XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 131 di Mercoledì 8 settembre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 2 

Audizione del Vice Presidente di CONFAPI, Francesco Napoli, sul tema dei flussi paralleli di rifiuti (l'audito sarà in videoconferenza):
Vignaroli Stefano , Presidente ... 2 
Napoli Francesco , Vice Presidente di CONFAPI (intervento da remoto) ... 2 
Muzio Gabriele , Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto) ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Napoli Francesco , Vice Presidente di CONFAPI (intervento da remoto) ... 10 
Muzio Gabriele , Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto) ... 11 
Napoli Francesco , Vice Presidente di CONFAPI (intervento da remoto) ... 11 
Muzio Gabriele , Responsabile area tecnica DI CONFAPI (intervento da remoto) ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Napoli Francesco , Vice Presidente di CONFAPI (intervento da remoto) ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Napoli Francesco , Vice Presidente di CONFAPI ... 11 
Rufa Gianfranco  ... 12 
Muzio Gabriele , Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto) ... 12 
Rufa Gianfranco  ... 12 
Muzio Gabriele , Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto) ... 12 
Briziarelli Luca  ... 12 
Muzio Gabriele , Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto) ... 13 
Napoli Francesco , Vice Presidente di CONFAPI (intervento da remoto) ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Muzio Gabriele , Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto) ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Muzio Gabriele , Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto) ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Muzio Gabriele , Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto) ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Muzio Gabriele , Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto) ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Muzio Gabriele , Responsabile area tecnica di CONFAPI ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Vice Presidente di CONFAPI, Francesco Napoli, sul tema dei flussi paralleli di rifiuti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno prevede l'audizione in videoconferenza di Francesco Napoli Vice Presidente di CONFAPI. Partecipa all'audizione Gabriele Muzio, consulente CONFAPI nelle materie ambientali.
  L'audizione rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul tema dei flussi paralleli illeciti all'abbandono dei rifiuti con particolare riferimento ai rifiuti inerti e ai RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche).
  La Commissione è interessata a conoscere quali siano le criticità del settore e quali iniziative sono in fase di attuazione per raggiungere il target europeo di raccolta.
  Comunico che l'audito ha preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta.
  Invito quindi il nostro ospite a svolgere una relazione su questo tema che ci sta a cuore e poi eventualmente faremo qualche domanda specifica.

  FRANCESCO NAPOLI, Vice Presidente di CONFAPI (intervento da remoto). Buongiorno a tutti. Ringrazio il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta della Camera dei deputati, l'onorevole Stefano Vignaroli, per l'invito a partecipare all'odierna audizione in cui la CONFAPI può esprimere le proprie proposte e valutazioni su un tema centrale nell'agenda dell'attuale Governo Draghi e sullo stato del contrasto alla criminalità organizzata nel settore.
  Prima di girare la parola al nostro responsabile dell'area tecnica, Gabriele Muzio, faccio alcune brevissime considerazioni. L'ambiente vive illegalità e i temi della legalità sono molto cari alla nostra organizzazione e al mondo che rappresentiamo da quasi 75 anni fatto di piccole e medie industrie private. Da sempre promuoviamo iniziative tese a diffondere nelle imprese una maggiore informazione e a promuovere occasione di formazione sulla cultura della legalità. La tutela del territorio e delle attività economiche deve essere in cima alla lista di priorità, se si vuole garantire lo sviluppo socio economico del nostro Paese. La criminalità toglie energia all'imprenditoria onesta, ne assorbe risorse e profitti. La criminalità organizzata è il parassita che invade, contamina e lentamente spegne, soffoca, uccide.
  Noi recentemente abbiamo firmato con il nostro presidente Maurizio Casasco e il comandante generale dei carabinieri un protocollo d'intesa anche per la salvaguardia degli illeciti ambientali e per il contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata nell'attività economica. Questo accordo coinvolge direttamente tutte le organizzazioni Pag. 3 territoriali che rappresentiamo e i comandi provinciali dei carabinieri nella condivisione di obiettivi comuni per la legalità e per la crescita del nostro Paese. Aggiungo che la catena degli incendi appiccati agli impianti di trattamento dei rifiuti in Italia in particolare in alcune regioni del Nord costituisce un chiaro indice della presenza di una illegalità assai diffusa nel settore. Ne emerge il bisogno di codificare questo nuovo modello per rafforzare e intensificare i controlli mirati a prevenire e contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata e nell'economia legale.
  Burocrazia: promuovere un nuovo modello di produzione dei servizi alla pubblica amministrazione. Spesso si è convinti che la norma e le regole bastino a prevedere tutto quello che verrà e a mettere tutti in riga. È così che spesso comincia la sovrapproduzione di regole e con essa la moltiplicazione di procedure. CONFAPI da sempre chiede regole semplici, chiare, che non ingessino il processo a danno del raggiungimento del prodotto. Abbiamo una moltiplicazione dei controlli che spesso sfocia in una loro deriva giurisdizionale. Occorre lavorare – questa è l'occasione giusta in questo particolare momento storico del nostro Paese – per una dirigenza che sia fondata non sulla precarietà, ma sul merito, una missione che CONFAPI vuole fare sua.
  A questo punto io chiedo al nostro Responsabile dell'area tecnica, il dottore Gabriele Muzio, di presentare la relazione che è decisamente più dettagliata. Grazie.

  GABRIELE MUZIO, Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto). Grazie mille. Un ringraziamento anche da parte mia a tutti i componenti della Commissione e al presidente, l'onorevole Vignaroli, per l'invito che personalmente, oltre che come CONFAPI, ha fatto piacere ricevere.
  Ringrazio anche il presidente Napoli per l'introduzione che ha già toccato alcuni punti della relazione, che vi deve essere stata trasmessa in mattinata dalle nostre segreterie di presidenza, che cercherò di illustrare e rispetto alla quale abbiamo cercato di sintetizzare i tanti utili interessi anche in termini – per rispondere alla sua domanda iniziale – di criticità e di proposte operative che il nostro sistema vuole portare rispetto a queste tematiche.
  Nell'illustrazione mi permetto nuovamente di fare alcune considerazioni che trattano il tema dei rifiuti inserito in un contesto di sostenibilità, di economia circolare, anche di passate norme e di progetti di norme, di norme future tra cui il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), già citato dal presidente, per poi addentrarmi all'interno di entrambe le filiere, perché questo è già un primo punto che teniamo a precisare. Rispetto alle due filiere per i rifiuti elettrici ed elettronici e quella dei rifiuti inerti, la nostra confederazione ha titolo per ruolo e rappresentanza non solo numerica, ma abbiamo anche le cosiddette «unioni di categoria», le nostre confederazioni verticali di appartenenza di settore che coprono interamente le due filiere. Entrando nel merito delle due tematiche, spiegherò meglio quali sono i ruoli coperti da parte delle nostre imprese.
  Non siamo nuovi a un coinvolgimento di questo tipo, ma cogliamo l'occasione anche per rinnovare un invito alla parte politica nello sfruttare ulteriormente il sistema CONFAPI, perché non sempre questo è avvenuto anche in disegni di norma, ragionando su quelli che potrebbero essere gli impatti operativi su una piccola o media impresa. Purtroppo per certi versi le norme escono con un testo analogo e applicabile a tutte le aziende indipendentemente dalla struttura organizzativa e dalle dimensioni. La stessa norma applicata su una grande impresa, su un sito produttivo di un'azienda multinazionale ha effetti e anche strutture che possono gestirla, percepirla e anche di supporto tecnico, come diceva il presidente Napoli, ben diverse da quello che invece ha come effetto interno alla piccola e media impresa.
  In questo torno a ribadire che il mio ruolo non è solo quello di direttore tecnico dell'area territoriale, ma anche di coordinatore dell'area tecnica e che le nostre strutture territoriali svolgono un ruolo veramente Pag. 4 di aiuto, di antenna, sul territorio fondamentale.
  Oggi qui non portiamo dei numeri, ma sicuramente portiamo dei feedback da parte delle nostre imprese, di criticità, di problematiche e con i colleghi dell'area tecnica spesso ci scambiamo descrizioni di casistiche, contestazioni di verbali, anche di potenziale inquinamento sul territorio, perché a macchia di leopardo questo è un fenomeno che non possiamo fare finta di non vedere.
  Il tema dei rifiuti è strettamente connesso anche a un tema caldo di interesse, quello del cosiddetto end of waste, ovvero la cessazione della qualifica del rifiuto, di materie prime secondarie e anche di sottoprodotti. Dal punto di vista legislativo non dimentichiamo la direttiva quadro dei rifiuti e poi il testo unico 152 individua anche altre fattispecie lecite alla classica gestione dei rifiuti. Devo dire che da questo punto di vista c'è una certa preoccupazione – usiamo questo termine – nell'usare anche altri strumenti normativi, quello dell'end of waste, ma anche quello del sottoprodotto come alternative non lecite della corretta gestione del rifiuto. Tuttavia, non è così: lo prevede la direttiva, lo prevede la norma nazionale, stiamo cercando di incentivare anche l'utilizzo di questi strumenti normativi a disposizione.
  Abbiamo partecipato ai 14 gruppi di lavoro ministeriali del cosiddetto «pacchetto dell'economia circolare». Non si può trattare una filiera di rifiuti in maniera distinta da altre norme e non si può parlare di inerti e di RAEE senza trattare il tema di rifiuto urbano, rifiuto speciale e il vecchio concetto di assimilazione. Non si può non trattare queste tematiche anche parlando di sistemi di tracciabilità.
  Anche in questa occasione mi preme citare come esempio il progetto SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti), che è stato un esempio commentato negativamente da più parti. Noi abbiamo investito tanto e tanto tempo, ma non è lo strumento di controllo di legalità che riteniamo utile per come era stato progettato. Stiamo partecipando al nuovo progetto RENTRI (Registro elettronico nazionale sulla tracciabilità dei rifiuti) e abbiamo fiducia, poiché le premesse che sia uno strumento sicuramente differente sono ottime.
  Nella relazione mi sentirete citare più volte dei passaggi che ha già anticipato il presidente Napoli, come la semplificazione anche come uniformità di comportamento. L'Italia è fatta da tante regioni, da tante città metropolitane, da tante province, da tanti comuni, ma la norma è una e le applicazioni sul campo sono tante e troppo differenti da una situazione all'altra.
  Introduco un altro tema che è quello della concorrenza. Qui siamo spinti anche come PMI (piccola e media impresa) a orientarci a un mercato globale, europeo ed extraeuropeo, e non possiamo sostenere una concorrenza sleale che è tale perché sono troppo differenti gli obblighi di legge tra un comune e l'altro, una provincia e l'altra, anche nell'ambito della stessa regione. Questo è un grido di allarme e di aiuto che ci arriva dalle nostre piccole e medie imprese che in tutte le occasioni riporto e ribadisco personalmente.
  Un altro tema che riprenderò anche nella trattazione delle due filiere è il tema dei controlli. Come ha già detto il Presidente, non passi come semplificazione che le associazioni datoriali siano contrarie ai controlli, anzi le aziende virtuose che hanno investito in adeguamenti e in certificazioni volontari in tema ambientale sono le prime a desiderare dei controlli che siano – passatemi questa espressione – di qualità, un po' meno a pioggia, talvolta ripetuti sugli stessi soggetti che sono deputati al controllo. Sono testimone anche di lavori sul campo e mi permetto di dire che le mie orecchie hanno sentito affermazioni del tipo: «È più facile andare a controllare un'azienda che è già autorizzata e fa parte di un elenco di aziende autorizzate, piuttosto che andare alla ricerca del sommerso e alla ricerca delle attività non autorizzate». Da un certo punto di vista è comprensibile l'affermazione, ma dall'altro è insostenibile di fronte a un'assistenza e aiuto alle nostre imprese.
  Veniamo alle due tematiche oggetto dell'audizione, vale a dire i RAEE e gli inerti. Introduco il tema dei RAEE avendo anche Pag. 5ascoltato le audizioni dei diversi portatori di interesse che ci hanno preceduto, da cui emerge già la problematica che lei, presidente, ha citato dell'obbligo dei target che è quanto mai ben presente nella nostra testa, perché è un obbligo che riguarda i produttori.
  Nella filiera dei RAEE nella piccola e media impresa che noi rappresentiamo mi verrebbe da dire che, nel concetto che in inglese si chiama «all actors», tutti i soggetti della catena di fornitura dell'apparecchiatura elettrica ed elettronica, ricoprono tutti i ruoli. Infatti, abbiamo piccola e media impresa che produce. Apro una veloce parentesi: ricordiamoci che dal punto di vista normativo per i RAEE il produttore è anche il soggetto che compra in Francia un'apparecchiatura elettrica ed elettronica per immetterla nel mercato. Tante PMI che si limitano a comprare una apparecchiatura – è più conveniente dal punto di vista economico – in un Paese europeo la rivendono in Italia, ma è come se la fabbricassero dal punto di vista degli oneri e degli obblighi. Numericamente sono tante le piccole e medie imprese che rispetto alla norma sulle RAEE sono produttore di apparecchiature elettroniche.
  Abbiamo la piccola distribuzione, non rappresentiamo il grande centro commerciale, ma abbiamo anche il distributore e i centri di assistenza tecnica perché, anche se non vanno forse più tanto di moda – non c'è più il piccolo vecchio riparatore della radio piuttosto del televisore – i centri di assistenza tecnica di grandi o piccole marche sono spesso piccole e medie imprese.
  Forse è meno noto, dal punto di vista del settore ambientale, abbiamo nostri associati che ricoprono il ruolo di raccoglitori, trasportatori e trattatori dei RAEE, l'intera filiera da noi coperta. Avete incontrato Assorae e noi rappresentiamo l'aspetto numerico degli impianti di strutture di dimensione a volte un po' più contenuta come numero di addetti, ma anche complessivamente.
  Introduco un altro tema che è quello della carenza di impianti e della distribuzione territoriale e del dimensionamento – lo chiamo «nanismo» – dell'azienda nell'ambito della gestione dei rifiuti. Grazie alle nuove banche dati pubbliche a disposizione di tutti, riscontrerete un elevatissimo numero di soggetti che fanno stoccaggi e che mettono insieme partite più o meno piccole – microraccolte e non solo – per farne volumi più grandi per portarli a valle a impianti di trattamento più strutturati, magari afferenti anche a multinazionali.
  Noi manchiamo di questi impianti di trattamento che competono il tipo di recupero dei RAEE e spesso e volentieri, ormai troppo spesso – questa è una richiesta che sta crescendo in maniera esponenziale nell'ultimo periodo – ci viene richiesto di assistere l'associato nel conferimento del rifiuto all'estero, che è lecito. Si chiama «trasporto transfrontaliero» – forse lo conoscete bene come norma di riferimento –, ma ha una valorizzazione economica e una semplificazione amministrativa e burocratica di alcuni paesi, che non sono solo i classici come la Germania e la Francia che da anni sono ricettori di un rifiuto, ma anche l'Europa dell'Est come la Polonia, stanno diventando Paesi dove i produttori di un rifiuto si stanno affacciando per un conferimento lecito anche con il peccato di perdere la formazione della materia prima e seconda che nel caso di RAEE è materiale metallico, materiale plastico, metalli preziosi. Il tema è già stato citato in precedenti anche audizioni.
  Nell'ambito dei RAEE siamo lontani dal target per una serie di motivazioni, perché abbiamo dei flussi che non sono tracciati. Nell'ambito delle quantità, talvolta si assistono a numeri e statistiche non totalmente collimanti. Sono testimone diretto – colgo questa occasione per dirlo – che il sistema CONFAPI ha anche un consorzio di riferimento: uno dei 12 sistemi collettivi o consorzi del mondo RAEE si chiama «Apiraee», non a caso, e mi pregio anche di ricoprire il ruolo attualmente di presidente. Qui porto non solo la visione del sistema CONFAPI, ma anche l'osservatorio di uno dei sistemi collettivi che aderisce al centro di coordinamento. Pag. 6
  Il centro di coordinamento da anni, dalla sua costituzione, lamenta questi flussi non tracciati e non mappati per due ragioni e casistiche differenti. In primo luogo talvolta il RAEE, invece che finire in impianti autorizzati ai RAEE, visto che è prevalentemente composto di materiale metallico, finisce all'interno di impianti autorizzati a trattare lo scarto metallico per acciaio e non a trattare la lavatrice, per semplificare molto.
  So che da questo punto di vista l'invito del centro di coordinamento dei singoli sistemi collettivi, di tutti i portatori di interesse è che questo rifiuto venga contabilizzato come centro di coordinamento e che ci permetta di essere più vicini al target, ma questo non avviene anche e soprattutto per una ragione di tipo economico: i conferitori hanno degli sbocchi dove c'è un soggetto autorizzato che valorizza dal punto di vista economico in maniera differente la parte ferrosa, non ferrosa e metallica e quindi preferiscono conferire a questo soggetto. Questo conferimento non corretto ed errato talvolta parte da impianti privati, ma talvolta parte dagli stessi centri di raccolta.
  Conoscete il meccanismo di registrazione dei centri di raccolta, i cosiddetti «sottoscrittori», rispetto al centro di coordinamento che siglano un accordo, però talvolta gli stessi sottoscrittori e gli stessi centri di raccolta comunali, invece che conferire agli impianti qualificati dal sistema CdC (Centro di raccolta), lo conferiscono ad altri soggetti. Dire che questo conferimento è illegale non è totalmente corretto, perché sono impianti dotati di autorizzazione e non è corretto nell'attribuzione di un codice CER (Catalogo europeo dei rifiuti). Dare un 170405 come ferro e acciaio da demolizioni, invece che dare il corretto codice 16 che raggruppa i componenti rimossi da apparecchiature fuori uso, non è formalmente corretto da un punto di vista legislativo.
  Vi è poi un altro flusso ben più grave e difficilmente controllabile che coinvolge forse in termini di responsabilità non solo lo Stato italiano, ma tutti gli Stati europei ed extraeuropei: i traffici illeciti con conferimento di rifiuti fuori dagli schemi autorizzati di qualsiasi natura, le più o meno famose navi che vanno soprattutto verso Paesi in via di sviluppo – non è una leggenda metropolitana, ma vi sono video sull'est asiatico – e anche in Africa, dove i RAEE vengono portati in discariche abusive e bruciati. Anni fa il CdC fece uno studio allucinante forse in Ghana o in uno Stato dell'Africa, dove i bambini vivevano sulle discariche, in cui venivano bruciati i cavi per liberare la frazione plastica e ottenere la frazione del rame ricercata e di valore.
  Un'altra criticità che evidenziamo del mancato raggiungimento di determinati target e numeri è quella della scarsa applicazione dei concetti dell'uno contro uno, ancora di più del concetto dell'uno contro zero, con un ruolo dei distributori che noi rappresentiamo. Parliamo sempre di piccola distribuzione, ma ascoltando le loro osservazioni anche quando abbiamo firmati gli accordi di programma, da un certo punto di vista sostengono di essere nella filiera tra incudine e martello, non solo il soggetto che ha a disposizione il contributo, ma anche il cliente che visita e che potrebbe lasciare il bene da smaltire e in qualche modo non riescono a soddisfare a pieno l'obbligo normativo.
  Il tema dell'uno contro uno si lega fortemente anche a quello della corretta informazione del consumatore. Scarsi sono gli esempi dove la distribuzione grande o piccola incentiva e ben spiega al consumatore quali sono i suoi diritti, facendo passare talvolta il ritiro dell'usato come un plus commerciale, quando è un obbligo effettivamente di legge. L'uno contro zero ha la problematica di presentarsi presso un centro vendita senza l'acquisto di un nuovo e lasciare lì il bene usato, che è molto lontano dalla percezione della conoscenza anche dei contribuenti. Dei flussi, ho già in qualche modo accennato.
  Un tema strettamente collegato agli illeciti e ai capannoni è anche quello dei furti e delle cannibalizzazioni. Conoscete sicuramente anche questo tema che si realizza sia presso i centri privati, gli impianti di trattamento, ma ancora di più Pag. 7presso i centri di raccolta ed è un tema che fa sì che i numeri, i target, ma anche e soprattutto risorse vengano trafugate. Le azioni dei sistemi collettivi, dei produttori dell'associazione verso gli organi di pubblica sicurezza da anni sono portate avanti, talvolta senza farne una questione legata a etnie, provenienze o tipologie del soggetto privato che vive nell'illegalità, però ricordo che, quando il tema anche dell'accesso di privati agli impianti di trattamento rifiuti era ancora più caldo – parlo di furti di rame legato al settore ferroviario con massiccio intervento della polizia ferroviaria – vi sono delle situazioni dove tutti sanno che all'ingresso degli ecocentri si può assistere a potenziali furti che possono partire da una richiesta più o meno blanda all'utenza privata, ma che quotidianamente avviene in qualsiasi territorio dell'Italia da Nord a Sud. Ad esempio, una signora che arriva con la macchina viene intervistata dal personaggio che chiede: «Ha del rame? Ha del ferro o dei componenti preziosi? Non si preoccupi non entri dentro, l'aiutiamo noi a svuotare la macchina e poi potrà proseguire». Questa è una criticità. Come riuscire a intervenire? Forse aumentando i controlli anche verso gli ecocentri, ma non è sicuramente una situazione facile e semplice da gestire per capillarità e comunque per la presenza degli ecocentri che non sono ancora diffusi in egual misura su tutto il territorio nazionale, ma che comunque sono abbastanza distribuiti sul territorio.
  Ciò che spesso chiedete ai produttori e per loro vece ai sistemi collettivi è che cosa hanno messo in campo o che cosa hanno fatto. Ritengo che sia stato fatto tanto anche in termini di comunicazione, ma forse un po' meno è stato fatto da parte della pubblica amministrazione e da parte dei comuni. Sfido l'utente medio non così addetto ai lavori, nell'avere così chiaro come e dove raccogliere, anche nell'ambito per esempio dei raggruppamenti, i singoli RAEE.
  In precedenti audizioni avete introdotto temi rilevanti come quelli del pannello fotovoltaico che è un RAEE, ma credo che un uomo della strada non pensi mai più che sia conferibile all'interno del centro di raccolta, mentre un pannello definito come domestico sotto i 10 kilowatt da legge dovrebbe essere conferito. Senza arrivare al pannello, abbiamo segnalazioni di casi di insegne luminose che per legge sono conferibili all'interno di un ecocentro e non abbiamo nessun caso che possa essere di ingresso all'ecocentro, nonostante i consorzi abbiano versato e regolarmente acquisito il cosiddetto «ecocontributo».
  Il tema della formazione e dell'informazione verso i consumatori è un tema centrale, così come, parlando sempre di PMI, anche quello di formazione di figure manageriali e di figure interne all'azienda che siano produttori o gestori di impianti. Stiamo facendo molto come associazione, come attività informativa, formativa e consulenziale, lavorando con le scuole, poiché avendo dei figli anche di età scolastica primaria e secondaria, molto si fa sul tema ambientale dei rifiuti. È cambiato molto e molto sta cambiando. Dal punto di vista delle figure professionali c'è una grande necessità di cultura e della creazione di veri e propri nuovi profili professionali in tema di ambiente.
  L'ultimo punto sul tema RAEE che cito è quello sempre del sistema di controllo, ma spesso avete anche introdotto il tema del comitato di vigilanza e controllo e del comitato di indirizzo. Visto che sia come associazione che come consorzio sono due soggetti fondamentali, noi abbiamo espresso un componente nel vecchio comitato di indirizzo, che poi non si è più riunito, ma speriamo di poterlo riesprimere come CONFAPI.
  Nell'ambito del comitato vigilanza e controllo, personalmente ho dialogato con i precedenti comitati di vigilanza e controllo e negli anni vi sono state problematiche varie, anche a me molto operative e banali come, ad esempio, la mancanza di individuazione di risorse, se non addirittura di copertura economica. Alcune affermazioni di componenti del comitato di vigilanza e controllo pubbliche in seminari presso Ecomondo sono state: «Siamo in due o tre, ci dobbiamo pagare i costi di trasferta, di partecipazione alle riunioni questo». Sembra banale, ma è anche un problema che Pag. 8non ha permesso di svolgere realmente la funzione.
  I comitati di vigilanza sono molto utili non solo per controllare e sanzionare, ma anche per esprimere i pareri tecnici. Immagino sappiate che il comitato di vigilanza e controllo sul mondo RAEE sta esprimendo dei pareri sui campi di applicazione....(inc.).
  Parlando di controlli e tornando al tema iniziale delle PMI produttrici in quanto importatrici, stanno aumentando come Agenzia alle dogane i controlli alla dogana. Da questo punto di vista riteniamo che sia utile, sperando che queste figure stiano seguendo anche approfondimenti tecnici perché non si nasce esperti in una materia, perché l'intercettazione di importazioni senza la regolarizzazione del sistema RAEE, l'adesione a un sistema collettivo al pagamento di un ecocontributo è un aspetto che sposiamo, perché di nuovo i nostri consorziati – Apiraee ha circa 700 piccoli e medi imprenditori, che sono anche pochi nell'universo dei produttori italiani – che hanno fatto l'investimento che si è regolarizzato hanno sempre concorrente la frase – scusate semplifico –: «Il mio concorrente non ha nessun estremo di regolarizzazione al registro camerale, quindi non ha adempiuto a nulla».
  Chiudo il tema RAEE per passare al tema degli inerti. Anche sul tema degli inerti abbiamo una rappresentanza notevole per l'esistenza di un comparto specifico. La nostra categoria, Aniem, rappresenta il comparto dell'edilizia in un concetto ormai nuovo: non solo più edilizia da costruzione e demolizione e, quindi, i classici inerti per la fabbricazione, ma anche impiantistica, come l'impiantistica elettrica e impiantistica termoidraulica, che è una categoria che numerica conta un numero considerevole di associati.
  Il tema dei rifiuti inerti è di attualità anche in previsione di quella che auspichiamo sia uno sviluppo, una ripartenza di questo comparto sia sull'edilizia privata con l'ecobonus per lo sviluppo e il PNRR, ma anche per la ripartenza di grandi opere. Abbiamo anche realtà di media e grande struttura che partecipano in forma singola o più spesso in forma aggregata, consorzi, Api e Aps, a grandi opere. Nel capitolano il tema della corretta gestione dei rifiuti è quanto mai presente.
  Torno sul tema dell'end of waste che è importante per i RAEE, ma altrettanto se non di più importante nell'ambito dell'edilizia. La mancata pubblicazione dell'end of waste sui rifiuti da costruzione e demolizione blocca e frena il mercato. Abbiamo degli esempi registrati negli anni sul territorio che dimostrano – mi hanno citato la Lombardia con un bell'esempio di ricerca e sviluppo su materiali inerti derivanti da opere di escavazione – come la costruzione onerosa e complicata che accompagna l'ottenimento di una materia prima secondaria – vi ricordo che come prodotto da costruzione è soggetto a marcatura CEE e che non può essere rimesso sul mercato senza che abbia certe caratteristiche e che sia certificato – ha comportato costi per la piccola e media impresa e quando si è presentato sul mercato non ha trovato uno sbocco.
  Il tema del mancato sbocco della materia prima secondaria è un tema complesso. Riteniamo che passi anche nuovamente dalla pubblica amministrazione, ma non solo. Ultimamente si parla sempre di più del green public procurement, che appoggiamo e che segnaliamo come strategico, per anni era previsto, ma è stato non attuato. È chiaro che una gara d'appalto di una grande pubblica amministrazione è semplice da organizzare, ma non vi sono esclusioni nel momento in cui un piccolo comune è chiamato a fare una gara tenendo presenti i riferimenti di un GPP o di un CAM (criteri ambientali minimi) edilizia che non è proprio dei più semplici nella strutturazione dei contenuti tecnici e sulla carta è una previsione normativa inattuata.
  Abbiamo anche partecipato a osservatori che trattano il tema dei prezzi che nell'ambito edile è fondamentale. Se Commissioni regionali o delle Camere di commercio hanno difficoltà a quantificare un prezzo di una materia prima secondaria, se non addirittura lo quantificano ma hanno un valore di mercato che è decisamente superiore alla materia prima vergine, il Pag. 9rischio è che questo bene rimanga invenduto, ci si riempia di affari e, quindi, quella che è definita come economia circolare che dovrebbe chiudere un cerchio, in realtà rimanga decisamente un'economia lineare: il rifiuto viene preso, recuperato, raccolto e trattato, ma in qualche modo poi dopo non viene immesso in quel ciclo o in altri cicli produttivi.
  Abbiamo esperienze positive nei sottofondi stradali, ma non solo. Parliamo anche di casi sul fresato d'asfalto con dei buoni risultati, mettendo insieme anche filiere non solo degli inerti, ma anche filiere dello scarto di gomma, polverino da pneumatico. Questo è un classico e chiaro esempio che arriva dal territorio piemontese, in cui abbiamo un prodotto pilota e un progetto europeo che ha visto tre o quattro chilometri – è un progetto di ricerca, quindi non su larga scala – di utilizzo miscelato di scarti da fresato d'asfalto, misto a demolizione. Questi sono i progetti e le buone prassi da replicare nell'ambito della vera economia circolare.
  Rispetto all'end of waste, presidente, so che lei più volte ha chiesto se abbiamo dei feedback rispetto alla riforma che ha portato al cosiddetto «caso per caso». I feedback che abbiamo sono piuttosto negativi: non ha risolto l'impasse, non ha risolto la situazione. Ha risolto il rischio che in mancanza di una decretazione europea non esca l'end of waste di quella determinata materia, ma non ha risolto la situazione, perché spesso le autorità competenti anche a livello locale non portano avanti i procedimenti autorizzativi. Gli atti autorizzativi degli impianti di trattamento spesso sono troppo diversi, vi sono delle AIA (autorizzazione integrata ambientale) di alcune regioni che sono lunghe 30 pagine con 20 pagine di prescrizioni autorizzative, vi sono altre AIA di quattro pagine. Non vorrei banalizzare il concetto, ma questa differenza sostanziale anche dal punto di vista autorizzativo ha due effetti: l'imprenditore con le 30 pagine rischia magari di perdersi quelle che sono le parti salienti e in termini di prescrizioni un imprenditore su una regione ha molte più prescrizioni rispetto ad altri che insistono in altri territori.
  Vi è stato un tentativo di semplificazione normativa nell'ultimo decreto 116. Anticipo un'eventuale domanda: non riteniamo che la percentuale di riconsegna delle piccole quantità di rifiuti inerti presso i punti vendita sia oggi attuata. Spesso vi sono delle previsioni normative che dicono che si può riconsegnare, ma non si definisce bene con che modalità. L'argomento è così delicato che nel dubbio spesso l'imprenditore non conferisce e assomiglia un po' all'uno contro zero e all'uno contro uno. Presentarsi presso un centro vendita e dire: «Questo è il rifiuto che tu per leggi dovresti ritirarmi» otteniamo delle brutte risposte dall'altra parte, quando il punto vendita se lo dovrebbe accollare.
  Siccome il tema delle piccole quantità, un'altra norma introdotta con il 116, che tra l'altro è anche oggetto di una circolare del Ministero dell'ambiente di febbraio del 2021 non ha dato forse quei chiarimenti e rischia di avere generato un pochettino di confusione.
  Spendo due parole in più sul decreto 116 prima di arrivare in sintesi alla conclusione finale del mio intervento. Secondo noi questa distinzione tra rifiuto urbano e rifiuto speciale non è stata accompagnata da una chiarezza normativa sufficiente e adeguata. Ormai è un liberi tutti, ogni comune si comporta diversamente.
  Per rispondere alla domanda che avete fatto ad altri auditi se si può o meno o entrare in un'ecopiazzola, la risposta è che dipende dai territori e questo non è corretto, anche rispetto agli inerti, ma non solo. Sull'utenza degli imprenditori il rischio è che si paga la TARI (tassa sui rifiuti), e che si continui a pagarla su determinate superfici e non avere la possibilità di gestire con il servizio pubblico e con l'ecocentro in particolare quel determinato rifiuto. Delle due cose l'una: o non viene gravata la superficie produttiva per un pagamento della TARI, ma se continua la tassazione su quell'area, la pretesa è quella di avere in cambio un... (inc. problemi audio).
  Continuiamo a essere abbastanza distanti dal principio europeo del «Chi inquina, paga» e anche la demolizione selettiva Pag. 10 e la spinta raccolta differenziata presso gli imprenditori sono sicuramente da suggerire all'imprenditore, però poi alla fine ci vogliono anche delle dimostrazioni anche di premialità per certi versi per questo comportamento. Se alla fine è una patrimoniale che si paga sui metri quadri, al di là del comportamento virtuoso degli imprenditori, forse non riusciamo a ottenere i risultati voluti.
  Vado veramente per titoli alla sintesi finale. Ho già parlato del tema della semplificazione normative autorizzative. Il tema dei controlli, di nostro interesse, ma di controlli mirati di un certo tipo e quindi qualificati e devono servono realmente e non a pioggia.
  Con alcuni auditi avete commentato la legge 68 per cercare di capire quanto questo strumento possa aiutare nel miglioramento, nell'aumento delle pene, ma anche nella dissuasione di determinati comportamenti. Continuiamo a registrare rispetto a un testo unico ambientale tanti cali di sanzioni legati ad aspetti formali e non sostanziali. Abbiamo il registro di carico e scarico, i formulari, il MUD (modello unico di dichiarazione ambientale) che riteniamo sia anacronistico e vecchio per i produttori. I dati sui rifiuti arrivano presso gli impianti. Perché chiedere alla piccola e media impresa che produce, quando quello stesso dato viene registrato anche dall'impianto che fa statistica e farà il MUD? Questa è una richiesta che facciamo da anni e sotto certe dimensioni e certi volumi forse il MUD non ha più senso di esistere. In qualche modo questa è l'altra richiesta che facciamo.
  Poi vi è l'incentivazione dell'end of waste, l'incentivazione anche di natura economica. Sì a strumenti simili al credito di imposta in ambientale, a crediti di imposta o sgravi fiscali, qualora l'impresa acquista o vende soprattutto beni cosiddetti «verdi» e diversi dalla materia prima classica tradizionale. Sarebbe un incentivo anche di natura economica per fare sviluppare maggiormente il mercato.
  Ho accennato ai dati e alle statistiche. Talvolta i dati sono tanti e discordanti. Sul tema RAEE non riusciamo ad avere un accesso diretto ai dati del registro AEE perché sono del produttore, pur essendo noi dei sistemi collettivi che rappresentiamo al produttore. Alla fine si rischia di avere la statistica di ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), la statistica del MUD, la statistica del CdC RAEE, la statistica di Legambiente che non sono totalmente difformi, ma spesso alcuni numeri sono diversi sia sull'immesso sul mercato, che sul raccolto.
  Gli ultimi punti sono l'informazione, la formazione e la cultura anche sul consumatore, sul cittadino, che riteniamo essere un tassello fondamentale rispetto ai rifiuti.
  Rispetto al tema RAEE, so che non è facile per i non addetti ai lavori capire e comprendere come possono sussistere 12 sistemi collettivi in una scelta multiconsortile. Ognuno ha la sua peculiarità. Noi vorremmo continuare a essere un sistema di riferimento della piccola e media impresa. Direi che con questo punto vi ringrazio. Spero di essere stato nei tempi e sono a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Tra i vostri associati ci sono padroncini che si occupano di svuotacantine? Ci sono anche i classici smorzi, come si dice in tutta Italia, ovvero quelli che vendono prodotti per l'edilizia?
  In generale mi sono sempre occupato di riduzione dei rifiuti purtroppo con scarsi risultati, come la legge sul vuoto a rendere eccetera. Ho sempre notato un po' di diffidenza da parte di tutte le imprese a fare sforzi per ottimizzare gli imballaggi e la produzione di rifiuti. Volevo sapere se e quali iniziative hanno fatto le vostre imprese in tema di riduzione rifiuti.

  FRANCESCO NAPOLI, Vice Presidente di CONFAPI (intervento da remoto). Intanto ringrazio Muzio per la sua relazione che è stata frutto di un lavoro di squadra e il modo in cui l'ha esposta fa onore alla nostra organizzazione, ma mi permetto di dire a tutto il nostro Paese.
  Rispondo sulla parte delle categorie, il codice Ateco, tanto per intenderci. Abbiamo 13 contratti contrattuali depositati al CNEL (Consiglio nazionale dell'economia Pag. 11 e del lavoro) e tra i contratti c'è anche quello dei servizi ambientali. Confermo che tra le aziende abbiamo molti associati nelle cosiddette «svuotacantine». Abbiamo anche questo tipo di settore. Sull'altra domanda più tecnica prego a Muzio di integrare.

  GABRIELE MUZIO, Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto). Grazie, Presidente. Nel rispondere faccio una domanda all'onorevole: quando parla di svuotacantine, parla di cenciaioli o similari quindi piccolissime realtà che ritirano un po' di tutto? Forse da questo punto di vista non voglio correggere il Presidente Napoli, ma si tratta di rarissimi casi, nel senso il padroncino esiste, ma più nell'ambito del padroncino dell'edilizia e non tanto del soggetto che gira con l'ape a fare svuotamenti verso privati. Esiste la filiera del raccoglitore che però opera sia potenzialmente con clientela privata che con clientela industriale e non domestica, ma non quello che forse afferisce un po' di più al piccolo commercio/artigianato. Poi chiedo al Presidente al Napoli, non volevo smentirla.

  FRANCESCO NAPOLI, Vice Presidente di CONFAPI (intervento da remoto). Confermo quello che è appena detto. Sì, ci sono delle realtà che fanno questo lavoro, non tanto come padroncino, ma come attività di rimozione. Rientra nella nostra attività. Non è tantissima, ma qualcosa c'è.

  GABRIELE MUZIO, Responsabile area tecnica DI CONFAPI (intervento da remoto). Rispetto alla seconda domanda, il tema del vuoto a rendere e il tema del packaging sono dei temi molto caldi anche per la nostra confederazione. Non a caso cito i due comparti che ci stanno lavorando molto: da una parte vi è il comparto plastica che fabbrica e vende il packaging; dall'altra il riempitore del packaging, in primis il nostro settore alimentare che ha preoccupazioni anche per le prossime norme sulla plastic tax o sulla riduzione del packaging e dell'imballaggio.
  Le rispondo però considerando che se l'azienda è rivolta a un consumatore finale, ha tutto sommato più potere anche contrattuale e più possibilità di investire di fare richiesta, ma se si trova all'interno di una catena di fornitura intermedia e il cliente non è un end user finale ed è una media o grande azienda, è anche un po' vincolata nelle scelte di ricerca e sviluppo.
  Nell'alimentare è totalmente così, chi fa il packaging dice: «Se il mio grande produttore di beni alimentari vuole l'imballaggio in una determinata maniera, anche dal punto di vista del potere contrattuale io non riesco a impormi per cambiare o ridurre il materiale». Non so se in parte ho risposto al suo quesito, onorevole.

  PRESIDENTE. Infatti ha sicuramente ragione anche se si può fare tanto anche per le cose piccole evitando l'usa e getta, magari trovando altre soluzioni.

  FRANCESCO NAPOLI, Vice Presidente di CONFAPI (intervento da remoto). Sul tema dell'usa e getta, inteso come la cosiddetta «direttiva sul monouso», stiamo lavorando anche con l'Agenzia delle dogane per cercare di recepirle al meglio e di far lavorare anche i nostri imprenditori. Magari siamo un po' più indietro, ma quando parlavo di ricerca e sviluppo e di aiuto anche sulla ricerca e sviluppo mi riferisco a questo. Forse all'inizio sono piccoli progettini non subito industrializzabili, ma li abbiamo portando avanti.

  PRESIDENTE. Sì, ma mi riferisco anche a una filiera dove in un chiosco, per esempio, che vende la birra e ancora si vede il bicchiere usa e getta, quando si potrebbe utilizzare il bicchiere riutilizzabile. Quella è anche una sensibilità della singola e piccola impresa a trovare un sistema alternativo, come quello biodegradabile piuttosto che quello di plastica o pagare la cauzione. Sono tutte cose che ognuno è libero di potere intraprendere e fare anche a livello piccolo. Ci vuole un po' di coraggio, perché capisco che cambiare non è sempre facile.

  FRANCESCO NAPOLI, Vice Presidente di CONFAPI. Stiamo lavorando con il mondo Pag. 12universitario – penso non a caso lei l'abbia citato – sulla compatibilità di un imballaggio diverso dalla classica plastica che con un bene o con un alimento deve sottostare a una serie di procedimenti tutt'altro che banali, ma questo non sta frenando la ricerca e lo sviluppo. PET (polietilene tereftalato) è relativamente semplice come contenitore dell'acqua. È più difficile fare una vaschetta multimateriale o multistrato che magari all'interno ha un alimento acido di attacco che deve garantire anche certe tenute o la cialda del caffè o quant'altro.
  Tuttavia, ci sono sperimentazioni anche non a caso del caffè che vedono i nostri soci. Ad esempio, un nostro socio ha sviluppato un interessante progetto sia sulle capsule biodegradabili per il caffè che per i contenitori non in PET vergine, ma in R-PET (recycled PET) per contenere i chicchi di caffè prima della tostatura.

  GIANFRANCO RUFA. C'è una frase nell'audizione che mi ha colpito ed è una frase che appartiene purtroppo a molte piccole e medie imprese, a cui purtroppo do atto e do ragione, secondo la quale è più facile il controllo in un'azienda in regola, piuttosto che in una che non lo sia.
  Va benissimo il credito di imposta, ma a monte dello stesso, secondo voi quanto si può lavorare su una certificazione premiante? Se si va a certificare un'azienda e sulla certificazione, si va a imporre maggiormente un credito di imposta potrebbe fare in modo che le aziende che non lavorano bene non possano nemmeno usufruire di un credito di imposta, in modo da far avere uno stimolo concettuale a lavorare bene.

  GABRIELE MUZIO, Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto). Io accenno a una prima risposta poi se il Presidente Napoli vuole può integrare. Innanzitutto, chiedo un chiarimento: quando si parla di certificazione intendiamo anche certificazione di sistema, quelle PO ormai abbastanza note, ISO 14001, o parliamo di una certificazione sul bene che assomiglia magari di più a una perizia tipo industria 4.0? Solo per comprendere meglio lo spunto che ha dato.

  GIANFRANCO RUFA. Sì, sì.

  GABRIELE MUZIO, Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto). Lo si può fare. Devo dire che l'esperienza – penso che il Presidente possa confermare – anche dell'industria 4.0 è positiva, e dal nostro punto di vista abbiamo invitato ad avere perizie di parte terze serie anche sotto i valori di soglia previsti per legge: c'è un soggetto terzo qualificato che poi deve rispondere anche dell'aggiudicazione della perizia che viene fatta.
  La passerella delle certificazioni cosiddette «di sistema», le 14001, Emas o la vecchia 9001, a certificazioni prodotte in campo ambientale è un po' una novità, una frontiera, ma ci si arriverà. Non a caso anche il tema citato prima dello scarto plastico e della plastic tax. La plastic tax non è dovuta se la plastica è rigenerata o di scarto. Analiticamente e chimicamente se porta a un laboratorio un granulo rigenerato e un granulo vergine, non lo distingue. Quindi, è indispensabile, dovrà diventare indispensabile avere questa certificazione terza di qualcuno che confermi la bontà della lavorazione e del bene.
  Tuttavia, l'esperienza dei sistemi di gestione vecchio stampo non è sempre rosa e fiori e quindi speriamo che questo non diventi poi un mercato della certificazione non di qualità e a basso costo. Nell'ambito edilizio le attestazioni dovrebbero già dimostrarlo, ormai sono arrivate su Groupon a prezzi delle patate e nulla hanno a che vedere con la serietà di una certificazione. Va bene come strumento, ma è uno strumento da accompagnare, da seguire con serietà.

  LUCA BRIZIARELLI. Molte delle risposte alle mie domande le ha già illustrate il nostro audito, altre le ha chieste lei. Ci sono due passaggi che vorrei fare per avere un parere che ho chiesto già anche ad altri auditi. Vorrei un commento e il suo punto di vista relativamente alla capacità delle amministrazioni locali e le amministrazioni regionali di potenziamento della rete impiantistica soprattutto nelle regioni del Centro-sud, perché il raggiungimento dell'obiettivo Pag. 13 è fortemente penalizzato anche dall'assenza in diverse aree di possibilità di conferimento, di isole ecologiche e di tutta una rete di servizi. Il cittadino potrebbe anche essere informato oppure essere a favore, ma nel momento in cui non è messo in condizione, ovviamente questo costituisce un problema.
  Vorrei sottolineare l'onestà intellettuale con cui è stato fatto il passaggio relativo ai rottami ferrosi, al fatto che sia non propriamente corretto – credo che la formula utilizzata sia stata questa o similare – in una zona borderline relativamente al conferimento come rottami ferrosi, anche se improprio. Lei ha anche citato la cannibalizzazione e altri discorsi, ma adesso non sto a riprendere lo stenografico di tutto l'intervento. Tuttavia, su questo argomento, anche per periodi limitatissimi, c'è stato un intervento sul piano legislativo. Questa Commissione fra le proprie competenze ha anche quelle di sottoporre al Parlamento delle possibili soluzioni ai problemi che riscontra, non si tratta solo di fare una fotografia dell'esistente, ma anche di immaginare delle soluzioni. Potrebbe avere senso rivedere la normativa, come in parte è stato fatto, ma poi le lobby hanno spinto in un'altra direzione, la legislazione della normativa tanto da ridurre quelle aree grigie e quello spazio che fa essere non perfettamente in regola, ma non completamente responsabili di atti illeciti, riducendo anche lì il campo e raggiungere più rapidamente le quote assegnate?

  GABRIELE MUZIO, Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto). Rispetto al primo quesito io ho un'esperienza che arriva dal territorio prima come funzionario tecnico, poi direttore tecnico di una territoriale anche con ruolo regionale, quindi da Torino e provincia per poi essere passato alla regione Piemonte, mentre lei citava il Centro-sud e, quindi, mi confronto con i colleghi, è un po' più complesso. La mia esperienza mi porta a dire che si può fare e che si può lavorare.
  Come CONFAPI lo stiamo facendo a partire dal livello più locale con un dialogo che non uno scontro anche sul tema della TARI, dell'applicazione della tariffazione e nella creazione di centri di raccolta ed ecocentri apribili anche all'utenza non domestica previa convenzione o previo accordo, perché nelle maglie della norma lo si può fare.
  Il livello intermedio provinciale delle città metropolitane di Torino ha un ruolo di competenza, ma non tutte le province hanno un ruolo di autorità competente e spesso anche la regione o la provincia autonoma. Tuttavia, il dialogo c'è.
  Mi permetto di cogliere questa domanda anche per uno spunto. La pianificazione territoriale e, quindi, i piani regionali e i piani provinciali spesso sono un po' datati, un po' vecchi e forse un po' troppo legati al concetto del rifiuto urbano che è anche vicino alle nostre imprese, ma noi rappresentiamo il non domestico sia come produzione, sia come settori dell'ambiente di cui si diceva prima. Sono meno afferenti al nostro sistema le multiutility o le società che per nome e conto delle municipalizzate operano sulla raccolta del rifiuto urbano, però il rifiuto speciale comunque parte dai piani regionali provinciali. Se sono vecchie le statistiche, diventa poco fruttuosa la pianificazione territoriale, però voglio essere positivo: il nostro ruolo è sicuramente determinante e importante anche nell'individuazione di centri di raccolta e di trattamento.
  Abbiamo fatto progetti con i sistemi camerali o con finanziatori privati per studiare i flussi e non è così facile sapere dove nasce un rifiuto e dove potrebbe essere portato. Sapete che la logistica incide molto di più del costo di trattamento. Un impianto che sta in Piemonte può essere concorrenziale per un raggio di azione Piemonte-Liguria e magari Valle d'Aosta, ma nel momento in cui arriva in Veneto, la logistica incide troppo ed è meglio trasferire su altro centro. Sono una serie di ragionamenti e di dinamiche, ma saremo contenti di aiutare la pubblica amministrazione in questo senso nel pianificare meglio.
  Rispetto al secondo quesito ha ricordato bene le mie frasi, perché non solo sul mondo RAEE, ma mi verrebbe da dire anche nell'ambito della metalmeccanica, che Pag. 14è ancora determinante numericamente nel nostro sistema, ancora oggi il problema nasce da una corretta attribuzione di un codice CER. Infatti, il problema nasce a monte di una lavorazione metalmeccanica del gruppo dei 12, della lavorazione di metalli e plastica. Siamo ancora di fronte a tantissimi casi dove il rottame prodotto dalle lavorazioni meccaniche viene portato via con un CER del codice 17, ferro e acciaio da demolizione. In fin dei conti la descrizione associata al CER per legge è ferro e acciaio. Rari sono i casi di vera e propria contestazione verbale da parte di ARPA (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente), però sia dal punto di vista della statistica che nel caso dei RAEE, in cui si perdono dei numeri e dei valori sostanziali per un target, nessuno oggi sta contestando più di tanto proprio la violazione di norma, perché tutto sommato è un ferro e acciaio e, anche se scegliamo il codice CER, scegliamo il meno peggio e non è così sbagliato.
  È sicuramente fattibile, ma nell'immediato non ho una soluzione operativa per porre un freno, perché essere più rigidi sull'elencazione e l'attribuzione dei codici CER è una strada, ma l'elenco è un elenco europeo e non può essere lo Stato italiano a modificare l'elenco dei codici CER e abbiamo casi dove i CER sono molto puntuali e altri dove invece siamo lontanissimi dalla descrizione che è la natura del bene. Non so se ho risposto anche su questo tema.

  FRANCESCO NAPOLI, Vice Presidente di CONFAPI (intervento da remoto). Volevo solo integrare una cosa. Condivido perfettamente quello che ha detto il dottore Muzio sul punto relativamente al dialogo tra pubblica amministrazione e imprese in particolare nel Sud, dove il problema dell'emergenza rifiuti è sicuramente più marcata. In alcune aree del nostro territorio, come nel territorio calabrese, un dialogo va strutturato. In alcune aree del Paese il dialogo va strutturato. La vera scommessa di un corpo intermedio e di tutta la società civile, in questo caso del Parlamento, è come ristrutturare un rapporto che in alcune circostanze è completamente assente. Questa è la nostra vera scommessa ed una sfida, così come ha detto Muzio, che si può vincere, ma è una delle priorità che CONFAPI, soprattutto in queste aree, nel Mezzogiorno in particolare, si pone come obiettivo prioritario.

  PRESIDENTE. Vorrei approfondire l'aspetto riguardante la ricerca di accordi con le isole ecologiche per estenderli non solo alle utenze domestiche. Li avete raggiunti in qualche parte? Dove? Se non li avete raggiunti, quali sono le difficoltà maggiori per raggiungerlo?

  GABRIELE MUZIO, Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto). Secondo la mia esperienza con Iren nel territorio torinese e piemontese, li abbiamo raggiunti previo convenzionamento, ma è un accordo, una sorta di sottoscrizione contrattuale e non è l'unico caso. Quando li abbiamo raggiunti, il «vincolo» è quello che si dimostri che non solo l'utenza non domestica insista su quel territorio, ma che abbia anche un raggio di azione in qualche modo circoscritto.
  Esagero per assurdo: che il mio manutentore non faccia un cantiere a Milano e poi torni nelle ecopiazzole di Torino per conferire lo scarto di lavorazione. È un ragionamento per assurdo, ma l'ho fatto giusto per intenderci su come e dove è stato raggiunto il risultato.
  Diverso è l'insuccesso del mondo RAEE che ho citato, perché è decisamente più complesso. Devo spiegare a un soggetto che entra con l'insegna luminosa o che è un 3x2 domestico e l'altro è obbligato a ritirarlo, piuttosto che un pannello fotovoltaico, rispetto invece ad accessi da parte di altri soggetti che magari portano rifiuti di imballaggio misto, separato o da demolizione. Devo dire che sono più i casi dove siamo riusciti a entrare, magari anche con un formulario, piuttosto che quelli dove non siamo riusciti a entrare.
  Leggendo la circolare sul tema inerti, invece parrebbe forse dire l'esatto contrario, poiché individua le aziende artigianale e il non domestico come un soggetto che non potrebbe conferire e quindi solo l'inerte Pag. 15 dalla demolizione del privato cittadino. Non sta avvenendo così sul territorio del nostro osservatorio.

  PRESIDENTE. Voi pagate per questo servizio? Non ho capito bene perché soltanto a Torino, se un modello funziona, quali sono i contro, visto che è così difficile fare questi accordi? A chi è che non conviene questo?
  A livello di buon senso la vedo come una cosa positiva, spesso piccole e medie imprese, soprattutto se lavorano a nero e hanno una parte di fatturato a nero, hanno anche l'esigenza di liberarsi di rifiuti di provenienza da questo lavoro a nero e, quindi, per non avere problemi, prendono il primo camioncino, girano il primo parcheggio e sversano quello che devono sversare in ogni dove. Per questo motivo vedo positivamente qualsiasi azione che miri a rendere più semplice sbarazzarsi di un rifiuto in maniera virtuosa.
  Quando queste aziende entrano nell'isola ecologica e nel caso citato Iren a Torino, cosa viene controllato di quella azienda oppure si entra e si sversa tranquillamente?

  GABRIELE MUZIO, Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto). Ho citato questo caso perché l'avevo seguito direttamente, ma so essere un caso isolato anche da un confronto con i colleghi. Ad ogni modo, mi riservo di fare un monitoraggio aggiornato e puntuale anche per citare tramite i colleghi almeno altre regioni e altri casi di successo.
  Il costo è minimale nel senso che il buon senso che citava lei, quando io parlavo di competenza territoriale, ha anche una copertura derivante dal pagamento della tassa raccolta rifiuti. Se io sono un'utenza edile che insiste sullo stesso comune, comunque io sto pagando una TARI, seppur per la superficie dei miei uffici e del mio magazzino, ma comunque sto in parte contribuendo alla tassazione locale e l'utenza da cui vado a fare l'intervento a sua volta paga la tassa sulla raccolta dei rifiuti. Il costo non è così elevato perché in parte si attinge anche dal pagamento della tassa raccolta rifiuti.

  PRESIDENTE. La tariffa rifiuti, la pagano le imprese con l'assimilabile. Il resto sono tutti rifiuti speciali che devono pagare a parte ditte specializzate.

  GABRIELE MUZIO, Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto). Non è proprio così. Almeno fino all'ante 116, come dicevo prima, purtroppo non abbiamo dei ritorni né positivi né negativi di applicazione della 116, perché in qualche modo tutti hanno rimandato il tema speciale urbano – parlando del concetto di assimilabile e urbano – al 2022. Non mi sento di dire la riforma che tipo realizzerà sul territorio.
  Le zone grigie, dove molte utenze industriali stanno pagando anche sulle superfici produttive, sono molto più numerose di quelle dove pagano solo per gli uffici, se ho inteso anche la sua precisazione. Anche le nostre aziende stanno pagando quasi per intero la superficie della TARI. Forse non la pagheranno più per quella parte di speciale, avendo uno sgravio che per superficie produttiva e anche magazzini accessorio di attività produttiva, ma oggi non è proprio così e in qualche modo anche le nostre utenze stanno ancora pagando una TARI sui rifiuti. Per quello dicevo che in parte è pagata anche dall'utenza.
  Relativamente ai controlli mi risulta che è un controllo non accuratissimo, ma è un controllo anche di anagrafica. Senza andare a vedere nel dettaglio i nomi e i cognomi so che qualcuno citava: «Non mi risulta che ci sia un interrogatorio, un'analisi così puntuale dei cantieri e dei luoghi presso cui si è originato il rifiuto», ma viene fatta un'analisi delle anagrafiche e una verifica del carico per vedere che non nasconda sotto un banale termosifone delle cose non conferibili all'ecopiazzola. È un controllo sufficientemente serio affinché sia percorribile e attuabile, perché spesso ci sono anche lavoratori di cooperative sociali, non solo dipendenti e non posso neanche pensare che ogni singolo mezzo venga ispezionato nel dettaglio sul carico che trasporta. È un buon compromesso sul tipo di controllo.

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  PRESIDENTE. Sul controllo del carico, lo do per scontato, nel senso che uno non è che può portare cose mischiate male, rifiuti radioattivi o cadaveri. Mi auguro che un controllo ci sia da questo punto di vista.
  Dal punto di vista fiscale, mi chiedevo se si controlla se l'impresa ha una partita IVA o se è registrata. Immagino di no, ma forse tutto sommato è meglio così. Facendo degli esempi, volevo sapere se si controlla se uno è in regola, se è a nero, se ha dichiarato una fattura per i lavori di demolizione che sta conferendo. Questo viene controllato?

  GABRIELE MUZIO, Responsabile area tecnica di CONFAPI (intervento da remoto). È chiaro che se ha sottoscritto una convenzione, si va a verificare che quella ragione sia oggetto della convenzione e che faccia parte di quell'elenco che ha sottoscritto l'accordo.

  PRESIDENTE. Sì, certo. È comunque un controllo superficiale, ma è giusto e normale che sia così. Quali sono le regioni per la quale non replicare questi contratti, questi accordi in tutte le isole ecologiche?

  GABRIELE MUZIO, Responsabile area tecnica di CONFAPI. Per una ragione. Come diceva lei, visto che quell'ecocentro è gestito comunque con un bilancio della società che viene alimentato quasi totalmente da un pagamento di una tassa raccolta rifiuti e, quindi, di ciò che è assimilabile o urbano, quel rifiuto che nasce come non assimilabile non può essere conferito all'interno di quei centri. Questa è una prima motivazione.
  L'altro motivo è più di dettaglio tecnico normativo: gli ecocentri non sono titolari di autorizzazioni normalmente, salvo in rari casi, perché sono oggetto di comunicazioni molto semplici e accordi talvolta rilasciati solo dal comune. Se mi presento con un formulario all'interno di un ecocentro, io devo andare presso un impianto che mi dà un estremo autorizzativo, perché se no non opero correttamente rispetto alla corretta gestione di un formulario di identificazione.
  Il tema dell'accesso, del trasporto e dei relativi adempimenti burocratici in ecopiazzole per i non domestici è un tema delicato e aperto.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.