XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori

Resoconto stenografico



Seduta n. 27 di Mercoledì 30 marzo 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione Cammino – Camera Nazionale avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 
Ruo Maria Giovanna , presidente dell'Associazione Cammino – Camera Nazionale Camera Nazionale avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni ... 4 
Cavandoli Laura , Presidente ... 10 
Ruo Maria Giovanna , presidente dell'Associazione Cammino – Camera Nazionale Avvocati per la persona ... 10 
Cavandoli Laura , Presidente ... 16 

Sulla pubblicità dei lavori:
Cavandoli Laura , Presidente ... 16 

Audizione, in videoconferenza, di Clede Maria Garavini, già Garante per l'infanzia e l'adolescenza della regione Emilia Romagna:
Cavandoli Laura , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 8.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione Cammino – Camera Nazionale avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'avvocato Maria Giovanna Ruo, presidente nazionale dell'Associazione Cammino – Camera Nazionale avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni, che ringraziamo per la presenza e anche per la disponibilità a intervenire presso la Commissione in questo orario non proprio comodo.
  La Presidente Ruo è uno dei maggiori esperti della materia di cui trattiamo e l'Associazione Cammino ha da tempo posto in tutte le sedi istituzionali il tema di una riforma dei procedimenti minorili. Ricordo in particolare l'audizione presso l'Autorità garante per l'Infanzia del 17 luglio 2019. In quell'occasione, l'Associazione Cammino ha presentato una memoria che si raccomanda alla lettura per la lucidità e la chiarezza delle testi sostenute. Nella memoria non ci si limita infatti a evidenziare le criticità dei procedimenti minorili, sia rispetto alla polverizzazione dei riti che alla pluralità dei giudici, ma si formulano rilievi su alcune delle tematiche che sono al centro dell'attività della Commissione, dal ruolo dei servizi sociali e dei curatori speciali, all'uso omnibus delle previsioni di cui all'articolo 403 C.C. al ruolo talora abnorme delle CTU nei procedimenti.
  L'audizione dell'avvocato Ruo si colloca nell'ambito di un filone, che abbiamo recentemente aperto, di riflessione sull'adeguatezza del quadro normativo relativo all'affidamento dei minori. Ricordo a tale proposito che legge istitutiva della Commissione (legge 107/2020) assegna, tra l'altro, alla Commissione (articolo 3, comma 1) anche il compito molto generale di valutare se nella legislazione vigente sia effettivamente garantito il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia e rispettato il principio in base al quale l'allontanamento del minore dalla famiglia di origine deve costituire un rimedio residuale e che in ogni caso esso non può essere disposto per ragioni connesse esclusivamente alle condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale.
  La legge istitutiva fa riferimento alla legislazione vigente, ma ci troviamo in una fase particolarmente complessa, dal punto di vista della legislazione. Infatti, la riforma del processo civile (legge 206/2021), sebbene ancora non completata dai decreti legislativi attuativi, ha inciso profondamente su tutta la materia della giustizia minorile. È perciò necessario, per la Commissione, porsi il problema di un confronto con le previsioni della legge 206/2021 per capire se queste innovazioni normative contribuiscano in tutto o in parte a rimuovere i problemi che sono alla base dell'inchiesta parlamentare e che purtroppo abbiamo riscontratoPag. 4 nella casistica dei casi di cui si chiamo occupati.
  Cito, ad esempio, la generale lentezza a gestire le situazioni di rischio per i minori, talora compensata da un utilizzo a geometria variabile delle previsioni dell'art. 403 del Codice civile; una forte dipendenza da valutazioni più o meno fondate dei Servizi sociali o di figure non togate; un diffuso problema di ascolto dei minori e delle famiglie. Già in una recente audizione il professor Cecchella ci ha illustrato i punti di forza della riforma, che è invece oggetto di forti critiche da parte della magistratura minorile, anche in nome di una valorizzazione un po' acritica della controversa figura del giudice onorario minorile. Al contrario, un forte endorsment alla riforma è recentemente venuto dal Comitato dei ministri che sovraintende all'esecuzione dei giudizi della Corte europea dei diritti dell'uomo.
  Prima di lasciare la parola all'avvocato Ruo, volevo ancora sollecitarla, se ritiene, a darci una valutazione su due aspetti non secondari. Il primo è il ruolo dei Servizi sociali territoriali. Nell'audizione presso il Garante che ho citato l'Associazione Cammino aveva rilevato come questi si trovano a svolgere una serie di funzioni che vanno dalla valutazione preventiva delle situazioni all'esecuzione e al monitoraggio dei provvedimenti, con il rischio di agire sulla base di un «mandato in bianco». Ritiene che questo aspetto sia toccato dalla riforma o necessiti di un autonomo intervento normativo, assai complesso essendo la materia polverizzata e regionalizzata? Il secondo è il tema del curatore speciale, una figura che è sotto molti aspetti essenziale, ma che nella pratica è talora una dei punti di sofferenza del sistema. Sempre nell'audizione che ho citato, l'Associazione si era espressa in termini molto chiari rilevando che spesso la nomina dei curatori è fiduciaria, sulla base del gradimento dei giudici presso i quali pende il provvedimento, senza reali garanzie di specializzazione e indipendenza. Sono aspetti che anche la Commissione ha spesso rilevato in molti casi che le sono stati segnalati. Vorrei dunque che anche su questi aspetti e sul loro possibile superamento lei ci offrisse un contributo.
  Lascio ora la parola all'avvocato Ruo, riservandomi di porre eventuali altre domande al termine della sua esposizione.

  MARIA GIOVANNA RUO, presidente dell'Associazione Cammino – Camera Nazionale Camera Nazionale avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Sono veramente grata personalmente e come Associazione Cammino di poter rappresentare in questa autorevolissima sede l'esperienza che in tantissimi anni di difesa delle persone di età minore, dei loro genitori biologici o giuridici, degli affidatari, dei collocatari e dei familiari di tempo in tempo abbiamo espletato. Quello che dirò è anche raccolto in un documento che informalmente ho inviato stamattina e che al termine dell'audizione invieremo formalmente, fermo restando che ci riserviamo di approfondire eventuali argomenti che fossero stati soltanto di sfuggita o troppo superficialmente indicati.
  È vero che siamo all'indomani di una corposa riforma che personalmente e come Associazione Cammino abbiamo sostenuto e promosso da tanti anni e che certamente costituisce un punto d'approdo. Inoltre, siamo all'indomani del documento del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa che ha richiamato il nostro Paese dopo numerosissime condanne della Corte europea dei diritti dell'uomo proprio in procedimenti minorili, manifestando soddisfazione rispetto alla riforma, ma anche perplessità rispetto alla sua reale possibilità di incidere e migliorare la situazione. In effetti nella nostra situazione attuale ci sono elementi di perplessità per quanto concerne la normativa che saranno superati una volta che la riforma sarà operativa con i decreti legislativi attuativi che il Governo sta apprestando, ma anche problematiche e forse le più rilevanti sono portate da prassi operative non sempre in linea.
  Noi siamo in un'epoca di grandi cambiamenti e mi sembra che questa riforma che segue la grande riforma sulla filiazione del 2012-2013 ne sia un sintomo un segno evidentissimo che ha spostato l'accento sulla soggettività delle persone di età minore che non sono più oggetti dei diritti dei genitori, Pag. 5ma soggetti a cui va riconosciuta anche una piena capacità di intervenire nei procedimenti che li riguardano personalmente e che riguardano i loro diritti fondamentali, ovvero quello di vivere con la loro famiglia, ma soprattutto quello di svilupparsi al meglio.
  Nello snodo, nella tensione dialettica tra diritti stessi del minore, perché sono questi che vanno privilegiati nella tutela e questo sta a significare the best interest of the child, ovvero la necessità di prioritaria tutela dei diritti delle persone di età minore, prima di tutto, nell'ambito del contesto costituzionale degli articoli 23, 30, 31 e 32, vi è il suo diritto a svilupparsi al meglio e il suo diritto alla salute inteso non soltanto come mera conservazione della non malattia, ma come possibilità di effettivo sviluppo e di prospettiva piena della persona umana. In questo senso ci sembra debba essere considerato the best interest of the child ed è per questo che tutti gli altri diritti – sia del minore, compreso quello alla bigenitorialità, sia dei soggetti adulti, sia persino dello Stato come da alcune sentenze della Corte costituzionale – recedono. È la persona di età minore che è al centro del sistema e al cui sviluppo psicofisico migliore, in base alle condizioni possibili, è attribuita rilevanza prioritaria.
  Partiamo così da lontano e in maniera astratta, perché, nella dinamica concreta dei vari casi che cercherò rapidamente di illustrare e che ci sembrano veramente importanti perché emblematici, la prospettiva corretta ci sembra quella. Il diritto alla salute è centrale. Le numerose condanne all'Italia vanno quasi tutte riportate alla sua incapacità in tempi celeri e con provvedimenti efficaci ed effettivi di tutelarla.
  Il diritto alla bigenitorialità è esso stesso funzionale al the best interest of the child. Si presume che i genitori siano le persone che più sono in grado di preservare le migliori condizioni psicofisiche del minore, ma è una presunzione semplice, perché talvolta i genitori hanno atteggiamenti o comportamenti che entrano in conflitto con questo diritto della persona di età minore a svilupparsi al meglio.
  Ci sono gli interventi necessari dello Stato che, in base alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, non deve normalmente ingerirsi – secondo l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte europea – ma ha il dovere di intervenire per preservare the best interest of the child, laddove compromesso dai genitori, e immediatamente dopo ha il dovere di intervenire nell'empowerment dei soggetti, cui dall'ordinamento è deputata la tutela del migliore sviluppo, che in quel momento non sono in grado di svilupparla, di tutelarla e di garantirla.
  In questo contesto l'allontanamento è certamente l'estrema ratio, non può essere mai il primo provvedimento, ma può intervenire legittimamente soltanto dove si estrinsecano elementi di incapacità in tempi compatibili con il miglior sviluppo psicofisico del minore, dei genitori o della sua famiglia di origine a tutelare tale sviluppo. Ho detto una cosa inesatta, ovvero che non può essere mai il primo intervento, ma non è vero, perché se c'è un genitore che in piena crisi depressiva sta su un cornicione con il bambino in braccio e sta per buttarsi, è evidente che in questi casi l'allontanamento deve intervenire immediatamente e tempestivamente. Ma sono casi residuali, così come il conseguente collocamento del minore in altra situazione familiare o anche in casa d'accoglienza deve essere e non può che essere l'estrema ratio immediatamente accompagnata da tutti gli interventi di sostegno per il minore stesso e per i suoi familiari, perché possano recuperare quella capacità di assisterlo, crescerlo e come dice l'articolo 315-bis «assisterlo materialmente e moralmente», che d'altra parte è il motivo conduttore di tutta la legge sull'adottabilità.
  Questo è il dovere dello Stato, ovvero di essere insieme e accanto ai genitori fragili per sostenere le situazioni di fragilità e ancor prima di essere insieme e accanto al minore allontanato che subisce comunque un trauma terribile anche se i suoi genitori non erano adatti a tutelarlo, perché comunque costituiscono il radicarsi dei suoi effetti.
  È vero che in questi casi è spesso necessario il contributo di altri saperi, perché chiaramente la tutela del miglior sviluppo psicofisico del minore deve avvenire attraverso Pag. 6non soltanto il sapere giuridico, ma l'apporto di altri saperi.
  Veniamo al primo degli aspetti che ci sono stati posti. Come avviene nell'attuale nostro ordinamento? La Commissione lo sa: avviene o attraverso le relazioni socio e psico-ambientali, o attraverso CTU o attraverso nel tribunale per i minorenni della presenza di un giudice onorario specializzato nel collegio. Insieme a queste modalità di apporto degli altri saperi, vi sono le relazioni dei servizi socio e psico-ambientali che vengono stilate da operatori sanitari e operatori sociali in varia formazione – questo è il primo punto che vogliamo sottolineare – a causa del Titolo V della Costituzione, in quanto gli riserva di legislazione regionale in materia sanitaria.
  Noi stiamo effettuando uno studio insieme al CNOAS (Consiglio Nazionale Ordine assistenti sociali) su come è diversamente disciplinato nel Paese l'apporto dei servizi socio-sanitari. Come è chiaro, e come è noto ancor più a codesta illustrissima Commissione troviamo una grandissima varietà anche in relazione alle risorse di ciascuna regione e alla possibilità di metterle in campo.
  Queste relazioni socio e psico-ambientali vengono svolte fuori dal contraddittorio e dai diritti delle difese delle parti, risultano incontestabili anche se eventualmente errate, e vengono definite nel nostro gergo difensivo «prova bloccata». Talvolta, peraltro, si aggiunge l'attivazione di un giudizio, perché i precedenti interventi di sostegno dei servizi, che dovrebbero procedere qualsiasi procedimento, non hanno funzionato. È quello il mandato costituzionale dei servizi socio-sanitari, ovvero sostenere le fragilità, secondo gli articoli 2 e 3 della Costituzione, poiché si arriva a un procedimento, se il sostegno precedente non c'è stato e non ha funzionato. Comunque c'è qualcosa che si è rotto nel rapporto fiduciario. Ne consegue che è difficile, quando si rompe un rapporto fiduciario, essere obiettivi nella descrizione della vicenda.
  La riforma processuale della legge 206 del 2021, già evocata, è intervenuta con alcune norme immediatamente efficaci e altre previste, invece, nella legge delega.
  Vi sono poi le consulenze tecniche d'ufficio. Il giudice demanda con un quesito indagini sulle due unità genitoriale a un esperto psicologo, neuropsichiatra o neuropsichiatra infantile. Le indagini si svolgono in pieno contraddittorio con le parti rappresentate, se la parte ne ha la possibilità, perché poi ci sono termini di costi. Infatti, nella concreta pratica succede che per i poveri ci sono le relazioni dei servizi sociali e per i più abbienti che hanno la possibilità ci sono le consulenze tecniche d'ufficio. Quando i familiari ne hanno la possibilità, sono assistiti da un consulente tecnico di parte.
  La riforma processuale di quella legge 206 del 2021 è intervenuta non soltanto integrando l'articolo 13 relativo alle disposizioni attuative del codice di procedura civile con la previsione espressa di tali professionalità che prima non era contemplata, ma anche integrando l'articolo 15 sempre delle stesse disposizioni attuative con la previsione di requisiti professionali di cui i professionisti devono essere in possesso per essere inseriti nell'albo dei CTU. Altre norme sono, invece, contenute nella legge delega e riguarderanno metodi e contenuti riposte spesso nei procedimenti relativi a un esercizio non corretto della responsabilità genitoriale.
  Tuttavia, anche qui bisogna segnalare delle criticità. A volte le CTU sono inutilmente intrusive e ridondanti. Ad esempio, vi sono 60 o 70 pagine di CTU, in cui si comincia a parlare per pagine e pagine del rapporto di ciascuno dei genitori con il proprio genitore, di come si sono conosciuti, di come si sono lasciati, di aspetti della vita privata e personale non sempre pertinenti e si concludono in modo stereotipato e scontato senza considerazione della particolarità della situazione. Inoltre, pretermettono la considerazione di agiti violenti, banalizzando il tutto sotto l'egida della conflittualità e talvolta i giudici si appiattiscono sulle CTU, riportando nei provvedimenti spesso automaticamente le conclusioni stereotipate.
  Il problema della comprovata esperienza professionale dei consulenti tecnici in materia di violenza domestica e di genere viene affrontato nella riforma. La dizione è estremamente ampia, ma bisognerà vedere poi come verrà riempita. In questi casi bisogna Pag. 7essere assolutamente laici, ma altrettanto rigorosi nell'indagine. Certamente non aiutano molti quesiti che partono dal principio pregiudiziale della conflittualità, perché se già il quesito è impostato come «Sono tutti e due conflittuali» e il consulente tecnico deve trovare il modo di metterli d'accordo, non è il miglior modo per porgere un quesito per fare emergere la violenza domestica e di genere. Mi sembra che questi aspetti siano stati già tutti criticamente e lucidamente messi in luce dalla relazione della Commissione sul femminicidio.
  Infine, c'è il modo della partecipazione degli esperti del collegio giudicante presso il tribunale per i minorenni. È la modalità che desta più perplessità per l'assoluta incontrollabilità dei criteri di individuazione del the best interest che trovano di solito sintetica esposizione nei provvedimenti e può essere contraria all'interesse del minore nel rapporto madre-figlio, ma spesso non c'è nient'altro. Il fatto che questi pareri vengano espressi nell'ambito della Camera di Consiglio, quindi nel segreto, e poi si manifestino in sintetiche espressione del provvedimento li rende del tutto incontrollabili verso il piano del diritto alla difesa.
  Anche su questo punto la riforma di cui alla legge 206 del 2021 ha portato importanti modifiche, che però entreranno in vigore nel 2024, istituendo un giudice unico. Da subito gli esperti giudici onorari dovrebbero non espletare più istruttoria e questa è una battaglia che il ceto forense combatte da anni, perché io posso essere il miglior psicologo di questo mondo, ma non ho quelle cognizioni giuridiche elementari che mi consentono di gestire un'udienza e di rispettare i diritti di difesa del contraddittorio tra le parti, salvo casi che pure ci sono, come casi eccezionali di persone che si sono costituite un bagaglio giuridico, ma la verità è che spesso così non è.
  La difesa viene addirittura allontanata, quando vengono auditi i servizi sociali e questo non soltanto è una violazione conclamata dell'articolo 111 della Costituzione, ma impedisce anche alla difesa in questi casi di avere un ruolo proattivo. Se genitori che sbagliano non sanno in cosa sbagliano e l'anello fiduciario è la difesa perché viene allontanata dalle udienze – tuttora ciò avviene –, in che modo la difesa potrà in questi casi essere accanto ai genitori in quel ruolo promotivo del cambiamento che pure le spetta, magari dicendo «Guarda che sbagli, quando fa così», se viene esclusa da queste udienze? Ciò capita peraltro soltanto nell'ambito dei tribunali minori.
  L'allontanamento è certamente l'estrema ratio e ci si può arrivare soltanto o in casi emergenziali, come giustamente prevede l'articolo 403 riformato che entrerà in vigore il 22 giugno, oppure quando ci sono stati degli effettivi tentativi, mantenendo la persona di età minore nell'ambito della propria famiglia, di aiutare questa famiglia a migliorarsi.
  L'allontanamento vuol dire contestualmente l'inserimento della persona della persona di età minore in un diverso nucleo familiare o presso una casa famiglia e quasi mai nella nostra esperienza vuol dire suo collocamento presso per esempio i nonni, però poi si possono rilevare una risorsa. Infatti, non infrequentemente ci siamo imbattuti in casi in cui poi le persone di età minore, dopo un allontanamento e un inserimento in comunità di accoglienza, siano stati collocati presso i nonni e poi agli stessi affidati. In qualche caso la nostra esperienza professionale ha persino conosciuto da parte dei nonni adozione in casi particolari, ai sensi dell'articolo 44, ma non si capisce perché in questi e in altri casi si sia dovuti passare per un allontanamento traumatico della persona di età minore dal suo nucleo familiare, quando la legge è chiarissima.
  In linea di massima gli allontanamenti e gli affidamenti coercitivi dovrebbero essere attuati quando il permanere del figlio allontanato con uno o entrambi i genitori comporterebbe per il primo un pregiudizio grave e irreparabile. L'allontanamento nella sua iniziale prospettiva dovrebbe sempre essere temporaneo – uso il condizionale, perché non sempre è così, ma la legge così dice in maniera espressa – e divenire definitivo soltanto se il potenziamento delle capacità genitoriali di colui o di coloro, che con il loro comportamento sono pregiudizievoli per il figlio, fallisca in tempo congruo e sintonico con lo sviluppo psicofisico di quest'ultimo.Pag. 8
  Sussiste una situazione emergenziale in cui vi è la necessità di un intervento immediato. Ho citato prima il genitore afflitto da depressione maggiore che tenta il suicidio con il proprio bambino, ma purtroppo questi casi di allontanamento notoriamente sono rari, perché di solito prendono di sorpresa, o altri casi di cui pure abbiamo conoscenza, come ad esempio una persona di età minore offerta per prestazioni sessuali dal genitore perché è ad uso fare ciò o situazioni in cui i bambini si presentano a scuola con evidenti segni di ematomi e di percosse. Sono situazioni in cui è necessario l'allontanamento e legittimo l'intervento anche della pubblica autorità in via immediata.
  I tempi intercorrenti con l'evento che lascia emergere il gravissimo e imminente pregiudizio per il minore devono essere il più possibile contratti, altrimenti si incrementa in modo esponenziale e talvolta fatale il danno.
  La riforma, come sappiamo, ha riscritto l'articolo 403 del Codice civile. Sono grata alla presidente per aver ricordato la nostra audizione davanti al Garante nel 2019, perché effettivamente quella dell'articolo 403 è una nostra antica battaglia. Certamente siamo soddisfatti della dimensione in cui è stato riscritto il 403 con l'intervento immediato del pubblico ministero, che già fa un primo vaglio del provvedimento di allontanamento, ne può chiedere la convalida oppure può revocarlo, e poi il successivo intervento del tribunale per i minorenni.
  Ci sono delle criticità che dovranno essere colmate e dalle prassi. Per esempio, non si prevede l'anello di congiunzione tra questo procedimento, che possiamo considerare latamente cautelare, e il procedimento successivo. Si allontana il minore e poi cosa viene aperto? Il pubblico ministero dovrà necessariamente richiedere interventi, quindi l'apertura di un procedimento sulla responsabilità genitoriale, i cosiddetti «procedimenti de potestate» o addirittura l'apertura di un procedimento di adottabilità.
  I diritti della difesa sono congruamente garantiti? Sì, perché viene finalmente prevista la nomina di un curatore speciale, però anche no, perché il termine è di dieci giorni dalla comunicazione per reclamare l'eventuale provvedimento. Apro una parentesi: dobbiamo ritenere dieci giorni non soggetti per le caratteristiche di urgenza del procedimento, che è cautelare alla sospensione feriale, quindi sono sei giorni, esclusi sabato e domenica ed eventuali giorni di festività. Immaginate un provvedimento convalidato il 10 di agosto, per il quale dieci giorni per reclamarlo sono termini assolutamente giugulatori, tanto più che poi ce ne sono 60 per la Corte d'appello per decidere. Forse una corretta previsione sarebbe stata di almeno 20 giorni per la difesa e 40 giorni prima corte d'appello per decidere.
  Considerate anche che non è detto che i genitori siano forniti di difensore nel momento in cui viene allontanato il figlio e si apre questo procedimento cautelare, né mi sembra che la norma preveda la necessità di una difesa. Immaginate un genitore che in dieci giorni deve andare in pieno agosto o in periodo natalizio a trovare un avvocato, questo avvocato deve precipitarsi al tribunale per i minorenni, fare copia di tutti gli atti e poi confezionare un reclamo. Il termine è assolutamente incongruo per una reale difesa.
  Con tale modalità di allontanamento le stesse dovrebbero comunque essere rispettose delle esigenze psicologiche della persona di età minore e dei suoi effetti. Invece, si ha notizia di allontanamenti attuati in modo assolutamente irrispettoso anche della dignità della persona di età minore. Faccio due esempi. Il primo è il minore che entra nella stanza del giudice che l'ascolto da una porta con la mamma, la mamma poi viene invitata a restare dal giudice, perché la vuole sentire e la persona di età minore viene fatta uscire dall'altra porta, dove ci sono i servizi sociali ad aspettarlo per collocarla in una comunità di accoglienza senza che né la madre né la persona di età minore siano state precedentemente informate. Il secondo esempio è relativo a una minore che viene prelevata a scuola dai servizi prima dell'uscita dalla scuola e che non vedrà la propria genitrice per settimane, essendo immediatamente collocata in una casa famiglia ed essendo immediatamente sospesi gli incontri.
  Io non voglio dire che non fosse anche corretto prevedere l'allontanamento, ma certamentePag. 9 scorrette sono queste modalità. Per quanto riguarda questa seconda minore – mi sembra di renderle giustizia, riferendone a codesta Commissione –, ne fui nominata curatore. Aveva sei anni e quando mi presentai subito dopo la nomina da lei nella casa famiglia, con le lacrime agli occhi e una lucidità degna di un j'accuse, la prima cosa che mi disse fu: «Tu sei il mio avvocato, allora glielo devi dire ai servizi che non si allontanano così i bambini e che ai bambini va detto che non vedranno più la mamma per tanti giorni, perché non è giusto quello che mi hanno fatto». Poi le vicende giudiziarie sono state complesse ma rendo testimonianza di questo j'accuse di questa bambina di sei anni, fatto mentre mi guardava negli occhi con uno sdegno vero da dignità lesa e una richiesta di aiuto perché queste cose non accadano più, perché mi sembra corretto portarle a conoscenza delle istituzioni. Non avvengono sempre così, ma basta un caso per segnare irrimediabilmente una persona di età minore. In che modo si ricostituisce la fiducia in una persona allontanata così alle istituzioni? Qual è il danno? Parliamo di vittimizzazione secondaria in questi casi, perché forse è un danno veramente grave e irreparabile. Ci sono voluti mesi di colloqui con quella bambina per cercare di ripristinare un minimo di fiducia delle istituzioni.
  Relativamente agli allontanamenti giusti, «Liberi di scegliere» e gli allontanamenti dalle famiglie malavitose – la Commissione ne sarà a conoscenza – è una prassi inaugurata a Reggio Calabria dal presidente Roberto Di Bella e dai suoi giudici e riguarda le persone di età minore inserite in contesti di 'ndrina e quindi di indottrinamento malavitoso, ragazzi che hanno la figura del carabiniere sotto il calcagno talvolta tatuata, perché così a ogni passo lo schiacciano ed emblematicamente schiacciano la legge: persone di età minore destinate a un futuro di crimine oppure di imprigionamento, se non di morte. Il presidente Di Bella e i suoi giudici del tribunale di Reggio Calabria, studiando i fascicoli di questi ragazzi minorenni che venivano trovati autori di furti, di spaccio e di rapine, riscontrarono una rituale cadenza delle stesse famiglie, poiché erano stati clienti e utenti del tribunale per i minorenni i loro genitori e lo erano stati loro nonni. L'indottrinamento mafioso non lascia libertà di scelta a questi ragazzi, non hanno l'opzione per un modo diverso, ma sono totalmente schiacciati. Se uno legge i due libri scritti e conosce quella realtà anche superficialmente, sa e si rende conto di quanto sia impossibile optare per questi ragazzi per un diverso tipo di vita.
  È per questo che questo progetto si chiama e si è chiamato «Liberi di scegliere». Attualmente, da quanto mi consta, sta continuando la sperimentazione presso il tribunale per i minorenni di Reggio Calabria e il presidente Di Bella si è ora trasferito al tribunale per i minorenni di Catania, zona di diverso genere di malavita, poiché si passa dalla 'ndrangheta alla mafia, ma sempre malavita e criminalità organizzata è sempre e sempre illiberale nel condizionamento dei figli è. Il progetto è diventato molto più ampio, è diventato un progetto che prevede un post-allontanamento per questi ragazzi e un loro reinserimento in una dimensione diversa che possa offrire loro l'opzione di scelta anche per essere dentro la società e non per esserne ai margini e contro, destinati a questo dal semplice essere nati in famiglie di malavita.
  Alcuni dei nostri avvocati collaborano attivamente come curatori e non solo con questo progetto, ma sia Reggio Calabria e sia a Catania. Il progetto è nato per l'intuizione, come ho già detto, del presidente Roberto Di Bella, poi ha coinvolto l'Associazione Libera che consente la possibilità di accoglienza e di ricostruzione di una dimensione sociale, personale, psicologica ed educativa di questi ragazzi educativa e ha coinvolto anche il Ministero dell'istruzione, ma non vorrei dimenticare degli attori pubblici importanti, di cui mi scuso, ma abbiamo tentato nel nostro documento di darne atto.
  Nel nostro documento riferiamo che in questi casi gli allontanamenti hanno una necessità immanente nella situazione del ragazzo che, permanendo in famiglia, non avrebbe possibilità di opzione diversa se non quella malavitosa, perché il sistema è chiuso, il sistema condiziona. Uno dei fenomeni che si è verificato e che è importantissimo sottolineare è che le madri delle 'ndrine prima si Pag. 10sono opposte e poi hanno cominciato a collaborare, comprendendo che per i loro figli questi allontanamenti vogliono dire la liberazione anche da un destino certo o di prigionia e di morte o da criminalità e per le loro figlie dei matrimoni combinati in cui sono schiavizzati e che servono a perpetrare questa tradizione. Anche su questo ci sono dei problemi successivi per quanto riguarda l'accoglienza, ma ne parlerò dopo.
  Un altro tema in cui l'allontanamento sarebbe importante, e in cui il nostro ordinamento è ancora indietro, è quello dei figli minorenni di comunità etniche culturali con tradizioni coercitive, cioè i casi Saman. Tutti speriamo che Saman sia ancora viva e felice in qualche posto, ma presumibilmente così non è. La sua storia è emblematica perché non siamo riusciti ad aiutare questa ragazza e non riusciamo a evitare le tante situazioni di questo genere, poiché sono obbligate da tradizioni coercitive che non appartengono al nostro Stato democratico e che si ammantano talvolta di giustificazioni religiose che però tali non sono, perché è come dire, scusatemi il paragone che naturalmente si radica a qualche centinaia di anni fa, che tutti i cristiani bruciano le streghe. Non è vero che in tutte le comunità islamiche ci sono tradizioni di tipo coercitivo. Tuttavia, ci sono giustificazioni religiose di questo genere. Fatto sta che Saman non è stata libera di scegliere il suo futuro e il suo marito.
  Posso anche assicurare che nella mia professione talvolta giovani adulti – perché poi parlerò del fatto che i minorenni non si possono nemmeno aiutare e del perché non si possono nemmeno aiutare – si sono rivolti anche a me come avvocato, lacerati da un conflitto di lealtà da una parte nei confronti della famiglia di provenienza e dall'altra dal desiderio di emanciparsi da una cultura che avvertivano come schiavizzante.
  Non siamo riusciti ad aiutare Saman e non abbiamo gli strumenti per aiutare questi minorenni, perché anche qualora riuscissimo ad allontanarli dalle loro famiglie e ad accoglierli, per proteggerli non c'è un programma tipo Liberi di scegliere. Vorrei anche dire che stiamo cercando di sollevare il problema perché ci possono essere anche per questi ragazzi una via d'uscita e dei luoghi di accoglienza non illibertari, perché che cosa succede poi? Che vengono accolti in strutture di accoglienza che per forza di cose gli tolgono il cellulare, non li fanno uscire per paura della vendetta della famiglia di origine, e rimangono esposti a tutto ciò. Inoltre, anche qualora si riuscisse ad arrivare a una loro tutela, passano da una situazione illibertaria ad un'altra, in cui sono per di più deprivati di tutti gli effetti, vengono schiacciati e talvolta scappano.

(la seduta viene sospesa dalle 9,00 alle 9,05 per un problema di collegamento)

  PRESIDENTE. Abbiamo avuto un problema con il collegamento dell'avvocato Ruo, e ora riprendiamo. Prego.

  MARIA GIOVANNA RUO, presidente dell'Associazione Cammino – Camera Nazionale Avvocati per la persona. Parlo ora della sottovalutazione dei casi di violenza assistita. Di violenza assistita non c'è una definizione giuridica, ma c'è la definizione del CISMAI (Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l'abuso all'infanzia) nel senso di bambini che sono presenti ad atti di violenza nei confronti di parenti – di solito la madre, ma possono essere anche i nonni o i fratelli – e ne ricevono un danno grave e irreparabile alla sfera psichica, relazionale ed affettiva. La Convenzione di Istanbul se ne occupa in vari articoli; allo stato attuale, se non vado errata, il fenomeno viene considerato soltanto dalla normativa penale come aggravante.
  In questa sede non credo che interessino le misure repressive. Noi di Cammino crediamo molto di più nelle misure preventive e anche nel cambiamento culturale dei procedimenti civili in materia di violenza, perché se i quesiti parlano di conflittualità orientano il consulente tecnico, e viene imposta alle vittime di violenza una mediazione che non funziona in questi casi, perché la mediazione pretende due soggetti che si riconoscono reciprocamente la dignità. Se un soggetto è violento, non riconosce dignità all'altro c'è una asimmetria che non fa funzionare di per sé la Pag. 11mediazione. Invece, abbiamo frequenti notizia di vittime di violenza invitate alla mediazione e che poi devono assentire, perché quando l'invito viene autorevolmente proposto in udienza non si può dissentire. Oppure viene autorevolmente proposto, dicendo: «Lei è d'accordo con l'affidamento condiviso, vero signora?» e la signora non può dire al giudice di no, anche se ha casomai depositato in atti per esempio degli audio che attestano in maniera inconfutabile la violenza che ha subìto, nei quali viene anche ammessa la violenza, eppure viene invitata a questa soluzione.
  Se i bambini che hanno assistito a questi atti di violenza e che hanno assai probabilmente già avuto un danno alla loro salute psicofisica sono poi costretti a incontrare l'autore di violenza con una cadenza assolutamente «normale», forse dobbiamo chiederci se in questi casi il sistema funzioni.
  Io credo che ci sia una vittimizzazione secondaria presente in questi casi. Certamente la riforma se ne occupa, ad esempio prevedendo dei congegni quando le allegazioni di violenza sono già in atti. Certamente bisogna stare attenti agli abusi delle allegazioni di violenza, ma un'altra cosa è quando già ci sono dei principi di prova agli atti, come audio, video, dichiarazioni referti di pronto soccorso, ancorché questi referti di pronto soccorso narrino di incidenti domestici, poiché ci sono degli ematomi e degli esiti fisici che non sono compatibili con gli incidenti domestici. Se io ho degli ematomi in questo punto delle braccia, vuol dire che sono stata presa e scrollata. Se li ho intorno al collo, è un po' difficile dire e credere che io sono caduta dalle scale. Bisogna che ci sia un esame molto puntuale e attento sin dall'inizio di tutti questi elementi che non vengono considerati.
  L'altro aspetto drammatico è la lentezza del procedimento penale. La separazione o l'affidamento e il mantenimento dei figli di genitori non coniugati non interessa in questa sede. Sono bambini che hanno assistito a violenza e vittime di violenza domestica, che poi ci sia un regime di coniugio o meno ci sembra irrilevante. Se siamo già alle prove nel procedimento civile e la denuncia non è ancora pervenuta a un esito di pubblicazione degli atti, è grave e questo si verifica. Questo disallineamento permanente e la lentezza della giustizia penale sono un aspetto gravissimo, perché poi cosa dovrà fare il giudice civile? Dovrà accertare lui il fatto che siano avvenuti alcuni fatti? È vero che è previsto nella riforma che ci sia un collegamento tra uffici ed è vero che in alcune situazioni, come per esempio a Roma, quando era procuratrice aggiunta la dottoressa Maria Monteleone e ci fu un tavolo interistituzionale, in cui con protocolli era stato attuato questo collegamento tra gli uffici, ma è altrettanto vero che non si può demandare la tutela dei diritti fondamentali di minorenni a protocolli e alla libera iniziativa, che tra l'altro son diversi a seconda dei circondari. Questa situazione deve essere normata con norme primarie in modo che sia garantita uniformità in tutto lo Stato.
  Sulle CTU e sulle loro a volte incongruità, ho già detto. Vorrei parlare di un'altra situazione drammatica che è il rifiuto immotivato dell'altro genitore, e il peso da attribuire all'opinione della persona di età minore. Sapete che l'altro ieri, se non sbaglio, c'è stata una sentenza della Corte di cassazione, e prima c'era stata un'ordinanza di segno differente. Qualche anno fa scrissi un articolo «PAS o non-PAS, ma è questo il problema?». Come operatore giuridico – non oso definirmi giurista – non mi interessa se si chiami PAS o non-PAS, io so che ci sono dei casi di rifiuto e di un figlio di vedere il genitore.
  Il rifiuto può essere motivato o può essere immotivato. Quando è motivato? Quando ci sono stati episodi di violenza domestica. Come fa un bambino che ha visto la mamma quasi strangolata dal padre quando aveva 4 o 5 anni, da cui è derivata un'immagine drammatica a verbalizzare il perché teme il padre? Sarà questa madre che non vuole che il padre incontri questa figlia a condizionarlo? Francamente non ho i miei dubbi, ma d'altra parte conosco anche casi in cui, invece, il rifiuto del bambino a vedere l'altro genitore che di solito è il padre. Così come di Pag. 12solito è la madre a subire violenza, in questi casi di solito è il padre a essere estromesso statisticamente, il che non vuol dire che necessariamente sia così, ma statisticamente è così.
  Cosa vuol dire? Vuol dire che vi è l'assoluta necessità di indagare con assoluta severità e rigorosità sugli elementi predittivi, ed è per questo che le CTU devono essere impostate diversamente. Ci sono elementi predittivi e indicativi della violenza come delle cartine di tornasole. Su questo dobbiamo concentrarci, perché non si possono considerare i bambini necessariamente condizionati e non si può escludere a priori la violenza quando la stessa è allegata, ma non si può nemmeno d'altra parte ritenere che ogni volta allegata, il rifiuto avviene per questo. È necessaria una precocità di indagine molto severa su questi aspetti. «Severa» non vuol dire contro, ma in tempi serrati con una interrogazione vera del giudice con esperti, che deve decidere e che non può delegare a terzi la decisione in questi casi.
  Il nostro Paese è stato condannato un'infinità di volte, e ne ho riportate un po' fino a ottobre 2021 – c'è anche qualcosa successivamente e poi la aggiornerò, se interesserà la Commissione – in nota nel nostro documento a pagina 18. Il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa ha chiesto e ci chiede se la riforma sia sufficiente. La riforma sarà sufficiente, se i giudici saranno veramente specializzati, se si smetterà la delega ai CTU e ai servizi sociali, se le indagini saranno immediate, effettive e approfondite e se vi sarà un'implementazione di risorse, perché questo per una giustizia che funzioni è essenziale.
  Passerei alle problematiche strutturali, perché in un qualche modo mi ci sono ricollegata. C'è la necessità di risorse per il sistema di welfare e per la giustizia. Il sistema di welfare italiano oggi, a causa di risorse molto limitate e disomogenee, non riesce ad assicurare nei diversi territori l'attuazione della legge n. 328 del 2000, che prevede la realizzazione anche di livelli essenziali di servizi alle persone, che non sono stati ancora individuati con strumenti legislativi. In varie parti d'Italia i servizi specialistici nel sostegno alla genitorialità sono inesistenti o delegati al terzo settore attraverso bandi di breve durata che non garantiscono continuità degli interventi e degli operatori incaricati.
  Io personalmente ho avuto casi, i colleghi pure, in cui in pieno svolgimento di una serie di delicatissimi interventi, di riabilitazione della relazione, in varie fattispecie improvvisamente il contratto scadeva e non si sapeva niente. E il bambino o la bambina vengono lasciati a sé stessi, e le famiglie idem. I nostri servizi sanitari non sono in grado, per carenza di personale, di garantire la presa in carico a livello psicologico di minori fragili, e il trattamento clinico in difficoltà è spesso in conflitto tra di loro.
  In molti comuni il servizio sociale che si occupa degli adulti non è in raccordo stabile con il servizio minori. Ciò determina non di rado situazioni che possiamo definire paradossali. Alcuni allontanamenti effettuati per mettere in protezione i minori derivano anche dalla mancanza di interventi a sostegno. Questo è gravissimo, perché il primo obbligo dello Stato, in base all'articolo 8 della Costituzione europea dei diritti dell'uomo, è quello di sostenere. Le mamme straniere, per esempio, vengono inserite con facilità in comunità per donne con bambini piuttosto che in alloggi popolari, laddove questa soluzione non solo sarebbe più economica, ma garantirebbe anche l'ospitalità della figura paterna, di regola esclusa dal circuito assistenziale.
  Lo stesso accade per il sostegno a scuola. Faccio un inciso: i figli li fanno gli stranieri. I nostri giovani italiani fanno pochissimi figli. È giusto incentivarlo, ma intanto proteggiamo in maniera congrua i figli dei migranti, che costituiscono anche il futuro pensionistico e previdenziale di questo Paese. Proteggiamoli, anche in una dimensione meramente egoistica.
  Lo stesso accade per il disagio a scuola: spesso i bambini vengono segnalati per una scarsa frequenza o per disagi dimostrati durante le lezioni. Anche qui, la mancanza di centri diurni per il recupero scolastico, ma anche di sostegno economico per garantire attività sportive ed extra scolastiche a chi si trova in famiglie con situazioni Pag. 13economiche difficili determinano l'aggravarsi di situazioni che potrebbero essere trattate diversamente e che finiscono col costare all'erario infinitamente di più, esattamente come succede a ciascuno di noi se trascura la prevenzione. Gli interventi medici costeranno infinitamente più come sofferenza, come tempo, come soldi. I servizi di educativa domiciliare, che consentono al minore un supporto all'interno del suo nucleo familiare, risentono di scarsità di risorse. Il rinforzo del welfare è necessario.
  Secondo punto di criticità: fattore tempo e affidamento. Tutti questi sono esperienze, casi, persone. Dietro a tutte queste parole c'è l'esperienza di incontri, di volti, io li chiamo «di carne e di sangue» perché così è visto il lavoro che facciamo. Con l'apertura del procedimento il bambino può essere affidato a una comunità mamma-bambino, a una famiglia estranea al contesto familiare, ai servizi sociali e in qualche raro caso ai parenti entro il quarto grado. I servizi sociali che hanno il compito di attivare le competenze professionali non ce le fanno e quindi non c'è effettività del supporto, che si scontra con logistiche inadeguate. Ci sono comuni che hanno uno o due assistenti sociali: ma come fanno tra anziani, minori, altre fragilità e persone vulnerabili, ad assumere il peso di tutti questi aspetti? Calendarizzazione degli incontri inadeguate.
  Una volta al mese, un'ora alla settimana. Ma questo rescinde il legame. Ne parlerò dopo.
  Manca la verifica immediata e contemporanea della sussistenza delle capacità vicarianti dei parenti entro il quarto grado, anche se dai medesimi richiesta. I nonni, se hanno avuto figli disfunzionali che non sono considerati in grado a torto o a ragione – la maggior parte delle volte a ragione – di prendersi cura dei propri figli, per il solo fatto di aver avuto questi figli disfunzionali sono ritenuti essi stessi non in grado di funzionare a sé stessi.
  La nostra collega ci riporta esperienza del tribunale per i minorenni di Venezia, in cui il minore viene affidato al servizio sociale. Non abbiamo volutamente parlato dell'affidamento al servizio sociale, che è un altro buco nero, perché ci sarebbero volute pagine e pagine, ma se volete possiamo inviare a integrazione un nostro intervento già pubblicato di qualche anno fa. Ahimè, la situazione non è affatto migliorata, perché nonostante la Cassazione abbia detto che l'affidamento ai servizi sociali non può essere in bianco, rimandando alla corte d'appello di Roma un giudizio perché riempia di contenuti questo affidamento, ancora ci sono affidamenti in bianco. Sì ai servizi sociali, sia come contenuti, cosa possono fare, sia come tempi.
  Il rapporto che il minore mantiene con la famiglia d'origine è legata a incontri che si svolgono in ambienti protetti che hanno solitamente una durata troppo breve e soprattutto una cadenza troppo dilatata. Il tempo eccessivamente lungo che trascorre tra un incontro e l'altro incide inevitabilmente sul minore, che per l'effetto sviluppa tensioni, delusioni, desideri, frustrazioni che non sempre riguardano il rifiuto e l'inadeguatezza dei genitori. Un bambino allontanato che vede i genitori una volta la settimana per un'ora alla presenza di terzi non agevolante – lo dirò dopo perché – è un bambino che finirà col rifiutare quasi inevitabilmente i genitori; quindi diventa un sistema autoreferenziale. A questo abbiamo dedicato un intero capoverso.
  Succede che i genitori sono visti attraverso la lente e si presume l'inadeguatezza. Una volta che il bambino è allontanato, vuol dire che il genitore è inadeguato. È così sempre? Ci si pone in dimensione laica di fronte a queste vicende? Non sempre. Spesso ci si pone attraverso una lente deformante di pregiudizio. Allora vengono letti tutti i comportamenti dei genitori secondo questa lente deformante. Le persone coinvolte nell'allontanamento con i loro difensori hanno perso tempo e fiducia in un sistema che troppo spesso si presenta chiuso, autonomo, molto referenziale.
  Il caso di Bibbiano ha messo in luce delle dinamiche che erano già in parte note. Il giudice togato, per esempio, nel sistema del tribunale per i minorenni di Bologna non partecipa sempre all'udienza, non vede di persona i genitori, e tanto meno il minore. Le parti hanno spesso Pag. 14contatto solo con i giudici onorari, psicologi ed ex responsabili di comunità. Ne abbiamo già parlato. Inoltre, spesso i giudici onorari svolgono contestualmente altre attività di libera professione contigue alle competenze del tribunale per i minorenni.
  L'intero indotto degli affidi può determinare conflitti di interessi. Di questo si occupa la 206 del 2021, prevedendo severe norme sulle incompatibilità. Il sistema è infatti spesso autoreferenziale. Può accadere che, una volta allontanato dalla famiglia di origine, il minore perda contatti significativi con i genitori e finisca per rifiutarli anche solo per questo, alimentando la certezza che i genitori sono inadeguati. I vari soggetti che si approcciano al bambino affidato collocato in diverse situazioni sono convinti che i genitori siano inadeguati, e questo crea un flusso negativo di rapporti. Il sistema può divenire talmente autoreferenziale che ogni soggetto che entra in contatto col minore sia così condizionato da ritenere la famiglia sostanzialmente inadeguata e irrecuperabile. Il genitore resta spesso estraneo al processo decisionale. Spesso sono genitori poveri o genitori ai limiti della povertà, per cui non possono accedere al patrocinio per i non abbienti, e quindi non sono difesi, o sono difesi pro bono, oppure se ammessi al patrocinio per i non abbienti succede anche che, appena si ha notizia che hanno superato di pochissimo il minimo, viene revocato. Ma può essere che l'hanno superato per quel mese e che – ci sono noti due casi in questo studio – nel mese successivo non lavoreranno più; però intanto il patrocinio è stato revocato e non è possibile riattivarlo. E non tutti gli avvocati sono disponibili a difendere bene gratis. Questo è gravissimo, perché il Legal aid è un'espressione di Stato democratico, ma succede anche questo. Poi, 12 mila euro annui per una madre con un bambino che deve già trovarsi una stanza in affitto a Roma, che non costa meno di 300-400 euro al mese e deve nutrire i figli, è inadeguato.
  Vi sono problematiche di gestione degli affidi. Il minore affidato è troppo spesso dimenticato. Non era prevista nemmeno la nomina di un curatore, che adesso è prevista dalla riforma quando entrerà in vigore. È troppo spesso dimenticato. Per intraprendere un progetto di affido che abbia presupposti per poter funzionare bisogna capire chi è quel minore, ci deve essere un progetto. Non deve essere un baby parking presso una famiglia astrattamente idonea. Deve esserci un progetto individualizzato con cui la famiglia affidataria deve collaborare.
  Il sostegno agli affidatari è spesso inesistente. Gli incontri protetti tra minori e famiglia naturale dovrebbero essere organizzati e seguiti sempre. Pochissimi sono i casi in cui si deve interrompere il rapporto tra figli e genitori biologici, e questi rapporti sono importantissimi per il ripristino del flusso fiduciario affettivo. E dovrebbe essere curato il rientro a casa, che è un momento delicatissimo. Questi bambini si trovano lacerati.
  Noi abbiamo avuto una condanna gravissima da Strasburgo su un caso di questo genere, in cui il bambino dalla famiglia degli affidatari era rientrato alla propria famiglia, tra l'altro con mancanza del progetto di affidamento. Erano famiglie diametralmente opposte, anche per approccio antropologico, culturale e religioso. Questo bambino è stato talmente lacerato tra due tradizioni, tra due affetti, tra l'incomunicabilità, che ne ha derivato un danno grave e irreparabile. Il nostro Paese è stato condannato.
  Vi sono poi problematiche di inserimento in struttura d'accoglienza. L'individuazione delle strutture di accoglienza, la valutazione delle strutture d'accoglienza, l'accoglienza fuori regione che comporta una serie di problemi, l'inadeguata e farraginosa burocratizzazione. Non viene trasferita la residenza del minore presso la struttura di accoglienza. Sembrerà una cosa marginale, ma se è fuori dal comune questo bambino o ragazzo deve avere un pediatra, deve essere iscritto a scuola. Altro problema è il fatto che deve essere reso anonimo, se proveniente il suo cognome da alcune realtà. La durata e il futuro dell'affidamento termina a diciotto anni. Il minore ha diritto a lasciare la comunità senza che vi sia spesso un progetto per giovani Pag. 15adulti. Non è qui la sede, ma anche il tema dei giovani adulti è importante.
  Concludo – perché era l'ultimo argomento che mi era stato richiesto e ho occupato il tempo disponibile – col curatore speciale del minore. Personalmente credo molto in questa figura. Ho scritto un libro nel 2014 che stiamo riscrivendo, e che costituisce ancora il manuale del curatore. È importante perché è la figura che dà voce a una persona di età minore nel procedimento, e giustamente questa figura del curatore è stata opportunamente valorizzata nella riforma. Noi di Cammino ne siamo veramente lieti. Scusate, ve lo faccio vedere: questo libro è l'edizione del 2014 che è in revisione, e lo stiamo riscrivendo. Evidenzio però che ci sono dei problemi strutturali proprio al sistema di nomina, che non mi sembra siano previsti nella legge di riforma. Ci sono degli elenchi non ufficiali, non ci sono albi. Giustamente i giudici devono sapere chi nominare, ma il problema è che sono sempre gli stessi. Ci sono curatori seriali che cumulano una serie di incarichi. Tutto questo da una parte si spiega col fatto che per svolgere tale compito è necessario che ci siano professionisti seri, capaci e giuridicamente esperti di diritto minorile, ma anche capaci di parlare col minore, perché uno dei compiti è sentirne l'opinione. Il curatore è l'anello tra le istituzioni e il minorenne. Un rapporto sbagliato tra il curatore e il minorenne distrugge questa fiducia. Ma dall'altra parte è anche vero che questo crea un rapporto vischioso e non sempre libero tra i curatori cosiddetti «seriali» e i giudici, da cui finiscono col dipendere anche economicamente per la quantità di incarichi che ricevono.
  Cammino dal 2004 dice: «No, gli albi devono essere tenuti dai Consigli dell'Ordine, l'ingresso deve essere curato». Devo dire che questo sta avvenendo, ancorché non per legge ma per protocolli ancora una volta. Tuttavia qualche perplessità sulla preparazione che viene fornita a questi curatori francamente ce l'abbiamo, perché poi forse dovrebbero essere affiancati a curatori esperti affinché facciano un minimo di esperienza.
  Altro aspetto complesso è dato dal fatto che gli stessi avvocati siano nominati avvocati d'ufficio, che non è un aspetto complesso, se non vi fosse quel vizio di origine. Cioè, se io vengo nominato una volta curatore e una volta avvocato d'ufficio da quello stesso giudice forse il rapporto non è così libero, né nella funzione A né nella funzione B. Tra l'altro, se un qualche curatore assume la difesa di genitori al di fuori della difesa d'ufficio, non sempre è guardato bene e viene anche spesso espunto o non nominato più tra i curatori. Questo bisogna dirlo, perché succede.
  Altro problema serio è quello della remunerazione dei professionisti, che già è prevista dimidiata, ma i giudici arbitrariamente dimidiano ulteriormente. Ora, un professionista cui si chiede un compito di rilievo, e giustamente un impegno di rilievo, deve essere anche remunerato adeguatamente.
  Concludendo questa riflessione sull'allontanamento e sugli affidi, ci sembra che l'attuale situazione nel nostro Paese permetta di fare una distinzione. Sul piano generale e astratto, l'elaborazione giurisprudenziale e la produzione normativa – nel riconoscere soggettività piena alle persone di età minore – individuano una serie di possibili interventi legittimi, compreso l'allontanamento, che ne costituisce l'estrema ratio, se questa misura temporanea è accompagnata da provvedimenti doverosamente volti al celere ricongiungimento, e solo in casi eccezionalissimi alla restituzione definitiva.
  Diversa è la situazione sul piano concreto, in sede applicativa. Non sempre si rileva una preparazione adeguata di tutti gli addetti ai lavori – operatori sociosanitari, magistrati, avvocati – per la corretta individuazione degli elementi predittivi che rendano necessario l'allontanamento, così come di quelli impeditivi al ricongiungimento successivo. Non risulta infrequente che provvedimenti a tutela del diritto fondamentale della persona di età minore al miglior sviluppo psicofisico non siano assunti; oppure siano assunti in forza di un'analisi generica e banalizzante, priva di attenzione a quella concreta persona di età Pag. 16minore, alle effettive dinamiche relazionali, alle risorse in essere o potenziali della famiglia di origine.
  Non sussistono strumenti idonei per le categorie di persone di età minore più vulnerabili, sia per assenza di previsioni normative sia per assenza di adeguata formazione. Quanti sono i mediatori culturali che lavorano in questi ambiti, come ad esempio quello dei minorenni di etnie straniere che si ribellano al codice d'onore delle loro comunità, o quello dei genitori di Paesi terzi, soprattutto migranti economici, che si trovano in situazioni di estrema fragilità sociale, economica, lavorativa, abitativa? La scarsità di risorse, la sussistenza dei problemi burocratici, di standard qualitativi e soprattutto dei livelli essenziali delle prestazioni sociosanitarie costituiscono un sistema effettivo che rischia spesso di disattendere e tradire gli obiettivi normativi.
  Mi sia permesso di concludere dicendo che l'avvocatura specializzata è certamente una risorsa sulla quale investire e ciò in quanto gli avvocati, nella funzione di tutori e curatori, sono gli unici operatori esterni e autonomi, se la loro autonomia e indipendenza viene tutelata dal sistema.
  Io vi ringrazio, e rimango a disposizione per le vostre domande. Vi ringrazio veramente per la possibilità che ci avete dato di portare all'attenzione delle istituzioni queste tematiche che ci stanno veramente a cuore e che costituiscono la nostra vita quotidiana, perché le vite dei nostri assistiti, minori o adulti, costituiscono la vita quotidiana.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, avvocato Ruo. Lei ha citato un testo di approfondimento sull'affidamento ai servizi sociali, se ho ben capito. Se ce lo potesse trasmettere, lo acquisiamo fra i testi della Commissione. Purtroppo noi come orari siamo giunti al limite, perché alle 9,30 iniziano i lavori di Aula. Io approfitto della sua disponibilità a rispondere per iscritto, e dico quindi ai commissari di trasmettere le eventuali domande, che le inoltreremo a nostra volta via mail. Grazie ancora, dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 9.30

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, di Clede Maria Garavini, già Garante per l'infanzia e l'adolescenza della regione Emilia Romagna.

  PRESIDENTE. Comunico che, essendo in corso votazioni presso l'Assemblea del Senato, l'odierna audizione è rinviata ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.05.