, perché lì c'è un tema: come configuri la dipendenza del personale? Questo è il tema vero. Noi, per esempio, avevamo studiato un sistema per cui la dipendenza organica rimaneva allo Stato, cosa che si può fare, mentre il datore di lavoro poteva diventare la regione e quindi, in sostanza, il personale poteva continuare ad essere retto dalla contrattazione collettiva nazionale. In quanto la dipendenza organica rimaneva comunque in capo allo Stato, e le regioni, diventando datori di lavoro, potevano introdurre una contrattazione integrativa. Quindi, non voglio dire che non si può fare, però è chiaro che richiede una serie di studi preventivi e di passaggi preventivi che sono rilevanti. Bisogna anche, per esempio, studiare il meccanismo per cui garantire la libera circolazione sul territorio nazionale. Se la regione ha fatto una programmazione e ritiene che nella sua programmazione ha bisogno di un tot di ..., un tot di ..., un tot di ..., se poi qualcuno chiede di trasferirsi, tu devi poterlo far trasferire; devi capire come poterlo far trasferire e quindi non impedire la sua libertà di circolazione, ma come far salva anche la programmazione Pag. 12regionale che è stata fatta. In realtà, ci sono una serie di problemi che sono da studiare prima per evitare che poi esplodano dopo. Ho solo inteso dire questo. Quindi, ho inteso dire, presidente, che togliendo l'istruzione è tutto più semplice; se teniamo dentro l'istruzione, è evidente che si può fare, però questo richiede almeno una commissione di studio; tra l'altro, i lavori di quella Commissione di cui ho fatto parte credo che siano ancora tutti agli atti. Richiede di studiare tutta una serie di elementi preventivi per quando poi si arriva al trasferimento. Tenga conto che, tra l'altro, la Corte costituzionale, in una famosissima sentenza del 2003, disse che l'istruzione si poteva trasferire, disse addirittura che, dal suo punto di vista, dovevano sparire le direzioni regionali, che come sapete sono come le prefetture, sono statali, e gli assessorati regionali avrebbero dovuto assumere le competenze delle direzioni regionali. Quella Commissione partì proprio dopo quella sentenza della Corte costituzionale. Quindi si può fare. È evidente però che è un tema che richiede una specificità di approccio e un tecnicismo molto alto.

  PRESIDENTE. Più problematico, insomma, rispetto a tutto il resto. Va bene. Grazie mille, professoressa. Ringrazio Lei e ovviamente anche gli altri componenti della Commissione e dichiaro conclusa l'audizione. Grazie.

  La seduta termina alle 9.15.