XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario

Resoconto stenografico



Seduta n. 76 di Lunedì 28 febbraio 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ruocco Carla , Presidente ... 3 

Comunicazioni:
Ruocco Carla , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del dottor Augusto Dell'Erba, Presidente di Federcasse, in merito all'impatto della riforma del 2016 sull'operatività delle Banche di Credito Cooperativo:
Ruocco Carla , Presidente ... 3 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 3 
Ruocco Carla , Presidente ... 4 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 4 
De Bertoldi Andrea  ... 4 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 4 
De Bertoldi Andrea  ... 4 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 5 
Ruocco Carla , Presidente ... 6 
Gatti Sergio , Direttore generale di Federcasse ... 6 
Ruocco Carla , Presidente ... 9 
Bagnai Alberto  ... 9 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 11 
Bagnai Alberto  ... 11 
Ruocco Carla , Presidente ... 11 
De Bertoldi Andrea  ... 11 
Ruocco Carla , Presidente ... 12 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 12 
Bagnai Alberto  ... 13 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 13 
Gatti Sergio , Direttore generale di Federcasse ... 13 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 13 
Bagnai Alberto  ... 13 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 13 
Bagnai Alberto  ... 15 
Ruocco Carla , Presidente ... 15 
Bagnai Alberto  ... 15 
Ruocco Carla , Presidente ... 15 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 15 
Bagnai Alberto  ... 16 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 16 
Bagnai Alberto  ... 16 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 16 
Bagnai Alberto  ... 16 
Dell'Erba Augusto , Presidente di Federcasse ... 16 
Ruocco Carla , Presidente ... 16 
Gatti Sergio , Direttore generale di Federcasse ... 16 
Bagnai Alberto  ... 17 
Gatti Sergio , Direttore generale di Federcasse ... 17 
Ruocco Carla , Presidente ... 17 
Gatti Sergio , Direttore generale di Federcasse ... 17 
Bagnai Alberto  ... 18 
Ruocco Carla , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
CARLA RUOCCO

  La seduta comincia alle 16.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione in diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni.

  PRESIDENTE. Ricordo che per ragioni di sicurezza sanitaria, il «foglio firme» non verrà portato dall'assistente ma lasciato a disposizione sul tavolino davanti al banco della Presidenza.
  Comunico che il 22 febbraio 2022 il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione il deputato Antonio Zennaro, in sostituzione del deputato Massimo Bitonci, dimissionario. Do quindi il benvenuto al deputato Antonio Zennaro.

Seguito dell'audizione del dottor Augusto Dell'Erba, Presidente di Federcasse, in merito all'impatto della riforma del 2016 sull'operatività delle Banche di Credito Cooperativo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del dottor Augusto dell'Erba, Presidente di Federcasse, in merito all'impatto della riforma del 2016 sull'operatività delle Banche di Credito Cooperativo. Nell'ambito dell'approfondimento dell'impatto della riforma del 2016 sull'operatività delle Banche di Credito Cooperativo, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. c) della legge istitutiva (legge n. 28/2019), la Commissione prosegue oggi l'audizione del dottor Augusto Dell'Erba, Presidente di Federcasse, accompagnato dal dottor Sergio Gatti, Direttore generale, che ringrazio per essere qui presenti, a dare seguito all'audizione già avviata lo scorso 22 febbraio 2022. Invito il dottor dell'Erba a rispondere alle domande dei commissari che erano state formulate nella precedente seduta.

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. Grazie per la possibilità di tornare su questo argomento, che da noi è molto avvertito. La prima domanda ci è stata formulata dal senatore Andrea De Bertoldi, che ha posto due temi: uno, la possibilità in alternativa al gruppo bancario cooperativo di costituire un IPS nazionale tra le banche di credito cooperativo che fossero interessate a questo progetto, e quindi a loro dovrebbe essere data la possibilità di recedere al fine di costituire questo strumento che in una parte dell'Italia già esiste, nella provincia di Bolzano. E ancora la possibilità di costituire un gruppo bancario unico – adesso sono due – dando la possibilità alle BCC che non volessero aderire a questa unicità di progetto di trasformarsi in banche popolari e società per azioni. Direi che questa è la domanda più complessa che è stata formulata.
  Allora, per quanto riguarda l'IPS, questo è uno schema a noi molto ben noto, l'abbiamo studiato sin dal 2005, gli abbiamo dedicato anche un libro qualche anno fa, un testo che lo descrive e aiuta a comprenderne la portata, e appunto nel 2005 ne demmo corso. L'iniziativa si svolse con la partecipazione di tutte le componenti del sistema, tant'è che nel 2011 ne approvammo lo statuto, che fu autorizzato da Banca d'Italia: in occasione di un nostro congresso nazionale, venne personalmente il vicedirettore generale della Pag. 4Banca d'Italia, la dottoressa Annamaria Tarantola, a consegnarci questo provvedimento amministrativo di autorizzazione. Questo IPS che avevamo in mente di costituire poteva essere il mezzo idoneo per affrontare le complessità di quel momento. Ma dopo l'approvazione dello Statuto, nel giugno del 2012 in piena crisi finanziaria e di reputazione di alcuni paesi circa la crisi del debito sovrano, venne approvato il progetto dell'Unione bancaria, quindi le cose andarono avanti ed ebbero un'evoluzione diversa. Sono cambiate complessivamente le regole, in particolare il 26 giugno del 2013 venne approvato il Regolamento dell'Unione europea sui requisiti prudenziali e il mondo è totalmente cambiato. Si è andati nella direzione del gruppo bancario cooperativo, forse non siamo stati tempestivi, la categoria nel suo complesso non ha dato immediatamente corso a quel progetto e il mondo si è mosso diversamente. Quindi oggi pensare di costituire un IPS può essere un passo indietro che non sentiamo di condividere, perché è stato fatto più di un passo avanti nei confronti della costituzione dei gruppi bancari cooperativi che il legislatore nel 2016 volle. Il senatore De Bertoldi chiede: «Perché non si fa un gruppo unico dando la possibilità a quelli che non lo volessero di recedere e trasformarsi in altro?». La costituzione del gruppo unico non può essere imposto per legge, perché la norma dice che chi vuole continuare a fare banca di credito cooperativo deve affiliarsi a un gruppo. Il legislatore non ha detto quanti gruppi debbano essere, ha dato la possibilità al Ministero di stabilire il numero minimo di banche che possono aderire a un gruppo, peraltro questa norma è rimasta latente, non ha trovato applicazione. Pensare di imporre la creazione di un'impresa bancaria per legge non ci sembra coerente con il nostro sistema, che prevede la libertà di impresa. Nel contempo, però, noi abbiamo sempre guardato con favore – la base del credito cooperativo – alla ipotesi del gruppo unico infatti c'è stato grande dibattito per favorire questo traguardo che non è stato conseguito.

  PRESIDENTE. È appena arrivato il senatore De Bertoldi, può cortesemente riepilogare la risposta alla sua prima domanda?

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. Riepilogo. Il senatore De Bertoldi, se male non abbiamo inteso, chiedeva della possibilità di costituzione di un IPS in luogo del gruppo bancario cooperativo. Abbiamo detto che nel 2005 demmo corso a questa iniziativa, nel 2011 si arrivò alla approvazione dello Statuto che avrebbe regolato l'IPS, il provvedimento di autorizzazione fu presentato formalmente dalla vicedirettrice di Banca d'Italia, la dottoressa Tarantola, che venne a un nostro importante congresso e ci portò questa autorizzazione. Questo strumento, pur normato da uno statuto, non riuscì a diventare effettivamente operativo. Successivamente, in piena crisi finanziaria, fu avviata l'introduzione dell'unione bancaria Europea, con tutta l'attuazione delle norme connesse, quindi il mondo è andato avanti. Senatore De Bertoldi, noi studiammo molto attentamente questo strumento, siamo gli unici che gli hanno dedicato un libro, ma le norme sono andate avanti e il legislatore italiano – infatti questa è un'edizione del 2013 – ha scelto la strada che ha scelto che è quella del gruppo bancario, che è stata una soluzione meno grave rispetto a ipotesi diverse. In sintesi, l'attuazione di un IPS oggi ci sembra improbabile e ci sembrerebbe anche non in linea con tutto il lavoro che è stato fatto in questi anni dal 2016 a oggi, per costruire queste macchine nuove e tipiche dell'ordinamento italiano che sono i gruppi bancari cooperativi, che hanno fatto grandi investimenti, hanno assunto personale, hanno avviato programmi di funding, hanno strutturato il MREL, hanno una relazione rilevantissima con la BCE. Andare in una direzione diversa significherebbe smontare parte di questo lavoro e rimontarlo diversamente.

  ANDREA DE BERTOLDI. Neppure parzialmente?

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. Che cos'è parzialmente?

  ANDREA DE BERTOLDI. Visto che noi oggi abbiamo due grandi gruppi cooperativi, non sarebbe possibile – come io ritengoPag. 5 – nell'ottica di migliorare un sistema, portare i due gruppi all'unificazione verso un gruppo unico e prevedere in parallelo un sistema IPS che muovendo dalle Raiffeisen altoatesine possa estendersi anche ad altre realtà d'Italia. Quindi vedere il sistema cooperativo basato su un grosso gruppo e su una realtà, magari più periferica e territoriale con gli IPS, quindi vedere cogestire i due sistemi.

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. Credevo che questo facesse parte della sua seconda domanda. Vedo difficile che il legislatore italiano possa favorire la costituzione di gruppi bancari unici mediante un provvedimento di legge, e quindi dire a due imprese che hanno la propria personalità giuridica, il proprio assetto: «Voi vi dovete fondere per legge». Noi ci siamo battuti come Federcasse a suo tempo affinché il gruppo fosse unico, come lei sa benissimo perché uno dei due gruppi è insediato in provincia di Trento dove lei risiede e quindi sa bene come c'è stata una dinamica che ha portato alla creazione di due gruppi che fortunatamente vanno bene tutti e due come il comprehensive assessment ha accertato. Sinceramente non comprendo bene come potrebbe funzionare – qualora si arrivasse ad a un gruppo unico, se non per legge, per vocazione, – e come si potrebbe avere ulteriormente un IPS, perché i due strumenti mi paiono essere nell'impianto normativo assolutamente alternativi. Infatti, nella provincia di Bolzano c'è stato un percorso del tutto diverso e quindi c'è stata una norma ad hoc per quel sistema e anche recentemente sui requisiti di onorabilità, di professionalità degli esponenti aziendali, la Provincia ha esercitato la propria potestà legislativa e ha stabilito criteri lievemente diversi e più alleggeriti rispetto a quelli fissati dal decreto del ministero del dicembre 2020, che impone requisiti più elevati e complessi. Mentre in quella Provincia sono stati attenuati, perché il territorio deve pure fare i conti con la realtà, con le professionalità del territorio stesso. Non comprendo bene come potrebbe essere questo IPS parallelo, un gruppo unico che se non costituito – per forza di legge, dubito che lo si possa fare – dovrebbe poi vedere affianco un IPS. Lei formulava anche un'altra considerazione, diceva che le banche che non volessero aderire dovrebbero avere facoltà di recesso per trasformarsi in altro. Questa cosa la vedo ancora più complessa. Per esempio, la BCC della quale sono presidente ha un capitale sociale di circa trenta mila euro e un patrimonio di quasi novanta milioni di euro, se decidesse di trasformarsi in altro, quindi estinguendo il soggetto originario, dovrebbe conferire tutti i fondi al Ministero dello sviluppo economico, quindi dovrebbe trovare nel giro di poco tempo il capitale sostitutivo per sostenere i propri asset. La vedo difficile che si vada a un'assemblea di soci e si dica: «Lasciamo la forma della cooperativa a mutualità prevalente, assumiamo quella di popolare o quella di Spa e, mi raccomando, sottoscrivete questo capitale». Penserei che se c'è una buona licenza bancaria e c'è un buon mercato ragionevolmente a questa chiamata non risponderebbero i soci cooperatori che sono abituati a ricevere il servizio in cambio di un modesto capitale, ma interverrebbero magari operatori di mercato e questo potrebbe stravolgere la natura stessa del soggetto e cambiargli proprio la destinazione. Senza dire che una banca Spa di quelle dimensioni sarebbe troppo piccola per vivere da sola in un sistema molto competitivo. Infatti le piccole banche Spa sono spesso oggetto di dibattito e di spinte all'aggregazione.
  Non vedrei, quindi, quella come una soluzione per la difficoltà oggettiva di trovare il capitale e nello stesso tempo per la circostanza che il mercato non gli consentirebbe una sussistenza neanche a medio termine, perché la competizione è così rilevante. Questo mi sentirei di rispondere nella conversazione avviata dal Senatore De Bertoldi.
  Era poi intervenuto l'onorevole Pagano, il quale più che fare una domanda ha svolto un ragionamento in ordine all'IPS e ha soprattutto parlato della risoluzione in Commissione finanze Buratti – Zennaro e quindi si è intrattenuto su questo tema. Se dovessi dare una risposta mi intratterrei Pag. 6sulla risoluzione, non so se ne vuole parlare Sergio Gatti.

  PRESIDENTE. Sì, prego.

  SERGIO GATTI, Direttore generale di Federcasse. Solo per ribadire, ma penso che tutti i commissari ne siano al corrente, quali sono i cinque obiettivi della risoluzione della Commissione finanze della Camera, in particolare i primi tre attorno ai quali può ruotare – anche in virtù della vasta adesione parlamentare che ha ricevuto – l'eventuale iniziativa della Commissione banche. Li ricordo. Il primo è promuovere iniziative nelle sedi Europee al fine di adeguare con il più ampio coinvolgimento delle forze parlamentari, il quadro normativo bancario europeo previsto dal Regolamento UE 1024/2013 alle peculiarità della missione assegnata alle BCC dalla Costituzione italiana, in particolare l'articolo 45. Questo è il primo obiettivo. Il secondo, confermare il modello del gruppo bancario cooperativo disegnato dal legislatore italiano garantendone la sua missione economica e sociale, valutando la possibilità di esperire azioni volte a modificare con urgenza le regole Europee applicabili e i relativi modelli di vigilanza affinché le norme e i parametri di supervisione risultino proporzionati, coerenti e adeguati rispetto alla natura delle BCC di banche piccole, non sistemiche, né complesse e soprattutto a mutualità prevalente, che è un preciso vincolo normativo del nostro paese.
  Terzo obiettivo, adottare iniziative per definire una cornice normativa, in raccordo con le istituzioni europee, che consente alla BCC di accrescere il proprio contributo alla ripresa del paese affinché possa continuare a essere garantito l'accompagnamento creditizio e consulenziale a imprese e famiglie chiamate a fare la propria parte nella ricostruzione post pandemica delle economie locali e con una prospettiva ben precisa e caratteristica in termini di transizione ecologica digitale, cioè partecipata e inclusiva. Quindi che non vada ad ampliare le differenze, ma a ridurle il più possibile.
  Ci sono poi nella risoluzione degli onorevoli Buratti e Zennaro anche altri due obiettivi, che consideriamo comunque importanti e cioè dare rapida attuazione alle disposizioni in materia di vigilanza cooperativa, che era stata prevista nel decreto-legge n. 119 del 2018, al fine di dare seguito, ottemperare alla previsione normativa introdotta nel dicembre del 2018 ed evitare che ci possano essere anche delle non coerenze dal punto di vista della norma complessiva. L'ultimo obiettivo che poneva la risoluzione, era quello di monitorare l'attuazione del regolamento del Mef, il n. 169/2020 a cui faceva riferimento poco fa anche il Presidente Dell'Erba proprio in materia di requisiti e criteri di idoneità allo svolgimento dell'incarico degli esponenti aziendali delle banche, al fine – anche in questo caso – di garantire sicuramente la qualità della governance, ma senza ledere, cito ancora la risoluzione, il carattere di territorialità del credito cooperativo stabilito da norme primarie e secondarie.
  Soprattutto i primi tre punti ci sembravano idonei a costituire un possibile orizzonte di intervento di questa Commissione e, su spinta di questa Commissione, il coinvolgimento del Governo e delle altre autorità nazionali.
  Un'ulteriore domanda era stata formulata dal senatore Perosino, che ricordava di avere presentato al Senato un affare assegnato che punta a rilevare eventuali criticità e prospettive della riforma del credito cooperativo, questa proposta è stata poi accolta, come sapete. Tra le affermazioni del senatore Perosino, c'era l'indicazione che il modello tedesco dell'IPS sembrerebbe quello più adeguato, ma appare oggi impossibile adottarlo oltre la provincia di Bolzano. Il presidente ha recuperato anche un pizzico di storia per sottolineare che quella era la scelta originaria sin dal 2005 del nostro sistema. Aggiungeva il senatore Perosino che, nel caso fosse d'accordo la Banca d'Italia, si potrebbe adottare una legge nazionale che consenta di alleggerire i costi, le procedure e gli oneri per le BCC aderenti ai gruppi bancari cooperativi.
  La nostra risposta. Per quanto riguarda l'affare assegnato sicuramente è una modalitàPag. 7 per ulteriormente approfondire la verifica degli effetti della riforma delle BCC che la Commissione banche sta già svolgendo. Noi comunque daremo volentieri il nostro contributo, alla ricerca sempre di una soluzione che in questo momento ci sembra soprattutto essere una soluzione Europea. Per l'intervento sugli oneri, a cui teneva in maniera particolare, e noi condividiamo totalmente ciò che ha espresso il senatore Perosino, noi possiamo dire che la Banca d'Italia ha mostrato soprattutto nell'ambito del tavolo che venne costituito – e di cui abbiamo dato conto anche nella relazione del 22 febbraio scorso, cioè nella prima parte di questa audizione – attenzione rispetto ad alcune richieste sulle quali si poteva manovrare, intervenire soprattutto sulla legislazione secondaria, essenzialmente le disposizioni di vigilanza, con l'obiettivo di alleggerire i costi, le procedure e gli oneri per le BCC e le cassi rurali aderenti ai gruppi bancari cooperativi. Nell'occasione del 22 febbraio avevamo ricordato alcune di queste norme, volte a semplificare processi e oneri, e li richiamo anche oggi. L'eliminazione dell'obbligo per le BCC affiliate a un gruppo bancario cooperativo di redigere i resoconti in materia di ICAP e di ILAP a livello individuale. Quindi non bisogna ripeterlo per decine di volte, ma lo fa soltanto la capogruppo. Secondo, la riduzione di oneri nei casi di esternalizzazioni di funzioni essenziali o importanti – e sappiamo quanto siano importanti le esternalizzazioni nelle economie all'interno del disegno dei gruppi bancari cooperativi. Terza, semplificazione intervenuta già in vigore nelle disposizione di vigilanza, è la redazione di adempimenti con una relazione unitaria relativa ai controlli svolti sulle funzioni organizzative più importanti esternalizzate al di fuori dei gruppi bancari cooperativi. Anche qui quindi un po' di burocrazia si tende a ridurre. Quarto punto, il governo societario delle banche: in particolare noi abbiamo partecipato alla consultazione indetta dalla Banca d'Italia e più o meno nove decimi delle nostre proposte sono state accolte, nella sostanza, così come nella consultazione, sempre indetta dalla Banca d'Italia, in materia di procedura di valutazione dell'idoneità degli esponenti delle banche. Anche sulla procedura una serie di nostre indicazioni, direi pressoché tutte, sono state accolte. Il sesto e ultimo punto, molto concreto in termini di semplificazione di processi, riguarda le politiche e le prassi di incentivazione che per banche di fatto less significant, anzi tutte meno due come abbiamo ricordato il 22 febbraio scorso, piccole e non complesse non possono essere di uguale o simile impatto rispetto alle politiche e alle prassi previste per i gruppi significant. Questo era l'essenziale per quanto riguarda il senatore Perosino.
  L'onorevole Zanichelli aveva evidenziato come nel 2016 vi fosse una sollecitazione delle autorità a una maggiore aggregazione delle banche al fine di essere più attrezzate per affrontare le sfide. Ciò comporta non soltanto una riduzione della concorrenza, ma anche una maggiore distanza e una difficoltà di accesso al credito per le micro e piccole imprese. L'onorevole Zanichelli ipotizzava che poteva essere sufficiente favorire libere aggregazioni tra BCC, anziché prevedere la nascita dei gruppi bancari cooperativi; lo formulava come domanda. Questo Parlamento ha espresso la volontà di effettuare modifiche di competenza per favorire l'adeguatezza delle banche al ruolo di servizio alle imprese soprattutto di minori dimensioni. Su questo noi non possiamo che apprezzare questa sensibilità. Per quanto riguarda l'ipotesi che formulava l'onorevole Zanichelli, cioè se fosse stato sufficiente, a cavallo tra il 2014 e il 2016, favorire da parte delle autorità libere aggregazioni tra le BCC, noi ovviamente questo volevamo, questa era la spinta sin dal 2005, ma per le ragioni che ha ricordato il presidente non si è arrivati in tempo. L'obiettivo era arrivare entro il 4 novembre 2014, che è il giorno in cui è entrata in vigore la vigilanza unica, quindi al meccanismo di vigilanza unica bisognava arrivare pronti. Noi avevamo ottenuto tre anni prima lo statuto riconosciuto dalla Banca d'Italia, il fondo di garanzia istituzionale – così si chiamava l'IPS del credito cooperativo – era formalmente costituito, ma non si è riusciti a completare il percorso anche perchéPag. 8 il contesto normativo nel frattempo era diventato più complesso. Sicuramente l'onorevole Zanichelli aveva intuito che quella era la strada, anche perseguita, ma non ci si è arrivati.
  A questo punto il Parlamento proseguirà come riterrà, ma sicuramente alcune prese di posizione che abbiamo richiamato, ne abbiamo richiamate soprattutto tre la settimana scorsa, possono essere un riferimento per il prossimo futuro, per il prossimo orizzonte. L'onorevole Buratti aveva ricordato la forte attenzione del Parlamento sulle BCC ormai da diversi anni; io ricordo come testimonianza diretta che nella fase di conversione del decreto-legge che varò la riforma delle BCC nel febbraio del 2014 trovammo nel Parlamento la consueta attenzione che consentì di apportare modifiche, nei 60 giorni di possibilità di dibattito e intervento del Parlamento, significative all'impianto del decreto-legge, al quale pure avevamo già contribuito a correzione della prima bozza che venne stralciata nel 2015. Penso che l'onorevole Buratti facesse soprattutto riferimento all'ultima deliberazione, che ha conosciuto anche un'ampia base parlamentare, cioè la risoluzione che egli aveva promosso insieme all'onorevole Zennaro, e noi su quello ci siamo già espressi, che pone degli obiettivi che il nostro mondo, la nostra categoria ritiene condivisibili, anzi urgenti. Infine, l'onorevole Rivolta aveva evidenziato come la Lega sin dal 2018 avesse richiamato l'attenzione sulla riforma delle BCC del 2016 e nel 2018 la Lega avesse chiesto sia al Senato, sia alla Camera una moratoria di diciotto mesi per l'attuazione della riforma, lo ricordiamo benissimo, tra l'altro è qui presente il Presidente Bagnai che era stato tra i promotori al Senato di questa richiesta di moratoria. Indubbiamente la Lega, ricordando ciò che sottolineava l'onorevole, è intervenuta a supporto di richieste della categoria anche nel «milleproroghe» del 2018, sia sulla disciplina del gruppo IVA, che era un passaggio particolarmente importante proprio per l'avvio dei gruppi bancari cooperativi, e altre misure significative, in parte le abbiamo ricordate come la possibilità che ora dovrebbe diventare un decreto ministeriale di prevedere la revisione cooperativa sulle capogruppo dei gruppi bancari cooperativi. Oggi la richiesta formulata da Federcasse è un correttivo, diceva sempre l'onorevole Rivolta, ma si potevano fare aggiustamenti ben prima e comunque, concluse, continueremo a dare un contributo nell'interesse delle PMI a supportare la ripresa e l'innovazione. Su questo noi non abbiamo dubbi, abbiamo sempre trovato una grande sensibilità da parte della Lega, una grande attenzione e anche tutta una serie di iniziative che erano state ricordate e che noi avevamo seguito con molta attenzione. Su questo aspetto – se la Presidente è d'accordo, magari anche in una fase successiva del dibattito – abbiamo portato alcune slide che non so se si possono proiettare, le possiamo comunque raccontare e poi distribuire. Sono dati recentissimi, della settimana scorsa, successivi a quando ci siamo incontrati sempre in quest'aula, che mostrano ulteriormente nel periodo centrale della pandemia, una particolarissima capacità da parte delle nostre banche di credito cooperativo, casse rurali e ovviamente anche le casse Raiffeisen, di interpretare il ruolo non soltanto di banche anticicliche, ma anche in termini di ampiezza di crediti, di impieghi vivi posti in essere, la capacità di consentire la capillarità dell'efficacia delle misure governative. Ci sono un paio di grafici che parlano da soli, con una adesione coerente al modello che sia il legislatore, sia la funzione obiettivo che noi dobbiamo rispettare, svolgono. Per quale motivo pensavamo di introdurre qui questa ipotesi? L'ho già svolta in due parole. Proprio perché ciò che veniva suggerito a sottolineatura dell'attenzione non soltanto della Lega, ma sicuramente è stato espresso in quest'aula dall'esponente della Lega, la volontà di dare un contributo nell'interesse delle PMI. Noi riteniamo che i numeri confermino la meritevolezza del nostro sistema nel poter ottenere una attenzione che già ha dal Parlamento italiano, ma che dovrebbe avere, grazie a una spinta autorevolissima che questa Commissione può dare, anche dalle istituzioni europee insieme al governo italiano. Ciò affinché una richiesta del sistema paese italianoPag. 9 non sia interpretata come una richiesta a fronte di una crisi, non c'è la richiesta per negoziare un contributo pubblico, tutt'altro, c'è un sistema che funziona, che potrebbe funzionare molto meglio se ci fosse un alleggerimento a monte, cioè sulle norme Europee e a valle sull'applicazione di condotte e schemi di vigilanza che ci sembrano impropri rispetto alla funzione, alle dimensioni e alla rischiosità delle singole nostre banche. In questo senso riteniamo che i numeri confermino una meritevolezza della presa in carico di questo dossier, che non è un dossier in crisi, non richiede un contributo del tax payer, ma può aiutare il tax payer a poter vedere una fiscalità incrementata da imprese che assumono e che producono.

  PRESIDENTE. Grazie. La parola al senatore Bagnai, prego.

  ALBERTO BAGNAI. Grazie presidente. Ringraziandola per questa iniziativa, confesso che quando elaborammo la legge istitutiva di questa Commissione – che è una Commissione d'inchiesta che nasce perché qualcosa è andato storto, e anche con il sistema del credito cooperativo alcune cose sono state storte, come ci è stato ricordato – il punto c) mi era molto, molto caro, e detti il mio contributo affinché venisse introdotto, proprio perché avevo un'attenzione importante verso il sistema del credito cooperativo, per i motivi che la relazione che è stata prodotta dagli esponenti di Federcasse chiarisce, perché è un importantissimo volano di crescita per i territori in un periodo come questo, perché ha una funzione stabilizzatrice anticiclica che è intrinseca al suo modus operandi, quindi non necessita di particolari sollecitazioni. E ci sembrava che fosse opportuno tutelarlo, anche se qui siamo tra la lettera c) e la lettera r) della legge istitutiva, perché qua qualche cosa che non ha funzionato c'è. E quello che non ha funzionato è interessante. Se uno legge la relazione con attenzione, vede che nel paragrafo introduttivo del capitolo 8, quello in cui si presenta la proposta di Federcasse, c'è una frase sottolineata che ci deve fare riflettere. Si sottolinea l'importanza che l'originalità del modello di credito cooperativo non venga compromessa o snaturata da normative dell'Unione europea antecedenti all'approvazione della legge di riforma. Se io avessi voluto dire in modo polemico che la riforma è stata fatta male non lo avrei saputo dire meglio, nel senso che visto che la normativa dell'Unione europea era antecedente, la legge di riforma avrebbe dovuto – e avrebbe potuto, anzitutto, perché era antecedente la normativa che crea problemi e probabilmente avrebbe anche dovuto tenerne conto. Forse qui il problema è capire perché sono stati fatti questi errori, cioè da cosa origina questa ansia riformatrice. Siamo in una Commissione d'inchiesta, in Commissione di merito non ho insistito più di tanto affinché venisse ripercorso un percorso storico la cui conoscenza ci è fondamentale per evitare errori di metodo e di contenuto, qui però forse dovremmo farlo. Ci fu un interessante seminario istituzionale al Senato che contiene diverse relazioni ognuna delle quali ha degli spunti che ci aiutano a capire, secondo me, che cosa è successo. Parto dalla relazione dall'allora presidente Azzi, che confermava quello che qui è stato detto, cioè che con questo atto amministrativo nel 2011 era già stato autorizzato l'IPS, cui il sistema delle banche di credito cooperativo tendeva verso e che poi, però, purtroppo qualcosa era andato storto. Lasciamo un attimo da parte il «Qualcosa che è andato storto», sarebbe opportuno capire come e perché è andato storto. Perché è stata fatta la legge di riforma e perché è stata fatta con urgenza e quindi perché, probabilmente, è stata fatta male è scritto sempre in questa relazione di Azzi, che spiega che le raccomandazioni della Commissione europea del 2015, le country specific recommendations, richiedevano esplicitamente che si realizzasse con apposito provvedimento normativo entro la fine dell'anno un intervento di riforma. Quindi, sostanzialmente, la riforma de quo è stata fatta per il solito motivo che ce lo chiedeva l'Europa e già qui da questa mala pianta – detto con affetto e con rispetto – purtroppo tanti frutti son discesi. Mi interessava sottolinearvi, semprePag. 10 da quel seminario, un'altra osservazione che era quella che ci porta sul perché, forse, è stata scelta una strada anziché un'altra. L'allora Capo del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria, Carmelo Barbagallo, a pagina 5 della sua relazione in quel seminario dice, parlando del sistema di tutela istituzionale: «L'IPS non consente di conseguire nei tempi brevi richiesti dall'attuale contesto l'ammodernamento della gestione, il rafforzamento strutturale della redditività e il reperimento sul mercato dei capitali di risorse patrimoniali». Senza spiegare perché, «non lo consente». Questo è un articolo di fede della Vigilanza nazionale. Aggiungo un altro pezzo, sempre da quel seminario, visto che facciamo storia, mi permetto di allargare un attimo il focus, mi scusi Presidente ma mi serve per articolare poi delle domande specifiche. Prendiamo la relazione del dottor Gasser che era il direttore generale di Raiffeisenverband Südtirol. Il dottor Gasser nel 2015, come nel 2018, come nel 2022, aveva le idee piuttosto chiare e infatti diceva «Raiffeisenverband ritiene che per riformare le discipline del BCC non sia necessario obbligarle ad aderire a un gruppo bancario cooperativo». Come è dimostrato dal mercato bancario tedesco e austriaco, quindi anche in una prospettiva comparativa, peraltro quella che ci è chiesta dall'articolo 1, lettera c), e lui usa una prospettiva comparativa per dimostrare la validità e la solidità del modello. Già qui si vedono le forze in campo, qualcosa è andato storto, qualcuno voleva la cosa che si è rivelata sbagliata, qualcuno voleva la cosa che si è rivelata meno sbagliata e l'ha avuta. Entro nel dettaglio. Nella fase del 2018, quando cercavamo di difendere intanto l'idea che ci si pensasse meglio e poi possibilmente l'idea che si ritornasse sull'IPS che era stato autorizzato con la carta che sta qui, quello che ci veniva detto era: «Il sistema delle banche di credito cooperativo è fortemente compromesso. Si rischia di andare in liquidazione atomistica di banche, è indispensabile che si crei il gruppo perché solo questo consentirà di attirare capitali che consentiranno di salvare le banche». Ultima parentesi prima di fare alcune domande: la cosiddetta autoriforma del credito cooperativo è stata rivendicata come tale dal credito cooperativo dopo il successo tattico di averla stralciata dalla riforma delle banche popolari, questo ha creato grossi problemi di comunicazione interni, perché la gente chiedeva «Ma perché dobbiamo intervenire su una cosa che abbiamo voluto?». La riforma delle banche popolari – io aderisco abbastanza alle tesi esposte da Corrado Sforza Fogliani nel suo testo – innanzitutto ha favorito una penetrazione di capitali esteri in quel mondo lì. Quando si va a cercare di individuare le motivazioni, si apre uno spettro di possibilità. Veniamo alle motivazioni dichiarate. La prima cosa che mi viene in mente è questa: quante BCC sono state salvate grazie all'appartenenza a uno dei due gruppi bancari e quale assorbimento di capitale ha richiesto questa operazione? A noi hanno detto: il gruppo serve perché attirerà dal mercato i capitali che servono a salvare queste banche che poi non funzionano bene perché sono piccole. Tutte una serie di petizioni di principio perché i numeri non ce li hanno mai fatti vedere. Qua siamo in una Commissione d'inchiesta quindi magari glieli chiediamo, magari in una segretata, però vorremmo vederli. Nella vostra esperienza, se potete dirlo, si è rivelato efficace il gruppo in termini di tenuta del sistema? Ha dovuto intervenire, e con che tipo di costi per il sistema? Aggiungo: il mercato ha dimostrato interesse per questo modello? Cioè, sono arrivati dal mercato capitali verso le capofila? Sa perché chiedo questo? Perché c'è un episodio che citerò senza fare nomi, parlando con un funzionario di Banca d'Italia all'epoca in cui si doveva correre per evitare che i barbari leghisti imponessero la moratoria, quindi bisognava correre per arrivare prima di loro, cioè di noi, dei gialloverdi, un funzionario mi disse «Sono dovuto correre a Francoforte per spiegare alla Vigilanza come funzionano i nostri gruppi, perché loro non riuscivano a capirlo». La mia domanda ingenua è stata «Ma come, vogliamo che il mercato metta dei soldi in una cosa che neanche gli esperti del settore riescono a capire com'è?». Quindi il mio educated Pag. 11guess è che di capitali dal mercato un granché non ne sono arrivati. Se qualcosa si è dovuto salvare, se il sistema era così marcio come ci veniva rappresentato dai funzionari della vigilanza, tale da richiedere un intervento normativo in questo senso e quindi si sono dovute salvare delle banche, mi sa che ve le siete salvate con i vostri soldi. Mi perdoni la prosaicità della domanda. Dopodiché avrei due precisazione da chiedere. Sono cambiate le regole e l'IPS non è stato adottato. Questa situazione dal mio punto di vista, ne abbiamo parlato tante volte in privato, scusate se ne riparliamo in pubblico, non vorrei sembrare aggressivo, ma personalmente non mi soddisfa. Le regole erano cambiate prima, e quindi quando si dice «il legislatore ha scelto la strada che ha scelto», io il perché lo chiederei. La risposta ovviamente è libera, però la domanda mi sento di farla. Ho fatto delle ipotesi. Soprattutto, una cosa che avete aggiunto, quando avete detto che alla fine la strada scelta è stata meno peggio di altre ipotesi, a cosa vi riferivate? Meno peggio di cosa? Meno peggio dell'IPS o c'erano ulteriori altre ipotesi? Meno peggio dell'IPS?

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. No, è il contrario.

  ALBERTO BAGNAI. Sarebbe interessante capire. Faccio anche una critica costruttiva: nel 2018 abbiamo depositato una mozione in cui abbiamo detto che sarebbe finita così ed è finita così, nessuno ci deve ringraziare, non voglio l'applauso, me lo faccio da solo. Il punto è un altro, non so quanto sia sostenibile la strada di chiedere in Europa delle modifiche, nonostante siamo in una fase di grande fermento del quadro normativo, perché siamo nella solita situazione in cui l'Italia entra in una cosa che è contraria al suo interesse e di cui tutti gli altri capiscono che è contrario al suo interesse, lei ci entra, poi una volta che c'è entrata dice: «Però si potrebbero cambiare le regole?». Questo ci mette in una posizione negozialmente molto debole. Io penso, auspico, spero che voi abbiate letto la memoria del professore Giacché in audizione. Il punto qual è? Il CER all'epoca presieduto è stato molto importante nell'intervenire nel 2018, è stato un supporto scientifico molto importante per la VI Commissione del Senato.
  Forse dovremmo entrare nell'ordine di idee di intervenire sul quadro normativo sul quale possiamo intervenire, che è quello italiano. Fra l'altro, su questo quadro normativo adesso si vuole intervenire per recepire nel TUB, come sapete, l'istituto dell'IPS, perché l'IPS del Raiffaisen è stato fatto appoggiandosi esclusivamente sulla normativa sopra ordinata di rango europeo. A parte le perplessità sulla necessità di intervenire adesso, visto che a quanto sembra a voi l'IPS non serve, loro sono andati sul diritto di fonte gerarchica superiore, non si capisce il perché si debba fare questo adeguamento, ma visto che si deve fare riflettiamo se può aprire dei margini. Secondo me la domanda del collega De Bertoldi ha una piena legittimità, come tutte le domande, ma ha anche una motivazione sostanziale. Ho chiesto troppe cose, tendenzialmente in una Commissione d'inchiesta – non è una critica alla presidenza – preferirei più dialogo, ma qui si fa con il giro. Chiedo la possibilità di potere eventualmente approfondire se penso che non mi sia stato risposto presidente. Grazie

  PRESIDENTE. Intanto loro avranno di nuovo la parola, abbiamo apposta fatto un secondo giro. Prego, De Bertoldi voleva intervenire?

  ANDREA DE BERTOLDI. Grazie presidente. Sottoscrivo dalla prima all'ultima parola quanto detto dal collega Bagnai, che ci ha sempre visti molto assonanti su questi temi. Faccio una considerazione agli amici di Federcasse che in cuor loro non credo la pensino molto diversamente da noi. Si è arrivati, purtroppo, a una riforma che ha accontentato probabilmente alcuni vertici del mondo cooperativo, non parlo di Federcasse, parlo senza timori di quelli che sono i due gruppi cooperativi, ha accontentato le aspirazioni di qualche manager, ma di certo non ha accontentato né il sistema, né i risparmiatori e clienti delle Pag. 12casse rurali e neppure gran parte dei dipendenti. Chi ha la possibilità di parlare con le casse rurali – cioè con i dipendenti, con i soci, con i clienti delle casse rurali – in modo un po' riservato, non trova un dirigente, un socio, un cliente che dica «Ma che bello questo gruppo cooperativo». Trova purtroppo tanti dipendenti che dicono «Te lo dico però sta zitto», c'è la paura di dire quello che si pensa. Nel frattempo cosa sta succedendo? Ed ecco perché, presidente, qui a mio giudizio dovrà essere aperta un'inchiesta. Le faccio il caso del Trentino. Nei giorni scorsi si è proceduto a una ulteriore fusione in Trentino tra la Cassa rurale di Trento e la Casa dell'Alta Vallagarina, della zona di Rovereto. Si sta procedendo velocemente, arrivando ad avere una unica Cassa rurale del Trentino, peraltro usufruendo di quello che è lo status lockdown, senza quello che era il percorso di coinvolgimento reale dei soci, ma dando ai soci la possibilità di dare una delega al notaio che per conto loro partecipava. Figuratevi quanti soci si prendevano la briga di andare dal notaio, di scrivere, di fare. Con un astruso meccanismo assolutamente contrario al coinvolgimento, abbiamo permesso alle casse rurali di semplificare ulteriormente il quadro, quindi arriveremo nell'arco di uno, due, tre anni ad avere la capogruppo e una filiale in Trentino, una in Veneto. Questo è quello che si sta facendo alla faccia di Don Guetti, alla faccia dello spirito mutualistico e di tutto quello che era una Cassa rurale. Perché nel momento in cui una Cassa rurale mi diventa alternativa alla Banca Intesa o a Unicredit, non la voglio più chiamare cassa rurale, perché non voglio prendere in giro quella che è la cooperazione. Allora, il poter considerare la possibilità che a questo sistema perverso che ha caratterizzato e caratterizza oggi il sistema cooperativo, si possa porre rimedio, capisco che non si può distruggere quello che malamente si è fatto, ma che si possa per lo meno – ecco perché parlavo di due strade – cercare di ridare possibilità ancora all'esistenza di un credito veramente cooperativo. Credo che il legislatore – e sono convinto che se non lo farà questa legislatura, come non lo farà per evidenti regioni, lo potrà fare una prossima legislatura qualora maggioranze e politiche fossero diverse da quelle che hanno prodotto nella diciassettesima legislatura lo scempio delle banche di territorio, delle banche popolari, delle casse rurali, che vanno addossate alla responsabilità di una realtà politica ben determinata ed identificata, quella della sinistra, del partito democratico e di Renzi. Se si arriverà a una realtà politica diversa, sono certo che noi avremo la responsabilità di ridare alla cooperazione, alle banche di territorio quel ruolo che, ribadisco, non è un'istanza nostra, una nostalgia della Lega o di Fratelli d'Italia. Ricordo che in Austria, in Germania, negli Stati Uniti le banche di territorio, le piccole banche hanno un grande peso e un grande significato. Possibile che solamente in Italia dove peraltro abbiamo un substrato aziendale e imprenditoriale basato sulle piccole imprese, quindi tanto più importante sarebbe il rapporto con la banca di territorio, questo non sia più possibile e ci deve essere un grande gruppo? Che, di fatto, opera oggi come una grande banca, perché le singole casse rurali esistono nel nome, qualche volta e come ho detto prima sempre meno, ma nell'operatività sono semplicemente strumenti della capogruppo. Questo non è più credito cooperativo, questo significa avere privato l'Italia delle piccole banche ed è gravissimo. Concludo, mi associo a quanto detto dal collega Bagnai e chiedo, per quanto possibile, a Federcasse di darci qualche suggerimento, perché chi ha nel cuore la cooperazione non può accettare quello che è stato fatto – dal legislatore, non certo da Federcasse – nella scorsa legislatura. Grazie.

  PRESIDENTE. Prego, dottor Dell'Erba, così concludiamo.

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. Partirei dal senatore De Bertoldi, perché ha trattato molto politicamente l'argomento ed è chiaro che le iniziative legislative sono di competenza del Parlamento e la visione politica che i parlamentari riterranno di esprimere noi la rispetteremo. Ringrazio il senatore, per la passione,Pag. 13 per l'interesse, per lo slancio che mette nella protezione delle banche di credito cooperativo sulle loro funzioni, sulle loro aspettative, sul loro mutualismo, su cui siamo tutti d'accordo. Vedremo se nel futuro un'altra legislatura vorrà intervenire e in che direzione. La passione non manca a tutti, la volontà di vedere un credito cooperativo esteso in tutta Italia, plurale e autenticamente mutualistico credo che ci accomuni tutti quanti. Si tratta poi di vedere come poter declinare tutte queste intuizioni, che sono ultrasecolari, in una normativa realmente operante e di accordarsi anche con le diverse autorità che intervengono sulla vigilanza bancaria, che a loro volta hanno una visione e dalla loro parte hanno una capacità di intervento molto significativa. Proverò ora a fare la conversazione con il senatore Bagnai, che ringrazio per la profonda conoscenza che ha del nostro sistema, per l'impegno che profonde e per l'alta qualità dell'attenzione che ha nei nostri confronti. Mi farei aiutare anche dal direttore Gatti per le domande che egli ha inteso formulare. Vado disordinatamente, ma spero di poter rispondere a tutte. Che cosa si pensava che potesse essere una riforma diversa da questa? Lo trattai in occasione del precedente incontro giovedì scorso: tutti sappiamo che la grande ricchezza del credito cooperativo è determinata dal volume delle riserve indivisibili. Il volume delle riserve indivisibili viaggia quasi verso ventidue miliardi di euro ed è frutto dell'efficienza dello scambio mutualistico. Quindi avendo realizzato lo scambio mutualistico si è generato un valore, questo valore è stato messo nel salvadanaio, che è il patrimonio delle banche e viene gestito e amministrato, a quanto pare efficacemente, visto che il credito cooperativo non ha causato danno mai ad alcuno. Quindi evidentemente da questo scambio mutualistico si realizza un modello sicuramente efficiente. Il rischio poteva essere che un legislatore preso dalla necessità di fare presto e di dare risposte tempestive avrebbe potuto, in ipotesi, aggregare tutte queste riserve indivisibili in un unico soggetto con un'azione semplificatoria del sistema. Il pensiero dominante è che ci vogliono banche grandi, le banche competitive, banche che agiscano anche nei mercati internazionali. Benissimo, prendiamo tutto questo patrimonio, ci sarebbe potuto essere una visione in questo senso, lo conferiamo in un unico soggetto, lo facciamo diventare un bel gigante – i casi non sono mancati in Europa, penserei a quello olandese – lo conferisco lì dentro, tanto i soci, ai quali fa riferimento il senatore De Bertoldi, che diritto soggettivo hanno nei confronti di quel patrimonio? Nessuno. Essendo riserve indivisibili mai in nessun caso se ne possono appropriare.

  ALBERTO BAGNAI. Avevate in mente un modello Rabobank?

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. Rabobank è andato a finire così.

  SERGIO GATTI, Direttore generale di Federcasse. No è il contrario.

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. Mi sono spiegato male.

  ALBERTO BAGNAI. Nel senso come scenario.

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. Se la domanda che lei fa è: «Invece che questo modello che oggi stiamo così discutendo quale modello voi temevate?». Temevamo che qualche pensatore avesse preso tutto questo patrimonio e avrebbe avuto giuridicamente argomenti forti, come sono stati forti poi gli argomenti che sono stati sviluppati nel Consiglio di Stato per resistere alle impugnazioni delle banche popolari, perché sappiamo come è andato in Consiglio di Stato. Se questo patrimonio fosse finito in quella maniera, i soci cooperatori non avrebbero nulla potuto eccepire, perché non sono portatori di nessun interesse soggettivo rispetto a quel valore, tant'è che l'estinzione produce quell'effetto. Di fronte a una riforma che non andava in quel senso, che conservava e conserva le autonomie sul territorio, perché è chiaro che ci può essere l'effetto che veniva ricordato poco fa, ma è anche vero Pag. 14che la norma prevede che le banche funzionino con autonomia collegate alla intensità del rischio che portano. Quindi le banche in verde, usiamo per semplicità queste colorazioni, hanno ampi margini di gestione. Quindi non hanno poi tutte queste ragioni di sentirsi oppresse. Il timore in quel momento era quello. Lei ha toccato un argomento, senatore Bagnai, molto, molto interessante che ci ha toccato da vicino, perché quella storia alla quale lei faceva riferimento, cioè della criticità del sistema e quindi del sistema che rischia di evolvere verso situazioni non gestibili, fu determinato – secondo me ma qui rientriamo un po' nel campo delle opinioni e quindi dell'opinabile – dalla circostanza del provvedimento Vestager. Quando si determinava qualche situazione di crisi, ce ne fu una molto vistosa, improvvisa, inattesa nell'area di Firenze, come facemmo noi con quella e con quelle meno clamorose? Col fondo di garanzia dei depositanti, quello istituto per legge, in Italia ce ne sono due, uno è il Fondo Interbancario, l'altro è il nostro, che cosa facevamo? Strutturavamo un intervento – estrazione delle sofferenze, incremento del patrimonio – a seconda di quello che la tecnicalità in quel momento ci suggeriva e prendevamo patrimonio da quelli che ce lo avevano e lo mettevamo dove non c'era. Così salvavamo la situazione, cioè salvavamo i depositanti e i clienti, perché voi mi insegnate che le liquidazioni, che chiameremo disordinate, producono la risoluzione dei rapporti, i conti correnti affidati, devi riscuotere in moneta fallimentare quindi il disastro, disastro su disastro. Abbiamo sempre gestito in modo ordinatissimo queste cose con mezzi propri. A un certo punto c'è l'intervento della DG Competition, che ci disse, partendo dal caso Tercas, che quegli interventi sono aiuti di Stato non compatibili e quindi non si può utilizzare più il fondo di garanzia dei depositanti che, essendo uno strumento costituito per legge, dà alla gestione del fondo la forza giuridica di deliberare l'intervento, stabilirne la quantità, stabilirne le modalità e addebitare gli iscritti al fondo in modo automatico, per cui i fondi funzionano. Scrivi una bella lettera a «Il Mattino» e dici «Guarda cara consorziata tu per sostenere questa banca subirai un addebito di X». Tra la circolare che arriva e l'addebito passa un secondo. Lo addebiti e nessuno può eccepire perché per legge è così. Nel momento in cui si dice che quell'aiuto è un aiuto di Stato non compatibile, non puoi agire più in questa maniera e ti si dice «Devi fare l'intervento volontario». Noi, per fare gli interventi volontari abbiamo utilizzato il fondo di garanzia istituzionale, che era uno strumento giuridicamente esistente anche se non funzionale alla ragione originaria. Abbiamo iniziato a chiamare i fondi volontariamente. Per il principio dei bicchieri d'acqua e dell'utilità marginale via, via, che hanno iniziato a bere, a dover bere questi interventi è chiaro che si è indebolita la capacità di intervenire. Vuol dire che nel caso successivo non ce l'avremmo fatta? Non è assolutamente detto. Ma in quel momento sicuramente mancava lo strumento per il tempestivo intervento ed ecco che fu costituito, come lei ricorda benissimo, il fondo temporaneo che fu un fondo al quale fu attribuita forza di legge. Era obbligatorio aderire al fondo temporaneo in vista della costituzione del gruppo bancario cooperativo, munito della forza di legge per poter prelevare il necessario. Che cosa è accaduto? Che abbiamo sovvenuto le crisi con mezzi assolutamente nostri. Abbiamo partecipato ampiamente alla risoluzione delle famose quattro banche che era materia non nostra. Abbiamo costruito di sanissima pianta i due gruppi e l'IPS, che è una costruzione che essendo da erigere di sana pianta è stato un costo di non poca rilevanza; eppure ce l'abbiamo fatta. A luglio scorso i nostri gruppi hanno ricevuto l'asset quality review, il comprehensive assessment e lo hanno superato. Da quando è scoppiato il Covid, da marzo del 2020 a oggi, abbiamo attuato più degli altri le misure che le autorità di governo hanno varato e il sistema sta qui, è robusto, è solido. Quindi chi ha raccontato in quel momento, come ricordava il senatore Bagnai, che questo era un gruppo di capitali esterni, non voglio dire che non diceva una cosa esatta, ma i tempi hanno dimostrato che non era così. Perché quella apertura al Pag. 15capitale che si poteva ipotizzare non si è assolutamente verificata, non si è affacciato nessuno, non siamo andati a cercare nessuno. Anzi, essendo diventati gruppi significativi abbiamo dovuto adottare le misure del MREL. Se lei avrà modo di confrontare i prezzi sul mercato vedrà che i nostri prodotti di MREL hanno avuto un costo inferiore a quello di altri operatori che sono andati a cercare sulle piazze i capitali per il MREL. Quindi, questo sistema anche allora, forse gli è mancato per un certo momento lo strumento sicuro per gli interventi che potevano essere richiesti, ma non è mai stato un sistema in difficoltà, non è mai stato un sistema traballante.

  ALBERTO BAGNAI. Posso presidente?

  PRESIDENTE. Prego.

  ALBERTO BAGNAI. Grazie. Fermo restando che io sono appassionato come il collega De Bertoldi, ma lo nascondo perché non vorrei poi che la passione sembrasse aggressività. Come voi ben sapete io sono con voi, non con voi personalmente, ma con l'esigenza di una biodiversità bancaria con tutto me stesso. Non è che ce l'ho con voi, però vorrei mettere a fuoco alcuni punti, altrimenti qui non ne usciamo. Lei dice giustamente che non si è affacciato nessuno ai gruppi bancari cooperativi, quindi post riforma. Ho qua delle bellissime slide del dottor Ciro Vacca, Capo del Servizio supervisione bancaria 1 della Banca d'Italia, in un seminario tenuto a Bari il 27 marzo 2018 che si intitolava «Il processo di costituzione del gruppo Cassa centrale banca, a che tempo siamo?». Probabilmente data la disposizione geografica del seminario magari lei avrà anche assistito. Lo scopo era: cosa occorre pressare sul mercato? Ricorso al mercato dei capitali, dimensioni. Il ricorso al mercato dei capitali, se dai capitali non sono arrivati fondi è una dimensione annunciata con disegnini accattivanti della riforma da parte della vigilanza nazionale che ha fallito. Viceversa c'è un episodio che è microscopico e posso parlarne perché adesso è in via di risoluzione, a noi hanno raccontato che dai mercati i soldi sarebbero arrivati alle comunità, lei invece mi conferma che questo tipo di circuito non è stato così determinante e che vi siete sempre salvati da soli. Per inciso, lei accennava al fatto che avete sempre rivendicato, e avete fatto bene a farlo, di avere contribuito con i soldi del credito cooperativo ai salvataggi, per esempio, delle altre banche, delle quattro banche che peraltro non erano tutte popolari, altra cosa che invece va sottolineata. Ma quello era prima della riforma, quindi non era stato il gruppo bancario, era stata quella struttura di fondi che lei ha descritto con grande puntualità. Dopo la creazione del gruppo bancario io ho visto solo una cosa, io ho visto i soldi andare dalle valli verso il mercato con l'operazione Carige. E mi pongo un paio di domande. Se fosse veramente stata implementata la norma che avevo proposto per emendamento e che poi è passata e che ancora non è stata implementata, di applicazione della vigilanza cooperativa alle capogruppo, quell'operazione lì sarebbe stata ritenuta conforme allo spirito cooperativo? E la capogruppo quanto ci ha rimesso in quella operazione lì? Se sono dati riservati non le chiedo di dirmeli in pubblico, però questa riforma ci è stato raccontato che doveva funzionare in un modo, in quel modo non ha funzionato e lei me lo conferma e in questo momento io le chiedo e le evidenzio che ha funzionato nel modo opposto e mi interesserebbe sapere quanto è costato questo, sempre i soldi del tax payer, perché alla fine lì si va. Adesso quella storia ha avuto un altro esito, quindi non ho neanche nominato gli istituti coinvolti, sono sempre molto attento, tanto siete del mestiere per cui sapete a quale capogruppo bancaria cooperativa mi riferisco e a quale istituto. Sinceramente non mi risulta che fosse una banca di credito cooperativo quella roba lì, era una cassa di risparmio di un'importante capitale storica italiana. Non so se ho messo a fuoco meglio la mia domanda. Mi interesserebbe una sua valutazione.

  PRESIDENTE. Prego dottor Dell'Erba.

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. Quella è stata una operazione che Pag. 16poi non si è più fatta. Ha tentato di farla, immaginato di farla una delle due capogruppo, poi abbiamo visto che ha rivisto completamente quella posizione. È un'operazione che non c'è.

  ALBERTO BAGNAI. L'operazione non c'è, ma mi chiedo se alla luce di quanto abbiamo rivendicato sullo spirito del mutualismo, sulla prevalenza territoriale ci sarebbe mai dovuta essere, e mi chiedo se una vigilanza cooperativa applicata anche alle Capogruppo l'avrebbe considerata conforme.

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. Troppi se perché io possa rispondere, senatore.

  ALBERTO BAGNAI. Non voglio metterla in difficoltà.

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. No, non sono in difficoltà.

  ALBERTO BAGNAI. Volevo solo mettere a verbale questo problema che esiste.

  AUGUSTO DELL'ERBA, Presidente di Federcasse. Siccome non è un'operazione che passa per Federcasse non sono nella condizione di darle una risposta diretta. Se l'operazione fosse passata e fosse transitata per l'associazione di categoria sarei in grado di risponderle. Siccome è un'operazione fuori dall'associazione di categoria non sono nella condizione di rispondere per competenza.

  PRESIDENTE. Prego dottor Gatti.

  SERGIO GATTI, Direttore generale di Federcasse. Volevo provare a rispondere in maniera oggettiva ad alcune delle domande che poneva in particolare il senatore Bagnai a cui ha già dato delle risposte il presidente Dell'Erba. Quattro paragrafi molto rapidi. Il primo, a completamento del contesto in cui la riforma ha preso forma. Tre elementi: intanto il credito cooperativo e Federcasse che ne guidava la elaborazione strategica aveva visto molto in anticipo la necessità di darsi un abito. Un abito normativo che era stato individuato nell'IPS, e ricordo come nel 2012, nella fase di recepimento nell'Unione europea delle norme di Basilea 3, prima versione, quelle che erano state siglate, quindi gli accordi di Basilea del 2011, noi presentammo ben quarantatré emendamenti a Bruxelles proprio per fare sì che il nuovo articolo 113.7 del CRR che è quello che disciplina tuttora l'istituto dell'IPS potesse tenere in considerazione anche una serie di particolarità dell'IPS italiano che sicuramente si rifaceva a quello germanofono, cioè tedesco e austriaco, ma con delle particolarità. Una parte di quegli emendamenti furono approvati. C'è stato un impegno anche nel processo normativo, proprio per fare sì che questo forzo progettuale di lungo periodo 2005-2014 vedesse il successo pieno anche in una fase nuova, ricordiamoci che non c'era l'unione bancaria, c'era l'Unione europea.
  Il secondo elemento è il contesto di altissima tensione, è stata ricordata, quindi in quel momento fallivano banche, sia piccole, sia grandi e c'era una fortissima pressione sia a livello europeo, sia a livello di rimbalzo delle autorità nazionali, affinché noi prendessimo delle decisioni che sono poi state prese, e non un euro, ancora una volta, del contribuente è stato necessario richiamare.
  Passo al secondo paragrafo, quando lei, giustamente, presidente Bagnai diceva «Ci veniva detto nel 2018 che il sistema del credito cooperativo era fortemente compromesso e occorreva intervenire d'urgenza». Non sappiamo fino a che punto le analisi dell'autorità fossero diverse dalle nostre. Eravamo consapevoli che c'erano delle debolezze, tanto è vero che abbiamo comunque svolto in periodi che adesso le ricordo in maniera molto precisa anche con le stagioni, cinque interventi con il fondo di garanzia istituzionale, cioè lo strumento volontario che è stato necessario attivare – come ricordava il presidente – nel momento in cui la DG concorrenza aveva congelato qualsiasi possibilità di intervento con gli strumenti che avevano funzionato per tanti decenni sia per il Credito Pag. 17cooperativo e per gli ultimi mesi, gli ultimi anni anche per il fondo interbancario di tutela dei depositanti, che è quello che fa capo a tutte le altre banche sia Spa, sia banche popolari. Quindi non c'erano strumenti. Inventammo questo fondo di garanzia istituzionale cambiando un paio di articoli del soggetto che era stato approvato come statuto e lo facemmo diventare uno strumento di emergenza che tra il novembre 2015, cioè l'anno delle risoluzione delle quattro banche, e il giugno del 2016 ha fatto cinque interventi con risorse interne. Indubbiamente c'era uno stato di difficoltà di alcune banche. Altri cinque interventi li ha fatti un altro strumento che è il fondo temporaneo che invece è uno strumento obbligatorio che noi abbiamo chiesto, lo richiamerò in maniera più organica, nella fase di conversione del decreto che poi è diventata legge, cioè da febbraio ad aprile 2016. Con questo strumento, il fondo temporaneo, quindi uno strumento istituzionale obbligatorio per tutti, a differenza del fondo di garanzia istituzionale del semestre precedente, sono stati effettuati ulteriori cinque interventi. Almeno per dieci casi era necessario intervenire d'urgenza, sicuramente non sono intervenuti i frutti della riforma, nel senso che non c'era tempo. Non so se fossero più di dieci, si è arrivati a sentire delle cifre ben più alte in termini di rischiosità di banche, dieci sono state oggetto di intervento con due strumenti che abbiamo sostanzialmente costituito noi.

  ALBERTO BAGNAI. A me veniva detto a luglio 2018 che c'erano problemi. Forse perché si ricordavano quello che era successo tre anni prima.

  SERGIO GATTI, Direttore generale di Federcasse. I dati che hanno le autorità possono essere diversi da quelli che abbiamo noi, o anche le valutazioni possono essere diverse. Chiudo ma c'è necessità di dare delle risposte.

  PRESIDENTE. Si prenda il tempo necessario per le risposte, perché questa è un'audizione di approfondimento.

  SERGIO GATTI, Direttore generale di Federcasse. Sì. Il terzo paragrafo. Chiedeva il presidente Bagnai quali erano stati gli interventi migliorativi con la nascita dei gruppi. Sicuramente il primo è quello della ulteriore stabilizzazione, non ci sono più stati commissariamenti per problemi di equilibrio strutturale di singole BCC. Da questo punto di vista si può dire che dal primo gennaio 2019, per Cassa centrale banca, e dal 4 marzo 2019 per ICCREA, la capacità di monitoraggio e di prevenzione e comunque di sistemazione in via preventiva dobbiamo ritenere che ha funzionato. Secondo, c'è stata capacità di attrarre capitali esteri, ma non il capitale, perché noi consideriamo una valvola di estrema sicurezza quella di attivare l'ingresso nei capitali delle capogruppo, ma quello sì di raccogliere capitali per soddisfare i livelli di MREL che ogni anno l'autorità unica di risoluzione impone a tutti i gruppi significativi anche ai due nostri. Lì sono state ben piazzate, come ricordava il presidente, queste emissioni. Le cartolarizzazioni che già si facevano si sono accelerate utilizzando anche le GACS, e quindi anche uno degli obiettivi per tutte le industrie bancarie Europee, ma soprattutto per i gruppi significativi era quello di abbassare di molto la rischiosità e poi sono stati avviati investimenti importanti che le capogruppo possono ricordare. Pensiamo alla cyber security, in questo momento se non ci fosse stata una capacità di investimento complessivo unitario sicuramente non avremmo la sicurezza che c'è oggi. Ultimo paragrafo, che cosa giustifica il termine autoriforma? Primo, sicuramente la scelta che io definirei strategica non solo tattica di chiedere lo stralcio della parte di decreto del 20 gennaio 2015 che riguardava la riforma di tutte le banche cooperative, sia quelle a mutualità non prevalente cioè le popolari sia quelle a mutualità prevalente cioè le BCC che venne stralciato. Si aprì in maniera veramente singolare per quella stagione, anche politico istituzionale, un tavolo di confronto da cui sono emersi almeno cinque novità importanti. Le posso richiamare: l'articolo 33.3 del Testo unico bancario prevedeva nella versione entrata Pag. 18in Consiglio dei Ministri la sostanziale perdita della licenza bancaria per le BCC, noi l'abbiamo ristabilita. Secondo, c'era il capitale minimo che doveva essere nelle mani delle BCC rispetto alla capogruppo, è passato dal 33 per cento (proposta stralciata), al 51 per cento della riforma e grazie a un intervento del 2018 è arrivato al 60 per cento, quindi non c'era motivo di svendere in quel momento il credito cooperativo che tuttora è al cento per cento proprietario delle proprie capogruppo. Terzo elemento fondamentale che deve essere ancora meglio attuato, anche con modifiche a monte delle norme europee, è la proporzionalità. Noi abbiamo chiesto di inserirle nel Testo unico bancario è l'unico, probabilmente una delle pochissime leggi nazionali bancarie che ha inserito la proporzionalità e cioè i poteri sia di indirizzo, sia di controllo – ma direi soprattutto di indirizzo, i controlli devono essere molto attenti – delle capogruppo nelle BCC affiliate, deve essere proporzionale alla rischiosità di quella banca. Questo è scritto, è norma primaria, deve essere meglio attuata. Non c'era nella bozza di decreto del 2015. Quarto elemento, la decisione di abbassare la soglia minima di capitale delle BCC era nella prima ipotesi nelle mani dell'autorità di vigilanza, che non ha più sede in Italia. Abbiamo ottenuto, in fase di conversione, che fosse il Mef, cioè il Ministro competente e cioè l'autorità politica e grazie a un intervento del 2018, di cui lei è sicuramente informato, la Presidenza del Consiglio. Infine, la possibilità di prevedere il fondo temporaneo, l'abbiamo inserito in sede di conversione, in questo senso riteniamo che si possa giustificare l'autoriforma, anche se la prima scelta del credito cooperativo era un altro modello, sul secondo abbiamo cercato di evitare danni peggiori.

  ALBERTO BAGNAI. Salvataggi da quando c'è il gruppo non è stato necessario farne. Se ne è tentato uno di cui non parliamo perché esula dalle nostre competenze. Questa è la sintesi.

  PRESIDENTE. Non ho altri interventi. Ringrazio i nostri ospiti e ci vediamo presto. Buonasera a tutti. La seduta è chiusa.

  La seduta termina alle 17.20.