XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 142 di Mercoledì 15 dicembre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP), Stefano Carloni, sul tema dei flussi paralleli di rifiuti (l'audito sarà in videoconferenza):
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Servadei Renzo , Segretario dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 3 
Gambasi Guido , Vicesegretario dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Gambasi Guido , Vicesegretario dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Carloni Stefano , Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Carloni Stefano , Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Gambasi Guido , Vicesegretario dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Gambasi Guido , Vicesegretario dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 7 
Carloni Stefano , Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Carloni Stefano , Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Carloni Stefano , Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Carloni Stefano , Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Carloni Stefano , Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 10 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Carloni Stefano , Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 10 
Gambasi Guido , Vicesegretario dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 11 
Carloni Stefano , Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 13.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP), Stefano Carloni, sul tema dei flussi paralleli di rifiuti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, in videoconferenza, del presidente dell'Associazione italiana ricostruttori pneumatici (AIRP), Stefano Carloni, sul tema dei flussi paralleli di rifiuti. Partecipano all'audizione Renzo Servadei, segretario generale dell'AIRP, e Guido Gambasi, vicesegretario. L'audizione rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sui flussi paralleli illeciti e sull'abbandono di rifiuti; la Commissione è interessata ad acquisire elementi informativi sulla incidenza dei fenomeni illegali sulle attività delle imprese che operano legalmente e su eventuali segnalazioni di interesse della Commissione. Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta. Vi ringrazio per la presenza. Noi ci stiamo occupando del tema generico dell'abbandono. In particolare ci siamo focalizzati sui RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), sugli ingombranti e gli inerti, però anche gli pneumatici spesso e volentieri sono stati protagonisti di abbandoni e roghi lungo le strade. Oltre a questo, ci interessa sapere da voi com'è lo stato dell'arte sulla gestione di questi rifiuti e sul recupero in generale. Prego.

  RENZO SERVADEI, Segretario dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). Volevo ringraziare per questa opportunità. Per noi il tema della legalità è un tema molto importante. Non lo diciamo solo oggi, ma l'abbiamo detto anche in passato. Infatti, abbiamo partecipato convintamente ad un'attività di Legambiente che ha portato ad un progetto proprio per segnalare attraverso un sistema di whistler blowing possibili illegalità. Evidentemente per un'industria come quella della ricostruzione dei pneumatici il fatto che vi siano dei flussi illegali di rifiuti uccide il business. Infatti, poiché stiamo parlando di un'industria di riciclo con dei margini abbastanza complicati dovuti al fatto di dare nuova vita a dei prodotti – selezionare degli pneumatici, verificarne la possibile ricostruibilità, ricostruirli, ricontrollarli e rimetterli sul mercato –, ciò ha una grandissima valenza di natura ecologica, con tutta una serie di costi che, confrontati con le importazioni da Paesi low cost, sono molto complicati da sostenere. Se a questo aggiungiamo anche che vi sono dei flussi illegali di importazione di pneumatici o addirittura pneumatici che vengono importati illegalmente evadendo IVA e contributo ecologico, chiaramente il settore della ricostruzione ne soffre. Bene ha fatto il Parlamento, la Commissione a interessarsi degli pneumatici poiché è un settore che apparentementePag. 4 è meno critico di altri. Con l'attuale normativa gli pneumatici vengono depositati presso i rivenditori, però il fatto che vi siano dei flussi illegali fa sì che i rivenditori siano pieni di pneumatici, in quanto con l'attuale sistema normato dall'articolo 228, sostanzialmente abbiamo un contributo alla fonte che viene gestito dai sistemi collettivi o individuali di recupero dei rifiuti. Se ci sono dei flussi illegali e fatto 100 il contributo che è stato pagato, se invece gli pneumatici a terra sono 120 progressivamente si accumula nella filiera una quantità di rifiuti che non vengono smaltiti, quindi si trovano nei piazzali dei gommisti. Gli stessi gommisti hanno poi tutte le incombenze dovute al fatto di avere dei rifiuti, quindi dei depositi temporanei e problematiche relativi a tutti gli aspetti normativi; ad ogni modo, non vengono ritirati dai consorzi perché ovviamente essi hanno già ottenuto il target. A livello di filiera noi come ricostruttori di pneumatici, insieme ai produttori di pneumatici e altre associazioni, stiamo cercando di individuare delle soluzioni perché questo sistema, se non trova un correttivo, alla fine rischia di esplodere, nel senso che diventa un accumulo progressivo che alla fine crea dei problemi di difficile soluzione. In tutto ciò, il ruolo del ricostruttore è assolutamente fondamentale, in quanto la ricostruzione di pneumatici, senza entrare in tecnicismi, riesce a far sì che fatto 100 la prima vita di un pneumatico e il numero di chilometri, chiaramente se raddoppiamo il numero dei chilometri percorsi da un pneumatico, evidentemente per una questione matematica avrò la metà degli pneumatici da smaltire. È un ruolo estremamente importante e strategico anche se, come tutte le attività di riciclo, in questo caso si tratterebbe di un riuso. Senza entrare nel tecnicismo, gli pneumatici sono formati da due grandi elementi: la struttura portante, la cosiddetta «carcassa», progettata per durare anche diversi cicli di vita; il battistrada, un materiale di consumo che, oltre a durare, deve anche consentire lo smaltimento dell'acqua, la tenuta di strada e la tenuta di strada del veicolo. In buona sostanza, una volta esaurita la prima vita del pneumatico, la struttura portante, cioè la carcassa, può avere tante altre vite, quindi viene controllata con dei sistemi schearografici a ultrasuoni e con sistemi tecnologicamente avanzati. Qualora passi questo tipo di analisi, viene rimosso il vecchio battistrada e viene riprodotta esattamente l'ultima fase del confezionamento del pneumatico nuovo. Non si tratta di «incollare» del battistrada, ma sostanzialmente di vulcanizzare gomma su gomma. Il pneumatico ricostruito, preso in considerazione da una normativa internazionale, è altrettanto sicuro del pneumatico nuovo, tant'è vero che gli aerei utilizzano ampiamente pneumatico ricostruito, così come gli autocarri appartenenti a nazioni che, nella percentuale più importante, sono tra le più avanzate: parlo degli Stati Uniti, della Germania e della Francia. Noi in Italia siamo messi un po' peggio, comunque nell'ambito dei tentativi di dare possibilità a dei prodotti di utilizzare meno materia prima e considerate le nuove disposizioni in materia di ecodesign, il pneumatico dovrebbe essere tenuto in maggiore considerazione. Infatti, un pneumatico deve essere pensato e progettato per essere ricostruito, se invece lavoriamo sull'usa e getta e creiamo prodotti con obsolescenza programmata, evidentemente ci troveremo una marea di materia prima e di rifiuti. Si tratta di un tema che riteniamo meriti di essere assolutamente attenzionato dal Parlamento. Ribadisco che la legalità per noi è un elemento fondamentale Siamo stati una delle prime associazioni ad interagire con lo stesso Ministero delle finanze per favorire la lotta all'evasione dell'IVA. Infatti, abbiamo chiesto che il pneumatico venga inserito all'interno delle normative previste per la responsabilità solidale in caso di evasione dell'IVA. Ribadisco che la nostra disponibilità risale al passato, su questo tema siamo assolutamente credibili avendo operato in passato con delle iniziative in tal senso.

  GUIDO GAMBASI, Vicesegretario dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). Per quanto riguarda la descrizione dei fenomeni illegali, possiamo dire che l'esperienza fondamentale è stata quella con il progetto Cambio Pulito coordinato Pag. 5da Legambiente. A tale progetto abbiamo partecipato come AIRP assieme ad altre associazioni come la nostra consorella, la Federpneus, di cui abbiamo sempre noi la segreteria, e l'Associazione dei rivenditori specialisti di pneumatici.
  Probabilmente avete già presente il progetto per altre vie: si trattava sostanzialmente di una piattaforma di whistle blowing che permetteva a tutti gli operatori della filiera commerciale del pneumatico di segnalare in via del tutto anonima fenomeni di varia natura di tipo illegale che poi sfociavano nel problema degli accumuli di pneumatici fuori uso non ritirati da parte dei soggetti preposti. Faccio un'ulteriore precisazione perché il fenomeno del pneumatico fuori uso non ritirato va su due versanti. Uno è l'abbandono vero e proprio nell'ambiente – conosciamo tutti le vicende legate alla cosiddetta «Terra dei fuochi» –, che però è dovuto sostanzialmente a filiere completamente illecite e illegali. Purtroppo su questo abbiamo poca contezza perché come associazione di categoria abbiamo come aziende associate solo aziende regolarmente iscritte alla Camera di commercio e perfettamente in regola da tutti i punti di vista. Il fenomeno del pneumatico gettato nel bosco, nel fosso o nel fiume è qualcosa di cui siamo a conoscenza, ma di cui abbiamo poca capacità di approfondimento. Molto più familiare è il fenomeno del pneumatico non ritirato nel piazzale del gommista. Questo è un fenomeno del quale la piattaforma Cambio Pulito ha permesso di indagare abbastanza approfonditamente le cause in parte dovute al gap tra il totale degli pneumatici immessi sul mercato italiano e il sottoinsieme di questi che è la quantità di pneumatici regolarmente coperti dal contributo ambientale. È chiaro che il delta che ne deriva è quella quantità stimata fra le 30 e le 40 mila tonnellate l'anno di pneumatici che i consorzi o i soggetti preposti non riescono a ritirare perché mancanti del contributo ambientale necessario per svolgere anche quel ritiro. È ovvio che si tratta di circuiti illegali di immissione in commercio che possono essere online, ma non solo. Entrambi i canali sono stati ampiamente documentati nel nostro lavoro di cui lasceremo i riferimenti, ad ogni modo sappiate che la relazione è pubblicata sul sito Internet dell'associazione. Parlavamo del fenomeno della vendita irregolare non coperta da contributo ambientale. Vi è un'ulteriore problema interno ai consorzi e ai soggetti collettivi preposti alla raccolta dei PFU (pneumatici fuori uso) che riguarda le irregolarità commesse da parte dei trasportatori che lavorano su appalto per conto di soggetti collettivi. Devo dire che questo è un fenomeno un po' meno documentato, cionondimeno ben conosciuto un po' da tutti i soggetti della filiera. È il fenomeno per il quale alcuni trasportatori, che lavorano per conto di soggetti collettivi, dichiarano una quantità di PFU raccolta superiore a quella effettivamente raccolta, contribuendo così ad allargare quel gap fra l'operatività del consorzio e il fabbisogno effettivo dei soggetti delle aziende della rivendita. Sintetizzando, potremmo dire che i poli del problema sono questi che abbiamo evidenziato. Sono in corso dei lavori da parte delle associazioni che rappresentano un po' tutta la filiera per trovare delle soluzioni definitive e strutturali a questo tipo di problemi, fronteggiati fino ad ora tamponandoli di anno in anno con delle richieste di ritiro extra target da parte dei consorzi. Lo scorso dicembre vi è stata una la nota del MITE che chiedeva l'aumento della raccolta al 15 per cento, mentre lo scorso novembre vi è stata un'ulteriore misura che innalzava al 20 per cento l'aumento rispetto al target di raccolta dei singoli soggetti però, come potete vedere, si tratta sempre di soluzioni adottate in emergenza che comunque lasciano intatto il problema a monte. È per questo che le associazioni di categoria si stanno confrontando per arrivare a proporre al MITE una soluzione strutturale e definitiva a questo tipo di problemi.

  PRESIDENTE. In che percentuale non viene pagato il contributo? Se cambio il pneumatico e ne ho uno vecchio che non ha pagato il contributo, il gommista se lo tiene e scopre dopo che quel pneumatico non ha il contributo pagato e che i consorzi non lo ritireranno mai? Quando se ne Pag. 6accorge? Potrebbe succedere che il gommista non ritiri il vecchio pneumatico perché non è stato pagato il contributo corrispettivo?

  GUIDO GAMBASI, Vicesegretario dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP) Per quanto riguarda la prima domanda, stiamo sempre su delle stime che non possono essere particolarmente precise, però la visione condivisa un po' da tutti i soggetti è che la quota di mercato dell'introduzione irregolare non coperta dal contributo è in una finestra fra il 10 e il 15 per cento del totale dell'immesso. Per quanto riguarda il secondo tema, io mi riferisco alle indicazioni che i consorzi stessi danno ai gommisti su come comportarsi in queste situazioni. Se il gommista riceve la richiesta di montaggio di un pneumatico non venduto dal gommista, sia esso nuovo o usato, per il quale il cliente non può dimostrare il versamento del contributo ambientale, il gommista è tenuto a trattenere per lo smaltimento gli pneumatici vecchi che smonta e farli ritirare non ad un soggetto collettivo, ma a un soggetto privato, addebitandone il costo al cliente che ha portato gli pneumatici non coperti dal contributo. Questa sarebbe la policy di comportamento indicata dagli stessi consorzi per affrontare questo tipo di situazione. Sarebbe interessante andare a vedere quanti fanno effettivamente così e quanti li mettono nel monte destinato al consorzio.

  PRESIDENTE. Non ho capito bene. Io do per scontato che, se vado a smontare vecchi pneumatici, dal gommista si comprano quelli nuovi, ma il problema non sono quelli nuovi, per cui do per scontato che il gommista venda quelli che hanno pagato il contributo. Il gommista che ritira pneumatici vecchi, scopre subito se hanno il contributo regolarmente pagato o no? Questa è la prima domanda.

  STEFANO CARLONI, Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). Purtroppo no, perché dal momento in cui sto smontando i vecchi pneumatici, non ho sul pneumatico un QR code, un codice a barre dal quale possono evincere se il pneumatico ha regolarmente scontato il contributo oppure no.

  PRESIDENTE. Il consorzio come fa, quando arriva...

  STEFANO CARLONI, Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). Il consorzio dice: «In quest'area, quindi in tutta Italia, ho incassato contributi per 100 chili, nell'anno solare precedente. L'anno successivo ritirerò i 100 chili meno il 10 per cento che è il valore del battistrada che va via». Il computo è fatto a peso: io sono il consorzio, i miei associati hanno immesso pneumatici l'anno scorso per cento chili, quest'anno nel 2020 hanno venduto e incassato 100 per cento chili di contributo e quest'anno ritirerò 90 chili. Qual è il problema? Il problema è che già dall'inizio dell'anno, in modo particolare alla fine dell'anno, ci accorgiamo che i consorzi dicono: «Abbiamo esaurito la quantità per la quale siamo stati pagati» e nel piazzale dei gommisti c'è ancora una montagna di roba da ritirare. Ecco perché con cadenza annuale vengono emesse quelle ordinanze dal Ministero della transizione ecologica che impone ai produttori di pulire e di fare ritiri. Poiché oggettivamente è una materia complessa, che cosa dobbiamo cercare di fare? Tracciare in modo significativo la vendita dei pneumatici nuovi. Ogni punto vendita di pneumatici, nel momento in cui fa la richiesta al consorzio per farsi ritirare gli pneumatici, deve avere una certa capienza, il che significa che deve poter dimostrare che l'anno precedente ha comprato e ha pagato. Invece, le richieste di ritiro sono in ordine cronologico e non si entra nel vivo se quel punto vendita ha effettivamente pagato o no. Per prima cosa noi dovremmo raccordare quello che i punti vendita hanno pagato a quello che verrà ritirato e poi cercare di combattere in tutte le maniere le pratiche illegali. Quale la prima pratica illegale? La vendita su Internet, perché io compro gli pneumatici, non pago l'IVA e comunque non paga il contributo. Abbiamo montagne di documentazioni di organizzazioni che poi hanno Pag. 7anche fregato i soldi alla gente, una per tutti – che conoscerete – Pneumaticone che diceva: «Per quanto riguarda l'IVA, tu, privato, assorbila nel Paese di arrivo della merce e per quanto riguarda il PFU dallo al tuo punto di vendita, al tuo punto di montaggio». Questo è vietato non si può fare. Oggettivamente, per quanto riguarda le vendite su Internet, è un grande problema, anche perché mettono fuori combattimento i rivenditori onesti poiché, se non paghi l'IVA che è il 22 per cento e non paghi il contributo, il delta prezzo sarà significativo. Questa è una prima cosa. Quello che è essenziale è portare almeno i rivenditori onesti ad avere il servizio, poiché se ho pagato, è corretto che venga erogato il servizio. Se, invece, facciamo un grande calderone in cui ci stanno dentro i flussi legali e illegali, chi ha pagato correttamente si troverà il piazzale pieno e i consorzi che gli dicono: «Abbiamo ritirato rispettando il modello legislativo in maniera impeccabile». La situazione per i bravi rivenditori e per le persone oneste è kafkiana: ho pagato, ma chi sta dall'altra parte mi dice che non può eseguire il servizio perché già ha assolto al suo compito. È terrificante.

  PRESIDENTE. Un sistema del genere minimo almeno per tutelare chi ha pagato credo sia facile da fare, non credo serva chissà quale lavoro di ingegneria. A riguardo cosa dicono i consorzi?

  GUIDO GAMBASI, Vicesegretario dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). I consorzi sono anch'essi parte attiva di questo nuovo tavolo a cui stavo accennando prima, in cui insieme alle associazioni si sta cercando di progettare un sistema informatizzato alimentato dalle informazioni e generato automaticamente dai documenti di acquisto del gommista, quando acquista dal produttore, che possa imputare matematicamente senza margine di errori a ogni punto di vendita di pneumatico la giusta quantità di pneumatici da ritirare spettanti, quindi il cosiddetto «credito al ritiro». Sarà una specie di token digitale, di bitcoin che, tramite questo sistema informatizzato che si sta cercando di definire per poi proporre al MITE, dovrebbe arrivare ad attribuire automaticamente il credito al ritiro di PFU spettante a ogni singolo punto vendita sulla base delle fatture di acquisto generate dal punto vendita nei confronti dei produttori. Questo dovrebbe tagliare fuori tutti i soggetti che operano irregolarmente.

  PRESIDENTE. Per quanto riguarda la gestione del materiale raccolto, come viene riciclato? Ho letto ieri, avendo partecipato al convegno de L'Italia del Riciclo, che, se non erro, sugli pneumatici c'è stata una diminuzione del ritiro dei vecchi – questo probabilmente è normale, visto il lockdown e il COVID-19 con la gente che, girando di meno, consumava meno gli pneumatici e aveva meno esigenze di cambiarli –, che il recupero di materia è abbastanza basso, mentre lo smaltimento per incenerimento è ancora molto alto. Mi confermate questo?

  GUIDO GAMBASI, Vicesegretario dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). Qui dobbiamo attenerci alle informazioni che riceviamo dai consorzi, con i quali comunque siamo in costante contatto. Se non mi sbaglio, anni fa la situazione era circa 50 e 50 per quanto riguarda il recupero di materia e il recupero di energia. Con gli ultimi decreti end of waste, mi sembra di capire che sia leggermente aumentata la quota di recupero di materia, però credo che non si sia andati oltre a un 55 per cento di materia e 45 per cento di recupero energetico. So che i consorzi sono molto impegnati nel cercare nuovi sbocchi di mercato per le materie prime e seconde derivate dalla frantumazione dei PFU ritirati, quindi dal polverino di gomma, ed è abbastanza consolidato l'impiego per le pavimentazioni, manti stradali e le infrastrutture sportive, ma so che ci sarebbero tante altre possibilità di impiego che ancora non sono pienamente sfruttate, per i quali i consorzi stanno chiedendo adeguamenti normativi che possano sbloccare nuovi mercati per il recupero della materia.

  STEFANO CARLONI, Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici Pag. 8(AIRP). In realtà, potremmo fare un'ulteriore precisazione. Pur nell'ambito della suddivisione detta poc'anzi del recupero energetico e di materia, il recupero di materia in un pneumatico a fine vita non è una cosa semplice perché bisogna scomporlo e avere un grande apporto energetico, quindi spendere tanta energia per poterlo tritare e separare la gomma dall'acciaio.
  Le utilizzazioni della gomma vulcanizzata, quindi del pneumatico finito, ci sono: i manti stradali, anche se in Italia in misura molto contenuta, i campi sportivi e altre varie applicazioni. Tuttavia, queste applicazioni sono comunque una piccola cosa in rapporto al mare magnum, ai 30 milioni di pneumatici vettura che ogni anno vengono immessi sul mercato italiano. In realtà, il vero sistema di contenere e di abbassare in maniera forte la formazione di questo rifiuto che poi è difficile da trattare è la ricostruzione, ma non perché noi stiamo ricostruttori, perché la verità. Addirittura per fare nomi, così siamo ancora più chiari, Continental, che è un grande produttore europeo, a Monaco all'IAA Mobility ultimamente, nel mese di settembre, ha presentato il concept di un pneumatico che prevede una gomma nuova e tre ricostruzioni. Qual è il problema? Che il sistema industriale, ovvero i produttori di pneumatici nuovi, nota che il pianeta è andato a male, che il clima è ingestibile, che son stati fatti tanti errori, ma ricondurli alle buone pratiche – quella principale è il riutilizzo – non è semplice, bensì molto complicato. Infatti, noi andiamo in Parlamento per chiedere che le municipalizzate e le aziende che fanno i servizi pubblici devono avere perlomeno il 50 per cento di utilizzo di pneumatici ricostruiti per indurre un volano adeguato di economia circolare e il provvedimento ci viene tagliato al 30 per cento. Andiamo in Parlamento a chiedere il credito di imposta per incentivare soprattutto l'utilizzo degli pneumatici autocarro e premiare gli utilizzatori che utilizzano gli pneumatici ricostruiti e addirittura la richiesta non è stata neanche discussa.
  È come se avessimo la situazione a doppia velocità: da un lato tutti sappiamo perfettamente che, se vogliamo risolvere il problema dei rifiuti, dobbiamo ricostruire di più, ma questa cosa piace a pochi, quindi è difficile. Inoltre, devo dire che talvolta abbiamo difficoltà anche con il legislatore perché in Francia tutte le aziende municipalizzate e quelli che fanno i servizi pubblici devono avere il 100 per cento degli pneumatici ricostruiti. A noi è sembrato corretto chiedere il 50 per cento, poiché la cifra ci sembrava giusta e invece: «Il 30 per cento, perché 50 potrebbe essere troppo». Quindi, è chiaro che qualche difficoltà viene fuori. Se il mondo va nella direzione del riutilizzo e poi del recupero, dovremmo dare anche dei segnali che lo vogliamo fare, invece la vedo molto ostica. Abbiamo detto che da un lato vi deve essere il controllo della filiera e almeno che si possa ottenere il risultato che chi ha pagato, gli venga fatto il servizio, dall'altro lato occorre grande incentivazione delle forme alternative. Qual è la forma alternativa? Il riutilizzo, perché è chiaro che nel traffico aereo se fanno un pneumatico nuovo e sei ricostruzioni, non hanno grandi problemi di smaltimento, ma se noi abbiamo una montagna di prodotti costruiti male usa e getta che adopero e butto via, è chiaro che il problema sarà forte. I prodotti usa e getta vengono prevalentemente dall'Oriente e quando arrivano in Italia, matematicamente non pagano il contributo e bisognerà vedere se pagano anche l'IVA giusta. È chiaro che abbiamo un po' di difficoltà.

  PRESIDENTE. Immagino, però non avete dato i numeri della ricostruzione. Che percentuale viene ricostruita rispetto al totale dei rifiuti? Quanto potrebbe aumentare questa percentuale? Come viene fatta questa ricostruzione? Se ho capito bene, si prende la carcassa, ma si utilizza materiale vergine e quindi solo il battistrada oppure la ricostruzione avviene prendendo il battistrada usurato?

  STEFANO CARLONI, Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). Per quanto riguarda i numeri, gli Pag. 9pneumatici vettura sono diventati irrilevanti e ormai in Italia avremo tre o quattro impianti che se ne occupano che, per la qualità delle aziende, fanno dei numeri significativi ma non rapportabili ai 30 milioni di pneumatici vettura che vengono immessi. Saremo sotto il milione di pezzi nel vettura, quindi va bene. Sull'autocarro, dove abbiamo un mercato di un milione e 300-400 mila pezzi, abbiamo 300 mila pneumatici ricostruiti. Dovremmo farne perlomeno il doppio, ma anche oltre. Ricostruire un pneumatico significa essenzialmente prendere il pneumatico vecchio, esaminarlo con macchinari e tecnologie che ci dicono se è idoneo alla ricostruzione, metterlo su una macchina che è una sorta di raspatrice che toglie il vecchio battistrada, viene fatta una serie di lavorazioni successive finché si riapplica il nuovo battistrada.
  Questo nuovo battistrada vergine è una mescolazione di componenti in tutto simili al pneumatico nuovo. L'eventuale possibilità di inserire in questi battistrada dei prodotti che vengono dal riciclo esiste in piccola quota nella stessa maniera in cui esiste sul pneumatico nuovo. Io posso decidere anche sul pneumatico nuovo di inserire una quota di prodotti, di polveri che vengono dal recupero, ma devo dire che è molto bassa, perché oggi abbiamo bisogno di pneumatici performanti che possano rotolare in maniera particolare, consumare meno carburante e conseguentemente sporcare di meno, oltre che far risparmiare l'utilizzatore. Ecco perché con i materiali di recupero bisogna andarci molto cauti ad utilizzarli. Dopodiché, questo battistrada fatto da materie prime vergini, che possono inglobare dentro una piccola quota di riciclati sia nel ricostruito come nel nuovo, segue il processo di lavorazione, va in vulcanizzazione e il discorso si chiude, così a quel punto abbiamo un prodotto di riutilizzo. Siamo partiti da una base vecchia, ma abbiamo un prodotto che torna a fare la sua funzione, il suo lavoro. Inoltre, è lo specchio del nuovo perché, se noi li guardiamo uno contro l'altro, sono identici solo che uno ha un consumo energetico bassissimo, nel senso che con il 35 per cento dell'energia con cui si fa un pneumatico nuovo, faccio un pneumatico ricostruito, avendo una quantità di CO2 veramente contenuta, e abbiamo la montagna di materiali risparmiati e tanti rifiuti non immessi per lo smaltimento, mentre l'altro è tutto quello che voi conoscete, ovvero che il pneumatico nuovo è naturalmente energivoro, invasivo e tutto quello che noi sappiamo, perché è naturale che sia così. Ripristinare il battistrada più volte è una pratica particolare. Che cosa bisogna fare? Incentivare i produttori di pneumatici nuovi anche dal punto di vista normativo a mettere in moto un sistema di ecoprogettazione forte – devo dire che qualcuno sta rispondendo con calma a questo appello – e dall'altro lato incentivare i consumatori ad acquistare pneumatici ricostruiti tipicamente con il credito d'imposta. Queste pratiche dal lato dell'utilizzazione degli pneumatici e dal lato del controllo dei flussi, che è quello che dicevamo prima relativo al concetto del «Hai pagato? Veniamo a ritirare. Non hai pagato? Smaltisci almeno pagando», possono dare la chiusura del cerchio e un sistema importante. Peraltro, in un tempo relativamente vicino nel passato ho addirittura proposto di marchiare gli pneumatici immessi sul mercato italiano con un QR code in cui ci possono essere tante notizie di cui ha bisogno il consumatore e anche per individuare esattamente lo smaltitore. Quando ho uno pneumatico usurato, vado sul QR code che mi dice: «Questo pneumatico lo deve smaltire Tizio, perché lui ha incassato», però ho notato che i produttori ci hanno risposto in maniera un po' così, anche se vedo che dopo un po' di tempo molti per altre utilizzazioni stanno immettendo il QR code sugli pneumatici, uno strumento di grande conoscenza e possibilità di avere delle notizie con molta facilità. Devo dire che le strade ci sono e sono molte.

  PRESIDENTE. Se voglio comprare degli pneumatici rigenerati, a chi mi devo rivolgere e dove devo andare?

  STEFANO CARLONI, Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). Dal suo rivenditore di fiducia. Avrà Pag. 10più normalità di approccio per quello che attiene all'autocarro, mentre nel vettura potrebbe essere più complesso, ma esistono, per esempio, anche sul nostro sito una serie di produttori dai quali si può comprare direttamente.

  PRESIDENTE. Dunque non sono i grandi marchi. Saranno rimarchiati con altri marchi meno famosi?

  STEFANO CARLONI, Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). Sono rimarchiati con il marchio del ricostruttore. Quando il pneumatico è ricostruito, nell'autocarro conserva il fianco primario dei produttori che voi conoscete come Michelin, Pirelli, Goodyear e gli altri, ma comunque ha la marchiatura con il nome commerciale e le omologazioni del ricostruttore. Il vettura lo troverete, invece, con l'aspetto simile al nuovo con il nome del ricostruttore.

  PRESIDENTE. Se ho capito bene, il nome della marca originale sparisce?

  STEFANO CARLONI, Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). Viene meno, perché sono pneumatici che sono fatti in maniera integrale, in cui viene ricostruito anche il fianco.

  ALBERTO ZOLEZZI. Io ho una domanda, ma nella sua ultima affermazione mi ha già dato una parziale risposta. Volevo chiedere delle proposte per aumentare l'efficacia della raccolta e della gestione. Credo che il discorso del QR code potrebbe essere un metodo, anche perché voi sapete bene che per un'automobile che passi presso una telecamera, si può vedere se ha un libretto o una revisione scaduta e se ha un QR code anomalo, poiché non è mai stato versato il contributo, teoricamente potrei anche fermarla direttamente. Non è così difficile. Capisco che potrebbe essere un'innovazione, ma bisogna andare in quella direzione per evitare che i produttori onesti poi ci rimettano. Le chiedo se ha altri metodi per verificare e tracciare meglio il pagamento del contributo e le chiedo anche se cortesemente, eventualmente, ci potete mandare qualche dato tecnico anche sull'adeguatezza delle prestazioni degli pneumatici recuperati, perché credo ci sia un po' di confusione fra i non addetti ai lavori. Avere qualche dato su questo, ci può anche aiutare per spingere un po' di più sulle normative in questo senso.

  PRESIDENTE. Un pneumatico rigenerato costa al cliente mediamente di più o di meno rispetto a uno vergine?

  STEFANO CARLONI, Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). Di meno. Più o meno costa la metà di un pneumatico premium e comunque di meno di un pneumatico costruito in Europa, non diciamo in Europa occidentale, ma diciamo in Europa. Il problema accade nelle piccole dimensioni, cioè nel vettura, ma accade addirittura nelle grandi dimensioni quali quelli delle pale meccaniche, perché i produttori orientali – tipicamente produttori cinesi – vendono in dumping, quindi vendono sottocosto. In mezzo a mille fatiche siamo riusciti ad ottenere un dazio sui pneumatici autocarro, perché la Commissione europea ha certificato che gli pneumatici autocarro in Europa venivano venduti da parte dei cinesi in dumping, quindi abbiamo un dazio compensativo.
  Questo stesso dazio non c'è né nel vettura né nelle grandi dimensioni. Le grandi dimensioni sono gomme che possono arrivare ai 2,5 metri di diametro che è veramente difficile smaltire. Ecco perché sarebbe assolutamente necessario ricostruirle, ma se i prodotti vengono prodotti da nuovi in condizioni inadeguate con tecniche sbagliate e con materiali scadenti, non li potremmo poi ricostruire. Quindi, ogni volta che avviene un'importazione di un pneumatico da un Paese orientale – possiamo dire più semplicemente dalla Cina, perché facciamo un po' prima, anche se il problema si sta estendendo anche al Sud-est asiatico – noi già sappiamo che soprattutto per le grandi dimensioni noi avremo problemi di smaltimento, perché le quote di smaltimento, per i motivi che dicevamo prima, non verranno pagate, ma soprattuttoPag. 11 perché questo pneumatico non è ricostruibile e fa una vita sola, mentre nelle grandi dimensioni dovrebbero fare più di una vita, quindi abbassare moltissimo il tasso di smaltimento. D'altra parte, avendo seguito l'iter della costruzione e dell'applicazione del dazio sugli pneumatici autocarro, vi dico che – non se voi qualcosa lo avete verificato – è veramente una cosa molto complessa, perché il fatto che per poter chiedere un dazio, bisogna avere una quota di mercato europea del 25 per cento di quel prodotto, è già un grande vincolo. Quindi, è proprio estremamente difficile e costoso mandare avanti le procedure. Ecco perché voi avete notato in questi anni la deindustrializzazione di interi comparti industriali senza che se ne sia interessato nessuno, quindi sono andati nell'oblio con semplicità e adesso ci ritroviamo con i problemi che conosciamo con l'Oriente, le materie prime e il sistema logistico che non funziona più. Abbiamo fatto un gran bel lavoro. Siamo partiti dal prezzo per dire che il prezzo è sempre conveniente, se è rapportato a prodotti costruiti correttamente in Europa e non soggetti a pratiche illegali come il dumping. Questo è un argomento che potremmo chiudere. Per quanto riguarda, invece, il livello della sicurezza tutti gli pneumatici sono soggetti ad una normazione europea uguale, identica all'omologazione degli pneumatici nuovi. In generale quello che possiamo – questa è una cosa un po' più sottile – è che la ricostruzione ha tanto più successo, quanto più il produttore progetta il pneumatico in maniera adeguata, in ecodesign, con l'idea di fargli fare più vite. Tecnologicamente il processo è impeccabile, ma ha bisogno che il prodotto nuovo venga già progettato con l'idea di farlo vivere più volte. Questo è il salto tecnologico che le normative europee chiedono ai produttori e che chiaramente chiediamo anche noi. Da ultimo aggiungiamo che tutte le operazioni di remanufacturing – la nostra è un'operazione di remanufacturing – non solo abbassano in maniera esponenziale il livello dei rifiuti, ma creano lavoro europeo, lavoro a casa, perché queste attività non si possono fare in Oriente, bensì si fanno in un circuito domestico. Questa è una cosa molto importante perché è lavoro vero, fatto bene e in questo caso fatto in Italia.

  GUIDO GAMBASI, Vicesegretario dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). Una precisazione perché si erano chieste anche altre possibili alternative tecniche per incrementare l'efficacia della raccolta. Abbiamo menzionato il QR code, in realtà un'altra piattaforma tecnologica è quella del RFID (radio-frequency identification), quindi il microchip radiofrequenza che già molti produttori integrano nel fianco dello pneumatico che può immagazzinare una serie di dati rilevabili via radio da appositi strumenti. A questo proposito so che l'associazione europea dei costruttori di pneumatici, l'ETRMA (European Tyre and Rubber Manufacturers Association) sta avviando anche un lavoro per uniformare l'utilizzo da parte dei produttori delle informazioni trascritte sull'RFID, perché finora ogni produttore lo sta utilizzando in maniera individuale e non c'è omogeneità da produttore a produttore né sul tipo di dati trasferiti, né sul sulla loro gestione. Probabilmente, sarà proprio l'industria a convergere verso un unico sistema tecnologico di utilizzo di questo strumento che è l'RFID. Volevo dare solo questa informazione.

  STEFANO CARLONI, Presidente dell'Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici (AIRP). Sarebbe come dire che le multinazionali andrebbero in qualche modo aiutate. Molti in questo momento utilizzano l'RFID, questa radio-frequency identification, che è molto importante, perché in questo microchip potremmo inserire tanti dati, ma al momento non abbiamo né chiavi né possibilità per interagire con alcuno. Qualche anno fa hanno avuto anche la forza di farsi causa uno contro l'altro per dire: «Lo devo mettere io», «No, lo voglio mettere anch'io» e hanno costruito anche un contenzioso che adesso hanno risolto. Quello che andrebbe richiesto è il QR code, che va molto bene, ma anche l'RFID, ancorché abbiamo delle possibilità aperte per poter leggere. Noi avremmo bisogno di inserirePag. 12 in questi chip dei dati soprattutto per gli pneumatici autocarro, per il montaggio e per il chilometraggio. Ad oggi non abbiamo praticamente quasi nessuna azienda che libera questa possibilità. Quindi, montano questo RFID che poi rimane morto, ma rimane morto anche per loro perché potrebbe essere pure una buona pratica per loro avere più dati, più notizie. Adesso sembra che si vogliano mettere d'accordo su un protocollo comune. Da un punto di vista legislativo andrebbero anche aiutati per dirgli: «Fate questa cosa, sbrigatevi. Fatela bene e fatela insieme», però bisogna partire dal presupposto che inizialmente qualche anno si sono fatti anche causa. Non è facile ragionare con aziende che hanno una proiezione globale e magari noi in Europa gli chiediamo correttamente il rispetto dell'ambiente, di mettere in moto delle buone pratiche e di progettare prodotti particolari e l'altra parte del mondo magari li fa andare a ruota libera.

  PRESIDENTE. Sono curioso, visto che devo cambiare gli pneumatici, di farmi un giro e vedere se si riescono a trovare quelli riutilizzati e sicuramente li proverò. Sono sincero, non ne ero nemmeno a conoscenza, quindi non mi sarebbe neanche venuto in mente richiedere: «Avete degli pneumatici rigenerati?». A volte potrebbe anche essere utile saperlo. Inoltre, se costano il 50 per cento in meno, mi sembra strano che, anche con la crisi economica, non si conoscano. Mi auguro siano sempre più diffusi, ovviamente con le relative modifiche normative e gli aiuti economici che necessariamente servono. Vi ringrazio e, se non ci sono ulteriori domande da parte dei miei colleghi, dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.35.