XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 137 di Mercoledì 17 novembre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari, Domenico Savoca, sul tema dei problemi ambientali delle miniere e cave:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 5 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 5 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 5 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 5 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 5 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 5 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 10 
Briziarelli Luca  ... 10 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 11 
Briziarelli Luca  ... 12 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 18 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 18 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 19 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 19 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 19 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 19 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 19 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 20 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 20 
Briziarelli Luca  ... 20 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 21 
Briziarelli Luca  ... 21 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 21 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 22 
Savoca Domenico , Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto) ... 22 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 22

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari, Domenico Savoca, sul tema dei problemi ambientali delle miniere e cave.

  PRESIDENTE L'ordine del giorno reca l'audizione, in videoconferenza, di Domenico Savoca, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (ANIM). L'audizione rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul tema dei problemi ambientali delle miniere e cave. Ricordo che l'ANIM è un'Associazione senza scopo di lucro che persegue tra le principali finalità socio culturali, lo studio delle problematiche legate alla risoluzione dei problemi scientifici, tecnici, economici e legislativi riguardanti il settore minerario nel suo complesso. L'Associazione inoltre stabilisce e mantiene contatti in campo nazionale ed internazionale tra tecnici, professionisti, Enti, Associazioni ed altri soggetti comunque interessati o che operino nel settore. Comunico che l'audito ha preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta. Invito il nostro ospite a svolgere una relazione; al termine seguiranno eventuali domande o richieste di chiarimento. La Commissione è interessata a conoscere il punto di vista della vostra associazione sulla gestione delle miniere e delle cave per avere un quadro generale delle problematiche, soprattutto quelle ambientali, e comprendere quali iniziative possono essere intraprese per migliorare la situazione.

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Buongiorno, presidente e buongiorno a tutti i partecipanti. Voglio cominciare il mio intervento con chiarire la differenza tra cave e miniere, perché è un discorso molto importante ai fini della chiarezza su quello che dirò dopo. La differenza è esclusivamente di tipo merceologico, alcuni minerali sono classificate di miniera, altri di cava. La classificazione è stata emanata con un regio decreto del 1927, il n. 1443, e da allora non è stata modificata. Sono state classificate di miniera le materie prime strategiche per l'economia nazionale di allora, intendendo come tali tutti i minerali metallici, alcuni minerali industriali come la fluorite o i materiali per la produzione di cemento. Sono stati inseriti nella categoria cave tutti i restanti minerali. Quello che è successo da allora ad oggi è che non essendo cambiata l'elencazione, alcuni di queste materiali strategici non lo sono più, oppure i relativi giacimenti sono esauriti o la coltivazione è stata interrotta per antieconomicità. Invece sono diventati materiali strategici alcuni elencati nella categoria di cava, quindi nella legislazione italiana restano in tale categoria. La differenza, sostanzialmente, è che le miniere ottengono delle facilitazioni ai fini della proprietà, ai fini Pag. 4dell'ottenimento delle concessioni e anche per il pagamento di canoni ridotti rispetto ai costi che deve sostenere chi esercisce l'attività di cava. Detto questo, ci sono evidentemente oggi delle produzioni ridotte in termini di materiale di miniera, perché tutte le miniere di minerali metallici hanno chiuso, però ci hanno lasciato in eredità una serie di problemi non indifferenti dovuti soprattutto al fatto che le coltivazioni in passato non sono state condotte con razionalità, alla carenza di controlli e al raggiungimento di obiettivi esclusivamente di tipo economico. Le problematiche ambientali – io mi riferisco a questioni anche di 40-50-60 anni fa – certamente non erano alla loro attenzione. Voglio precisare che le attività estrattive di minerali metallici sono finite, sono state tutte dismesse alla fine degli anni ottanta, è rimasto qualcosa successivamente, ma oggi siamo in una situazione di totale chiusura.
  In termini numerici cosa si può dire? Secondo statistiche ISTAT (Istituto nazionale di statistica) che ci danno la situazione al 2018, abbiamo 4500 cave autorizzate, di cui 2000 effettivamente in esercizio, a fronte di 120 miniere concesse e di queste in esercizio sono 90. In termini produttivi, la produzione del materiale di cava assomma per l'anno 2018 e per gli anni successivi c'è stata una leggera riduzione, anche legata ai problemi COVID. Adesso si ha una discreta ripresa assomma a 166 milioni di tonnellate, di cui una quantità trascurabile tra il quattro e il cinque per cento è ascrivibile alle miniere. A fronte però di questa differenza di rilevanza economica, per quanto riguarda l'eredità del passato – e su questo adesso voglio discutere – abbiamo notevoli problematiche ambientali che possono essere ascrivibili a tre tipologie, fondamentalmente. Una miniera è formata dal sottosuolo, dagli impianti e dalle discariche. La discarica è sempre funzionale alla miniera, in quanto non ci può essere una miniera senza che ci sia una discarica, è difficile che tutto il materiale estratto da una maniera possa essere considerato un materiale utile e commercializzato come tale. Abbiamo un quadro importante che ci ha descritto ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Nel 2006 l'ISPRA, su incarico del Ministero dell'ambiente, ha fatto un censimento delle miniere, per cui risultavano 2660 miniere cessate o abbandonate, quindi cessate secondo criteri razionali o chiuse senza badare alle conseguenze che questa azione avrebbe significato per il tempo successivo.
  Cominciamo a parlare delle discariche che sono sicuramente la parte preponderante in termini di problemi che conseguono la cessazione dell'attività di miniera. L'ISPRA ancora nel 2017 ci segnala la presenza di 650 discariche di rifiuti intesi come pericolosi. La definizione di rifiuto pericoloso coincide con quella data dal testo unico sull'ambiente. Per quanto riguarda le discariche minerarie, voglio ricordare che vengono definite strutture di deposito. In realtà la legislazione vigente è quella del decreto legislativo n. 117 del 2008 che ha recepito una direttiva dell'Unione europea, quindi le discariche minerarie hanno una legislazione particolare e per esse non si applica la legislazione di carattere generale, se non per alcune questioni non sostanziali richiamate dal decreto legislativo stesso. Quindi abbiamo 650 discariche di rifiuti pericolosi.
  Cosa si intende per discariche pericolose? Tra queste ci sono anche per motivi di rifiuti pericolosi. Sono di due tipi, discariche pericolose per problemi igienico sanitari, quindi legate alla infiltrazione di acque nel corpo della discarica, alla lisciviazione dei materiali residui contenuti nella discarica stessa e quindi alle infiltrazioni di queste acque nelle falde sottostanti. In realtà queste discariche sono considerate da ISPRA discariche ipotetiche, nel senso che è compito delle regioni andare a definire se effettivamente queste discariche hanno queste caratteristiche. Oggi alcune regioni non lo hanno ancora fatto, probabilmente quando ciò succederà il numero delle discariche sarà molto ridotto. Io posso fare una stima per quella che è la mia esperienza, che alla fine si arriverà a un numero di discariche di rifiuti pericolosi che non supererà le 50 unità. Comunque siamo in un ordine di grandezza piuttosto consistente. Consideriamo che a livello europeo Pag. 5discariche di questo tipo se ne segnalano tra le 20 e le 30, addirittura alcuni Stati importanti dal punto di vista a minerario hanno solo poche unità.

  PRESIDENTE. Scusi se la interrompo. Vorrei capire alcune cose: le 600 discariche pericolose – fonte ISPRA, il censimento del 2017 – non sono le discariche pericolose prettamente legate alle attività mineraria, giusto?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Sono collegate ad attività minerarie.

  PRESIDENTE. Tutte le 650 sono discariche pericolose di attività mineraria?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Sì o meglio ritenute potenzialmente pericolose, dietro il mandato alle regioni di andare a verificare se effettivamente lo solo. Alcune regioni hanno fatto questa verifica, per esempio Lombardia, Piemonte e la Sardegna mi pare che lo stia facendo. Quindi oggi abbiamo un elenco potenziale al quale, però, non corrisponde una realtà fattuale.

  PRESIDENTE. Il decreto legislativo del 2008 che classifica le discariche, in particolare quelle minerarie, dice che qualsiasi discarica legata all'attività mineraria sia pericolosa?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Divide le discariche in due in due tipologie, discariche di rifiuti inerti e altre discariche. Quelle di cui parliamo sono discariche classificate di tipo A, che hanno bisogno di un'attenzione particolare. Però l'elencazione è stata fatta esclusivamente andando a verificare le cartografie, non andando a verificare sul luogo, dove devono andare le regioni ed alcune ancora non lo hanno fatto.

  PRESIDENTE. Quindi non è detto che necessariamente una discarica legata all'attività mineraria sia pericolosa?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Infatti, è la regione che deve andare a valutare in questo elenco che è stato fornito da ISPRA, effettivamente quanti siano quelle classificate come pericolose.

  PRESIDENTE. Con le cinquanta discariche a cosa si riferisce?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). È una stima che faccio circa il risultato finale di questa verifica, perché io conosco la situazione di alcune regioni tra quelle in cui sono presenti delle discariche e secondo la mia esperienza professionale, vedo che alcune discariche classificate come pericolose, in realtà addirittura non esistono nemmeno, perché fino a molti anni fa era uso – soprattutto nelle Alpi – stoccare i rifiuti minerari vicini ai fiumi e ai torrenti. Nei momenti in cui avvenivano delle alluvioni, chiaramente spazzavano via il materiale che era collocato ai fianchi, quindi risultano grosse attività estrattive che in realtà hanno pochissimo materiale di discarica, proprio perché si usava questa prassi che oggi sarebbe assolutamente impensabile, ma che non mi risulta sia stata adottata.

  PRESIDENTE. Quindi, di queste 650 stima che diverse non esistono più, non ci sono proprio e quelle effettivamente classificabili come pericolose potrebbero essere una cinquantina, secondo lei. Vorrei tornare un po' indietro. Ci sono 120 miniere, di cui 90 in esercizio. Lei all'inizio ha detto che di fatto non ci sono più miniere in attività, però ci sono queste sui metalli, quindi queste 90 che cosa estraggono?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). In realtà ancora c'è Pag. 6qualcosa che si produce, però sono molto meno di quelle che c'erano prima.
  Quelle attualmente in esercizio estraggono dei minerali industriali, per esempio feldspati per la ceramica e materiali per l'industria del cemento, fluorite per l'industria siderurgica, argille refrattarie, oppure il talco. Quindi tutta una serie di minerali industriali che in realtà oggi sarebbero tranquillamente classificabili come minerali di cava, in quanto non hanno un rilievo strategico a livello nazionale. Sono rimasti nella categoria miniere, in quanto così classificate dalla legge. Queste sono attività che non producono discariche o ne producono in quantità trascurabili, non hanno i problemi che avevano le attività estrattive dei minerali metallici o anche del mercurio, come lei accennava all'inizio. Hanno i problemi delle cave, cioè le polveri, l'inquinamento, le vibrazioni, l'impatto ambientale, ma non certamente problematiche d'inquinamento chimico legati alla discarica o all'esercizio della miniera stessa.

  PRESIDENTE. Le 650 discariche hanno avuto un'attività mineraria fiorente. Lei dice che non può esistere un'attività mineraria senza una discarica collegata e questo è facilmente intuibile, in genere le discariche sono in loco oppure ci sono diversi casi dove i rifiuti vengono portati in altri posti?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Le discariche di questo tipo sono in loco, si intende distanti qualche chilometro, non sicuramente a bocca miniera, perché occorre individuare dei siti particolari per l'allocazione di queste discariche. Però direi che raramente si superano i cinque chilometri, possono esserci dei casi, ma io non ne conosco. Mediamente sono tutti in un raggio di cinque chilometri.

  PRESIDENTE. Anche in passato era così?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Credo di sì, perché in realtà la quantità di materiale messa a discarica, rispetto al minerale utile, era una percentuale molto rilevante. Lei faccia conto che una miniera per estrarre piombo o zinco su una tonnellata di materiale estratto, il piombo o zinco era 60-70 chili, 940 chili erano da discarica, quindi si sarebbero dovuti sostenere costi notevolissimi. Un caso particolare in cui per motivi abbastanza improbabili il materiale ha viaggiato moltissimo, è quello della miniera di Stava. La discarica di Stava è crollata nei primi anni ottanta, dove il minerale, lo sterile da mettere a discarica veniva dalla Lombardia, quindi faceva un centinaio di chilometri, forse anche più, per arrivare al sito dove era posta la discarica. Ma è un caso particolare, non è la norma. La norma è che non si costruiscono discariche molto distanti dal sito. In questo momento, per le buone miniere ciò potrebbe non essere vero, perché si potrebbero utilizzare sistemi di trasporto – tipo con fluidi, quindi con tubazioni – che potrebbero permettere il viaggio del materiale in termini molto più ampi rispetto a quello che si faceva nel passato.

  PRESIDENTE. Per quanto riguarda l'attualità, lei ha detto che queste circa novanta miniere che ci sono – do per scontato che ci siano 90 discariche attive nei pressi – non hanno particolari problemi di pericolosità, se ho capito bene. Però immagino a livello quantitativo – per i discorsi che faceva lei prima – siano considerevoli.

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Su queste discariche attuali, trattandosi di discariche di minerali industriali che di solito vengono usati anche per il loro basso valore, vengono usati nella quasi totalità, infatti non richiedono trattamenti particolari, se non quelli di frantumazione, macinazione, vagliatura, lavaggio e il successivo stoccaggio. Direi che molte di queste miniere in realtà non hanno discariche o se ce l'hanno sono di volumi non consistenti. Anche perché oggi, a seguito del miglioramento delle tecnologie di Pag. 7utilizzo dei materiali, è aumentata la possibilità di utilizzare materiali che prima non avevano nessun significato, quindi dovevano andare in discarica. Oggi quasi tutto il materiale che si ricava dalla lavorazione di un minerale industriale, in qualche modo trova una collocazione sul mercato, magari a basso prezzo. Comunque trattandosi di materiali non inquinanti – in quanto non contenente metalli pesanti o composti particolarmente particolari che possono dare adito a emissione di sostanze inquinanti – vengono anche molto usati per la sistemazione di cave in esercizio, andando a rimodellare i fronti e a riempire dei vuoti con materiali inerti che in tal modo contribuiscono al recupero anche delle cave. Tra l'altro, l'utilizzo di materiali inerti per il ritombamento anche delle cave è considerata un'operazione rientrante all'interno del ciclo minerario. C'è stata una sentenza della Corte di giustizia europea del 2006 che ha riconosciuto non esserci particolare necessità di autorizzazione per riempire i vuoti di cava con materiale inerte, naturalmente a condizione che si accerti che il materiale sia effettivamente inerte. Il decreto legislativo n. 117 dispone le condizioni per cui ciò possa essere accettato, naturalmente a condizione che questa non diventi un'operazione economica. Tant'è che la Corte di giustizia prevede che per poter stoccare inerti a fini del recupero delle cave, occorre che il materiale sia effettivamente inerte e ciò sia effettivamente previsto dall'autorizzazione e che chi accetta questo materiale non guadagni dal punto di vista economico, perché se guadagna, diventa un'attività di discarica. Se non guadagna o comunque paga lui per far arrivare il materiale, diventa un'effettiva attività di recupero ambientale, quindi non di discarica camuffata.

  PRESIDENTE. Un conto è che io estraggo del materiale e lo riutilizzo nella miniera stessa. Però non so se un'operazione «tutto fatto in casa», diciamo così, che è possibile o ci sono esperienze pratiche in cui è avvenuto così. Però se i materiali vanno a riempire altri siti, immagino che serva anche una sorta di compatibilità geologica con il materiale. Se un terreno è argilloso, insomma ci deve esserci una sorta di compatibilità oppure basta che è inerte e va bene tutto?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). È vero, la condizione necessaria è che sia inerte, ma non è una condizione sufficiente perché – come diceva lei – il materiale deve essere compatibile con il sito che lo riceve. Certamente un materiale argilloso non può essere utilizzato per il rimodellamento di versanti. Può essere sicuramente utilizzato, ad esempio, in una cava a fossa in cui la qualità del materiale argilloso non è influente rispetto alle problematiche di stabilità. Il materiale che va a riempire dei vuoti di cava, raramente è il materiale argilloso, perché il materiale argilloso di solito resta nella cava o nella miniera in cui è stato prodotto e serve a rimodellare la stessa maniera, perché difficilmente può avere degli impieghi, anche per il rimodellamento da altre parti.

  PRESIDENTE. Qual è il vostro ruolo, la missione che vi siete dati rispetto...

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Volevo aggiungere, per il futuro, che in realtà oggi c'è la possibilità – anche a seguito della politica europea sulle materie prime che sta spingendo in questo senso – di trasformare le attuali discariche di rifiuti di miniere metalliche da problema a risorsa. Queste discariche contengono dei minerali rari, le cosiddette terre rare o comunque dei minerali pesanti in termini estremamente ridotti, tanto da non costituire interesse da parte degli estrattori di qualche decennio fa, che oggi potrebbero essere riprese con delle tecniche molto impegnative, per estrarre le terre rare che a suo tempo non sono state intaccate in quanto non costituenti l'interesse dell'estrazione. Questa situazione è particolarmente interessante in regione Sardegna, dove ci sono discariche di minerali metallici per almeno cento milioni di tonnellate. La ripresa produttiva di queste discariche – alcune delle quali oggi sono Pag. 8discariche inquinanti comprese all'interno di siti di interesse nazionale – potrebbe risolvere anche il problema dell'inquinamento, in quanto verrebbero riprese, questi materiali verrebbero tolti e potrebbero essere rimessi magari in posizione diversa o addirittura riutilizzate. Verrebbe tolto quel carico che oggi è considerato inquinante, in quanto finiva nell'acqua, ma se estratto, viene a mancare. Quindi il materiale risultante è un inerte e come tale può avere degli impieghi, soprattutto rimodellamenti, non credo molto di più. Ci stanno studiando molto le università di Cagliari e di Sassari, però ci sono dei problemi di carattere amministrativo e autorizzativo, cioè questa ripresa di materiale non è prevista dalla legge, ma non è nemmeno vietata. Si naviga in una situazione di incertezza, per cui le aziende che potrebbero essere interessate a sfruttare questa opportunità hanno delle grosse remore ad andare avanti, proprio per un'incertezza di carattere autorizzativo. In questo momento l'ANIM collabora anche con ISPRA per trovare e proporre delle soluzioni che possano essere utili per il legislatore, perché adegui la legislazione attualmente vigente – come ripeto è del 1927 – a queste mutate condizioni. Cento milioni di tonnellate è una cifra non indifferente, certamente se si potessero andare a lavorare, sarebbe estremamente interessante, sia dal punto di vista ambientale...

  PRESIDENTE. Io non ho capito, 120 milioni di tonnellate in Sardegna di cosa?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Cento milioni di rifiuti minerari in discarica.

  PRESIDENTE. Non ho capito bene, nel senso che in passato il materiale che era stato estratto veniva messo nella discarica di servizio della miniera, in realtà quel materiale è ricco di materiale raro?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Ricco è un termine improprio, contiene dei materiali in termini infinitesimi e al momento dell'estrazione di questi materiali, in realtà non erano nemmeno conosciuti o non interessavano per una produzione. Oggi si sta ripresentando l'occasione per riconsiderare questa attività.

  PRESIDENTE. Solo per il recupero di quello che è stato già estratto e messo in discarica o c'è anche l'interesse ad aprire nuove miniere?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). In questo momento si sta ragionando sul recupero dalle discariche, l'apertura di nuove miniere è fuori portata, perché probabilmente i costi sarebbero eccessivi. In questo momento riesco a estrarre in termini economici questi materiali, in quanto mi trovo già un minerale sostanzialmente abbancato in una discarica e la mia lavorazione parte da lì. Se io debbo cominciare a preparare una miniera, a preparare i tracciamenti, ad abbattere il materiale, frantumarlo, portarlo all'esterno e da lì lavorarlo, probabilmente i costi di produzione sarebbero tali da mettere fuori mercato il minerale stesso.

  PRESIDENTE. Questo per quanto riguarda i minerali rari. Invece in generale, per attività di estrazione mineraria di altri materiali – negli anni ottanta è stato un po' abbandonato tutto, ne sono rimaste una novantina – adesso c'è interesse da parte del mondo imprenditoriale di aprirne di nuove, perché poi non vengono aperte? Per problemi autorizzativi? Sappiamo che l'impatto non è indifferente. Oppure per altro motivo?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). È un problema complesso. La strategia europea sulle materie prime ha individuato una serie di minerali critici, fondamentalmente sono i minerali che in questo momento hanno più valore a livello produttivo, per i quali c'è un forte interesse a livello europeo. Sono minerali Pag. 9critici in quanto a livello europeo c'è una carenza di produzione e i fornitori non sono affidabili, per esempio parlo del cobalto del Congo, dove lo Stato a livello sociale non è tra i più tranquilli. Oppure tra le terre rare, questi materiali sono gestiti per il 95 per cento della loro produzione mondiale dalla Cina, la quale li produce nella Cina la stessa o si è accaparrata i diritti di sfruttamento dei più grossi giacimenti al mondo che sono in Africa o nel Sudamerica. In Italia, nell'ambito di questo elenco di materiali critici – soprattutto l'ultimo elenco che è stato emanato dall'Unione europea nel 2020 – abbiamo parecchi materiali di cui potrebbe essere riconsiderata la produzione. L'esempio più calzante è la fluorite, la Sardegna produce fluorite, ha una miniera che era stata avviata, ma era stata poi messa in stand by. Adesso sarà ripresa, non tanto perché l'ha detto la Comunità europea, ma perché la fluorite è un materiale estremamente interessante. Gli altri materiali sono quelli che potremmo ricavare dalle discariche minerarie. Io ho citato l'esempio della Sardegna, in realtà ci sono altre possibilità, per esempio in Toscana, in Sicilia, non è solo un interesse concentrato in Sardegna. Abbiamo presenza di giacimenti di cobalto in Piemonte, la società canadese sta iniziando o ha iniziato le perforazioni per andare a definire quali sono i limiti del giacimento. Abbiamo dell'antimonio in Toscana e soprattutto – ma in questo ci sono dei problemi particolari – in Italia abbiamo il 30 per cento delle riserve mondiali di titanio, concentrate in Liguria, in un'area occupata dal Parco del Beigua, in cui è vietata l'attività estrattiva. In questo caso particolare non c'è possibilità – anche legislativa, a meno che non cambi la legge – di poter estrarre questo materiale. Faccio presente che il valore di questo giacimento, stimato con molta genericità, parte da venti e arriva a trenta miliardi di euro. In quella posizione particolare c'è una fortissima opposizione, anche degli abitanti di quei luoghi, quindi pur essendo d'interesse, oggi ancora non ha avuto nessuna possibilità di essere di essere sfruttato. Nel passato una società francese aveva ottenuto la concessione mineraria, ma si è dovuta fermare davanti alle opposizioni della popolazione – comprese quelle della regione Liguria – per il fatto che era stata inserita l'area all'interno del Parco del Beigua, dove per legge non si poteva estrarre. In questo momento questi sono i materiali che noi potremmo mettere sul mercato europeo per contribuire alla soluzione dei problemi dell'assenza di materie prime strategiche in Italia. Naturalmente non dobbiamo pensare che tutto si possa svolgere dall'oggi al domani, per far partire una miniera ci vogliono da un minimo di sei o un massimo di dieci anni. Probabilmente questo è molto inferiore per quanto riguarda le discariche, ma sicuramente siamo su questo ordine di grandezza per quanto riguarda le altre attività minerarie. Oggi un minerale strategico che noi potremmo estrarre, dobbiamo pensare di averlo disponibile non prima del 2027.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al senatore Brizziarelli, volevo fare alcune domande. Non ho capito se la fluorite, il cobalto e l'antimonio sono attualmente già in estrazione, ma in quantità piccole che si potrebbero aumentare, oppure se non sono proprio estratti ed è solo una cosa potenziale.

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Non sono estratti, riguardano vecchie miniere che nel passato hanno operato, però per piccole produzioni. Oggi con le indagini più approfondite che si possono fare, anche con metodi a distanza, quindi non invasivi, si riesce ad avere l'andamento del giacimento per volumi molto più ampi. Comunque, sia l'antimonio che il cobalto in questo momento non sono estratti, anzi l'antimonio non è nemmeno oggetto di interesse da parte di aziende, lo è invece il cobalto.
  Però in termini di potenzialità...

  PRESIDENTE. Il titanio viene estratto?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (interventoPag. 10 da remoto). No, il giacimento di titanio non è mai stato intaccato.

  PRESIDENTE. Da nessuna parte, pur avendo potenzialità del 30 per cento.

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Anche la concessione mineraria che era stata data a suo tempo dal Ministero dello sviluppo economico, poi non è partita, quindi è scaduta senza effettuare dei lavori.

  PRESIDENTE. Per curiosità, su quelle 120 autorizzazioni, ci cui solo 90 sono in esercizio. La differenza, quelle 30 che non sono in esercizio tra quelle autorizzate, vorrei sapere la casistica, per quale motivo non è mai stata in funzione e se di queste 90 miniere c'è una particolare disposizione geografica, se c'è un territorio maggiormente interessato alla presenza di queste 90 miniere.

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Queste miniere sono date in concessione, in quanto per legge le miniere fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato e le concede a chi abbia interesse allo sfruttamento. C'è la possibilità, offerta dalla legge mineraria, di sospendere la lavorazione. La lavorazione viene sospesa – questo può essere un motivo ufficiale – per motivi commerciali, cioè in quel momento la società non ha sbocchi di mercato di quel materiale e chiede la sospensione dei lavori. Il più delle volte questo è il motivo per cui si sospende l'attività e comunque può essere ripresa quando la società ritenga di farlo. Ci sono altre situazioni in cui effettivamente viene sospesa anche per problemi economici della società stessa. Ci sono casi di fallimento che portano anche alla sospensione dell'attività.

  PRESIDENTE. In genere, invece, le autorizzazioni hanno una durata prestabilita fissa o variano da caso a caso?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). La legge mineraria non prevede una durata che è determinata dal progetto di coltivazione. Se il giacimento di cui io chiedo la concessione mi può permettere di lavorare per vent'anni a una certa produzione annua che io propongo all'amministrazione, quella è la determinazione della durata. In passato io sono stato ingegnere capo di distretto minerario di Milano, poi sono andato in regione e non ho mai rilasciato concessioni per un termine superiore a vent'anni. In ogni caso non sarebbe stato vietato rilasciarne per tempi più lunghi.

  LUCA BRIZIARELLI. Alcune domande di carattere generale e alcuni chiarimenti. Grazie per la precisione con la quale ci ha fornito dati per noi importanti, presidente Savoca.
  Questo riguarda prevalentemente miniere, piuttosto che cave, visto che all'inizio i dati che lei forniva erano di 4000 cave, delle quali 2000 in attività, relativamente alla parte lecita. La prima domanda che volevo fare è relativamente ai numeri, ma mi ha preceduto il presidente relativamente alle 90 su 120 in attività per quanto riguarda le miniere. Se lo stesso può dirsi per quanto riguarda le cave, cioè se sono in esercizio circa la metà delle 4000 autorizzate, se dipende sempre da una questione di mercato la scelta dei concessionari di utilizzarle o meno.
  In secondo luogo, è a conoscenza e ha notizia relativamente all'attività estrattiva – tanto da miniere che da cava – della situazione relativa a attività illecite e non autorizzate?
  Per esempio è notizia, mi sembra nel giugno scorso, che sia stata sequestrata una cava non autorizzata di centomila metri quadri – dieci campi da calcio – in Puglia, con un'operazione dei NOE (Nucleo operativo ecologico), anche se pare strano e difficile nascondere addirittura delle cave, però questo è avvenuto e non è l'unico caso. Qualche volta è stata riscontrata la presenza di queste realtà anche con osservazioni aeree. Quindi capire per la sua conoscenza e l'attività dell'associazione, se Pag. 11la situazione delle estrazioni abusive sia diffusa o meno.
  Terza domanda. Relativamente alle miniere abbandonate, mi sembra 2160, secondo il censimento ISPRA. Su questo ISPRA, oltre a fornire i dati che per noi sono importanti, ha dato un quadro della situazione a livello ambientale sulla situazione dal punto di vista dei rischi per l'ambiente e per la salute dell'uomo, al di là dell'aver individuato nelle regioni la necessità di un censimento e di un eventuale intervento? In questo caso siamo di fronte a una situazione simile a quella delle discariche e dei siti orfani anche per quanto riguarda le cave e le miniere?
  Lei ha citato in particolare il caso della Sardegna, dei cento milioni di tonnellate di rifiuti minerari. Prima domanda, in quanti siti? Cento milioni di tonnellate che sono stoccati sostanzialmente in quanti siti? Capire qual è la situazione, considerando che l'attività estrattiva per la Sardegna è qualcosa di storico e che ha rappresentato e rappresenta una realtà con la quale fare i conti. Quanti sono indicativamente i siti che cubano complessivamente i cento milioni di tonnellate? Si diceva, per la presenza di terre rare, avrebbe senso e ci ha descritto in parte anche il processo di lavorazione e l'esternalizzazione dei costi, sostanzialmente. È chiaro che il materiale è già estratto, è frantumato e costerebbe di meno, ma costerebbe di meno lavorarlo in un'ottica estrattiva di guadagno in quell'attività che ci descriveva all'inizio o in un'ottica che comprenda e tenga conto di un recupero ambientale? Potrebbe essere anche l'occasione per agire in una situazione diversamente compromessa sul piano ambientale, oppure questa situazione delle quantità stoccate potrebbe rimanere così com'è allo stato attuale?
  Ultima domanda. Lei diceva, cito più o meno testualmente: «Mi sono soffermato sulla realtà della Sardegna, ma in realtà è una situazione che si riscontra anche in altre parti d'Italia dove potrebbero esserci, per le peculiarità, possibilità.». Al di là del caso limite della Liguria, relativamente al titanio, lei ha citato Toscana e Sicilia. Relativamente a Toscana e Sicilia, potrebbe indicarci i quantitativi? È una cosa paragonabile alla Sardegna, quindi ragioniamo di decine di milioni di tonnellate di materiali o è una situazione più piccola? Sarebbe comunque proponibile ed eventualmente per quali minerali? In Toscana e in Sicilia quante sono le località eventualmente coinvolte? Grazie.

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Lei ha fatto numerose domande, spero di rispondere a tutte. Se per caso ne dimentico qualcuna, magari lei mi aiuta a ricordarla.
  Cominciamo a dire che le discariche in Sardegna sono distribuite sul territorio, io potrei pensare che le discariche complessivamente siano intorno a una cinquantina, naturalmente non tutte hanno le caratteristiche tali da potere essere sfruttati successivamente, sia per motivi di localizzazione sia anche per contenuto di tenore. Magari si potrebbe raggruppare un certo numero di discariche nell'Iglesiente, per esempio, in modo tale da poter sfruttare le discariche che sono vicine. Quando si fa una scelta di questo tipo, occorre andare a verificare quali sono i volumi, perché ci sono dei volumi minimi oltre i quali non si può andare, perché altrimenti gli investimenti non verrebbero ricompensati dalle quantità di minerale estratto. Faccio un esempio banale che forse non riguarda questo. Qualche anno fa in Piemonte, al confine con la Liguria, una società canadese ha individuato un giacimento di oro, contenente tre grammi per tonnellata, che è una quantità interessante. Solo che il giacimento era stato cubato in un milione di metri cubi, quindi troppo poco e la società ha rinunciato all'iniziativa perché la quantità non avrebbe giustificato gli investimenti.
  Per quanto riguarda eventuali altre possibilità di questo tipo di valorizzazione in altre regioni, io credo che in questo momento quelle che citavo – la Toscana e la Sicilia – sono del tutto ipotetiche, perché i volumi sono molto più bassi e non sono state fatte delle ricerche per andare a verificare se all'interno di questi volumi ci sia la presenza di minerali interessanti. Non Pag. 12basta che ci sia la discarica, questa deve anche contenere del minerale d'interesse. Per quanto riguarda la Sicilia, io ho notizia di un'iniziativa importante che sta avvenendo – supportata dalla regione Sicilia – per riprendere delle vecchie discariche di materiale kyanitico – la kyanite è un minerale di potassio utilizzato come fertilizzante – però siamo in un altro campo, un'altra visione. Non ci sono obiettivi di estrarre materiali strategici.
  Per quanto riguarda il discorso delle cave, ricordo che ISTAS nel comunicare il numero di cave autorizzate – ad oggi pari a 4000, più o meno – comunica anche che le cave effettivamente in esercizio sono circa 2000, quindi meno della metà. Per motivi vari, molte cave autorizzate, in realtà non stanno esercendo. Le motivazioni possono essere le più disparate e molto più ampie rispetto a quello che riguarda il settore di miniera, perché essendo la miniera proprietà dello Stato, il concessionario è obbligato ad estrarre, cosa che non è obbligato a fare il cavatore, in quanto il giacimento è di sua proprietà e lui può gestirlo come meglio crede. Magari in un'autorizzazione di dieci anni, estrae solo in due anni quello che può servire, poi interrompe, riprende. Quindi c'è questa possibilità e questo giustifica il fatto che ci sia un numero di cave in esercizio molto inferiore rispetto a quello censito.
  Per quanto riguarda la presenza di cave abusive, chiaramente l'argomento varia da regione a regione. Io ho avuto esperienza lavorativa come funzionario pubblico fra Toscana, Piemonte Valle d'Aosta e Lombardia e le posso dire che è estremamente difficile che possa nascere una cava abusiva. Quello che succede in realtà è una cosa un po' diversa. Può succedere che io chiedo un'autorizzazione, per esempio, di centomila metri cubi e ne estraggo un milione, di più o di meno. Questo è un caso, secondo me, abbastanza realistico e succede in tutte le regioni, tant'è che le leggi regionali prevedono per queste infrazioni delle sanzioni pesantissime, proprio per ostacolare queste scelte. Ci potrebbe essere la tentazione di estrarre più del necessario, tanto poi pago la sanzione e in ogni caso ho estratto. Quindi c'è questa possibilità, ma è molto rara. Il caso che lei mi espone della Puglia, su quei valori mi sembra che ci sia stata molta gente che abbia chiuso gli occhi, perché è difficilissimo nascondere un vuoto da centomila metri cubi. Un'altra situazione che può verificarsi e si verifica purtroppo un po' dappertutto, è che si contrabbandino per attività di bonifiche agrarie quelle che effettivamente sono, invece, delle vere e proprie cave. Cioè, io chiedo un'autorizzazione – a questo punto non è un'autorizzazione mineraria – per una bonifica agraria che prevede l'asportazione di un certo volume di materiale per il livellamento dei terreni o comunque per l'eliminazione di strati di terreno non interessate e a questo punto ne approfitto per tirar fuori delle sostanze che in realtà non sarebbe necessario tirar fuori ai fini della bonifica agraria. Non so se ho risposto a tutto.

  LUCA BRIZIARELLI. Sì, ha risposto a tutte, quindi la volevo ringraziare. Se il presidente me lo concede, aggiungo una domanda specifica. In Sardegna, nella cava Maffei che estrae feldspati destinati alle aziende dedite alla produzione di sanitari, nei minerali è stata riscontrata la presenza di tremolite d'amianto. È a conoscenza che ci siano anche casi analoghi a questo in altre cave?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Io conosco il caso della miniera in Sardegna e noi del settore lo abbiamo trovato strano, nel senso che di solito il feldespato non è associato all'amianto. Evidentemente si è verificata una situazione particolare per cui in quel caso è stato così. Non mi risultano, ma non vuol dire che non ci siano, casi analoghi a livello nazionale.

  PRESIDENTE. Analizzando i problemi ambientali. Innanzitutto, una cosa mi ha colpito, la legge che risale al 1927. A mio avviso, non so se lei concorda, c'è bisogno di una di rivisitarla. Visto che non c'è tutta questa grande intensità o pressione anche Pag. 13da parte delle industrie, probabilmente anche per questo è un po' trascurato l'aspetto legislativo. Però di fatto le miniere ci sono state, rimangono e abbiamo visto che creano dei problemi. Qual è secondo lei la valutazione sulla validità del testo unico ambientale per quanto riguarda questa specifica? È uno dei testi più importanti, è recente, del 2006, salvo modifiche successive.
  Poi qual è il vostro ruolo, la vostra attività rispetto alle tematiche e le problematiche ambientali connesse all'esercizio dell'attività?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Le due domande che ha fatto per me hanno una risposta unica. Oggi la legislazione delle miniere, che in realtà si rivolta anche sulle cave, perché la difesa delle cave e delle miniere viene definita dalla legge che in questo momento è del tutto superata, anche a livello concettuale, in quasi tutti gli Stati europei. In questo momento sia la Commissione europea che la gran parte degli Stati non distinguono più i materiali secondo quanto ha definito la legge mineraria, quindi tra cave e miniere, ma secondo tipologie. In questo momento sono previste tre tipologie. Aggregati naturali, sostanzialmente sabbia e ghiaia che hanno una loro trattazione; minerali industriali che siano di miniera e hanno una trattazione anch'essi unitaria e minerali metallici per la produzione di metalli che anche hanno...

  PRESIDENTE. Può ripetere?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). A livello europeo la suddivisione normale demaniale è: materiali aggregati riciclati, sostanzialmente sabbia e ghiaia. Secondo gruppo, minerali industriali, quindi la materia prima che viene utilizzata dall'industria. Terzo punto, minerali per la produzione di metalli ferrosi e non ferrosi in cui entrano anche le terre rare, minerali pesanti. In Italia a questa categoria se ne dovrebbe aggiungere un'altra che è quella delle pietre ornamentali. L'Italia è il Paese europeo più importante per la produzione di pietre ornamentali, dovrebbero avere una trattazione particolare. In questo momento, in realtà, le regioni fanno questa suddivisioni per la legislazione sulle cave, tant'è che in sede di pianificazione fanno delle pianificazioni differenti in funzione delle tre tipologie che ho citato in precedenza, aggregati naturali, pietre ornamentali, minerali industriali. Non fanno chiaramente pianificazione per la produzione di minerali metallici, perché in questo momento non c'è. Qual è il punto importante? L'Europa ha adottato una strategia per le materie prime che è partita come idea e concettualmente dal 2008. Inizialmente per favorire lo sviluppo del settore minerario secondo i tre segmenti della ricerca e coltivazione delle miniere, quindi la gamba tecnologica, la gamba non tecnologica, coincidente con un tentativo di ridurre la parte burocratica in modo da poter accorciare i tempi per le risposte da parte della pubblica amministrazione e una terza gamba legata al riuso e al riciclaggio che col tempo è diventata la gamba dell'economia circolare. Su queste tre linee sono state impostate anche le linee di finanziamento europee, soprattutto su Horizon 2020, ma anche su altre linee. La strategia europea, prevedeva una risposta a livello delle singole nazioni, quindi la strategia europea per una politica delle materie prime avrebbe dovuto essere seguita a livello nazionale da 27 strategie europee nazionali per una politica delle materie prime. È un dato di fatto che l'Italia sia l'unico Stato europeo che non ha una strategia delle materie prime. Si consideri che a livello europeo, alcuni Stati, per esempio la Francia e la Germania, hanno creato delle agenzie statali ad hoc per andare a gestire il settore delle materie prime, a cui attribuiscono un valore economico importante. In Italia abbiamo una carenza di strategia e purtroppo una vetusta normativa. A questo punto passo a quello che fa l'ANIM. L'ANIM si è fatta promotrice già da qualche anno della creazione di una struttura che si chiama «Laboratori e materie prime». È una struttura a cui hanno aderito alcune università, Pag. 14l'ENEA, il Ministero sviluppo economico e il sistema imprenditoriale datoriale aderente a Confindustria. Questo gruppo ha già predisposto una proposta di strategia nazionale sulle materie prime. Naturalmente in questo momento è una proposta che viene da un gruppo di lavoro in cui, tra l'altro, partecipava anche il Ministero dello sviluppo economico, quindi non era un gruppo formato da dilettanti e vedeva la presenza dei più importanti attori italiani a livello di materie prime. Non c'erano le regioni, ma per motivi di opportunità. C'è ancora questa proposta e in questo momento non ha avuto l'attenzione delle forze politiche, ma io su questo non ho nulla da commentare.
  Secondo punto, sulla vetustà della legge e questo è un punto molto interessante. Noi come associazione abbiamo preparato una proposta di legge di cui discuteremo all'interno dell'associazione nel prossimo consiglio di dicembre, io spero che per quella data avremo raggiunto un accordo, almeno all'interno dell'associazione, su quello che potrebbe essere il contenuto della legge. Dopodiché presenteremo questa proposta, credo tra gennaio e febbraio, a chi possa avere interesse. È la proposta di un'associazione culturale, quindi io ritengo che sia obiettiva, nel senso che non ha dietro spinte corporative e deriva anche dall'esperienza ormai ventennale e trentennale di molti soci e propone soluzioni innovative, anche alla luce dell'esperienza che alcuni di noi hanno fatto in ambito europeo, quindi della legislazione attualmente vigente a livello europeo, nonché degli obiettivi che ci pone la Commissione europea. Questa proposta sopperisce anche ad una problematica di cui non abbiamo parlato, ma che è interessante conoscere. In questo momento, la legislazione in materia di sicurezza mineraria risale al 1959 ed è l'unico caso, quello del settore estrattivo, in cui la legislazione non è rientrata all'interno del testo unico sulla sicurezza del lavoro n. 81 del 2008. È l'unica legislazione che è rimasta fuori che, però, nel frattempo non è stata aggiornata, tant'è che in questo momento la gran parte del norme – si chiamano norme di polizia mineraria, il DPR n. 128 del 1959 – non possono essere applicate, in quanto superate sia da dalla tecnica che da un sistema normativo che per altri versi ricade sul settore minerario. C'è una incertezza formidabile in termini normativi anche sulle questioni di polizia mineraria.

  PRESIDENTE. Noi siamo interessati, se potesse inviarci il piano di strategia delle materie prime. Poi eventualmente anche la vostra proposta di legge, quando vi sarete accordati tra di voi. Riteniamo che possa esserci utile, anche ai fini dei nostri lavori e poi eventualmente ogni parlamentare potrà farle proprie, se lo ritenesse opportuno. Per quanto riguarda la domanda del danno ambientale, ci interessa particolarmente. Come giudica il testo unico ambientale, come si interfaccia con la normativa delle miniere e se è uno strumento sufficiente. Faccio un esempio, parlando di inquinamento. Anche quelle 20 miniere delle 120 che sono sospese, si sospendono così? Cioè chiudiamo – come è stato in passato quelle toscane – mettiamo un portone di legno e un lucchetto e arrivederci e grazie? Oppure ci sono degli obblighi e dei controlli stringenti? A noi interessa sapere questo nel dettaglio, visto l'interesse della nostra Commissione.

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Da questo punto di vista la legislazione e gli obblighi non sono cambiati rispetto al '27, è cambiata la sensibilità. Io le posso dire che fino a qualche decina di anni fa – quindi con riferimento alle attività minerarie che creano dei problemi – le procedure per la chiusura mineraria erano quelle di prescrivere la chiusura degli imbocchi con dei muri in cemento armato o addirittura di far saltare con una volata di mine gli accessi per impedire che qualcuno potesse entrare dentro. Dopodiché si recintava il tutto e veniva abbandonato. Questa è una prassi che è stata seguita, secondo me, fino a 30, 40 anni fa. In questo momento la prassi non è più così, oggi per acconsentire ad una chiusura mineraria occorre che vengano rispettate una serie di condizioni che in realtà Pag. 15non sono codificate da alcuna norma, ma sono condizioni normali relative alle competenze da parte dell'organo di vigilanza che deve prendere provvedimenti. In realtà, però, su alcune problematiche oggi è difficilissimo porre rimedio, anche in considerazione di ciò che è stato fatto nel passato. Quando lei ha citato le acque e il discorso del mercurio, lo stesso argomento può essere citato su parecchie altre miniere, per esempio miniere di minerali metallici, soprattutto in presenza di solfuri in cui fuoriescono delle acque acide. Queste acque acide, addirittura hanno dei colori strani, in questo momento non possono essere bloccate in miniera perché è tecnicamente impossibile, quindi debbono fuoriuscire. Non c'è un metodo per bloccarle, per poter mettere in sicurezza la miniera e poterne dichiararne la chiusura, dal punto di vista minerario occorrerebbe certificare che queste acque non siano inquinati, ma ciò non si può fare. Questo è il motivo per cui – però in questo caso, io non ho esperienza diretta – per esempio in Toscana ci sono delle miniere che hanno cessato la coltivazione da molti decenni, ma ancora sono vigenti come titolo minerario perché non si trova la soluzione per poterli chiudere in condizioni di sicurezza. In questo momento parliamo di sicurezza in termini ambientali. Certamente finché non si risolve un problema di sicurezza, la miniera non può essere dichiarata formalmente chiusa.
  C'è da dire che le miniere, facendo parte del patrimonio indisponibile dello Stato, al momento della chiusura dovrebbero essere prese in carico dell'Agenzia del demanio. Chiaramente l'Agenzia del demanio, per prendere l'incarico, vuole che ci siano le condizioni adeguate affinché poi le possa gestire, quindi non accetta la presa in carico di miniere problematiche.
  Pertanto, ci sono delle situazioni non solo in Toscana, ma in molte regioni in cui non si riesce a chiudere una miniera perché non si trova la soluzione tecnica per la sistemazione, a meno che, ad esempio, per le acque questo non implichi la costruzione e la gestione di un impianto di depurazione delle acque che possa funzionare per sempre.
  In Sardegna ci sono dei problemi legati alla risalita delle acque. Vi sono miniere vicine al mare o sotto il livello del mare in cui l'acqua salata risale e, risalendo, l'acqua salata va a inquinare le falde potabili che c'erano una volta, però, non essendoci il vuoto, queste falde erano separate dall'acqua di mare. Oggi questo non è possibile e per tutelare queste acque occorre tenere in funzione in continuazione le pompe per deprimere il livello dell'acqua di mare che entra in miniera.
  In Toscana vi sono anche dei problemi in cui dei villaggi sono stati costruiti a bocca di miniera quando era stata pompata l'acqua del sottosuolo per permettere lo scavo. Alla cessazione dello scavo, l'acqua risale e, risalendo, esce e allaga gli edifici che sono stati costruiti. Anche in questo caso si è obbligati a pompare acqua nei confronti dell'esterno proprio per tutelare le proprietà e per impedire che queste abitazioni vadano a finire a bagno.
  Vi è tutta una serie di problematiche che sicuramente sono nate in tempi in cui c'era meno sensibilità e non si pensava a queste colpe. Oggi è così o almeno dovrebbe essere così, ma credo che lo sia. Oggi se una miniera non dà tutte le garanzie di sicurezza relativamente all'ambiente, non può essere chiusa dal punto di vista formale, restando così in carico al concessionario finché non si riesce a risolvere il problema.

  PRESIDENTE. Io capisco che adesso sia arduo sanare, bonificare e mettere in sicurezza una miniera progettata magari 50, 100 anni fa o anche di più, anche perché all'epoca non c'era la conoscenza ambientale. Premesso che magari tra 100 anni la nostra coscienza ambientale sarà vista come arcaica e molto parziale – almeno me lo auguro –, se si dovesse iniziare una nuova miniera, adesso con la tecnica si può fare quasi tutto, ma ci sono le condizioni per mettere da subito in sicurezza un sito, predisporlo per la chiusura e per non impattare più di tanto l'ambiente oppure ci sono e costano talmente tanto che sarebbe antieconomico metterle in campo?

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  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Le condizioni ci sono. Oggi con l'obbligo di progettazione di un'attività e con l'obbligo di valutazione dell'impatto ambientale – le miniere hanno tutte quest'obbligo –, tutte le problematiche ambientali devono emergere preliminarmente. Con le procedure di oggi sarebbe impossibile che si verifichino delle situazioni come quelle che stiamo vivendo relativamente al passato.
  Consideri che la legge mineraria del 1927 prevedeva per l'apertura di una cava una semplice comunicazione al distretto minerario e per l'apertura di una miniera una concessione senza nessun progetto. In realtà si davano le concessioni come nel Far West: si delimitava un territorio e di anno in anno il concessionario comunicava alla loro vigilanza quello che doveva fare. Tuttora è così.
  C'è stata una innovazione nel 1994 con il decreto 382 che per la prima volta ha previsto un progetto, mentre il recupero ambientale per le miniere è stato previsto all'inizio degli anni Novanta. Quindi fino a quella data non era previsto né un progetto di coltivazione né un progetto di recupero ambientale. Chiaramente i risultati poi sono quelli che abbiamo davanti agli occhi, ma oggi non potrebbe più succedere. Inoltre, oggi c'è una sensibilità diversa da parte delle popolazioni, delle amministrazioni locali e anche della pubblica amministrazione. Secondo me il passato non si può più ripresentare.

  PRESIDENTE. Per quanto riguarda le cave, per esperienza mi riferisco al comune di Roma che in alcuni territori ha diverse cave che di fatto sono abbandonate, nel senso che il privato le ha sfruttate, doveva fare il ripristino ambientale, il comune ha mandato la classica letterina: «Deve ripristinare», ma magari la società è fallita. Così passano i decenni e la cava rimane un cratere a cielo aperto, salvo poi qualcuno, come è successo anche a Roma, che si inventa di trasformarlo in una discarica. Infatti, ci sono stati anche degli arresti e abbiamo seguito la vicenda. C'è una casistica del ripristino ambientale legato alle cave? Avete fatto uno studio di quanto questa problematica sia molto diffusa in tutta Italia e di quali sono i problemi principali per i quali, pur dovendo farlo per legge, questo non viene fatto e nessuno ha la forza o la strumentazione per obbligare a farlo?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Comincio con il dire che un vuoto di cava è un attrattore di rifiuti. Se c'è un vuoto di cava, c'è qualcuno che pensa di riempirlo con dei rifiuti. Questo è un dato di fatto che vale per tutta l'Italia e non solo per Roma.
  Perché ci sono questi vuoti? Molti di questi vuoti ci sono proprio perché la legge prevedeva che si potesse scavare con una semplice comunicazione. Naturalmente molti di questi vuoti risalgono a tanti anni fa e non sono quelli recenti. Allora non c'era la possibilità per la pubblica amministrazione di intervenire in maniera differente.
  Le cose sono cominciate a cambiare quando negli anni Ottanta le competenze in materia di cave sono passate alle regioni e le singole regioni hanno cominciato a farsi le loro leggi, cercando di evitare queste situazioni. I buchi molto vecchi sono quasi giustificati dalla legge. Nessuno lo chiedeva e così andava bene per tutti.
  Quando, invece, sono entrate in vigore le leggi, chiaramente il fenomeno non si è esaurito, ma certamente non era così eclatante come era in passato quando la legge non c'era. Perché non si è esaurito?
  Probabilmente perché le regioni erano alle prime armi e forse almeno all'inizio i funzionari non avevano le competenze che sarebbe stato opportuno avessero per gestire un discorso legato a queste tipologie di recupero. Inoltre, ci sono stati dei fallimenti che hanno lasciato le attività a mezza strada e senza recupero.
  In realtà un vuoto di cava in pianura, si può recuperare solo riempiendolo. Se non lo si riempie, o qualcuno ci mette qualcosa o in ogni caso diventa una pozza, un piccolo lago che anche in questo caso diventa un problema, perché diventa un punto di debolezza e di contatto tra l'esterno e le Pag. 17falde sottostanti, che magari sono pregiate, e quindi si veicola l'inquinamento delle acque superficiali anche nel sottosuolo.
  Perché oggi succede ancora? I motivi sono tantissimi. Il motivo principale è che forse c'è qualche errore da parte della pubblica amministrazione, nel senso che non si dovrebbero autorizzare cave a fossa che restino a fossa. Talvolta si autorizzano queste cave con l'impegno da parte dell'imprenditore a riempirle con materiale inerte, con materiale idoneo per i riempimenti, secondo quello di cui abbiamo parlato anche all'inizio di questo colloquio.
  Come soluzione teoricamente questa sarebbe abbastanza ragionevole, ma ciò che fa crollare l'impalcatura è che a fine coltivazione il cavatore non ha più nessun interesse a spendere soldi per andarsi a cercare il materiale che probabilmente non è disponibile, poiché è molto difficile trovare in giro del materiale idoneo per riempimenti di una cava. Anche se questo è previsto in progetto, a me è capitato di vedere delle cave che non si sono potute chiudere, perché fisicamente non c'era disponibilità di questo materiale.
  È vero che tutte le leggi regionali prevedono la fideiussione: in caso di abbandono di un vuoto di cava da parte del cavatore – vuoto di cava di cui era previsto il riempimento –, la regione o la provincia, qualora la regione avesse delegato alla provincia stessa queste attività, dovrebbe escutere la fideiussione e quindi provvedere lei in sostituzione del cavatore a riempire e ripristinare la cava.
  Il discorso è più facile a dirsi che a farsi, in primo luogo perché molto spesso le fideiussioni calcolate non riescono a coprire i costi del ripristino e in secondo luogo perché s'instaura un contenzioso giudiziario che si trascina per anni e anni e che porta tutto quasi nel dimenticatoio.
  Io ho citato qualche caso, ma certamente ce ne sono anche di diversi. Oggi c'è molta attenzione a fare in modo di non autorizzare più delle cave che possano rimanere vuoti e che vanno riempite, ma il problema è che molto spesso il materiale di riempimento non si trova. Secondo me avrebbe già previsto sin dall'inizio dove andare a prendere questo materiale, ma non è una cosa molto facile.
  Poi vi è il discorso della fideiussione che, come dicevo prima...

  PRESIDENTE. Ci stiamo occupando del tema delle fideiussioni, quindi possiamo già tranquillamente dire che è un sistema che non funziona e che non dà garanzie per una serie di motivi.

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Diciamo che non funziona perfettamente.

  PRESIDENTE. Nella pratica non funziona. Inoltre, c'è un altro problema, perché lo strumento delle fideiussioni, a prescindere dal suo funzionamento o meno, è un'istituzione recente. Molte delle cave in genere partono decenni e decenni fa e probabilmente non hanno le fideiussioni.
  Noi stiamo facendo una stima sulle fideiussioni delle discariche e le assicuro che abbiamo trovato delle cose grottesche. Sarebbe un lavoro quasi impossibile da fare e non oso immaginare cosa ci sia invece dietro le fideiussioni delle cave attuali, ma anche di quelle passate.
  Ad ogni modo, attualmente che strumenti normativi ci sono? Perché se lei mi dice che le cave e le miniere hanno un regolamento vecchio, come si regolano le regioni per avere delle garanzie? Se le regioni già fanno difficoltà a regolarsi quando c'è una legge fatta bene, figuriamoci quando invece c'è una legge vecchia o un'articolazione di varie di varie leggi. Quali strumenti adesso può avere l'amministrazione locale per tutelarsi? Quali sono questi strumenti? Se non ci sono – il che è grave – cosa si può fare per introdurli?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). In questo momento in realtà tutte le regioni si sono dotate di una legge che prevede l'obbligo della fideiussione. Il discorso oggi sarebbe potenzialmente ridotto.Pag. 18
  Forse è sulla gestione della fideiussione che io ho qualche riserva, nel senso che talvolta la fideiussione non è sufficiente a garantire il recupero oppure causa un contenzioso e la fideiussione non può essere escussa per un tempo indefinito.
  Per quanto riguarda le miniere, le posso dare un esempio: circa dieci anni fa il Consiglio di Stato ha annullato un provvedimento di conferimento di una concessione mineraria in cui chiedeva la fideiussione, dicendo: «La fideiussione non è prevista dalla legge, non la potete chiedere.». Dieci anni fa il settore di miniera aveva dei grossi problemi sulle fideiussioni.
  Oggi le regioni, a cui è stata trasferita la competenza anche in materia di miniere, hanno legiferato per estendere l'argomento fideiussorio dalle cave alle miniere, quindi in questo momento anche per le miniere viene chiesta la fideiussione, ma questo avviene da pochissimo.

  PRESIDENTE. Il problema sono quelle che sono abbandonate da decenni, i cui proprietari e società probabilmente neanche esistono più. Faccio fatica a credere che ci siano degli istituti che possono rilasciare a riguardo delle fideiussioni. Ad ogni modo, cosa si può fare per evitare questo?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Io sono stato per 40 anni nell'amministrazione e sono dirigente per 25 anni, quindi mi sono fatto una mia idea. Una cosa importante è una buona amministrazione, perché è questo quello che in qualche modo giova alla collettività. Occorre che nella pubblica amministrazione ci siano persone competenti – che siano oneste è un requisito essenziale – e che siano in grado di valutare effettivamente i progetti e, valutando i progetti, capire cosa ci può essere dietro che non funziona.
  Inoltre, occorre tenere sotto controllo la parte esecutiva del progetto stesso, perché il progetto per questa tipologia di attività è un progetto che è fatto sui dati del terreno e sui dati della circolazione delle acque che sono non del tutto conosciuti, perché in realtà il giacimento si conosce solo quando è stato esaurito. Infatti, questa è un'affermazione che circola molto tra gli ingegneri minerari.
  Occorre esaminare i progetti e la valutazione ambientale in modo accurato e adeguato, perché oggi a mio avviso, almeno per quanto riguarda il settore della cava, la parte normativa è corretta. Più o meno tutte le regioni si sono allineate con gli stessi criteri: la pianificazione delle cave è fatta con dettaglio in tutte le amministrazioni, tutte quante richiedono le autorizzazioni con dei progetti che prevedono il recupero ambientale, la valutazione di impatto ambientale si fa per quasi tutte le cave, salvo quelle eccezioni previste dalla legge. Io sono convinto che l'amministrazione conti molto e non vedo cosa si potrebbe fare ulteriormente per quanto riguarda le leggi.
  Voglio segnalare che la settimana scorsa la regione Lombardia ha approvato una legge sulle cave che io veramente considero avveniristica, perché in qualche modo affronta ulteriormente questi problemi. L'ottica della legge è lavorare, soprattutto facendo attenzione ai princìpi dell'economia circolare, ai princìpi della riduzione del consumo di suolo e ai princìpi del non arrecare danno alla collettività, ma la legge è fatta bene.

  PRESIDENTE. Che senso ha delegare un argomento così complesso alle singole regioni e non farsene capo a livello nazionale, compresa anche la questione delle miniere?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Questo è un punto molto delicato, perché secondo me è giusto delegare, ma non è opportuno delegare tutto. Per esempio, tutti i controlli di sicurezza che riguardano il rispetto di una legge nazionale avrebbero dovuto rimanere di competenza dell'amministrazione statale, però l'amministrazione statale c'era fino all'anno 2000. Fino al 2000 io ero dirigente del Ministero dello sviluppo economico e dal 2001 sono passato in regione. Pag. 19Oggi lo Stato non ha le strutture per riprendersi le eventuali competenze. Per questo motivo dovrebbe o creare delle nuove strutture – creare una struttura non è semplice – oppure istituire una struttura, andando a pescare all'interno della regione.

  PRESIDENTE. Almeno delle linee guida o delle leggi soprattutto sulle miniere che siano della massima uniformità e, a parte gli adempimenti burocratici, con poche autonomie regionali. A mio avviso ci deve essere una linea guida maestra dello Stato.

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Io sono d'accordo con lei, tant'è che fino al 2000 noi avevamo un corpo di circolari che ci guidavano molto sul lavoro. Naturalmente le condizioni erano diverse da quelle di adesso, così come gli obiettivi, però avevamo una guida nazionale per cui tutti gli uffici si comportavano sostanzialmente nello stesso modo. È evidente che quando la guida nazionale è cessata... Adesso, nonostante non sia il mio compito, faccio delle considerazioni di tipo politico, perché il Ministero dello sviluppo economico non ha avuto più interesse a occuparsi del settore estrattivo. Non è che non poteva, non lo ha fatto e ha accentrato tutto il suo interesse sul settore degli idrocarburi, perché gli idrocarburi giuridicamente sono anch'essi delle miniere e rispondono alla stessa norma, anche se poi hanno delle trattazioni particolari con alcuni decreti legislativi specifici per il loro settore, ma concettualmente sono delle miniere, come sono delle miniere le concessioni geotermiche e le acque minerali.

  PRESIDENTE. Per riassumere. Perché vi è stata questa rinuncia a governare il mondo delle miniere e il mondo estrattivo? Perché è un retaggio degli ultimi decenni, dove vi era abbondanza di materiale in ogni dove e anche all'estero e quindi abbiamo detto: «È un settore che non è più così importante» oppure c'è dell'altro?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Secondo me, ma è una mia sensazione. Lo stato nel 2016, avendo perso tutti gli uffici periferici che sono stati trasferiti alla regione, ha perso il polso della situazione, perché non era più in grado di controllare lo sviluppo del settore estrattivo, non avendo più gli strumenti. I funzionari ministeriali del settore estrattivo si sono trovati con gli occhi chiusi, perché interloquivano con le regioni, ma le regioni avevano il coltello dalla parte del manico, poiché potevano fornire le informazioni che riteneva opportune e il Ministero non aveva nessun diritto a chiederle perché la competenza era stata trasferita alle regioni. Dopodiché c'è stato un depauperamento degli uffici ministeriali, per cui chi è andato in pensione non è stato sostituito e oggi a livello ministeriale ci sono pochissimi funzionari che hanno delle competenze minerarie e che, secondo me, avrebbero delle difficoltà anche a riprendere in mano la gestione del settore delle materie prime.
  Quello che sarebbe opportuno – questa è una mia idea personale – è che noi dovremmo copiare dai tedeschi e dai francesi, istituendo a livello nazionale un'agenzia sulle materie prime che a questo punto avrebbe un obiettivo e anche le competenze per poter gestire pienamente il settore estrattivo.
  Naturalmente le regioni dovrebbero mantenere la loro competenza per quanto riguarda le autorizzazioni di cava, poiché credo che sia impensabile che vengano trasferite. Basterebbe che il Ministero possa dare delle direttive o delle linee guida.

  PRESIDENTE. Io ho un'ultima domanda. Prima lei diceva giustamente che, secondo il buonsenso, una volta lasciata abbandonata una cava, la soluzione logica è quella di riempirla con materiale inerte, a meno che non si voglia fare un lago o un laghetto.
  Tuttavia, spesso e volentieri, più che dal punto di vista degli inerti – a volte vi sono problemi in cui gli inerti sono falsi inerti, tant'è vero che poi si prevede il recupero del percolato o cose simili – vi è la tentazione di trasformarla in altro tipo di rifiuto pericoloso oppure urbano, che tutto è tranne che inerte. Quali sono le problematiche Pag. 20tecniche, visto che scavando si toglie tutta la barriera naturale che, oltre a quella artificiale, dovrebbe esserci? Come si fa tecnicamente, visto che la barriera naturale viene completamente tolta e addirittura spesso si arriva quasi a contatto con la falda?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Dal punto di vista della legge – adesso mi sto occupando del piano cave del Piemonte – il piano cave imporrà – già lo prevede adesso, ma su valori inferiori – che ci sia uno strato di cinque metri che tuteli la falda sottostante, quando si va a scavare in falda.
  Devo confessare che ci sono dei problemi obiettivi, poiché effettuare un controllo in una cava in falda su quanto si vada in profondità, se un metro più o un metro meno, non è una cosa facile. Inoltre, ci sono delle tecniche di scavo poco corrette che vanno a scavare un po' più in profondità di quello che si dovrebbe, poiché fanno scoscendere i lati dello scafo in modo da disgregare la parete ed estrarre più facilmente la sabbia. Una volta asportate le barriere e messa in contatto la falda con la parte soprastante potenzialmente inquinante, io da tecnico non conosco soluzioni valide, a meno che non si voglia arrivare di nuovo riempire il sito con materiale argilloso, ma sarebbe un discorso complicato.
  Questi sono dei danni che, per quanto posso pensare io, rischiano di trasformarsi in danni irreversibili.

  PRESIDENTE. Visto che la direttiva europea prevede che per una discarica di non inerti, ma di materiale urbano o percolante, oltre alla barriera artificiale, ci dovrebbe essere a supporto anche quella naturale, nel caso in cui in una cava la barriera naturale sia stata completamente eliminata, non dovrebbe essere vietato costruire una discarica di altro materiale che non sia inerte?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Prima mi riferivo alle cave in falda, dove vi è la falda soprastante e vi sono delle difficoltà a controllare il sottosuolo.
  Invece, per quanto riguarda le cave a fossa e a secco, quindi in assenza di acqua, in quel caso si può ricostituire la protezione naturale, portando dell'argilla che abbia delle caratteristiche di permeabilità adeguate – 10 alla meno 7 – previste dalla legislazione ambientale.
  Io non mi occupo di discariche, quindi non so rispondere pienamente alla sua domanda se sia legittimo o non sia legittimo. Tuttavia, posso dire che in questo caso ci sono gli strumenti tecnici e naturali perché io possa ricostruire una barriera di protezione che inopinatamente ho asportato.

  LUCA BRIZIARELLI. Una domanda che mi era sfuggita e un'altra che mi ha sollecitato lei con uno dei passaggi che ha fatto. In primo luogo, potremmo definire parte delle miniere abbandonate e delle discariche minerarie dei siti orfani un po' come avviene con le discariche di rifiuti? Se sì, varrebbe la pena avere una mappatura dell'individuazione di risorse, magari anche attraverso il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) per le bonifiche? C'è un rischio ambientale?
  In secondo luogo, lei ha fatto un passaggio interessante nel richiamare la situazione italiana e nel metterla in relazione con quella europea sul ritardo cronico normativo, ha detto che, per esempio, in materia di sicurezza mineraria sul piano del lavoro – se ho ben capito – siamo fermi alla normativa del 1959, mentre tutto il resto è finito in un testo unico del 2008, ovvero quello sulla sicurezza del lavoro.
  Se possibile, vorrei un approfondimento su questo per capire, qualora ne sia a conoscenza e possa esprimere un giudizio, quale sia stata la ratio che ha portato – lei lo ha sottolineato due volte – a far sì che questo fosse l'unico settore escluso e se ci siano la necessità, l'utilità e le condizioni per eventualmente agire in questo momento affinché ci sia una revisione, un allineamento e un eventuale inserimento in quel testo della normativa di riferimento di settore.

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  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Rispondo per le mie conoscenze che vanno al di là di un discorso strettamente tecnico. Da quello che è stato detto a me, al momento dell'emanazione del testo unico sulla sicurezza del lavoro c'era un problema di far presto per questioni di Governo – credo che le Camere fossero già sciolte –, bisognava agire molto in fretta e due problematiche erano sospese. Le problematiche erano relative ai cantieri temporanei immobili, quindi le costruzioni civili, e ai cantieri minerari. Non essendoci tempo per elaborare entrambi e inserirli nel provvedimento, sono stati scelti i cantieri temporanei immobili invece di quelli minerari. Questo è quanto mi hanno raccontato. Potrebbe essere ragionevole, però non sono sicuro che sia andata così. Tuttavia, non c'è stato un motivo particolare per non affrontare il problema minerario, anche perché le normative minerarie e le normative della restante attività risalivano tutte più o meno al periodo tra il 1955 e il 1960, quindi avevano la stessa età delle norme sulla polizia mineraria.
  Secondo me è stato semplicemente questo. Probabilmente, avendo perso il passaggio utile, evidentemente non sono più passati altri treni e il discorso è rimasto sospeso.
  In realtà nella proposta di legge di cui parlavo, messa a punto dall'ANIM, c'è anche la soluzione a questo problema, però si vedrà, se avrà successo la proposta.
  Per quanto riguarda, invece, la prima parte del discorso riguardante le cave, le confesso che mi sta sfuggendo. Me lo può ricordare un momento?

  LUCA BRIZIARELLI. Lei ci ha fornito dei dati. Nei dati forniti ha parlato anche dei siti abbandonati e delle discariche minerarie. Da questo punto di vista, la domanda era in che condizioni sono quelli abbandonati. Ci sono dei rischi a livello ambientale? Questo glielo avevo già chiesto prima, sto rimettendo in fila le due volte in cui l'ho chiesto.
  Ad esempio, in materia di discariche di rifiuti abbiamo il tema dei siti orfani derivanti dalla normativa precedente, quando magari non c'erano degli obblighi. Non è che sia colpa di qualcuno, poiché sono siti su cui non ha competenza nessuno, ma che rappresentano comunque un rischio sul piano ambientale.
  La domanda è: in tema di cave, di miniere abbandonate o di discariche minerarie ci sono situazioni a rischio potenziale fra quelle abbandonate e censite a cui faceva riferimento? Avrebbe senso, oppure no, immaginare un percorso di mappatura e di intervento a carico dello Stato per quei siti allo stato attuale per fallimenti o per tutta una serie di situazioni e criticità?

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Diciamo che molti dei 2660 siti censiti dall'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) in realtà di oggi non c'è più traccia, perché la natura ha fatto il suo corso e si è ripresa il territorio.
  Naturalmente ci sono una serie di siti – non stiamo parlando solo di discariche, bensì sia di siti di scavo sia di impianti – che abbisognerebbero di interventi che in questo momento nessuno attua, perché sui siti abbandonati non c'è alcuna competenza. Anche l'Autorità mineraria delle regioni non si occupa dei siti abbandonati, perché si occupa esclusivamente di quelli in esercizio. Da questo punto di vista, le dico che ci sono siti con problemi di questo tipo.
  Per quanto riguarda gli impianti, alcuni impianti avrebbero bisogno di qualche intervento di bonifica o di asportazione di materiale chimico che è rimasto imposto dopo la dopo la chiusura. Naturalmente si tratta di siti ormai estremamente degradati, per cui anche fare un intervento di bonifica risulta piuttosto complesso.
  Per quanto riguarda i siti di scavo, abbiamo un'importante eredità negativa – fino ad adesso non ne abbiamo parlato – derivante dal fatto che molto spesso questi scavi sono stati condotti in modo non corretto dal punto di vista dell'ingegneria mineraria. Ad esempio, i vuoti di coltivazione sono stati spinti a quote molto vicine a quella del suolo, per cui il fianco che è rimasto man mano si indebolisce perché la Pag. 22natura tende a richiudere i vuoti sotterranei.
  Ad esempio, in Lombardia mi sono occupato spesso di queste problematiche di siti che crollano, mettendo anche in pericolo le persone. In questo caso la regione si è presa carico e ha fatto anche degli interventi, come talvolta li ha fatti il comune perché erano su terreni comunali. Questo è uno dei problemi.
  Un problema abbastanza serio è quello della fuoriuscita delle acque acide o delle acque inquinate dalle miniere, che sono quelle di cui abbiamo anche parlato.
  Ci può essere un problema legato alla possibilità di accumuli di acque nel sottosuolo – cosa che avviene normalmente – che in situazione di crolli possono spingere con violenza l'acqua fuori dai vuoti sotterranei. Anche questo è un problema che io ho affrontato e ci sono stati degli incidenti che fortunatamente non hanno mai provocato delle vittime.
  Ricordo un incidente emblematico in una spiaggia in Sardegna: si ruppe la barriera che tratteneva le acque all'interno della miniera stessa, queste acque irruppero nella spiaggia e non colpirono i bagnanti solo per una questione di fortuna. Tra l'altro, l'acqua uscì insieme a tutta una serie di travi e tutto quello che c'era in miniera è stato trasportato fuori. Abbiamo questi problemi.
  Problemi effettivi d'inquinamento ambientale – parliamo di sostanze chimiche – sono da riscontrare soprattutto per quanto riguarda le discariche. Ricordo che circa venti di anni fa il Ministero dell'ambiente aveva destinato, in quanto previsto da una legge, alle regioni dei fondi per intervenire e risolvere queste problematiche. Era qualche milione di euro, non era molto, ma qualcosa abbiamo fatto. Ricordo in Lombardia cinque o sei attività un po' più problematiche.

  PRESIDENTE. La ringrazio per la lunga analisi fatta in questa audizione. Aspettiamo volentieri quel materiale che dicevamo prima, se ce lo vuole inviare, ed eventualmente se abbiamo qualche specifica richiesta o domanda da chiederle, la contatteremo volentieri. Intanto la ringrazio e se volete mandarci questo materiale, a noi fa piacere.

  DOMENICO SAVOCA, Presidente dell'Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (intervento da remoto). Sarà mia cura e anche mio piacere farlo. Io ringrazio voi per avermi ascoltato pazientemente per un paio di ore.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio e dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 15.40.