XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (III e IV)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 19 ottobre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fassino Piero , Presidente ... 3 

Audizione del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Gen. C. A. Teo Luzi, sulla proiezione internazionale dell'Arma dei carabinieri:
Fassino Piero , Presidente ... 3 
Luzi Teo , Comandante generale dell'Arma dei carabinieri ... 4 
Fassino Piero , Presidente ... 11 
Tripodi Maria (FI)  ... 11 
Fassino Piero , Presidente ... 11 
Pagani Alberto (PD)  ... 11 
Fassino Piero , Presidente ... 12 
Migliore Gennaro (IV)  ... 12 
Fassino Piero , Presidente ... 12 
Deidda Salvatore (FDI)  ... 12 
Fassino Piero , Presidente ... 13 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 13 
Fassino Piero , Presidente ... 13 
Perego Di Cremnago Matteo (FI) , intervenendo da remoto ... 13 
Fassino Piero , Presidente ... 14 
Luzi Teo , Comandante generale dell'Arma dei carabinieri ... 14 
Fassino Piero , Presidente ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE PIERO FASSINO

  La seduta comincia alle 12.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Gen. C. A. Teo Luzi, sulla proiezione internazionale dell'Arma dei carabinieri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Generale Teo Luzi, sulla proiezione internazionale dell'Arma dei carabinieri. Anche a nome del presidente Rizzo e dei colleghi della Commissione Affari esteri e Difesa saluto il Generale Luzi, accompagnato dal Generale Giuseppe De Riggi, e lo ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
  A introduzione di questa audizione mi limito a ricordare che l'impegno dell'Arma al di fuori dei confini nazionali è assai risalente, fin da quando un contingente dell'Arma, da poco istituita, partecipò nel 1855 alla campagna di Crimea, svolgendo compiti di polizia nella città di Costantinopoli accanto alla Polizia turca.
  Venendo a tempi più recenti, a partire dai primi anni '90 nei Balcani l'Arma ha visto crescere il proprio impegno nel mantenimento della sicurezza internazionale, sperimentando quel modello operativo noto con l'acronimo MSU (Multinational Specialized Unit), che prevede l'impiego di forze di Polizia a ordinamento militare per colmare il cosiddetto «divario di sicurezza» (security gap) tra le capacità delle forze militari e le carenze della struttura locale di sicurezza.
  Fu così che nell'agosto del 1998, dopo l'approvazione da parte del Consiglio Nord Atlantico, l'Arma schierò i propri uomini in Bosnia-Erzegovina con il compito di garantire l'ordine e la sicurezza pubblica, assistere al ritorno degli sfollati e dei rifugiati, supportare l'insediamento dei governi e contribuire al controllo della crisi in coordinamento con la missione civile di polizia delle Nazioni Unite, l'International Police Task Force.
  La formula si rivelò tanto efficace da essere replicata in ulteriori analoghi contesti, dall'operazione NATO in Albania al Kosovo, Stato in cui è tuttora presente un reggimento, all'Iraq, dove ci ricordiamo tutti l'attentato del 12 novembre 2003 a Nassiriya che costò la vita a 19 italiani tra cui 12 carabinieri, a cui rinnoviamo il nostro commosso e riconoscente ricordo.
  A partire dall'esperienza della MSU, la stessa Unione europea ha sviluppato nel tempo lo strumento di Unità Integrata di Polizia (Integrated Police Unit) assetti capaci di operare nell'intero spettro della capacità di polizia in scenari di sostituzione e di rafforzamento delle Polizie locali.
  Le Nazioni Unite, invece, partendo dall'esperienza MSU, hanno sviluppato un ulteriore modello di riferimento, le Unità Formate di Polizia (Formed Police Units) con capacità prevalentemente di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica in grado di operare nell'ambito di una catena di comando civile.Pag. 4
  Particolarmente stretto è il rapporto dell'Arma con la Farnesina, con riferimento al ruolo del Comando carabinieri Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, istituito con decreto ministeriale del 1999 e posto alle dipendenze funzionali del Ministero degli esteri tramite il Segretario generale. Il Comando garantisce la vigilanza e la sicurezza del Ministero, di Villa Madama e dell'ambasciata d'Italia presso la Santa Sede nonché delle sedi diplomatiche e consolari italiane all'estero.
  Ufficiali dell'Arma sono presenti presso le principali organizzazioni internazionali ed europee quali la NATO, l'Ufficio europeo di polizia (Europol), l'Ufficio di contrasto alle frodi comunitarie (Olaf) e il Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea.
  Infine, l'Arma è attivamente impegnata nella cooperazione internazionale anche in altri settori, a partire dalla tutela del patrimonio culturale. A titolo di esempio segnalo il progetto UNESCO Unite4Heritage, i cosiddetti «caschi blu della cultura», che ha visto il suo primo impegno nel teatro operativo iracheno a sostegno delle delegazioni dell'UNESCO nonché dei Ministeri iracheni dell'interno, della cultura e dell'antichità per contrastare il traffico illecito di reperti archeologici.
  Richiamati questi pochi elementi di quadro, do ora la parola al Generale Luzi, ancora ringraziandolo perché svolga il suo intervento. Prego, Generale.

  TEO LUZI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Grazie, presidente. Un saluto, unito al ringraziamento, a lei e al presidente Rizzo per l'opportunità che mi viene data di presentare l'impiego all'estero dell'Arma dei carabinieri, uno spaccato meno noto agli italiani per tanti motivi. Rappresentarlo nel sede costituzionale primaria, che è il Parlamento, è per me anche un momento di grande orgoglio istituzionale.
  Procedo ora con la relazione. I carabinieri, da oltre 200 anni, sono parte integrante dell'identità del nostro Paese. L'Arma, ovunque presente sul territorio italiano, com'è noto, è custode delle nostre comunità ed è diventata nel tempo anche uno strumento operativo a disposizione della politica estera dell'Italia: uno strumento affidabile, umanitario e pacificatore; non a caso ho utilizzato questi tre aggettivi.
  Oggi, in questo momento, operiamo all'estero con oltre 700 carabinieri, incluse ovviamente le vigilanze alle ambasciate. È un numero in parte condizionato anche dal fenomeno pandemico. In passato, per una serie di esigenze di carattere operativo e non solo, abbiamo raggiunto punte di circa 2.000 unità. Vi do questi due dati per darvi l'idea del minimo e del massimo: 700 e 2.000.
  Diceva il presidente Fassino che già dal 1855 l'Arma ha partecipato alla prima missione internazionale proprio con funzioni di controllo del territorio, e mi riferisco alla campagna di Crimea. Questo impegno da oltre 150 anni è andato evolvendo nel solco della storia del nostro Paese, dalla nascita della Repubblica con la sua Costituzione all'affermazione del multilateralismo e delle organizzazioni internazionali, definendo progressivamente un modello di intervento di straordinaria efficacia connotato oggi da due caratteri distintivi.
  Questi sono i due elementi fondanti dell'impiego all'estero dell'Arma dei carabinieri. Il primo risiede nella duplice natura dell'Istituzione, Forza armata e servizio permanente di pubblica sicurezza, capace di abbracciare la difesa militare, gli obiettivi strategici, il contrasto dei traffici illeciti internazionali, l'affermazione dei diritti umani e il ripristino dell'ordine pubblico. Il secondo aspetto riguarda il modo di operare: un modo sempre diretto, a contatto con la popolazione. Sottolineo: a contatto con la popolazione anche in luoghi distanti per geografia e per cultura dalla nostra patria.
  In questa cornice si collocano le tre dimensioni dell'apprensione internazionale dell'Arma. La prima attiene alla cooperazione operativa di polizia coordinata dal Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno; la seconda attiene alla partecipazione alle operazioni militari per la gestione delle crisi nell'ambito delle attività promosse dalla Difesa; la terza attiene al contributo all'azione diplomatica Pag. 5condotta dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Procedo ora all'esame della prima componente. Quanto alla cooperazione operativa di polizia, a fronte di un sistema criminale che guarda con visione globale ai propri interessi, l'Arma promuove da sempre attività di indagine di respiro internazionale. Unitamente alle altre forze di Polizia partecipiamo, ad oggi, con 13 unità alla rete degli esperti per la sicurezza e con 6 unità alla rete antidroga, che fanno capo al Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Dipartimento della pubblica sicurezza, con l'incarico di svolgere funzioni di raccordo informativo e operativo con le forze di Polizia dei Paesi di distacco.
  Questo impegno oggi trova la più avanzata espressione in un settore di eccellenza: l'Ufficio europeo di polizia. Infatti, nell'ambito di Europol, l'Arma contribuisce all'individuazione delle priorità strategiche di lotta al crimine dei Paesi membri. Nel quadriennio 2022-2025 l'Istituzione sarà leader nella conduzione delle attività di contrasto nel settore dei crimini ambientali. Sul piano direttamente operativo, prendiamo parte con qualificate risorse alle squadre investigative comuni, in grado di svolgere attività di indagine simultaneamente nei diversi Stati. Oggi sono state costituite ben 13 squadre investigative comuni, nell'ambito ovviamente europeo.
  In questa prospettiva abbiamo aderito con convinzione a una nuova architettura dello European Public Prosecutor's Office, il cosiddetto EPPO, competente a perseguire i reati in danno del bilancio dell'Unione europea. Collaboriamo con i procuratori europei delegati per l'Italia, avendo già costituito unità investigative dedicate presso i sette distretti individuati dal Ministero della giustizia e dal Consiglio superiore della magistratura. Giusto per cultura, ricordo che i distretti sono Bologna, Bari, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia. Hanno una competenza pluri-distrettuale.
  La seconda dimensione dell'impegno dell'Arma riguarda la partecipazione alle iniziative della Difesa per la stabilizzazione delle aree di crisi. Le attività di Stability Policing nei teatri operativi completano l'aspetto delle operazioni di intervento, collegando gli obiettivi propriamente militari con quelli politici di lungo termine, volti a ristabilire l'ordine e la sicurezza pubblica.
  Il concetto strategico 2020 del Capo di stato maggiore della difesa affida all'Arma il ruolo di Leader Service in questo settore, riconoscendo l'efficacia di un modello operativo promosso dall'Arma sin dal 1997. In quell'anno il Generale Clark, Comandante supremo delle forze alleate in Europa, colse nel contributo dei carabinieri la soluzione per colmare il security gap di cui parlava prima il presidente Fassino, venutosi a determinare in Bosnia-Erzegovina dopo l'intervento della NATO tra le capacità degli assetti militari, non addestrati per il mantenimento della sicurezza pubblica, e le carenze delle forze di Polizia locali.
  Quindi è partito questo progetto, che poi è stato replicato in tanti altri Paesi. Vi devo dire che ho avuto l'onore e l'onere, per quello che mi riguarda, di partecipare in qualità di Capo di stato maggiore alla prima Multinational Specialized Unit in Bosnia-Erzegovina.
  A distanza di oltre 20 anni siamo ancora presenti in Kosovo con il Reggimento Carabinieri, il Reggimento MSU, il cui acronimo Multinational Specialized Unit è ormai noto a tutti. Questo credo che sia un elemento qualificante della nostra presenza in un'area molto delicata come i Balcani. Infatti, i carabinieri affiancano la Kosovo Police, svolgendo anche autonomi servizi di pattuglia nell'area di Mitrovica, dove il personale dell'Arma è particolarmente apprezzato per la capacità di mantenere il dialogo costante sia con la maggioranza etnica albanese delle regioni musulmane sia con la minoranza serba ortodossa, stemperando le ricorrenti tensioni. Nell'area di Mitrovica siamo un po' i garanti, con grande equilibrio, della società di quell'area.
  Lo scorso 13 ottobre, nel Nord del Paese, proprio il tempestivo intervento del personale del Reggimento MSU ha consentito di gestire una situazione suscettibile di pericolose degenerazioni connesse con l'esecuzione da parte della Polizia kosovara di Pag. 6alcune misure cautelari. Per questo il Ministero degli affari interni kosovaro ha chiesto di incrementare l'impegno dell'Arma per le attività formative a favore della Polizia, in particolare nel settore delle investigazioni scientifiche, delle tecniche di indagine e del contrasto alla criminalità organizzata e alla violenza di genere.
  Contestualmente, su questo vorrei sottolineare anche un aspetto mio personale. Quando sono stato due mesi fa in visita ai miei carabinieri in Kosovo, il Ministro degli interni mi ha premurato questa esigenza di potenziamento dell'Arma dei carabinieri per la formazione della Polizia kosovara.
  Contestualmente, la nostra presenza in regione ci consente di sviluppare una manovra informativa per l'individuazione di cellule radicali, le cui risultanze sono condivise sempre nell'ambito del Comitato di analisi strategica antiterrorismo, il cosiddetto CASA, che a oggi hanno portato all'adozione di 160 procedimenti di inammissibilità in area Schengen.
  Praticamente dal 2017 a oggi, quindi in quattro anni, il Reggimento MSU ha intercettato, in collaborazione con la Polizia kosovara, ben 160 ipotesi di soggetti pericolosi per l'Europa e quindi segnalati tramite il CASA, dunque sono stati interdetti gli accessi in area Schengen, nell'attività informativa importante e qualificante che significa di fatto «prevenzione».
  Parliamo ora dei teatri operativi. L'obiettivo della prevenzione avanzata è il comune denominatore della presenza dei carabinieri in 13 teatri di intervento. In queste aree, a fronte della pandemia, abbiamo preservato le capacità operative essenziali, e ora stiamo riprendendo le attività di addestramento, assistenza e consulenza a favore delle forze di sicurezza locali. In particolare, i nostri istruttori hanno ripreso a recarsi nei Paesi che richiedono la collaborazione, svolgendo a domicilio corsi di diversa natura, dalle tecniche di intervento operativo alla formazione degli artificieri antisabotaggio e delle unità cinofile, al rispetto dei diritti umani e per la tutela di genere.
  Ne cito alcune a titolo anche esemplificativo. A Gibuti, la missione addestrativa e di supporto, cosiddetta MIADIT, forma le forze di sicurezza somale unitamente alle forze della gendarmeria e della Polizia nazionale di quel Paese. L'addestramento delle forze di sicurezza somale viene fatto a Gibuti per motivi di sicurezza. In Palestina abbiamo svolto un'analoga missione sino al 2020, addestrando le forze di sicurezza dell'Autorità nazionale palestinese. Le attività sono riprese dall'inizio di questo mese con il supporto dell'autorità di coordinamento statunitense per la sicurezza tra Israele e l'Autorità palestinese, nel cui ambito opera anche un ufficiale dell'Arma. Credo che questo sia un elemento che dà lustro all'Arma e anche all'Italia per il fatto che contribuiamo ad addestrare le forze palestinesi – mi riferisco alla Cisgiordania – secondo dei valori più propriamente europei.
  Nel Sahel abbiamo distaccato tre ufficiali con compiti di consulenza nell'ambito del progetto dell'Unione europea denominato GARSI-Sahel, finalizzato ad assistere le gendarmerie del Senegal, della Mauritania, del Mali, del Niger, del Burkina Faso e del Ciad nella formazione di unità specializzate nel pattugliamento delle frontiere anche in funzione antiterrorismo.
  Per il 2022 l'Arma si è candidata ad assumere il ruolo di co-leader dell'iniziativa europea, avendo conseguito il cosiddetto Pillar Assessment: una certificazione che ha accreditato l'Istituzione tra i soggetti ai quali la Commissione europea può concedere la gestione di progetti con i relativi fondi.
  In prospettiva notiamo importanti aspettative per l'avvio delle nuove attività di stabilizzazioni in Libia e in Iraq. Sul fronte libico, pur nella perdurante frammentazione delle frazioni, abbiamo predisposto una roadmap quinquennale, dal 2021 al 2025, pianificando le attività da svolgere a favore delle forze di sicurezza libiche nell'ambito della cooperazione bilaterale con la Difesa.
  In Iraq, dopo il ripiegamento degli assetti della coalizione globale anti-ISIS, la NATO ha inteso espandere i propri compiti di supporto alla ricostruzione del Paese, affidando all'Italia il comando della missionePag. 7 per il 2022, come ben noto ai membri della Commissione Difesa. Per questo l'Arma ha offerto i propri assetti per attivare la Police Task Force, che dal 2015 ha formato ben 38 mila unità delle forze di sicurezza irachene, come peraltro recentemente auspicato dal Ministro dell'interno iracheno. Forze di sicurezza irachene che sono preposte essenzialmente all'attività di ordine pubblico; per cui le addestriamo secondo criteri meno invasivi e più di cultura europea, giusto per dare un significato a questo termine.
  Ora parlo della terza dimensione, quella del coordinamento del MAECI. La terza dimensione dell'attività d'istituto internazionale svolta dall'Arma, cui prima facevo cenno, è ricondotta al perimetro di azione del Ministero degli affari esteri e si svolge in due ambiti: da un lato, la cooperazione bilaterale con le forze di sicurezza dei Paesi che guardano con interesse al modello istituzionale dell'Arma; dall'altro, la protezione delle sedi diplomatiche nazionali e all'estero.
  La cooperazione bilaterale si declina in numerosi progetti di capacity building, attuati attraverso la proiezione di training team per attività formative di breve durata, con l'affiancamento di strategic advisor ai vertici delle amministrazioni interessate. Alcuni esempi: abbiamo proiettato un Mobile Training Team negli Emirati Arabi Uniti a favore della Polizia di Abu Dhabi nonché in Qatar per la formazione della guardia dell'emiro della Polizia militare e della Lekhwiya. In particolare, il rapporto con la Lekhwiya risale al 2001 – lo cito perché è un esempio molto significativo – quando sotto gli auspici del Presidente Mattarella, all'epoca Ministro della difesa, il Comandante generale pro tempore firmò un accordo di collaborazione nel settore addestrativo con il Capo di stato maggiore delle Forze armate del Qatar, segnando la nascita di questa organizzazione che di fatto rappresenta la gendarmeria locale.
  L'apprezzamento trasversale da parte di Paesi della penisola arabica, molto distanti tra loro sul piano politico, rende la misura del vantaggio diplomatico di queste collaborazioni tecniche operative. Parimenti prosegue la diffusione dell'offerta formativa nel continente africano, dove svolgiamo attività addestrative a favore delle forze di sicurezza del Senegal, Uganda, Camerun, Kenya, Burkina Faso, in tema di prima risposta agli attacchi terroristici, gestione dell'ordine pubblico e della Polizia stradale.
  Per altro verso, l'invito di strategic advisor – consulenti, per intenderci – realizza una vera e propria military diplomacy, animata da un autentico spirito di accompagnamento e di crescita reciproca delle istituzioni coinvolte, in grado di apportare anche vantaggi sul piano industriale e valorizzando le aziende nazionali che già forniscono materiale ed equipaggiamenti all'Arma.
  La proiezione di mobile team e la dislocazione di advisor si collocano entrambe nel quadro delle intese tecniche di cooperazione che il Comandante generale può concludere, ai sensi del Codice dell'ordinamento militare e su delega del Capo di stato maggiore della difesa, con paritetici organismi dei Paesi di preminente interesse strategico nazionale. Sinora abbiamo siglato accordi con le forze di sicurezza di 12 Paesi. Speriamo di giungere a breve alla conclusione delle intese con la Guardia nazionale del Kuwait – siamo a buon punto – ma soprattutto con la Polizia di Dubai. Quest'ultima, se conclusa, potrebbe essere anche un buon segnale di distensione nelle relazioni internazionali del nostro Paese con gli Emirati Arabi Uniti. Devo dire che in questo aspetto la Polizia di Dubai sta premendo per chiudere questo accordo. Ovviamente noi lo faremo, semmai ci sarà l'okay.
  Tra tutte cito delle esperienze che ritengo particolarmente significative. Nel 2017 abbiamo distaccato un ufficiale dell'Arma presso la Divisione di Gendarmeria della Polizia Federale Messicana. L'esperienza è stata indirizzata anche a offrire al Paese nuovi strumenti di contrasto al fenomeno corruttivo diffuso presso le istituzioni e ha contribuito alla costituzione nel 2019 della Guardia nazionale, forza di polizia posta alle dipendenze funzionali del Ministero dell'interno e gerarchiche del Ministero della Pag. 8difesa, come l'Arma dei carabinieri. Oggi questa iniziativa sta ulteriormente evolvendo con il progetto di attivazione di un nucleo per la tutela del patrimonio culturale sul modello del reparto speciale dell'Arma.
  Ruanda. Sempre dal 2017 abbiamo distaccato in Ruanda un ufficiale con l'advisor dell'ispettore generale della Polizia nazionale. Il Ruanda, dopo la ferita inferta dal genocidio, intende assumere un ruolo aggregante nella bussola già strategica dell'area, impedendo penetrazioni estremiste. Nel luglio scorso, un contingente di 1000 unità ruandesi, parte delle quali addestrata dall'Arma, è stato inviato nella regione di Capo Delgado, in Mozambico, per contrastare un gruppo terrorista islamico. Nel corso di un recente viaggio che ho fatto nel Paese sono stato ricevuto dal Presidente Kagame, che ha evidenziato come proprio le unità addestrate dai carabinieri abbiano sviluppato un approccio positivo con le popolazioni locali dei villaggi del Mozambico, un unicum nello scenario africano, affermando quella capacità di dialogo che è un tratto distintivo della cultura di polizia dell'Arma e del nostro Paese.
  Nel solco di questa proficua collaborazione contribuiamo con il nostro istruttore allo sviluppo delle attività del National Police College ruandese, dove vengono formati ufficiali provenienti da 22 Paesi del continente africano, Paesi ovviamente dell'area centrale. Inoltre, abbiamo già offerto la nostra disponibilità a sostenere l'attività dell'istituendo centro anti-terrorismo, che aspira a proporsi quale hub formativo regionale nel settore. In questo modo l'Arma si accredita con un complesso di Paesi del Centrafrica, esporta la propria cultura e, indirettamente, apprende un po' più in dettaglio dinamiche locali che poi di fatto hanno anche ricadute a livello internazionale.
  La cooperazione bilaterale con il Ruanda ha favorito anche la penetrazione dei prodotti nazionali nei mercati locali. Aziende quali Lavazza, Illy caffè, Leonardo Spa e Vitrociset si sono avvantaggiate del network esistente per lo sviluppo delle proprie attività di impresa. Non è molto, ma è un ottimo esempio di come – quando l'Italia riesce a fare sistema – è possibile la fidelizzazione di Paesi lontani. L'auspicio è di poter replicare analoghe esperienze in altre aree del continente africano.
  In Uganda, Paese con cui l'Italia intrattiene intense relazioni commerciali, abbiamo svolto corsi ranger per la formazione del personale da destinare alla sorveglianza dei parchi contro il bracconaggio. I corsi sono stati svolti da personale specializzato del reparto Carabinieri forestale, affiancati da unità del Primo Reggimento Carabinieri Paracadutisti «Tuscania» per gli aspetti connessi con il pattugliamento in sicurezza.
  Abbiamo siglato un accordo con l'Eastern Africa Police Chiefs Cooperation Organisation, organizzazione che riunisce i capi delle polizie dell'Africa orientale. Inoltre, dallo scorso primo ottobre, l'Arma ha distaccato un ufficiale generale quale esperto di capacity building del rappresentante permanente italiano presso l'Unione africana in Addis Abeba.
  Parliamo ora della sicurezza delle sedi diplomatiche. Il secondo aspetto attiene all'impegno estero, direttamente connesso con l'attività del MAECI, ovvero la sicurezza delle sedi del personale diplomatico nazionale all'estero. Si tratta di una funzione attribuita all'Arma dal Codice dell'ordinamento militare, per il quale impegniamo al momento 400 unità in 140 sedi, di cui 15 a rischio. È un impegno non privo di criticità emblematicamente emerse in attività svolte in Afghanistan, dove i carabinieri del Primo Reggimento Carabinieri «Tuscania», anche dopo gli attacchi, hanno continuato a garantire la sicurezza del personale diplomatico e a sostenere con grande efficacia le operazioni di evacuazione dei profughi civili insieme al console, fino al rientro in patria con l'ultimo volo. Né dimentichiamo la drammatica vicenda in Congo, dove il carabiniere Vittorio Iacovacci ha perso la vita assieme all'ambasciatore Luca Attanasio nel corso di una missione a sostegno di un progetto umanitario.
  Dal primo gennaio 2022, il contingente sarà incrementato di 50 unità già previste dalla legge n. 106 del 2021. Nello schema della prossima legge di bilancio, inoltre, è Pag. 9stato inserito un ulteriore incremento di 90 unità. Auspichiamo che l'iniziativa possa trovare la condivisione del Parlamento per conseguire l'obiettivo strategico di dispiegare almeno un militare dell'Arma presso ogni sede diplomatica.
  Stability policing, capacity building e military diplomacy sono, dunque, le forme che sintetizzano le peculiari capacità maturate dall'Arma a favore della comunità internazionale: un'esperienza davvero unica, oggi capitalizzata nel polo della caserma Chinotto di Vicenza, dove operano: il CoESPU (Centro di Eccellenza per le Stability Police Units), principalmente orientato verso le Nazioni Unite, ovviamente sotto l'egida dell'ONU; il Centro di Eccellenza NATO per le polizie di stabilità (NATO SP COE), dipendente di un organismo della NATO; il Quartier Generale Permanente della Forza di Gendarmeria Europea, meglio conosciuto come «Eurogendfor», prioritariamente dedicato alle operazioni di crisis management dell'Unione europea. Colgo l'occasione per invitare i signori parlamentari, qualora avessero tempo, a visitare la caserma di Vicenza con questi esercenti. È veramente interessante.
  Il CoESPU è nato nel 2005 come progetto italo-statunitense. Ad oggi ha addestrato oltre 12 mila peacekeeper provenienti da 122 differenti Paesi e 17 organizzazioni internazionali, destinati all'impiego in missione sotto egida delle Nazioni Unite. Di recente, il Centro ha ospitato la settima edizione delle esercitazioni, sviluppata dall'OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), per il contrasto alla tratta degli esseri umani, a favore di 45 partecipanti, rappresentanti di forze di Polizia, ONLUS (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale) e magistrati provenienti da Austria, Canada, Danimarca, Georgia, Germania e Spagna.
  Personalmente ho partecipato alla cerimonia di chiusura dell'evento insieme alla Segretaria generale dell'OSCE, Helga Maria Schmid, che ha fortemente auspicato la possibilità di proseguire l'attività negli anni a venire. Anzi, ha auspicato un potenziamento di questo tipo di attività.
  Il secondo Centro, il NATO SP COE, è un Centro di Eccellenza alleato per la Polizia di stabilità, nell'ambito del quale l'Italia riveste il ruolo di Framework Nation. Nel settore la NATO si è dotata di una dottrina di livello operativo, di cui l'Arma è custode per l'Alleanza atlantica. Con un ultimo sforzo diplomatico, speriamo entro il 2022 di far riconoscere tale funzione a livello strategico attraverso l'approvazione, da parte del Consiglio atlantico, di un documento, lo Stability Policing Concept, elaborato con il contributo degli ufficiali dell'Arma impiegati presso l'Allied Command Transformation, il Comando strategico della NATO negli Stati Uniti.
  Sempre a Vicenza trova collocazione il Quartier Generale della Forza di Gendarmeria Europea, nata nel 2004 con l'adesione dei cinque Stati dell'Unione: Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Olanda, cui si sono aggiunti successivamente Romania e Polonia. Il trattato istitutivo prevede che il GF possa schierare propri contingenti per missioni di sostituzione o di rafforzamento delle forze di Polizia di Paesi collassati durante tutte le fasi di un'operazioni di gestione delle crisi. Al momento questo strumento ha trovato un limitato impiego. Piccoli team e GF son stati schierati in Afghanistan, Mali, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Repubblica Centrafricana, Libia, Niger, Ucraina e Tunisia. Tuttavia, con la ripresa del dibattito europeo sul progetto della difesa comune, il GF può offrire un modello embrionale di capacità, a dimostrazione che questo progetto non ha nulla di utopico e può essere effettivamente realizzato se sostenuto dalla volontà politica dei Paesi.
  Un ultimo accenno va alla valorizzazione internazionale dei comparti di specialità attribuiti all'Arma. Il decreto legislativo n. 177 del 2016 ha consolidato la ripartizione tra le forze di Polizia dei comparti di specialità, affidando ai carabinieri le funzioni di sicurezza in materia di sanità, ambiente, lavoro e patrimonio culturale. Si tratta di eccellenze che hanno anticipato in alcuni casi i bisogni di sicurezza e sensibilità nei settori direttamente connessi con la qualità della vita. Basti pensare Pag. 10che la nascita del Comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale risale al 1969 e il Comando carabinieri per la tutela ambientale è stato istituito nel 1986.
  La conservazione del patrimonio culturale, in cui si riflette l'identità di ogni Paese, è una priorità oggi universalmente riconosciuta.
  Il progetto UNESCO Unite4Heritage, i cosiddetti «caschi blu della cultura», presentati anche alla riunione dei Ministri della cultura del G20, ha portato alla costituzione di un gruppo interministeriale composto da funzionari del Ministero e dai carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, unico nel suo genere a livello internazionale, che ha visto il suo primo impegno nel teatro operativo iracheno per contrastare il traffico illecito di reperti archeologici.
  Da ultimo è in progetto l'avvio di un'attività formativa a favore della Polizia turistica libica, con l'obiettivo di potenziare le capacità nel settore della tutela del patrimonio culturale.
  Altra tematica di particolare rilevanza nell'Agenda della comunità internazionale è la salvaguardia dell'ambiente. Oggi, dopo l'unificazione con il Corpo Forestale dello Stato, quasi 7 mila carabinieri di elevata qualificazione sono dedicati al controllo del territorio in funzione di Polizia ambientale. Siamo referenti per l'Italia dell'Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio, i cui risultati sono stati presentati nella recente Conferenza pre-COP26 di Milano. Siamo custodi della Convenzione CITES per il contrasto al commercio internazionale illecito delle specie in via d'estinzione, operando controlli e certificazioni su tutto il territorio nazionale.
  Oggi contribuiamo con 55 unità, tramite il Ministero della transizione ecologica, alla rete di esperti ambientali dell'UNESCO, i cosiddetti «caschi verdi»: qualcosa di analogo ai caschi blu della cultura. Si tratta di unità specializzate da impiegare in affiancamento alle autorità locali per la realizzazione di progetti a salvaguardia dei siti naturalistici riconosciuti patrimonio dell'umanità.
  In prospettiva, stiamo investendo risorse qualificate su due progetti di eccellenza. Il primo si inquadra nella collaborazione già in atto con la FAO (Food and Agriculture Organization), in virtù di un protocollo d'intesa siglato nel 2017. Abbiamo svolto corsi a favore dei funzionari FAO per affrontare situazioni di rischio in ambienti non permissivi. Ora è in fase conclusiva un accordo operativo per l'invio in Paesi selezionati di team di esperti nel settore della prevenzione incendi, della tutela delle specie in via d'estinzione e dell'ingegneria forestale per combattere la desertificazione. Contiamo di siglare il protocollo entro l'anno.
  Il secondo progetto riguarda l'evoluzione del Centro Addestramento di Sabaudia, dislocato nell'area del Parco del Circeo in un centro di eccellenza internazionale da offrire alle agenzie dell'ONU impegnate nelle questioni ambientali per attività di formazione a favore dei Paesi in via di sviluppo con un focus sull'Africa.
  Mi avvio a concludere. L'Arma rappresenta uno strumento operativo prezioso a disposizione del Governo italiano, in grado di svolgere una triplice funzione. La prima è quella di instaurare un dialogo dedicato con le forze di sicurezza locali, da sempre attori strategici nel processo di crescita dei Paesi in via di sviluppo. Il secondo è quello di iniettare elementi di governance utili alla maturazione delle istituzioni locali, secondo standard internazionali pienamente rispettosi dei diritti umani e dell'ambiente. Il terzo è quello di favorire relazioni privilegiate del nostro Paese con Stati in crescita istituzionale ed economica, troppo spesso condizionate da politiche assertive di altre nazioni quali Cina, Russia e Turchia; soprattutto mi riferisco all'Africa. L'Arma assolve a queste funzioni con le stesse risorse impiegate sul territorio nazionale, che ripropongono all'estero il modello istituzionale adottato in patria.
  Il volto rassicurante del comandante di stazione, che ognuno di noi può incontrare sul territorio nazionale, è lo stesso che approccia con efficacia popoli e culture diverse. Questa è l'anima che l'Arma apporta al sistema Paese nel confronto con la Pag. 11comunità internazionale. È nota la frase di Tolstoj: «Se vuoi essere universale, parla del tuo villaggio». Non è un caso che all'interno del Padiglione Italia all'Expo di Dubai sia presente anche una pattuglia di carabinieri collocata all'ingresso di una stazione fedelmente riprodotta in quello spazio espositivo. È ovviamente per noi un momento di orgoglio.
  Permettetemi, dunque, di rivolgere l'ultimo pensiero proprio ai miei carabinieri, che con la loro perseveranza, con la loro determinazione, con la loro professionalità, restituiscono anche nel mondo l'immagine più bella del nostro grande Paese. Grazie a voi per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, Generale, per questa ampia, dettagliata ed esauriente esposizione. Io ho già parecchi iscritti a parlare. Chiedo ai colleghi, naturalmente, di contenere gli interventi per consentire a tutti di prendere la parola.
  Ha chiesto la parola l'onorevole Maria Tripodi, di Forza Italia, della Commissione Difesa. Prego.

  MARIA TRIPODI. Grazie, presidente. Generale, grazie per la sua esaustiva relazione, che ha fatto conoscere anche in questa sede istituzionale il grande valore dell'Arma dei carabinieri, che anche all'estero dà lustro al nostro Paese. Lei ha toccato tanti punti. Io mi volevo soffermare in particolare su due temi: quindi, le porgo due domande.
  Lei ha recentemente avuto una visita in Ruanda. È noto che i carabinieri sono da sempre protagonisti apprezzati nelle missioni internazionali. Le chiedo quanto sia importante per il nostro Paese che le missioni proseguano soprattutto rispetto agli attuali scenari nel continente africano.
  La seconda domanda che vorrei porle è la seguente. Da poco c'è stato nei Balcani l'avvicendamento al comando della missione KFOR, che ha visto il subentro del comando del contingente ungherese dopo 15 anni di guida italiana. Secondo lei, quali equilibri si evolveranno nella regione e che rapporti abbiamo come Italia rispetto alle forze ungheresi? La ringrazio.

  PRESIDENTE. Bene. Prima di dare la parola all'onorevole Pagani volevo solo dire che è già previsto che alla fine della direzione ungherese ritorni la guida all'Italia. Comunque, poi, il Generale spiegherà più nel dettaglio. Onorevole Pagani.

  ALBERTO PAGANI. Grazie, presidente. Grazie, Generale, per l'illustrazione delle tante attività che svolgono i carabinieri. A proposito di questo, vorrei fare una domanda alla quale anticipo una breve premessa. Delle tante attività che vengono svolte, al di là del lavoro di Polizia militare, sempre apprezzato e apprezzabile, c'è un aspetto che a me interessa particolarmente e che trovo molto attuale.
  Nei Paesi che stanno nel quadrante di nostro maggiore interesse, cioè l'area del Middle East e Nord Africa, il cosiddetto «Mediterraneo allargato», l'intervento delle missioni di pace si innesta su realtà statuali che non sono fallite, ma sono estremamente fragili, nelle quali l'esigenza principale di formazione delle capacità di sicurezza interna e di polizia è un misto tra una necessità di carattere militare di proteggere la popolazione e lo Stato dalle incursioni di bande armate jihadiste, e quindi in grado di sostenere le proprie azioni di guerra o di guerriglia, e un'attività più tradizionale di sicurezza, di polizia e di ordine pubblico.
  Peraltro, molti di questi Paesi hanno alcuni legami con il nostro, purtroppo, riguardo ad attività di carattere criminale. Penso al traffico di stupefacenti, al traffico di armi e al più incivile di tutti: il traffico di esseri umani e di speculazione sull'immigrazione clandestina. I carabinieri hanno anche nel territorio nazionale competenze legate a queste attività, che si integrano con le capacità che poi possono essere in grado di trasmettere e di produrre in questi Paesi.
  Terzo luogo, capacità particolari specifiche dei carabinieri, come quella che ha citato prima, del Nucleo di protezione del patrimonio culturale, o anche del patrimonio ambientale, che richiedono competenze anche nel settore della Polizia giudiziaria, cioè capacità di indagine.Pag. 12
  Per queste ragioni non so se il modello dei carabinieri sia un unicum nel mondo, ma sicuramente è un'eccellenza che riesce a fornire un servizio, nello State building e nella capacity building, molto apprezzato.
  Arrivo alla domanda. In questo momento, per ragioni contingenti, cioè legate alla vicenda afgana, si è aperto un dibattito sulla Difesa europea, sperando che questo non sia come le luci dell'albero di Natale che si accendono e si spengono e stanno accese poco tempo, ma permetta di sviluppare un lavoro. A me pare che l'Italia abbia una carta di particolare pregio sullo scenario europeo, specialmente nei riguardi dei Paesi di cultura francofona e che, quindi, sono abituati alle gendarmerie, che però noi facciamo particolarmente bene, che è proprio l'Arma dei carabinieri.
  Ora Lei crede che questa possa essere una delle leve su cui il nostro Ministro della difesa, il nostro Presidente del Consiglio, il nostro Governo, possano promuovere un'iniziativa sul terreno europeo per costruire un progetto, integrato con le modalità e con le alleanze come la NATO di cui noi facciamo parte, per farci carico di quelle realtà che saranno in futuro sempre più sulle nostre spalle, cioè quelle del Mediterraneo, essendo che il centro strategico di interesse dei nostri alleati oltreoceano si è spostato su un'altra area mondiale? Quindi, dobbiamo imparare a gestire da soli i nostri problemi nel Mediterraneo. Forse la Difesa europea, in questo senso, può costruire un modello che ancora non conosciamo come modello integrato?

  PRESIDENTE. La parola all'onorevole Migliore, di Italia Viva, della Commissione Affari esteri.

  GENNARO MIGLIORE. Grazie, signor presidente. Grazie, Comandante, per questa esauriente relazione. Devo dire che, come tutti noi sappiamo, il contributo e l'originalità della competenza dell'Arma sono davvero uno degli elementi di maggiore forza nella nostra proiezione internazionale. È per questo motivo che, ritenendomi ampiamente soddisfatto della Sua illustrazione, volevo chiederle alcune valutazioni rispetto a ciò che è in via di evoluzione, in particolare sia sul versante della politica criminale, ovvero della collaborazione con Europol ed EPPO, sia su quali potrebbero essere gli sviluppi in relazione all'estensione delle competenze della procura europea. Infatti, sappiamo che la richiesta dell'Italia era volta a estenderla anche oltre i reati in danno del bilancio dell'Unione; in particolare, immagino quelli di contrasto al terrorismo e alle minacce globali.
  La seconda questione riguarda la capacità, che abbiamo riscontrato in più occasioni, di intervenire in contesti dove vanno formate le forze per la sicurezza e l'ordine pubblico. Oggi i conflitti sono tutti conflitti asimmetrici che richiedono una competenza di questa natura, anche perché è difficile immaginare un teatro di intervento che non abbia queste caratteristiche, sia quando sono presenti attività conclamate di carattere terroristico, sia per quanto avviene per i movimenti e le situazioni di crisi che si determinano sul territorio.
  Pertanto, vorrei sapere se nel modello di Difesa europea non debba essere prioritario, più che la difesa dei confini, l'integrazione, che è una vocazione naturale di qualsiasi operazione coordinata di difesa; vocazione a costituire una difesa europea che abbia le caratteristiche del mantenimento della sicurezza. In questo senso, chiedo se la proposta italiana può andare nella direzione di comprendere anche il mutato scenario, visto che peraltro ci potrebbe essere anche una sovrapposizione con compiti operativi della NATO. In questo credo che l'Arma dei carabinieri possa essere il modello di riferimento.

  PRESIDENTE. Grazie. Il collega Deidda, della Commissione Difesa, di Fratelli d'Italia. Prego.

  SALVATORE DEIDDA. Grazie, presidente. Comandante, grazie per la sua relazione. Sicuramente poi la leggerò con maggiore attenzione per prendere spunti. Pag. 13Arrivo alla domanda, che sarà rapida. Nel vostro impegno all'estero, purtroppo, abbiamo visto che accadono anche dei fatti tragici. Mi riferisco, soprattutto, a quanto riguarda la protezione delle ambasciate. Ci sono stati dei tagli in questi anni. Lo dico senza polemica, quindi, trasversalmente. C'è una sottovalutazione della politica nei riguardi dell'attenzione verso questo tema perché, purtroppo, il clima geopolitico sta cambiando e siamo circondati da conflitti e situazioni difficoltose e non ci si è accorti che, forse, c'è bisogno di maggiore attenzione. Se è possibile, io credo che sia anche auspicabile, chiedo un rafforzamento delle Forze dell'Arma dei carabinieri, perché, come ho detto in altre occasioni, con l'invecchiamento del personale la coperta diventa corta e c'è bisogno di altri numeri.
  Poi, se posso permettermi, vorrei fare una proposta. Ho visto che avete parlato del compito dei carabinieri forestali. Chiedo se può interessare un accordo con la regione Sardegna, che è depositaria con il Corpo forestale della regione Sardegna – e lo dico con maggiore dettaglio, mi perdoni – del registro del Catalogo regionale degli ordigni incendiari. Siamo una delle regioni forse capofila in queste competenze. Chiedo se voi potete essere depositari di questo registro, che diventerebbe così patrimonio nazionale. Grazie.

  PRESIDENTE. Onorevole Formentini, della Lega, della Commissione Affari esteri.

  PAOLO FORMENTINI. Grazie, presidente. Grazie, Comandante. È stato davvero un quadro completo quello che ci ha reso. Testimonia un impegno enorme a vantaggio del nostro Paese. Io, nel suo intervento, ho apprezzato particolarmente il riferimento alla possibilità di fare sistema Paese. Ha anche citato il caso specifico del Ruanda, con la penetrazione dei prodotti italiani e la fidelizzazione di questo Paese estero. Questo secondo me deve essere un obiettivo. Deve essere fatto su larga scala. Magari le chiedo anche se ha dei suggerimenti per migliorare questa penetrazione del sistema Paese, che spesso purtroppo è carente.
  Ci ha illustrato benissimo l'enorme lavoro che svolge l'Arma, dai caschi blu per la cultura ai caschi verdi. Però, a mio avviso, l'elemento chiave è quella grande capacità, che peraltro ha anche sottolineato, di dialogo; una capacità tutta italiana, che ci viene riconosciuta in tutto il mondo e che si esplica, ad esempio, in Kosovo, dove, se non ci fossero stati i nostri uomini dell'Arma, la protezione di monasteri serbo-ortodossi sarebbe stata sicuramente più debole.
  Ma non solo nel Kosovo, che ormai è un caso noto. Ho letto con piacere che è successo anche in Mozambico, dove le forze addestrate con il contributo dell'Arma dei carabinieri hanno avuto un approccio, per così dire, più sensibile alla popolazione locale.
  Anche l'apprezzamento trasversale nella penisola arabica è un elemento importantissimo e da sottolineare. Paesi come Qatar e gli Emirati, che entrambi si affidano alla consulenza dell'Arma.
  Per quanto riguarda la Commissione Esteri, il nostro grande impegno come Lega, ma con tutti gli altri gruppi politici, è stato proprio volto al potenziamento della presenza dei carabinieri nelle nostre ambasciate. Ho letto della volontà di arrivare almeno a un carabiniere per ogni ambasciata. Ovviamente, per noi se si potesse fare di più sarebbe ancora meglio; quindi continuerà il nostro sostegno con emendamenti, legge di bilancio dopo legge di bilancio. Grazie di cuore.

  PRESIDENTE. Altri colleghi da remoto? Onorevole Perego Di Cremnago, prego

  MATTEO PEREGO DI CREMNAGO, intervenendo da remoto. Grazie, presidente. Grazie, signor Comandante, per la sua relazione. Vorrei sottolineare solo due aspetti, che ho potuto misurare fra l'altro di persona.
  In particolare, ad esempio, l'apporto dei carabinieri in Niger. È la dimostrazione di quella capacità tipica degli uomini dell'Arma dei carabinieri di riuscire a generare empatia, oltre che un livello molto efficace di professionalità, nell'addestramentoPag. 14 delle forze locali. Dico questo perché, a volte, sono anche capaci di sopperire a quelle lacune del sistema Paese, in particolare in Niger – voglio citare proprio questo esempio – dove noi addestriamo le forze di polizia locale, ma poi manchiamo di quell'aspetto di fornitura di materiali, con le limitazioni che a volte dipendono dalle nostre scelte politiche. In questo senso, almeno, abbiamo la capacità dei nostri carabinieri di incidere e affermare anche l'influenza del nostro Paese in questi territori.
  C'è un altro aspetto importante, ed è un auspicio forse per il futuro. Quando si parla di maggiore intervento e capacità dell'Europa di poter guardare a un'autonomia strategica in certi teatri, a me viene in mente immediatamente il Nucleo di protezione del patrimonio culturale, che se l'Italia avesse deciso, ad esempio, di intervenire nel conflitto in Siria, sarebbe potuto essere schierato in quel patrimonio culturale enorme che è il sito di Palmira, sito antico romano, così come a tutela del patrimonio dello Yemen. Questo è ovviamente un auspicio per il futuro.
  C'è un altro aspetto importante che volevo sottolineare e sul quale vorrei proprio fare una domanda specifica. Siccome l'area del confine fra Burkina Faso, Mali e Niger è attraversata da fenomeni di crescita esponenziale del jahidismo islamista, Le chiedo se crede che impiegare i carabinieri anche in una funzione di intelligence incrementandone la presenza possa monitorare questo flusso di terrorismo che si espande dal Sahel fino alla Libia e coinvolge poi anche il Mozambico, tutt'altra regione dell'Africa che però rappresenta una minaccia seria per il nostro Paese. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Do ora la parola al Generale per le risposte. Prego, Generale.

  TEO LUZI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Grazie. Onorevole Tripodi, siamo partiti dal Ruanda. Io penso che quello del Ruanda sia un bellissimo esempio di impiego dell'Arma dei carabinieri all'estero, perché oggi abbiamo una grandissima considerazione: è chiaramente un Paese dai canoni africani; un Paese piccolino, ma in crescita, che è diventato un riferimento per tanti Paesi dell'Africa centrale e guarda all'Italia come un Paese di riferimento. Credo che questo per noi sia un elemento qualificante.
  L'esperienza del Ruanda può essere sicuramente applicata in tanti Paesi africani, ovviamente valutando di volta in volta le opportunità. Già il Ruanda di per sé è diventato un hub per 40 Paesi centroafricani in termini di addestramento. Venti già sono in atto con corsi al loro college, che sarebbe l'Accademia. Adesso c'è questo nuovo centro anti-terrorismo per cui ci hanno chiesto la collaborazione. Significa esportare la nostra cultura rispetto a questi Paesi e anche capire le dinamiche dei Paesi africani, che poi significa anche prevenire eventualmente riflessi in altre aree, incluse quelle europee, perché ormai il sistema è globale.
  KFOR è un discorso a parte. Non è cambiato nulla in Kosovo, perché tutto sommato è cambiato il Comandante, ma l'anno prossimo tornerà a essere un comandante italiano. Noi peraltro – parlo come carabinieri – abbiamo un ottimo rapporto con la Polizia militare ungherese. Abbiamo auspicato di avere personale della Polizia militare, un plotone o un paio di plotoni dentro la Multinational Specialized Unit, perché comunque ci darebbe un contributo organizzativo anche di maggiore internazionalità del nostro Comando.
  C'è volontà da parte del Governo kosovaro di avere più carabinieri. Poi sono delle scelte, ovviamente, che dovranno essere fatte. Abbiamo un rapporto eccezionale anche con la parte serba a Nord. Penso che stiamo facendo un grandissimo lavoro nell'interesse dell'Italia, ma dico di più: nell'interesse dell'Europa, perché quando si tratta di aggiornare le liste Schengen significa fare l'interesse dell'Europa.
  Onorevole Pagani, tante cose sono state dette. L'Arma in effetti è un unicum a livello internazionale. È qualcosa di strano. Io uso questo termine non a caso: un militare che fa un compito di polizia. In Pag. 15realtà poi si è capito che questa stranezza è anche una grande opportunità, e un grande pregio. Possiamo operare in contesti difficili anche sotto comandi militari, facendo attività di polizia con canoni e con criteri italiani, che sono criteri di alta democrazia. Questo nessuno lo può negare, ed è proprio quello che a volte questi Paesi cercano.
  È chiaro che siamo una risorsa per l'Italia, chiaramente con numeri che possiamo proiettare all'estero; però è qualcosa che altri Paesi in ambito NATO o in ambito Unione europea non hanno e, quindi, è chiaro che è una risorsa. Ma devo dire che il nostro Ministro è molto attento e sempre molto interessato. Cerca di valorizzare questa componente, che alla fine costa poco e aiuta a fare la diplomazia militare a livello internazionale.
  Certo, ovviamente non siamo sostitutivi delle altre Forze armate, cui va riconosciuto un merito straordinario. È un qualcosa in più, che è complementare rispetto a quello che fanno le Forze armate tradizionali che altri Paesi non hanno. Quindi, ben venga un impiego nell'interesse dell'Italia e nell'interesse delle aree dove si fa questo tipo di interventi.
  Mi è piaciuto il termine usato dall'onorevole Migliore: originalità. In effetti siamo originali; però è un'originalità costruttiva, perché abbinata al dialogo che è nell'indole dell'italiano. Noi siamo per una forma di empatia, abbiamo delle potenzialità enormi nell'impiego internazionale, perché alla fine bisogna anche operare nel rispetto delle culture locali, ed è anche questo il motivo per il quale ci cercano. Non siamo invasori, non siamo colonizzatori di seconda battuta. Siamo esportatori della nostra cultura e devo dire che poi, molto spesso, questi Paesi danno anche qualcosa in cambio, perché conoscere le dinamiche africane significa riportare in Italia cultura per i nostri carabinieri.
  Riguardo a tutta l'attività di Polizia, penso che in Europa si siano fatti passi da gigante negli ultimi 15-20 anni. Ora Europol è un organismo che sta sempre più funzionando. C'è un rapporto di collaborazione eccezionale. Abbiamo risolto tantissime situazioni. Delle scelte sono state fatte negli equilibri europei, ma in realtà tutto il sistema EPPO deve ancora partire. Noi ci siamo organizzati. Con i carabinieri abbiamo addestrato appositamente personale per quelle tipologie di reati. Sicuramente il sistema richiederà tempo per andare in equilibrio con le competenze delle procure ordinarie.
  Vorrei ricordare che c'è anche Eurojust, che non attiene a funzioni di Polizia, ma a un coordinamento delle autorità giudiziarie. A livello sovrastante, comunque, Europol ed Eurojust in collegamento danno un prodotto migliore rispetto a quello di vent'anni fa. Probabilmente c'è ancora tanto da fare, però forme di resistenza tra Paesi non ce ne sono. C'è una volontà di collaborare nel campo dell'attività di Polizia, fermo restando che il diritto penale è nazionale. Però in questi ultimi anni non ho mai trovato un Paese che si oppone, che fa resistenza. Anzi, c'è una volontà soprattutto sui grandi temi. Il terrorismo è inevitabile, ma anche la criminalità organizzata. C'è proprio un desiderio di scambio, di collaborare, di fare squadre congiunte, laddove ce ne sono le esigenze. Non vedo una forma di resistenza nazionalista su questo tipo di argomento. Anzi, c'è esattamente il contrario.
  Quanto al modello di difesa europeo, che ha sollevato l'onorevole Migliore, ovviamente non riguarda me. La Difesa è qualcosa che va al di là dell'Arma dei carabinieri. Però, nella mia relazione, ho parlato di Eurogendfor. In realtà Eurogendfor è un trattato tra cinque Paesi – poi hanno aderito anche altri – che ha già costituito un comando europeo non italiano, anche se sta Vicenza, per il dispiegamento di forze di tipo gendarmeria laddove c'è un'esigenza di crisi o dove c'è un'area di crisi, ovviamente sulla base di scelte che farà l'Unione europea.
  È stato un po' sottoimpiegato, ma potenzialmente se domani l'Unione europea decidesse di intervenire in Africa o nell'Est europeo a tutela dei propri interessi, tolta la parte militare che è qualcosa di più ampio e generale, come capacità di intervento di Polizia anche in aree di crisi c'è già questo Eurogendfor. Il Comando Pag. 16viene dispiegato; vanno ovviamente a questo assemblate le forze che ogni Paese potrebbe mettere a disposizione. Per cui, in realtà è già un esempio efficiente di un impiego europeo di una gendarmeria secondo canoni dell'Arma dei carabinieri, a grandi linee. Quindi è già un trattato, è già un accordo. Poi, che fino ad oggi sia stato poco impiegato è anche questa una realtà. Adesso passano il tempo nell'organizzare, nel pianificare, ma domani potenzialmente se l'Unione europea decidesse di impiegare due o tre reggimenti di Guardia Civil, carabinieri, gendarmeria, già c'è il comando. In un mese si parte, non c'è bisogno da far nulla.
  Onorevole Deidda, protocollo. Perché no? Noi cerchiamo protocolli. Chiaramente è una scelta che dovrà fare la regione Sardegna. Essendo giustamente una regione a Statuto speciale non so se ha questo interesse. Io questo non lo so, ma da parte nostra cerchiamo queste forme di collaborazione anche con le regioni a Statuto speciale. Anzi, lo auspichiamo, nel rispetto ovviamente delle competenze e delle proprie attività.
  Protezione delle ambasciate. Ho già detto che sono previste cinquanta unità in più. In legge di bilancio ci dovrebbero essere altre cento unità. Credo che sia un investimento anche per il Paese e la difesa delle proprie sedi. Mi tolgo l'uniforme per un attimo. Quando vanno italiani presso la sede dei carabinieri, alla fine chiedono ai carabinieri anche piccole cose. Trovano sempre cortesia, trovano un po' di attenzione. I carabinieri sono fatti così; sono anche un'utilità per il piccolo funzionamento dell'ambasciata. Devo dire che il corpo diplomatico è felice. Ho solo ricevuto parole di plauso nei confronti del comportamento di questi carabinieri. Questo è un elemento in più. Rispetto alle scelte che farà il Parlamento sui numeri e sulla spesa che si vorrà sostenere, il trend è quello di aumento delle unità all'estero, anche se parliamo di qualche decina di persone e non di migliaia.
  Il problema complessivo dell'incremento della forza, che ha sollevato l'onorevole Deidda, c'è. Dal 2012 la Forza è andata in decremento, però adesso siamo in aumento – uso un termine improprio – dal primo Governo Conte, che ha previsto dei reclutamenti, e dovremmo incrementare fino al 2025 di circa 6 mila unità complessive. Il problema è che, ad oggi, non abbiamo più posti letto. Se anche il Parlamento decidesse di fare reclutamenti straordinari e assumere 3 mila carabinieri per il 2022 o il 2023, non saprei dove metterli né io, né la Polizia di Stato, né la Finanza per l'attività addestrativa, perché la capienza delle scuole è ormai saturata; poi il COVID non ci ha certamente favorito, perché ha dimezzato le aree disponibili dovendo rispettare il distanziamento. Per cui, ad oggi la situazione è questa. In prospettiva potremmo incrementare le forze di Polizia dal 2025 in avanti, giusto per dare un riferimento, al di là di qualche centinaio di ritocchi che possono comunque sempre esserci.
  Per dare risposta all'onorevole Perego, in Siria e nello Yemen non ci sono le condizioni operative, come potete immaginare, per mandare i carabinieri per l'ambiente o per i beni culturali. Però vorrei solo dire che l'ONU ci ha chiesto di addestrare delle forze di Polizia yemenite, cosa che noi faremo a Gibuti. Questo è l'accordo, quindi manderanno degli yemeniti. C'è già il corso che noi facciamo a Gibuti per conto degli stessi gibutini e dei somali, e inseriremo anche degli yemeniti.
  In sintesi, per noi significa esportare cultura italiana, che ci deve dare orgoglio; significa far crescere queste forze di Polizia con canoni europei, e questo dovrebbe darci orgoglio; e soprattutto, significa fidelizzare questi Paesi verso l'Italia, perché la fidelizzazione, il guardare a un Paese è importante. Sono operazioni che costano poco. Per la missione del personale non dobbiamo spostare chissà quali cose, e soprattutto le forze di Polizia in questi Paesi hanno un peso specifico importante. Io credo che questo impiego dei carabinieri, anche se nei numeri che ci siamo detti, sia utile per il nostro Paese.
  Ho risposto più o meno a tutti? Manca qualcosa?

Pag. 17

  PRESIDENTE. No. È stato anche puntualissimo, perché dobbiamo chiudere la seduta. Io ringrazio molto il Generale Luzi, che mi pare abbia dato risposte esaurienti. Naturalmente, ringraziando lui, ringraziamo tutto il Corpo dell'Arma dei carabinieri per tutto quello che quotidianamente fa, non solo in Italia ma anche nella proiezione internazionale, secondo le linee che ci sono state indicate.
  Grazie. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.35