XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Mercoledì 27 ottobre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, della Presidente dell'Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia (AIMMF), Cristina Maggia:
Cavandoli Laura , Presidente ... 3 
Maggia Cristina , presidente dell'Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia (AIMMF) ... 3 
Cavandoli Laura , Presidente ... 10 
Maggia Cristina , presidente dell'Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia (AIMMF) ... 10 
Cavandoli Laura , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, della Presidente dell'Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia (AIMMF), Cristina Maggia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza della presidente dell'AIMMF (Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia), la dottoressa Cristina Maggia che ringraziamo per la cortese disponibilità. Ricordo che la dottoressa Maggia è presidente del tribunale per i minorenni di Brescia ed è intervenuta sui temi della giustizia minorile con numerosi contributi anche sulle recenti riforme.
  L'audizione di oggi dovrebbe consentire di acquisire un punto di vista complessivo e documentato di particolare interesse per la nostra inchiesta. L'attività dei tribunali per i minorenni si interseca, infatti, sia con l'attività dei servizi sociali e più in generale con l'individuazione di situazioni di rischio sia con il collocamento dei minori e il relativo monitoraggio. Le questioni aperte sono numerose anche con riferimento alle riforme in discussione presso la Camera dei deputati, sulle quali la Commissione è certamente interessata ad acquisire il punto di vista della nostra audita, fermo restando che i compiti della Commissione non sono legislativi ma di inchiesta.
  Prima di lasciare la parola alla dottoressa Maggia, ricordo che una delle priorità della Commissione è proseguire gli approfondimenti su tre aspetti, di cui l'articolo 3, comma 1 della nostra legge istitutiva: verificare i provvedimenti emessi dai tribunali dei minorenni; verificare le modalità operative dei servizi sociali di primo e secondo livello e il loro ruolo nel processo; verificare l'esito attuativo dei provvedimenti emessi dai tribunali per i minorenni ai sensi degli articoli 330, 332 e 333 del codice civile e dell'articolo 38 delle disposizioni per l'attuazione del Codice civile, dalla data di entrata in vigore della legge di riforma n. 219 del 2012.
  Per la Commissione sarebbe assai utile proseguire su questi punti un'interlocuzione con l'Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, anche al di là della presente audizione.
  Prima di lasciare la parola alla dottoressa Maggia, faccio presente che alle 14.40 dobbiamo interrompere l'audizione. Ho già chiesto la disponibilità alla dottoressa per poterle trasmettere delle domande scritte ai fini di un'eventuale risposta per iscritto, ma anche, se ci fosse la richiesta da parte della Commissione, di fare un completamento di questo intervento.
  Lascio la parola alla presidente dell'Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia.

  CRISTINA MAGGIA, presidente dell'Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia (AIMMF). Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Mi complimento con la presidente per questa introduzione e per la ricchezza dei temi che ha Pag. 4sfiorato, che denota una grande sensibilità e una grande attenzione.
  Vi parlo come giudice minorile ormai attempata, nel senso che ho iniziato a occuparmi di questa materia nel 1993. Sono stata giudice al tribunale per i minorenni di Genova, poi un sostituto procuratore, poi procuratore per minori e ora sono presidente del tribunale per i minorenni di Brescia. Ho potuto sperimentare questo lavoro in un lungo arco di tempo anche con differenti modifiche legislative che sono intercorse.
  Faccio una breve premessa rispetto alla ragione di questa grande attenzione al comparto della messa in protezione dei minorenni, che per un certo verso è sicuramente positiva per riuscire finalmente a capire come funziona questo sistema, che è piuttosto sconosciuto e di facile strumentalizzazione.
  Sapete meglio di me che questa attenzione particolare è nata dopo la grande esplosione mediatica data dalla vicenda di Bibbiano, che ha introdotto una campagna distruttiva senza precedenti sul comparto della tutela dei minori senza mai operare dei distinguo, prescindendo da qualunque ragionamento e utilizzando spesso degli slogan che non avevano poi un riscontro reale nella realtà.
  Credo che per parlare con cognizione di causa si debbano prima esplorare i comparti di cui si vuole parlare, analizzare le fonti di conoscenza per valutarle alla luce di plurime angolature, perché la realtà non è mai semplice e spesso tendiamo a semplificare ciò che invece è estremamente complesso. Una modalità comunicativa emotiva non risponde alle esigenze della tutela dei minori.
  L'associazione che rappresento – sono stata vicepresidente per sei anni e da pochi mesi sono anche presidente – ha una tradizione di collaborazione antica. Credo che da almeno 15 anni siano state proposte negli anni una serie di riforme sul rito, quindi riforme di natura processuale che garantissero il rispetto del contraddittorio, contraddittorio che esiste ormai dalla modifica dell'articolo 111 della Costituzione, risalente al 2001.
  Nel 2013 la nostra associazione propose l'istituzione di un tribunale per i minorenni e per la famiglia costruito sulla falsariga dei tribunali di sorveglianza che contemperasse quelli che secondo noi sono i pilastri della giustizia minorile, che sono la collegialità e la multidisciplinarietà.
  Purtroppo la riforma di cui lei ha parlato, e in relazione alla quale sono stata sentita stamattina dalla Commissione giustizia della Camera, al di là del titolo non somiglia per niente a quella che noi avevamo proposto e a mio parere – non solo mio – presenta problematiche importanti, tanto che non soltanto l'AIMMF ha cercato di sollecitare una riflessione più accurata, ma sono intervenute anche richieste e pareri negativi, oltre a quello del CSM (Consiglio superiore della magistratura) e dell'Associazione Nazionale Magistrati, di associazioni del terzo settore che si interfacciano con le autorità giudiziarie minorili nell'opera di accoglienza e tutela dei soggetti minorenni. Speriamo che ci si fermi un attimo a riflettere, perché riforme di questa portata non si possono portare a termine in pochi mesi senza un'analisi dei dati e senza un confronto con chi ci lavora.
  Detto questo, vengo al cuore della richiesta che mi è stata fatta. Partiamo dall'articolo 3, lettera b, che impone alla Commissione di verificare il numero dei provvedimenti emessi dai tribunali per i minorenni, ai sensi degli articoli 330, 332 e 333 del codice civile, eccetera. È inutile che ve lo legga per intero.
  Non sono in grado di darvi i numeri nazionali di questi provvedimenti. Mi soffermerei in particolare sugli allontanamenti che sono il dato più difficile, più sensibile e più doloroso.
  Come è noto, le fonti di conoscenza dei minori fuori famiglia nel sistema nazionale sono fonti diverse e sono: il Ministero del lavoro e delle politiche sociali; i dati forniti dall'Istat a fine 2017; i dati forniti dall'Autorità garante dell'infanzia e dell'adolescenza a fine 2019 anche con l'aiuto e la collaborazione degli uffici di procura minori di tutta Italia. Questi risultati non sembrano fra loro omogenei, perché le fonti da cui sono stati attinti sono differenti. Pag. 5Questa disomogeneità ci interroga sulla necessità di costruire un sistema integrato capace di fornire informazioni che siano attuali e concordanti.
  In ogni caso, anche facendo riferimento al rapporto del 2020 del gruppo CRC (Convention on the rights of the child), cioè l'Osservatorio sulla convenzione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, quello che emerge è che la situazione italiana quanto ai minori fuori famiglia, nonostante la varia origine dei dati che abbiamo, appare decisamente meno critica di quella di altre nazioni europee.
  Proprio sull'onda delle notizie a cui facevo prima riferimento e a quella terribile campagna mediatica di cui tutti noi che lavoriamo in maniera il più possibile attenta, umile e seria abbiamo sofferto tantissimo, a valle di tutte quelle notizie così violente il Ministro Bonafede istituì una squadra chiamata «Squadra speciale» composta da vari personaggi del settore, a cui prese parte anche l'ex presidente dell'AIMMF, la dottoressa Pricoco e in rappresentanza dell'Associazione Nazionale Magistrati partecipò anche la mia collega Silvia Albano. Venne fatto un lavoro di raccolta dei dati da tutti gli uffici giudiziari, i tribunali ordinari e i tribunali per i minorenni per verificare quello che si diceva di questo numero esagerato di allontanamenti. Fu predisposto un questionario, però purtroppo devo dirvi che, siccome è l'unico ufficio giudiziario che non ha il processo civile telematico – poiché abbiamo un sistema informatico risalente alla fine del 1900 sul quale, essendo già obsoleto quando è stato installato, non è mai stato fatto nessun lavoro di aggiornamento né di formazione – è stato un lavoro difficilissimo quello di fornire al Ministro i dati che ci aveva chiesto, ma ci siamo sentiti in obbligo e molto interessati a darli, tant'è che ogni tribunale ha dovuto ricorrere a sistemi artigianali.
  In particolare, siccome i miei giudici sono troppo gravati da tantissimo lavoro, ho personalmente dovuto spulciare tutti i brogliacci delle camere di consiglio del periodo in questione per verificare quali decisioni erano state prese, perché nel nostro sistema informatico non è prevista la possibilità di indicare se un minore è stato collocato in comunità, in affido familiare o all'interno della sua famiglia allargata.
  Anche i miei colleghi presidenti sono dovuti ricorrere a sistemi analoghi, ma il risultato è stato assolutamente rasserenante, nel senso che i numeri dei minori allontanati sono risultati addirittura inferiori a quelli del rapporto CRC a cui facevo riferimento.
  In base a quel rapporto la percentuale italiana di allontanamento dalla famiglia è dell'1,4 per mille, mentre i numeri francesi sono il 10,4 per mille, i tedeschi 10,5 per mille, gli inglesi 6,1 per mille e gli spagnoli 4,4 per mille. Questa magistratura minorile italiana che strappa i bambini dalle loro case non esiste.
  La stessa richiesta è stata formulata proprio un mese fa dalla Ministra Cartabia – credo debba essere sentita o è già stata sentita – che ci ha chiesto i dati degli ultimi due anni, perché i dati che avevamo consegnato al Ministro Bonafede terminavano nel 2019. Abbiamo fornito i dati del periodo che va dal primo luglio 2019 al 30 giugno 2021, anni purtroppo connotati dal periodo della pandemia che non è stato un periodo semplice.
  Posso dare un risultato legato a quello del mio distretto che è quello di Brescia, dove incidono le province di Bergamo, Brescia, Mantova e Cremona. È un territorio estremamente popoloso ed estremamente popolato da 135 etnie. Ci sono famiglie che risiedono in questo territorio e provengono dall'Estonia alla Thailandia e all'Africa subsahariana. Sono famiglie che hanno tutte una situazione di decoro esistenziale, nel senso che hanno lavoro e abitazione, ma ci sono terribili problematiche di tipo culturale che si riversano nei fascicoli che sono alla nostra attenzione.
  Nei dati bresciani si è riscontrata una stabilità degli allontanamenti rispetto al periodo precedente. In particolare posso dirvi che su 7.593 provvedimenti civili de potestate abbiamo disposto solo 477 allontanamenti, al netto dei minori stranieri non accompagnati.Pag. 6
  Il punto sul quale vorrei soffermarmi è quindi la necessità di istituire una banca dati nazionale che non sia come la banca dati dei bambini adottabili che non è mai partita e non funziona – è stata istituita con la legge 149 del 2001 e non funziona nonostante siano passati venti anni –, bensì che sia seria e che raccolga con modalità omogenee i dati che possano fornire un feedback realistico della situazione.
  Credo che il numero dei provvedimenti emessi dai tribunali possa risultare dai dati del Ministero. Io non ne sono in possesso e non mi sono neanche data da fare per cercarli, ma immagino che abbiate poteri superiori al mio.
  Per quanto riguarda la lettera d dell'articolo, che riguarda l'esito attuativo dei provvedimenti emessi dai tribunali per i minorenni, non credo che esistano dati su questo punto. Devo precisare una cosa. Chi è che esegue i provvedimenti dei tribunali per i minorenni? I servizi sociali. La realtà dei servizi socio-sanitari italiani è assolutamente difforme da un territorio all'altro, caratterizzata in maniera omogenea da una generalizzata carenza di personale e di risorse, anche perché purtroppo negli ultimi venti anni si è assistito a un continuo depauperamento del comparto del welfare, e questo ovviamente non può non avere delle ricadute anche sul nostro lavoro.
  In ogni caso le risorse e i bisogni sono profondamente diversi da territorio a territorio. Naturalmente, come è facile comprendere, il Nord dispone di maggiori risorse rispetto al Sud sia in termini di esistenza di servizi che di possibilità di costruzione di percorsi riparativi per le famiglie fragili e poi eventualmente di inserimento comunitario o di inserimento in affido familiare dei minorenni.
  Nonostante questa maggiore dovizia di risorse economiche, a mio parere anche il Nord presenta una serie di criticità che sono legate alla grande frammentazione di questi servizi, nel senso che in una regione come la Lombardia che pullula di comuni molto popolosi, ogni zona, ogni comune e ogni gruppo di comuni ha una modalità diversa di organizzare i servizi di tutela minori, rendendo difficilissimo dialogare con loro da parte del tribunale per i minorenni.
  Il tribunale per i minorenni ha l'obbligo di mettersi in rete con i servizi preposti per concordare prima di tutto modalità preventive del disagio e strategie di intervento che siano legate alle esigenze dei territori. Questo non è semplicissimo laddove ogni ente territoriale si organizza in modo diverso e quindi non si riesce mai ad avere un'uniformità di modalità di azione.
  Io ho lavorato tanti anni in Liguria. La Liguria, che è molto meno ricca della Lombardia – anzi, è decisamente povera – ha una struttura dei servizi più facile, omogenea e ripetuta nelle province che compongono il distretto della Corte d'appello di Genova. La Lombardia è molto faticosa da questo punto di vista, anche se le risorse non sono poche.
  D'altro canto l'intervento che si svolge nelle città più grandi non è paragonabile a quello che attiene ai piccoli comuni. Nel giudicare e nel costruire percorsi noi non possiamo dimenticarci del peso grande sul bilancio di un piccolo comune che può essere dato dal collocamento in comunità di una serie di minori, poiché sono collocamenti economicamente costosi, ma sono sempre indispensabili.
  Il suggerimento che mi sento di dare e che raccomando anche ai comuni con i quali mi rapporto è di usare un po' di creatività. In primo luogo occorre lavorare e spendere sulla prevenzione del disagio, che non è cosa da tutti, e la prevenzione del disagio fatta ancor prima che ci sia la procedura davanti al tribunale porta un risparmio di spesa inevitabile successivo. Le criticità non devono essere lasciate esplodere, ma bisogna intercettarle prima.
  In secondo luogo occorre lavorare di fantasia e di creatività per costruire percorsi alternativi all'allontanamento. Vi faccio un esempio. Per quanto riguarda l'affido omoculturale in un territorio come il mio, connotato da tutte queste etnie presenti e dalla diffidenza che normalmente queste persone hanno nei confronti dello Stato, da cui si sentono sempre un po' tormentati, sarebbe importante costruire la possibilità di affidi familiari all'interno della Pag. 7medesima appartenenza etnica. Per gli affidi diurni o affido familiare di mamma e bambino, invece di collocare la mamma e il bambino in una comunità, si potrebbero collocare la mamma e il bambino che ne hanno bisogno presso una famiglia di persone più mature – chiamiamoli pure nonni – che riescano a farsi carico della fragilità di entrambi. Ci sono tante altre possibilità; lavorare sul buon vicinato e su un rapporto solidale all'interno delle comunità meno grandi sarebbe molto importante.
  Dal punto di vista dell'attuazione dei provvedimenti, devo dire che mediamente i provvedimenti vengono attuati. Voglio chiarire una cosa in modo che sia evidente a tutti, visto che questo è abbastanza misconosciuto: non è il tribunale per i minorenni che decide in quale comunità o quale famiglia affidataria collocare il minore. Noi indichiamo la strada, ma la scelta della comunità o la scelta della famiglia affidataria, salvo che sia la famiglia affidataria all'interno della famiglia d'origine, è una scelta che spetta ai servizi. Infatti, non abbiamo nessun potere di sindacare le loro scelte. Possiamo dare delle indicazioni sulla tipologia di comunità, possiamo dire se serve una comunità educativa o una comunità terapeutica, ma poi quale sia la comunità lo decidono i servizi.
  La stessa cosa vale per le famiglie affidatarie. Possiamo indicare se serve una famiglia affidataria per un tempo limitato perché il problema è tutto sommato facilmente risolvibile, oppure se serve un tempo più importante, quindi una famiglia che abbia una disponibilità più prolungata.
  Sottolineo con forza, poiché è un continuo tormentone, che nessun potere di scelta hanno i giudici onorari. I giudici onorari compongono il collegio che decide, che è composto di due giudici di carriera tra cui l'assegnatario del fascicolo e due giudici onorari, essi affiancano il giudice togato nel corso dell'istruttoria per alcuni atti e aiutano noi giuristi a riflettere sulle situazioni umane che chi ha studiato solo diritto non riesce a dipanare più di tanto sulla possibilità di puntare su risorse esistenti in capo alla famiglia d'origine o no, sulla qualità del legame fra il bambino e i suoi genitori. I giudici onorari ci aiutano ad avere prospettiva prognostica, perché il lavoro dei tribunali per i minorenni è un lavoro che non si ferma alla decisione dell'oggi, ma deve avere una visione che vada avanti nel tempo in modo da garantire a quel bambino una scelta protettiva e tutelante per un periodo significativo.
  Rispetto al lavoro con i servizi, è fondamentale – e l'ho sperimentato – che ci sia un costante dialogo e confronto dell'Autorità giudiziaria con i servizi preventivo alla decisione, nel senso che si devono ascoltare tutte le voci nel contraddittorio, si devono affrontare le scelte in modo il più possibile condiviso alla presenza del difensore dei genitori, del curatore del minore, del pubblico ministero e dei servizi. Dopodiché la responsabilità della decisione finale ovviamente spetta all'organo giudiziario che però, se viene arricchito dalle visioni di tutti questi importanti protagonisti della vicenda minorile, riuscirà a produrre una decisione il più possibile mirata su quel particolare bambino.
  La condivisione è quindi fondamentale, e la condivisione preventiva porta a una esecuzione pacifica della decisione presa. Infatti, quanto più la scelta è condivisa, tanto meno ci saranno tensioni e conflitti che vanno sempre a svantaggio del bambino.
  Tuttavia, per lavorare in questo modo occorre tanto tempo, perché occorre tempo da dedicare al dialogo e occorre una componente onoraria. Se pensate che nel nostro distretto, dove abitano 4,5 milioni di abitanti di cui 600 mila minorenni, noi siamo stati fino all'anno scorso in quattro togati, vi renderete conto che senza la componente onoraria – che è anche poco costosa per lo Stato, perché vengono retribuiti con un rimborso spese e basta – non saremmo riusciti a produrre tanto quanto abbiamo prodotto. Infatti, in due anni abbiamo prodotto 7.535 provvedimenti de potestate e non sono provvedimenti «a stampone», ma sono tutti motivati in base a quella particolare storia.
  Una criticità che devo rilevare nei tribunali per i minorenni, legata all'esecuzione dei provvedimenti è che in alcuni Pag. 8luoghi – secondo me, sbagliando – il tribunale definisce la procedura senza essersi assicurato che il provvedimento sia stato eseguito. Si definisce la procedura affidando il bambino, il ragazzino, il minorenne al servizio perché lo si collochi in comunità e si chiude così la procedura e la palla passa al servizio. Può capitare che il servizio che, come vi ho detto, è molto depauperato ultimamente, in assenza di una verifica dell'Autorità giudiziaria non esegua, o esegua male o esegua in modo distorto.
  Una prassi positiva per i tribunali sarebbe quella di non chiudere le procedure senza avere verificato che sia stata data effettiva esecuzione al provvedimento, quindi aspettare una chiusura per controllare che sia stato eseguito, perché è stato proprio sulla mancata esecuzione o sulla distorta esecuzione dei provvedimenti dell'Autorità giudiziaria che la CEDU (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali) ha emesso molte delle sentenze di condanna nei confronti dell'Italia.
  Passo alla lettera h, ovvero al diritto del minore a crescere nella propria famiglia e alla residualità dell'allontanamento. Quello che ho detto prima rispetto ai dati dimostra che la linea che si osserva è quella di rendere l'allontanamento l'extrema ratio. D'altro canto, questa modalità ci viene imposta dal sistema ordinamentale che è vigente, cioè dagli articoli 330 e 333 del Codice civile e dalla legge 184 del 1983 sull'adozione.
  Quali sono gli step che noi utilizziamo? In prima battuta, una volta che ci è segnalata una situazione di forte disagio di un minore, cerchiamo di stimolare nella famiglia dei percorsi riparativi di sostegno, perché si tratta di famiglie chiaramente connotate da grandi fragilità e capacità genitoriali non soddisfacenti. Con l'aiuto dei servizi si imposta un percorso di recupero della famiglia che garantisca al bambino di rimanere a casa sua natura, rendendo quindi l'allontanamento l'extrema ratio.
  Solo di fronte a gravissime trascuratezze che rimangono nonostante il sostegno e l'aiuto – di questo sostegno di aiuto deve essere dato atto dei provvedimenti nella parte motivazionale e che sia percorso tutta una serie di interventi ad adiuvandum – e qualora gli interventi non producano risultati desiderati, si dovrà poi arrivare a delle soluzioni protettive per il bambino.
  L'indigenza della famiglia non costituisce un motivo di allontanamento, ma semmai di sostegno. È proprio dell'altro giorno una situazione che non è stata nemmeno aperta dal pubblico ministero di una famiglia costretta a vivere in un monolocale in sei persone durante il lockdown con questo ragazzino che continuava a scappare di casa, e a dire che era in forte disagio psichico perché non aveva lo spazio vitale. Quello non è un motivo di allontanamento. Noi abbiamo caldamente raccomandato al comune di intervenire cercando di garantire a questa famiglia una casa adeguata. L'indigenza non è un motivo nemmeno di intervento.
  Il secondo punto è quello della preferibilità della famiglia d'origine dove collocare il bambino che non può stare con i suoi genitori. Ovviamente nella famiglia allargata non è che per definizione i nonni e gli zii siano idonei. Infatti, molto spesso a fronte di genitori molto maltrattanti e molto carenti ci sono dei nonni analoghi oppure ci sono famiglie connotate da conflitti interni che non possono favorire né il benessere dei bambini né tantomeno il recupero della genitorialità dei genitori fragili.
  Le scelte devono essere fatte in maniera mirata acquisendo tutte le informazioni necessarie. Ove la famiglia allargata possa essere una valida strada percorribile viene prescelta, ma nel caso in cui invece ci fossero dei problemi anche lì, si dovrà ricorrere a una famiglia affidataria terza.
  Un altro passaggio che viene rispettato abitualmente è quello di allontanare il genitore maltrattante. Forse questa è una cosa più recente, perché nei tempi passati si allontanava il bambino con la mamma vittima di maltrattamento. Invece, ultimamente è diventata nostra abitudine quella di disporre l'allontanamento o il divieto di avvicinamento del genitore maltrattante, lasciando al bambino e alla mamma, come è giusto che sia, l'utilizzo della casa. Inoltre, Pag. 9è preferibile scegliere una famiglia affidataria rispetto al collocamento in comunità. Queste sono tutte regole che sono contenute nelle norme vigenti.
  Del discorso dell'affido familiare e della comunità vorrei parlare dopo. Passerei a svolgere la lettera i, il rispetto delle circolari del CSM circa l'incompatibilità dei giudici onorari. Ovviamente il rispetto delle circolari del CSM è fondamentale e adesso, tra l'altro, questi motivi di incompatibilità sono stati trasfusi in una legge vera e propria e quindi noi siamo tenuti a rispettarli nel dettaglio.
  Credo però che l'esigenza di dare questa estrema rigidità alla figura del giudice onorario presenti degli aspetti critici, anche perché spesso ci si è basati su notizie non riscontrate. Ogni tanto sulla stampa si è parlato di 200 giudici onorari corrotti, 200 persone delle quali non è mai stato fatto il nome, perché se fosse stato fatto il nome, immediatamente sarebbero stati allontanati.
  Queste notizie, queste fake news che ogni tanto appaiono, gettando discredito su tutto il comparto e su tutti coloro che, invece, lavorano in modo corretto, creano un clima di sospetto che poi produce delle rigidità che non sono sempre utili.
  Come dicevo prima, il giudice onorario non può scegliere la comunità. Il fatto che si immagini che ci siano degli accordi poco chiari o delle corruzioni è un fatto che può esistere, ma è assolutamente sporadico e legato a situazioni marginali.
  Le circolari del CSM e da ultimo la legge sempre più severa hanno portato a restringere la fascia delle persone che possiamo reclutare come giudici onorari, che a questo punto sono persone molto giovani e molto titolate dal punto di vista scolastico, ma completamente prive di esperienza. Credo che l'esperienza sia un dato ineliminabile quando si tratta questo tipo di materia, che non è una materia scientifica nel senso matematico del termine. Peraltro, in considerazione della situazione economica della nostra società al momento, queste persone sono giovani neolaureati alla ricerca di un lavoro, quando invece il compito del giudice onorario è quello di avere una propria identità professionale chiara, per poi rendere un servizio alla collettività, visti i pochi soldi che guadagnano. Invece, cosa succede? Che i ragazzi appena laureati e molto titolati dal punto di vista scolastico e ancora non collocati dal punto di vista professionale si candidano, ma non appena trovano poi una sistemazione diversa e più stabile, se ne vanno, provocando a noi un continuo turn over e una fatica enorme nella formazione che continua a essere un po' buttata via.
  Ad esempio, ho parecchi giudici onorari giovani che sono entrati nell'ultimo triennio e che dopo essere stati formati dopo sei od otto mesi di lavoro mi hanno detto: «Abbiamo trovato un lavoro migliore. Arrivederci.». E noi abbiamo dovuto scendere nella graduatoria e ricominciare da capo a formare altri soggetti, con grande dispendio di risorse di tempo ed energie.
  Quando si introducono regole rigide, occorre sempre riflettere anche sul fatto che le armi possono essere a doppio taglio.
  Inoltre, la presenza dei giudici onorari – chiaramente molti di loro sono legati al mondo dei servizi, perché sono psicologi o pedagogisti – è una ricchezza, perché in realtà non c'è tutta questa commistione che viene sempre ricordata in negativo, ma la possibilità di parlare la stessa lingua rende utile anche il valutare la qualità del prodotto che ci viene portato. Che cosa vuol dire? Ci arrivano delle relazioni da parte dei servizi, e queste relazioni possono essere profonde o meno, superficiali o appropriate a quel caso. La presenza dei giudici onorari insieme ai giuristi ci consente di effettuare un controllo più mirato al lavoro dei servizi che altrimenti, non avendo noi giuristi una competenza specifica, saremmo costretti ad accettare in modo acritico e supino. La presenza dei giudici onorari non è una cosa dannosa perché si possono creare delle contiguità, ma è una cosa utile, poiché serve a verificare la qualità del lavoro che ci portano i servizi, poiché a causa di questa sempre minore iniezione di risorse, i servizi rischiano di perdere in formazione, si avvalgono anche loro di ragazzi molto giovani e inesperti, dato che gli anziani sono andati in pensione,Pag. 10 e quindi il prodotto che arriva dai servizi va molto controllato e non è per definizione sempre buono.

  PRESIDENTE. Dottoressa, se ha concluso una parte dell'intervento e senza introdurne uno nuovo, in questo momento purtroppo devo chiudere l'audizione perché noi deputati siamo convocati in Aula e non possiamo procedere con i lavori della Commissione.
  A questo punto le chiedo la disponibilità – poi verrà contattata dagli uffici – per proseguire questa audizione che è di grande interesse e di grande stimolo per le tante riflessioni personali. Se lei è d'accordo, concorderemo un altro incontro magari in videoconferenza per una prossima settimana, perché ora dobbiamo interrompere.

  CRISTINA MAGGIA, presidente dell'Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia (AIMMF). Non si preoccupi, ci possiamo mettere d'accordo in base alle mie esigenze di lavoro. Io sono disponibile. Siete stati molto gentili a convocarmi. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.40.